DIRETTORIO PER I CONSIGLI PARROCCHIALI E DI COMUNITÁ PASTORALE
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DIRETTORIO PER I CONSIGLI PARROCCHIALI E DI COMUNITÁ PASTORALE (testo editato per il rinnovo 2015-2019) 1. Indicazioni Generali Il presente Direttorio assume il compito di offrire le indicazioni vincolanti, valevoli a livello diocesano, che riguardano gli organismi di corresponsabilità ecclesiale parrocchiali e di comunità pastorale. Si tratta nel concreto dei seguenti consigli, per i quali si farà ordinariamente ricorso alle sigle proposte: Consiglio pastorale parrocchiale (CPP); Consiglio pastorale di comunità pastorale (CPCP), Consiglio per gli affari economici della parrocchia (CAEP), Consiglio per gli affari economici della comunità pastorale (CAECP). Il riferimento principale delle scelte proposte resta quello del Sinodo diocesano 47°, che dedica particolare attenzione ai consigli, dando delle indicazioni molto significative, sia a livello di comprensione teorica, sia a livello operativo e offre una serie di elementi di carattere ecclesiologico, che rendono possibile delineare con precisione il quadro entro il quale devono inserirsi la riflessione, la regolamentazione e l’azione dei consigli parrocchiali. Le indicazioni sinodali risultano essere valevoli anche con riferimento alla realtà delle comunità pastorali (introdotte a seguito dell’omelia nella Messa crismale del 2006), in cui viene ad esprimersi, nel contesto più vasto di una realtà ecclesiale che comprende diverse comunità parrocchiali, la stessa dinamica di comunione, collaborazione e corresponsabilità che caratterizza la vita della singola parrocchia. Al numero 7 sono date delle indicazioni per le comunità pastorali di prossima costituzione, che al momento del rinnovo dei consigli non sono tuttavia ancora costituite, o che pur essendo già state costituite sono in difficoltà nella realizzazione degli organismi unitari: CPCP e CAECP. 1.1 La Chiesa come realtà di comunione e di corresponsabilità 1.1.1 Comunione, collaborazione e corresponsabilità di tutti i fedeli Il Capitolo 5 del Sinodo diocesano 47° introduce la Sezione I della Parte II, che tratta delle diverse articolazioni della Diocesi, proponendo come chiave di lettura della complessa realtà della Diocesi nei suoi vari livelli il tema della Chiesa come realtà di comunione e di corresponsabilità. I primi due paragrafi della cost. 132 affermano: «§ 1. La Chiesa, in quanto «è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» [LG 1], è realtà di comunione. Ciò caratterizza essenzialmente la vita e missione del popolo di Dio nel suo insieme, ma anche la condizione e l'azione di ciascun fedele. § 2. La Chiesa è popolo di Dio in cui tutti i fedeli, in virtù del battesimo, hanno la stessa uguaglianza nella dignità e nell'agire, partecipando all'edificazione del Corpo di Cristo secondo la condizione e i compiti di ciascuno. Esiste, quindi, una reale corresponsabilità di tutti i fedeli nella vita e nella missione della Chiesa, perché ognuno partecipa nel modo che gli è proprio dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo». L’Arcivescovo card. Dionigi Tettamanzi, riprendendo l’indicazione sinodale, ha aggiunto un terzo elemento alla comunione e alla corresponsabilità: la collaborazione. Essa nasce dalla comunione e si esprime in forma matura nella corresponsabilità. Se manca la convinzione profonda che la Chiesa, e quindi anche la parrocchia e la comunità pastorale, sono realtà di comunione e luogo di collaborazione e di effettiva corresponsabilità, qualsiasi sforzo di realizzare i consigli è destinato al fallimento, anche se la loro costituzione e attività fossero formalmente ineccepibili. Al contrario, dove tale convinzione si radica sempre più, viene approfondita e nutrita dal confronto con la Parola di Dio e con le indicazioni della Chiesa e attraverso concrete realizzazioni, anche situazioni molto difficili possono arrivare ad esprimere degli organismi ecclesialmente significativi per la vita della comunità.
1.1.2 La formazione alla comunione, collaborazione e corresponsabilità Previa a ogni costituzione o rinnovo dei consigli, ma anche contemporanea alla vita della comunità e al suo esprimersi attraverso i consigli, è un’opera di formazione a cui il Sinodo impegna la Chiesa ambrosiana nel suo complesso e nelle sue articolazioni, opera che viene descritta nella cost. 134, § 2. Tra le indicazioni offerte si può ricordare la necessità dell’educazione «a una rinnovata presa di coscienza che la comunione è innanzitutto un dono di Dio, da richiedere continuamente nella preghiera, e che essa cresce attraverso l'ascolto della Parola e la celebrazione del mistero cristiano nella liturgia» (lett. a); l’opportunità di «una formazione di base all'esercizio della corresponsabilità, anche attraverso le scuole per operatori pastorali» (lett. c); l’impegno di ogni comunità a fare in modo che «i temi relativi alla comunione ecclesiale, alla partecipazione attiva dei fedeli e al “consigliare” nella Chiesa siano fatti conoscere a tutti i parrocchiani mediante apposite iniziative (ad esempio, in occasione del rinnovo del consiglio pastorale o di significativi anniversari della parrocchia) e vengano periodicamente ripresi nella predicazione, nella catechesi e sull'eventuale informatore parrocchiale» (lett. d); la specifica attenzione all’educazione dei giovani «alla generosa assunzione di responsabilità» (lett. e). Queste attenzioni al tema della formazione1 risultano essere peraltro essenziali allo sviluppo delle comunità pastorali, che per la loro stessa sussistenza abbisognano della significativa presenza di una molteplicità di figure ministeriali, adeguatamente preparate. 1.2 La scelta della parrocchia e la comunità pastorale È facilmente intuibile che non ha senso un impegno serio e profondo nel dar vita e nel mantenere ecclesialmente efficienti i consigli, soprattutto quello pastorale, se non si è convinti della centralità della parrocchia e del ruolo della comunità pastorale. Il Sinodo 47° ha voluto ribadire che per la Chiesa ambrosiana la parrocchia è «la forma privilegiata della sua presenza», «la forma principale di presenza della missione della Chiesa per la vita della gente» (cost. 135, § 2) e ne ha dato la motivazione riconoscendola come autentica «figura di Chiesa» (cost. 136). Il Sinodo si è poi impegnato a offrire le linee per il rinnovamento pastorale della parrocchia, «indicate in tre direzioni complementari: I. la parrocchia luogo della pastorale ordinaria; II. la parrocchia luogo della corresponsabilità pastorale; III. la parrocchia luogo della dinamica missionaria» (cost. 136, § 3). Tali direzioni costituiscono le articolazioni del capitolo sulla parrocchia e offrono ai consigli parrocchiali le motivazioni profonde del loro esistere e, insieme, le linee dell’azione pastorale di cui essi devono essere protagonisti. La realtà della comunità pastorale si pone in continuità con questa scelta per la parrocchia, come una «forma di “unità pastorale” tra più parrocchie affidate a una cura pastorale unitaria e chiamate a vivere un cammino condiviso e coordinato di autentica comunione, attraverso la realizzazione di un concreto, preciso e forte progetto pastorale missionario» (Omelia del giovedì santo 2006). La comunità pastorale assume pertanto il criterio, privilegiato dalle scelte pastorali della Chiesa in Italia, di una riorganizzazione delle relazioni tra parrocchie secondo «una logica prevalentemente “integrativa” e non “aggregativa”: se non ci sono ragioni per agire altrimenti, più che sopprimere parrocchie limitrofe accorpandole in una più ampia, si cerca di mettere le parrocchie “in rete” in uno slancio di pastorale d’insieme. Non viene ignorata la comunità locale, ma si invita ad abitare in modo diverso il territorio, tenendo conto dei mutamenti in atto, della maggiore facilità degli spostamenti, come pure delle domande diversificate rivolte oggi alla Chiesa» (CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 11). La prospettiva missionaria pone l’esigenza di sviluppare a livello parrocchiale e in particolare a livello di comunità pastorale un’attenzione alla crescita spirituale della comunità cristiana nel suo insieme, maturando un’attenzione che raggiunga tutti i fedeli, anche quanti vivono in speciali condizioni di vita. In alcuni casi, tuttavia, comunità o gruppi particolari di fedeli potranno richiedere una cura pastorale 1 Si omette nella presente edizione del testo il riferimento a «un anno di riposo in Dio» perché non più attuale.
