Aŋimot L'ALTRA FILOSOFIA - numero nove / 2019 - SIstema RIviste Open access
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Animot. L’altra filosofia è una rivista accademica edita da Safarà Editore patrocinata dall'Università degli studi di Torino entro il progetto sirio Direzione Responsabile Macri Puricelli Direzione Editoriale Cristina Pascotto Direzione Scientifica e Segreteria di Redazione Leonardo Caffo, Valentina Sonzogni Comitato Scientifico e Consulenti Andrea Balzola (Accademia di Belle Arti di Brera, Milano); Martin Böhnert (Univer- sität Kassel); Petar Bojanić (IFdt –Institut za filozofiju i društvenu teoriju, Belgrado); Domenica Bruni (Università degli studi di Messina); Mario Carpo (The Bartlett scho- ol of Architecture, Londra); Felice Cimatti (Università degli studi della Calabria); Alberto Cuomo (Università degli studi di Napoli); Josephine Donovan (University of Maine); Maurizio Ferraris (Università degli studi di Torino); Luca Illetterati (Universi- tà degli studi di Padova); Patrick Llored (Université de Lyon); Roberto Marchesini (SIUA); Marco Mazzeo (Università degli studi della Calabria); Francesca Micheli- ni (Universität Kassel); Pietro Perconti (Università degli studi di Messina); Monika Pessler (Sigmund Freud Museum, Vienna); Giacomo Pirazzoli (Università di Firen- ze-DiDA e crossinglab.com); Nigel Rothfels (University of Wisconsin-Milwaukee); Massimo Tettamanti (I-care). Animot. L’altra filosofia è una rivista (cartacea e digitale) tematica semestrale: con- sultare il Call for Papers sul sito http://animot.it per inviare una proposta. Proposte di curatela o invii di articoli svincolati dalle tematiche, per la sezione di “varia”, van- no inviati a Leonardo Caffo e Valentina Sonzogni all’indirizzo email: dir.scientifica@ animot.it. Animot. L’altra filosofia segue la politica della peer-review con doppia revisione cie- ca: i contributi inviati saranno pubblicati, eventualmente, solo dopo tale procedura di revisione. A seconda del tema monografico scelto, Animot si riserva di pubbli- care articoli su invito. Per contatti e info, consultare il sito: http://animot.it La pubblicazione di questo numero di Animot è stata possibile anche grazie al ge- neroso contributo di LAV - Lega Anti Vivisezione, che ha devoluto parte del 5x1000 dei suoi soci a questo progetto editoriale. Registrato presso il Tribunale di Pordenone con il numero 68. ISSN 2284-4090 ISBN 978-88-32107-28-9 Proprietà letteraria riservata
Indice Editoriale p. 7 Introduzione p. 9 di Nicola Zengiaro Riflessioni aperte sul postumanesimo p. 21 filosofico di Francesca Ferrando Soggettività e la natura p. 27 declinativa dell’essere animale di Roberto Marchesini Dinamiche della popolazione p. 39 incontrano l’etica ambientale: perché aiutare gli animali in natura? di Oscar Horta Camilla alberti, nonostante p. 57 con uno scritto di Gabriela Galati Animal Activists and Social Change p. 65 di Siobhan O’Sullivan Pulcinella. p. 71 Estetica animale come estetica prima di Leonardo Caffo e Valentina Sonzogni La vita che sfugge. Immaginare l’animalità p. 81 del mondo Nicola Zengiaro in conversazione con Felice Cimatti Attivarsi aspettando che la tempesta passi p. 87 Leonardo Caffo in conversazione con Rosi Braidotti
Editoriale N. 1: Jackie D. tura selvaggia, libera, potente. N. 2: Architettura e animali N. 3: Narrare, graffiare Animot in questi lunghi anni di lavoro e N. 4: Cinema: animale razionale ricerca ha interpretato un duplice ruolo: N. 5: Amor, c’ha nullo amato… archivio vivente sulla filosofia non antro- amar bestiale pocentrica e sentinella di un mondo oriz- N. 6: Psicoanimot zontale, non gerarchico, libero per ogni N. 7: Das Animal forma di vita. In un presente storico così N. 8: A partire da Tiziano Terzani complesso, anche per il nostro paese, ci av- viciniamo al numero dieci cercando di raf- forzare questo senso progettuale: leggere, Numero 9, tempo di bilancio prima scrivere, parlare per e attraverso ogni vi- dell’avvento della cifra tonda per Ani- vente di questo mondo significa non solo, mot. Torniamo a un tema essenziale per come titola questo numero, ripensare l’a- la rivista: ripensare l’animalità, e lo fac- nimalità ma anche l’umanità, la vita tutta, ciamo ospitando i testi di un convegno e la vita che verrà. internazionale avvenuto l’anno passato all’Università di Santiago de Composte- Oltre che arte e filosofia questo, dal no- la. Ringraziamo Nicola Zengiaro per aver stro piccolo pulpito, ci sembra anche il accettato l’invito, come co-organizzatore modo migliore non di fare, ma di essere del convegno, a curare questo numero di politica. Animot impreziosito anche da due intervi- ste su animalità, postumano e futuro del- Buona lettura. la filosofia: grazie ancora una volta a uno dei due intervistati Felice Cimatti - ormai La Direzione una presenza importante di queste pa- gine, e diamo invece il benvenuto per la prima volta a Rosi Braidotti, una delle più grandi filosofe viventi (in questo momento Professoressa Ordinaria alla Università di Utrecht). Ancora una volta la direzione di Animot ringrazia la LAV, soprattutto nella presidenza di Gianluca Felicetti, per aver sostenuto economicamente attraverso il loro cinque per mille questo numero im- preziosito dal lavoro artistico di Camilla Alberti curato da Gabriela Galati, un’opera orientata sul solco del confine tra l’assenza dell’impronta umana e l’innesto della na- 7
Nicola Zengiaro Nicola Zengiaro insegna storia critica e nel Centro Studi Filosofia e filosofia a Vicenza. Si è laureato Postumanista, inoltre fa parte del- in filosofia presso l’Università de- la redazione di Animal studies. Ri- gli Studi di Torino sotto la direzio- vista italiana di antispecismo e del ne di Maurizio Ferraris con una comitato scientifico della Revista tesi sull’Ontologia dell’animalità. Latinoamericana de Estudios Cri- Si è specializzato, lavorando con ticos Animales. È ideatore e orga- il professor Oscar Horta, nel Ma- nizzatore dell’"International Ani- ster in Filosofia dell’Università di mal studies Conference" svoltasi Santiago di Compostela (USC) dove a Santiago di Compostela nel 2018 attualmente sta svolgendo il dot- dal titolo Rethinking Animality. Ha torato di ricerca. Ha ricevuto nel pubblicato nel 2019 il libro edito 2017 il premio per la migliore tesi da Graphe Il mondo dell’animalità: dell’USC. È vicepresidente della dalla biologia alla metafisica ed è ONLUS Gallinae in Fabula, ricerca- curatore della collana “Semi per il tore nel Laboratorio galego di eco- futuro” con la stessa casa editrice. 8
