Storia di Acireale. Se ne possono fare i bilanci, tirare le fila dell'inci

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GAETANO NICASTRO
                            Socio d’Onore

             AMDG. IL COLLEGIO “A. PENNISI”
                     DI ACIREALE
       LA FONDAZIONE – I TIMIDI INIZI - VERSO IL FUTURO*

    1. Premessa. Dopo quasi un secolo di attività, “il Pennisi” è ormai
nella storia, è storia, della Compagnia di Gesù e della scuola ma anche
storia di Acireale. Se ne possono fare i bilanci, tirare le fila dell’inci-
denza dell’attività svolta dai Padri sulle migliaia di giovani che l’hanno
frequentato e ne hanno ricevuto l’insegnamento e l’esempio, da convit-
tori o da esterni. Può essere anche l’ora di ricostruirne gli inizi, anche se
l’analisi dei documenti farà venir meno una certa vulgata locale colle-
gata alla intitolazione o quella trionfalistica propria delle celebrazioni;
con maggiore aderenza ai fatti ne emergeranno con più evidenza tutti
coloro che hanno contribuito al suo sorgere, e, soprattutto, l’impegno ed
il sacrificio diuturno di quei primi «poverissimi padri», spogliati di tutto
dalle leggi eversive introdotte in Sicilia già da Garibaldi e impegnati
in un’opera grandiosa Ad Maiorem Dei Gloriam. Se il tempo decorso

   *
      Sigle: Mendizábal = Catalogus Defunctorum in renata Societate Jesu ab
anno 1814 ad annum 1970, collegit p. Rufo Mendizábal S.J., Curia Gen. –
Arch. Hist. S.J., Romae 1972; EUM. Consulte = EUM (Provincia Euro-Medi-
terranea). Fondo Provincia Sicula. Corrispondenza Varia 1884 – 1903; EUM.
Corrispondenza = EUM. Fondo Provincia Sicula. Sic.-ITA 22; Litterae, 1874
ss. = ARSI (Archivio Romano della Compagnia di Gesù). Nuova Compagnia,
Assistenza d’Italia – Provincia Sicula. IV. Documenta specialia: a) Litterae
annuae et summarium vitae, voll. 1501 (1859-1888) e 1502 (1889-1919); Sic.
1009 = ARSI, Nuova Compagnia, Assistenza d’Italia. 1009. Provincia Sicu-
la. 1861-1905. Pars Secunda: domicilia (1863-1904). III. Coll. Acireale (1887-
1903).
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può sembrare adeguato è difficile contestare a don Benedetto Croce la
legittimità di una ricostruzione storica da un ex alunno che vi ha pas-
sato parte della giovinezza. Non per questo ci si sottrarrà, augurandosi,
quanto meno, che i documenti parlino per lui.

    2. Gesuiti ad acireale aGli albori dell’unità. Le leggi eversive
dell’asse ecclesiastico, che si sarebbero abbattute sulla Chiesa tra il
1866 ed il 1867, hanno avuto un triste preludio in Sicilia, che ha colpito
la Compagnia di Gesù e i Redentoristi (o Liguorini).
    Assunta a Salemi la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II (decre-
to n. 1, del 14 maggio 1860), con uno dei primi provvedimenti emanati
dopo la conquista di Palermo (30 maggio 1860), Garibaldi «scioglieva»
«le Compagnie o Case di Gesù e del SS. Redentore», decretando l’e-
spulsione «dal territorio dell’Italia» degli «individui che le componeva-
no» ed aggregando al demanio dello stato i loro beni (decreto 17 giugno
1860, n. 45, che porta anche la sottoscrizione del Segretario di Stato
Francesco Crispi)1. L’arbitrario provvedimento venne giustificato affer-
mandosi che «nel triste periodo dell’occupazione borbonica» quei re-
ligiosi erano stati «i più validi fautori del dispotismo», misconoscendo
le benemerenze acquisite nell’ambito dell’elevazione religiosa, morale
e intellettuale del popolo e le aperture dimostrate dai primi nel corso
degli ultimi rivolgimenti.
    In alcune città man mano liberate, e soprattutto nella capitale dell’I-
sola, i gesuiti erano stati già fatti segno delle molestie della plebaglia,
che, istigata da sedicenti liberali, rumoreggiava per eseguire la legge
di soppressione emanata dal Parlamento siciliano nel corso della rivo-
luzione del ’48 (legge 2 agosto 1848), decaduta con la restaurazione, e
non erano mancate violenze, assieme a disinteressate prove di affetto e
a tentativi di difesa2.

   1
      Il decreto, pubblicato sul n. 45 del Giornale Officiale di Sicilia del 22
giugno, si legge anche in Raccolta degli Atti del Governo dittatoriale e prodit-
tatoriale di Sicilia (1860), Lao, Palermo 1861, pp. 57-58.
    2
      G. Cultrera, Garibaldi e i Gesuiti in Sicilia nel 1860, in La Sicilia e l’U-
nità d’Italia, Feltrinelli, Milano 1962, pp. 635-646 (alle pagine 641-645, la lit-
tera annua del provinciale p. Pietro Fontana al Generale p. Pierre-Jean Beckx
che descrive i drammatici avvenimenti, tali da allarmare il Superiore il quale
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                      117

    Con due successivi decreti «l’antico Convitto del Collegio Massimo
degli espulsi gesuiti» veniva destinato ad ospedale militare, concentran-
dovi ogni altro nosocomio esistente in città, mentre venivano assegnati
18.000 ducati sulle entrate degli ordini aboliti a favore di «universi-
tà, licei ed altri stabilimenti d’insegnamento superiore e secondario
dell’isola»3. Altre norme ne anticipavano alcune dello stato unitario: fra
queste la legge 18 ottobre 1860, n. 270, che, col regolamento di attua-
zione del 3 novembre, disponeva la quotizzazione dei beni ecclesiastici,
da assegnarsi in enfiteusi4.
    Al momento dell’espulsione la Provincia Sicula della Compagnia
aveva raggiunto la sua massima espansione dall’epoca della ricostitu-
zione, anticipata in Sicilia al 1805, con undici collegi e convitti, sette
residenze e ben 320 religiosi, di cui 123 sacerdoti5. Uomini dediti alla

segnalerà il prossimo arrivo di un brigantino maltese che il proprietario e il
comandante avrebbero messo a disposizione ove fosse stato necessario allon-
tanarsi da Palermo. A. Leanza, Gli ultimi giorni dei Gesuiti in Sicilia nel 1860,
Tip. Collegio Pennisi, Acireale 1924, pp. 187-195; Id., I Gesuiti in Sicilia nel
secolo XIX, Tip. F. Lugaro, Palermo 1914, pp. 175-213; G. Martina, Storia
della Compagnia di Gesù in Italia (1814-1983), Morcelliana, Brescia 1962,
p. 123.
    3
      Decreti nn. 61 e 111, del 25 giugno e del 20 luglio 1860, in Raccolta degli
Atti cit., pp. 76-77 e 135-137.
    4
      Prenderanno avvio solo dopo l’annessione e l’emanazione della legge 10
agosto 1862, n. 743, propugnata da Simone Corleo: si possono leggere, oltre
che alle pp. 500-510 della citata Raccolta, in S. Corleo, Storia della enfiteusi
dei terreni ecclesiastici di Sicilia, a c. di A. Li Vecchi, Sciascia, Caltanissetta
1977, pp. 57-66 e 122-141.
    5
      Catalogus Provinciae Siculae Societatis Jesu ineunte anno MDCCCLX,
Lao, Panormi 1860, p. 41 (d’ora in poi Catalogus 18..). L’espulsione non
toccava Acireale, ove non vi era alcuna residenza o collegio della Compagnia.
Ciò non significa che i gesuiti non vi avessero esercitato il loro ministero, con la
predicazione, con gli esercizi spirituali e, soprattutto, con le missioni popolari:
celebre quella del 1656, del Ven. Luigi La Nuza, cui si deve l’istituzione del
“Calvario”, passato alla tradizione, con l’impianto di tre croci accanto alla
chiesa del SS. Salvatore, preceduto da una imponente processione, cui erano
accorse anche le popolazioni vicine. V. Raciti Romeo, Cronaca del Sac. Dott.
Tomaso Lo Bruno, in Memorie Zelanti, cl. lettere, s. IV, vol. II, 1927-9, pp.
118                             Gaetano Nicastro

