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Le idee di Expo verso la Carta di Milano, Report tavolo tematico 20 Un incrocio di culture: le comunità straniere ad Expo Milano 2015 Contributo n° 47
LE IDEE DI EXPO 2015 – VERSO LA CARTA DI MILANO Milano, 7 febbraio 2015 TAVOLO N° __ Tavolo di Lavoro: Un incrocio di culture: Le comunità straniere 20__ ad Expo Milano 2015 Coordinatore: Khalid Chaouki, deputato Rapporteur: Manuela Tassan, antropologa, assegnista di ricerca “Bicocca for Expo” Partecipanti al Tavolo: 1. Otto Bitjoka, presidente Fondazione Ethnoland. 2. Carlo Brusa, Ordinario di Geografia, Università del Piemonte Orientale, Direttore Ambiente Società Territorio. 3. Enrico Di Pasquale, ricercatore, Fondazione Leone Messa. Studi e ricerche sull’economia dell’immigrazione. 4. Alessandro Aleotti, Direttore del think tank Milania. 5. Abderrahmane Amajou, Slow Food International (area Nord Africa e immigrati in Italia). 6. Caterina Sarfatti, Project Manager/Policy Advisor, International Affairs Dpt., Gabinetto Sindaco di Milano. 7. Ruggero Gabbai, Consigliere Comunale Partito Democratico (Milano) 8. Kurosh Danesh, Dipartimento Immigrazione CGIL nazionale. 9. Giuseppe Polistena, preside del Liceo Linguistico Manzoni (Milano). 10. Cléophas Adrien Dioma, Direttore artistico, Associazione Le Réseau (PR). 11. Gerarta Zheji Ballo, console, Ambasciata della Repubblica di Albania.
12. Giovanni Lattanzi, Presidente COCIS (Coordinamento delle Organizzazioni Non Governative per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo). 13. Paola Santeramo, Direttore Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) 14. Seble Woldeghiorgis, membro dello staff dell’Assessorato Politiche Sociali e Culture della Salute, Comune di Milano. 15. Domenico Petrolo, Presidente NED-Network for Economic Diplomacy. SESSIONE MATTUTINA Verbale narrativo della discussione del mattino (massimo 2.000 caratteri, spazi inclusi) La discussione si è sviluppata attorno a quattro temi chiave. In primo luogo, i presenti esprimono la loro perplessità in merito all’uso del termine “stranieri” per indicare i “migranti” poiché spesso si tratta di soggetti ormai da lungo tempo in Italia o di seconde generazioni. Viene quindi auspicata una “normalizzazione” del fenomeno “migrazione”, in quanto parte integrante della realtà milanese e italiana. In secondo luogo, viene sottolineato il fatto che Expo implicherà la necessità di confrontarsi con i “veri stranieri”, ovvero i visitatori dell’evento. Questa sfida assume un significato particolare per i “nuovi italiani” che potrebbero diventare delle figure di mediazione per costruire o consolidare dei legami stabili e duraturi con i paesi invitati di cui sono originari. Questi soggetti possono essere, da una parte, i custodi e gli ambasciatori del made in Italy nel mondo. Dall’altra, possono contribuire a favorire iniziative di co- sviluppo e imprenditorialità nei paesi cosiddetti “emergenti”. In terzo luogo, viene evidenziato il ruolo che l’imprenditoria migrante già riveste, in Italia, nella generazione di co-valore economico. In contrapposizione allo stereotipo che vuole gli stranieri impiegati solo in mansioni di bassa manovalanza agricola, esistono ormai nuove nicchie occupazionali di alto livello in cui la presenza dei migranti è decisiva. Nonostante ciò, è necessario non dimenticare le forme, tuttora esistenti, di sfruttamento dei braccianti agricoli migranti che richiedono azioni urgenti e incisive per la tutela dei diritti e del lavoro. Infine, gli sforzi si dovrebbero concentrare sull’educazione e sulla ricerca in campo sociale e culturale. Da una parte, è necessario allargare gli orizzonti dei cittadini, sin dall’età scolare. Dall’altra, si impone un’attenta e costante analisi delle trasformazioni in corso nel rapporto tra soggetti migranti e territori che passano anche attraverso il cambiamento delle abitudini alimentari e delle forme di commensalità. Elenco delle parole chiave/concetti raccolti e loro descrizione sintetica: 1. “Nuovi italiani” Proposta alternativa rispetto all’etichetta “comunità straniere” che comunica due idee fuorvianti: 1. “Comunità” rimanda a piccoli gruppi omogenei, compatti, coesi, dotati di confini ben definiti e privi di conflittualità interne per il solo fatto di provenire da uno stesso luogo. In realtà ci sono individui con personali traiettorie di vita; 2. Il termine “straniero” non ha senso se stiamo parlando di persone insediate in Italia da lungo tempo o di seconde generazioni. 