Università degli Studi di Padova Gelosia: sinonimo di amore e giustificazione della violenza? Ricerca empirica con adulti - Facoltà di Psicologia

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Università degli Studi di Padova

                       Facoltà di Psicologia

           Gelosia: sinonimo di amore
         e giustificazione della violenza?
            Ricerca empirica con adulti

                           di Monica Gazzetta

Relatore: Vanda Zamunner

                              A. A. 2006-07
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                                 INTRODUZIONE

       Il termine geloso deriva dal latino medioevale zelusus (pieno di zelo) che, a
sua volta, deriva dal greco zêlos, che stava ad indicare emulazione, invidia, rivalità.
Nonostante però l’etimologia del termine possa aiutarci ad inquadrarla entro un
ambito di senso piuttosto definito, tentare di darne una definizione ben precisa non è
così facile come può sembrare.
        In molti, infatti, hanno cercato di descriverla, di spiegarla, quali fatti la
producano e quali comportamenti provochi, ma soprattutto di determinare quali
persone vi siano più inclini.
       Essa, è da sempre presente nell’arte, nella letteratura, ma anche nel cinema;
ricordiamo, per esempio, l’opera di Munch del 1895 intitolata “gelosia”, la novella di
Verga da “Per le vie” (1883) intitolata anch’essa “gelosia” e il film “Dramma della
gelosia: tutti i particolari in cronaca” (1969).
       Può diventare, però, un’emozione così potente da reclamare spesso le vite
umane, essa infatti è una dei cinque motivi di omicidio.
       Nel 2004, il 70% delle vittime di omicidio sono donne, uccise per ragioni
passionali (23%), in seguito a liti (23%) o disturbi psichici (12,8%).(Rapporto 2005,
“L’omicidio volontario in Italia”, curato da Eures ed Ansa).
       Nel 2005, la percentuale degli omicidi in ambiente domestico è del (58,7%) e
risulta molto più elevata nelle regioni del Nord (62,8%), rispetto a quelle del Centro
(57,8%) e del Sud (55,6%).
       La principale vittima è il/la coniuge (27,7%), indicando come principale asse
critico della relazione quello affettivo; molto elevato è inoltre il numero degli ex-
coniugi o ex-partner (8,9%), principalmente vittime degli omicidi a carattere
passionale, insieme ai partner/amanti (7,5%), agli spasimanti (1,4%) e, soprattutto, ai
“rivali” (5,2%).
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       L’elemento che più degli altri può aver influito nel comportamento
omicidario è il movente passionale (32,9% dei casi); inoltre, la maggior parte degli
omicidi avviene in camera da letto (26,9%). (Rapporto Marzo 2006, “Gli omicidi in
ambiente domestico in Italia”, curato da Eures).
       Quali sono dunque, le differenze sessuali nella gelosia? Come insorge la
gelosia? Che differenza c’è tra gelosia normale e patologica?
       Nella prima parte di questo elaborato, verranno considerate queste ed altre
domande, a cui verranno date risposte basate sulla letteratura e sulla descrizione di
alcune ricerche.
       Nella seconda parte, attraverso una ricerca empirica, verrà esaminato il
rapporto esistente tra gelosia ed infedeltà, reale o presunta.
       Le ipotesi prese in considerazione sono tre. La prima ipotesi analizza se le
persone considerano le manifestazioni di gelosia come segni d’amore.
       La seconda ipotesi esamina se la violenza perde una parte della sua negatività
in caso sia stata scatenata da situazioni di gelosia e se le persone arrivano ad
“accettarla”, in quanto deriva da un amore romantico.
       La terza ipotesi analizza se un abuso sessuale nei confronti della moglie perde
la valenza di stupro se, a scatenarlo, è stata questa emozione.
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Capitolo 1
                                   LA GELOSIA