specifica, che richieda la presenza nell’ambito della parrocchia di una cappellania dedicata a questo scopo: è il caso delle cappellanie ospedaliere (cost. 254) o universitarie, ma anche delle cappellanie per carcerati, operatori e viaggiatori aeroportuali, personale della polizia di stato o fedeli che si trovano in altre specifiche situazioni di vita. Un ambito del tutto particolare e oggi di significativo rilievo è infine quello della cura pastorale dei fedeli di lingua straniera, per i quali sono previste particolari e apposite strutture pastorali, identiche o almeno assimilabili alla realtà della parrocchia stessa (cf Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, istruzione Erga migrantes caritas Christi: parrocchie personali, missioni con cura d’anime, cappellanie). La parrocchia e la comunità pastorale dovranno pertanto favorire un rapporto proficuo di collaborazione con le diverse cappellanie, da un lato favorendo l’integrazione di tutti i fedeli nel contesto dell’unica comunità cristiana, dall’altro rispettando e favorendo la realizzazione di quelle iniziative che risultano necessarie per consentire a tutti di vivere la propria esperienza di fede. 1.3 Il ruolo di laici, presbiteri, diaconi e consacrati nella chiesa, nella parrocchia e nella comunità pastorale Un terzo aspetto fondamentale per impostare correttamente la vita e le funzioni dei consigli è quello della consapevolezza del ruolo delle diverse componenti della Chiesa. La Chiesa popolo di Dio è costituita dai battezzati, aventi tutti la stessa dignità di figli di Dio e tutti la stessa universale vocazione alla santità (cf. cost. 369), ma ognuno con la propria specifica vocazione e, quindi, con il proprio compito nella comunità cristiana. I capitoli che il Sinodo 47° dedica alle varie vocazioni vanno quindi approfonditi, assimilati e messi in pratica anche all’interno della parrocchia. Senza dimenticare il Capitolo 23 dedicato ai ministeri ordinati (presbiteri e diaconi) e il Capitolo 22 sulla vita consacrata, occorre dare particolare attenzione al Capitolo 20 sui fedeli laici, che costituiscono la maggior parte dei membri dei consigli. L’omelia del giovedì santo del 2008, sul sacerdozio comune dei fedeli, indica la base della valorizzazione del compito proprio dei laici, richiamando la comunità ambrosiana al coraggio di assumere scelte conseguenti e coerenti con questo principio. La consapevolezza da parte degli stessi fedeli laici su quello che è il loro ruolo nella Chiesa può essere raggiunta solo con un impegno di formazione, sia attraverso la catechesi, in particolare degli adulti, sia attraverso iniziative specifiche per quella che il Sinodo chiama la formazione della coscienza cristiana (cf. costt. 377-384) e per la formazione degli operatori pastorali (cf. costt. 391-392). Non va dimenticato l’impegno che il Sinodo propone ai presbiteri circa la loro formazione alla corretta concezione della Chiesa e del ruolo dei laici (cf. cost. 389, § 2, lett. a; cost. 134, § 2, lett. h-i). Alla luce dei capitoli sopra indicati, vanno poi accolte le indicazioni date specificamente per la parrocchia (applicabili, con le debite proporzioni, anche alla comunità pastorale) da parte del Sinodo in riferimento alle diverse vocazioni: la cost. 144 sui ministri ordinati, la cost. 145 sui fedeli laici nella parrocchia e la cost. 146 sui consacrati nella parrocchia. Si deve infine evidenziate che la stessa attività dei consigli diventa occasione per far crescere la consapevolezza del compito dei laici. I consigli non sono primariamente luoghi di catechesi o di formazione, ma con il loro stesso esistere e operare diventano occasione di autoformazione ecclesiale, per chi vi partecipa, e stimolo all’intera comunità per vivere in pienezza la vocazione di ciascun fedele. Per questi motivi ai consiglieri è richiesto, nel corso del loro mandato, di partecipare a specifici percorsi di formazione pastorale, culturale e spirituale o almeno di fare uso di strumenti e testi di formazione che accrescano la consapevolezza del significato del consigliare nella Chiesa. Questi momenti di formazione dovranno avere una certa frequenza e associare presbiteri, consacrati e laici in un percorso che comprenda attenzioni di carattere fondativo e la cura di aspetti metodologici. 1.4 La parrocchia, la comunità pastorale e i rispettivi consigli L’ecclesiologia del Vaticano II e il Sinodo 47° evidenziano che l’azione pastorale ha come soggetto
proprio non il solo parroco o responsabile di comunità pastorale, né i soli ministri ordinati con la collaborazione di qualche fedele, ma l’intera comunità cristiana e questa «soggettività dell'intera comunità parrocchiale non può limitarsi a essere un'affermazione astratta, ma deve tradursi in realtà concreta» (cost. 142, § 1). Strumento principale per esprimere questa soggettività è il CPP che, come ricorda la cost. 147, § 2, «ha un duplice fondamentale significato: da una parte rappresenta l’immagine della fraternità e della comunione dell’intera comunità parrocchiale di cui è espressione in tutte le sue componenti, dall’altra costituisce lo strumento della decisione comune pastorale». Il CPP, pur non esaurendo la soggettività della parrocchia, è espressione autentica della comunità, opera sempre inserito in essa e ne costituisce lo strumento specifico di decisione pastorale. La sua costituzione è obbligatoria in ogni parrocchia che non sia unita in comunità pastorale (can. 536 e cost. 147, § 4). Il CPCP è la struttura analoga al CPP con riferimento alla comunità pastorale, intesa come soggetto canonicamente istituito. Non si tratta pertanto di un semplice organismo unitario, rispetto alle singole parrocchie, ma di un vero consiglio pastorale unito in cui la comunità pastorale, nel rispetto della proporzione tra le diverse parrocchie, si esprime come un’unica soggettività. La sua costituzione è da considerarsi obbligatoria, una volta che la comunità pastorale sia stata adeguatamente avviata ed è sostitutiva dei singoli CPP. Il CAEP è l’organismo parrocchiale specificamente deputato ad accompagnare le scelte relative all’amministrazione della parrocchia. Pur essendo pertanto un organismo con una valenza anche di carattere tecnico è costituito da fedeli ed è espressione della comunità cristiana. La sua costituzione è obbligatoria in forza della norma canonica (can. 537). Il CAECP, tenendo conto dell’obbligo canonico per ogni parrocchia di disporre di un proprio CAEP, si presenta come un organismo unitario in cui anche le scelte relative alle singole parrocchie vengono assunte ordinariamente in sessioni di lavoro comuni. La sua costituzione è obbligatoria una volta che le singole parrocchie siano state adeguatamente introdotte alla prospettiva del lavoro comune in ambito amministrativo. 