Una valutazione degli effetti della cedolare secca sul mercato dell'edilizia residenziale in affitto

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Raffaele Lungarella

Una valutazione degli effetti della cedolare secca
 sul mercato dell’edilizia residenziale in affitto

              Paper per la Conferenza Espanet 2011
 Innovare il welfare. Percorsi di trasformazione in Italia e Europa
                       Politecnico di Milano
                   29 settembre – 1 ottobre 2011

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Il paper è stato presentato e discusso il 29 settembre nella sessione della Conferenza su
Politiche abitative italiane ed europee tra crisi e innovazione

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Una valutazione degli effetti della cedolare secca sul mercato dell’edilizia residen-
ziale in affitto

Raffaele Lungarella

Premessa
Da lungo tempo nel nostro paese si è alla ricerca di soluzioni a quella che anni fa sareb-
be stata definita la questione delle abitazioni, cioè della soddisfazione della domanda di
servizi abitativi da parte non solo degli indigenti ma anche, ormai, di famiglie e soggetti
appartenenti alle classi medie e ai ceti impiegatizi. Una caratteristica del nostro mercato
dell’edilizia residenziale è la sua struttura per titoli di godimento delle abitazioni, il cui
baricentro è fortemente spostato sulla proprietà a discapito dell’affitto. Il confronto con
altri paesi europei, dove la maggioranza della popolazione vive in case di cui non ha la
proprietà, fa ritenere negativa questa peculiarità italiana. L’offerta deficitaria delle abi-
tazioni in affitto ostacola lo sviluppo dell’economia, in quanto frena la mobilità territo-
riale della forza lavoro e, naturalmente, si riflette negativamente sul benessere delle fa-
miglie, costringendole a destinare quote crescenti del loro reddito al pagamento dei ca-
noni (cfr. per tutti D’Alessio-Gambacorta, 2007).
Tra le varie motivazioni addotte per giustificare la dimensione asfittica del mercato de-
gli immobili residenziali in locazione nel nostro paese una fa riferimento alla bassa red-
ditività del capitale investito in quest’attività, insufficiente per attrarre adeguati volumi
di risorse finanziarie nel settore, con conseguente lenta crescita dell’offerta di abitazioni
in affitto.
Date tutte le altre condizioni, un elemento al quale si imputa la scarsa disponibilità degli
investitori di professione a riversare risorse nell’edilizia residenziale per l’affitto e la pro-
pensione dei risparmiatori a preferire allocazioni dei loro risparmi in attività diverse da
quelle immobiliari è l’elevato livello di pressione fiscale che graverebbe sui ricavi da ca-
noni. Nel nostro sistema fiscale gli affitti degli immobili concorrono (seppure non per il

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loro intero ammontare) al reddito imponibile dei loro percettori e nel caso di persone fisi-
che sono tassati con aliquote fiscali progressive per scaglioni. Le aliquote Irpef oscillano
tra il 23% per i redditi sotto i 15.000 euro e il 43% per quelli sopra i 75 mila; superati i
28.000 euro il fisco assorbe almeno il 38% dell’imponibile. Il livello di pressione fiscale
complessiva, al quale queste aliquote di imposizione diretta concorrono, è ritenuto troppo
elevato, disincentivante per la crescita economica e incentivante dell’evasione fiscale. Il
mondo economico complessivamente inteso rivendica e il mondo politico promette una
riforma fiscale che riduca la quota del prodotto interno lordo assorbita dall’erario.
Tra le varie proposte di riforma fiscale viene anche ipotizzata quella più radicale
dell’introduzione di una o al massimo due aliquote, avendo come riferimento il modello
della flat tax.
In attesa di pervenire ad una qualche riforma fiscale, i sostenitori dei benefici attribuiti
al sistema della flat tax hanno proposto la sua applicazione alle rendite fondiarie da lo-
cazione degli immobili residenziali. Sulla ipotesi di tassare separatamente i ricavi da ca-
none dal resto di tutti i redditi del contribuente c’era il consenso pressoché unanime del-
le parti sociali, dei partiti che la avevano inserita nei loro programmi elettorali e dei par-
lamentari di ogni schieramento, con la presentazione, da parte di questi ultimi, di nume-
rosi progetti di legge (si vedano quelli presentati da: Butti A., 2009; Versace S., 2009;
B. Della Vedova, 2008; De Micheli P. ed altri, 2008; Pepe A, ed altri, 2009; Laboccetta
A., 2009). Nessuno di essi è diventato legge, ma la tassazione autonoma dei redditi da
locazione è stata introdotta nel sistema fiscale italiano, dapprima in forma sperimentale
e poi con una generalizzazione successiva.
La legge finanziaria 2010 aveva offerto la possibilità, alle persone fisiche proprietarie di
abitazioni locate a canone concordato nella provincia di l’Aquila, di optare per la tassa-
zione dell’affitto ad aliquota fissa in alternativa all’Irpef. L’estensione di questa opzione
a tutti i tipi di contratti di locazione e a tutto il territorio nazionale è avvenuta con
l’entrata in vigore del decreto legislativo 23/2011 sul federalismo fiscale municipale
(per un dossier con la documentazione relativa all’iter parlamentare del decreto:
http://www.camera.it/465?area=19&tema=342&1.4+Federalismo+municipale).
Questo scritto è dedicato ad una disamina della struttura e degli effetti che prevedibil-
mente produrrà l’applicazione della cedolare secca sul mercato della locazione degli
immobili residenziali del nostro paese; per gli aspetti operativi dell’applicazione di que-

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sta nuova modalità di tassazione dei canoni si rinvia ai numerosi vademecum che sono
stati redatti (tra gli altri: Giovagnoni-Re, 2001; Longoni, 2011; Guida, 2011; Piccolo,
2011) mentre qui ci limitiamo a richiamare solo quelli indispensabili ai nostri fini. Nel
primo paragrafo ci si sofferma ad illustrare brevemente le ragioni di carattere generale
con le quali i suoi sostenitori argomentano l’opportunità dell’introduzione del nuovo si-
stema di tassazione. Il paragrafo successivo individua le caratteristiche principali della
cedolare secca e le sue differenze con l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Par-
tendo da una valutazione della consistenza del mercato dell’affitto interessato alla tassa-
zione proporzionale dei ricavi da canone, nel terzo paragrafo si procede ad una stima
degli effetti negativi prodotti sul gettito fiscale dalla sua applicazione e a prefigurare le
condizioni che si dovrebbero determinare per recuperare la perdita di gettito. Nel quarto
paragrafo viene esaminato il sistema di penalità e sanzioni applicate per la mancata re-
gistrazione dei contratti e dichiarazione dei canoni ai fini fiscali. Poiché la motivazione
“nobile” portata a giustificazione della cedolare secca è che essa produce benefici anche
per gli inquilini, nel quinto paragrafo del lavoro ci si propone di verificare se e in che
misura ciò può determinarsi. La cedolare introdotta con il federalismo fiscale è a doppia
aliquota, una per i canoni a mercato libero e una per quelli cosiddetti concordati: il sesto
paragrafo si sofferma in una valutazione dei suoi effetti sui regimi contrattuali che rego-
lamentano queste due tipologie di canoni.