1.1. DEFINIZIONE DI GELOSIA e TIPI DI GELOSIA

       La gelosia è uno dei tormenti relazionali più noti. Siamo abituati a pensarla
come un’emozione unica; ma se ci soffermiamo un attimo, ci renderemo conto che
essa è un insieme di sentimenti che tendono ad ammassarsi insieme.
       Si può manifestare come rabbia, ansia di essere traditi, agitazione, tristezza.
Può presentarsi come una normale emozione, fino ad arrivare ad una forma di
costruzione delirante.
       Secondo lo psichiatra Henri Wallon (Rufo, 2004), la gelosia è presente
dall’età di nove mesi, quando il bambino raggiunge lo stadio psichico in cui
comincia a percepirsi come “soggetto”. Jean-Pierre Almodovar, uno specialista che
ha studiato soprattutto i rapporti tra fratelli, avanza l’ipotesi secondo la quale, se il
primogenito ha meno di due anni, la gelosia lo aiuta a differenziasi dall’altro: ci sono
io e ci sei tu, siamo due persone diverse.
       Questa tappa segna l’inizio delle relazioni sociali, la gelosia, qui, preserva il
bambino anche dalla confusione “me”-“altro”.
        Daly e Wilson, (1983), la descrivono come un’emozione umana e complessa
provocata dalla percezione di una minaccia alla relazione diadica esclusiva; ed anche
se, la sua esperienza emotiva può comportare gradi diversi di tristezza, rabbia e
ansia, molti psicologi    (Bringle, 1995a; Clanton e Smith, 1977; Hansen, 1985)
l’hanno definita globalmente come un senso di “angoscia” o di “disagio”
sperimentato nei confronti di un partner vero o immaginario coinvolto con un’altra
persona.
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       Infine, D’Urso, (1995), ne parla come “un’emozione che si prova
internamente, ma che si manifesta all’esterno. È la reazione alla percezione che
un’importante relazione personale venga minacciata da altri”.
       La distinzione fra i diversi tipi di gelosia (D’Urso, 1995), viene effettuata
considerando l’oggetto di tale sentimento, ovvero, se si è gelosi di una persona, di un
bene o di una posizione che si pensa di possedere. In linea generale, possiamo
dunque parlare di:
- gelosia materiale: quando c’è un desiderio di esclusività per delle cose che ci
appartengono e che non vorremmo cedere in uso ad altri;
- gelosia romantica: dove domina il timore di perdere l’affetto esclusivo di una
persona;
- gelosia   da confronto sociale: Secondo Salovey e Rodin (1984) la caratteristica
specifica della gelosia da competizione sociale è l'oggetto del desiderio, che non è
mai una persona, ma è sempre una cosa, un tipo di successo o una buona posizione
sociale.
       In realtà è possibile sperimentare questo tipo di gelosia anche verso una
persona e competere in ambito sociale per ottenere i suoi favori, la sua attenzione o il
suo amore. Il sorgere e l'intensità di questo tipo di gelosia variano a seconda
dell'importanza che l'individuo attribuisce alla meta ambita, dell'identità e della
valenza emotiva degli altri concorrenti.
       In questo elaborato si farà principalmente riferimento alla gelosia romantica,
a quella particolare reazione verso le intrusioni vere o presunte, ma sentite comunque
come minacciose, nei confronti di una relazione sentimentale.
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1.2. I PROTAGONISTI