Introduzione L’animalità e il pensiero sulla di- Il pensiero sulla diversità si basa sul versità: i fragili contorni dell’umano fatto che la filosofia cerca sempre di nu- trirsi del limite, e per tale ragione questo Introduzione modo di circoscrivere la differenza tratta dei confini e dei limiti dell’umano. Grazie Di che cosa si parla quando parliamo di ad una filosofia della diversità è possibile animalità? E come si può parlare dell’a- cambiare la classica prospettiva dell’osser- nimalità? All’interno degli Animal studies vazione dell’uomo sul mondo e l’osserva- possiamo suddividere tre macro catego- zione dell’uomo sull’animale e ribaltarla rie1. La prima categoria è quella degli studi completamente, in un certo qual modo. E di Animal Ethics che cercano di rispondere uno dei filosofi che ha cercato di ribalta- alla domanda: che diritti hanno gli animali re questo sguardo univoco dell’uomo sul non-umani? Abbiamo noi il diritto di sfrut- mondo e sull’alterità è stato Jacques Der- tare gli altri viventi? Questo settore è dedi- rida. cato maggiormente al campo della politica Il 22 settembre 2001 a Francoforte rice- e dell’etica. Il secondo campo di ricerca vette il premio Theodor W. Adorno, con sono gli Animal Cognition, che si appoggia- laudatio di Bernhard Waldenfels e Jürg- no all’etologia e alla scienza, le quali cer- en Habermas. Il discorso di Derrida, in cano di rispondere alla domanda: che cosa quell’occasione, illumina il pensiero che sanno fare gli animali non-umani? Il ter- ha sviluppato durante tutta la sua vita, in zo campo di studi è appunto l’Animalità. un esemplare compendio di un ideale libro La disciplina che ricerca e contestualizza sognato che avrebbe, o avrebbe dovuto, l’animalità è l’ontologia, un campo pretta- scrivere e che, nel suo stile unico2, esplica- mente filosofico. Il pensiero sull’animalità va in sette capitoli con titoli provvisori. Il però non si esaurisce tutto all’interno delle settimo capitolo di questo libro che sogna- discipline filosofiche, bensì esso si espande va di scrivere sarebbe stato redatto nei ri- al campo della letteratura, dell’arte, così guardi dell’animalità, o più propriamente, come della psicoanalisi e dell’antropolo- di ciò che si chiama, con un singolare ge- gia poiché si estende a tutti i contesti che nerale, l’animale. Questo suo tema, questo cercano di rappresentare e comprendere suo ultimo e fondamentale tema che rap- la diversità a partire dall’animale umano. presentava il suo più caro attaccamento alla vita, che a causa di una malattia lo sta- va lasciando, apre le porte a tutta una serie di conseguenze etiche che oggi fanno parte 1 Questa divisione è stata delineata nel capito- lo: Leonardo Caffo e Valentina Sonzogni, “L’ani- 2 «Le style c’est l’homme e la decostruzione non malismo come contemporaneo: filosofia, arte, è una teoria ma una persona» in M. Ferraris, Ri- Animal studies”, a cura di Felice Cimatti, Stefano costruire la decostruzione. Cinque saggi a partire Gensini e Sandra Plastina, Bestie, filosofi e altri da Jacques Derrida, Bompiani, Milano, 2010, p. animali, Mimesis, Milano, 2016, pp. 259-291. 82. 9
Nicola Zengiaro del nostro pensiero filosofico. Si tratta di stati costretti a esistere dentro un univoco una traccia da seguire che egli ha lasciato riferimento che li appiattisce e li annichi- scoperta e in vista per far emergere alcuni lisce sotto il nome di “animale”; sono stati fondamenti, oscuri e oscurati, riguardo il i più sottomessi, perché non visti, perché tema della sovranità, del dominio dell’uo- non presi in considerazione − perciò pri- mo sulla natura, del concetto di dignità e di vati della loro vita, dignità, esistenza − ed autonomia dell’uomo, della compassione essi, in realtà, ci circondano, ci hanno sem- tra uomo e animale, dell’animalità nell’uo- pre posseduto, e nella negazione del loro mo – e, forse, dell’umanità negli animali. mondo, l’uomo, il concetto di umanità, si Derrida apre in questo discorso una via è potuto costruire nella violenza che nega verso il futuro, all’interno della quale av- l’umanità stessa5. Nell’animalità ha vita la viene la decostruzione dell’essere umano pura filosofia, la filosofia dell’alterità, quel- come dominatore e dell’assoggettamento la stessa che si occupa dell’Altro, di tutti i avvenuto nei confronti degli altri esseri possibili altri e che, quindi, si espande in- viventi3. Egli traccia così la ricostruzione finitamente al campo dell’esistenza della di uno sviluppo che ha voluto mettere da possibilità ultima e totalizzante. Derrida parte la filosofia dell’animalità e che nel riesce attraverso il suo pensare l’animalità prossimo futuro costituirà un postumano a dare vita alla filosofia che è stata messa che già in questi anni è necessitato alla ri- a tacere. costruzione per un avvenire che veda la co-partecipazione di tutti gli esseri viventi Mi viene da domandarmi sempre se que- a un unico mondo, a un unico modo, nel sta invenzione, questo simulacro, questo quale esistiamo4. La critica, la decostruzio- mito, questa leggenda, questo fantasma ne, la traccia che si permette di mostrare che si dà come puro concetto […] non sia nel ricevere uno dei premi più importanti appunto la pura filosofia divenuta sinto- per la filosofia, è proprio quella della digni- mo della storia che qui ci occupa. Questa tà dell’uomo attraverso la riappropriazio- storia, non è forse quella che si racconta ne della sua animalità. Perché l’animalità? l’uomo, la storia dell’animale filosofico, Perché l’animalità, e gli animali tutti, sono dell’animale per l’uomo-filosofo?6 3 Lynn Turner (a cura di), The Animal Question La conclusione del suo discorso a Fran- in Deconstruction, Edinburgh University Press, Edinburgo, 2013. coforte suggerisce che le premesse dell’a- 4 Si vedano per esempio Rosi Braidotti, Il po- nimalità, che finora sono state escluse ed stumano. La vita oltre l’individuo, oltre la spe- escludenti, sono da sviluppare per una ri- cie, oltre la morte, Derive Approdi, Roma, 2014; Francesca Ferrando, Il Postumanesimo Filoso- fico e le sue Alterità, ETS, Pisa, 2016; Giovanni 5 Nicola Zengiaro, “Lenguaje y poder. Antropo- Leghissa, Postumani per scelta. Verso un’ecoso- génesis y animalidad a partir de Jacques Derri- fia dei collettivi, Mimesis, Milano, 2015; Roberto da”, Pangeas, 1, 2019 (in uscita). Marchesini, Post-human. Verso nuovi modelli di 6 Jacques Derrida, L’animale che dunque sono, esistenza, Bollati Boringhieri, Torino, 2002. Jaca Book, Milano, 2006, p. 61. 10