1. Le motivazioni di ordine generale
L’introduzione nel nostro paese di una imposta proporzionale per la tassazione dei rica-
vi da canoni di locazione degli immobili ad uso residenziale è stata preceduta da un dif-
fuso consenso motivato dagli effetti positivi che ne deriverebbero. La lettura delle rela-
zioni illustrative dei progetti di leggi presentati sull’argomento, delle parti dei pro-
grammi elettorali dei partiti ad essa favorevole, dei documenti e delle prese di posizione
assunte dalle associazioni di categoria e dalle organizzazioni sociali permette di indivi-
duare nei seguenti i benefici attesi: a) un rinvigorimento del mercato delle abitazioni in
affitto; b) un aumento delle possibilità per le famiglie di affittare una casa; c)
l’eliminazione o quanto meno un forte restringimento del ricorso all’affitto in nero
(l’interpretazione è avvalorata anche da D’Antoni-Pellegrino-Zanardi., 2010). A queste
prevalenti viene affiancata una motivazione di equità nel trattamento fiscale dei ricavi

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delle diverse forme di investimento, che ora penalizzerebbe gli investimenti in immobili
rispetto a quelli finanziari.
Se l’applicazione della cedolare secca produrrà o meno gli effetti attesi molto dipende
da come essa viene concretamente configurata. Le scelte operative fatte dal nostro legi-
slatore fanno dubitare che possano essere raggiunte le finalità previste (per alcune valu-
tazioni critiche si rinvia oltre che ai miei testi citati nella bibliografia anche a Scarpa,
2011).
Anche in via teorica sorgono, dubbi che possano essere conseguiti contemporaneamente
alcuni degli effetti posiivi attesi.
Il principale scopo affidato a questo regime di tassazione dei canoni degli immobili re-
sidenziali è il rilancio del mercato degli affitti, ritenuto asfittico rispetto alla domanda;
“incentivando i proprietari a locare un maggior numero di alloggi” (Della Vedova,
2008) se ne aumenta l’offerta nel breve periodo, ma la riduzione del carico fiscale sui
canoni produce effetti benefici anche nel medio e lungo periodo.
Il meccanismo che dovrebbe produrre questo risultato è da manuale. In estrema sintesi
può essere descritto in questo modo. Il livello delle imposte influenza il rendimento de-
gli investimenti e la propensione ad investire. Ferme restando tutte le altre condizioni,
una riduzione della tassazione dei ricavi da canoni fa aumentare il loro importo netto e,
quindi, la redditività dei capitali investiti nel segmento del mercato immobiliare della
residenza per l’affitto. Le conseguenze si fanno sentire sia immediatamente che nel cor-
so del tempo.
Nel breve periodo il numero complessivo di abitazioni è dato. In termini tecnici, la loro
offerta non è elastica, cioè non reagisce all’andamento delle variabili che si ritiene la in-
fluenzino: la costruzione di nuove case richiede tempo, almeno 18-24 mesi per la sola
realizzazione del manufatto. Non tutto lo stock delle abitazioni esistenti è, però, abitato.
Un certo numero di abitazioni non occupate direttamente dai loro proprietari non viene
offerto in l’affitto e resta sfitto. Si può dire che nel breve periodo, mentre l’offerta “fisi-
ca” di case è rigida quella “economica” è potenzialmente elastica. Se il principale carbu-
rante capace di rimettere in moto il mercato è ritenuto la redditività netta
dell’investimento essa può essere aumentata (fermo restando i costi di realizzazione de-
gli immobili) in due modi: aumentando i canoni a regime fiscale invariato, oppure la-
sciando inalterati i canoni e riducendo il peso delle imposte. Con la cedolare secca si

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sceglie questa seconda strada: una riduzione dell’aliquota d’imposta può rendere di
nuovo disponibili per l’affitto tutti quegli alloggi che al precedente livello di tassazione
erano stati ritirati dal mercato.
Oltre a mettere nuovamente in circolazione il patrimonio esistente, la riduzione della
tassazione dei canoni produce i suoi effetti positivi anche nel medio e lungo periodo
rendendo elastica l’offerta di nuove case. Il meccanismo è quello classico descritto per il
funzionamento di un mercato concorrenziale: i rendimenti relativi tra diversi settori de-
terminano l’allocazione delle risorse tra impieghi alternativi. La riduzione delle imposte
sui canoni di locazione, con il conseguente aumento della redditività netta degli inve-
stimenti, spinge verso il mercato dell’edilizia residenziale nuovi capitali per la costru-
zione di nuove abitazioni destinate all’affitto. Se tali flussi persistono nel tempo e sono
sufficientemente consistenti, si avrà un incremento dell’offerta di alloggi tale che il suo
equilibrio con la domanda sarà raggiunto ad un livello dei canoni più basso di quello an-
te-riforma fiscale. È nella capacità di mettere in moto questa sequenza di riduzione delle
imposte sui canoni-maggiori rendimenti degli investimenti-attrazione di nuovi capitali-
aumento dell’offerta di case in affitto-riduzione dei canoni, che i suoi sostenitori vedono
la virtù della cedolare secca. La riduzione dei canoni sarà, però, temporanea, perché fin
qui abbiamo descritto il risultato prodotto solo dalla prima parte del meccanismo opera-
tivo di un mercato di concorrenza nel lungo periodo. La prosecuzione della descrizione
è quella classica che si legge in tutti i manuali di economia, adattata al prodotto specifi-
co. Se a seguito delle riduzione delle imposte, diminuiscono anche gli affitti, il rendi-
mento degli investimenti non crescerà, o crescerà meno di quanto sperato, rispetto al li-
vello al quale si era assestato con il precedente livello di tassazione; in conseguenza di
ciò non saranno calamitati nuovi capitali e quelli già investiti nel settore tenteranno di
migrare alla ricerca di impieghi più redditizi, l’offerta di abitazioni da affittare si con-
trarrà e i canoni risaliranno. In che misura e con che tempi tutto questo succederà dipen-
derà anche dalla dinamica della domanda di abitazioni in affitto, cioè dall’altra faccia
del mercato finora non considerata. Se l’andamento dei fattori che nel medio-lungo pe-
riodo la influenzano fanno crescere la domanda di case, gli effetti attesi
dall’introduzione della cedolare secca potrebbero risultare positivi solo per i soggetti
che investono nel settore, che vedrebbero accrescere il rendimento dei loro capitali, sen-