2. Identità ibride e multiculturalità I “nuovi italiani” ibridano la cultura di provenienza con quella del paese di accoglienza. La cultura non è monolitica e non soggetta ai cambiamenti. Non si può ragionare nella semplice logica
dell’assimilazione o del mantenimento di una specificità culturale staccata dal contesto di accoglienza. La multiculturalità va allora intesa non come mosaico di culture non comunicanti tra loro, ma come questione aperta relativa all’inclusione sociale, alla cittadinanza e al radicamento sul territorio dei migranti e delle seconde generazioni. 3. Sinergie Concetto usato con diverse accezioni nel corso della discussione: 1. Trovare nuove sinergie tra “nuovi italiani” e “autoctoni” in campo imprenditoriale; 2. Costruire sinergie tra luoghi: tra la città e il sito di Expo, in modo che non rimangano due universi separati, ma anche tra la Lombardia e le altre regioni italiane; 3. Favorire sinergie tra paesi partecipanti e i “nuovi italiani” che provengono da tali paesi; 4. Creare sinergie tra istituzioni a diverso livello territoriale, riducendo la frammentarietà dei progetti sia nel campo del co-sviluppo che dell’imprenditorialità. Questi processi devono essere di interazione e integrazione. 4. Partecipazione e corresponsabilità La partecipazione non può essere solo ex-post. Le cosiddette “comunità straniere” vanno coinvolte sin dalle fasi progettuali per definire insieme i percorsi che si intendono intraprendere in qualsiasi campo. L’ottica dev’essere quella di costruire insieme e non quella di far sì che diano un semplice avvallo a decisioni prese da altri. D’altro canto, in questo processo i migranti e gli “italiani” devono assumersi insieme la responsabilità di prendere posizione e “metterci la faccia”. 5. Diritti e cittadinanza Non si può dimenticare la condizione di sfruttamento e semi-schiavismo in cui versano tanti braccianti agricoli migranti, soprattutto nel Sud Italia. Non si può parlare di nutrire il pianeta senza impegnarsi concretamente per tutelare la qualità del lavoro di questi soggetti e per garantire loro i diritti di cittadinanza. 6. Internazionalizzazione e autocoscienza L’Italia deve fare un grande sforzo per sprovincializzarsi e puntare a una vera internazionalizzazione. Nelle scuole è necessario dedicare più spazio allo studio delle culture e delle geografie di altri paesi. Nel mondo imprenditoriale bisogna decostruire alcuni stereotipi (per es. di arretratezza) su altri paesi (vedi Africa). Si tratta di acquisire autocoscienza teorica rispetto ai grandi processi di cambiamento globale in atto. Descrizione delle case history segnalate: 1. CASE HISTORY: Da bracciante migrante sfruttato a imprenditore nel settore alimentare di qualità Suleman Diara, ragazzo che arriva dal Mali, in pochissimo tempo è riuscito ad emanciparsi dalla condizione di bracciante agricolo e a divenire un piccolo imprenditore a Roma. Partendo dal suo sapere agricolo pregresso – proviene da una famiglia contadina – ha provato a creare un prodotto genuino e di qualità. Con pochi litri di latte ha iniziato a vendere yogurt biologico a domicilio. Col passare delle settimane, è riuscito ad aumentare la quantità di latte. Ora ha 5/6 persone che lavorano con lui nella produzione e la consegna viene effettuata in bicicletta per non inquinare l'ambiente. Qualche mese fa è riuscito a vincere un bando regionale (Lazio) per avere un sostegno finanziario per comperare l'attrezzatura da lavoro per circa 20.000 euro, di cui il 20% cofinanziato da lui. La sua storia è un esempio positivo sia per la ripresa economica che per l’integrazione. 2. CASE HISTORY: Ristorante rom-napoletano a Scampia (Napoli) A partire da una collaborazione tra donne rom e italiane è nato il primo ristorante “rom-napoletano”, dove vengono cucinati e serviti piatti che richiamano e ibridano le due diverse tradizioni gastronomiche. Si tratta di una novità nel panorama italiano. Propongono inoltre un servizio di Catering in giro per l'Italia. Il progetto è stato sostenuto anche dalla “Fondazione con il Sud” con