preghiera, allo studio e all’elevazione dei giovani e del popolo, anche
in età non più giovanile, compresi gli operosissimi coadiutori, erano
costretti e trasmigrare altrove, fuori dalle loro Case, privi di mezzi ma-
teriali6.
    L’intervento presso Garibaldi del gesuita belga p. Lambelin, cap-
pellano sulle navi francesi che si trovavano in porto, ottenne una breve
proroga all’esilio, rispetto alla drastica intimazione del questore di la-
sciare la città entro due giorni. Le destinazioni più ovvie furono Malta,
facente parte della provincia sicula, dove fu trasferita la sede del Pro-
vinciale7, e le due residenze delle Cicladi («Syrensis» - Sira - e «Tenen-
sis» - Tinos)8, sedi dalle quali perverrà uno dei primi rettori del futuro
collegio Pennisi; altri si distribuirono tra le varie Provincie gesuitiche
d’Europa («extra Provinciam»), raggiungendo, attraverso queste, luo-
ghi di missione loro propri9.
    Un buon numero di religiosi (poco meno del 24%) era rimasto «ex-
tra Domos»; la maggior parte (69 su 75) in Sicilia, ove avevano cercato
di ottenere l’incardinazione in una diocesi, il servizio in una parrocchia

87-266, part. pp. 187-8 (rist. an. in: Per la storia di Acireale, Acc. Zelanti,
Acireale 1987); S. Licciardello, La chiesa del Salvatore in Aci nei secoli XVI e
XVII, Acireale 1997, pp. 50-53.
    6
      Ai religiosi espulsi non veniva assegnata alcuna pensione, sia pure mode-
sta, come avverrà con la legge del 1866.
    7
      A Gozo sarà istituito, nel 1867, un piccolo noviziato, trasferito dieci anni
dopo a S. Calcedonio e successivamente a Notabile (1879) e a Birchircara
(1896), dove inizieranno la formazione tanti dei Padri del futuro collegio Pen-
nisi. Le isole maltesi diverranno viceprovincia indipendente, unita all’Assi-
stenza inglese, nel 1947; fanno ora parte, con l’Italia e l’Albania, della neoco-
stituita (1° luglio 2017) Provincia Euro-Mediterranea.
    8
      Le residenze, sorte sin dagli anni 1839–1840, sono state annesse alla Vi-
ceprovincia del Medio Oriente nel 1947.
    9
      Il Brasile, l’Australia o l’Honduras, le missioni africane, asiatiche e delle
Montagne Rocciose, ove il p. Giuseppe Cataldo (Terrasini 1837 – Pendleton,
Oregon 1928) ha lavorato per decine d’anni tra i Nasi-Forati, i Cuori di Lesina
e gli Spokane e viene considerato il fondatore della città che prende il nome da
questi ultimi. I limiti di questo lavoro non consentono di seguire la dispersione
della Provincia: una buona sintesi in G. Martina, Storia della Compagnia di
Gesù in Italia cit., pp. 119-124.
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                    119

o l’insegnamento nei seminari, se non nelle pubbliche scuole, e persi-
no presso qualche famiglia della nobiltà; diversamente, privi di mezzi
com’erano, non potevano che trovare rifugio presso le famiglie di ori-
gine, spesso senza dismettere l’abito, come avvenuto per gran parte dei
coadiutori10. Non mancherà qualche effettivo abbandono.
    Con una intensa attività di contatti, incoraggiato dal Generale p.
Pierre-Jean Beckx, dalla residenza di Malta il Provinciale (dal 21 no-
vembre 1857) p. Pietro Fontana riusciva a mantenere vivo nei membri
l’ideale ignaziano e ad evitare una effettiva dispersione. Il Catalogus
del 1861 – che significativamente viene pubblicato a Roma – benché in-
dichi la Provincia come «dispersa» (così molti successivi), può ancora
annoverare 269 soci, di cui 126 sacerdoti, rimasti fedeli al carisma del
Fondatore. Tanto che, a pochi anni dall’espulsione, su impulso del vica-
rio apostolico nell’impero ottomano mons. Paolo Brunoni e del Gene-
rale, nel 1865 la Provincia riuscirà ad aprire un collegio ed una scuola a
Costantinopoli (Santa Pulcheria), nella quale opereranno all’inizio sette
sacerdoti e quattro coadiutori11.
    Con l’Unità una ulteriore bufera stava per abbattersi su tutti gli Ordi-
ni religiosi con le leggi del 7 luglio 1866, n. 3036, e del 15 agosto 1867,
n. 3848, che – dimenticando lo sbandierato principio libera Chiesa in
libero Stato – sopprimevano le corporazioni religiose, come i benefici
semplici, i legati pii perpetui autonomi e le collegiate (ad eccezione
del capitolo cattedrale)12. Fra gli istituti maschili venivano meno, ad
Acireale, i Cappuccini, i Carmelitani, i Domenicani, i Frati Minori e i
Minoriti13.

   10
       Non può non riconoscersi una tacita condiscendenza di molte autorità
locali, benché non sarebbe mancato qualche prefetto che cercasse di impedire
l’uso dell’abito religioso, soprattutto dopo le leggi eversive del 1866-67.
    11
       Catalogus 1865, p. 6; G. Leanza, I gesuiti in Sicilia cit., pp. 214-224. Il
complesso passerà, nel 1893, alla provincia gesuitica di Lione.
    12
       Si possono leggere facilmente in G. D’Amelio, Stato e Chiesa. La legi-
slazione ecclesiastica fino al 1867, Giuffré, Milano 1961, pp. 528-537. A.C.
Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Einaudi, Torino 1949,
pp. 241 ss..
    13
       Ci si limita a citare V. Raciti Romeo, Acireale e dintorni. Guida storico-
monumentale, Orario delle Ferrovie, Acireale 1927 (rist. an. Acc. Zelanti 1980),
120                            Gaetano Nicastro

    Nel 1872 un primo gesuita si insedia ad Acireale con un certo ca-
rattere di stabilità, inserendosi presso la famiglia del barone Agostino
Pennisi di Floristella, una delle più prestigiose della città, quale istitu-
tore dei figli - «ut eiusdem filios in litteris atque pietate excoeret» - con
l’ausilio del coadiutore fr. Angelo Vella, in funzione di prefetto: il p.
Emanuele De Caro, cui si deve una importante funzione nella costitu-
zione del futuro collegio14.
    Ciò che appare oggi singolare non lo era fino agli inizi del Nove-
cento (chi non ricorda quel padre Pirrone, confessore di larga parte del-
la famiglia del principe Fabrizio nel Gattopardo?), soprattutto dopo la
soppressione degli ordini religiosi, allorchè si trattava di utilizzare nel
modo migliore soggetti rimasti privi delle loro case religiose e di mezzi.
    È da una sua lettera dall’ultima residenza di Bagheria (dove morirà
il 25 luglio 1912) che apprendiamo come sia avvenuta la destinazione
ad Acireale. Era stato nel corso di una udienza del Pontefice, patrocina-
ta dall’acese p. Mariano Spada O.P., maestro del Sacro Palazzo, tenuto
in grande considerazione, che il Pennisi aveva impetrato l’intervento
presso il generale p. Beckx per ottenere un gesuita quale educatore dei
figli. Ne era seguita una corrispondenza tra il p. Generale ed il Provin-
ciale dell’epoca, p. Giuseppe Galvagno, il quale aveva fatto cadere la
scelta su di lui, che all’epoca soggiornava nel suo paese natale, cono-
scendone la profonda preparazione. Alla pronta adesione (… il voto di