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za produrre alcun beneficio per gli inquilini, i quali potrebbero dovere continuare a pa-
gare gli stessi canoni di prima, se non, addirittura, lievitati.
Ancora più evidente è il contrasto tra i due principali obiettivi della cedolare secca nel
breve periodo. In questo caso una riduzione della tassazione determina un aumento dei
ricavi netti alla sola condizione che i canoni restino inalterati, oppure non si riducano in
misura tale da assorbire l’intero beneficio fiscale. Al momento dell’introduzione della
cedolare secca, una parte degli alloggi, verosimilmente la quota più rilevante del merca-
to, è già locata. In assenza di una norma che glielo imponga, i proprietari non hanno
motivo per trasferire sui loro inquilini una parte anche solo minima del vantaggio fisca-
le; essi incasseranno l’intero sconto fiscale fino alla naturale scadenza del contratto e so-
lo allora valuteranno se si è determinato un nuovo equilibrio tra la domanda e l’offerta
di alloggi in affitto tale da consigliarli o costringerli ad abbassare i canoni. I risvolti po-
sitivi sui canoni attesi dal cambio del regime fiscale con cui sono tassati, dovrebbero,
pertanto, manifestarsi soprattutto nel segmento del mercato della locazione formato da-
gli alloggi sfitti. Ma anche per i proprietari di questi alloggi diventa conveniente offrirli
solo se essi possono intascare il beneficio fiscale, con conseguente aumento del rendi-
mento del loro patrimonio immobiliare. Naturalmente, pure con riferimento a questa
parte del mercato fondamentale, ai fini degli effetti prodotti, è l'equilibrio che si deter-
mina tra domanda e offerta. Anche nel breve periodo, in definitiva, l’obiettivo
dell’impulso al settore dell’affitto che dovrebbe essere impresso dall’introduzione della
cedolare secca non è automatico produca anche l'atteso beneficio per gli inquilini.
La possibilità che la riduzione della tassazione possa rigenerare il mercato poggia anche su
altri presupposti e condizioni non necessariamente sempre ricorrenti. Questo effetto atteso è
influenzato in misura rilevante dalla struttura del mercato degli allogi in affitto; in particola-
re dalla sua struttura proprietaria e dalle finalità perseguite dai proprietari degli immobili.
Le variabili che influenza le decisioni sul suo utilizzo sono diverse e non operano allo stesso
modo per tutte le tipologie di proprietari. Questi ultimi possono essere raggruppati in due
grandi categorie: risparmiatori e operatori professionali. Il primo gruppo è costituito dalle
famiglie e soggetti fisici che nell’acquisto di un’abitazione, oltre quella in cui abitano, inve-
stono i loro risparmi per scopi diversi e non necessariamente economici; nel secondo sono
raggruppati tutti quei soggetti che realizzano investimenti sul mercato dell’affitto con finali-
tà commerciali, per svolgere un’attività economica.

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Per entrambe queste tipologie di proprietari, il rendimento dell'investimento gioca natu-
ralmente un ruolo rilevante, sebbene esso influenzi molto più le scelte degli operatori pro-
fessionali che quelle dei risparmiatori. Tuttavia, neanche per gli investitori professionali
può essere ritenuto l'unico fattore in base al quale assumono le loro decisioni di investi-
mento e di utilizzo del patrimonio. Prima ancora che il livello del rendimento
dell’investimento, a determinare le scelte dei proprietari, specialmente di quelli apparte-
nenti alla categoria dei risparmiatori (ma anche tra gli operatori professionali), è la certez-
za della continuità di poter incassare l’affitto per tutta la durata del contratto e di riotte-
nerne la disponibilità in caso di violazione dei patti contrattuale e altri aspetti relativi al
suo utilizzo. Tanto le decisioni di investimento quanto quelle relative all’utilizzo del pa-
trimonio esistente vengono prese, quindi, oltre che in base a valutazioni di carattere eco-
nomico anche, per esempio, considerando le garanzie che la legislazione offre a tutela dei
diritti connessi alla proprietà e le prassi giudiziarie con cui esse vengono fatte valere.
Norme legislative cavillose, regimi contrattuali incerti e procedure legali onerose, che
rendono difficile e lenta la possibilità di rientrare in possesso dell’immobile al momento
in cui il proprietario ne ha bisogno o anche in presenza di una perdurante morosità nel pa-
gamento dell’affitto da parte dell’inquilino, costituiscono un disincentivo alla locazione di
tale forza che una riduzione dell’imposta sul ricavo da canone non necessariamente riesce
a compensare o a farlo in misura sufficiente. Come è stato efficacemente sottolineato “le
locazioni sono frenate dalla giustizia più che dall’economia, ossia dall’incertezza e dai
tempi del recupero dell’immobile a fine locazione, più che dall’onere fiscale” (Muraro,
2010). Soprattutto i possessori di immobili che rientrano nella categoria dei risparmiatori,
a fronte del rischio di essere costretti a mettere in moto procedure che possono trascinarsi
per molto tempo per riavere la disponibilità dei loro appartamenti, possono preferire, non
di rado, non affittarli in modo da poterne disporre per soddisfare, anche in momenti rela-
tivamente lontani nel tempo futuro, esigenze delle proprie famiglia.
Né vanno sottovalutati anche altri fattori che incidono sui comportamenti dei proprietari de-
gli alloggi. Pregiudizi e discriminazioni di sesso, razza, etnia o anche solo di provenienza
geografica dei potenziali inquilini, possono assolvere un ruolo ben più rilevante della varia-
bile economica sulle decisione circa l’uso che si intende fare del proprio patrimonio sfitto
(relativamente all’emergere anche nel nostro paese di discriminazioni etniche nella scelta

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degli inquilini da parte dei proprietari degli alloggi si veda Baldini-Federici, 2011); soprat-
tutto per i proprietari che non affittano i loro alloggi per finalità economiche.
Quanto alle altre due motivazioni di ordine generale chiamate in causa a sostegno
dell’introduzione della cedolare secca (la lotta all’evasione fiscale e l’uniformità nella
tassazione delle rendite prodotte dai diversi tipi di investimento) si possono sintetica-
mente avanzare queste osservazioni.
La letteratura sull’evasione fiscale propone un ventaglio ampio di condizioni che la ren-
dono possibile e di cause che inducono i contribuenti a sottrarsi al pagamento delle im-
poste. Le indagini ed i riscontri empirici disponibili per verificare le diverse teorie evi-
denziano le problematicità di ognuna di esse, offrono elementi a loro conferma senza,
tuttavia, fornire sufficienti sostegni per attribuire ad una causa prevalente la frode messa
in atto dal contribuente in danno dell’erario. Gli studiosi della materia, nella ricerca del-
le ragioni che spiegherebbero l’evasione fiscale, distinguono anche tra le motivazioni
degli individui e quelle delle imprese. Una distinzione, questa, particolarmente rilevante
per il segmento del mercato degli immobili residenziali destinati alla locazione.
Sono svariati i fattori che si ritiene influenzino la propensione dei contribuenti
all’evasione. Alcuni sono di ordine politico-sociali: la volontà di segnalare la propria in-
soddisfazione per la quantità e la qualità dei servizi per la cui erogazione lo stato spende
l’introito fiscale; l’atteggiamento di condiscenda verso chi evade o quanto meno la
mancanza di stigma per tale comportamento. Una motivazione, poco adatta però a spie-
gare i comportamenti dei proprietari di abitazioni che sottraggono al fisco i canoni di lo-
cazione, vede nell’evasione fiscale una necessità per rendere competitive attività di pic-
cola e media dimensione, altrimenti costrette a cessare.
Accanto a questi vengono considerati anche altri elementi. Un ruolo rilevante è assegna-
to all’attività di contrasto svolta dall’amministrazione finanziaria e dai suoi corpi di po-
lizia: la probabilità di incorrere in un controllo è considerato un buon deterrente. Stret-
tamente connessa a questo fattore è l’entità delle sanzioni nell’ipotesi in cui il controllo
rilevi l’evasione. Entrambe queste motivazioni, non potevano essere addotte a sostegno
dell’introduzione della cedolare secca come strumento per far emergere gli affitti in ne-
ro: se assolvono un ruolo è a prescindere dal regime di tassazione.
Connessa alla cedolare secca è, invece, l’argomentazione relativa al livello di tassazione.
La riduzione delle imposte è ritenuta necessaria oltre che per combattere l’evasione anche