1.5 Oggettività dell’azione pastorale e progetto pastorale La vita e l’azione pastorale della parrocchia e della comunità pastorale non sono lasciate al caso o al succedersi estemporaneo di iniziative dovute alla buona volontà dei sacerdoti o di alcuni fedeli, o a gruppi e realtà di vario genere presenti nell’ambito della parrocchia. Va salvaguardata, invece, l’unità dell’azione pastorale e l’oggettività della stessa. Secondo il Sinodo 47° uno strumento fondamentale per realizzare una effettiva comunione e unità di azione, basata su criteri oggettivi, è il progetto pastorale, che viene così descritto dalla cost. 143, § 3 in riferimento alla parrocchia: «Un'espressione della comunione pastorale, che diventa strumento di oggettività per tutta la parrocchia è il progetto pastorale. Le linee fondamentali del progetto pastorale di ogni parrocchia sono quelle disposte dalla Chiesa universale e da quella diocesana, ma queste vanno precisate per il cammino della concreta comunità parrocchiale ad opera, in particolare, del parroco con il consiglio pastorale. Il progetto pastorale di ogni parrocchia deve interpretare i bisogni della parrocchia, prevedere la qualità e il numero dei ministeri opportuni, scegliere le mete possibili, privilegiare gli obiettivi urgenti, disporsi alla revisione annuale del cammino fatto, mantenere la memoria dei passi già compiuti. Esso è un punto di riferimento obiettivo per tutti, presbiteri, diaconi, consacrati e laici; come pure per tutte le associazioni, i movimenti e i gruppi operanti in parrocchia. Va tenuto, infine, presente che la precisazione dei criteri oggettivi di conduzione della parrocchia favorisce la continuità della sua vita anche al di là del cambiamento dei suoi stessi pastori». In riferimento alla comunità pastorale, così si esprime la nota pastorale Verso una nuova strategia pastorale della Chiesa ambrosiana:
«la comunità pastorale è chiamata a realizzare un progetto pastorale comune, che riguardi l’annuncio della Parola, la liturgia e la vita di preghiera, il servizio caritativo e la cura di contesti specifici, quali ad esempio la pastorale giovanile, la pastorale familiare, la pastorale dei malati e l’animazione della vita cristiana nei diversi ambiti della vita culturale e sociale. […] è comunque necessario che il progetto pastorale, elaborato sotto la responsabilità del Direttivo con la partecipazione del CPCP, trovi una formulazione scritta, precisa e articolata, e che sia periodicamente rivisto». Il compito del riferimento al progetto pastorale è quello di «evitare la dispersione o egemonia di persone o gruppi particolari e favorire la presenza e la crescita di tutti i fedeli con i propri carismi» (cost. 143, § 1): non si tratta, quindi, di un’unità che mortifica, ma che fa convergere nella comunione l’apporto di ciascuno. Sempre il testo sinodale ricorda che il riferimento a criteri oggettivi nell’ambito dell’azione pastorale non si oppone all’iniziativa e alla genialità di ciascuno, a cominciare dal parroco o dal responsabile, ma fa in modo che la ricchezza delle varie personalità venga portata nella vita della comunità, «in un'ottica di comunione e di fedeltà al Vangelo di Cristo e all'insegnamento e alle scelte, anche di natura pastorale, della sua Chiesa, evitando ogni forma di soggettivismo» (cost. 143, § 2). Il consiglio pastorale trova nel progetto pastorale unitario l’oggetto della propria attività e il riferimento centrale per ogni decisione. Primo compito del consiglio pastorale è, infatti, quello di elaborare e periodicamente aggiornare il progetto pastorale, per fare in modo che le singole decisioni relative alla vita della parrocchia o della comunità pastorale vengano prese in continuità con lo stesso, garantendo così uno sviluppo unitario e armonico della vita parrocchiale. Il progetto parrocchiale costituisce inoltre il contesto in cui il consiglio per gli affari economici deve inserire le decisioni relative agli aspetti economici della parrocchia. 1.6 Presiedere e consigliare per un discernimento ecclesiale La cost. 134 invita a fare in modo che nei vari consigli «si attui sapientemente il “consigliare” e il “presiedere”» (§ 2, lett. g). Questi due verbi designano sinteticamente due atteggiamenti fondamentali per una buona realizzazione dei consigli parrocchiali. Si tratta di due modi di porsi che non sono in parallelo o in contrasto tra loro, ma che devono trovare una sintesi armonica, soprattutto nel consiglio pastorale. In concreto, il Sinodo 47° definisce il consigliare nel § 1 della cost. 147: «Un momento significativo della partecipazione all'azione pastorale della parrocchia si realizza anche mediante il “consigliare nella Chiesa”, in vista del comune discernimento per il servizio al Vangelo. Il consigliare nella Chiesa non è facoltativo, ma è necessario per il cammino da compiere e per le scelte pastorali da fare. Il consiglio pastorale parrocchiale e, nel suo settore e con la sua specificità, il consiglio parrocchiale per gli affari economici, sono un ambito della collaborazione tra presbiteri, diaconi, consacrati e laici e uno strumento tipicamente ecclesiale, la cui natura è qualificata dal diritto-dovere di tutti i battezzati alla partecipazione corresponsabile e dall’ecclesiologia di comunione». L’atto del consigliare si precisa così come un’autentica partecipazione al discernimento ecclesiale, inteso come una valutazione comune, nel rispetto dei diversi compiti, che si alimenta dall’ascolto della Parola e sfocia in una decisione. Il consigliare richiede pertanto la pazienza dell’ascolto e il rispetto dei diversi momenti in cui si articola il confronto comune. Il ministero della presidenza in riferimento al parroco e ai presbiteri che con lui partecipano della cura pastorale della parrocchia (e la cosa è valida anche per la comunità pastorale), è descritto molto bene dalla cost. 142, § 4: «Un ruolo fondamentale per la realizzazione di una vera comunità parrocchiale, capace di essere vero soggetto di pastorale, è quello del parroco: a lui, come pastore proprio della parrocchia, è affidato il ministero della presidenza, non come modalità esaustiva di tutta
