Accesso alla giustizia ai bambini sulla protezione del loro diritto alla vita privata e di famiglia - Materiale di formazione sull'accesso alla ...
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Accesso alla giustizia ai bambini sulla protezione del loro diritto alla vita privata e di famiglia Materiale di formazione sull’accesso alla giustizia per bambini migranti Progetto FAIR, aprile 2018 4
® Accesso alla giustizia ai bambini sulla protezione del loro diritto alla vita privata e di famiglia © Copyright International Commission of Jurists - European Institutions Aprile 2018 The FAIR (Fostering Access to Immigrant children’s Rights) project has been implemented by the International Commission of Jurists – European Institutions in 2016-2018 and supported by the Rights, Equality and Citizenship (REC) Programme of the European Union and Open Society Foundations.
IV. Accesso alla giustizia ai bambini sulla protezione del loro diritto alla vita privata e di famiglia Materiale di formazione sull’accesso alla giustizia per bambini migranti Progetto FAIR aprile 2018 Tabella dei contenuti I. Sezione introduttiva ................................................................................2 1. Quadro giuridico internazionale ............................................................. 2 2. Definizione di famiglia: Cosa s'intende per famiglia nel diritto internazionale ............................................................................................ 5 3. Registrazione della nascita e diritto al nome ........................................ 12 II. Diritto alla riunificazione familiare ......................................................... 13 1. Principi chiave ...................................................................................... 13 2. Diritto alla riunificazione familiare ....................................................... 16 III. Espulsioni e diritto alla vita familiare .................................................... 30 1
Questo modulo di formazione (parte di un insieme di materiali per la formazione1 fondamentali sulla protezione dei diritti dei bambini migranti) fornisce gli standard e il materiale sul quadro giuridico internazionale e dell’UE sul diritto alla vita familiare e alla riunificazione familiare, ivi comprese le definizioni di famiglia, principi chiave e regole applicabili ai bambini migranti. I. Sezione introduttiva 1. Quadro giuridico internazionale Tutti i bambini, compresi i bambini migranti, sono titolari dei diritti umani e hanno diritto alla vita familiare e al ricongiungimento familiare ai sensi del diritto internazionale e dell'UE. Diritto Internazionale Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR) Articolo 16.3 3. La famiglia è l'unità di gruppo naturale e fondamentale della società e ha diritto alla protezione dalla società e dallo Stato. Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) Articolo 17 1. Nessuno può essere sottoposto ad interferenze arbitrarie o illegittime nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa o nella sua corrispondenza, né a illegittime offese al suo onore e alla sua reputazione. 2. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze od offese. Articolo 23 1. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato. Convenzione sui diritti del fanciullo (CDF) 1 Questo materiale formativo sull’accesso alla Giustizia per i bambini migranti sono stati sviluppati come parte del FAIR (Fostering Access to Immigrant children’s Rights) progetto che comprende i seguenti moduli formativi: 0. Principi giuda e definizioni, I. Accesso alle giuste procedure compreso il diritto all’ascolto e alla partecipazione ai processi, II. Accesso alla Giustizia in stato di fermo, III. Accesso alla Giustizia per I diritto economici, sociali e culturali, IV. Accesso alla giustizia nella protezione della loro vita private e alla vita famigliare, V. Risarcimenti attraverso enti e meccanismi internazionali sui diritti umani, VI. Manuale pratico per avvocati che rappresentano un minore. 2
Articolo 9 1. Gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell'interesse preminente del fanciullo. Una decisione in questo senso può essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattino o trascurino il fanciullo, oppure se vivano separati e una decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo. Articolo 10 1. In conformità con l'obbligo che incombe agli Stati parti in virtù del paragrafo 1 dell'art. 9, ogni istanza presentata da un fanciullo o dai suoi genitori in vista di entrare in uno Stato parte o di lasciarlo ai fini di un ricongiungimento familiare sarà considerata con uno spirito positivo, con umanità e diligenza. Gli Stati parti vigilano inoltre affinché la presentazione di tale istanza non comporti conseguenze pregiudizievoli per gli autori dell’istanza e per i loro familiari. 2. Un fanciullo i cui genitori risiedono in Stati diversi ha diritto a intrattenere rapporti personali e contatti diretti regolari con entrambi i suoi genitori, salve circostanze eccezionali. A tal fine, e in conformità con l'obbligo incombente agli Stati parti, in virtù del paragrafo 1 dell'art.9, gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo e dei suoi genitori di abbandonare ogni paese, compreso il loro e di fare ritorno nel proprio paese. Il diritto di abbandonare ogni paese può essere regolamentato solo dalle limitazioni stabilite dalla legislazione, necessarie ai fini della protezione della sicurezza interna, dell'ordine pubblico, della salute o della moralità pubbliche, o dei diritti e delle libertà altrui, compatibili con gli altri diritti riconosciuti nella presente Convenzione. Articolo 22(2) "2. A tal fine, gli Stati Parte forniranno, se lo ritengono opportuno, la cooperazione con ogni sforzo da parte delle Nazioni Unite e altre organizzazioni intergovernative competenti o organizzazioni non governative che cooperano con le Nazioni Unite per proteggere e assistere tale bambino e rintracciare i genitori o altri membri della famiglia di ogni bambino rifugiato al fine di ottenere le informazioni necessarie per il ricongiungimento con la sua famiglia. Nei casi in cui non sia possibile trovare i genitori o altri membri della famiglia, il bambino deve ottenere la stessa protezione di ogni altro bambino permanentemente o temporaneamente privato del suo ambiente familiare per qualsiasi motivo, così come stabilito dalla presente Convenzione." Convenzione sui Diritti del Fanciullo (CDF) Sono inoltre importanti, l’Articolo 2, la non discriminazione, e l’Articolo 3 l’interesse superiore per il bambino (vedere Modulo 0 per ulteriori dettagli). Successivi Articoli importanti nel presente modulo: Articolo 7. Il CRC e il CMW nel loro commento congiunto sui minori nel contesto della migrazione internazionale (3 e 22, vedi sotto) sottolineano che i bambini migranti hanno una mancanza di opportunità di ricongiungimento familiare tempestive e che il superiore interesse del bambino dovrebbe essere preso pienamente in considerazione in decisioni riguardanti l'unità familiare. Commento generale congiunto n. 3 (2017) della commissione per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e membri delle loro famiglie e n. 22 (2017) del Comitato sui diritti dell'infanzia sui principi generali relativi ai diritti umani dei bambini nel contesto della migrazione 3