        Secondo D’Urso (1995), i tre attori di questo dramma sono il Sé, la Persona
Amata ed il Rivale; mentre il Sé e la Persona Amata possono essere ben individuabili
e reali, il Rivale può essere anche solo immaginato e temuto dalla persona gelosa.
        Il geloso subisce notevoli cambiamenti nella percezione del Sé, quale risultato
dell’esperienza di paura di abbandono, rabbia, tristezza, vergogna e diminuzione
dell’autostima; nei confronti della Persona Amata egli prova sentimenti quali odio,
rabbia e ostilità da un lato ed il desiderio di vicinanza e di conoscenza dall’altro.
        In casi estremi, secondo Cappellari e Callegaro (1990), il geloso si tormenta,
è alla continua ricerca di prove che confermino i suoi dubbi; anche se, al di là di tutte
le prove, egli continua a dubitare. Sembra pensare che il continuare a proclamare i
propri sospetti dettati dalla gelosia possa, come per magia, proteggerlo contro
l’infedeltà reale.
        È così che, egli, deve sapere tutto, usando tutti i mezzi…apre le lettere,
sorveglia, spia, scruta come viene impiegato il tempo, controlla chi va e chi viene,
osserva i gesti, è sul chi vive.
        Sempre secondo gli autori sopra citati, l’odio presente nella gelosia, è rivolto
non solo verso il rivale, ma, soprattutto, verso l’oggetto d’amore.
        Il comportamento può diventare aggressivo e il geloso può arrivare a
maltrattare l’oggetto del suo amore. Il quadro caratteristico che prevale all’interno
della gelosia normale, è caratterizzato da: ansia, scoraggiamento, desiderio di
vendetta.
        Dazzi e Pedrabissi (2004), ricordano che, classicamente, il geloso si impegna
in assillanti interrogatori volti a scoprire gli spostamenti del partner, le sue azioni, i
suoi pensieri e le intenzioni. Tali interrogatori, però, spesso possono degenerare in
violente discussioni e accuse infondate di infedeltà.
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       Secondo Vizzari (2003), egli spesso non può tollerare che l’oggetto del suo
amore sia o sia stato amato anche da altri, per questo motivo, ne deve possedere
anche il passato e i più reconditi pensieri. È il vero disastro della relazione amorosa.
       Il tutto, è spesso accompagnato da comportamenti aggressivi e violenti nei
confronti sia dell’amato, sia del presunto rivale: le discussioni e le accuse d’infedeltà
possono evolvere in vere e proprie violenze fisiche e verbali.
       Secondo Van Sommers (1988), una variante, è rappresentata dai
“comportamenti di evitamento” , messi in atto per allontanare le situazioni che
evocano gelosia. In alcuni casi, la sindrome può addirittura assumere le
caratteristiche di una vera e propria fobia. Il geloso, si difende precludendosi ogni
possibilità di affrontare episodi che possano risvegliare irritazione od ansia, ad
esempio, evita di recarsi in luoghi affollati con la propria ragazza per paura che sia
attratta o sedotta da altri uomini.
       Van Sommers (1988), afferma che, il Rivale o l’Intruso, può essere percepito
dalla persona gelosa come sia soggetto attivo che passivo. Nel primo caso, ci si
riferisce a chi ricorre a determinati mezzi (anche illegittimi) per porsi in quella
posizione; nel secondo caso, il rivale viene scelto da un partner infedele.
       Nei suoi confronti, vengono provati specialmente sentimenti di odio e
desiderio di annullamento. Può però anche essere presente un desiderio di
conoscenza, in quanto, tale conoscenza permetterebbe al geloso di combattere meglio
la gelosia, trovando ad esempio rassicurazione nei difetti del Rivale o avendo modo
così di metterne in luce i lati negativi con la Persona Amata.
       Personalmente, concordo quando l’autore sopra citato, afferma che “la gelosia
non è indice di una mente debole, corrotta o immatura. Le gelosia deve essere
riconosciuta e compresa, non negata, calpestata o sottovalutata”.
       Nelle interviste da lui condotte, molte persone hanno affermato che non
possono fare a meno di essere gelosi, ma che spesso, reprimono i comportamenti
distruttivi a cui essa porta, anche se non è facile.
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        Inoltre, le stesse persone, concordano con l’opinione che la gelosia, negli
altri, è “dannosa e distruttiva e che potrebbe essere eliminata con un minimo di
introspezione”.
        In poche parole, chi è geloso, sopporta anche le critiche degli altri gelosi,
oltre che a soffrire.
        Scrive R. Barthes: “Come geloso io soffro quattro volte:perché sono geloso,
perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire
l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità : soffro di essere escluso, di
essere aggressivo, di essere pazzo, e di essere come tutti gli altri”.
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Capitolo 2
                              GELOSIA ROMANTICA