pp. 112-114, 163-5, 182-3, 185-7, 196-8; C. Cosentini, Ottocento in Sicilia e
ad Acireale. Fatti, testimonianze, ipotesi, “si dice”. II, in Mem. Zelanti, s. IV,
vol. VIII, 1998, pp. 610-616.
    14
       Nato a Scicli (allora in provincia di Siracusa, ora di Ragusa) il 17 agosto
1837, il De Caro era entrato nella Compagnia all’età di quindici anni, il 18
ottobre 1852, secondo le consuetudini dell’epoca. Con l’espulsione dall’Isola
aveva completato la formazione in Inghilterra e nella Provincia d’Aragona e
dal 1866 aveva contribuito alla fioritura del seminario di Gozo; emetterà i voti
religiosi il 21 novembre 1875. La permanenza in Casa Floristella si protrarrà
per ben quindici anni, allorché considererà esaurita la sua funzione, col rag-
giungimento della maggiore età dei pupilli (Consulte 1877). In molti docu-
menti Decaro, ma De Caro si firma lui stesso nelle lettere; De Caro anche in S.
Pennisi di Floristella, L’ideale raggiunto, Orario delle Ferrovie, Acireale 1913,
p. 3; Mendizábal, 12.780.
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                    121

obbedienza!) il Provinciale aveva presentato il De Caro al Barone, che
in quell’occasione avrebbe espresso la volontà di attivarsi per la fonda-
zione di un collegio della Compagnia in città, appena le congiunture lo
avessero consentito (Litterae 1883-5, pp. 803-6). Il De Caro si era quin-
di trasferito ad Acireale ai primi di novembre del 1872, unitamente al
coadiutore Angelo Vella, suo concittadino, che lo aveva raggiunto dalla
residenza maltese di Santa Venera, acquistando l’ammirazione, l’affetto
e la riconoscenza dell’intera famiglia per la serietà, non disgiunta da un
fare riguardoso e paterno verso i pupilli: Salvatore Pennisi Alessi, di
appena nove anni, e i fratelli minori Antonio, Angelo e Pasquale15.
    Si hanno buoni motivi per presumere che sulla scelta di un gesuita
abbia avuto la sua influenza il p. Giuseppe Carpinato, appartenente ad
una delle famiglie più in vista di Acireale ed ascoltatissimo consigliere
del barone Agostino, l’altro principale promotore dell’Istituto.
    Nello stesso anno 1872 aveva avuto attuazione la bolla di Gregorio
XVI Quodcumque ad catolicae religionis incrementum del 27 giugno
1844, con la quale era stata istituita la diocesi di Acireale, con la nomina
e l’arrivo del primo vescovo, il trentatreenne Gerlando Maria Genuardi
(10 novembre 1872). Una delle prime preoccupazioni del Prelato era
stata l’apertura del seminario, per la formazione dei futuri sacerdoti, che
non aveva potuto decollare per la mancanza di locali idonei ed a causa
di alcuni … ostacoli burocratici. Il presule era stato costretto ad inviare
i candidati nel vicino seminario di Catania ed in quello di Messina (le
precedenti diocesi di appartenenza) fino a che nel 1877 aveva potuto
riunire gli studenti del corso teologico nel nuovo palazzo vescovile. Fra
il clero acese non mancavano sacerdoti colti ed idonei, ma il Vescovo
ritenne opportuno rivolgersi al Provinciale dei gesuiti per ottenere la di-
sponibilità di un religioso cui affidare una delle cattedre fondamentali,
quale teologia e sacra scrittura, avendo avuto modo di apprezzare sin da
seminarista la cultura e la spiritualità dei membri dell’Ordine: su indi-

   15
      La lettera del De Caro è riassunta in G. Leanza, I Gesuiti in Sicilia cit.,
p. 247. Salvatore Pennisi Alessi (L’ideale raggiunto cit., p. 8), afferma, con
una certa enfasi, che «fu allora che cominciò il collegio Pennisi»; in occasione
del venticinquennale dell’Istituto si dichiarerà sempre devoto «alla memoria
benedetta» del Precettore, deceduto l’anno precedente.
122                             Gaetano Nicastro

cazione del Provinciale del prestigioso insegnamento venne incaricato
il p. Vincenzo Roccaro, che contribuì a porre su solide basi culturali il
futuro seminario16.
    Com’è stato chiarito, la soppressione non impediva la ricostituzione
degli Ordini alla stregua di una qualsiasi associazione di diritto priva-
to, anche se l’espropriazione dei conventi e delle case, che avevano
assunto nel frattempo destinazioni profane, la rendeva difficile e non
mancavano interventi prefettizi che tendevano ad ostacolarla17. Entro
questi limiti giuridici ben presto cominceranno a ricostituirsi nell’Isola,
come nel resto d’Italia, gli antichi Ordini, mentre ne sorgevano di nuo-
vi, soprattutto femminili e di diritto diocesano18.

   16
        Solo quattro anni dopo si realizzerà il sogno di acquistare i locali di
San Martino, per mezzo di una società istituita all’uopo, con atto del 19 mag-
gio 1881. Si confrontino le relazioni ad limina del 28 maggio 1979 e del 28
maggio 1885 in G. Nicastro, Le “Relationes ad limina” del primo vescovo di
Acireale, in Mem. Zelanti, s. III, vol. V, 1985, pp. 204 e 212-213. G. Contarino,
Le origini della diocesi di Acireale e il primo vescovo, Acc. Zelanti, Acireale
1973, pp. 154-157.
     17
        Così G. Rocca, Riorganizzazione e sviluppo degli Istituti religiosi in Ita-
lia dalla soppressione del 1866 a Pio XII (1939-58), in Problemi di Storia
della Chiesa dal Vaticano I al Vaticano II, Ed. Dehoniane, Roma 1988, pp.
239-294.
     18
        Nella nostra Acireale, sotto l’impulso del Padre Maestro Vincenzo Lom-
bardo, restauratore dell’Ordine Domenicano in Sicilia, nel 1872 veniva in-
trapresa la costruzione di un nuovo convento, destinato a diventare sede del
provinciale e del noviziato; vicende più complesse attraverseranno i Crociferi
e la Congregazione filippina, che riuscirà tuttavia ad aprire, nel 1875, l’isti-
tuto San Michele; solo nel 1894 verrà ripopolato dai Frati Minori il convento
di San Biagio, destinato a diventare anch’esso sede di noviziato (annovererà,
fra i suoi studenti, il beato Gabriele Allegra, coordinatore e traduttore della
prima edizione integrale della Bibbia in cinese). V. Raciti Romeo, Acireale e
dintorni, cit. e pp. 175-177; K. Trovato – A. Grasso, Storia e arte nel convento
di S. Biagio, S. Biagio, Acireale 1996; Eid., Acireale e i Padri Cappuccini, Il
Gatto a Nove Code, Acireale 1994; C. Abbate, La Congregazione filippina di
Acireale, Bracchi, Giarre 2002; C. Cosentini, Ottocento in Sicilia e ad Acireale
cit.; G. Nicastro, Le”relationes ad limina” cit., pp. 211-213. Non risorgeranno
i Cappuccini, i Carmelitani e i Minoriti (già nel convento di San Giovanni
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                    123

