Spin off e renting di capitale immobiliare e operativo: le regole di convenienza, gli spazi di arbitraggio, le occasioni in danno di terzi Alberto ...

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Ancona, 28 ottobre 2005 – Workshop: Il comportamento degli operatori nei mercati finanziari ed assicurativi

    Spin off e renting di capitale immobiliare e operativo: le regole di convenienza, gli spazi
                           di arbitraggio, le occasioni in danno di terzi

                              Alberto Lanzavecchia* - Giulio Tagliavini**
                       Dipartimento di Economia, Università degli studi di Parma
                               Via J.F. Kennedy, 6 - 43100 Parma (Italy)

                                                           Abstract

Venti anni fa, nelle località sciistiche più esclusive, esistevano pochi negozietti che
affittavano l’attrezzatura agli sciatori occasionali. Ora, nelle stesse località, esistono ski center
sofisticati per affittare aggiornatissime attrezzature agli sciatori più esperti; solo i neofiti ora
arrivano sui campi di sci con una propria completa dotazione. Esattamente allo stesso modo,
venti anni fa, le imprese e le banche affittavano i beni strumentali solo quando avevano una
precaria forza finanziaria o quando avevano una necessità temporanea. Ora, invece, le imprese
più dinamiche e di maggiore forza finanziaria dismettono, nella misura in cui è possibile,
l’attivo, a prescindere dalla temporaneità del bisogno, e procedono a riaffittare i medesimi
beni. Alle regole della finanza d’impresa applicate in una logica value-based management,
sempre più seguite anche dalle banche, si è infatti aggiunto un condiviso orientamento che
sottolinea l’opportunità di comprimere l’attivo di bilancio. Si sono così diffuse diverse
operazioni funzionali al suddetto obiettivo, tra cui: spin off e leaseback immobiliari, renting e
locazione operative, fleet management, cessione di marchi ed altri beni immateriali. Questo
contributo vuole sistematizzare i sostanziali motivi di vantaggio in ragione della convinzione,
che gli Autori hanno, circa la limitata razionalità con cui queste operazioni in effetti vengono
spesso intraprese. La tesi sostenuta è che, a fianco di reali occasioni di convenienza, si aprono
spazi di grave pericolo. Alcune disfunzionalità possono infatti sia rendere precaria la difesa
dei terzi creditori e degli azionisti di minoranza che subiscono comportamenti opportunistici,
sia abbassare la tenuta della performance economico-finanziaria nella fase sfavorevole del
ciclo economico. L’analisi è riferita alla recente esperienza di banche ed imprese italiane.

*
  Titolare di assegno di ricerca presso l’Università degli studi di Parma e dottorando in “Mercati e intermediari
finanziari” presso l’Università degli studi di Bologna.
**
   Professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso la Facoltà di Economia dell’Università
degli studi di Parma.
1
  Già negli anni ’70 è stato scritto da autorevole dottrina: “Al lettore accorto […] non sfugge quanto sia erronea
l’affermazione che il fine dell’impresa è il “reddito”. Quest’ultimo è un complesso fenomeno della dinamica
economia sia dell’azienda di consumo e patrimoniale familiare, sia dell’azienda di produzione, sia dell’azienda
composta pubblica, ma non è il fine […]. Neppure si deve confondere il termine “profitto” della astrazione
teorica come rimunerazione dell’ipotetica figura dell’ “imprenditore”, coi fini delle aziende di produzione”
(Carlo Masini, 1974:49-52). Secondo Carlo Masini, infatti, le aziende sono accomunate dal “fine del
soddisfacimento dei bisogni umani ed il mezzo costituito dall’attività economica”.

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1 - Premessa

Un filone di studi e di comportamenti manageriali che fondano i propri ragionamenti sui
principi della moderna finanza d’impresa suggerisce che la gestione aziendale, in ogni suo
aspetto, debba essere orientata alla creazione di valore. Questo modello concettuale è
pervasivo, nel senso che tende a improntare e caratterizzare i comportamenti sul fronte
produttivo e commerciale, esteso, nel senso che tende ad essere adottato da un grande numero
di imprese, industriali, commerciali, finanziarie e bancarie, convincente, nel senso che appare
razionale ed opportuno, non persuasivo, nel senso che si riscontrano profili di non ottimalità
misurata secondo altri parametri o in una logica di medio periodo.