2.1.     LA GELOSIA ROMANTICA

       La gelosia romantica, è stata analizzata attraverso diverse prospettive. Tra
queste, Brown e Moore (2003), si sono proposti di verificare se la sua espressione è
collegata con l’Asimmetria Fluttuante (AF). Quest’ultima (Van Valen, 1962) si
riferisce alle deviazioni dalla simmetria bilaterale e perfetta nei tratti del volto
morfologici. Errori casuali nello sviluppo, possono provocare disturbi nella divisione
cellulare, nella differenziazione e nella crescita, dando così origine ad asimmetrie
nelle strutture bilaterali.
       Negli esseri umani, bassi livelli di AF sono associati ad avvenenza e buona
salute; di conseguenza, sono portatori di benefici genetici. Basandosi su alcuni studi,
i quali indicano che gli uomini con una bassa AF hanno più partner sessuali, gli
autori, ipotizzano che gli individui con un’ alta AF saranno correlati con livelli più
alti di gelosia, rispetto alle persone con una bassa AF, a causa del rischio di infedeltà
del partner.
       I soggetti presi in esame, sono studenti universitari, aventi un’età media di
20,29 anni. La gelosia romantica venne stimata usando gli item dell’ “Interpersonal
Jealousy Scale” e la loro AF venne calcolata attraverso una formula matematica
composta dai seguenti elementi: ampiezza del piede, ampiezza della caviglia,
ampiezza del ginocchio, ampiezza della mano, lunghezza delle dita, ampiezza del
polso, ampiezza del gomito e lunghezza dell’orecchio.
    Dai risultati ottenuti, è emerso che vi è una relazione positiva tra la AF e la
gelosia romantica in ambo i sessi. Di conseguenza, la AF sarebbe predittiva della
gelosia, in particolare di quella romantica.
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    Se la consideriamo in un quadro sociale, Broemer e Diehl (2004), basandosi sulla
Teoria del Confronto Sociale1 (Festinger, 1954), propongono due studi attraverso i
quali esaminano il ruolo che ha la somiglianza percepita con il rivale, nell’esperienza
della gelosia romantica. Si presume, infatti, che essa minacci l’autovalutazione.
      A 52 studenti dell’ Università di Tubingen, venne chiesto di descrivere
attraverso brevi frasi, quattro attributi riguardanti loro stessi ed il proprio partner.
Vennero poi invitati ad immaginare, in un primo momento, che il partner fosse stato
con qualcun altro ed in un secondo momento, che il loro partner sia più o meno
attratto da un concorrente.
      Da entrambi gli studi, è emerso che le persone mostrano una gelosia maggiore
quando percepiscono delle somiglianze tra loro ed un rivale; ma soprattutto, essa
aumenta tanto quanto più il partner è attratto da quest’ultimo.
      Nel cercare di spiegare le risposte della gelosia, Bauerle, Amirkhan e Hupka
(2002), propongono un’analisi sistemica della gelosia romantica utilizzando la Teoria
Attribuzionale2 (Weiner, 1995).
      Tenendo presente le quattro distinzioni proposte da Weiner (1995), ovvero:
Causalità     Personale       vs    Impersonale,       Controllabilità       vs    Incontrollabilità,
Controllabilità vs Responsabilità e Intenzione vs Negligenza; nel loro primo studio,
gli autori variarono gli scenari presentati per svegliare la gelosia nelle quattro
distinzioni sopra citate.
      I partecipanti descrissero l’intensità dei sentimenti dell’individuo geloso
servendosi di un elenco di 11 aggettivi. In questo primo studio le variabili
indipendenti furono le attribuzioni, mentre la variabile dipendente fu le emozioni.