l'azione pastorale, ma come compito di guida dell'intera comunità nella realizzazione di una comunione di vocazioni, ministeri e carismi e nell'individuazione e nell'attuazione delle linee del progetto pastorale». In questo senso il compito del presiedere è quello di mettersi al servizio della comunione, sollecitando e favorendo l’apporto di tutti rispetto alle scelte da assumere (ciascuno secondo la propria competenza e il proprio compito nella Chiesa) e garantendo il convergere verso una decisione che sia al servizio dell’unità, di cui il presidente stesso si fa in tal modo garanzia ed espressione. Il consigliare indica invece la partecipazione dei fedeli alle scelte che concernono la vita della comunità portandovi l’apporto del proprio discernimento, in vista dell’assunzione di decisioni comuni. A proposito, per precisare il significato ecclesiale del consigliare, è utile richiamare quanto disposto dalla cost. 147, § 2: «È quindi possibile definirlo [il consiglio pastorale] organo consultivo solo in termini analogici e solo se tale consultività viene interpretata non secondo il linguaggio comune, ma nel giusto senso ecclesiale. I fedeli, in ragione della loro incorporazione alla Chiesa, sono abilitati a partecipare realmente, anzi a costruire giorno dopo giorno la comunità; perciò il loro apporto è prezioso e necessario. Il parroco, che presiede il consiglio e ne è parte, deve promuovere una sintesi armonica tra le differenti posizioni, esercitando la sua funzione e responsabilità ministeriale. L’eventuale non accettazione, da parte del parroco, di un parere espresso a larga maggioranza dagli altri membri del consiglio potrà avvenire solo in casi eccezionali e su questioni di rilievo pastorale, che coinvolgono la coscienza del parroco e saranno spiegati al consiglio stesso. Nel caso di forti divergenze di pareri, quando la questione in gioco non è urgente, sarà bene rinviare la decisione ad un momento di più ampia convergenza, invitando tutti ad una più matura e pacata riflessione; invece nel caso di urgenza, sarà opportuno un appello all'autorità superiore, che aiuti ad individuare la soluzione migliore». 1.7 I beni economici come strumenti a servizio della pastorale. la responsabilità dei consigli parrocchiali e di comunità pastorale 1.7.1 Il rilievo dei beni economici nella Chiesa Ogni parrocchia in modo più o meno sufficiente, ha a disposizione delle strutture e delle risorse, provenienti per la maggior parte dalle libere offerte dei fedeli. Il principio del riferimento alla parrocchia come titolare dei beni economici vale anche per le parrocchie appartenenti a una comunità pastorale (in particolare in relazione alle strutture e alle offerte raccolte in parrocchia), anche perché è solo la parrocchia a disporre di soggettività valevole anche in ambito civile. Questo non toglie che la comunità pastorale debba favorire una reale corresponsabilità tra parrocchie anche in ambito economico, incoraggiando l’assunzione di scelte comuni e condivise, la realizzazione di strutture e attività relative alla comunità pastorale nel suo insieme e lo sviluppo di forme di cassa comune. Anche il livello decanale va tenuto presente per un saggio utilizzo e una reale valorizzazione delle strutture in un’ottica ecclesiale finalizzata alla comunione e alla missione e anche il consiglio pastorale decanale dovrà pertanto svolgere un ruolo in questo ambito. Per quanto riguarda poi l’utilizzo dei beni economici ecclesiali, si deve ricordare che in ogni caso queste risorse sono strumenti da utilizzare con grande discernimento, verificando continuamente la fedeltà al Vangelo delle scelte assunte e attenendosi alle finalità stabilite, che «sono principalmente: a) provvedere alle necessità del culto divino; b) fare opera di evangelizzazione, con particolare attenzione all'educazione cristiana di giovani e adulti, alla cooperazione missionaria e alla promozione culturale; c) realizzare opere di carità, specialmente a servizio dei poveri; d) provvedere all'onesto sostentamento del clero e degli altri ministri; e) promuovere forme di solidarietà tra comunità ecclesiali, all'interno della Chiesa cattolica e con le altre Chiese cristiane» (cost. 323).
Il Capitolo 18 del Libro sinodale, in particolare le costt. 343-351 dedicate all’amministrazione dei beni, devono costituite punto di riferimento e oggetto di studio per i consigli per gli affari economici. Vista la complessità e la specificità delle norme canoniche, concordatarie, civili e fiscali riguardanti gli enti ecclesiastici, particolare disponibilità va data alla partecipazione alle iniziative di formazione e di aggiornamento che vengono proposte dagli organismi competenti, secondo quanto richiesto dalla cost. 348. Tali occasioni di formazione per i membri di CAEP e CAECP possono riguardare anche aspetti relativi al significato dei beni rispetto alla missione della Chiesa e possono essere proposte a livello zonale. 1.7.2 Responsabilità comuni dei consigli pastorale e per gli affari economici in materia amministrativa La responsabilità delle scelte in materia economica ricade non sui soli presbiteri ma sull’intera comunità cristiana e questo trova espressione sia nella competenza specifica del consiglio per gli affari economici, sia nella più ampia responsabilità dell’intero consiglio pastorale. Per richiamare la corretta articolazione in materia amministrativa del rapporto tra consiglio pastorale e consiglio per gli affari economici è opportuno ricordare il § 2 della cost. 148, che per certi versi attende ancora di essere adeguatamente attuato e che, benché riferito direttamente al rapporto tra CPP e CAEP si applica anche al rapporto tra CPCP e CAECP: «Tra il consiglio pastorale e il consiglio per gli affari economici vanno mantenuti stretti rapporti. In particolare: a) un terzo dei suoi membri viene nominato su indicazione del consiglio pastorale, mentre gli altri due terzi vengono nominati direttamente dal parroco, sentiti gli altri presbiteri addetti alla parrocchia; b) in generale l'opera del consiglio per gli affari economici deve iscriversi negli orientamenti tracciati dal consiglio pastorale, al quale renderà conto mediante una relazione annuale sul bilancio; c) le scelte di natura economica che hanno un forte rilievo pastorale, la saggia determinazione di quali beni siano necessari alla vita futura della comunità, la decisione di alienare alcuni beni che fossero di aggravio per la loro gestione, esigono di acquisire un parere previo del consiglio pastorale parrocchiale». 2. DURATA IN CARICA, COMPOSIZIONE, REQUISITI 2.1 Durata in Carica A parziale deroga di quanto disposto dalla cost. 147 § 4 e dalla cost. 346, § 2, la durata dei consigli parrocchiali e di comunità pastorale (CPP, CPCP, CAEP, CAECP) è stabilita nella misura di quattro anni. I consigli non decadono con la nomina di un nuovo parroco o responsabile di comunità pastorale, salvo diversa indicazione da parte del Vicario episcopale di zona. Le dimissioni di un membro devono essere motivate e presentate per iscritto al parroco o al responsabile di comunità pastorale, cui spetta l'accettazione delle stesse (il responsabile di comunità pastorale prima di decidere in merito udrà il parere della diaconia2). I membri dei consigli hanno il dovere e il diritto di intervenire a tutte le sessioni. Coloro che restano assenti, senza giustificato motivo, per tre sessioni consecutive, decadono dall'incarico. La loro decadenza deve essere dichiarata dal consiglio e comunicata agli interessati dal segretario. Per quanto riguarda il rinnovo della composizione del consiglio nel corso dei successivi mandati si 2 Nel testo originale il termine era «direttivo», ma venne modificato il 28 maggio 2013 con il documento «dai cantieri alle linee diocesane».