Sotto un primo profilo, la logica del valore è infatti incongruente rispetto al perseguimento di
un obiettivo allargato dell’impresa. Così come la tradizione aziendalistica italiana ha da
tempo sottolineato che il fine dell’impresa non è il lucro,1 potremmo dire che il fine
dell’impresa non è, parimenti, la creazione del valore. La creazione di valore, infatti, non è
altro che il conseguimento di un livello di lucro soddisfacente.2 Una strategia orientata al
valore non permette, ad esempio, di cogliere le opportunità di una corretta strategia sociale
dell’impresa.3 Questo profilo, di grandissimo rilievo operativo e teorico, non verrà
approfondito in seguito.4 Sotto un secondo profilo, la logica del valore, se perseguita con
eccessiva determinazione, presenta alcune incongruenze che mettono in pericolo i risultati di
medio periodo e la vita stessa dell’impresa. Nel caso specifico della gestione bancaria, la
“ricerca del valore” potrebbe essere incompatibile con i principi di sana e prudente gestione a
cui gli intermediari vigilati debbono sottoporsi. Questo contributo si concentra su questo
secondo profilo.

Una gestione orientata al valore raggiunge risultati più ambiziosi nella misura in cui viene
compresso il capitale investito. L’attivo di bilancio non viene visto, diversamente dalla logica
tradizionale, come espressione di forza patrimoniale; esso viene invece percepito,
coerentemente con questo approccio metodologico e di misurazione della performance, come
espressione di fabbisogno finanziario, a cui è connessa l’esigenza di reperire risorse da
remunerare in misura adeguata. L’applicazione del value management sottolinea con molta
forza e crea gli incentivi a minimizzare il capitale investito.

Questa regola della finanza d’impresa, certo non nuova, riceve un’attenzione potenziata in
conseguenza dell’applicazione dei modelli di value management. Il value management
impone l’ottimizzazione dei risultati di breve periodo, per almeno due ragioni: i) il
management resta in carica per un periodo limitato di anni, entro il quale deve conseguire i
risultati attesi; ii) la durata media di detenzione delle azioni di una società da parte degli

2
  Per una descrizione semplificata di una metrica di misurazione del valore creato, si veda A. Lanzavecchia
(2006a).
3
   Il perseguimento di obiettivi allargati, che valicano il perimetro tracciato dalle risultanze contabili, è
considerato, da un numero sempre maggiore di persone, una condizione necessaria, ma non sufficiente, per la
creazione di valore sostenibile nel lungo periodo: “[…] se vogliamo che la nostra azienda abbia successo nel
tempo dobbiamo contare su dipendenti contenti e motivati, su clienti contenti e motivati, in una società che si
evolve grazie a una economia di sviluppo e per tutto questo non è sufficiente l’identità che consegue dal
profitto”. Cfr: A Profumo (2003).
4
  Per approfondimenti e spunti di riflessione si rimanda, fra gli altri, a M. Sella (2003) e alla preziosa raccolta
antologica curata da T. Fanfani (2002) che conduce i ragionamenti attorno alle origini dell’attività creditizia e
alla sua funzione sociale.

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operatori del mercato dei capitali difficilmente supera un lustro, essendo molteplici le
opportunità di investimento alternative. L’investimento in capitale fisso non è quasi mai
coerente con l’ottimizzazione dei risultati di breve periodo. Nella banche, in particolare,
agisce in misura più forte il vincolo del capitale di vigilanza e il rispetto dei ratios
patrimoniali minimi, per cui va affermandosi la visione di una lean bank, concentrata sul
proprio core business e che acquista in outsourcing i servizi accessori di cui necessita, fra cui
quelli di gestione degli immobili strumentali5. Ne deriva che il management cerchi di
applicare tutte le strategie disponibili, anche quelle più aggressive, per comprimere il capitale
investito.

In questo lavoro prenderemo in considerazioni alcune operazioni finanziarie realizzate
recentemente coerenti con l’obiettivo della massimizzazione della creazione di valore.
Cercheremo di vedere se il giudizio preliminare di funzionalità ed opportunità regge alla
valutazione dei pericoli e delle disfunzionalità che sono comunque percepibili.

