Un impatto cosmico provocò il raffreddamento di 13.000 anni fa

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Un impatto cosmico provocò il raffreddamento di 13.000 anni fa
YOUNGER DRIAS: UN IMPATTO DI UN METEORITE
CHE HA CAMBIATO LA STORIA!

   Un impatto cosmico provocò
   il raffreddamento di 13.000
             anni fa
    Il temporaneo, forte raffreddamento del
  clima che ebbe inizio circa 13.000 anni fa
     e si protrasse per circa 1300 anni fu
       verosimilmente legato a un impatto
       cosmico. Ad affermarlo è un gruppo
  internazionale di ricercatori che firma un
   articolo sui “Proceedings of the National
              Academy of Science”.

      Il periodo di improvviso e drastico
   cambiamento climatico che interessò solo
Un impatto cosmico provocò il raffreddamento di 13.000 anni fa
l’emisfero settentrionale – ed è noto come
Dryas recente – ha sempre suscitato grande
  interesse perché a esso è stata imputata
  l’estinzione della megafauna che fino ad
 allora popolava l’emisfero boreale e/o la
      scomparsa della cultura di Clovis,
     costituita da alcuni dei primissimi
     abitatori del continente americano.

   La causa del raffreddamento del Dryas
    recente è comunque ancora oggetto di
  discussione, e all’ipotesi che alla sua
 origine vi sia stato un impatto cosmico,
sono state contrapposte cause differenti,
per esempio un’alterazione delle correnti
marine del Nord Atlantico dovute ad altri
                  fattori.

        Mappa dei siti analizzati.
         (Cortesia J.P. Kennett et
Un impatto cosmico provocò il raffreddamento di 13.000 anni fa
al./PNAS)

       James P. Kennett e colleghi hanno
 analizzato le sequenze sedimentarie in 23
    siti del Nord e Centro America, della
    parte settentrionale del Sud America,
dell’Europa e del Medio Oriente. In queste
     sequenze i ricercatori hanno trovato
 sistematicamente strati sottili nei quali
  erano presenti sferule di vetro dovute a
       fusione ad altissima temperatura,
nanodiamanti, microgranuli di platino e di
 osmio e una serie di altre sostanze tutte
  correlabili agli effetti di uno shock da
                    impatto

Le elaborazioni statistiche dei dati hanno
 poi stabilito, con una probabilità del 95
  per cento, che quegli strati sono tutti
   coevi e risalgono a un lasso di tempo
 compreso fra i 12.835 e 12.735 anni fa. I
ricercatori hanno anche confrontato questi
 dati con quelli ottenuti da carotaggi nei
       ghiacci della Groenlandia, che
 testimoniano anch’essi una deposizione di
 platino di origine extraterrestre proprio
              in quel periodo.
Un impatto cosmico provocò il raffreddamento di 13.000 anni fa
La rarità e peculiarità delle
     caratteristiche rilevate in questi strati
      sincroni, osservano Kennett e colleghi,
      depone fortemente a favore dell’ipotesi
       che il cambiamento climatico del Dryas
     recente sia stato innescato proprio da un
                   evento cosmico.

                                            Fonte: Le Scienze

Probabilmente, come spesso accade, la verità sta nel mezzo. Ovvero un
tremendo impatto meteoritico che ha provocato la fusione della calotta
glaciale artica e conseguente raffreddamento climatico… sia a causa dei
detriti sparsi in atmosfera, sia a causa dell’enorme quantità di acqua
dolce riversatasi nell’Oceano Atlantico che ha poi provocato il blocco
della circolazione oceanica.
Un impatto cosmico provocò il raffreddamento di 13.000 anni fa
L’impatto di un oggetto proveniente dallo
       spazio esterno su una superficie
      planetaria, evento che porta alla
formazione di un cratere, è solitamente un
  fenomeno estremamente rapido e si svolge
     completamente in tempi che vanno da
 frazioni di secondo a pochi minuti. Nella
   necessità di dover descrivere il meglio
possibile un fenomeno dal decorso talmente
     veloce, si è soliti ricorrere ad un
    artificio, una sorta di scomposizione
        degli eventi fatta a tavolino,
identificando e separando nella genesi del
cratere d’impatto varie fasi