prevede che i consiglieri non possano essere riconfermati per più di due mandati consecutivi nel caso dei consigli pastorali (CPP e CPCP) e di tre mandati consecutivi nel caso di consigli per gli affari economici (CAEP e CAECP). 2.2 Composizione 2.2.1 Il Consiglio pastorale parrocchiale Criterio fondamentale per la composizione del CPP è quello, duplice, offerto dalla cost. 147, § 2: il consiglio deve da una parte rappresentare «l'immagine della fraternità e della comunione dell'intera comunità parrocchiale di cui è espressione in tutte le sue componenti», dall'altra deve costituire «lo strumento della decisione comune pastorale, dove il ministero della presidenza, proprio del parroco, e la corresponsabilità di tutti i fedeli devono trovare la loro sintesi». Da tale duplice criterio si ricava l’indicazione che il consiglio deve essere sufficientemente numeroso per essere espressione di tutta la comunità cristiana nelle sue articolazioni, ma anche essere un ambito dove la decisione pastorale sia concretamente possibile. In linea generale si può ritenere che un consiglio non possa avere un numero di membri, oltre a quelli di diritto, inferiore a 10 e superiore a 30. 2.2.1.1 Membri di diritto Sono membri di diritto del CPP: il parroco; i vicari parrocchiali e interparrocchiali; i presbiteri residenti con incarichi pastorali; i diaconi; i consacrati impegnati a tempo pieno nella pastorale parrocchiale; il direttore dell'oratorio (cf. cost. 232)3; un rappresentante per ogni comunità di vita consacrata operante, almeno tramite alcuni suoi membri, a favore della parrocchia; il presidente dell’Azione cattolica parrocchiale; i membri del consiglio pastorale diocesano appartenenti alla parrocchia4. I presbiteri che, pur non essendo formalmente vicari interparrocchiali, svolgono compiti all’interno della pastorale di più parrocchie (per es. in riferimento alla pastorale giovanile), hanno, a loro scelta e informati i singoli parroci, la facoltà di inserirsi come membri di diritto nei singoli consigli pastorali parrocchiali. 2.2.1.2 Membri laici 2.2.1.2.1 Determinazione del numero Facendo riferimento al numero di abitanti si può dare il seguente prospetto a titolo indicativo per il numero dei membri non di diritto: − per le parrocchie fino a 1.000 abitanti: 10 laici; − per le parrocchie fino a 5.000 abitanti: da 10 a 18 laici; − per le parrocchie fino a 10.000 abitanti: da 18 a 25 laici; − per le parrocchie oltre i 10.000 abitanti: da 25 a 30 laici. Tali cifre possono essere adattate con riferimento alla concreta situazione, in particolare tenendo conto del numero di parrocchie coinvolte. Gli adattamenti locali dovranno comunque evitare che il numero complessivo di consiglieri sia troppo elevato in quanto una dimensione eccessiva del consiglio renderebbe difficile l’esercizio di un confronto 3 Per questa figura si vedano le indicazioni di: P. TREMOLADA, S. MARELLI, M. TREMOLADA, Prospettive di pastorale giovanile, n. 8. 4 Nel caso dell’attuale rinnovo verranno individuati solo dopo l’elezione dei CPP e dei CPCP.
adeguato e la valorizzazione dell’apporto di ognuno alle decisioni comuni. 2.2.1.2.2 Designazione La modalità prescelta per la designazione dei consiglieri è quella dell’elezione da parte della comunità parrocchiale, che deve essere adeguatamente preparata a questo momento. Il momento delle elezioni è espressivo della partecipazione di tutti i fedeli e dovrà essere un preciso impegno della comunità parrocchiale il garantire che questa modalità di designazione sia fedelmente osservata. Il parroco ha la facoltà di integrare la componente eletta con membri di propria designazione, qualora ciò risulti opportuno al fine di rendere il CPP più rappresentativo dell'immagine complessiva della parrocchia, anche allo scopo di offrire opportunità di partecipazione a persone disponibili meno conosciute dalla comunità (ad es. perché arrivati da poco in parrocchia o stranieri). Il numero dei componenti designati dal parroco non potrà superare la metà del numero degli eletti (l’insieme di eletti e designati dovrà comunque riferirsi al numero complessivo stabilito per i membri non di diritto). Elettori sono tutti coloro che, battezzati, abbiano compiuto i 18 anni e siano canonicamente domiciliati nella parrocchia o stabilmente operanti in essa. Nel caso di sostituzione nel corso del mandato, i consiglieri uscenti saranno sostituiti: − se trattasi di eletti dalla comunità, con chi immediatamente li segue per numero di voti; − se trattasi di membri scelti (dal parroco o dalle comunità religiose), con altre persone scelte dagli stessi. Nel primo caso, qualora non ci fossero più persone votate o comunque esse non fossero disponibili, non verrà operata alcuna sostituzione. Quando i posti vacanti diventassero superiori a un quinto dei membri eletti, si procederà a un’elezione suppletiva al fine di ripristinare il numero di consiglieri previsto. I consiglieri, eletti con le modalità stabilite dal presente Direttorio per le normali votazioni salvo gli opportuni adattamenti, resteranno in carica fino allo scadere del mandato dell’intero consiglio. Per le concrete modalità di designazione si rinvia al punto 4.2.1. 2.2.2 Il Consiglio pastorale della comunità pastorale Il CPCP esprime l’unità della comunità pastorale e deve rispondere al duplice criterio di consentire sia la presenza in misura equilibrata dei fedeli appartenenti alle diverse parrocchie, sia la presenza dei fedeli che corrispondono alle diverse età della vita e ai diversi compiti svolti nella comunità cristiana. Per poter essere realmente operativo, promuovendo e accompagnando le principali scelte relative al cammino della comunità pastorale, il CPCP non dovrà essere eccessivamente numeroso. Le presenze laicali che non trovassero rappresentanza nel CPCP potranno comunque contribuire al cammino della comunità pastorale attraverso la partecipazione alle diverse commissioni in essa presenti. 2.2.2.1 Membri di diritto Sono membri di diritto del CPCP: il responsabile della comunità pastorale; gli altri membri della diaconia; un rappresentante per ogni comunità di vita consacrata che non sia rappresentata nella diaconia e che operi, almeno tramite alcuni suoi membri, a favore della parrocchia; il presidente dell’Azione cattolica della comunità pastorale; i membri del consiglio pastorale diocesano appartenenti alla comunità pastorale5. 5 Nel caso dell’attuale rinnovo verranno individuati solo dopo l’elezione dei CPP e dei CPCP.