    Alla tensione verso la ripresa non rimanevano estranei i gesuiti,
molti dei quali erano rimasti in Sicilia, continuando, sia pure in diversi
modi e come consentito dalle circostanze, il loro ministero.
    Tra il 1876 ed il 1877, sotto il provincialato di p. Giovanni Cara-
pezza, i superiori ritennero giunta l’ora di provvedere ad una qualche
organizzazione dei padri e dei coadiutori degentes extra domos. Venne-
ro individuate delle Sectiones, semplici raggruppamenti di riferimento
fra religiosi che operavano anche in città diverse e non sempre vicine,
con la designazione di un Superiore (il p. Francesco Lombardo, cui
succederà il p. Emanuele Mora), per un maggiore coordinamento e per
migliorare l’incisività della missione, che potesse essere di stimolo e
vigilare sull’attività. Fra queste (con la Panormitana, l’Alcamensis e la
Calatanixiectensis) una Sectio Acis Regalensis, affidata al p. De Caro,
con il coadiutore Angelo Vella e il p. Vincenzo Roccaro, cui si aggiun-
geranno il p. Giorgio Cannata, professore di teologia nel seminario ar-
civescovile di Catania, il p. Salvatore Bartoli, vice parroco a Valverde,
il p. Giuseppe Valenza, insegnante nelle classi elementari di «Assaro»
(Assoro, in provincia di Enna?), e il coadiutore Giovanni Ciappa, pro-
veniente da Scicli19.
    Alla sectio acese sarà aggregato, l’anno successivo (1878), il p. Giu-
seppe Nalbone, chiamato dal vescovo di Noto mons. Blandini a reggere
il locale seminario (1877 - 1881), successivamente inserito in una neo-
costituita Sectio netina20.

Nepomuceno, destinato a scuola). Com’è noto l’antico convento di San Do-
menico, assegnato al Comune e parzialmente destinato a scuole, come quello
dei Carmelitani, versano ora, per l’insipienza degli amministratori, in uno stato
pietoso.
    19
       Catalogus 1877, p. 23. Singolare che non esista alcuna Sectio a Catania.
    20
       Nato a Racalmuto (Agrigento) il 3 febbraio 1818, era entrato nella Com-
pagnia il 2 dicembre 1831 ed aveva emesso i voti solenni il 15 agosto 1852. La
fiducia dell’arcivescovo francescano Benedetto La Vecchia Guarneri lo chia-
merà, dopo Noto, a reggere il più impegnativo seminario di Siracusa (1881
- 1889); morirà a Messina il 13 giugno 1893. Un breve profilo in: A. Guidetti,
Le missioni popolari. I grandi gesuiti italiani, Rusconi, Milano 1988, pp. 231-
232 (che erroneamente lo dice nato a Regalbuto). Con la sua alta spiritualità
attrarrà alla vita religiosa nella Compagnia il nipote Francesco Di Paola Nal-
124                           Gaetano Nicastro

    Una organizzazione più stabile sopraggiunge di lì a poco, con la
venuta in Sicilia, verso la fine del 1879, del provinciale p. Ferdinando
Ferrante, il quale, da poco eletto, non manca di visitare Acireale, di
rendere omaggio al Vescovo e di recarsi a Casa Pennisi, ove svolgeva
le sue funzioni il p. De Caro. Nel cordiale colloquio è il Vescovo ad
offrire nuove cattedre nel seminario che si augurava di organizzare al
più presto, invitando i padri ad instaurare una residenza in diocesi ed
offrendo il convento agostiniano di Valverde, rimasto a sua disposizio-
ne. L’offerta non poteva che essere declinata: la cittadina, distante da
Acireale, non rispondeva ai criteri della Compagnia, né questa inten-
deva dispiacere agli agostiniani, quattro dei quali occupavano ancora
il convento, a servizio del santuario. Non mancarono altri tentativi di
soluzione, giunti al successo con il valido interessamento del Floristella
e del Vescovo e con l’offerta, a titolo gratuito per un anno, dell’Oratorio
filippino adiacente alla chiesa, dove dal 30 febbraio del 1880 la Sectio
Acis - Regalensis diviene Residentia Acis - Regalensis, «prima nostra
in Sicilia post anni 1860 expulsionem».
    Un rasserenamento dei rapporti con le autorità civili consentiva ai
superiori di pensare già ad una riorganizzazione definitiva della Com-
pagnia, nella quale era ormai sicuramente inserita Acireale, delle cui
potenzialità si era reso conto il p. Ferrante. Non più quindi, semplice
punto di riferimento per i religiosi ma un luogo di effettiva dimora. Il p.
De Caro, che nel 1880 ritorna provvisoriamente a Gozo, quale lettore di
diritto canonico in seminario ed esaminatore prosinodale (rientrerà ad
Acireale nel 1881, ancora quale “institutore privato”), lascia la carica al
p. Stefano Ragusa (“operarius”)21; della residenza fanno parte, indicati
quali operarii, i padri Antonino Benincasa (provvisoriamente a Malta)
e Pietro Digiorgio, nonché p. Vincenzo Chiarenza (institutore privato) e
i coadiutori Angelo Vella e Benedetto Lunetta.
    Oltre all’insegnamento in seminario, compito dei gesuiti era quello

bone, futuro Ministro ad Acireale, Provinciale di Sicilia e Assistente d’Italia.
A. Sferrazza Papa, Francesco Di Paola Nalbone s.j.. L’uomo - Il sacerdote - Il
gesuita, Ignatianum, Messina 1995, pp. 11-31.
    21
       Nato a Palermo il 29 settembre 1812, era entrato nella Compagnia il 28
settembre 1827, emettendo i voti il 2 febbraio 1846; deceduto ad Acireale il 6
agosto 1883: Mendizábal, 5.824.
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                   125

di coadiuvare il Vescovo e il clero nella predicazione e nei sermoni
sulla Sacra Scrittura in cattedrale, nell’amministrazione dei sacramenti
e negli esercizi spirituali, da predicare due volte l’anno al clero e una
volta l’anno in seminario.
    Al fine di estendere il loro ministero presso il popolo, i religiosi
otterranno dal Vescovo, pur con qualche difficoltà, la chiesa di Gesù e
Maria, pressoché agli inizi della via Dafnica (dove si conserva un’arti-
stica statua di S. Espedito, dichiarato patrono secondario della città nel
178122), che continua a mantenere il precedente rettore, ma lasciando
loro piena libertà d’azione (Litterae 1877-1879, pp. 700-701, e 1880-
1882, pp. 762-766).
    Scaduto il termine del comodato dell’Oratorio, la residenza veniva
trasferita in via Pasini n. 4, all’interno di palazzo Pasini23. Che Acireale
rientrasse nel disegno di riorganizzazione è confermato dal fatto che
nessuna altra residenza sarà istituita nel capoluogo provinciale almeno
fino al 190224, di tal chè a quella acese rimanevano aggregati – «accen-
sentur» – il p. Giorgio Cannata, che continuava ad insegnare nel semi-
nario di Catania, cui si era aggiunto il p. Emanuele Bottalla, lettore di
teologia dogmatica e diritto canonico, i già citati padri Bartoli e Valenza
e il p. Giuseppe Maria Meli, allora a Bronte.
    Sarebbe fuor di luogo seguire la composizione della residenza. Ci
limitiamo a segnalare che ai padri, sempre più apprezzati dal Vescovo e