                   Compressione
       Durante la prima fase, la meteorite
       colpisce la superficie planetaria e
   s’innesca un sistema di onde d’urto che
        trasferiscono energia cinetica (è,
   infatti, questa l’origine del contenuto
       energetico associato ad ogni evento
     impattivo) non solo dal proiettile al
     bersaglio, ma anche all’interno dello
             stesso corpo impattante.
  La pressione che si viene a generare nel
   momento dell’impatto è elevatissima: si
 calcola, infatti, che nella formazione di
un tipico cratere di 10 km a seguito di un
    urto con un oggetto dotato di velocità
 entro valori standard (dell’ordine, cioè,
      di 15 km/sec) si possono raggiungere
 picchi di 5000-10000 kbar (500-1000 Gpa).
 Questo significa che diventa molto più di
     una ragionevole ipotesi il pensare al
   violento sgretolarsi del meteorite (una
     vera e propria esplosione) e la quasi
istantanea sua vaporizzazione, destino che
necessariamente deve coinvolgere parte del
materiale superficiale planetario presente
nella zona dell’impatto (figura A).

   L’oggetto proveniente dallo spazio è
     riuscito ad eludere la protezione
      offerta dall’atmosfera e sta per
       concludere il suo viaggio sulla
 superficie. L’indicazione della traccia
  dell’oggetto (1) vuole schematizzare i
    possibili effetti luminosi e sonori
 associati all’avvicinamento e collegati
al meccanismo di ablazione. É possibile,
  inoltre, la presenza di una prima onda
       d’urto (2) dovuta alla violenta
    compressione dell’aria che il corpo
         incontra nella sua discesa.
Escavazione
    Le onde d’urto generate dall’evento si
   propagano nel terreno (la loro velocità
   iniziale è di circa 10 km/sec) e questa
 compressione (associata all’espulsione di
 materiali dal luogo dell’impatto) origina
      la cosiddetta “cavità transiente”,
  l’enorme voragine iniziale destinata, in
seguito, a trasformarsi nel cratere vero e
              proprio (figura B).
  Il cratere, pertanto, (tranne il caso di
  cadute meteoritiche caratterizzate da un
   più basso livello energetico) non è mai
  identificabile come un fenomeno di scavo
  meccanico originato da un oggetto solido
(il meteorite) che, per così dire, si apre
 la strada all’interno di un altro oggetto
   (la superficie planetaria), cercando di
 mantenere la direzione originaria del suo
 moto; si tratta, invece, del trasformarsi
   istantaneo in una regione limitatissima
  d’enormi quantitativi d’energia cinetica
        in energia meccanica e termica.
     Dal punto di vista fisico l’evento è
    paragonabile a ciò che accade nel caso
       dell’esplosione di una bomba: le
 differenze risiedono fondamentalmente nel
   quantitativo di energia coinvolta e nel
 tipo di energia iniziale, cinetica quella
della meteorite, chimica quella del TNT (o
 altro esplosivo) che origina lo scoppio.
  Una fondamentale conseguenza suggerita
 direttamente da tale paragone è che, nel
caso di un impatto astronomico come quelli
    che stiamo considerando, diventano
  completamente irrilevanti sia la forma
    dell’impattore che la direzione di
 provenienza del suo moto ed il risultato
 che si ottiene è in ogni caso un cratere
circolare (che è quanto si può comunemente
                osservare).

  Il proiettile è ormai esploso a causa
  dell’elevata pressione originando una
 potentissima onda d’urto (1) che spazza
la zona circostante l’impatto. L’onda
 d’urto si propaga anche nel terreno (3)
    ed inizia la creazione della cavità
   transiente con fenomeni di fusione e
 vaporizzazione delle rocce presenti nel
          luogo dell’impatto (2).