internazionale, 16 nov 2017 29. Gli Stati parti devono garantire che l'interesse superiore del bambino sia preso pienamente in considerazione nel diritto sull'immigrazione, (...) e le decisioni riguardanti l'unità familiare e l'affidamento dei minori, in cui l'interesse superiore del bambino deve essere una considerazione primaria e, pertanto, avere priorità. 41. I Comitati prendono atto che la mancanza di canali regolari e sicuri per la migrazione di bambini e famiglie contribuisce a che bambini intraprendano viaggi migratori pericolosi per la loro incolumità e estremamente pericolosi. Lo stesso vale per le misure di controllo e sorveglianza alle frontiere che si concentrano sulla repressione piuttosto che facilitare, regolamentare e governare la mobilità, comprese le pratiche di detenzione e espulsione, la mancanza di opportunità di ricongiungimento familiare e la mancanza di vie per la regolarizzazione. Convenzione europea per la Protezione dei Diritti Umani e Libertà Fondamentali (Convenzione europea sui Diritti Umani o CEDU) Articolo 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui. Carta Sociale Europea (riveduta) Articolo 19.6 … Obbligo di “agevolare per quanto possibile il ricongiungimento familiare del lavoratore migrante autorizzato a stabilirsi sul territorio” Diritto UE Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE Articolo 7 Rispetto della vita privata e della vita familiare Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni. Articolo 33 Vita familiare e vita professionale 1. È garantita la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale. 2. Al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale, ogni persona ha il diritto di essere tutelata contro il licenziamento per un motivo legato alla maternità e 4
il diritto a un congedo di maternità retribuito e a un congedo parentale dopo la nascita o l'adozione di un figlio. 2. Definizione di famiglia: Che cosa si intende per famiglia nel diritto internazionale Sebbene non esista una definizione concordata a livello internazionale di "famiglia" applicabile all'implementazione di tutte le disposizioni dei trattati internazionali sui diritti umani relativi alla famiglia, alcuni organismi internazionali per i diritti umani hanno chiarito lo scopo della vita familiare che gli stati sono tenuti a rispettare e a proteggere, in modo particolare i contesti. Ad esempio, come evidenziato di seguito, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha chiarito la portata del diritto alla vita familiare che lo stato ha il dovere di rispettare e proteggere ai sensi dell'articolo 8 della CEDU, anche nel contesto della determinazione di richieste di protezione internazionale e ricongiungimento familiare. Inoltre, vari strumenti dell'UE che riguardano i bambini migranti, tra cui la direttiva UE sul ricongiungimento familiare, la direttiva sulle qualifiche e il regolamento Dublino III, contengono ciascuno disposizioni che definiscono le relazioni a cui si applica il termine "famiglia". Diritto Internazionale Convenzione europea sui diritti umani La definizione di vita familiare della Corte europea è ampia, la quale si è sviluppata nel tempo in conformità con le mutevoli idee della famiglia, ed è probabile che continui a farlo alla luce dell'evoluzione degli atteggiamenti sociali. "Famiglia", ai sensi della CEDU, comprende i figli di una persona e rapporti tra adulti, inclusi rapporti coniugali di sesso opposto e dello stesso sesso (Schalk e Kopf c. Austria, ECtHR, PB e JS c. Austria), e rapporti non matrimoniali di convivenza stabile e vincolata. I fattori decisivi rilevanti includono: se la coppia vive insieme, la lunghezza della loro relazione, se hanno dimostrato il loro impegno l'uno con l'altro avendo figli insieme o con qualsiasi altro mezzo. Schalk e Kopf c. Austria C. EDU, 24 giugno 2010 94 … La corte ritiene che sarebbe artificioso continuare a considerare che, diversamente dalla coppia eterosessuale, una coppia omossessuale non possa godere di una “vita familiare” ai fini dell’articolo 8. Di conseguenza, la relazione dei richiedenti, una coppia omosessuale che coabita di fatto in modo stabile, rientra nella nozione di “vita familiare” allo stesso titolo di quella di una coppia eterosessuale che si trovi nella medesima situazione. La tutela fornita dall’articolo 8 della CEDU, si estende anche al rapport tra il bambino ed il genitore biologico se il bambino non è nato all’interno del matrimonio (Keegan c. Irlanda) o di una coppia convivente. Onur c. Regno Unito C. EDU, 17 febbraio 2009 43. … i bambini nati sia da una coppia coniugata o da una coppia convivente sono anch’essi ipso jure parte di quella famiglia sin dal momento della nascita, e quella vita familiare esiste tra i figli e i loro genitori (…) 5
Laddove i genitori di un bambino siano coniugati o conviventi, questo rapporto familiare continuerà ad esistere ancorché, a causa di separazione, il figlio cessi di abitare con uno dei genitori.2 Ciliz c. Paesi Bassi, C. EDU, 11 luglio 2000 59. … Non può esservi alcun dubbio che il vincolo stabilito dalla vita familiare …esista tra i genitori e il figlio nato dal loro rapporto matrimoniale, così come nel caso della presente istanza … Tale rapporto di parentela naturale non termina per il semplice fatto che i genitori giungano alla separazione o al divorzio a seguito di cui il bambino cessa di abitare con uno dei suoi genitori … La nozione di ‘vita familiare’ non si limita soltanto alle relazioni basate sul matrimonio, e può comprendere altri legami di fatto dove le parti coabitino al di fuori del matrimonio” Kroon e altri c. Paesi Bassi, C. EDU, 27 ottobre 1994 30. (…) Ad ogni modo, la Corte ricorda che la nozione di “vita familiare” all’Articolo 8 (art. 8) non è limitata soltanto a rapporti basati sul matrimonio e può comprendere altri “legami familiari” dove le parti coabitino al di fuori del matrimonio … Sebbene, per regola, la coabitazione potrebbe essere un requisito per tale rapporto, altri fattori possono eccezionalmente essere utili a dimostrare che il rapporto ha una costanza sufficiente da creare dei “legami familiari”; … In genere, il rapporto tra un bambino adottato e il genitore adottivo è protetto dall’articolo 8 CEDU alla stessa stregua del rapporto tra il bambino ed il suo genitore biologico (Kurochkin c. Ucraina). Laddove i genitori di un bambino non abbiano mai contratto matrimonio o coabitino, vi possono essere altri fattori a dimostrare che il rapporto del bambino con il genitore con cui il bambino non abita, è considerato rapporto familiare. Questi fattori includeranno la natura e durata del rapporto tra i genitori prima della nascita del bambino, e in particolare, se loro avessero messo in conto di avere un figlio, il contributo dato alle cure del bambino e alla sua