   22
       Secondo una missiva del canonico Vincenzo Raciti del 29 novembre
1905 all’anonimo autore dell’articolo Intorno al culto di Sant’Espedito mar-
tire, riferita nella «IIª nota» (Civiltà Cattolica, quad. 1332 del 16 dicembre
1905, pp. 718-727), il culto di s. Espedito sarebbe stato introdotto ad Acireale
dai mercanti messinesi, in continua relazione con i locali, e propagato tra la
fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo da un ex gesuita acese tornato al
paese natio con la soppressione della Compagnia del 1773, il quale ufficiava
quella chiesa. Può ben ipotizzarsi che a quel precedente utilizzo da parte di
un gesuita si debba la sua scelta. V. Raciti Romeo, Acireale e dintorni cit, pp.
208-209.
    23
       Catalogus 1981, p. 19. Non quindi, nella piazza detta allora dei Comme-
stibili (da ultimo: piazza G. Moro), come opina, sia pure dubitativamente, C.
Cosentini, Ottocento in Sicilia e ad Acireale. II, cit., p. 619.
    24
       Con la Residenza Dominae Nostrae Infirmorum, di piazza Ammalati 9.
126                              Gaetano Nicastro

dal popolo, vengono man mano affidati importanti incarichi nell’ambito
della diocesi: così per il p. Benincasa, con la spiegazione della Sacra
Scrittura in cattedrale (1881), il p. Ragusa, esaminatore prosinodale
(1882), il p. Digiorgio, chiamato dal 1883 ad insegnare matematica,
fisica, storia naturale e aritmetica nel seminario. Attorno all’anno 1882
il Vescovo si avvale dei Padri anche per pacificare gli animi all’acuirsi
di alcuni contrasti insorti in seno al clero25. Non manca una intensa
attività religiosa in tutti i paesi della diocesi, sempre più richiesti dai
parroci per la predicazione e gli esercizi spirituali nelle parrocchie, i
cui frutti si percepiscono col riaccostamento all’Eucaristia di molti che
da parecchi anni avevano negletto il sacramento della confessione; con
le tradizionali missioni, specie in quei luoghi dove si era constatato un
incremento della secta massonica, come a Riposto; con la fondazione
di confraternite, quale la Societas Adorationis Reparatricis nella chiesa
dell’Oratorio, le cui regole erano state appena approvate da Leone XIII
il 6 marzo 1883 (Litterae 1883-5, pp. 803-6).
    Nella città i gesuiti vivono della modesta pensione di £. 1.275,00
annua ricevuta da mons. Genuardi26, appena sufficiente al pagamento
della residenza, al loro mantenimento e alle spese di trasporto per l’e-
sercizio delle varie funzioni nei paesi vicini. Le difficoltà del Vescovo
di far fronte ulteriormente all’impegno determina un certo scoramento,
acuito dalla sostituzione del p. Benincasa con un canonico per la spie-
gazione della Sacra Scrittura, presto superato attraverso i buoni uffici
interposti dal Provinciale nel corso della visita canonica effettuata nel
1882. Tra il 1884 ed il 1885 si impone tuttavia l’abbandono della via
Pasini per trasferirsi in un più modesto immobile di Vico Scuderi n. 3,
la breve strada che congiunge la via Porcellana alla via Dafnica, sfo-
ciando pressochè in corrispondenza della vecchia residenza.
    Ma era maturato il tempo per pensare al nuovo e grandioso Collegio.

    3. il colleGio aGostino Pennisi. Gli inizi. Alla fondazione di un
istituito gesuitico avevano concretamente pensato, sin dalla metà del
‘700, due benemeriti cittadini: Erasmo Pennisi e il can. Giuseppe Gulli.

   25
        G. Contarino, Le origini della diocesi di Acireale cit., pp. 117-118.
   26
        Il Cosentini – op. e l. cit. – indica £. 1.625,00 annue.
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                    127

Con il testamento, pubblicato dal notaio Mariano Gambino il 30 mar-
zo 1742, a pochi giorni dalla morte (avvenuta il 26 marzo), il Pennisi
istituiva «li suddetti RR. PP. Gesuiti ... eredi universali» stabilendo che
gli stessi avrebbero dovuto «fabbricare un collegio formale in questa
suddetta città di Acireale ed, eretto e fabbricato il collegio, tenere ogni
sorte di scuole pubbliche». Pressochè negli stessi anni i gesuiti veniva-
no nominati eredi dal canonico Giuseppe Gulli con testamento agli atti
del notaio Giovanni Facella di Palermo, a quello specifico scopo; nel
caso di un loro rifiuto, i beni sarebbero passati ai Padri Teatini e, ove
anche questi ultimi non avessero accettato... a Santa Venera. Soppressa
la Compagnia di Gesù col breve Dominus ac Redemptor di Clemente
XIV, del 21 luglio 177327, prima che l’opera fosse stata realizzata, i beni
dei testatori, amministrati dallo Stato e poi dal Comune, furono destina-
ti, agli inizi dell’800 (8 marzo 1801), alla fondazione di un Collegio o
Accademia di Studi, trasformati nel 1860 in ginnasio, cui nel 1884 sarà
collegato il liceo, che da loro prenderanno il nome: il Liceo-Ginnasio
Gulli e Pennisi28.
    Due convergenze contribuiranno – nell’ultimo quarto dell’800 – alla
grande realizzazione: la presenza ad Acireale, sin dal 1872, del p. Ema-
nuele De Caro, inserito – come si è già rilevato – nell’ambito di una
delle famiglie più prestigiose della città, quella del barone Agostino
Pennisi di Floristella, e le dissidenze insorte tra i Padri Filippini ed il
Preposito dell’Oratorio, p. Giuseppe Carpinato, appartenente ad una

   27
       La soppressione era stata decretata nell’impero spagnolo e nelle Due
Sicilie già dal 1767. Dopo il breve di Clemente XIV la Compagnia continuerà
a sopravvivere in Prussia e in Russia.
    28
       A. Sciacca, L’istituzione del liceo classico: speranze e timori ad Acireale,
in Il «Gulli e Pennisi» (1885-1985), Galatea Ed., Acireale 1998, pp. 9-29 (pp.
9-10); G. Ardizzone Lutri, L’ex convento dei domenicani di Acireale, in I 120
anni del Liceo Classico “Gulli e Pennisi” di Acireale, Liceo Gulli e Pennisi,
Acireale 2007, pp. 23-41 (part. 37-38). C. Cosentini, I Padri Filippini e il «San
Michele» nella vita religiosa e culturale di Acireale, in Id., Rievocazioni e
speranze, Pagine per Acireale ed altri scritti. 1964-1975, s.e., Acireale 1976,
pp. 574-618, 588; Id., Costituzione vicende e fusione delle Accademie degli
Zelanti e dei Dafnici di Acireale. Notizie storiche, ivi, pp. 60-71, 67 (e in Mem.
e Rend., s. I, V, 1965, pp. 177 ss.).
128                                 Gaetano Nicastro

delle famiglie più cospicue e in vista, al cui consiglio, ambitissimo dal
Floristella, si doveva la richiesta di un gesuita, quale il De Caro29.

            B.ne Agostino Pennisi                Sac. Giuseppe Carpinato
                di Floristella

    Il p. Carpinato era entrato da giovane nella locale Congregazione
filippina divenendo ben presto – il 14 luglio 1851 – preposito dell’O-
ratorio. Impregnato della visione propria della maggior parte del suo
ceto, aveva manifestato immediatamente l’intenzione di condizionare
l’accesso all’Istituto al censo degli aspiranti, suscitando la disapprova-
zione della maggior parte dei confratelli, che lo aveva indotto ad abban-
donare l’Oratorio dopo soli quattro mesi (il 12 novembre 1851), seguito
dai chierici Salvatore Pennisi, Giuseppe Platania, Martino e Gaetano
Calì Fiorini30. Pur compreso di una mentalità elitaria, entrando nella

   29
      G. Leanza, I Gesuiti in Sicilia cit., p. 261.
   30
      Disubbidendo all’ordine del vescovo mons. Felice Regano, i quattro
chierici completeranno gli studi e conseguiranno il presbiterato a Roma, con
l’escardinazione dalla diocesi e il divieto di celebrarvi, rientrato solo con l’av-
vento di mons. Benedetto Dusmet. C. Abbate, La Congregazione filippina di
Acireale cit., p. 32; G. Contarino, Le origini della diocesi di Acireale, pp. 117-
118 cit..
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                    129