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per sostenere l’economia, secondo il modello macroeconomico della supply side eco-
nomy; gli assunti di quella teoria si applicano, naturalmente, anche al settore dell’edilizia
residenziale in locazione. A quella posizione teorica sono stati mossi rilievi relativamente
alle attese tanto sulla produzione quanto sull’evasione. Su quest’ultimo aspetto, la teoria
economica non offre certezze sugli effetti prodotti da una riduzione delle imposte. Per re-
stare alla cedolare, una riduzione dell’imposta facendo aumentare l’importo dei canoni
netti dovrebbe costituire, per i proprietari degli immobili, un fattore di dissuasione
dall’evasione. L’evasione comporta un’esposizione alla possibilità di essere scoperti, con
la conseguenza di doverne sopportare le conseguenze. Propensione al rischio e reddito di
un individuo si muovono, viene anche ipotizzato dalla teoria economica, in direzioni op-
poste. Allora, dato il canone, una riduzione dell’imposta, con conseguente aumento dei
loro redditi netti, renderebbe i proprietari più propensi a correre i rischi connessi
all’evasione fiscale, mentre un aumento delle aliquote rendendoli più poveri farebbe au-
mentare la loro avversione al rischio, spingendoli a pagare le tasse. In definitiva, poiché
dall’introduzione della cedolare secca ci si può attendere effetti contrastanti, i postulati te-
orici non danno certezza che ne deriverà una riduzione dell’evasione fiscale.
Infine resta da accennare all’obiettivo assegnato, dai suoi sostenitori, alla cedolare secca,
di concorrere ad un riequilibrio nella tassazione delle rendite derivanti da tipologie di in-
vestimenti differenti. In specifico viene fatto osservare che il livello di tassazione delle
rendite delle diverse forme di investimento finanziario è meno elevato di quello che colpi-
sce i ricavi degli investimenti immobiliari (per una recente panoramica della tassazione
dell’edilizia residenziale in Italia ed in Europa si rinvia a Panetta e altri, 2009). Lo scarto
che si registra tra il trattamento fiscale dell’investimento finanziario e quello immobiliare
è anche il riflesso di specifici orientamenti politici ed un diverso bilanciamento tra i due
non è auspicato da tutti nella stessa direzione: le proposte di riallineamento verso il basso
della tassazione del reddito prodotto dalle attività immobiliari convivono con le richieste
di un riallineamento verso l’alto delle imposte su cedole delle obbligazioni, dividendi sul-
le azioni e altre forme di rendimento da investimento finanziario. Tralasciando le implica-
zioni per l’erario della scelta in una direzione o nell’altra e trascurando anche le valuta-
zioni circa la preferenza sociale che può essere accordata all’una o all’altra forma di inve-
stimento, qui si vuole solo sottolineare la complessità di una comparazione tra regimi di

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tassazione di impieghi alternativi del risparmio e dei capitali, che deve considerare oltre a
questioni generali di “sistema” anche aspetti più di dettaglio tecnico relativi a tali regimi.
Il confronto tra la tassazione delle attività e della sua influenza sull’allocazione dei capi-
tali tra i diversi impieghi deve considerare, per esempio, non solo le imposte sulle rendi-
te ma anche quelle sul capitale, sulle transazioni, sulle plusvalenze. Oltre che dalle dif-
ferenze di aliquote sui redditi prodotti, la valutazione della convenienza fiscale di ogni
tipo di investimento deve essere svolta considerando la base imponibile in senso lato,
relativa all’intero ciclo di vita o di possesso del bene. Il fisco distingue non solo tra tipo-
logie di investimento ma, all’interno di una stessa tipologia, anche tra i soggetti titolari
dei beni; è il caso delle plusvalenze immobiliari, tassate differentemente a seconda che
ad incamerarle sia una persona fisica o un soggetto commerciale. Nella valutazione del
ruolo giocato dal fisco nella comparazione tra il rendimento di un investimento finanzia-
rio e di uno immobiliare, non va neanche trascurato il fatto che gli immobili registrano,
normalmente (o almeno così è stato finora) una rivalutazione in termini reali, mentre il
capitale investito in attività finanziarie non riesce, in genere, a rivalutarsi con
l’inflazione e perde, nel tempo, una parte del suo valore.

2. Le caratteristiche della nuova tassa
Nel nostro ordinamento fiscale la cedolare secca è stata introdotta dall’articolo 3 del decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23 Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale,
come “alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddi-
to fondiario ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche”; l’opzione può essere eser-
citata già a partire dal 2011. La nuova imposta è sostitutiva sia dell’Irpef, e delle relative
addizionali comunali e regionali, sia delle imposte e di registro e di bollo sul contratto di lo-
cazione e sulle sue risoluzioni e proroghe. Quella introdotta nel nostro paese è una cedolare
secca a due aliquote d’imposta: del 21% per i canoni di libero mercato e del 19% per quelli
concordati; sulle implicazioni di questa scelta si tornerà più avanti.
I proprietari degli immobili che optano per la cedolare secca, fruiscono della semplifi-
cazione dell’imposizione fiscale e di un risparmio d’imposta relativamente crescente
con i loro redditi. Nella tabella 1 sono sintetizzate le condizioni di tassazione dei pro-
venti da canoni con il regime Irpef e con la cedolare secca.

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L’aliquota della cedolare secca colpisce l’intero importo dell’affitto mentre in regime
ordinario è portata in deduzione del reddito imponibile una quota del 15% per i canoni
di libero mercato e del 40,1% per quelli concordati, con conseguente proporzionale ri-
duzione delle aliquote effettive applicate per i singoli scaglioni di reddito.
Nelle righe contrassegnate dalle lettere F), G) e H) e dalle lettere L), M) e N) della ta-
bella 1 sono riportate - rispettivamente per i canoni di libero mercato e per quelli con-
cordati - le percentuali, per ogni scaglione di reddito, dell’aliquota Irpef statale, regio-
nale e comunale, dell’imposta di registro a carico dei proprietari e dell'aliquota totale
(per semplificare i calcoli successivi non viene considerata l’imposta di bollo di 14,62
euro per ogni 4 pagine di contratto); per le addizionali Irpef regionali e comunali sono
stati assunti come valori medi rispettivamente lo 0,90% e lo 0,60%.
Nelle righe J) e Q) sono riportate le percentuali di riduzione della pressione fiscale nel
passaggio da un regime impositivo all’altro per i canoni delle due tipologie contrattuali1.
L’introduzione della cedolare secca produce un vantaggio per i proprietari degli alloggi
affittati a canone di mercato indipendentemente dal loro reddito, ma diventa particolar-
mente apprezzabile per quelli di essi con un reddito imponibile, al netto del ricavo da
canone, di almeno 28.000 euro. A partire da questa soglia di reddito, il nuovo sistema di
tassazione diventa conveniente anche per chi affitta a canone concordato. Gli effetti del-
la cedolare sono positivi soprattutto per i proprietari con i redditi più elevati: quelli col-
locati nello scaglione d’imposta in cima alla scala dei redditi possono quasi dimezzare
l’importo delle imposte da pagare, mentre sono più modesti per quelli posti nella parte
più bassa; per i sottoscrittori di contratti a canone concordato collocati nei primi due
scaglioni di reddito gli effetti sono addirittura negativi.
Un aspetto particolarmente rilevante della disciplina della cedolare secca attiene al suo
campo di applicazione. Essa può essere optata, in alternativa all’Irpef, dai proprietari di
immobili catastalmente classificati con destinazione abitativa. Il comma 6 dell’articolo