Introduzione voluzione pensante e attiva di cui abbiamo mente prospettiva proprio a partire dal bisogno nella coabitazione con gli altri vi- fatto che noi pensiamo sempre un mondo venti che chiamiamo “animali”. soggetto-centrato, umano-centrico in cui È da tale senso di catastrofe che oggi, at- è l’uomo a definire tutto il resto, è l’uomo traverso questo editoriale, ricominciamo a che è al centro del mondo e dell’universo. pensare l’animalità. E allora cercheremo E allora in questo sguardo diciamo che c’è di situare questa filosofia, spingendola al una relazione all’inizio asimmetrica − l’uo- limite, nella sua particolarità. mo che guarda la gatta − e poi a un certo punto, cambiando di prospettiva, la gatta Lo sguardo animale che guarda l’uomo – riportando tale rela- zione alla simmetria. È in questo cambio di Ne L’animale che dunque sono, pubblica- prospettiva che cerchiamo di riconoscere to dopo la sua morte, egli dice: «L’anima- l’inconoscibile8; ovvero cosa ha in mente le mi guarda e io sono nudo davanti a lui. una gatta quando ci guarda. Che cosa sta Pensare forse comincia proprio da qui». guardando veramente? Come si può entra- C’è bisogno di interpretare fino in fondo re nella testa di un animale che ci guarda? questa frase. Queste domande sono molto importan- Quando noi osserviamo un animale, in ti perché ci fanno comprendere come noi particolare la gatta di Derrida, nell’esem- non conosciamo nulla degli animali9. No- pio di cui egli si serve, vediamo che que- nostante ci viviamo insieme, nonostante sto animale ci può guardare. Egli cerca di ci parliamo ed essi non ci rispondono, noi raccontare tale ribaltamento attraverso la non conosciamo nulla degli animali. Non narrazione – metaforica − del momento in sappiamo che cosa gli passa per la testa. cui esce dal bagno dopo la doccia ed è nudo. Ma possiamo complicare la situazione E c’è questa gatta davanti a lui che gli guar- ancora di più, possiamo inspessirla, possia- da il sesso ed egli si vergogna, prova pudo- mo nutrirci di questo bordo che c’è tra l’uo- re davanti a questa gatta. Allora possiamo mo e l’animale. Derrida dice che la gatta «è comprendere che quando Derrida guarda lì solo per vedere». Ma che cosa significa quella specifica gatta, fondamentalmente “solo per vedere”? Quand’è che un uomo la situa in un momento preciso, cioè riesce guarda un paesaggio ed è lì “solo per vede- a dare soggettualità a qualcuno che prima re” quel paesaggio?10 Che cosa significa? era un oggetto7, qualcuno che era un “Gat- Ciò che significa è che gli animali ti guar- to” generico, o un “Animale” al singolare 8 Felice Cimatti, Sguardi animali, Mimesis, Mi- generale. Questo dono di soggettualità è lano, 2018. molto importante perché cambia total- 9 Cfr. Felice Cimatti, Filosofia dell’animalità, op. cit. 7 Leonardo Caffo, “Umanità/animalità, ontolo- 10 Si veda l’articolo di Felice Cimatti, “Una be- gia sociale e accelerazionismo”, Animot: L’altra stiale sovranità. Esperienza estetica e animali- filosofia, Jackie D., a cura di Maurizio Ferraris e tà”, in Liberazioni. Rivista di critica antispecista, Leonardo Caffo, 1, giugno 2014, pp. 12-27. Anno II, n.5, giugno 2011, pp. 38-52. 11
Nicola Zengiaro dano per quello che sei. Non vedono il filo- da un’altra prospettiva, ma altresì guarda sofo, l’algerino, o il nome “Jackie”. Ciò che il mondo per quello che è11. Ridisegna il l’animale vede è semplicemente un altro mondo secondo le proprie categorie e che animale. E questo fa sì che noi possiamo per tale ragione mette in crisi tutto il siste- rimettere in discussione tutti i nostri valo- ma di riferimento del concetto di “mondo” ri – a partire da quello sguardo. Che valore diamo all’umanità? Che valore abbiamo 11 Con questo non intendo dire che l’animale dell’umanità? Che valori abbiamo di noi non-umano ha uno sguardo puro sul mondo, ma voglio rimandare alla riflessione circa l’im- stessi e del nostro rapporto con gli altri? possibilità di “toccare il reale” da parte dell’es- Ecco, questo rimette in discussione i no- sere umano a causa del dispositivo del linguag- stri valori principalmente partendo da un gio che funziona da filtro tra l’Io e il mondo. Si vedano Jacques Lacan, Scritti, Einaudi, Torino, senso originario di pudore, di vergogna. 1974; Id., Il seminario. Libro XX. Ancora. 1972- Mi vergogno di essere solo un animale. 1973, Einaudi, Torino, 2011; Giorgio Agamben, Riesco a pensare veramente l’alterità ani- Il linguaggio e la morte. Un seminario sul luogo della negatività, Einaudi, Torino, 1982; David male a partire dalla vergogna che provo Lawrence, Psicoanalisi e inconscio, Newton nell’essere solamente un animale. Perché? Compton, Roma, 1995; Jean Laplanche, Il pri- Per quale motivo mi vergogno di essere mato dell’altro in psicoanalisi, la Biblioteca, Ro- ma-Bari, 2000; Jacques-Alain Miller, “Biologia un corpo animale? Forse perché davanti a lacaniana ed eventi di corpo”, La psicoanalisi, me si presenta uno sguardo insostenibile: 20, pp. 14-100; Felice Cimatti, Il taglio. Linguag- gio e pulsione di morte, Quodlibet, Macerata, quello che mi guarda e basta, uno sguardo 2015; Alex Pagliardini, Il sintomo di Lacan. Die- immobile e silenzioso che vede il mondo ci incontri con il reale, Galaad Edizioni, Rende, 2016. Federica e Scooby guardano il paesaggio, Maharashtra, India, 2018 12
Introduzione dal punto di vista umano. sciamo a porci di fronte all’alterità anima- le e metterci in relazione con i nostri cani, Ciò significa che lo sguardo è essenzial- i nostri gatti, ma anche con altri esseri mente attivo. Ma tale sguardo emerge a viventi, riunendoci in questa relazione di condizione che si resti immobili, e l’immo- inconoscibilità. E questa relazione fa sì che bilità è una determinazione della passività, proviamo pudore e vergogna poiché non che nel caso dello sguardo può naturalmen- riusciamo più a essere soltanto un anima- te essere interpretata come ricettività. […] le15, non riusciamo più a dire “io sono solo La modalità attiva deve procedere da quel- un corpo animale” in relazione con tutti i la ricettiva o, meglio, deve ritornare in essa. viventi grazie alla caducità, la morte che C’è dunque un osmosi continua […], ma il ci unisce in un unico destino, per la cresci- punto finale, quello in cui il processo arri- ta, per essere soltanto un corpo scoperto, va al proprio compimento, è una forma di nudo appunto16. Allora in questo pensiero, contemplazione, di inazione, che contiene in questo cambio di prospettiva c’è qual- in sé l’attività, la presenza, dello sguardo.12 cosa di originale, qualche cosa che risale direttamente dall’origine17. Possiamo dire Cosa sono io? che seguiamo le nostre tracce a ritroso nel verso da dove siamo arrivati – da questo Allora, a un certo punto, possiamo dire concetto di “umanità” che abbiamo –, cioè che attraverso questo sguardo, questa al- ritorniamo indietro verso l’origine, verso terità assoluta che ci osserva, riusciamo un nuovo pensare il mondo. a comprendere che non siamo noi il sog- In questo senso possiamo dire che l’ani- getto che guarda il mondo, o meglio, non male ci spoglia dei costrutti che abbiamo siamo noi l’unico soggetto che guarda il creato di noi stessi, ma anche dalle ideolo- mondo13, ma tutti gli animali riescono a gie che costruiscono il mondo umano e la vedere il mondo a proprio modo. In che modo guardano il mondo? Questo è un in- terrogativo inconoscibile, un enigma. Ciò che conosciamo è come guardiamo noi il 15 Si veda la lettura che Foucault fa su Diogene, mondo – e non lo conosciamo nemmeno il quale vive una vita ridotta all’osso, una vita affatto animale: Michel Foucault, Il coraggio del- propriamente fino in fondo14 –, però riu- la verità. Il governo di sé e degli altri II. Corso al Collège de France (1984), Feltrinelli, Milano, 12 Gabriele Usberti, “Sulla giustezza di un’azio- 2011. ne”, Teatro e storia, Annali 1, 16, 1994, p. 283. 16 Giorgio Agamben, L’aperto. L’uomo e l’a- 13 Daniele Palmieri e Nicola Zengiaro, Il mon- nimale, Bollati Boringhieri, Torino, 2002; Id., do dell’animalità: dalla biologia alla metafisica, Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Graphe, Perugia, 2019. Einaudi, Torino, 2005; Id., Nudità, Nottetempo, 14 Nicola Zengiaro, “Sentirsi animali: la me- Roma, 2009. ta-percezione umana e la pan-percezione ani- 17 Federica Lovato e Nicola Zengiaro, “A cac- male”, in Animal studies. Rivista italiana di zoo- cia dei nostri animali totem”, Animal studies, 18, antropologia, Apeiron, Bologna, 2019 (in uscita). 2017, pp. 37-50. 13
Nicola Zengiaro nostra relazione con esso18. Davanti all’a- dappertutto e circondano la nostra vita in nimale ci possiamo chiedere: che cos’è l’u- ogni istante; è solo che essi sono sempre mano? Esclusivamente a partire dall’alte- invisibili ai nostri occhi20. E allora come rità noi ci possiamo domandare: “che cosa facciamo a farci guardare dagli altri vi- sono io, chi sono io e a chi devo chiedere venti? Chi siamo noi veramente? Questa chi sono io? Devo chiederlo, forse, all’al- “umanità” è un modello identitario che terità. Non posso chiederlo a me poiché dobbiamo totalmente rimettere in discus- questo sarebbe un movimento tautologico: sione. Ed è per questo che bisogna parlare mi risponderei sempre, ogniqualvolta mi di “fragili contorni dell’umanità”. specchio in me stesso, ‘io sono io, punto’”. Oltre a rispondere di noi stessi, dob- biamo ricominciare a pensare da qui. Da Allargare i contorni dell’umano questo punto originale. Allora dobbiamo pensare a noi stessi a partire dall’alterità, È davanti a uno sguardo radicalmen- a partire dalla diversità. Ed è per questo te altro che mettiamo in discussione noi che il concetto di animalità ci porta a com- stessi; ma tale sguardo, forse impossibile prendere il pensiero sulla diversità. E allo- da riconoscere, è anche il luogo dove noi ra, in siffatta riflessione circa la relazione ci identifichiamo. E allora possiamo dire con il vivente, i confini tra uomo e animale che in questo sguardo siamo chiamati a cominciano a sfumarsi davanti a questo rispondere di noi stessi: che cosa stiamo sguardo e iniziamo a chiederci: sono solo facendo oggigiorno degli animali e degli un animale? Sono un animale che parla? altri viventi? Che cosa stiamo facendo del- Sono un corpo che parla? Chi sono io? In le nostre vite? questo senso possiamo inspessire ulterior- Ce ne nutriamo, ci vestiamo coi loro mente i bordi, nutrirci dei bordi, perché manti; i nostri divani e le nostre scarpe la filosofia costantemente si nutre della sono fatti di pelle di altri esseri viventi; li limitrofia21, cioè si nutre su questi bordi, sfruttiamo per i nostri desideri, per la no- allargando i confini per inspessirli, ren- stra ingordigia; li rinchiudiamo dietro a derli porosi; a volte renderli trasparenti sbarre metalliche per il nostro sadico di- per guardare fuori, o addirittura stirarli vertimento, per cercare di espropriare la come uno specchio per guardare il proprio vita animale19 di ciò che le è più proprio, riflesso in un luogo altro, in un non-luogo ossia dell’animalità. Di questo forse non caratterizzato dalla precarietà22. ce ne rendiamo conto, ma gli animali sono 18 Nicola Zengiaro, “Psicoanalisi e animalità. 20 Leonardo Caffo, Fragile umanità. Il postuma- Il luogo dell’Io nello sguardo animale”, Animal no contemporaneo, Einaudi, Torino, 2017. studies, 20, 2017, pp. 32-40. 21 J. Derrida, L’animale che dunque sono, op. cit. 19 Ralph Acampora, Fenomenologia della com- 22 Marc Augé, Nonluoghi. Introduzione a un’an- passione. Etica animale e filosofia del corpo, Son- tropologia della surmodernità, Eleutheria, Mila- da, Casale Monferrato, 2008. no, 2009. 14
Introduzione Lo sguardo del mondo anche come le cose del mondo guardano il mondo. Come un minerale vede il mon- Cercare di comprendere l’animalità, o do. Ovviamente questa è una metafora che almeno questo campo di studi, significa utilizzo. Non è che essi abbiano gli occhi, cercare di capire come vede il mondo un ovvero quella particolare struttura biolo- animale. Come si può vedere il mondo da gica che consente di guardare il mondo – uno sguardo che è semplicemente anima- secondo il modello umano del “guardare”. le? Come fa il mio corpo a vedere il mondo Però c’è qualcosa che resiste, qualche cosa se tolgo tutti i costrutti che ho di me stesso? che ci mette in relazione quando colpiamo Che cos’è il mondo al di là di me?23 una pietra. Tra il nostro corpo e la pietra Allora in questo senso dobbiamo dare che si toccano, che si scontrano, vediamo spazio agli altri animali, dare spazio a due corpi che si colpiscono. Non c’è più una moltitudine eterogenea di viventi che l’essere umano che colpisce una pietra, ma guardano il mondo. La filosofia è ciò che sono due corpi che si mettono in contatto dà voce all’altro, ma è anche ciò che pos- e comunicano tra di loro. C’è qualcosa che so ascoltare con lo sguardo, ciò che porta resiste, una realtà oltre a noi che si mantie- in superficie il silenzio degli altri. Possia- ne al di là dei nostri schemi concettuali25. mo dire che il tentativo stesso di pensare Esistono realtà che resistono, è necessario una filosofia dell’animalità deve essere che resistano; talvolta alcune resistono qualche cosa di costruttivo e non solo de- troppo, talvolta non resistono abbastanza. costruttivo. Vorrei cercare di andare allora La realtà dell’umano è instabile, precaria, un po’ più in là. forse reversibile26. Ma