Congregazione filippina il Carpinato si era votato sin dalla giovinezza
all’educazione giovanile, seguendo l’insegnamento del Neri, né aveva
smesso di preoccuparsene, intendendo destinarvi parte del suo cospicuo
patrimonio.
    A qualche decennio dall’Unità l’economia di Acireale, fondamen-
talmente basata sull’agricoltura, godeva di una congiuntura partico-
larmente favorevole, come in generale nell’intera Isola (anche se non
riusciva ad inserirsi nello sviluppo industriale del Nord), soprattutto
nei settori specializzati dell’agrumicoltura e della viticoltura, contri-
buendo alla fortuna finanziaria della borghesia, che aveva le sue radici
nel possesso della terra. Il flagello della fillossera, che aveva distrutto
i vigneti della Francia, aveva toccato solo parzialmente quelli sicilia-
ni, consentendo di eliminare i guasti con il reimpianto di nuovi vitigni
(americani); sempre più pressante diveniva la richiesta degli agrumi i
cui impianti si estendevano largamente. Ai notevoli profitti dell’espor-
tazione dei vini e degli agrumi, anche dal vicino porto di Riposto, si
aggiungevano le ricche opportunità dei prodotti minerari, quali lo zol-
fo, l’asfalto e il sale. Non è senza significato che nel 1870 era stato
inaugurato ad Acireale il teatro Bellini, tra il 1874 e il 1878 erano stati
sistemati la villetta oggi “Lionardo Vigo” e il giardino Belvedere, men-
tre venivano lastricate quasi tutte le piazze e molte strade (fra le quali il
corso Umberto, allora via Belvedere). Per iniziativa del Floristella – il
quale, oltre che ricco proprietario terriero, possedeva una miniera nel
feudo omonimo, nei pressi di Valguarnera Caropepe – nel 1873 erano
stati aperti le Terme Santa Venera ed il Grand Hotel des Bains, cui si
aggiungeva la costruzione di importanti edifici residenziali da parte di
altri proprietari terrieri31.

   31
       Si rinvia, in generale, alla recente Breve storia economica della Sicilia
dal medioevo ai nostri giorni, di M. Colonna, BookPrint 2016, pp. 89 ss., 108
ss.; C. Cosentini, “Ottocento” in Sicilia e ad Acireale. II, cit., pp. 621-3, 633
ss.; S. Bella, La famiglia Pennisi di Floristella nell’Acireale dell’Ottocento,
c.s.. La congiuntura privilegiava, soprattutto, le classi abbienti, in grado di
contribuire ad importanti realizzazioni. Per una completa panoramica delle
condizioni sociali: G. Gravagno, Storia di Aci, Sicilgrafica, Acireale 1992, pp.
379 ss..
130                              Gaetano Nicastro

    Sotto un diverso profilo, il positivismo, sempre più affermatosi tra le
classi intellettuali, e la massoneria, tendevano in quegli anni a sottrar-
re l’educazione giovanile alla Chiesa, anche se meritoriamente veniva
esteso l’obbligo scolastico all’intero corso elementare inferiore, dal se-
sto al nono anno di età: la legge «Coppino» (dal nome del ministro della
Pubblica Istruzione) del 15 luglio 1877, n. 3981, attribuiva alla scuola
un carattere decisamente laico32, spingendo il Pontefice Leone XIII, con
l’enciclica Aeterni Patris, del 4 agosto 1879, a patrocinare l’apertura di
scuole cattoliche (oltre che a riaffermare la validità della filosofia tomi-
stica quale congeniale al messaggio cristiano).
    Ovvio ritenere, in tali congiunture, che nei conversari tra il Pennisi
di Floristella, il Carpinato, abituale frequentatore della famiglia, ed il
De Caro33 si ribadisse l’opportunità di fondare ad Acireale un istituto
gesuitico per l’educazione della gioventù, potenziata dall’affetto dei fi-
gli per quel loro affettuoso anche se esigente educatore e corroborata
dall’apprezzamento del religiosissimo Barone, del clero e della mag-
gior parte della popolazione (anche se non mancavano agguerriti nuclei
anticlericali) per l’opera che quei Padri svolgevano in città. Sempre più
se ne faceva fautore il Carpinato34, che non aveva dismesso la volontà

   32
       Il programma prevedeva esclusivamente «prime nozioni dell’uomo e del
cittadino, la lettura, la calligrafia, i rudimenti della lingua italiana, dell’aritme-
tica e del sistema metrico»; rimanevano soppressi i direttori spirituali e, soprat-
tutto, veniva impedito ai maestri l’insegnamento del catechismo e della storia
sacra (ammesso dalla precedente legge «Casati»). L’attuazione dell’obbligo
scolastico trovava in Sicilia non poche remore, per la difficoltà di reperire ma-
estri elementari adeguati e per l’indifferenza delle popolazioni. Sin dal 1873 ad
Acireale si contavano già, tuttavia, ventiquattro classi con 702 alunni, divenute
nel 1878 trentasette con 1079 alunni, ma ancora nel 1879-1880 nessuno dei
quattrordici comuni del circondario lo aveva proclamato. G. Bonetta, Istruzio-
ne e società nella Sicilia dell’Ottocento, Sellerio, Palermo 1981, pp. 95-119;
MAIC, Statistica dell’istruzione elementare, ivi, p. 108.
    33
       Salvatore Pennisi attribuisce anche al De Caro «magna pars» nella fon-
dazione: L’ideale raggiunto cit., p. 5.
    34
       Riferendo della morte del Carpinato, Agostino Pennisi di Floristella, ni-
pote ed omonimo di uno dei promotori, dichiara espressamente che «dal (suo)
cuore… sacerdotate era balzata la prima scintilla» che il Nonno «avea raccolto
e in grandissimo incendio mutata»: La Tappa d’Oro cit., p. 24.
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                    131

di destinare parte del suo patrimonio all’educazione giovanile; la scel-
ta dei padri gesuiti, sempre meglio conosciuti attraverso l’opera svolta
nel seminario ed in diocesi, rispondeva alle sue concrete idealità, per
il carattere elitario dei loro convitti, ricordando che già a Palermo ne
era esistito uno destinato esclusivamente ai nobili (il Panormitanum
Convictus Nobilium), mentre in quegli anni il «San Michele» dei Padri
Filippini – che aveva accusato una certa crisi, a causa delle vicissitudini
nell’applicazione delle leggi eversive – era stato costretto a rinunciare
alle scuole superiori aperte qualche anno prima, a seguito della nascita
del liceo pubblico, nell’anno scolastico 1884-188535.
    Il progetto assunse concretezza tra il 1883 e il 1884. Occorreva l’a-
desione dei superiori: della residenza acese, ove al p. Ragusa, deceduto
il 6 agosto 1883, dal 10 agosto 1884 era subentrato il padre Vincenzo
Decorradi36, e del provinciale p. Ferrante, che nella visita di due anni
prima si era reso conto delle potenzialità che si presentavano in quella
giovane diocesi, dove l’anticlericalismo e la massoneria, imperanti nel-
le istituzioni pubbliche del Regno, rimanevano ad uno stadio marginale,

   35
       Non può darsi ingresso, quindi, al dubbio se «… l’idea del “Pennisi”
dovette venire al Carpinati per porre accanto (o addirittura contro) al già esi-
stente Collegio San Michele … altro istituto maschile di istruzione poiché quel
Collegio era stato fondato da quei medesimi Padri dell’Oratorio filippino che
il Carpinati aveva lasciato»: C. Cosentini, Un centenario mancato: quello del
Collegio Pennisi, in Memorie Zelanti, s. III, vol. VIII, p. 516. A smentirlo la
vicinanza al Pennisi mostrata sempre da mons. Arista, a quell’epoca preposito
del S. Michele, che ha voluto un gesuita (il rettore p. Sammut) per la predi-
cazione degli esercizi spirituali in occasione della consacrazione episcopale e
per il quale – secondo il devoto cameriere del Vescovo – «Il collegio Pennisi ...
spesso era meta delle sue passeggiate pomeridiane. Egli ... vi si sentiva attirato
istintivamente e coi P.P. (Padri) era in intime relazioni»: P. Pappalardo, Cenni
biografici di mons. G.B. Arista d.O. II vescovo di Acireale, con introd. e note
di A. Sciacca, Ed. Oratoriane, Acireale 2018, p. 161. S. A. Costa, La scuola e
la grande scala, Sellerio, Palermo 1990, p. 473.
    36
       Nato a Palermo il 21 dicembre 1828 ed entrato nella Compagnia il 7
novembre 1842, era stato ordinato sacerdote il 2 febbraio 1859; † Bagheria, 7
maggio 1908 (Mendizábal, 11.674). La reggenza di Acireale si protrarrà fino al
6 maggio 1885 allorchè assumerà l’incarico di superiore della Casa di Proba-
zione S. Stanislao Kostka di Malta.
132                             Gaetano Nicastro