2.2.2.2 Membri laici 2.2.2.2.1 Determinazione del numero Facendo riferimento al numero di abitanti complessivo della comunità pastorale si può dare il seguente prospetto, a titolo indicativo per il numero dei membri non di diritto: − per le comunità pastorali fino a 1.000 abitanti: 10 laici; − per le comunità pastorali fino a 5.000 abitanti: da 10 a 18 laici; − per le comunità pastorali fino a 10.000 abitanti: da 18 a 25 laici; − per le comunità pastorali oltre i 10.000 abitanti: da 25 a 30 laici. Tali cifre possono essere adattate con riferimento alla concreta situazione; per esempio l’articolazione di una o più parrocchie in più centri (quartieri, frazioni) o la presenza di molteplici gruppi all’interno della comunità parrocchiale. Gli adattamenti locali dovranno comunque evitare che il numero complessivo di consiglieri sia troppo elevato in quanto una dimensione eccessiva del consiglio renderebbe difficile l’esercizio di un confronto adeguato e la valorizzazione dell’apporto di ognuno alle decisioni comuni. 2.2.2.2.2 Designazione La modalità prescelta per la designazione dei consiglieri è quella dell’elezione da parte della comunità pastorale, che deve essere adeguatamente preparata a questo momento. Il momento delle elezioni è espressivo della partecipazione di tutti i fedeli e dovrà essere un preciso impegno della comunità pastorale il garantire che questa modalità di designazione sia fedelmente osservata in tutte le parrocchie di cui si compone. Il responsabile della comunità pastorale, udita la diaconia, ha la facoltà di integrare la componente eletta con membri di propria designazione, qualora ciò risulti opportuno al fine di rendere il CPCP più rappresentativo dell'immagine complessiva della comunità pastorale, anche allo scopo di offrire opportunità di partecipazione a persone disponibili meno conosciute (ad es. perché arrivati da poco nella comunità pastorale o stranieri). Il numero dei componenti designati dal responsabile della comunità pastorale non potrà superare la metà del numero degli eletti (l’insieme di eletti e designati dovrà comunque riferirsi al numero complessivo stabilito per i membri non di diritto). Elettori sono tutti coloro che, battezzati, abbiano compiuto i 18 anni e siano canonicamente domiciliati nelle parrocchie costituenti la comunità pastorale o stabilmente operanti in esse. Nel caso di sostituzione nel corso del mandato, i consiglieri uscenti saranno sostituiti: − se trattasi di eletti dalla comunità, con chi immediatamente li segue per numero di voti, rispettando, fino a che sia possibile, il numero di consiglieri attribuito ad ogni parrocchia; − se trattasi di membri scelti (dal responsabile della comunità pastorale o dalle comunità religiose), con altre persone scelte dagli stessi e con le modalità già indicate. Nel primo caso, qualora non ci fossero più persone votate o comunque esse non fossero disponibili, non verrà operata alcuna sostituzione. Quando i posti vacanti diventassero superiori a un quinto dei membri eletti, si procederà a un’elezione suppletiva al fine di ripristinare il numero di consiglieri previsto. I consiglieri, eletti con le modalità stabilite dal presente Direttorio per le normali votazioni salvo gli opportuni adattamenti, resteranno in carica fino allo scadere del mandato dell’intero consiglio. Per le concrete modalità di designazione si rinvia al punto 4.2.2. 2.2.3 Il Consiglio per gli affari economici della parrocchia Il CAEP è composto, oltre che dai membri di diritto, cioè il parroco e i vicari parrocchiali, da almeno tre fedeli (laici, consacrati, presbiteri, diaconi), due terzi dei quali «nominati direttamente dal parroco, sentiti gli altri presbiteri addetti alla parrocchia» (cost. 148, § 2, lett. a) e per il restante terzo nominati dal parroco «su indicazione del consiglio pastorale» (cost. 148, § 2, lett. a), anche al di fuori dei propri
membri. Il CPP designerà il consigliere o i consiglieri di propria spettanza, tenendo conto dei requisiti stabiliti. Successivamente il parroco sceglierà i consiglieri di propria nomina facendo in modo che, per quanto possibile, siano presenti nel CAEP le opportune competenze. Per quanto è possibile infatti, nel CAEP devono essere presenti le seguenti competenze: giuridica (ad es. un legale o un notaio), economico- finanziaria (ad es. un funzionario di banca), economico-amministrativa (ad es. un ragioniere o un dottore commercialista), tecnica (ad es. un geometra o un architetto). L’attività richiesta ai consiglieri non sarà comunque limitata alla loro competenza professionale, ma improntata all’espressione di un vero servizio ecclesiale. L’eventuale sostituzione di un consigliere dovrà seguire le modalità adottate per la sua nomina. 2.2.4 Il Consiglio per gli affari economici della comunità pastorale Il CAECP è composto, oltre che dai membri di diritto, cioè il responsabile e gli altri membri della diaconia, da almeno tre fedeli (laici, consacrati, presbiteri, diaconi) per ogni parrocchia. I membri del CAEP saranno nominati per i due terzi dal responsabile della comunità pastorale sentita la diaconia e per il restante terzo dal responsabile della comunità pastorale su indicazione del CPCP, anche al di fuori dei propri membri. Il CPCP designerà i consiglieri di propria spettanza, tenendo conto dei requisiti stabiliti e avendo cura di non indicare un numero di fedeli appartenenti a una singola parrocchia che sia superiore al numero complessivo di consiglieri assegnato alla parrocchia stessa. Successivamente il responsabile della comunità pastorale, dopo essersi confrontato con la diaconia, sceglierà i consiglieri di propria spettanza facendo in modo che sia osservata l’assegnazione ad ogni parrocchia del numero di consiglieri stabilito (non meno di tre) e siano presenti, se possibile, le opportune competenze (sono sostanzialmente le stesse indicate al punto precedente per il CAEP). L’attività richiesta ai consiglieri non sarà comunque limitata alla loro competenza professionale, ma improntata all’espressione di un vero servizio ecclesiale. L’eventuale sostituzione di un consigliere dovrà seguire le modalità adottate per la sua nomina. 