educazione, e la qualità e regolarità dei contatti. Nel caso riguardante la migrazione, la Corte Europea ha stabilito che per i genitori adulti e figli adulti, di norma è necessario un ulteriore elemento di dipendenza per dare adito alla protezione del diritto ad una vita familiare.3 La totalità dei legami familiari può costituire una parte del concetto di vita privata. Il diritto al rispetto per la vita privata ai sensi dell’Art. 8 della CEDU, si estende alla protezione dei rapporti personali e sociali. Osman c. Danimarca, C. EDU, 14 giugno 2011 55. (…) La Corte ha accettato un certo numero di casi riguardanti giovani adulti che non avevano ancora costituito una famiglia propria e che il loro rapporto con i loro genitori ed altri membri vicini della famiglia costituivano anche per essi “vita familiare”. Inoltre, l’Articolo 8 protegge anche il diritto a stabilire e sviluppare rapporti con altri esseri umani ed il mondo esterno, e a volte possono comprendere aspetti 2 Ciliz c. Paesi Bassi, C. EDU, Domanda No. 29192/95, Decisione del 11 luglio 2000, par. 59. Vedere anche, Boughanemi c Francia, C.EDU, op. cit., fn. 43, par. 35. 3 La dipendenza dev’essere piuttosto forte: A.W. Khan c. Regno Unito, C.EDU, Domanda No. 47486/06, Decisione del 12 gennaio 2010, par. 32; Osman c. Danimarca, C.EDU, op. cit., fn 187, par. 55. 6
dell’identità sociale di un individuo; si deve ammettere che la totalità dei legami sociali tra i migranti residenti e la comunità in cui essi abitano costituisce una parte del concetto di “vita privata” all’interno dei concetti dell’Articolo 8. Indipendentemente dall’esistenza o meno di una “vita familiare”, l’espulsione di un migrante soggiornante costituisce un’interferenza con il suo diritto al rispetto per la vita privata. Dipenderà dalle circostanze del caso particolare se sia giusto da parte della Corte focalizzarsi sulla “vita familiare” piuttosto che sull’aspetto di “vita privata”. (…) M.P.E.V. e altri c. Svizzera, C. EDU, 8 luglio 201414 31. La Corte ha sostenuto in precedenza che l’esistenza o la non esistenza di una “vita familiare” è essenzialmente una questione di fatto che dipende dall’esistenza reale nella prassi di stretti legami personali (…). Tuttavia, la vita familiare deve includere i rapporti derivanti da un matrimonio legale e genuino (…). Inoltre, ne consegue che, dal concetto di famiglia su cui si basa l’Articolo 8, il bambino nato da una unione coniugale è parte ipso jure di quel rapporto; pertanto, sin dal momento della nascita del bambino, e per il mero fatto della sua nascita, esiste tra lui e i suoi genitori un legame di “vita familiare” che gli eventi successivi non possono spezzare, salvo circostanze eccezionali (…), fino a quando il bambino non raggiunge la maggiore età. La Corte ha ulteriormente dichiarato che non vi sarà vita familiare tra parenti e figli adulti se essi non possono dimostrare ulteriori elementi di dipendenza (...). 32. La Corte inoltre ribadisce che, poiché l’Articolo 8 protegge il diritto a stabilire e sviluppare rapporti con altri esseri umani e il mondo circostante, e può a volte comprendere aspetti dell’identità sociale di un individuo, si dovrà ammettere che la totalità dei legami sociali tra i migranti residenti e la comunità in cui essi abitano, costituisce una parte del concetto di “vita privata” all’interno del contenuto dell’Articolo 8 (...). 57. Per quanto riguarda il rapporto del primo richiedente con la giovane figlia, la quarta richiedente, la Corte osserva che egli l’aveva cresciuta assieme alla seconda richiedente e continuò ad essere coinvolto nella sua educazione anche dopo la separazione, come risultava dagli ampli diritti alla frequentazione a lui accordati. La Corte osserva inoltre, che la Corte Amministrativa Federale aveva considerato che, vista la sua [della ragazza] integrazione nella società svizzera, la mancanza di nozioni sul suo paese di origine dove essa non era più tornata dopo il suo ingresso in Svizzera all’età di due anni, e per il fatto che a stento parlava spagnolo, il suo rimpatrio in Ecuador avrebbe significato uno “sradicamento eccessivamente rigido” (…) Alla luce di queste situazioni, ci si può aspettare che il contatto personale tra i due richiedenti sarebbe, quanto meno, drasticamente ridotto se il primo richiedente fosse costretto a ritornare in Ecuador. La Corte pone l’enfasi sul fatto che la Corte Amministrativa Federale, allorquando consideri la causa del primo richiedente, non aveva fatto però alcun riferimento al superiore interesse della minore poiché non aveva ritenuto che il rapporto tra entrambi rientrasse sotto la protezione di “vita familiare” ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione. In queste circostanze la Corte non è convinta che sia stato dato peso sufficiente agli interessi superiori della minore. Si fa inoltre riferimento in questo contesto all’Articolo 3 della Convenzione delle NU sui Diritti del Fanciullo, in conformità alla quale gli interessi superiori del bambino saranno la considerazione primaria in tutte le azioni intraprese dalle pubbliche autorità riguardanti i bambini. (…). Carta Sociale Europea Carta Sociale Europea (riveduta) Articolo 19.6 Obbligo di “agevolare per quanto possibile il ricongiungimento familiare del 7
lavoratore migrante autorizzato a stabilirsi sul territorio” L'articolo 19.6 dovrebbe essere interpretato nel senso di "almeno il coniuge del lavoratore e i figli non sposati, purché considerati minori dallo Stato ricevente e dipendenti dal lavoratore migrante". (Interpretazione della CGUE - PARERE DELL'ADVOCAT GENERALE KOKOTT pronunciata l'8 settembre 2005 nella causa C- 540/03, Parlamento europeo contro Consiglio dell'Unione europea sostenuta dalla Repubblica federale di Germania e Commissione delle Comunità europee). ICCPR Il Comitato per i diritti umani ha stabilito la nozione di "famiglia" ai sensi dell'articolo 23 dell'ICCPR, in Ngambi e Nébol c. Francia. ICCPR: Comitato per i Diritti Umani Ngambie Nébol c. Francia 6.4 L'Articolo 23 del Patto garantisce la protezione della vita familiare ivi compreso l’interesse sul ricongiungimento familiare. Il Comitato ricorda che il termine “famiglia”, ai fini del Patto, si deve intendere in senso ampio in modo tale da includere tutti i componenti familiari così come inteso nella società in questione. Ad ogni modo, la protezione di tale famiglia non è superata dall’assenza di vincoli coniugali formali, specialmente laddove vi sia una prassi locale di diritto consuetudinario o matrimonio de facto. Né il diritto alla protezione della vita familiare può essere necessariamente rimosso dalla separazione geografica, infedeltà, o assenza di rapporti coniugali. Comunque sia, vi è innanzi tutto un vincolo familiare da proteggere. (…) CDF Il Comitato sui diritti dell'infanzia, nel suo commento generale n. 14 (2013) sul diritto del minore a considerare i suoi superiori interessi come una considerazione primaria, afferma che il termine "famiglia" deve essere interpretato in un senso generale di includere genitori biologici, adottivi o affidatari o, se del caso, i