anche se spesso agguerrito, soprattutto in alcuni comuni: l’adesione non
potè essere che piena, sostenuta da una prima, anche se ancor generica
approvazione del Preposito generale, lo svizzero Anton Anderledy37.
    Oltre ad assicurare i finanziamenti, cui non potevano sopperire quei
«poverissimi padri»38, depauperati di tutto dalle leggi eversive, occor-
reva sormontare l’ostacolo derivante dal fatto che gli Ordini religio-
si – e la Compagnia – non godevano più nel diritto italiano, con la
soppressione, della personalità e non potevano essere titolari di diritti.
Tutto doveva far capo ad uno o più soggetti di specchiata onestà e di
assoluta fiducia cui attribuire la titolarità del terreno sul quale costruire
e dell’immobile da realizzare, com’era già avvenuto per il seminario: la
scelta non poteva cadere che su uno dei promotori, il barone Agostino,
di cui era ben nota l’assoluta probità. Si convenne quindi di costituire
una «Deputazione», composta da cinque a sette membri, perché, sotto
la sua presidenza, contribuisse al conseguimento del disegno, invigi-
lasse sull’esatto adempimento degli impegni assunti da ciascuno e sul
buon andamento dell’impresa, nella quale il p. Carpinato coinvolse sin
dall’inizio altri sacerdoti abbienti, fra cui quei giovani chierici che lo
avevano seguito nella diaspora dall’Oratorio, ormai sacerdoti e rimasti
a lui devoti: don Giuseppe Platania, il canonico don Salvatore Pennisi
Pennisi, i fratelli canonico don Martino Calì Fiorini e don Gaetano Calì
Fiorini, i quali tutti si impegnavano a cooperare, anche economicamen-
te, alla realizzazione.
    Non c’era, del resto, da individuare il luogo dove erigere il collegio,
al quale lo stesso Carpinato aveva generosamente destinato un ampio
fondo di sua proprietà in via Biviera, lungo la discesa da San Biagio alla
piazza San Michele (che diverrà via Collegio Pennisi), fronteggiante
la propria abitazione, con alcune piccole costruzioni, in parte affittate,
che lo distaccavano dalla strada, cedendolo formalmente ad Agostino
Pennisi. Ai lavori egli stesso destinò il ricavato della vendita di un al-
tro fondo ad un noto professionista di Catania, ammontante a ben £.

   37
        Litterae 1883-5, pp. 803-806. S. Pennisi di Floristella, L’ideale raggiunto,
cit.; G. Leanza, I Gesuiti in Sicilia cit., pp. 260-263.
     38
        Così C. Schilirò S.J., La storia del Collegio Pennisi nei suoi 50 anni di
vita 1888 – 1938, nel numero unico Il Collegio Pennisi nel suo Cinquantenario
1888-1938, Acireale 1938, p. 56.
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                    133

63.750,00 (£. 579.810.788,00 - € 299.447,2839), garantito da alcune
ipoteche iscritte su diversi beni dell’acquirente40, cedendo formalmente
al Floristella il credito, ed altre somme in contanti, idonee a coprire
le spese iniziali. Non mancavano, inoltre, un consistente apporto del
Barone, altre contribuzioni del sac. Platania (il quale inseriva nel testa-
mento un legato – sempre a favore del Floristella – per le future neces-
sità dell’istituzione), e analoghe promesse dei Calì Fiorini41.
    Si trattava di scegliere il progettista, ma anche qui sorsero pochi
dubbi sul nome del prof. Carmelo Sciuto-Patti di Catania che aveva già
realizzato in città l’ampliamento del palazzo comunale, il teatro Belli-
ni e numerose opere di ristrutturazione. Benché l’iniziale edificio sia
stato costruito in due fasi successive, a distanza di circa otto anni, «la
unità compositiva di tutto il complesso» ha giustamente indotto l’ing.
Aldo Scaccianoce, acuto indagatore delle opere eseguite nella città dal-
lo Sciuto-Patti, ad attribuirgli l’integrale progettazione. Il reperimento
di una sua lettera datata 23 gennaio 1885 fra i documenti affidati dagli
eredi alla nostra Accademia, con specifico riferimento al primitivo pro-
getto, consente ora di darne definitiva conferma42.
    L’obiettivo iniziale era di realizzare quanto costituirà l’ala sinistra
dell’imponente edificio, della quale si prevedeva il completamento
entro tre anni. Benché l’estensione del terreno, pur ampia, non fosse

   39
       Tutte le rivalutazioni al 31 dicembre 2018. Si è voluta indicare anche la
rivalutazione rispetto alla lira, benché non più in corso, al fine di fornire una
integrale misura di giudizio.
    40
       Soprattutto il fondo cd. Altarello. L’iscrizione delle ipoteche su fondi
diversi da quello compravenduto fa ritenere che quest’ultimo incorporasse una
funzione specifica che ne imponeva la libertà: molto probabilmente la dote di
una delle figlie.
    41
       Solo l’apertura agli studiosi dell’Archivio della Famiglia Floristella con-
sentirà una precisa e completa contabilità degli apporti di ciascuno, poché non
esistono rendiconti ufficiali.
    42
       A. Scaccianoce, Gli Sciuto-Patti ad Acireale, in Carmelo e Salvatore
Sciuto-Patti. Archivi di architettura tra ‘800 e ‘900, a c. di F. Calvo, Reg. Sici-
liana, Palermo 2015, pp. 105-117, part. pp. 112-116. M. Di Stefano, Collegio
Pennisi, Acireale (1885-1896), ivi, pp. 218-223. L’unitarietà del progetto è
affermata anche da Salvatore Pennisi (L’ideale raggiunto cit., pp. 9 e 11).
134                          Gaetano Nicastro

ancora l’attuale, per la presenza di alcune abitazioni di terzi verso la
via Biviera che non s’erano ancora potute acquistare e dei fondi Raciti
e Continella, acquisiti solo successivamente, nel disegno dei Padri la
costruzione doveva avere un ampio respiro, curata nei particolari, non
scevra da una certa magnificenza: all’elaborazione del progetto contri-
buiranno attivamente tanto il Rettore quanto il Provinciale p. Ferrante.
    Un primo progetto, presentato tra l’ottobre ed il novembre 1884,
con un preventivo di circa £. 300.000,00 (£. 2.701.506.294,00; €
1.395.211,56), suscitava l’approvazione del provinciale p. Ferrante («Il
Signor Architetto ha fatto tutto ottimamente; merita ogni lode»), il qua-
le forniva tuttavia, attraverso il p. Decorradi, alcune precise indicazioni:
«Mi riprometto di fare qualche piccola osservazione. 1° Il corridore
centrale dovrebbe avere in larghezza oltre a metri 4. Cinque basterebbe-
ro ... Al contrario quello dell’abitazione de’ Padri potrebbe essere metri
3... Credo che si è pensato allo scolo delle acque nere e delle acque
piovane. Siamo in un paese ove non si hanno acquidotti a tal bisogno ...
Credo che il suolo del piano inferiore sarà sollevato un metro dal suo-
lo esterno, per impedire l’umidità. Non si offenda l’ottimo Sig. Sciuto
se ho scritto questi “Credo”. Aggiungo per giudizio mio che le stanze
dell’Infermeria possono essere più piccole e più numerose... In fondo al
corridore di detta Infermeria si apra un balcone... Si desidera da qualcu-
no che (quando tutte le circostanze lo permettono) gli atri avessero dal
lato di Tramontana un loggiato coperto largo un 4 metri». Il progetto
veniva contemporaneamente trasmesso al Preposito Generale, che, pur
rimanendo allarmato dal preventivo, nella consapevolezza di non poter
fornire aiuti economici, autorizzava i lavori, subordinandoli alla dispo-
nibilità delle somme necessarie e il 22 novembre 1884 così ne scriveva
da Fiesole al Provinciale: «P. Filiti mi mandò il disegno progettato col
preventivo delle spese. Non ho nulla da opporre. Ma dove prendere la
somma di circa 300.m. Lire? Se il P. Filiti o V. R. la trovano incomincino
pure i lavori quando par loro più opportuno» (EUM. Corrispondenza).
    A metà gennaio il nuovo e definitivo progetto poteva ritenersi con-
cluso; nel trasmetterlo (con la lettera del 23 gennaio 1885 già richiama-
ta) lo Sciuto-Patti dichiarava di aver «(fatto) di tutto a che tutto quanto
lo edificio rientr(asse) nel perimetro della (nostra) proprietà senza ri-
correre a nessuno dei vicini per un allargamento qualsiasi», ritenendo
tuttavia che «... per ampiezza di locali pure sembra che risponda a tutti
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                  135