1
  Per il calcolo della riduzione della pressione fiscale è stata applicata questa espressione:
{[(AI+AR+AC)xD)/100]+IR}-CS
dove
AI = aliquota Irpef; AR = addizionale regionale Irpef; AC = addizionale comunale Irpef; D = Percentuale del canone imponibile al
netto delle deduzioni; IR = imposta di registro a carico del proprietario; CS = Aliquota cedolare secca
In qualche caso (D’Andrea 2011, pp. 26-28) nel valutare la convenienza per i proprietari ad applicare la cedolare secca vengono
proposti esempi di calcolo le detrazioni d’imposta per la produzione del reddito (quanto spettano) vengono calcolate su importi del
redditi imponibili al netto dei ricavi da canoni assoggettati all’imposta proporzionale. Questo metodo non è corretto, giacché il
comma 7 dell’articolo 3 del D. Lgs. 23/2001 stabilisce che “Quando le vigenti disposizioni fanno riferimento, per il riconoscimento
della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al pos-
sesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto anche del reddito assoggettato alla cedolare secca. Il predetto reddito rileva
anche ai fini dell'indicatore della situazione economica equivalente (I.S.E.E.) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109”.

                                                                                                                                    13
3 ne limita però l’applicazione “alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo ef-
fettuate nell’esercizio di un’attività d’impresa, arti e professioni”. In sostanza, il nuovo
regime fiscale si applica solo agli immobili locati di proprietà di persone fisiche, con
l’esclusione di quelli di proprietà di persone giuridica (imprese di costruzione, società
immobiliari).

Tabella 1. Confronto tra il regime di tassazione Irpef dei canoni e la cedolare secca
                                                                             Scaglioni di reddito
                                                                        da          da              da
                                                                        15.000,01 28.000,01         55.000,01
                                                       da 0 a           a           a               a          oltre
                      Imposta                          15.000,00        28.000,00 55.000,00         75.000,00 75.000
A) Aliquota Irpef                                              23,00         27,00         38,00         41,00   43,00
B) Percentuale dell'addizionale regionale Irpef                  0,90         0,90          0,90          0,90     0,90
C) Percentuale dell'addizionale comunale Irpef                   0,60         0,60          0,60          0,60     0,60
D) Totale Irpef                                                24,50         28,50         39,50         42,50   44,50
                                                     Canone Libero
E) Percentuale del canone imponibile al netto della
deduzione                                                      85,00         85,00        85,00          85,00   85,00
F) = D)xE)/100 Percentuale tassazione effettiva Ir-
pef                                                            20,83         24,23        33,58          36,13   37,83
G) Percentuale dell'imposta di registro a carico del
proprietario                                                     1,00         1,00         1,00           1,00    1,00
H) = F)+G) Percentuale totale imposta                          21,83         25,23        34,58          37,13   38,83
I) Aliquota della cedolare secca                               21,00         21,00        21,00          21,00   21,00
J)= H)-I) Percentuale del risparmio d'imposta                    0,82         4,23        13,58          16,13   17,83
                                                  Canone concordato
K) Percentuale del canone imponibile al netto della
deduzione                                                      59,50         59,50        59,50          59,50   59,50
L)=D)xK/100Percentuale tassazione effettiva Irpef              14,58         16,96        23,50          25,29   26,48
M) Percentuale dell'imposta di registro a carico del
proprietario                                                     0,70         0,70         0,70           0,70    0,70
N) = L)+M) Percentuale totale imposta                          15,28         17,66        24,20          25,99   27,18
P) Aliquota della cedolare secca                               19,00         19,00        19,00          19,00   19,00
Q)= N)-P) Percentuale del risparmio d'imposta                   -3,72        -1,34         5,20           6,99    8,18
Fonte: nostre elaborazioni

Sebbene, come risulta dalla tabella 2, il numero di abitazioni in locazione di proprietà di
persone giuridiche non risulti significativo, non di meno, l’averle escluse dalla possibili-
tà di avvalersi della cedolare secca, non sembra una scelta coerente con il principale ri-
sultato atteso da questa innovazione fiscale. Come si è cercato di argomentare più sopra,
sono i soggetti che assumono le proprie decisioni di investimento in base a valutazioni
di convenienza economica e finanziaria che, dalla riduzione della pressione fiscale sui
ricavi delle loro attività, potrebbero essere indotti ad un maggiore impiego di capitali

                                                                                                                   14
per accrescere l’offerta di abitazioni in affitto. Escluderli da questo vantaggio fiscale ri-
duce fortemente le probabilità di perseguire questo obiettivo.

3. Dimensione del mercato e conseguenze fiscali
Le conseguenze sulla finanza pubblica del nuovo sistema di tassazione sono difficili da
quantificare, sia perché esse dipendono dalle decisioni individuali di milioni di contri-
buenti sia anche per l’indisponibilità di banche dati con informazioni adeguate a tale va-
lutazione.
A causa delle scarsità di statistiche sul mercato dell’edilizia residenziale diviene problema-
tico anche delineare un quadro del segmento delle abitazioni in locazione potenzialmente
interessato all’applicazione della cedolare. Le informazioni più dettagliate su localizzazione,
caratteristiche costruttive e titoli di godimento del patrimonio abitativo, vengono rilevate
ogni 10 anni con i censimenti sulla popolazione e le abitazioni, i quali, però, non forniscono
molti dati sugli aspetti economici e finanziari ad esso relativi. Nell’intervallo tra un censi-
mento e l’altro, occorre affidarsi ai risultati di indagini campionarie, non aventi ad oggetto
specifico l’abitazione, per reperire notizie molto aggregate su poche variabili.
Per quelle rilevanti ai nostri fini, alcuni dati di riferimento possono essere ricavati
dall’indagine campionaria annualmente svolta dall’Istat sui consumi delle famiglie.
L’ultima, riferita al 2009, ha stimato che delle circa 24,6 milioni di famiglie nelle quali
si raccoglie la popolazione italiana, 4.218.825 vivono in un’abitazione in affitto
(4.148.210 nel 2008, mentre al censimento del 2001 le abitazioni in affitto occupate da
residenti risultarono 4.322.744): esse costituiscono circa il 17,2% del totale, una percen-
tuale sostanzialmente analoga a quella risultante dalla stessa indagine dell’anno prece-
dente, ma di oltre quattro punti percentuali al di sotto di quella rilevata, sempre per il
2008 dall’indagine campionaria sui bilanci delle famiglie realizzata con cadenza bienna-
le dalla Banca d’Italia, dalla quale, però, non si rileva, neppure indirettamente, il nume-
ro delle famiglie che vivono in affitto.
Delle famiglie che vivono in affitto, l’Istat fornisce anche la distribuzione percentuale
per tipologie di proprietari degli alloggi, dalla quale è stato possibile risalire al loro nu-
mero. Circa 3.100.000 famiglie vivono in un’abitazione di proprietà di un privato (al
censimento del 2001 le abitazioni in affitto in alloggi di proprietà di una persona fisica

                                                                                            15
erano 2.945.897). Questo è, dunque, l’ordine di grandezza del mercato potenziale delle
abitazioni in affitto interessato alla cedolare.