1
          La Teoria del Confronto Sociale fu sviluppata da Festinger; il quale, attraverso una
combinazione di studi in laboratorio e sul campo, dimostrò che la pressione verso l’uniformità
all’interno di un gruppo è basata sul bisogno di confronto e di condivisioni di scopi. In assenza di
strumenti oggettivi, le proprie opinioni e capacità vengono valutate attraverso la comparazione con le
opinioni e capacità altrui. (Zamperini e Testoni, 2005)
2
          Weiner (1985), afferma che le cause sono dei giudizi cognitivi e che sono cruciali per
l’esperienza emotiva svegliata dagli eventi. Individua inizialmente 3 dimensioni causali: Locus,
Stabilità e Controllabilità; successivamente (1995), vi apporta delle modifiche. La prima distinzione fu
tra Causalità Personale e Impersonale, la seconda tra Controllabilità e Incontrollabilità, la terza tra
Controllabilità e Responsabilità e l’ultima tra Intenzione e Negligenza. (Bauerle, Amrkhan e Hupka,
2002)
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      Gli autori si aspettarono che i partecipanti indicassero una maggiore gelosia
nelle seguenti cause:
      1. personali anziché impersonali
      2. verificabili piuttosto che incontrollabili
      3. controllabili e responsabili
      4. intenzionali e negligenti.
Tutte e quattro le ipotesi vennero confermate.
         Negli individui danneggiati, si intende come gelosia la percezione romantica
delle azioni svolte dal loro partner, come risultato di cause personali, verificabili ed
intenzionali. Viceversa, la gelosia è minima se le azioni del partner sono il risultato
di cause esterne e incontrollabili.
         Nel secondo studio, le variabili dipendenti furono le attribuzioni. I
partecipanti selezionarono, tra varie situazioni proposte, quelle in cui avevano
provato gelosia oppure no. Vennero poi costruite le attribuzioni per gli eventi e
vennero categorizzate seguendo le dimensioni fondamentali di Weiner (Weiner,
1985).
         In un secondo momento, gli autori proposero ai partecipanti due situazioni,
una che risvegliava una forte gelosia e una no.
         Ne emerse che l’insorgere della gelosia era più probabile quando la causa
dell’indiscrezione di un partner veniva vista come intenzionale piuttosto che causata
dalle circostanze esterne.
         Alla luce di ciò, la sua funzione, potrebbe essere vista come quella di una
specie di guardiano delle relazioni.
         Se la guardiamo da un’ottica dinamica; Sharpsteen, Don , Kirkpatrick e Lee
(1997), si propongono di identificarne le differenze individuali basandosi sulla
Teoria dell’ Attaccamento3.