2 - La compressione dell’attivo

Le operazioni di riduzione del capitale investito, sempre più diffuse, sono riconducibili, in
estrema sintesi, ai seguenti schemi di base:

       1. spin off degli immobili verso società immobiliari, esterne al gruppo della cedente,
          specializzate nella gestione di questi beni; gli immobili, operativi e funzionali
          all’attività, vengono contestualmente ripresi in locazione dalla società cedente;
       2. spin off degli immobili verso società immobiliari, appartenenti al gruppo della
          cedente, magari residenti in paesi a tassazione attenuata; anche questi immobili
          vengono contestualmente ripresi in locazione;
       3. spin off di marchi o altri beni immateriali, tipicamente verso altre società del gruppo;
       4. assunzione di altro capitale fisso in locazione operativa in sostituzione di operazioni di
          acquisto o leasing finanziario.

E’ opportuno descrivere preliminarmente la natura delle operazioni ricompresse nelle classi
sopra indicate.

a) spin off immobiliari verso società esterne

In questo caso l’immobile operativo viene ceduto verso una società specializzata che realizza
qualche sinergia gestionale e riconosce alla società cedente il valore di mercato
dell’immobile. Il bene viene poi ripreso in locazione dalla società cedente. E’ evidente che il
costo della locazione, a lungo termine, è connesso al prezzo concordato per la cessione nella
fase iniziale. In un momento in cui i prezzi immobiliari si trovano in una fascia elevata, ne
deriva che l’operazione verrà conclusa ad un alto prezzo di cessione ed alto prezzo di
locazione. Questa operazione concorre a comprimere, in misura molto sensibile, il capitale
investito. L’indicatore del valore creato riceve due impulsi contrastanti: la cessione dell’attivo
migliora l’indicatore di performance; il servizio della locazione (sostitutivo del cessato
processo di ammortamento) concorre invece a peggiorare la performance. E’ utile chiedersi,

5
    In tal senso: F. Cesarini (2003:17).

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in questo caso, se l’effetto netto che si produce innalza il valore creato o, al contrario, lo
abbassa.6 L’analisi sotto dettagliata dimostra che tali operazioni producono, il più delle volte,
uno spostamento di valore dagli esercizi futuri a quello corrente (e a quelli prossimi). Nelle
ipotesi in cui la negoziazione del prezzo della locazione venga pilotata verso livelli coerenti
con gli obiettivi di alcuni soggetti, si possono realizzare vere e proprie appropriazioni di
valore a vantaggio di alcune classi di azionisti o di altri soggetti beneficiati.

b) spin off immobiliari verso società del gruppo

In questo caso, l’immobile viene scorporato o conferito in una società realmente, ma in alcuni
casi celatamente, appartenente al gruppo a cui appartiene la cedente. Il prezzo della locazione
viene tenuto sui livelli massimi; ciò produce diversi vantaggi: a) il valore creato viene
spostato su un soggetto societario a tassazione favorevole; b) il finanziamento dell’operazione
viene spostato su una società (formalmente indipendente) che non ha una attività industriale,
da ciò deriva che la banca finanziatrice viene ad assumere una prelazione piena sull’immobili
e non viene confermata, neppure in linea generale, la regola della par condicio creditorum
rispetto agli altri creditori dell’impresa. Le conseguenze negative sono chiaramente
percepibili anche a livello intuitivo: i) la solidità finanziaria della società operativa viene
compromessa (fino a pensare che si tratti di operazioni in frode ai creditori); ii) i margini
vengono fatti uscire dall’impresa per seguire un processo ottimizzato che li porta a
disposizione degli azionisti.

c) spin off di marchi

Questa classe di operazioni presenta l’obiettivo di creare i presupposti per il pagamento
periodico di consistenti royalties verso i soggetti detentori del diritto allo sfruttamento del
marchio, tipicamente posizionati in paesi a tassazione attenuata. Operazioni del genere
rispondono assai spesso ad obiettivi nascosti, discutibili sotto il profilo dell’etica degli affari,
di elusione fiscale, di impoverimento degli azionisti di minoranza e dei creditori sociali, di
maquillage di bilancio, di ottimizzazione produttiva su scala globale. Nella stessa misura in
cui è conveniente la delocalizzazione produttiva verso paesi a basso costo del lavoro, allo
stesso modo si procede al trasferimento del marchio in quei paesi in cui la tassazione è più
attenuata e tale operazione è la più efficace per ottenere un rapido risultato. Gli effetti
immediati sulla performance dell’impresa sono particolarmente pronunciati, ma di discutibile
legittimità.