l’intento di garantire un sostegno economico che permetta una graduale uscita dai campi in vista di una diversa soluzione abitativa. 3. CASE HISTORY: Progetto “Nutrire la città che cambia” (CIA – Confederazione Italiana Agricoltura) Il progetto prevede l’inserimento nella produzione agricola locale di colture che fanno parte delle tradizioni alimentari di Asia, Africa e America Centro-Meridionale. Partendo dalla consapevolezza che non c’è nulla di autoctono in Europa (pomodori, riso, ecc.), questo progetto risponde alla crescente domanda di prodotti freschi e di qualità proveniente tradizioni agronomiche diverse. Spesso si tratta di cibi con caratteristiche “salutiste” come ad es. la quinoa e l’amaranto. Il progetto pone l’accento sulla possibilità di differenziare la produzione agricola per rispondere alle richieste alimentari di una popolazione in costante cambiamento e ha visto un coinvolgimento diretto e attivo di agricoltori di origine straniera. 4. CASE HISTORY: Percorsi educativi in vista di Expo nel liceo linguistico Manzoni di Milano I ragazzi vengono coinvolti in percorsi di approfondimento sui paesi invitati ad Expo anche con l’ausilio di giochi di ruolo come nel caso della simulazione di una seduta delle Nazioni Unite. I ragazzi più grandi si incaricano inoltre di fare da guide per Expo per i ragazzi più piccoli, occupandosi di approfondire le specificità dei diversi paesi coinvolti nell’evento. Questo progetto parte dall’idea che la sprovincializzazione e l’internazionalizzazione di un paese si realizzi anche attraverso un lavoro rivolto alla formazione delle giovani generazioni che devono imparare a conoscere la diversità culturale, allargando i loro orizzonti di riferimento, spesso molto ristretti. 5. CASE HISTORY: L’aumento esponenziale di aborti a Vittoria (Sicilia) Questo caso studio deve servire da monito per ricordare le forme di sfruttamento e di discriminazione che si consumano nel settore agro-alimentare, spesso nell’indifferenza dei media, invitando ad un impegno più deciso per tutelare i diritti della persona e il lavoro. A Vittoria, in Sicilia, si è registrato un aumento esponenziale di aborti riconducibile a forme di violenza e assoggettamento non più solo economico, ma anche sessuale, da parte dei datori di lavoro sulle donne migranti. SESSIONE POMERIDIANA Verbale narrativo della discussione del pomeriggio (tenersi intorno a massimo 2.000 caratteri, spazi inclusi) Nella discussione pomeridiana si riparte dalle difficoltà che Expo ha messo in luce, soprattutto rispetto al tema della mancanza di sinergie tra diversi attori. In generale, si ritiene che le istituzioni dovrebbero avere un ruolo più incisivo nel predisporre strumenti atti a facilitare la costruzione di reti tra soggetti e la circolazione di informazioni, oltre ad impegnarsi sul fronte governativo per un costante rafforzamento dei rapporti con i paesi emergenti. In relazione a quest’ultimo aspetto, si potrebbe valorizzare il know- how dei migranti presenti nel nostro paese. Le imprese, le associazioni e le stesse istituzioni pubbliche, nei loro diversi livelli territoriali (Comuni, Regioni, Stato), dovrebbero essere messe in condizione di fare sistema in modo da evitare la costante tendenza a duplicare o sovrapporre gli interventi sui territori sia quando si tratta di co-sviluppo che di iniziative imprenditoriali. Expo ha evidenziato non solo la fragilità di alcune regioni italiane, sottorappresentate o assenti dall’evento, ma anche di alcuni paesi stranieri più deboli che a volte mancano di un supporto istituzionale adeguato per comprendere come muoversi