3
           Secondo Bowlby (1988, p.27) il comportamento di attaccamento è definito come “ogni
forma di comportamento che appare in una persona che riesce ad ottenere o a mantenere la vicinanza a
un individuo.” La classificazione dei pattern di attaccamento, ottenuta attraverso l’AAI (Adult
Attachment Interview) sono: sicuro, distanziante, preoccupato, cui si aggiunge un’ulteriore categoria
costituita dall’eventuale presenza della mancata risoluzione del lutto e/o dell’abuso (irrisolta). Qualora
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        Si pensa infatti, che le differenze nello stile d’attaccamento non si riflettano
solo sulla sicurezza individuale, ma anche sul modo di provare ed esprimere la
gelosia.
        Essa, è attinente alle risposte di separazione o alla minaccia della perdita della
relazione. Anche se perdita e minaccia possono essere il risultato di una varietà di
fattori, una situazione comune nelle relazioni romantiche è la possibilità di essere
abbandonato dal partner per qualcun altro. Le risposte alla percezione di tale
minaccia, vengono definite come gelosia.
        Secondo Bolwby (1969) la minaccia e la separazione dalla figura di
attaccamento sono due dei tre eventi che attivano il sistema di attaccamento (il terzo
è costituito da ogni evento allarmante, per esempio, un segnale di pericolo
nell’ambiente).
        Le emozioni associate alla perdita ed alla separazione sono: paura, rabbia e
tristezza. Paura o ansia è la prima reazione associata alla minaccia di separazione o
alla perdita della figura di attaccamento. Secondo Bowlby, l’assenza della figura
d’attaccamento, segnala un incremento del rischio di pericolo. La rabbia, viene
attribuita alla funzione di tentare di dissuadere il caregiver4 dall’andar via. Infine, la
tristezza, è vista come la reazione tipica dopo la perdita.
        I due studi presentati da Sharpsteen, Don , Kirkpatrick e Lee (1997),
esaminano la relazione tra stile di attaccamento e differenze qualitative
nell’esperienza della gelosia. L’ipotesi del primo studio è che la gelosia cronica si
presenterebbe con maggiore intensità nei partecipanti ansiosi. Il motivo è che chi
possiede uno stile di attaccamento ansioso, si vede come inadeguato e pensa che gli
altri significativi meritino di meglio. Risultano quindi sempre vigili, e pronti a
proteggere la loro relazione.

non si presentino nessuna delle caratteristiche che possano ricondurre ai pattern sopra citati, il
soggetto viene classificato come (non classificato). Ricordiamo, infine, che le prime tre categorie
rimandano alle tre diverse tipologie di attaccamento identificate originariamente da Ainsworth. (Lis,
Mazzeschi e Salcuni, 2005)
4
          Caregiver è il termine utilizzato per indicare la persona (o le persone) che si occupa in modo
intimo e significativo di un bambino, in particolare nei primi mesi e anni di vita. (Vizziello, 2003)
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        Gli autori si aspettano, inoltre, che le intensità delle emozioni differiscano in
base allo stile di attaccamento. La rabbia, per esempio, dovrebbe essere
relativamente più intensa fra i partecipanti che presentano un attaccamento sicuro
anziché insicuro.
        Nel primo studio, a 59 donne e 44 uomini, venne chiesto di pensare a due
episodi attuali in cui avessero provato gelosia e, successivamente, segnare in una
scala Likert a 7 punti, l’intensità provata di una serie di emozioni. Agli stessi,
vennero poi somministrati il questionario sullo stile di attaccamento e la scala di
gelosia cronica.
        Sharpsteen (1993) propose che, le persone, dalle loro esperienze di gelosia,
ne distinguono le caratteristiche più comuni e danno vita ad un prototipo di essa.
Questo, verrà poi utilizzato per generare attribuzioni ed aspettative negli eventi
relativi alla gelosia.

        Nel secondo studio, viene quindi assunto che i modelli di pensiero, di
comportamento e dei sentimenti associati alla gelosia, variano a seconda dello stile di
attaccamento. Ovvero, persone con stili diversi di attaccamento, sperimentano la
gelosia in modo diverso.
        Da questi due studi è emerso che, come ipotizzato, i partecipanti con uno stile
di attaccamento sicuro, sentono più intensamente la rabbia, ed è più probabile che
siano loro ad esprimerla; forse, a causa dei sentimenti di inferiorità provati dai
partecipanti aventi uno stile di attaccamento ansioso.
        I partecipanti aventi uno stile di attaccamento evitante percepiscono più
intensamente la tristezza e sono coloro che, maggiormente agli altri, si impegnano
per mantenere l’amor proprio. La conseguenza forse, è che risulta poi improbabile
che siano portati a stare vicino al loro partner.
        Infine, per quanto riguarda il secondo studio, l’ipotesi dello sperimentare la
gelosia in modo diverso in base allo stile di attaccamento, non è stata confermata.
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2.2.     DIFFERENZE DI GENERE