d) renting di capitale operativo

6
  Diversi studi empirici dimostrano che gli spin off di rami d’azienda comportano per l’azienda cedente dei
sovrarendimenti azionari nei giorni immediatamente successivi all’annuncio dell’operazione (Ball – Rutherford
– Shaw, 1993). In particolare, tali effetti risultano maggiori quando oggetto dello spin off sono attività
immobiliari, e, all’interno di tali operazioni, quando la società cedente non sia un’impresa attiva nel real estate
(Hite – Owers - Rogers, 1984). Altre indagini empiriche riportano un sovrarendimento anche nelle azioni della
società acquirente (Glascock – Davidson – Sirmans, 1991) a dimostrazione della tesi che gli asset immobiliari
sono maggiormente valorizzati se conferiti e gestiti da una società immobiliare del Gruppo (Brueggeman –
Fisher – Porter, 1990). Tuttavia, a due anni dall’annuncio dell’operazione, evidenze empiriche mostrano che sia
la società cedente sia la società acquirente generano rendimenti azionari in linea con l’andamento del portafoglio
di mercato (Ball – Rutherford – Shaw, 1993).

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Questa classe di operazioni ha l’obiettivo di portare sull’esterno (outsourcing) spezzoni della
catena produttiva dove non si hanno competenze distintive e dove altri soggetti sono in grado
di assicurare maggiore efficienza. Il caso più noto è quello dei sistemi informativi7 o delle
flotte aziendali. La gestione di una flotta aziendale di automezzi produce costi e vincoli
amministrativi sproporzionati rispetto all’utilità prodotta. Alcuni soggetti si specializzano
verso l’offerta di servizi di questa categoria e verso la proposta alla clientela di contratti a
base periodica. Il cliente, accogliendo queste proposte contrattuali, trasforma costi fissi in
costi periodici e variabili, con risparmio complessivo e con migliore gestione
dell’obsolescenza dei beni. Queste soluzioni sono ormai diffuse anche per altre categorie di
beni e, sommamente, per attrezzature informatiche, oltre che per automezzi.

La discussione in seguito riportata riassume gli effetti che si producono sulla finanza
d’impresa in conseguenza della diffusione di questi comportamenti.

3 – Gli spin off immobiliari effettivi

Queste operazioni vengono indicate come “effettive” per distinguerle dalle operazioni con
contenuto simulatorio ed opportunistico che saranno descritte nel paragrafo successivo. In
questo caso si tratta dell’effettivo passaggio degli immobili a gruppi esterni specializzati nella
gestione di patrimoni immobiliari. Queste operazioni sono particolarmente diffuse fra le
imprese industriali e commerciali. Il loro obiettivo è trasformare attività fisse non valorizzate
in liquidità e questa fonte di autofinanziamento può essere cruciale per sostenere significativi
progetti di crescita aziendale, di ricerca e sviluppo, di marketing8. Le principali banche
italiane, peraltro, vi hanno fatto ricorso su base sistematica (Tabella 1), ancorché, in questo
caso, per sintetizzare ratio e finalità di tali operazioni, occorre distinguere tra immobili
strumentali e immobili non core. Per i primi, gli obiettivi degli spin off sono riconducibili ad
una migliore efficienza gestionale, alla migliore rendicontazione dell’economicità della
gestione immobiliare (anche verso gli analisti esterni)9, alla creazione di economie di
apprendimento e di specializzazione. Per i secondi, in aggiunta, vale la pena segnalare come
la valorizzazione di un patrimonio immobiliare destinato alla rivendita spesso richieda
investimenti in opere di ristrutturazione e di riqualificazione che difficilmente sarebbero
effettuati, in quanto, appunto, gli immobili sono ritenuti non core business. Entrambi, infine,
possono essere utilizzati per perseguire l’obiettivo di far nascere un nuovo operatore
specializzato nel mercato immobiliare dotato di una massa critica gestita adeguata.10

Per analizzare le operazioni di spin off di immobili strumentali, faremo riferimento ad un caso
specifico e simuleremo diverse soluzioni per realizzare lo spin off. Questo approccio ci
consente di ragionare sulle interazioni delle variabili in gioco e di cogliere gli spazi di
convenienza economica. Il piano finanziario di base, in assenza di spin off, è riassumibile
nella seguente tabella di sintesi.