in queste grandi manifestazioni. In generale, viene sottolineato il fatto che eventi come Expo dovrebbero diventare un’occasione per valorizzare l’esistente creando, al tempo stesso, nuove connessioni che potranno essere sfruttate anche in seguito. Più che promuovere le realtà “mainstream”, tali occasioni internazionali dovrebbero diventare il collettore di esperienze più piccole, ma decisive per il tessuto sociale e produttivo italiano. L’ultima nota critica viene mossa all’immagine un po’ edulcorata del mondo agricolo che si ricava da Expo. La visibilità del piccolo contadino diventa fondamentale affinché Expo svolga anche un ruolo educativo, accrescendo la consapevolezza su cosa sia realmente la terra e quale sia il lavoro necessario a
preservarne la fertilità. Elenco degli impegni-raccomandazioni emersi nella discussione (laddove possibile divisi per i cluster di riferimento della Carta – 1.cittadini, 2. associazioni, 3.imprese, 4.istituzioni) 1. Cittadini - I cittadini dovrebbero assumere consapevolezza in merito al fatto che i cosiddetti “stranieri” sono ormai “nuovi italiani” e che, insieme a loro, condividiamo tutti una cultura ibridata. - Si potrebbero invitare i cittadini a ripensare le feste locali più legate al territorio valorizzando la presenza e l’apporto dei migranti che vi risiedono, magari proprio lasciando spazio anche alle loro tradizioni gastronomiche. 2. Associazioni - Impegnarsi a fare rete per evitare duplicazioni e sovrapposizioni di iniziative. 3. Imprese - Un segmento di mercato agroalimentare che meriterebbe di essere esplorato è quello relativo alle varietà agricole di prodotti stranieri che potrebbero essere destinati sia ai migranti sia a coloro che ricercano un cibo salutista. - L’imprenditoria migrante dovrebbe sfruttare molto di più i canali di comunicazione con i paesi di origine o rivitalizzarli qualora si siano affievoliti col tempo. - Nel contesto di Expo, sarebbe molto importante che le imprese italiane rendessero visibili le presenze straniere che hanno contribuito alla realizzazione del prodotto Made in Italy di qualità: ad es. il Parmigiano presentato da un sikh insieme a contadino emiliano. 4. Istituzioni La scuola. - La scuola può giocare un ruolo essenziale nella sprovincializzazione del paese: si dovrebbero organizzare momenti di formazione sui paesi invitati a Expo a cui far seguire la visita dei relativi padiglioni o stand. In questo modo Expo diverrebbe un’occasione anche per far conoscere le realtà da cui provengono i ragazzi stranieri o di origine straniera che risiedono nel territorio italiano. - Le mense scolastiche potrebbero diventare un luogo in cui sperimentare le tradizioni gastronomiche di altri paesi, avvicinandosi a gusti e sapori nuovi. L’inevitabile confronto con le proibizioni alimentari imposte dalle religioni diverrebbe anche un modo per approfondire la conoscenza di queste ultime. Si potrebbero inoltre organizzare laboratori sulle cucine di altri paesi in cui coinvolgere attivamente gli studenti nella preparazione dei cibi. Istituzioni governative. - Creare, all’interno di Expo, occasioni di interazione tra le comunità straniere già presenti in Italia e i paesi ospiti. In particolare, Expo potrebbe essere usata per favorire la ricostituzione di un contatto tra i migranti e le ambasciate dei loro paesi d’origine in vista di collaborazioni future sia nel campo del co- sviluppo che dell’imprenditoria. - Fare in modo che Expo diventi una vetrina di best practices in campo agroalimentare raccolte su tutto il territorio italiano. Expo deve diventare un’occasione di visibilità per tutte le regioni e non solo per Milano e la Lombardia. - Creare una guida Expo di Milano con ambasciate, luoghi di culto e tutte le informazioni necessarie per i visitatori stranieri. - Mappare le attività imprenditoriali dei migranti che mantengono rapporti con i loro paesi d’origine. Creando