al di là di ciò non importa se siamo un gatto, cane, maiale, Dovremmo chiederci sempre inoltre albero, foglia, umano; c’è qualcosa che re- come il resto veda il mondo. Non solo la siste al di là di tutto questo. vita animale, ma anche la vita vegetale. Quello che stiamo cercando di fare è dar Come la vita vegetale vede il mondo24. Ma vita ad un movimento che attraversa un li- mite o una parete, senza mai annichilire i 23 Mi sono occupato di questo tema nell’arti- colo: Guillermo Rodriguez Alonso e Nicola Zen- bordi. La filosofia diventa allora una mem- giaro, “Antropocalipsis. Sobre el fin de la Histo- brana proprio per assumere ciò che viene ria como fin del hombre”, Vegueta. Anuario de la facultad de geografía e historia, 17, 2017, pp. 213-226. no, 2014; Peter Tompkins e Christopher Bird, La vita segreta delle piante, Il Saggiatore, Milano, 24 Cfr. Gustav Theodor Fechner, Nanna o L’ani- 2014; Mancuso e Alessandra Viola, Verde brillan- ma delle piante, Adelphi, Milano, 2008; Emanue- te. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, le Coccia, La vita sensibile, Il Mulino, Bologna, Giunti, Firenze, 2015. 2011; Id., La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Il Mulino, Bologna, 2016; Stefano 25 Maurizio Ferraris, Manifesto del nuovo reali- Daniel Chamovitz, Quel che una pianta sa. Gui- smo, Laterza, Roma-Bari, 2012. da ai sensi nel mondo vegetale, Cortina, Milano, 26 Guillermo Rodriguez Alonso e Nicola Zengia- 2013; Michael Pollan, La botanica del desiderio. ro, “El devenir-lobo del perro de Freud”, Laza- Il mondo visto dalle piante, Il Saggiatore, Mila- rus. Revista de filosofía y arte, 1, 2017, pp. 62-70. 15
Nicola Zengiaro gettato su di essa e che dinamizza questa to senso, essa però mi guarda. Mi guarda pelle perforandola, attraversandola, pas- a livello del punto luminoso, dove si trova sando dall’altra parte. tutto ciò che mi guarda, e questa non è una metafora»28. Il mondo che guarda se stesso Che cosa vuole farci capire Lacan? Vuole Utilizzerò una citazione di Jacques Lacan farci capire che non solo noi guardiamo il che è di grande ispirazione per compren- mondo, ma è il mondo che si guarda attra- dere l’alterità. Il giovane Lacan, appena verso occhi umani. E questo per dire che ventenne, durante una vacanza, passa del il nostro occhio, che è un elemento essen- tempo insieme a un pescatore e ci racconta zialmente corporeo, fa parte del quadro un fatto. Inizia dicendo: “è una storia vera, che guarda. Io adesso vedo il mondo, ma è una storia vera questa qua”; perciò egli il mio occhio e il mio corpo fanno parte di elimina già il prototipo della metafora che ciò che vedo. In questo senso possiamo in- abbiamo affrontato con Derrida. Non vuo- terpretare e vedere che l’oggetto materiale le rimandare a null’altro oltre a ciò che sta occhio guarda il mondo, ma allo stesso ti- per raccontare. tolo le altre cose materiali del mondo e gli altri oggetti ci possono osservare29. Questo «È una storia vera. […] Un giorno ero su movimento sovversivo riesce a compren- una barchetta con alcune persone appar- dere che l’alterità assoluta ha uno sguardo tenenti a una famiglia di pescatori in un su di noi e noi ci identifichiamo esclusiva- porticciolo. […] Un giorno, dunque, mentre mente tramite questa relazione. aspettavamo il momento di tirar su le reti, L’occhio fa parte del quadro, significa un tal Giovannino, lo chiameremo così che non sono fuori dal mondo quando lo […] mi fa vedere qualcosa che galleggiava osservo. Io non sono fuori dal mondo nel sulla superficie delle onde. Era una scato- momento in cui lo guardo. L’occhio come letta, per essere più precisi, una scatoletta organo, ma altresì come oggetto materiale, di sardine. Galleggiava lì nel sole […]. Luc- oggetto del mondo, vede la scatoletta, cioè cicava al sole. E Giovannino mi disse – La i miei occhi sono mondo essenzialmente vedi quella scatoletta? La vedi? Ebbene, lei come lo è scatoletta. Ovviamente la costi- non ti vede! Egli trovava questo piccolo epi- tuzione biologica è differente, però all’in- sodio molto divertente, io meno».27 terno di questo punto di vista la scatoletta E poi continua Jacques Lacan, 28 Ibid. 29 Questo passaggio è stato analizzato con mag- «se ha senso che Giovannino mi dica che giore accuratezza da Felice Cimatti nel suo ar- la scatola non mi vede, è perché, in un cer- ticolo “Verso il reale. Lacan e Baudrillard”, Lo Sguardo. Rivista di filosofia, Reinventare il reale. 27 Jacques Lacan, Libro XI. I quattro concetti Jean Baudrillard (2007-2017), a cura di Eleonora fondamentali della psicoanalisi 1964, Einaudi, de Conciliis, Enrico Schirò e Daniela Angelucci, Torino 1979, p. 94. I, 23, 2017, pp. 177-182. 16
Introduzione rientra certamente dentro il nostro campo «“Come bisogna interpretare che Dio visivo, ma noi rientriamo dentro il campo Onnisciente dica ad Adamo: ‘Dove sei?’”, visivo della scatoletta. La luce che riflette − e allora il rabbino risponde −, “Ebbene – sulla scatoletta, e fa sì che noi la possiamo riprese lo zaddik – in ogni tempo Dio inter- vedere, riflette allo stesso modo sul nostro pella ogni uomo: ‘Dove sei tu nel tuo mon- corpo. Così possiamo pensare la radicalità do? Dei giorni e degli anni a te assegnati ne delle cose, la diversità in modo totalmente sono già trascorsi molti: nel frattempo tu effimero e allo stesso tempo materiale. È fin dove sei arrivato nel tuo mondo?’”»30. qualcosa che non si può spiegare, è davan- ti ai nostri occhi ed esiste. Come direbbe Questa è una domanda che il comandan- Wittgenstein, “si mostra”. te delle guardie cerca di utilizzare per met- Per questo principio il mondo ci guarda tere in crisi l’onniscienza dello sguardo di e diciamo che è il mondo che guarda se Dio: come fa Dio a chiedere “dove sei?” se stesso attraverso occhi umani. Allora dob- sa tutto? Allora ciò che Dio lascia è propria- biamo rispondere al mondo, proprio come mente la libertà di nascondersi. Noi pos- rispondiamo delle nostre azioni davanti siamo nasconderci davanti allo sguardo di agli animali, a tutte quelle vite sacrificate Dio, però quello che vuole dire il rabbino ogni giorno per i nostri piaceri. Cosa signi- è che il cammino dell’uomo inizia quando fica che dobbiamo rispondere al mondo? egli decide di dire “eccomi sono qui”; Ada- Significa rispondere allo sguardo del mon- mo affronta la voce del mondo, cioè si rive- do su di noi. E, utilizzando una differente la nel momento in cui «riconosce di essere metafora e analogia, lo sguardo del mondo in trappola e confessa: “Mi sono nascosto”. su di noi è uno sguardo che si può parago- Qui inizia il cammino dell’uomo»31. nare