7
  Cfr.: A. Romano (2005:47)
8
  Cfr. M. Plazzotta (1998:16).
9
  Cfr. P. Gualtieri (2002:3-4).
10
   In tale senso, cfr. M. Trillo (2003:56-61).

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Caso base - Piano industriale senza spin off

                                   Ultimo                       Primo                   Previsionale
                                 consuntivo                  previsionale                 a 5 anni

EVA                                  187                           281                        590
Ebit / OF                             2.9                           4.6                      100.0
Roe %                               21.6 %                       14.4 %                     18.4 %
Turnover                             1.15                          1.21                      1.07
Posizione                           -19 %                         -10%                       30%
Finanziaria Netta /
Capitale investito
ROI                                  7.0 %                        8.9 %                    12.8 %

Si tratta, come si può notare dai suddetti dati di sintesi, di una impresa con ottima redditività e
dotata di grande forza finanziaria. Il piano industriale prevede l’ulteriore irrobustimento, con
una certa gradualità nel tempo, della posizione finanziaria, che diventerebbe ben presto
positiva. Il valore creato, stimato in 187 mila euro nell’ultimo esercizio consuntivato,
dovrebbe moltiplicarsi per 3 nel giro di cinque anni.

L’imprenditore analizza l’offerta di un operatore specializzato nella gestione del real estate
che propone di acquisire la proprietà dell’immobile (che ha un valore di libro di 3 milioni di
euro) e di rilocarlo offrendo, in aggiunta, la gestione in outsourcing di alcuni servizi operativi.
L’operazione di spin off può essere realizzata con una soluzione contrattuale di leaseback o di
locazione senza patto di retroacquisto. L’imprenditore decide di considerare la convenienza
dell’operazione dividendo il problema in due stadi di valutazione: al primo stadio viene
valutata la convenienza generale dell’operazione; al secondo stadio, se superato il primo test,
viene valutata la soluzione contrattuale al fine di conseguire le differenze fiscali favorevoli
che sono ipotizzabili. Nel seguito viene presentato il primo stadio dell’analisi11.

Per ipotesi semplificatrice, il piano industriale non subirà modificazioni ulteriori agli effetti
diretti indotti dall’operazione di spin off,12 che nell’esempio di studio risulta pari alla somma
riveniente dalla cessione pari al valore di libro e rilocazione ad un prezzo in linea con i costi
precedentemente sopportati dal locatario. In altri termini, si vuole valutare la convenienza
dell’operazione in ipotesi di assenza di recuperi di costo relativi alla gestione dei beni ribaltati
a favore del locatario. La tabella successiva presenta i risultati.

11
   Il secondo stadio dell’analisi, che prevede l’analisi delle asimmetrie fiscali che rendono le alternative non
indifferenti, viene affrontato in G. Tagliavini (2001).
12
   Si fa qui riferimento ai costi legati alla proprietà dell’immobile (es.: l’ICI) che erano sopportati dalla società
cedente quando era proprietaria dell’immobile, ora inclusi nel costo dell’affitto annuale.

                                                                156
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Prima ipotesi – Cessione al valore di libro a parità di costo operativo

                                 Ultimo                       Primo                   Previsionale
                               consuntivo                  previsionale                 a 5 anni

EVA                                187                           531                        665
Ebit / OF                           2.9                          24.1                      100.0
Roe %                             21.6 %                       19.2 %                     17.2 %
Turnover                           1.15                          1.27                      0.87
Posizione                         -19 %                         -23%                       50%
Finanziaria Netta /
Capitale investito
ROI                                7.0 %                       10.9 %                    10.3 %