Tabella 2. Numero di famiglie italiane e numero di famiglie che vivono in affitto per categoria di proprietari
degli alloggi
                                                                    2008                       2009
                    Categorie di proprietari               Numero            %        Numero           %
Numero totale di famiglie                                      24.251.044                  24.596.913
Numero di famiglie che vivono in affitto                         4.148.210     17,1         4.218.825     17,2
- in alloggi di proprietà di:
- - Società privata                                                149.336      3,6           164.534      3,9
- - Ente pubblico                                                  833.790     20,1           801.577     19,0
- - Privato                                                      3.073.824     74,1         3.138.806     74,4
- - Altro                                                           91.261      2,2           113.908      2,7
Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat 2010

Le informazioni prodotte dall’Istat (che stima anche un valore medio del canone) non
sono sufficienti per formulare ipotesi per una valutazione degli effetti fiscali del nuovo
regime impositivo.
Per una stima con un buon grado di attendibilità della perdita di gettito si dovrebbe po-
ter disporre di una banca di microdati con le informazioni contenute nelle dichiarazioni
dei redditi dei proprietari degli immobili. Sono informazioni possedute dagli uffici
dell’amministrazione finanziaria, ma che non è noto se abbiano costituito la base stati-
stica per calcoli minuziosi finalizzati a valutare l’impatto fiscale della cedolare.
Da un paio di anni, tuttavia, l’Agenzia del Territorio in collaborazione con il Diparti-
mento delle Finanze del ministero dell’economia a finanze e con la Sogei, edita una
pubblicazione contenente alcuni dati sulla distribuzione del patrimonio e dei redditi dei
proprietari degli immobili, ovviamente in regola con il fisco; l’ultima pubblicazione ri-
porta informazioni riferite all’anno fiscale 2008 (Agenzia del Territorio, 2010).
Al momento di introdurre la cedolare secca, le sole valutazioni quantitative sulla ridu-
zione di gettito e sulla sua copertura sono state formulate dagli uffici governativi che
hanno redatto le relazioni tecniche delle diverse versioni del decreto legislativo oppure
dagli uffici studi dei due rami del parlamento, sulla base delle informazioni contenute in
quella pubblicazione dell'agenzia del territorio senza, tuttavia, alcuna annotazione me-
todologica sulle procedure seguite per giungere ai risultati.
Per quanto le informazioni riportate nel rapporto dell’agenzia del territorio siano scarne,
una loro elaborazione sulla base di ipotesi esplicitate offrono la possibilità di stimare la
perdita di gettito conseguente all’opzione a favore della cedolare secca da parte dei pro-

                                                                                                          16
prietari degli alloggi e di formulare una previsione sulle condizioni che devono determi-
narsi per recuperare quel gettito.
Relativamente alle sole situazioni per noi rilevanti, dall’incrocio tra i dati disponili
nell’anagrafe tributaria sui soggetti proprietari con quelli dell’archivio catastale sugli immobi-
li, è risultato che le abitazioni in affitto di proprietà di persone fisiche sono 2.729.162 (escluse
quelle di categoria catastale A10: uffici e studi privati); un numero inferiore a quello delle fa-
miglie che vivono in affitto stimato dall’Istat di quasi 350 mila unità, considerando i dati, e di
circa 410 mila se ci si riferisce al 2009. Questa differenza dà la dimensione dell’area potenzia-
le che la riduzione delle aliquote di tassazione dei canoni potrebbe far emergere.
L’agenzia del territorio fornisce la distribuzione percentuale per classi di reddito com-
plessivo del numro totale dei proprietari degli alloggi, dell’ammontare totale del canone,
al netto delle deduzioni, e di quello della rendita degli alloggi; per queste due ultime va-
riabili è riportato, per ogni classe di reddito, il valore medio (Tabella 3).

Tabella 3. Distribuzione percentuale per classi di reddito complessivo del numero di proprietari degli alloggi in
affitto, dell’ammontare del canone e rendita degli alloggi
                                                               Canone                        Rendita
 Classi di reddito com-       Distribuzione %      Distribuzione Medio annuo
         plessivo              dei proprietari     %              (euro)        Distribuzione %    Media (euro)
Fino a 10.000                               19,5             11,4         2.451               12,1            320
Da 10.000 a 26.000                          37,8             29,2         3.244               29,0            398
Da 26.000 a 55.000                          30,4             33,4         4.601               32,9            559
Da 55.000 a 75.000                             5,2            8,6         6.939                8,5            852
Oltre 75.000                                   7,1           17,4        10.276               17,4          1.265
Totale                                     100,0           100,0          4.195                100            517
Fonte: Agenzia del territorio, 2010

Dai dati della tabella 3 è stato possibile elaborare la tabella 4, che riporta i valori assolu-
ti delle tre variabili considerate.

Tabella 4. Numero di abitazioni locate, ammontare complessivo dei canoni e della rendita per classi
di reddito complessivo dei proprietari delle abitazioni

  Classi di reddito complessivo         Abitazioni           Canone (Ml di euro)        Rendita (Ml di euro)
Fino a 10.000                                    532.188                1.304,39                      170,30
Da 10.000 a 26.000                            1.031.625                 3.346,59                      410,59
Da 26.000 a 55.000                               829.667                3.817,30                      463,78
Da 55.000 a 75.000                               141.917                   984,76                     120,91
Oltre 75.000                                     193.771                1.991,19                      245,12
Totale                                        2.729.167                11.444,23                    1.410,70
Fonte: nostre elaborazioni su dati Agenzia del territorio, 2010