allo sguardo di Dio. Uno sguardo a cui Il cammino dell’uomo inizia quando noi non si può sfuggire. Possiamo nasconderci ci responsabilizziamo di fronte all’altro. come specie davanti a uno sguardo che ci Ma quale altro? Dobbiamo scegliere? La chiama alla responsabilità, però non pos- vita vegetale, la vita animale o la vita mi- siamo uscire da questo sguardo perché è nerale? Dobbiamo scegliere davanti a qua- uno sguardo totalitario e totalizzante. Non le altro? Dobbiamo discriminare di fronte ci si può nascondere. a chi rivolgerci? Per questo motivo si deve incominciare Il mondo ci interpella da se stessi per non finire con se stessi. In questo senso dobbiamo dirigere la nostra Un altro riferimento che vorrei prende- azione verso il mondo, per il mondo. Biso- re in considerazione è il testo esposto nella gna prendersi come punto di partenza ma conferenza di Martin Buber al congresso di 30 Martin Buber, Il cammino dell’uomo. Secon- Woodbrook a Bentveld nell’aprile del 1947, do l’insegnamento chassidico, Edizioni Qiqajon, dove egli racconta di un rabbino che dialo- Magnano, 1990, p. 18. ga con un carceriere che gli domanda: 31 Ivi, p. 23. 17
Nicola Zengiaro mai come meta; partire da sé per riuscire una filosofia che verrà, una filosofia dell’a- ad avere un prospetto in cui il mondo può nimalità e della diversità, deve avere come guardarsi e identificarsi su di noi. Ma come caratteristica essenziale. fa – e qui vorrei complicare ancora un po’ la situazione – una vita individuale a pen- sare alla vita generale? Come fa una vita Concludendo, il pensiero sulla diversità umana, semplicemente umana, a pensare che parte dall’animalità e che parte dalla alla totalità della vita, la vita in generale? vita animale è l’azione del cambiamento. Il pensiero sulla diversità è la prima azio- ne del cambiamento. Ciò che porta una vita C’è una frase di Giorgio Agamben che individuale a ragionare su di un concetto dice più o meno così: “ci vuole un bios che di vita totalizzante, unificato, è la tensione come telos abbia la sua zoé”. Bios significa immanente di una vita che cerca di espri- la vita individuale, l’individuazione della mersi. E questo telos si esprime attraverso vita, e zoé la vita in generale, la vita ge- la propria vita. Una vita che prende forma, nerica, una vita totalmente astratta e che è una vita che prende forma nella ricerca corrisponde alla vita di tutti quanti. Il te- della sua zoé, cioè l’azione è la forma-di-vi- los, secondo l’interpretazione di Agamben ta che si esplica nella ricerca di sé nel mon- − riprendendo tale separazione dagli stoici do. − si può suddividere in fine e scopo32. Fine e scopo sono assai differenti, ed egli utilizza una narrazione per fare un esempio molto Esiste la sfida a cui ognuno di noi do- pratico. Un arciere vuole colpire il centro. vrebbe dare la propria risposta. Ognuno Mentre il suo scopo è mettere la freccia dovrebbe essere fedele alla propria vita. all’interno del centro, il fine è lo scoccare Questo non tendeva a escludere gli altri, la freccia; il fine è mettere in moto questa ma – al contrario – a includerli. La nostra azione. Lo scopo è fare centro, il fine è met- vita consiste dei legami con gli altri, e pro- tere in moto la propria azione. In questo prio gli altri sono il suo campo d’azione. senso la vita individuale deve avere come È il mondo vivente. Ci sono in noi diversi fine una vita generica, deve rispecchiarsi generi di bisogni e diversi generi di espe- nel mondo, in una vita totalizzante, e con- rienze. Ci sforziamo di interpretare queste cepire qualcosa molto più grande di sé, e esperienze come un messaggio indirizzato questo è molto complesso. E allora ripren- a noi dal destino, dalla vita, dalla storia, diamo il concetto di Buber: “iniziare da sé dal genere umano o dalla trascendenza… per non finire con sé”, cioè dimenticatevi di (tutti questi nomi del resto non hanno im- voi e pensate al mondo. Questo è il fine che portanza). A ogni modo, l’esperienza della vita è la domanda, mentre la creazione in 32 Giorgio Agamben, Karman. Breve trattato verità è semplicemente la risposta. Comin- sull’azione, la colpa e il gesto, Boringhieri, Tori- no 2017, pp. 113. cia dallo sforzo di non nascondersi e di 18
Introduzione non mentire. Allora il metodo – nel senso del sistema – non esiste. Non può esistere altrimenti che come sfida o come invito.33 33 A cura di Antonio Attisani e Mario Biagini, Opere e sentieri. Jerzy Grotowski testi 1968-1998, Bulzoni Editore, Roma, 2007, p. 48. 19
Francesca Ferrando Francesca Ferrando insegna Fi- transumanesimo. Il suo libro Il losofia presso la New York Univer- Postumanesimo Filosofico e le Sue sity, Dipartimento di Liberal Stu- Alterità è uscito con ETS nel 2016; dies, USA. Voce di spicco nel campo l’edizione inglese, Philosophical degli studi postumani e fondatrice Posthumanism, è in uscita con Blo- del gruppo di ricerca postumano omsbury nel 2019. Nella storia dei di New York, Ferrando ha ricevuto TED talk, Ferrando è stata la pri- prestigiosi riconoscimenti, tra cui ma relatrice a trattare il tema dal il premio filosofico Vittorio Saina- postumano. La rivista americana ti con la menzione del Presidente “Origins” l’ha nominata tra le 100 della Repubblica Italiana, Giorgio persone che hanno cambiato il Napolitano. Ha scritto numerosi mondo. articoli sul postumanesimo e sul 20
Riflessioni aperte sul Postumanesimo Filosofico Riflessioni aperte sul Postumanesi- riconoscendo pienamente lo stato reale mo Filosofico delle cose. Il postumanesimo filosofico ri- chiede una prassi ambientale e sostenibile, Il postumanesimo filosofico è una filoso- accedendo al postumano come un post-an- fia di mediazione che depone ogni duali- tropocentrismo. Storicamente, il postuma- smo conflittuale, così come ogni retaggio nesimo può essere visto come l’approccio gerarchico. Come filosofa, vorrei definire filosofico che si adatta al tempo geologico questo cambio paradigmatico attraverso informale dell’Antropocene: mentre il po- tre passaggi; un cambiamento di paradig- stumanesimo filosofico si concentra sul ma postumano può essere definito come decentramento dell’umano dal centro del un cambiamento che comprende una svol- discorso, l’Antropocene segna la portata ta post-umanistica, una svolta post-antro- dell’impatto delle attività umane a livello pocentrica e una svolta post-dualistica. planetario, e così sottolinea l’urgenza per Riflettiamo su ogni termine. Come post-u- gli esseri umani di prendere coscienza di manesimo, il postumanesimo filosofico un ecosistema che, se danneggiato, influi- riconosce che non tutti gli esseri umani