        Primo abbozzo del progetto di costruzione (Archivio Sciuto Patti).

i bisogni presenti e futuri».
    La costruzione aveva inizio il 16 marzo 1885. Degli Appunti storici
anonimi confermano l’attribuzione anche di questa costruzione iniziale
all’impresa Scaccianoce, del quale è conservato il contratto relativo alla
sola seconda fase: da una breve contabilità ivi riprodotta risulta, infatti,
che ancora nel 1890 lo Scaccianoce era creditore per quei lavori di circa
£. 20.000,00 (£. 178.571.421,00 - € 92.224,44).
    Alla posa della prima pietra mancava la partecipazione del princi-
pale promotore, del Carpinato, deceduto due mesi prima. Il Carpinato
non aveva tuttavia dimenticato quell’Istituzione che aveva avuto tanto
a cuore, destinandogli, nel testamento dell’anno precedente, il fondo
cosidetto di San Giovanni, sia pure attribuendolo formalmente al pre-
sidente della Deputazione43. Quasi ovvio che il testatore non potesse

   43
     Testamento pubblico per notaio Santi Lo Turco di Riposto del 20 gennaio
1884, registrato a Giarre il 9 giugno 1885 col n. 896.
136                           Gaetano Nicastro

indicare in un pubblico documento la destinazione effettiva di quell’at-
tribuzione, come per i precedenti contratti stipulati al medesimo scopo
col Barone. Se ne avrà piena contezza parecchi anni dopo, agli inizi
del 1893, allorchè, al fine di fare chiarezza in vista della trasmissione
degli immobili ad una Associazione – sempre di diritto privato – di
Padri gesuiti, il Provinciale richiederà copia del testamento al canonico
Calì, componente della Deputazione di garanzia, il quale preciserà che
il Carpinato nulla aveva lasciato per iscritto: «rimise tutto alla coscien-
za dei deputati» (Consulta 27 marzo 1893: EUM. Consulte, p. 191).
    A vigilare sull’andamento dei lavori il non più giovane coadiutore
fratel Gioacchino Gentile (era nato a Palermo il 15 dicembre 1815),
che, entrato in Compagnia all’età di ventitrè anni, aveva acquisito una
buona esperienza nell’ambito delle costruzioni44.
    La prematura scomparsa anche del Barone Agostino (Acireale 17
marzo 1832 - 14 agosto 1885) determinò momenti di grave crisi eco-
nomica nella prosecuzione, cui contribuì il mancato adempimento
dell’obbligazione assunta dall’acquirente del fondo ex Carpinato, crisi
aggravata dallo scatenarsi su alcuni giornali delle stantie e non ancora
sopite tensioni antigesuitiche, che trovavano sfogo contro il nascente
istituto.
    Nella presidenza della Deputazione subentrava il maggiore dei figli,
Salvatore Pennisi Alessi (Acireale 1863 - 1931), uno dei primi allievi
del p. De Caro, che aveva raggiunto da due anni la maggiore età; nella
proprietà (del terreno e dell’immobile in costruzione) succedevano tutti
i figli, i quali non esitavano a dichiarare l’incombenza ricevuta dal geni-
tore di destinare al Collegio £. 15.000,00 ciascuno (£. 133.470.429,00-
€ 68.931,72). Il giovane Salvatore non farà mancare un costante aiuto,
anche se potrà sorgere qualche discordanza di vedute a fronte delle con-
crete ed urgenti necessità di ogni giorno ed alle ricorrenti ristrettezze di
cassa.
    Toccherà al p. Salvatore Cosentino45, succeduto al Decorradi dal 10

   44
       «Tipo di bontà e di gentilezza» lo definisce Salvatore Pennisi, L’idea-
le raggiunto cit., p. 10. Cessata la sorveglianza della costruzione, assumerà
le funzioni di portinaio del nuovo istituto; † Acireale 11 maggio 1896 (Men-
dizábal, 8.752).
    45
       Nato a Termini Imerese il 27 aprile 1828, è entrato nella Compagnia il 6
Il Collegio “A. Pennisi” di Acireale                    137

                                   gennaio 1886, risolvere e superare la
                                   crisi.
                                        Come si legge in alcuni ”Appun-
                                   ti per l’apertura”, concordati con la
                                   Deputazione (Sic. 1009, ff. 244-5),
                                   nel maggio del 1887 erano ultimate
                                   le strutture esterne della costruzione;
                                   mancavano le rifiniture interne: biso-
                                   gnava ancora «compire, in modo da
                                   essere decentemente abitati, il pian ter-
                                   reno, il primo piano (esclusa la metà
                                   posteriore del salone) ed un salone al
                                   secondo piano». Si poteva pensare ad
                                   una apertura per i primi giorni di no-
                                   vembre «provvedendoli dei mobili ne-
       L’edificio iniziale.        cessari per le scuole, la sala di studio, i
dormitorii, il refettorio, la cucina, la sartoria e la cappella, oltre che per
le camere di dieci/dodici Istitutori e Fratelli laici» («il resto» si sarebbe
completato nel corso dell’anno).
    Quanto al nome da dare all’Istituto, il canonico Carpinato, uno dei
due promotori, aveva umilmente declinato, in vita, la propria disponi-
bilità; ne era emerso quello del figlio del Floristella, Antonio, morto
giovanissimo nel 1883, ma l’inaspettato decesso del Barone non poteva
lasciare dubbi: l’Istituto, anche da lui voluto, avrebbe portato definiti-

novembre 1844, subendo i primi effetti della rivoluzione del 1848. Dopo il no-
viziato e gli studi a Palermo, è stato ordinato sacerdote il 2 febbraio 1859, per
passare dall’anno successivo in Spagna a seguito dell’espulsione garibaldina e
poi in Portogallo, dov’era stato tra i fondatori del famoso Collegio Campolide
di Lisbona e del Collegio degli Orfani a San Fedel. Rettore di quest’ultimo nel
1868, era rimasto menomato ad una gamba a seguito di una caduta da cavallo
nel recarsi a predicare per il Venerdì Santo. Tornato in Sicilia, dopo alcuni anni
passati a Termini, fu inviato alla residenza di Acireale nel 1885, divenendone
l’anno successivo il Superiore. Dopo un periodo a Messina, quale Superiore
(1900 – 1907), tornerà definitivamente ad Acireale dov’è deceduto il 9 febbra-
io 1917 (Mendizábal, 14.167; necrologio a firma G. C.: Il Pennisi, XI, 1-2, pp.
8-9, ove la nascita è anticipata al 27 marzo).
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