membri della famiglia allargata o della comunità come previsto dalla consuetudine locale (paragrafo 59). Consiglio sui Diritti Umani Consiglio per i diritti umani, Protezione della famiglia: contributo della famiglia alla realizzazione del diritto a un tenore di vita adeguato per i suoi membri, in particolare attraverso il suo ruolo nell'eliminazione della povertà e nello sviluppo sostenibile, Doc NU A/HRC/31/37 (2016) paragrafi 24-27, 34-36 A. Definizione di famiglia 24. Non VI è una definizione della famiglia secondo la legge internazionale sui diritti umani. Il Comitato per i diritti umani osserva che il concetto di famiglia può essere diverso sotto certi aspetti da Stato a Stato, e persino da regione a regione all'interno di uno Stato, e che quindi non è possibile dare al concetto una definizione standard. Allo stesso modo, la commissione per i diritti economici, sociali e culturali ha affermato che il concetto di famiglia deve essere inteso in senso lato e secondo un appropriato uso locale. Altri meccanismi internazionali sui diritti umani hanno espresso opinioni simili. (...) 26. Gli Stati mantengono un certo margine nella definizione del concetto di famiglia nella legislazione nazionale, prendendo in considerazione i vari ordinamenti giudiziari, religioni, costumi o tradizioni all'interno della loro società, comprese le culture indigene e minoritarie. Tuttavia, gli standard internazionali stabiliscono almeno due condizioni minime per il riconoscimento e la tutela delle famiglie a livello nazionale: in primo luogo, il rispetto del principio di uguaglianza e non discriminazione, compresa la 8
parità di trattamento delle donne; e in secondo luogo, l'effettiva garanzia dell'interesse superiore del bambino. Dati questi parametri, i meccanismi sui diritti umani hanno trovato che alcune forme di relazioni, come la poligamia e il matrimonio con minori, sono contrarie agli standard internazionali sui diritti umani e dovrebbero essere proibite. 27. Oltre ai suddetti principi, i meccanismi internazionali hanno richiesto agli Stati di proteggere forme specifiche della famiglia in considerazione della vulnerabilità dei loro membri in relazione al godimento dei diritti umani. Ad esempio, l'attenzione è stata attirata sulla discriminazione subita da donne e bambini nelle unioni di fatto e ci sono stati appelli per la regolamentazione di tali unioni nella legislazione nazionale. In termini simili, la commissione per i diritti economici, sociali e culturali ha invitato gli Stati a riconoscere legalmente le coppie dello stesso sesso. (…) C. Diritto alla privacy e alla vita familiare (…) 35. Il diritto alla vita familiare si riflette nella preferenza generale di preservare l'unità familiare e non separare i suoi membri, in particolare i membri che da essa dipendono. La Convenzione sui diritti dell'infanzia afferma il diritto dei minori di non essere separati dai loro genitori contro la loro volontà, salvo ove necessario per il superiore interesse del minore, come nei casi di abuso o negligenza (articolo 9, paragrafo 1), in seguito a una decisione giudiziaria in tal senso. I bambini privati del loro ambiente familiare dovrebbero ricevere cure alternative (articolo 20) e, quando possibile, avere contatti con i genitori (articolo 9, paragrafo 3). Secondo la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (articolo 23, paragrafo 4), in nessun caso un minore può essere separato dai genitori sulla base di una disabilità del figlio o di uno o di entrambi i genitori. 36. La Convenzione Internazionale sulla Protezione dei Diritti di Tutti i Migranti Lavoratori e i Membri delle Loro Famiglie impongono agli Stati di garantire la protezione dell'unità delle famiglie dei lavoratori migranti, anche facilitando la riunificazione dei migranti documentati con i loro coniugi e figli a carico (articolo 44). La Convenzione sui diritti dell'infanzia invita gli Stati parti a trattare tali richieste in modo positivo, umano e rapido (articolo 10). Diritto UE L'Ambito di applicazione della Direttiva sulla Riunificazione Famigliare è considerevolmente più ristretto rispetto alla definizione di famiglia così come si è evoluta nel diritto internazionale sui diritti umani sebbene il preambolo si riferisca all’Articolo 8 della CEDU e asserisca che la Direttiva si dovrebbe applicare “senza alcuna discriminazione sulla base di […] orientamenti sessuali” (Preambolo, par. 2 e 5). Per adempiere agli obblighi del diritto internazionale sui diritti umani, gli Stati Membri dell’UE devono interpretare e applicare le disposizioni della Direttiva in conformità con il senso più ampio di vita familiare stabilito dalla Corte Europea dei Diritti Umani, innanzi citato. Direttiva sul Ricongiungimento Familiare Articolo 4 Membri della famiglia 1. Gli Stati membri autorizzano l'ingresso e il soggiorno…. dei seguenti familiari: (a) il coniuge del soggiornante; (b) i figli minorenni del soggiornante e del coniuge, compresi i figli adottati secondo una decisione presa dall'autorità competente dello Stato membro interessato o una decisione automaticamente applicabile in virtù di obblighi internazionali contratti dallo Stato membro o che deve essere riconosciuta conformemente a degli obblighi 9
internazionali; (c) i figli minorenni, compresi quelli adottati, del soggiornante, quando quest'ultimo sia titolare dell'affidamento e responsabile del loro mantenimento. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento dei figli affidati ad entrambi i genitori, a condizione che l'altro titolare dell'affidamento abbia dato il suo consenso; (d) i figli minorenni, compresi quelli adottati, del coniuge, quando quest'ultimo sia titolare dell'affidamento e responsabile del loro mantenimento. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento dei figli affidati ad entrambi i genitori, a condizione che l'altro titolare dell'affidamento abbia dato il suo consenso. I figli minorenni di cui al presente articolo devono avere un'età inferiore a quella in cui si diventa legalmente maggiorenni nello Stato membro interessato e non devono essere coniugati. In deroga alla disposizione che precede, qualora un minore abbia superato i dodici anni e giunga in uno Stato membro indipendentemente dal resto della sua famiglia, quest'ultimo, prima di autorizzarne l'ingresso ed il soggiorno ai sensi della presente direttiva, può esaminare se siano soddisfatte le condizioni per la sua integrazione richieste dalla sua legislazione in vigore al momento dell'attuazione della presente direttiva. 2. In virtù della presente direttiva e fatto salvo il rispetto delle condizioni stabilite al capo IV, gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare l'ingresso e il soggiorno dei seguenti familiari: a) gli ascendenti diretti di primo grado del soggiornante o del suo coniuge, quando sono a carico di questi ultimi e non dispongono di un adeguato sostegno familiare nel paese d'origine; b) i figli adulti non coniugati del soggiornante o del suo coniuge, qualora obiettivamente non possano sovvenire alle proprie necessità in ragione del loro stato di salute. 3. Gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare l'ingresso e il soggiorno ai sensi della presente direttiva, fatto salvo il rispetto delle condizioni definite al capo IV, del partner non coniugato cittadino di un paese terzo che abbia una relazione stabile duratura debitamente comprovata con il soggiornante, o del cittadino di un paese terzo legato al soggiornante da una relazione formalmente registrata, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, nonché dei figli minori non coniugati, anche adottati, di tali persone, come pure i figli adulti non coniugati di tali persone, qualora obiettivamente non possano sovvenire alle proprie necessità in ragione del loro stato di salute. Gli Stati membri possono decidere, relativamente al ricongiungimento familiare, di riservare ai partner legati da una relazione formalmente registrata lo stesso trattamento previsto per i coniugi. 4. In caso di matrimonio poligamo, se il soggiornante ha già un coniuge convivente sul territorio di uno Stato membro, lo Stato membro interessato non autorizza il ricongiungimento familiare di un altro coniuge. In deroga al paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono limitare il ricongiungimento familiare dei figli minorenni del soggiornante e di un altro coniuge. 5. Per assicurare una migliore integrazione ed evitare i matrimoni forzati gli Stati membri possono imporre un limite minimo di età per il soggiornante e il coniuge, che può essere al massimo pari a ventuno anni, perché il ricongiungimento familiare possa aver luogo. 6. In deroga alla disposizione precedente gli Stati membri possono richiedere che le domande riguardanti il ricongiungimento familiare di figli minori debbano essere presentate prima del compimento del quindicesimo anno di età, secondo quanto previsto dalla loro legislazione in vigore al momento dell'attuazione della presente direttiva. Ove dette richieste vengano presentate oltre il quindicesimo anno di età, gli Stati membri che decidono di applicare la presente deroga autorizzano l'ingresso e il soggiorno di siffatti figli per motivi diversi dal ricongiungimento familiare. 10
Articolo 10 1. L'articolo 4 si applica alla definizione di familiari con l'eccezione del terzo comma del paragrafo 1 di tale articolo che non si applica ai figli dei rifugiati. 2. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento di altri familiari non previsti all'articolo 4, qualora essi siano a carico del rifugiato. 3. Se il rifugiato è un minore non accompagnato, gli Stati membri: (a) autorizzano l'ingresso e il soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare degli ascendenti diretti di primo grado, senza applicare le condizioni previste all'articolo 4, paragrafo 2, lettera a); (b) possono autorizzare l'ingresso e il soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare del suo tutore legale o di altro familiare, quando il rifugiato non abbia ascendenti diretti o sia impossibile rintracciarli. Sistema comune europeo di asilo (CEAS): Direttiva 2011/95 / UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alle norme per la qualifica di cittadini di paesi terzi o apolidi quali beneficiari di protezione internazionale, per uno status uniforme per i rifugiati o per le persone ammissibili alla protezione sussidiaria e per il contenuto della protezione concessa Articolo 2 (j) (j) per «familiari» si intendono: i seguenti soggetti appartenenti al nucleo familiare, già costituito nel paese di origine, del beneficiario di protezione internazionale che si trovano nel medesimo Stato membro in connessione all’istanza di protezione internazionale: — il coniuge del beneficiario di protezione internazionale, o il suo partner non sposato, avente con questi una relazione stabile, se la normativa o la prassi dello Stato membro interessato equipara le coppie non sposate a quelle sposate nel quadro della legge sui cittadini di paesi terzi, — i figli minori delle coppie di cui al primo trattino o del beneficiario di protezione internazionale, a condizione che siano non sposati, indipendentemente dal fatto che siano legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni della normativa nazionale, — il padre, la madre o altro adulto che sia responsabile, in base alla normativa o alla prassi dello Stato membro interessato, del beneficiario di protezione internazionale, nei casi in cui tale beneficiario è minore e non coniugato; 11
— Regolamento di Dublino III Articolo 2 (g) (g) per «familiari» si intendono: i seguenti soggetti appartenenti alla famiglia del richiedente, purché essa sia già costituita nel paese di origine, che si trovano nel territorio degli Stati membri: - il coniuge del richiedente o il partner non legato da vincoli di matrimonio con cui abbia una relazione stabile, qualora il diritto o la prassi dello Stato membro interessato assimilino la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate nel quadro della normativa sui cittadini di paesi terzi, - i figli minori delle coppie di cui al primo trattino o del richiedente, a condizione che non siano coniugati e indipendentemente dal fatto che siano figli legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale, - se il richiedente è minore e non coniugato, il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il richiedente in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova l’adulto, - se il beneficiario di protezione internazionale è minore e non coniugato, il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il beneficiario in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova il beneficiario 3. Registrazione della nascita e diritto al nome Diritto Internazionale I trattati sui diritti umani sanciscono il diritto di tutte le persone di registrarsi immediatamente dopo la nascita e il diritto a un nome dopo la nascita (Art 7 CRC, Art 24 (2) ICCPR, Art 18 Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CRPD). il diritto dei minori di intraprendere azioni legali o di invocare procedimenti amministrativi per proteggere i loro diritti differisce nei vari paesi. Oltre a garantire l'esistenza del bambino secondo la legge, la registrazione delle nascite fornisce le basi per la salvaguardia dei diritti dei bambini, compreso l'accesso dei bambini alla giustizia. Convenzione sui Diritti del Fanciullo (CDF) Articolo 7 1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi. 2. Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui, se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide. Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) Articolo 24(2) 12