                                                                                                             17
L’ammontare del reddito da canone che ora viene sottoposto a Irpef è di circa 11,4 mi-
liardi di euro; una cifra di poco inferiore ai circa 12,8 miliardi di euro stimati dal servi-
zio studi del Senato elaborando un aggiornamento al 2011 delle informazioni contenute
nella stessa pubblicazione che stiamo qui utilizzando. Il valore medio dei canoni risulta
crescente con la classe di reddito del proprietario dell’alloggio. È verosimile ipotizzare
che la capacità di investimento di una persona fisica aumenti con il suo reddito e che,
conseguentemente, i proprietari degli alloggi affittati abbiano acquistato, passando dalle
classi di reddito più alte a quelle sottostanti, abitazioni via via più piccole e/o ubicate
nelle zone meno pregiate di città e paesi, e per le quali quindi, quindi, vengono pagati
canoni di importi via via più bassi. Ma a prescindere dalle sue cause è rilevante, per i
nostri fini, la relazione tra canone medio e reddito dei proprietari.
Le prime tre classi di reddito proposte nel volume citato non coincidono con i primi tre sca-
glioni di reddito definiti dal fisco per applicare l’Irpef. Per formulare una stima della ridu-
zione di gettito dovuta all’applicazione della cedolare occorre, però, disporre di una distri-
buzione delle variabili in base a quest’ultima ripartizione del reddito. Ad essa si è pervenuti
ipotizzando, in ognuna delle due classi di reddito 10.000-26.000 e 26.000-55.000 euro una
equi distribuzione del numero delle abitazioni, dell’importo complessivo del canone e di
quello della rendita. Sotto questa ipotesi, con il procedimento illustrato in nota2, si è perve-
nuti alla tabella 5 nella quale il numero complessivo delle abitazioni e l’ammontare com-
plessivo delle altre due variabili è stato ripartito per scaglioni di reddito Irpef.
Più della metà delle abitazioni è di proprietà di soggetti appartenenti ai primi due sca-
glioni di reddito, quelli nei quali chi vi appartiene non ha alcuno o scarsissimo interesse
ad avvalersi della cedolare secca. Un quinto dei proprietari è collocato nel primo sca-
glione ed oltre un terzo nel secondo (insieme assommano a circa il del 60%), mentre i
proprietari con un reddito superiore a 55 mila euro sono poco più del 12%. In termini
assoluti questi ultimi sono circa 335 mila; sommati agli 770 mila circa dello scaglione

2
  Il passaggio delle classi di reddito dell’agenzia agli scaglioni di reddito Irpef è avvenuto ridistribuendo i valori dei tre parametri
delle due classi di reddito 15.000-26.000 e 26.000-55.000 in misura proporzionale alla quota dell’intervallo di reddito di ogni classe
da ridurre o incrementare per definire gli scaglioni ai fini Irpef. Il modo in cui si è proceduto può essere illustrato con questo esem-
pio. Consideriamo lo scaglione di reddito Irpef 15.000-28.000 euro, che è a cavallo delle classi di reddito 10-26 e 26-55 mila euro.
La classe di reddito 10-26 mila euro (intervallo;16 mila) è stata suddivisa in due sottoclassi 10-15 euro (intervallo: 5 mila euro) e 10-
26 mila euro (intervallo: 11 mila euro). Le proporzioni di 5/16 e quella complementare di 11/16 mila sono state applicate per riparti-
re i valori complessi delle tre variabili dell’intervallo. I valori corrispondenti ai 5/16 del numero degli alloggi, e degli importi dei
canoni della classe di reddito 10-26 mila euro sono stati aggiunti ai rispettivi valori della classe di reddito fino a 10.000 euro, otte-
nendo così i valori dello scaglione di reddito fino a 15.000 euro. Per ottenere i valori dei parametri dello scaglione 15-28 mila euro,
ai valori corrispondenti agli 11/16 della classe di reddito 10-26 mila euro, sono stati aggiunti i valori corrispondenti a 2/29 della
classe di reddito 26-55 mila euro.

                                                                                                                                     18
centrale porta a 1,1 milioni circa la cifra complessiva del numero di proprietari che può
trarre un beneficio significativo dal nuovo regime di tassazione.

Tabella 5. Numero di abitazioni locate, ammontare dei canoni al netto delle deduzioni e della rendi-
ta per scaglioni di reddito Irpef dei proprietari delle abitazioni
                                                        Canone                    Rendita

                                             Complessivo        Medio anno Complessivo       Medio an-
   Scaglioni di reddito Irpef   Abitazioni (Ml di euro)         (euro)       (Ml di euro)    no (euro)
finoa15.000                          854.570          2.348,93         2.749          298,54         349
da15.000a28.000                      766.461          2.561,04         3.341          313,27         409
da28.000a55.000                      772.448          3.558,76         4.607          432,11         559
da55.000a75.000                      141.917            984,76         6.939          120,91         852
oltre75.000                          193.771          1.991,19       10.276           245,12       1.265
Totale                             2.729.167        11.444,23          4.193        1.410,70         517
Fonte: nostre elaborazioni su dati Agenzia del territorio, 2010

La distribuzione del canone, cioè della variabile rilevante ai fini fiscali per la stima della
perdita di gettito, attribuisce ai proprietari appartenenti agli ultimi due scaglioni di reddito
un quarto del suo importo complessivo e un terzo a quelli dello scaglione 28-55 mila euro. I
proprietari con più di 28.000 euro di reddito costituiscono meno del 40% del loro numero
complessivo, ma incassano quasi il 60% dell’ammontare complessivo dei canoni.
Per una stima degli effetti sul gettito fiscale della cedolare è stata elaborata, con la pro-
cedura descritta in nota3, la tabella 6 che riporta la distribuzione per scaglioni di reddito
del canone complessivo al lordo e al netto delle deduzioni per tipologie contrattuali.

Tabella 6. Importo del canone al netto e al loro delle deduzioni per regimi contrattuali
                            Canone al netto delle
                                  deduzioni                          Canone lordo
  Scaglioni di reddito Ir-                                                            Medio (in
            pef            Libero     Concordato Libero          Concordato Totale    Euro)
 finoa15.000                   2.213           136         2.603        229     2.832       3.314
 da15.000a28.000               2.413           148         2.838        250     3.088       4.029
 da28.000a55.000               3.352           206         3.944        347     4.291       5.555
 da55.000a75.000                 928            57         1.091         96     1.187       8.366
 oltre75.000                   1.876           115         2.207        194     2.401     12.390
 Totale                       10.781           664       12.683       1.115    13.798       5.056
Fonte: nostre elaborazioni su dati Agenzia del territorio, 2010

3
 Per ripartire, tra le due tipologie contrattuali, l’importo complessivo del canone al netto delle deduzione di ogni scaglione di reddi-
to, è stata applicata la proporzione che si ricava rapportando gli importi, al netto delle deduzioni, dei redditi da locazione derivanti
dai contratti a canone concordato (740 milioni di euro) e quelli dai contratti a canone libero (12.023 milioni di euro) riportati nella
relazione tecnica a corredo dello schema di decreto legislativo elaborata dall’ufficio legislativo-economia del Mif. Dividendo gli
importi così ottenuti per la percentuale di reddito imponibile per ognuna delle due tipologie di canone sono stati determinati gli im-
porti dei canoni lordi, necessari per calcolare il gettito della cedolare secca.

                                                                                                                                    19
Applicando agli importi dei canoni al netto delle deduzioni le aliquote dei singoli sca-
glioni di reddito, alle sole situazioni per le quali, dalla tabella 1, risulta conveniente ap-
plicare la cedolare secca è stato calcolato il gettito Irpef, sia statale sia comunale e re-
gionale, e dell’imposta di registro. L’Irpef statale ammonta a 3.773 milioni, il gettito
delle addizioni Irpef a 167 a quello dell’imposta di registro a 263 per un totale di 4.203
milioni di euro. Il gettito della cedolare secca è pari a 2.875 milioni. L’ammontare com-
plessivo della riduzione dell’introito fiscale di aggira sui 1.420 milioni di euro.