un database di questo tipo, si potrebbe favorire la creazione di sinergie tra soggetti. Potrebbe inoltre diventare una risorsa per le stesse istituzioni che potrebbero usare tale database per diffondere informazioni relative a progetti e bandi. - Impegnare le istituzioni governative a creare delle piattaforme in cui confluiscano le iniziative in corso in diversi settori, sia nel campo dell’imprenditoria che della cooperazione, nell’ottica di favorire la creazione di sinergie e superare la frammentazione. Si tratta di uno strumento di cui dovrebbero dotarsi anche le istituzioni pubbliche che spesso duplicano le loro iniziative nei diversi livelli territoriali (nazionale, regionale e comunale). - Creare un premio per imprenditori che hanno saputo valorizzare il legame con i loro paesi d’origine. Sarebbe un modo per dare visibilità a singoli soggetti, ma anche per favorire i contatti. - Nei primi mesi di Expo si potrebbe fare una campagna di comunicazione con i volti degli imprenditori stranieri che hanno un’attività di successo in Italia mostrando non solo il peso che hanno nella nostra economia, ma anche il fatto che si sono assunti la responsabilità di “metterci la faccia”. - I partecipanti al tavolo ritengono che il confronto delle istituzioni con i paesi emergenti sia la chiave del futuro: Expo dovrebbe essere l’occasione per far capire che queste realtà offrono molte opportunità imprenditoriali. - Viene infine sollecitata un’attenzione maggiore verso le piccole realtà produttive. Indicazione di eventi, iniziative, progetti, documenti segnalati durante i lavori del tavolo - Forum Città Mondo come occasione di incontro con le “comunità straniere” milanesi - Conferenza “Te lo do io il made in Italy” sul contributo dei migranti all’economia del made in Italy - Salone del Gusto Slow Food 2014 (citato per il reale coinvolgimento di realtà straniere sin dalla fase organizzativa e non ex-post) - Nuova legge italiana sulla cooperazione internazionale: può trovare in Expo spunti importanti per la sua implementazione - Documento europeo di programmazione economica come frame entro cui operare. SINTESI COMPLESSIVA dei lavori della giornata - max.2000 caratteri spazi inclusi L’incontro ha evidenziato la necessità di decostruire gli stereotipi che informano il consueto modo di concepire la presenza di migranti nel nostro paese e di immaginare i loro paesi di provenienza. Uscendo da una prospettiva emergenziale, dovremmo, da una parte, riconoscere l’effettivo radicamento di questi soggetti in Italia e il loro contributo all’economia italiana, soprattutto nel settore agro-alimentare. In questo ambito, in particolare, sono sempre più numerose le nicchie produttive di alto livello che vedono impegnati imprenditori migranti. D’altra parte, solo la decostruzione degli stereotipi di arretratezza e immobilismo che ancora condizionano il nostro sguardo sui paesi “emergenti” – e sull’Africa in particolare – permetterà di cogliere anche le opportunità imprenditoriali che queste realtà offrono. In questo processo, i “nuovi italiani” potrebbero svolgere un ruolo di mediazione fondamentale, facilitando la costruzione di nuove reti e diventando custodi e ambasciatori del made in Italy nel mondo. Affinché ciò avvenga, è necessario che i migranti siano messi in condizione di costruire o ricostruire un rapporto con le realtà istituzionali dei loro paesi d’origine, in primis con le ambasciate. Il riconoscimento di attività d’eccellenza in campo agroalimentare gestite da migranti non deve far dimenticare che il 70% della manodopera agricola del nostro paese è straniera e presenta sacche di profondo sfruttamento che talvolta si traducono in forme di semi-schiavitù. È necessario dunque sollecitare un impegno generale della società verso la tutela dei diritti e del lavoro, avviando al tempo stesso una riflessione profonda su temi come l’esclusione sociale e la cittadinanza. In questo contesto, diventa essenziale concentrarsi sulla ricerca e la formazione in modo da porre le premesse per far uscire il paese dal provincialismo che ancora lo caratterizza e avviare un’internazionalizzazione non solo economica, ma anche culturale.
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