I risultati sono di assoluto interesse. Il parametro di redditività operativa (Roi), che in astratto
dovrebbe rimanere invariato in ipotesi di costanza degli oneri relativi alle diverse modalità
contrattuali con le quali si assume l’immobile, ha modeste variazioni, limitate al fatto che
varia la misura del capitale investito nella gestione. In effetti, questo parametro, per
consolidata tradizione, considera solo il capitale operativo di proprietà, e non quello in
semplice uso. I parametri di forza finanziaria migliorano in forma vistosa. La posizione
finanziaria ha un vero e proprio salto verso la zona favorevole, come è ovvio che sia. La
performance in termini di valore subisce un effetto molto favorevole, in particolare nel breve
periodo. Questo effetto può stupire solamente un commentatore non abituato alla logica del
valore. La radice logica di questo effetto sta nel fatto che il capitale precedentemente
impiegato nell’immobile (i 3 milioni di euro) aveva una redditività (al lordo delle imposte) del
3%, pari al costo implicito dell’ammortamento poi evitato. La stessa somma smobilizzata e
poi reinvestita, o assegnata ai soci, ha successivamente una redditività di computo pari al
costo medio ponderato del capitale o, nella ipotesi più cautelativa, al costo del debito oneroso,
compresso in conseguenza della cessione a pronti dell’immobile. In ogni caso, ben superiore
al 3% del costo figurativo dell’ammortamento. La tabella sopra esposta comunica elementi
favorevoli al percorrere la strada dello spin off. Si può tuttavia aggiungere che il risultato
ottenuto deve essere qualificato dal fatto che il giudizio è sicuramente condizionato dalle
buone performance di base dell’impresa. Se avessimo rielaborato il piano industriale di una
impresa con scarsa redditività operativa avremmo ottenuto risultati meno netti, o persino di
segno contrario.

Lo spin off dunque rafforza la performance e la forza finanziaria dell’impresa. Occorre
sottolineare in via aggiuntiva che il controvalore monetario dell’immobile viene reso
immediatamente disponibile e ciò rende possibile lo stacco di dividendi o la realizzazione di
alternative modalità distributive della cassa. Ne deriva che non è detto che la forza finanziaria
creata dall’operazione di spin off venga mantenuta all’interno dell’impresa.

La strategia dello spin off migliora in modo netto la performance sul breve periodo. Sul medio
- lungo periodo, pur essendo, come è ovvio, di difficile valutazione, la performance è
certamente più allineata e mette in pericolo o esclude, tra l’altro, l’ottenimento di plusvalenze
finali di cessione. La strategia è dunque ottima per aziende con una buona redditività
industriale ma tende ad irrigidire la struttura delle uscite di cassa, che possono mostrarsi non

                                                              157
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sopportabili in ipotesi di contrazione del ciclo di business. In termini finanziari, la strategia di
creazione di valore così perseguita, sostituisce un costo-opportunità del capitale (figurativo)
con uscite di cassa reali protratte negli anni futuri. Ne deriva che questa operazione tende, in
definitiva a portare sul breve periodo flussi di cassa che sono destinati, su via naturale, a
manifestarsi sul medio lungo periodo. E’ dunque una strategia miope, disfunzionale rispetto
all’obiettivo di perseguire con determinazione un ciclo lungo e prospero di continuità
aziendale. Le imprese che si pongono obiettivi di sopravvivenza di lungo periodo dovrebbero
dunque guardare con sospetto operazioni che accorciano esageratamente i tempi di
manifestazione dei flussi di entrata13.

Sulla base delle considerazioni sopra esposte, sorge il dubbio che l’operazione in esame si
presti ad essere ottimizzata rispetto allo schema di base sopra utilizzato al fine di accentuarne
i profili di desiderabilità. In particolare, nella fase attuale di prezzi elevati sul mercato
immobiliare, si può immaginare che le operazioni possano essere concluse con sovrapprezzo
a pronti, e con extracosti nella fase successiva di utilizzo dell’immobile. Ci sono precisi
elementi di cronaca che fanno pensare che questo schema di lavoro sia effettivamente di
rilievo.

Siccome lo spin off produce un innalzamento della performance nel breve periodo, è poi utile
immaginare che un management orientato ai conseguire risultati nel breve periodo, ad
esempio in conseguenza di un piano di incentivazione basato sul valore, possa adottare un
comportamento di tipo opportunistico a vantaggio del brevissimo periodo e a danno degli
esercizi più lontani.
Tabella 1 – Alcune recenti operazioni di spin off immobiliare nelle banche