Tabella 7. Perdita di gettito fiscale conseguente all’introduzione della cedolare secca
                                                               Regime di Canone

       Scaglioni di reddito Irpef       Libero                  Concordato           totale
Fino a 15.000                                              -48                   0               -48
da15.000 a 28.000                                        -148                    0              -148
Da 28.000 a 55.000                                       -575                  -20              -595
Da 55.000 a 75.000                                       -187                   -7              -194
Oltre 75.000                                             -415                  -17              -433
Totale                                                 -1.373                  -45            -1.418
Fonte: nostre elaborazioni su dati Agenzia del territorio, 2010

Ciò che perde l’erario lo guadagnano, naturalmente, i proprietari degli immobili. Del
14% di questo rilevante importo beneficiano i locatori collocati negli scaglioni di reddi-
to fino a 28 mila euro, del 42% quelli dello scaglione di reddito centrale e del 14% e
30% rispettivamente i proprietari con redditi 55-75 mila euro e quelli che superano
quest’ultimo importo. Per essi, il risparmio d’imposta, rispetto all’Irpef, è relativamente
crescente salendo da uno scaglione di reddito al successivo: per gli ultimi due l’ordine
di grandezza è del 45%.
Affinché la cedolare secca risulti almeno neutra per le casse pubbliche è necessario che
la sua introduzione faccia emergere una massa di reddito imponibile sufficiente a pro-
durre un gettito dell’ordine di grandezza indicato. Dividendo la perdita di gettito in ogni
scaglione di reddito per l’aliquota del 21% è stato ottenuto l’importo complessivo della
massa imponibile che occorre fare emergere per recuperare il gettito (per semplificare
anche per la parte della perdita di gettito afferente al canone concordato è stata applicata
l’aliquota del 21%, sebbene ciò comporti una stima per difetto dell’imponibile occorren-

                                                                                                 20
te). La disponibilità del valore medio dei canoni, al lordo delle deduzioni Irpef, permette
anche di stimare il numero di nuovi contratti di locazione da fare emergere per rendere
indifferente sul piano fiscale l’introduzione della flat tax. I risultati sono riportati nella
tabella 8.

Tabella 8. Reddito imponibile e numero di contratti che devono “emergere” ai fini dell’indifferenza
fiscale della cedolare secca
                                              Incremento imponibile               Incremento contratti

                                                             Incremento %
                                                                 rispetto                      Incremento %
                                         Importo (Ml di    all’importo attua-                rispetto al nume-
       Scaglioni di reddito Irpef            euro)                  le          Numero           ro attuale
da 15.000 a 28.000                                226,23                 8,0        68.264                8,0
Da 15.000 a 28.000                                706,20                22,9       175.290               22,9
Da 28.000 a 55.000                              2.834,81                66,1       510.334               66,1
Da 55.000 a 75.000                                925,11                77,9       110.575               77,9
Oltre 75.000                                    2.060,22                85,8       166.284               85,8
Totale                                          6.752,58                48,9     1.030.747               37,8
Fonte: nostre elaborazioni su dati Agenzia del territorio, 2010

Per l’equilibrio fiscale la base imponibile dovrebbe crescere di oltre 6,7 miliardi, cioè
l’imponibile attuale dovrebbe aumentare del 50% (Montella-Mostacci, 2010, stimano
questa percentuale al 78%, mentre Trovati, 2010, elaborando gli stessi nostri dati
dell’Agenzia del territorio relativi a 83 città ha stimato che l’equilibrio fiscale richiede-
rebbe l’emersione del 60% dell’attuale sommerso). Un obiettivo non facile da raggiun-
gere, anche per l’elevatissimo numero di contratti di locazione al quale corrisponde: ol-
tre un milioni, mentre la stampa economica ha stimato in circa la metà il numero di con-
tratti in nero (Dell'Oste C.-Fossati S., 2009).
Se ipotizziamo che la distribuzione per scaglioni di reddito Irpef degli alloggi che devo-
no concorrere all’imponibile aggiuntivo sia la stessa di quella dei proprietari che già pa-
gano le imposte sui canoni, ne consegue che per raggiungere l’obiettivo il numero dei
contribuenti attuali con un reddito superiore ai 55.000 mila euro dovrebbe aumentare di
oltre l’80%, di due terzi dovrebbe aumentare il numero di contratti relativi agli alloggi
di proprietari con reddito 28-55 mila euro e del 22% circa per i locatori collocati nello
scaglione di reddito immediatamente più in basso.
La percezione più immediata di quanto potrà rivelarsi arduo il perseguimento
dell’obiettivo di un’applicazione della cedolare secca senza costi fiscali, la si ottiene ri-

                                                                                                          21
cordando la differenza tra il numero di famiglie che vive in affitto in alloggi di proprietà
di persone fisiche ed il numero di contratti di locazioni dichiarati al fisco: nell’ipotesi
più favorevole è di poco più di 400 mila, una cifra di poco superiore ad un terzo del
numero di contratti da far emergere. Ipotizzando che il nuovo regime di tassazione fac-
cia emergere tutti i contratti “in nero”, per non produrre una perdita del gettito fiscale la
cedolare secca dovrebbe determinare, quindi, un ampliamento del mercato dell’affitto
con un incremento dell’offerta di circa 700 mila alloggi, da affittare tutti con regolare
contratto.

4. Le sanzioni e penalità
La tesi che l’introduzione di questo nuovo regime sia di per sé in grado di contrastare
l’evasione fiscale sui redditi da locazione, oltre a trovare sostenitori nel mondo della po-
litica ha ricevuto anche autorevoli avalli dal mondo accademico. È stato sostenuto che
“se è vero che ci sarà una riduzione fiscale mirata ai contribuenti più ricchi è anche vero
che la riforma cerca di risolvere la vera iniquità fiscale: tra coloro che le imposte le pa-
gano e coloro che non le pagano” (Zingales, 2010); occorrerà attendere un congruo las-
so di tempo per verificare se questo risultato sarà conseguito. Il legislatore ha, tuttavia,
ritenuto di non potersi affidare alla sola riduzione delle tasse per recuperare le perdite di
gettito che accompagnano l’introduzione della cedolare.
Per dissuadere i proprietari che hanno evaso il fisco finora dal continuare a non pagare
niente piuttosto che poco, sono state inasprite le sanzioni già previste dalla normativa
fiscale e, soprattutto, è stata introdotta la fondamentale innovazione del contrasto di in-
teressi tra proprietario e inquilino.
Il quinto comma dell’articolo 3 della norma che disciplina la cedolare secca ha raddop-
piato le sanzioni amministrative previste, dai commi 1 e 2 dell’articolo 1 del decreto le-
gislativo 471/1997 (che disciplina le sanzioni tributarie non penali in materia di imposte
dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi), quando nella dichia-
razione dei redditi non viene indicato, o viene indicato in misura inferiore a quella effet-
tivo, l’importo dei canoni. Nel primo caso la sanzione oscilla tra il 240% ed il 480%
dell’importo dell’imposta evasa; nel secondo dal 200% al 400%. Il comma citato
dell’articolo 3 del decreto legislativo 23/2011 esclude l’applicazione del comma 3
dell’articolo 2 del d. lgs. 218/1997, il quale prevede che, nel caso di accertamento defi-

                                                                                          22
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