Ogni fanciullo deve essere registrato subito dopo la nascita ed avere un nome. Convenzione NU sui Diritti delle Persone con disabilità Articolo 18 (2) I minori con disabilità devono essere registrati immediatamente dopo la nascita e hanno diritto sin dalla nascita a un nome, al diritto di acquisire una cittadinanza e, per quanto possibile, al diritto di conoscere i propri genitori e di essere da questi allevati. II. Diritto alla riunificazione familiare 1. Principi chiave Gli Stati hanno obblighi positivi per garantire l'effettivo godimento da parte dei bambini del loro diritto al rispetto della vita familiare. In base al diritto dell'UE e del CdE, l'interesse superiore del bambino deve essere la considerazione primaria da parte di tutte le autorità giudiziarie e amministrative in ogni decisione relativa al diritto del bambino al rispetto della sua vita familiare. Altri principi chiave comprendono la non discriminazione, il diritto di essere ascoltati, il diritto a un tutore, di essere rappresentati da un avvocato, i loro diritti economici, sociali e culturali e la necessità di valutazioni e trattamenti personalizzati per ciascun caso.4 In termini di una richiesta per l’ingresso in un paese ai fini del ricongiungimento familiare, l'articolo 10.1 la Convenzione sui Diritti del Bambino (vedi sopra) spiega gli obblighi dello Stato. La CRC e la CMW nel loro commento congiunto sui minori nel contesto della migrazione internazionale (n. 4 e 23, vedi sotto) sottolineano che gli stati dovrebbero facilitare le procedure di ricongiungimento familiare per completarle in modo rapido, in linea con i migliori interessi del bambino. Diritto Internazionale Commento generale congiunto n. 4 (2017) della commissione per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e membri delle loro famiglie e n. 23 (2017) del Comitato per i diritti del fanciullo sugli obblighi dello Stato in materia di diritti umani di bambini nel contesto della migrazione internazionale nei paesi di origine, transito, destinazione e ritorno, 16 nov 2017 Riunificazione famigliare 32. Ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, gli Stati parti devono garantire che le domande di ricongiungimento familiare siano trattate in modo positivo, umano e rapido, inclusa la facilitazione della riunificazione dei bambini con i loro genitori. Quando i rapporti del bambino con i suoi genitori e / o fratelli sono interrotti dalla migrazione (in entrambi i casi dei genitori senza il bambino, o del bambino senza i suoi genitori e / o fratello / i), si dovrebbe prendere in considerazione la conservazione dell'unità familiare nel valutare l'interesse superiore del minore nelle decisioni sul ricongiungimento familiare. 33. Nel caso di minori privi di documenti nel contesto della migrazione internazionale, gli Stati sviluppano e attuano linee guida, prestando particolare attenzione al fatto che 4 Per ulteriori informazioni, consultare i moduli di addestramento 0., I. e III. 13
i termini, i poteri discrezionali e / o la mancanza di trasparenza nelle procedure amministrative non dovrebbero ostacolare il diritto del bambino al ricongiungimento familiare. 34. Nel caso di minori non accompagnati o separati, compresi i bambini separati dai loro genitori a causa dell'applicazione delle leggi sull'immigrazione, come la detenzione dei genitori, gli sforzi per trovare soluzioni sostenibili e basate sui diritti per loro dovrebbero essere avviati e attuati senza indugio, compresa la possibilità di ricongiungimento familiare. Se il minore ha una famiglia nel paese di destinazione, nel paese di origine o in un paese terzo, le autorità per la protezione dei minori e il benessere nei paesi di transito o di destinazione dovrebbero contattare i familiari il prima possibile. La decisione se un bambino debba essere ricongiunto con la sua famiglia nel paese di origine, transito e / o destinazione dovrebbe essere basata su una solida valutazione in cui l'interesse superiore del bambino sia mantenuto come considerazione primaria e il ricongiungimento familiare è preso in considerazione e comprende un piano di reinserimento sostenibile in cui al bambino è garantita la partecipazione al processo. 35. Il ricongiungimento familiare nel paese di origine non dovrebbe essere perseguito laddove vi sia un "rischio ragionevole" che un tale ritorno porterebbe alla violazione dei diritti umani del minore. Quando il ricongiungimento familiare nel paese di origine non è nel superiore interesse del minore o non è possibile a causa di ostacoli legali o di altro tipo al ritorno, entrano in vigore gli obblighi di cui agli articoli 9 e 10 della Convenzione dei diritti del fanciullo e dovrebbero governare le decisioni dello Stato sul ricongiungimento familiare in esso. Dovrebbero essere messe in atto misure che consentano ai genitori di riunirsi con i loro figli e/o regolarizzare il loro status sulla base dell'interesse superiore dei loro figli. Gli Stati dovrebbero facilitare le procedure di ricongiungimento familiare al fine di completarle in modo rapido, in linea con l'interesse superiore del minore. Si raccomanda agli Stati di applicare le procedure per la determinazione del superiore interesse nel finalizzare il ricongiungimento familiare. 36. Quando un paese di destinazione rifiuta il ricongiungimento familiare al minore e/o alla sua famiglia, dovrebbe fornire informazioni dettagliate al minore, in un modo adatto ai bambini e adatto all'età, sui motivi del rifiuto e il diritto del bambino di fare appello. 37. I bambini che rimangono nei loro paesi di origine possono finire per migrare in modo irregolare e ingiustificato, cercando di ricongiungersi con i loro genitori e/o fratelli maggiori nei paesi di destinazione. Gli Stati dovrebbero sviluppare procedure di ricongiungimento familiare efficaci ed accessibili che consentano ai bambini di migrare regolarmente, compresi i bambini che rimangono nei paesi di origine che possono emigrare irregolarmente. Gli Stati sono incoraggiati a sviluppare politiche che consentano ai migranti di essere regolarmente accompagnati dalle loro famiglie al fine di evitare la separazione. Le procedure dovrebbero cercare di facilitare la vita familiare e garantire che ogni restrizione sia legittima, necessaria e proporzionata. Mentre questo dovere è principalmente per i paesi di accoglienza e di transito, gli Stati di origine dovrebbero anche adottare misure per facilitare il ricongiungimento familiare. 38. I Comitati sono consapevoli che le risorse finanziarie insufficienti spesso ostacolano l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare e che la mancanza di prove di un adeguato reddito familiare può costituire un ostacolo alle procedure di riunificazione. Gli Stati sono incoraggiati a fornire un adeguato sostegno finanziario e altri servizi sociali a quei bambini e ai loro genitori, fratelli e, se del caso, ad altri parenti. Il godimento dei diritti sanciti nella Convenzione sui diritti dell'infanzia non si limita ai minori che sono cittadini di uno Stato parte e devono quindi essere disponibili anche per tutti i bambini - compresi i richiedenti asilo, i rifugiati e i bambini migranti - indipendentemente dalla loro nazionalità, stato di immigrazione o apolidia. Il principio di non discriminazione, in tutte le sue sfaccettature, si applica a tutti i rapporti con i minori separati dalle loro famiglie e non accompagnati. In particolare, vieta qualsiasi discriminazione sulla base dello status di un bambino come non 14