                                                                                                              Plusvalenza
                                                                                        Valore ceduto
            Anno              Banca Cedente               Tipologia di spin off                                  lorda
                                                                                           (€ Mln)
                                                                                                                (€ Mln)
            1999      San Paolo IMI                               Esterno                      411                290
            2000      Banca Pop. Etruria e Lazio                  Interno                      120                n.d.
            2000      Banca Popolare di Novara                Interno/Esterno                  155                323
            2001      Banca di Roma                               Esterno                      620                n.d.
            2001      Banca Popolare di Lodi                      Interno                      185                 43
            2002      Banca Popolare di Lodi                      Interno                      122                 17
            2002      Banca Pop. Milano                           Interno                      134                 78
            2002      Banca Popolare di Vicenza                   Interno                      169                 69
            2003      San Paolo IMI                               Interno                      200                 51
            2003      Banca Antonveneta                           Interno                      699                107
            2003      Banca Popolare di Lodi                      Esterno                       50                  4
            2003      Banca Intesa                            Interno/Esterno                  519                244
            2003      Gruppo MPS                                  Interno                     1.315                89
            2003      Unicredito                                  Interno                      277                  4
Fonte: Trillo (2003); Ernst&Young (2002); nostre elaborazioni su dati pubblici.

13
   La letteratura sulle imprese centenarie è estremamente interessante e sottolinea l’importanza di improntare la
gestione al fine di perdurare nel tempo. Si veda: J. Collins – J. I. Porras (2002); W. T. O’Hara (2004). Una
strategia di spin off non è coerente con le strategie seguite dalle imprese di lunga durata.

                                                                 158
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Tabella 2 – Alcune recenti operazioni di spin off immobiliare nelle imprese industriali

           Anno             Società Cedente                   Tipologia di spin off            Valore ceduto (€ Mln)

            1999     ENEL                                              Interno                            2.841
            1999     Sirti                                             Esterno                             127
            2000     Frette                                            Esterno                              22
            2000     Telecom                                           Esterno                            2.900
            2000     HdP (RCS)                                         Esterno                             170
            2000     ENI                                               Esterno                            1.136
            2000     Gruppo ENEL                                       Esterno                            1.159
            2000     Fininvest                                         Esterno                             325
            2001     FF.SS.                                             Ibrido                             775
            2001     Telecom                                           Esterno                             294
            2001     Poste Italiane                                      n.d.                             5.165
            2001     ENI                                                 n.d.                              615
            2002     Finmatica                                         Interno                             27
Fonte: Trillo (2003); Ernst&Young (2002).

La tabella sotto esposta ipotizza che l’immobile venga ceduto con un sovrapprezzo del 30%
rispetto al prezzo di carico e che il costo periodico venga fissato al livello del 6% del prezzo a
pronti (si sono verificate sul mercato italiano operazioni concluse sul mercato anche a livelli
di prezzo pari all’8%14).

Seconda ipotesi – Cessione al valore di libro maggiorato del 30% e
parametro di costo al 6%

                                   Ultimo                       Primo                  Previsionale
                                 consuntivo                  previsionale                a 5 anni

EVA                                  187                           481                       593
Ebit / OF                             2.9                         100.0                     100.0
ROE                                 21.6 %                       32.0 %                    16.0 %
Turnover                             1.15                         1.16                      0.81
Posizione                           -19 %                        -30 %                      53 %
Finanziaria Netta /
Capitale investito
ROI                                  7.0 %                        9.1 %                    9.5 %

Questa simulazione mostra che, in via di principio, l’operazione crea valore in misura
leggermente ridotta rispetto all’ipotesi precedente, ma che il ROE si potenzia, almeno nel
periodo breve. Non è difficile, per un management opportunistico, riconsiderare la
plusvalenza realizzata in modo da avere un effetto potenziato sul valore creato. Il parametro di
costo al 6% può essere o può non essere ragionevole a seconda della durata del periodo di
locazione concordata e secondo la presenza o l’assenza di clausole di retroacquisto. E’
14
   Cfr. Prospetto Informativo del fondo comune di investimento chiuso “Tecla – Fondo Uffici”, Pirelli RE
(2004).

                                                                159
Ancona, 28 ottobre 2005 – Workshop: Il comportamento degli operatori nei mercati finanziari ed assicurativi

evidente che, in questo caso, i pericoli sono particolarmente pronunciati. L’operazione apre la
possibilità, allungando la durata di vigenza dell’obbligo di pagamento del canone (uscite
effettive di cassa), di rendere attuabile l’innalzamento del proprio valore e, proprio nello
stesso momento, il trasferimento di valori a vantaggio di terzi. L’innalzamento di valore
dell’impresa corrisponde ad un trasferimento dello stesso nel tempo (da esercizi futuri a
esercizi prossimi). L’eventuale trasferimento di valore verso terzi è celato dall’architettura
contrattuale ma è invece effettivo.
4 – Gli spin off immobiliari simulati