sce negativamente anche sulla condizione sono stati ugualmente considerati sotto l’e- umana. tichetta “umano”. In questo senso, l’uma- no è riconosciuto in quanto nozione plu- Cosa significa essere postumani, in re- rale e cioè, in quanto: esseri umani. Come lazione ad altre specie? post-antropocentrismo, il postumanesimo Per rispondere a questa domanda, dob- filosofico non riconosce gli esseri umani biamo estendere l’analisi a un secondo come superiori o eccezionali, rispetto ad livello di decostruzione, indagando il altri esseri − torneremo su questo punto. bio-dominio da una prospettiva post-an- Come post-dualismo, il postumanesimo fi- tropocentrica, sottolineando che la linea losofico affronta l’esistenza in termini ibri- tra animali umani e animali non-umani di ed evolutivi. Se il post-umanesimo può non è definitiva; per esempio, gli umani essere visto come la sinfonia pluralistica condividono un’alta percentuale del loro delle voci umane che erano state messe DNA con animali non-umani. Inoltre, la a tacere negli sviluppi storici della nozio- grande diversità di animali non-umani ne di “umanità”, il post-antropocentrismo non può essere classificata, e semplifica- aggiunge a questo concerto le voci non ta, in una categoria “non umana”, che si umane, o meglio, il loro silenzio in quella adatta solo alla necessità della dicotomia che è attualmente definita come la sesta gerarchica: umano/non umano, secon- estinzione di massa, che definisce la con- do la quale l’essere umano sarebbe ecce- tinua estinzione di specie causata, diretta- zionale e superiore al non umano. Come mente o indirettamente, da azioni umane. post-antropocentrismo, il postumanesi- Un cambiamento può essere ottenuto solo mo filosofico consente una delocalizza- zione consapevole dello specismo e degli 21
Francesca Ferrando effetti devastanti delle abitudini antro- da soggiogare. Apriamo qua una parente- pocentriche, segnando così un passaggio si, dato che la tematica della robotica è di dalla tecnologia all’eco-tecnologia; dalla grande attualità nel dibattito contempora- giustizia alla giustizia multispecie; dalla neo, e chiediamoci: la vita artificiale pre- generalizzazione del termine “umano”, sume un nuovo primato ontologico? Da un alla più precisa nomenclatura biologica punto di vista filosofico postumanista, la degli “animali umani”. Il postumanesimo comprensione della vita artificiale nel re- è la filosofia del nostro tempo che tratta gno della “vita postumana” non porta con dell’urgenza di una ridefinizione integrale sé un nuovo primato sugli esseri umani, della nozione di umano. Il postumanesi- sugli animali non-umani o sull’ambiente. mo filosofico, come risposta radicale alla Non implica un’accettazione acritica dei storia del primato umano, affronta la do- futuri distopici secondo cui la “natura” manda “chi sono io?” in congiunzione con sarà eventualmente sostituita da repliche altre domande correlate, quali: “cosa sono artificiali. Non è un passaggio della coro- io?” e “dove e quando siamo noi?”. L’ap- na, dagli umani ai robot. Il movimento proccio postumano destabilizza i limiti e i radicale del postumanesimo filosofico de- confini simbolici posti da rigide dicotomie. costruisce il centro del discorso, consen- Dualismi come umano / animale, umano tendo un approccio multifocale e promuo- / macchina, umano / non umano e, più in vendo un’apertura dinamica in base alla generale, soggetto / oggetto, vengono riesa- quale si può tenere conto di una pluralità minati attraverso una percezione che non di prospettive. Nell’era dell’Antropocene, funziona su schemi opposti. la tecnologia dovrebbe essere ripensata in quanto “eco-tecnologia”. Che dire dunque del post-dualismo? Il terzo termine di riferimento, il Cosa significa “eco-tecnologia”? post-dualismo, non è stato pienamente “Eco-tecnologia” enfatizza una aspetto indagato dalla riflessione postumana con- cruciale, e cioè che la tecnologia deve es- temporanea e necessita di una elaborazio- sere ripensata non in separazione dall’am- ne più profonda. In effetti, il post-dualismo biente, ma come parte dell’ambiente. è un passo necessario nella decostruzione Cerchiamo di chiarire il perché. Nel ciclo finale dell’umano. Noi, come società, potre- dell’esistenza materiale, gli oggetti tecno- mo eventualmente superare il razzismo, il logici vengono dal pianeta Terra − compo- sessismo e persino l’antropocentrismo, ma sti di minerali e metalli, tra gli altri mate- se non affrontiamo la rigida forma della riali − e, una volta smaltiti, torneranno ad mentalità dualistica che consente costru- essa. Il loro ciclo materiale è separato dal- zioni socio-politiche gerarchiche, allora la nozione di tecnologia? No, non lo è. La emergeranno nuove forme di discrimina- nozione di tecnologia, da una prospettiva zione, come ad esempio ritrarre i robot postumanista, comprende tutte le sue im- in quanto nuove “alterità”, da temere e plicazioni, incluso l’impatto socio-politico 22
Riflessioni aperte sul Postumanesimo Filosofico ed ambientale del suo materiale, e del suo stifica qualsiasi polarizzazione ontologica smaltimento. Ad esempio, il columbite-tan- attraverso la pratica postmoderna della talite (coltan), un minerale raro utilizzato decostruzione. Pertanto l’abbiamo defi- nella produzione dell’elettronica (compre- nito, a livello modale, come un post-cen- si computer portatili e telefoni cellulari), si trismo e un post-esclusivismo: un “post” trova comunemente nella Repubblica De- che apre costantemente possibilità e non mocratica del Congo (RDC) e viene estratto si conforma alle vedute gerarchiche sta- in territori controllati dai ribelli, colpendo zionarie. Questa apertura epistemica non in modo drammatico la popolazione civile si basa sull’assimilazione, ma sul ricono- e i parchi nazionali. Possiamo anche pen- scimento della diversità, in sintonia con i sare alla tossicità dei rifiuti elettronici e al processi evolutivi, che si manifestano in loro impatto sulla salute umana e sull’am- dinamiche di diversificazione. In questo biente. Inoltre, le tecnologie tradizionali senso, l’evoluzione può essere considerata come i telefoni cellulari e Internet richie- come una tecnologia dell’esistenza: physis dono sempre più la presenza di satelliti in (“natura” in greco) e techne sono domini orbita, responsabili per la crescente quan- co-costitutivi. In quanto post-dualismo, il tità di detriti spaziali. Per riassumere, da postumanesimo filosofico rivela un pas- una prospettiva postumanista integrale, la saggio necessario dall’individualità alla re- nozione di “sviluppo tecnologico” non do- lazionalità. Una