accompagnato o separato dalla propria famiglia, o come rifugiato, richiedente asilo o migrante. Commento Generale no. 6: Trattamento dei minori non accompagnati e separati dalle famiglie fuori del Paese di Origine, NU Comitato sui Diritti del Fanciullo (CDF), Doc. NU CDF/CG/2005/6, 1° settembre 2005 12. Sulla base della Convenzione, lo Stato ha degli obblighi nei confronti di ogni bambino che si trovi all’interno del suo territorio e di tutti i bambini che ricadono nella sfera della propria giurisdizione (art. 2). Questi obblighi dello Stato non possono essere ridotti, né arbitrariamente, né unilateralmente, escludendo alcune zone o aree dal territorio dello Stato o definendo particolari aree o zone come non soggette, o soggette solo parzialmente, alla giurisdizione dello Stato. Inoltre, gli obblighi degli Stati, ai sensi della Convenzione, sussistono, all’interno dei confini statali, anche nei confronti di bambini che ricadono nella sfera di giurisdizione dello Stato durante il tentativo di entrare nel territorio del paese. Pertanto, dei diritti della Convenzione non godono solo i bambini cittadini dello Stato parte, e per tale motivo, se non esplicitamente affermato diversamente nella Convenzione, tali diritti devono essere esigibili da tutti i bambini – inclusi quelli richiedenti asilo politico, aventi lo status di rifugiati e 10 migranti – indipendentemente dalla loro nazionalità, status d’immigrazione o apolidia. 18. Il principio di non discriminazione si applica, in tutti i suoi aspetti, a ogni questione che riguarda i bambini non accompagnati e separati dalle loro famiglie. In particolare, proibisce ogni discriminazione nei confronti di bambini, siano essi non accompagnati o separati dalle loro famiglie, rifugiati, richiedenti asilo politico o migranti. Questo principio, se adeguatamente compreso, non previene, ma richiede una differenziazione sulla base delle differenti esigenze di protezione dei bambini, a seconda dell’età e/o del genere. Dovrebbero essere prese delle misure per correggere l’eventuale percezione errata e negativa da parte della società dei bambini non accompagnati o separati dalle loro famiglie. L’adozione di politiche o di altre misure relative all’ordine pubblico e riguardanti i bambini non accompagnati o separati dalle proprie famiglie è permessa solamente qualora sia basata sulla legge; comporti una valutazione individuale invece che collettiva; sia conforme al principio di proporzionalità; e rappresenti l’opzione meno intrusiva. Per non violare il principio di non discriminazione, queste misure non devono pertanto essere applicate a un gruppo o collettivamente. 20. Per determinare quale sia l’interesse superiore del bambino è necessaria una valutazione chiara e omnicomprensiva della sua identità, comprendente la sua nazionalità, l’educazione, l’appartenenza etnica, culturale e linguistica, le sue particolari debolezze e necessità di protezione. Pertanto, permettere al bambino di entrare nel territorio è un prerequisito per questo iniziale processo di valutazione. Il processo di valutazione dovrebbe avvenire in un’atmosfera accogliente e sicura e dovrebbe essere realizzato da professionisti qualificati, che hanno ricevuto una formazione sulle tecniche di intervista attente sia all’età che al genere. 21. I passi successivi, come la nomina di un tutore il più rapidamente possibile, assumono la funzione di misure di protezione per assicurare il rispetto dell’interesse superiore del bambino non accompagnato o separato dalla sua famiglia; di conseguenza per il bambino si dovrebbe avviare il procedimento di richiesta di asilo politico o altri procedimenti amministrativi o giudiziari solo dopo la nomina del tutore. Nei casi in cui i bambini sono coinvolti nei procedimenti di richiesta di asilo politico e altri procedimenti amministrativi e giudiziari, dovrebbe essere assicurato un rappresentante legale oltre che un tutore. 15
3. Diritto Internazionale e standard sulla riunificazione famigliare L’Atto Finale della Conferenza dei Plenipotenziari che ha recepito la Convenzione di Ginevra sui Rifugiati, ha affermato che: “l’unità della famiglia, gruppo unitario naturale e fondamentale della società, è un diritto essenziale del rifugiato”. Linee guida alla Protezione Internazionale n° 8: Richiesta Asilo del minore ai sensi degli Articoli 1(A)2 e 1(F) della Convenzione del 1951 e/o il Protocollo 1967 relativo allo Status di Rifugiato, ACNUR, NU Doc. HCR/LPI/09/08,22 dicembre 2009 Per i richiedenti minori non accompagnati e separati, si dovranno fare tutti gli sforzi il prima possibile per iniziare a rintracciare i genitori e altri membri della famiglia per il ricongiungimento familiare. Chiaramente vi saranno delle eccezioni a queste priorità laddove sia disponibile l’informazione che indichi che il rintracciamento o il ricongiungimento potrebbe mettere in pericolo i genitori o gli altri membri della famiglia, che il bambino sia stato soggetto ad abuso o negligenza, e/o laddove i genitori o i membri della famiglia siano implicati o siano stati coinvolti nella loro persecuzione. UNHCR, Conclusione del Comitato Esecutivo No. 107 (LVIII) Paragrafo (h)(iii) Facilitare al minore il godimento della sua unità familiare attuando delle procedure che evitino la separazione, e riguardo ai minori separati e non accompagnati, facilitare il rintracciamento e il ricongiungimento familiare con i membri della loro famiglia in conformità con gli interessi superiori del bambino, con il giusto rispetto per la legislazione nazionale dei rispettivi Stati. UNHCR Comitato Esecutivo, Conclusione No. 15 Paragrafo (e) Nell’interesse del ricongiungimento familiare e per motivi umanitari, gli Stati dovrebbero facilitare l’ammissione al loro territorio quanto meno del coniuge e del minore, o dei figli dipendenti da qualsiasi persona a cui sia stato concesso asilo temporaneo o duraturo in qualità di rifugiato; UNHCR Comitato Esecutivo, Conclusione No. 24 Paragrafo 8 Al fine di promuovere la pronta integrazione delle famiglie di rifugiati nel paese di insediamento, si deve garantire, in linea di principio, nella riunificazione dei membri stretti di una famiglia, il medesimo status giuridico e i servizi concessi al capo famiglia cui sia stato formalmente riconosciuto lo status di rifugiato. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa raccomanda che le istanze siano trattate “in modo positivo, con umanità e sollecitudine”, ed ha precisato che “laddove 16