            Espulsione dei materiali
   Inizialmente l’espulsione dei materiali
   avviene a velocità molto elevate (anche
      qualche km/sec), ma poi si attenua
  stabilizzandosi su valori dell’ordine di
                   100 m/sec.
 I materiali (ejecta) sono scagliati verso
l’alto e verso l’esterno ricoprendo in tal
  modo una vasta area circostante il luogo
       dell’impatto e vanno a formare le
caratteristiche raggiere tipiche di alcuni
      crateri lunari, ma che sulla Terra
 verranno ben presto mascherate dall’opera
  erosiva dei fenomeni atmosferici e molto
spesso completamente cancellate, assieme a
 tutta la struttura craterica, dall’azione
distruttiva dei fenomeni geologici (figura
                       C).
Prosegue il meccanismo di escavazione
  della cavità transiente ed una grande
   quantità di materiale (ejecta) viene
lanciata lontano dalla zona dell’impatto
    (1). I blocchi più grandi potranno,
   ricadendo al suolo, originare a loro
volta crateri secondari. Prosegue ancora
    anche l’azione dell’onda d’urto nel
     terreno (2) innescando fenomeni di
  modificazione strutturale delle rocce
            (shock metamorphism).

             Modificazione
La fase di modificazione della struttura
     craterica iniziale creatasi a seguito
      dell’impatto (cavità transiente) può
  essere vista in una duplice prospettiva:
        se da un lato, infatti, si possono
     considerare i fenomeni immediatamente
          successivi all’evento e ad esso
 direttamente correlati, dall’altro, però,
   non si devono trascurare altri processi
   che, sebbene non direttamente innescati
 dall’impatto e caratterizzati da tempi di
 azione non altrettanto rapidi, sono cause
      di mutamenti non meno importanti per
           l’intera struttura (figura D).
         Il più importante tra i processi
        direttamente innescati dall’evento
      impattivo e che si manifestano negli
    istanti immediatamente seguenti al suo
  verificarsi, è l’assestamento isostatico
                  della struttura.
       È evidente, infatti, che non appena
 diminuisce l’azione di compressione sulle
   rocce sottostanti la zona della caduta,
queste tendono a ritornare nella posizione
      iniziale (un vero e proprio rimbalzo
elastico) riducendo in parte la profondità
   della cavità transiente; tale fenomeno,
  nel caso d’impatti di grosse dimensioni,
      può sfociare nella formazione di una
struttura centrale (central peak) oppure
  in una struttura più complessa ad anelli
   concentrici sopraelevati (bacino multi-
                       ring).
  Non è automatico, infatti, che i crateri
da impatto abbiano la caratteristica forma
“a scodella” come quella del Meteor Crater
 in Arizona e non è detto che le strutture
         più complesse siano riscontrabili
       unicamente sulla Luna o sugli altri
                      pianeti.
     Anche sulla Terra esistono crateri da
        impatto caratterizzati da un picco
 centrale e strutture multi-ring, anche se
      queste ultime sono certamente di più
    difficile “lettura” rispetto a quelle,
   evidentissime, riscontrabili sul nostro
                     satellite.
E’ ritornata la quiete sul luogo
dell’impatto e la voragine nel terreno è
   l’unico e terribile promemoria di ciò
 che è appena accaduto. Il cratere (1) è
   già stato ricoperto dalla ricaduta di
parte degli ejecta e dal cedimento delle
  pareti (2) che, franando, concorrono a
limitarne la profondità. Non infrequente
   è la presenza di zone (3) in cui si è
   verificata un’inversione degli strati
                 geologici.

                     Fonte: Vialattea.net
Arizona Meteor Crater
  Il cratere è largo circa 1.200 metri, profondo 170 ed è stato generato
  49.000 anni fa dall’impatto di un meteorite del diametro di circa 25-30
                                  metri.

Come abbiamo visto, quindi, a seguito dell’impatto di un meteorite sulla
superficie terrestre, una grande quantità di polvere, cenere e detriti
viene scagliata nell’atmosfera. E sappiamo che una grande quantità di
polvere in atmosfera crea uno schermo alla luce solare provocando un veloce
raffreddamento.

      Se l’effetto iniziale dell’immissione in
atmosfera delle polveri e delle ceneri è
     quello di provocare una diminuzione della
    temperatura, la situazione successiva sarà
          caratterizzata da un suo drastico
        innalzamento causato dall’innesco del
            meccanismo dell’effetto-serra.
      Il conseguente aumento di vapore d’acqua
      nell’atmosfera concorrerà a sua volta ad
      incrementare ulteriormente tale effetto-
    serra, prolungandone gli effetti anche per
                molte migliaia di anni.

                                       Fonte: Vialattea.net

Lasciamo a voi le dovute considerazioni….

Bernardo Mattiucci
Attività Solare
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