2.3 Requisiti dei consiglieri Possono essere membri dei consigli (CPP, CPCP, CAEP, CAECP) coloro che, avendo completato l’iniziazione cristiana, abbiano compiuto 18 anni e siano canonicamente domiciliati nella parrocchia o in una delle parrocchie costituenti la comunità pastorale oppure risultino operanti stabilmente in essa. I singoli consiglieri possono essere eletti o nominati anche più volte di seguito, ma vale per tutti i consigli quanto stabilito dal Sinodo per il CPP: «la comunità parrocchiale favorisca in ogni nuova composizione una intelligente e opportuna alternanza dei suoi membri» (cost. 147, § 4): «va garantita la continuità, ma anche il ricambio, dei membri del consiglio» (cost. 147, § 3). Si prevede che i singoli consiglieri pastorali (CPP e CPCP) possono essere eletti o designati per non più di due mandati consecutivi, mentre si prevede che i consiglieri per gli affari economici (CAEP e CAECP) possano essere nominati per non più di tre mandati consecutivi. Il computo del numero dei mandati, per gli organismi delle comunità pastorali, non tiene conto dei mandati precedentemente svolti a livello parrocchiale. I membri dei consigli (compresi quelli di diritto) si distingueranno per vita cristiana, volontà d'impegno, capacità di dialogo e conoscenza dei concreti bisogni della comunità cristiana e devono essere «qualificati non solo da competenza ed esperienza, ma anche da uno spiccato senso ecclesiale e da una seria tensione
spirituale, alimentata dalla partecipazione all'Eucaristia, dall'assiduo ascolto della Parola e dalla preghiera» (cost. 134, § 2, lett. g). Si preoccuperanno del bene dell'intera comunità, evitando lo spirito di parte o di categoria, dal momento che nessun vincolo di mandato esiste tra concreti elettori e membri dei Consigli. I consiglieri degli organismi di comunità pastorale (CPCP e CAECP), benché appartenenti a una determinata parrocchia, rappresenteranno sempre la comunità pastorale nel suo complesso. Requisito del tutto ovvio e peraltro assolutamente irrinunciabile è la piena comunione con la Chiesa non solo negli elementi fondamentali della professione della stessa fede, dei sacramenti e del riconoscimento dei sacri pastori (cf. can. 205), ma anche nelle indicazioni autorevoli, dottrinali e pratiche, del momento concreto (circa la situazione dei divorziati risposati ci si attenga a quanto previsto dal Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, n. 2186). Si considerano incompatibili con l’ufficio di consigliere le seguenti cariche politiche e amministrative: la guida di una formazione politica; l’essere parlamentare europeo o nazionale; il rivestire l’incarico di consigliere regionale o consigliere provinciale; l’essere assessore o sindaco. È inoltre incompatibile con la carica di membro di un consiglio parrocchiale o di comunità pastorale la carica di consigliere comunale, se relativa al comune della parrocchia o a uno dei comuni facenti parte della comunità pastorale. Quanti rivestono tali cariche non possono pertanto candidarsi né essere nominati membri dei consigli parrocchiali o di comunità pastorale e, se già consiglieri nel momento in cui assumono una di queste cariche, devono presentare le dimissioni. Per quanto riguarda i consiglieri che si candidano a una carica amministrativa o politica, l’invito è all’autosospensione dal consiglio, a cui faranno seguito le dimissioni solo nel caso di effettiva assunzione di una delle cariche sopra elencate come incompatibili. Per qualsiasi chiarimento o interpretazione di tali indicazioni si faccia riferimento al Servizio per la pastorale sociale e il lavoro, sentito il Vicario episcopale di Zona. Il parroco si rende garante che non entrino nel CPP persone che non abbiano i requisiti suddetti. Tale verifica va fatta previamente sulle liste dei candidati a cura dello stesso parroco. Per quanto riguarda i membri dei consigli per gli affari economici (CAEP e CAECP), si aggiunge quanto stabilito dal Sinodo, che deve essere fedelmente osservato: «i consiglieri devono distinguersi per integrità morale, essere attivamente inseriti nella vita parrocchiale, capaci di valutare le scelte economiche con spirito ecclesiale e competenza professionale. Non possono essere congiunti del parroco [o del responsabile di comunità pastorale – n.d.r] fino al quarto grado di consanguineità o di affinità, né avere in essere rapporti economici con la parrocchia o ricoprire incarichi incompatibili con la loro funzione» (cost. 346, § 2). 3. LA PREPARAZIONE DEL RINNOVO DEI CONSIGLI 3.1 La commissione elettorale e la verifica dei consigli uscenti Il rinnovo dei consigli va preparato, in riferimento alle date proposte a livello diocesano, con un momento di verifica del lavoro svolto dai consigli uscenti che può essere utilmente guidata dalla commissione elettorale. La commissione elettorale, i cui membri non dovranno essere in numero eccessivo, è costituita, a livello parrocchiale, da membri eletti, anche al di fuori del proprio rispettivo ambito, per due terzi dal CPP e per un terzo dal CAEP e ne fanno parte di diritto i segretari degli organismi uscenti. Nelle comunità pastorali, fatta salva la presenza di diritto dei segretari degli organismi uscenti (CPCP e CAECP), la commissione elettorale sarà scelta dal responsabile, dopo essersi confrontato con i consiglieri uscenti, avendo cura di garantire la presenza di fedeli appartenenti alle diverse parrocchie della comunità. 6 Le riflessioni in atto a livello di Chiesa universale in materia (Sinodo dei Vescovi) non sono giunte, al tempo stabilito per il rinnovo dei Consigli pastorali, alla delineazione di eventuali diverse indicazioni.