le istanze di questi soggetti per il ricongiungimento familiare siano rigettate, si dovrà predisporre una revisione indipendente e imparziale di tali decisioni.”5 Art 8 CEDU Vi è un obbligo concreto da parte dello Stato di destinazione di un migrante nel facilitare il ricongiungimento familiare nel proprio territorio laddove vi sia un ostacolo oggettivo insormontabile che non consenta al migrante, già nella sua giurisdizione, di far valere i suoi diritti alla vita familiare in qualsiasi altro luogo. Sen c. Paesi Bassi, C. EDU, par. 40-4. In questo caso, la Corte Europea dei Diritti Umani ha riscontrato l’esistenza di un “insormontabile ostacolo” al godimento di una vita familiare fuori dal paese di residenza poiché la madre che richiedeva il ricongiungimento familiare con la figlia rimasta nel paese di origine, aveva un secondo figlio nel paese di destinazione ormai cresciuto nel luogo. In questo caso la Corte considerò che la riunificazione nel paese di destinazione sarebbe stata la soluzione più adatta a poter sviluppare una vita familiare, considerate le difficoltà che avrebbero causato al secondo figlio un reinsediamento di tutta la famiglia nel paese di origine. Le condizioni al ricongiungimento familiare imposte de uno stato devono essere ragionevoli e non possono violare il diritto al rispetto per la vita familiare. La Corte non ha ritenuto irragionevole il requisito che un adulto, alla ricerca del ricongiungimento familiare con i suoi figli nel loro paese di origine, “dimostra che lui o lei hanno una remunerazione sufficientemente autonoma e duratura, non trattandosi di benefici assistenziali, necessari a coprire le spese per il sostentamento di base ai membri della famiglia con cui si richiede il ricongiungimento”. (Haydarie e Altri c. Paesi Bassi), decisione di ricevibilità 8876/04 Corte EDU). Una decisione o prassi relativa al ricongiungimento familiare basata sulla motivazione della discriminazione di genere, violerebbe il divieto della discriminazione relativo al diritto ad una vita familiare (Vedi Abdulaziz, Cabales e Balkandali c. Regno Unito, C. EDU, par. 74-83) Haydarie e Altri c. Paesi Bassi, 20 ottobre 2005 Gli ostacoli o condizioni al ricongiungimento familiare non possono violare il diritto al rispetto per la vita familiare laddove si può dimostrare che questi siano irragionevoli. Nel presente caso la Corte non ha ritenuto irragionevole il requisito di dimostrazione di salario sufficientemente autonomo e duraturo, non trattandosi di benefici assistenziali, quello necessario a fornire le spese per il sostentamento di base ai membri della famiglia con cui si richiedeva il ricongiungimento. Abdulaziz, Cabales e Balkandali c. Regno Unito, 24 aprile 1985 In questo caso si è ritenuto che una decisione che discrimini il ricongiungimento familiare (sia essa deleteria o preferenziale) basata su genere, violerebbe il divieto della non-discriminazione relativo al diritto ad una vita familiare. 5 Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, Raccommendazione No. R (99) 23, comma 4 17
Nell’esaminare se uno Stato abbia adempiuto i sui obblighi positivi ai sensi dell’Articolo 8 della CEDU, in materia di ricongiungimento familiare di un genitore migrante con un bambino che si trova fuori dal paese, la Corte Europea terrà in considerazione l’età del minore in questione, la loro situazione presso il loro paese di origine e la misura in cui il minore dipenda dai suoi genitori. Tuquabo-Tekle e Altri c. Paesi Bassi, C. EDU 1° dicembre 2005 47. Per ciò che attiene all’istanza: fino a che punto sia vero che il mezzo più adatto per i richiedenti l’istaurazione congiunta di una vita familiare sia per Mehret quello di stabilire la sua dimora nei Paesi Bassi, la Corte considera che la presente istanza sia molto simile a quella del caso di Şen c. Paesi Bassi (…), in cui essa aveva riscontrato una violazione dell’Articolo 8 della Convenzione. Anche quel caso riguardava dei genitori che avevano stabilito il loro status di immigrati nei Paesi Bassi, e che avevano scelto di lasciare la figlia (Sinem) alle cure di parenti nel loro paese di origine (Turchia) per un certo numero di anni prima di inoltrare l’istanza per il ricongiungimento con la stessa. A questo punto, la Corte dovrebbe ricordare che c’è da chiedersi sino a che punto si può sostenere nel caso di specie, così come ha fatto il Governo, che la Sig.ra Tuquabo-Tekle abbia lasciato Mehret di “sua spontanea volontà” tenendo presente che era fuggita dall’Eritrea durante il corso di una guerra civile per chiedere asilo all’estero a seguito della morte del marito. Comunque sia, sta di fatto che la Sig.ra Tuquabo-Tekle e suo marito, così come il Sig. e la Sig.ra Şen, hanno risieduto legalmente nei Paesi Bassi per un certo numero di anni anche optando per, ed ottenendo la nazionalità olandese. Inoltre, ed anche così come nel caso Şen, dalla coppia sono nati due bambini nei Paesi Bassi: Tmnit nel 1994 e Ablel nel 1995. Questi due bambini hanno risieduto sempre nei Paesi Bassi e nel suo ambiente linguistico e culturale, hanno la nazionalità olandese e frequentano la scuola nel luogo. Di conseguenza, essi possono avere soltanto dei minimi legami, qualora ve ne siano, con il paese di origine dei loro genitori (Vedi Şen, § 40). 48. Sono state proprio queste circostanze che hanno portato la Corte a stabilire nel caso di Şen che vi era un ostacolo ragguardevole sul ritorno della famiglia in Turchia, e che il consentire a Sinem di andare nei Paesi Bassi sarebbe stato il modo più adatto in cui la famiglia avrebbe potuto istaurare una vita familiare con lei. La Corte ha aggiunto che soprattutto, in considerazione della giovane età di Sinem, la sua integrazione in stretta unità familiare con i suoi genitori era particolarmente cruciale (…). È in questo ultimo contesto che i due casi sono diversi: mentre Sinem Şen aveva 9 anni quando i suoi genitori hanno chiesto il ricongiungimento con la figlia (…), Mehret ne aveva già 15 quando la madre e il padre adottivo fecero per lei richiesta di visto di soggiorno provvisorio (vedi sopra par. 11). Sorge, pertanto, l’istanza se ciò costituisca in questo caso una differenza sostanziale tale da distinguersi da Şen, e portare ad un risultato diverso. 49. In effetti, la Corte aveva rigettato in precedenza casi riguardanti istanze e ricorsi di ricongiungimento familiare non andati a buon fine ai sensi dell’Articolo 8, dove i figli in questione avevano nel contempo raggiunto un’età in cui presumibilmente non avevano tale necessità di cure come i bambini più piccoli, e sarebbero sempre più in grado di cavarsela da soli nell’ambiente culturale e linguistico del loro paese di origine, oppure se avessero sul luogo altri parenti, e se si poteva ipotizzare un ritorno dei genitori in quel paese (…). 50. Nel caso di specie, la Corte rileva che i richiedenti non hanno asserito che i parenti, che si erano presi cura di Mehret sin da quando la madre l’aveva lasciata, e la quale aveva indubbiamente dei forti legami culturali e linguistici con l’Eritrea, non potevano più prendersene cura. Loro hanno, tuttavia sostenuto che l’età di Mehret – piuttosto che renderla meno dipendente dalla madre – le si doveva, a maggior ragione, esserle consentito di unirsi alla sua famiglia nei Paesi Bassi. Ciò era dovuto al fatto che, secondo la tradizione Eritrea, la nonna di Mehret l’aveva tolta dalla scuola, ed inoltre Mehret aveva raggiunto l’età da poterla dare in sposa (…). Sebbene la sig.ra Tuquabo-Tekle dissentisse dalle scelte fatte per Mehret, non era in grado di fare nulla fintantoché la figlia continuava a permanere in Eritrea. La Corte concorda con il Governo riguardo al fatto che le argomentazioni dei richiedenti in questo contesto, di 18
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