volta che riflettiamo su noi vrebbe essere affrontata in modo univoco stesse/i in quanto reti aperte, in continuo (cioè, portando progresso solo ad uno spe- scambio con l’alterità, possiamo percepire, cifico campo), ma devono essere conside- più chiaramente, in che modo il nostro im- rati in modo globale: il progresso portato patto su questo pianeta sia ampio ed este- ad (alcuni) esseri umani, per esempio, non so, manifestandosi in modi aggrovigliati, deve essere a detrimento di altri esseri sottili e diffusi. Questo è un passo cruciale umani, o non umani. Gli sviluppi tecnolo- verso l’intenzione di esistere, eticamente gici, da una prospettiva post-umanistica e ed ontologicamente, in modo postuma- post-antropocentrica, richiedono pratiche nista, perché, in questa comprensione, la sostenibili nelle loro intenzioni e nelle separazione tra teoria e pratica non è più loro materializzazioni. Il postumanesimo sostenibile. Il postumanesimo filosofico è filosofico ci invita a procedere in modo prassi: agire è, inter-agire. Questo approc- relazionale e multistrato, in una prassi cio espande la nostra percezione dell’esi- post-dualistica e post-gerarchica, oltre i stenza oltre i limiti autoimposti dell’uma- confini dell’umanesimo e dell’antropocen- no nel senso stretto del termine. Gli esseri trismo. umani, in questo scenario, si riconoscono come reti incorporate di energie, alleanze Più nello specifico, il postumanesimo e filiazioni, situati oltre la loro specificità filosofico può essere considerato una filo- spazio-temporale, connessi ad altre forme sofia teoretica della differenza, che demi- di esistenza attraverso un numero indefi- 23
Francesca Ferrando nito di sinergie materiali e potenziali. Immagina ... che un giorno tu ti renda conto che ogni singola azione che hai fatto, ogni pensiero che tu abbia mai avuto; ogni sogno che tu abbia mai sognato; ogni pa- rola che tu abbia mai pronunciato, abbia influenzato e attuato la materializzazione dell’esistenza. Perché stiamo parlando di postumano? Perché, sappiamo che il flus- so esistenziale cambia continuamente, si evolve, si dispiega. Perché sappiamo che siamo noi, qui, oggi, a fare un cambia- mento; è l’onda postumana che sposta la società umana verso la successiva fase del- la relazionalità: post-umanistica, post-an- tropocentrica e post-dualistica. Noi: ani- mali umani e non umani, robot e piante, pianeta Terra, Marte e oltre. Noi: diversi e connessi. Noi, proprio qui, proprio ora, attuando il cambiamento di paradigma postumano e aprendo nuove possibilità esistenziali: quando l’agency postumana diviene modus vivendi. Un ringraziamento speciale a: Nicola Zen- giaro e al Dipartimento di Filosofia dell’Uni- versità di Santiago de Compostela (Spagna). 24
Roberto Marchesini Roberto Marchesini è filosofo, bioetica animale, delle scienze co- etologo e zooantropologo. Da oltre gnitive e della filosofia postuma- vent’anni conduce una ricerca in- nista. Tiene inoltre conferenze in terdisciplinare volta a ridefinire il tutto il mondo nelle quali affronta ruolo degli animali nella nostra so- il tema del rapporto uomo-anima- cietà. Direttore della Scuola di Inte- le (zooantropologia). È Direttore razione Uomo-Animale (Siua) e del della rivista Animal studies. Rivista Centro Studi Filosofia Postumani- italiana di zooantropologia (Apei- sta, è autore di oltre un centinaio ron). di pubblicazioni nel campo della 26
Soggettività e la natura declinativa dell’essere animale Soggettività e la natura declinati- Il comportamento quindi viene determi- va dell’essere animale nato dal singolo automatismo − sia esso un istinto o un condizionamento − in modo La riflessione sul carattere di soggettivi- diretto, cosicché il comportamento com- tà dell’animale − vale a dire sulla differen- plesso viene spiegato attraverso un model- za tra un oggetto o una macchina da una lo a domino ossia attraverso una cascata parte e un animale dall’altra − richiede di inneschi. Ovvio che in questo modello la una riflessione di carattere ontologico, nel soggettività è pura apparenza. Dare consa- senso più generale di problematizzazione pevolezza a una macchina non significa at- filosofica, e non semplicemente di caratte- tribuirle soggettività, se consideriamo con re descrittivo, come avvenuto nella tradi- Brentano la consapevolezza nient’altro zione del XX secolo. che una presa in carico di un contenuto. La Di fatto l’etologia classica o il behavio- soggettività viene prima della coscienza, è rismo − come peraltro le diverse varianti il fondamento da cui può emergere la co- che dalla teoria dei tropismi di Loeb fino scienza, non viceversa. Sono cosciente del- agli scorci del Novecento si sono sussegui- la mia soggettività, al contrario non posso te − non hanno fatto altro che descrivere la diventare soggettivo prendendo consape- macchina animale, vale a dire individua- volezza di essere una macchina. re quali meccanismi la regolassero, senza Questo ragionamento diventa ancor più mettere minimamente in discussione il pa- pressante e ci riguarda in modo diretto se radigma di base dell’animale automa pro- consideriamo la res-cogitans cartesiana posto da Cartesio nel Seicento. un artificio per assicurare la soggettività Le teorie sulla cognizione animale, a a una materia inerte che può essere ma- partire in modo coerente solo dagli anni tematizzata e che come un orologio segue ‘70, hanno cercato nella funzione di con- un cammino totalmente determinato dai sapevolezza − senzienza, coscienza, teoria propri meccanismi. Nel momento in cui della mente − di far emergere una pallida rinunciamo al deus-ex-machina dell’anima soggettività, inevitabilmente legata alla o del principio trascendente, ci rendiamo prova del nove, che la singola specie do- immediatamente conto che il modello veva superare, di possedere un barlume res-extensa è incapace, comunque lo ri- di consapevolezza. Ma, senza mettere in voltiamo, a spiegare il carattere di sogget- discussione il modello di base, ossia che tività. O accettiamo di essere anche noi l’espressione animale fosse il frutto di nient’altro che delle macchine già prefissa- automatismi − innescati dall’ambiente o te nei loro meccanismi o necessariamente dalle pulsioni interne, codificati dalle as- dobbiamo rivedere il modello res-extensa, sociazioni esperienziali o dalla selezione ossia la macchina animale. naturale, appresi o innati − pertanto deter- Come primo punto ritengo che il termine ministici sul comportamento. “soggettivo” vada chiarito ed è stato uno dei miei obiettivi a partire dai saggi Intel- 27
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