La commissione elettorale è presieduta dal parroco o dal responsabile della comunità pastorale e dura in carica fino all’insediamento dei nuovi consigli. Ha il compito di preparare e sovrintendere il rinnovo dei consigli. Occasione per una verifica e per la formulazione di proposte per i nuovi consigli potrebbe essere una seduta comune dei consigli uscenti, preparata dalla commissione. Nel caso delle comunità pastorali che non dispongano ancora di organismi unitari potrebbe essere valorizzata una riunione plenaria dei consigli parrocchiali uscenti (CPP e CAEP) o di una rappresentanza di essi. Qualora in una parrocchia non fosse ancora stato costituito il CPP, la commissione elettorale sarà composta, oltre che dal parroco e dal segretario del CAEP, da alcuni fedeli scelti dal parroco tra quelli più inseriti nella comunità parrocchiale. In tale evenienza la commissione elettorale dovrà fare un lavoro molto accurato e intenso di preparazione della comunità parrocchiale alla nomina del primo consiglio. Per la comunità pastorali che non dispongono ancora di organismi unitari la commissione elettorale sarà nominata dal responsabile, sentita la diaconia, valorizzando i membri uscenti (in particolare i segretari) dei CPP e dei CAEP e avendo sempre cura di garantire la presenza di qualche rappresentante per ogni parrocchia facente parte della comunità. 3.2 La preparazione della comunità e il progetto pastorale Il rinnovo dei consigli va accompagnato da un cammino di riflessione e di preghiera da parte dell’intera comunità cristiana. Tenendo presenti le indicazioni diocesane, si potranno proporre, da parte della commissione elettorale, e decidere, da parte del consiglio pastorale con il parroco, iniziative specifiche di catechesi, soprattutto sui temi della comunione e della corresponsabilità (cf. cost. 134, § 2, lett. d) e, più in generale, sulle tematiche indicate nella prima parte del presente Direttorio, come pure celebrazioni di preghiera e occasioni di confronto (ad es. un’assemblea parrocchiale). Non va dimenticata una specifica trattazione delle tematiche di carattere economico. Particolare attenzione va data anche al progetto pastorale (della parrocchia o della comunità pastorale), che dovrà costituire il piano di azione dei consigli rinnovati. Esso potrà essere riproposto alla comunità ed eventualmente integrato dopo la verifica sopra indicata. 3.3 La scelta della composizione dei consigli pastorali e le indicazioni circa le liste dei candidati La commissione elettorale deve verificare quale composizione assegnare ai nuovi consigli, stabilendo in particolare: - il numero complessivo di membri previsto per ogni consiglio (tenendo contro del fatto che le eventuali integrazioni del CPP e del CPCP saranno successive); - il numero di consiglieri da assegnare alle singole parrocchie nel caso del CPCP (tenendo conto della proporzione relativa al numero di fedeli, ma anche della necessità di non trascurare nessuna parrocchia, per quanto piccola) e del CAECP (di norma tre consiglieri, un numero maggiore nel caso di parrocchie con molti fedeli e di un numero limitato di parrocchie facenti parte della comunità pastorale); - le modalità di predisposizione delle liste dei candidati. La commissione elettorale, unitamente al parroco o al responsabile della comunità pastorale, dovrà stabilire le modalità più opportune per la raccolta delle candidature. Potranno essere individuati a tal fine gli organismi, le commissioni, i gruppi, ecc. ai quali chiedere di segnalare uno o più candidati per il consiglio pastorale (ad es.: caritas, gruppo liturgico, azione cattolica, consiglio d’oratorio; n.b.: quest’ultimo dovrà essere necessariamente rappresentato: cf. cost. 239, § 2) e si potranno valorizzare gli operatori pastorali maggiormente impegnati, soprattutto quanti nel corso degli anni abbiano seguito specifici percorsi di formazione. Non si trascuri comunque la presenza tra i candidati di fedeli laici che, pur non svolgendo particolari servizi in parrocchia, sono esemplari per la loro presenza nell’ambito dell’impegno temporale (sindacato, professioni, scuola, sanità, volontaritato, …). In ogni caso dovrà
essere garantita la possibilità per candidature libere, attraverso autocandidature o segnalazione di altri fedeli, fatto salvo il compito del parroco o del responsabile di comunità pastorale di incontrare tutti i possibili candidati per valutare l’osservanza dei requisiti previsti e per richiamare i compiti propri del consigliare nella Chiesa. Nella scelta dei candidati e nella loro sensibilizzazione si sottolinei che la finalità del consiglio pastorale non è quella di mettere a confronto tra loro le rappresentanze di tutte le componenti della parrocchia, ma di promuovere il bene comune dell’intera comunità parrocchiale, suscitando la partecipazione delle persone maggiormente sensibili per esperienza, formazione e vita comunitaria. Nel caso delle comunità pastorali i candidati dovranno appartenere a tutte le parrocchie che la compongono, in numero proporzionato rispetto al numero di consiglieri assegnati ad ogni parrocchia. Anche il criterio delle fasce di età (numero e scansioni in anni sono da precisare in ogni singola parrocchia o comunità pastorale) dovrà essere preso in considerazione, favorendo in particolare una significativa rappresentanza della componente giovanile. Non va inoltre disatteso il criterio della giusta rappresentanza dei due sessi, valorizzando adeguatamente l’apporto delle donne che grande parte svolgono nella concreta promozione di numerose attività pastorali. Mentre è da evitare la presenza in blocco di nuclei familiari, è da valutare positivamente la disponibilità a candidarsi da parte di coppie di sposi, soprattutto in giovane età. In considerazione delle attuali condizioni sociali e nella linea di quanto indicato nel Sinodo (cf. cost. 263, § 3), tenendo presente il fatto che in gran parte delle parrocchie e delle comunità pastorali sono presenti significativi gruppi di fedeli di lingua straniera, si dovrà favorire ordinariamente la partecipazione ai CPP o al CPCP di almeno qualche fedele appartenente a questi gruppi. La partecipazione di tali fedeli potrà essere favorita sia mediante l’inserimento nelle liste dei candidati, sia con la diretta designazione di alcuni di essi come membri da parte del parroco o del responsabile della comunità pastorale. 4. Tempi, modalità di designazione e atti conseguenti 4.1 tempi Salvo eccezioni, da verificarsi con il Vicario episcopale di zona, i consigli di tutte le parrocchie vanno rinnovati nelle date stabilite a livello diocesano, tenendo conto che va previsto un termine per la presentazione delle candidature, uno per la presentazione della lista definitiva, uno per le elezioni del consiglio pastorale e, una volta che esso sia costituito, uno per la nomina dei consiglieri per gli affari economici. 4.2 modalità di designazione Per il Consiglio per gli affari economici della parrocchia si seguono le indicazioni di cui al punto 2.2.3 mentre per il Consiglio per gli affari economici della comunità pastorale si seguono le indicazioni dei punto 2.2.4. Per i Consigli pastorali si vedano le indicazioni seguenti. 4.2.1 Il Consiglio pastorale parrocchiale 4.2.1.1 Liste dei candidati Le liste dei candidati vanno necessariamente organizzate per fasce di età, oltre che, eventualmente, per altri criteri individuati dalla commissione elettorale (cf. 3.3). Esse vanno portate a conoscenza della comunità parrocchiale, a cura della commissione elettorale, nei modi più idonei (esposizione sulla porta della chiesa, eventualmente corredate da fotografie; elencazione nel bollettino parrocchiale, ecc.). Le liste elettorali potranno contenere solo candidati idonei, sulla base dei requisiti sopra indicati (verificati
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