       Secondo Harris (2004), le differenze sessuali, nonché individuali legate alla
gelosia, esisterebbero perché tra gli individui vi è un diverso concetto di sé, una
diversa importanza attribuita alla relazione e una diversa valutazione cognitiva
dell’infedeltà.
       Gli psicologi evolutivi, invece, considerano la gelosia come un meccanismo
psicologico che è stato plasmato dalla selezione naturale per risolvere problemi di
riproduzione legati alla nostra storia evolutiva (Buss, Larsen,Western e Semmelroth,
1992; Daly, Wilson e Weghorst, 1982; Symons, 1979).
       Sembrerebbe infatti, che l’infedeltà sessuale della donna, tolga al coniuge
un’opportunità riproduttiva che può sfociare in anni di investimento in una prole che
geneticamente non è sua.
        Viceversa, l’infedeltà sessuale di un uomo, non porta la coniuge ad occuparsi
di una prole non sua, ma può portare alla deviazione delle risorse destinate alla
propria prole; la minaccia, può derivare dall’affetto del coniuge per un’altra donna.
        Quanto descritto sopra, è stato confermato da Schutzwohl e Koch (2004) e
successivamente di nuovo dallo stesso Schutzwohl (2005). Nel 2004, venne
esaminato il numero d’indicazioni dell’infedeltà sessuale ed emozionale che uomini
e donne elaborano per trarre il primo segno di gelosia.
        Ne è emerso che gli uomini sono risultati più abili nella segnalazione delle
indicazioni dell’infedeltà sessuale; viceversa le donne, risultarono più abili nelle
indicazioni riguardanti l’infedeltà emotiva.
        Nello studio del 2005, ai partecipanti venne dato il compito di determinare
due soglie della sensibilità di gelosia. La prima, riferita a quegli indici della gelosia
che la “risvegliano”; la seconda, a quelli che la rendono intollerabile.
GazzettaM                             Jealousy                                      16

       Ciò che venne osservato fu che, gli uomini, furono più veloci nel determinare
le due soglie riguardanti, ancora una volta, la gelosia sessuale; mentre le donne
furono più “ferrate” nel determinare quelle relative alla gelosia emozionale.
       Alla luce di questo, possiamo dedurre che gli uomini sarebbero più sensibili
ad un tradimento sessuale; mentre le donne ad un tradimento di tipo emotivo.
       Ma quali sono le emozioni conseguenti all’infedeltà del partner? Vi sono
differenze di genere?
       Shackelford, LeBlanc e Drass (2000), cercano di identificare le emozioni
scaturite dall’infedeltà sessuale ed emotiva di un partner. In uno studio preliminare,
53 partecipanti nominarono delle reazioni emotive come conseguenza dell’infedeltà
emotiva e sessuale del partner; successivamente, 655 partecipanti (324 maschi e 331
femmine) tassarono ogni emozione come probabile conseguenza di un’infedeltà
emotiva e/o sessuale.
       Le maggiori emozioni segnalate riguardanti l’infedeltà sessuale furono:
ostilità/vendetta   (comprendono     irritazione,    amarezza,   aggressività,    odio,
tradimento…), nausea/repulsione (violazione, nausea, disgusto…), umiliazione
(abuso, vergogna, imbarazzo…), omicidio/suicidio e shock (sorpresa, sbalordimento,
incredulità…).
       Per quanto riguarda l’infedeltà emotiva, le quotazioni più alte le ottennero:
indesiderabilità/insicurezza   (comprendono         senza   importanza,     inferiorità,
inadeguatezza, insicurezza…), depressione (tristezza, odio verso se stesso,
incompetenza…), indifeso/abbandonato (angosciato, vuoto, rifiutato, trascurato,
confuso, abbandonato…) biasimo (colpevole) e stanco (annoiato, assonnato…).
       Infine, le differenze di genere si focalizzarono nel maggior utilizzo da parte
delle donne della categoria indesiderabilità/insicurezza, mentre gli uomini della
categoria omicidio/suicidio.
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