Queste operazioni, la cui diffusione non può essere certo stimata con precisione ma che
rientrano nelle prassi commercialistiche più sofisticate, prevedono che un immobile venga
scorporato in una società formalmente terza ma, in realtà, appartenente agli stessi azionisti o a
un sottoinsieme di questi. Il finanziatore fornisce le risorse per l’acquisto dell’immobile
poiché questa operazione, nella sostanza, si riduce a isolare il rischio del finanziamento
immobiliare dal rischio d’impresa. Prima dello scorporo, il finanziatore supporta l’impresa;
dopo lo spin off, il finanziatore supporta una società che ha come cespite prevalente
l’immobile e come unico provento il canone di locazione. Se l’impresa ha una buona
redditività, il canone di locazione può essere mantenuto nella zona elevata dei valori
ragionevoli, o anche oltre. In questo modo è possibile rimborsare celermente il prestito e
costituire con rapidità un capitale extra-aziendale, precedentemente fatto transitare dai costi
per godimento di beni di terzi della società operativa. Quest’ultima ha risultati di bilancio
relativamente compressi, o anche compressi in via assoluta, in ragione del canone potenziato,
ma i finanziatori forti non hanno motivo di lamentarsene, essendo garantiti dall’immobile, per
di più su una posizione separata.

Queste operazioni possono evidenziare una utilità legittima se l’intermediario creditizio è
disponibile a riconoscere nel pricing dell’operazione il livello più ridotto del rischio di
credito. In questo caso, la differenza di tasso, corrispondente alla migliore protezione del
credito offerta al banchiere, può rendere conveniente e giustificare l’operazione. L’utilità può
poi essere perseguita, di solito in via alternativa, se la cessionaria è soggetta ad un regime
fiscale più favorevole.

Nella peggiore delle ipotesi, ossia quando la performance operativa non sia brillante o,
addirittura, quando sia prossima l’insolvenza, la fattispecie descritta in questo paragrafo ha
finalità non legittime. Si tratta di uno schema che realizza la protezione preferenziale di alcuni
creditori a danno di altri, “sfilando” il debito dal bilancio della società in difficoltà per
riversarlo in una posizione più tranquilla. E’ evidente che i terzi non considerati hanno motivo
di lamentarsene e qualche valido appiglio per tentare di far valere i propri diritti in sede
giudiziaria è ravvisabile. Le norme esistenti in materia,15 e sommamente la fattispecie della
bancarotta fraudolenta prevista all’art. 216 della legge fallimentare, non prevedono in modo
preciso questa circostanza ma lo spirito complessivo alla base dello schema è il medesimo.

Sotto un profilo di sistema, il ricorso sistematico alla separazione della proprietà immobiliare
dalla gestione operativa del business ha ripercussioni negative sulla solidità aziendale e,
quindi, sulla capacità dell’impresa di affrontare fasi deboli del ciclo economico. Lo schema
qui commentato è funzionale al predisporre una razionale posizione (dal punto di vista
15
  Ad esempio, la normativa sulla direzione e coordinamento introdotta dalla riforma del diritto societario e sulla
responsabilità degli amministratori, qualora l’operazione avvenga in favore della società controllante.

                                                               160
Ancona, 28 ottobre 2005 – Workshop: Il comportamento degli operatori nei mercati finanziari ed assicurativi

dell’imprenditore) per affrontare l’insolvenza ma non risponde ad un requisito di razionalità
collettiva. I parametri di solidità finanziaria si spostano considerevolmente verso una zona
sfavorevole; la patrimonializzazione e la struttura di conto economico registrano un impulso
verso il degrado del livello di equilibrio che non è neppure il caso descrivere nel dettaglio.

Si tratta, in estrema sintesi, di comportamenti razionali sotto una visuale strettamente
individuale ma disfunzionale nella misura in cui rende meno resistenti le imprese nelle fasi di
ristrutturazione e di rilancio. Si tratta di strategie finanziarie razionali sotto il punto di vista
della proprietà, ma poco razionali sotto un profilo del business. In considerazione delle
caratteristiche proprie dello schema contrattuale e societario è del tutto evidente che lo spazio
di utilizzo sia circoscritto alle imprese di piccola e media dimensione, mentre è più difficile
ipotizzarne un uso sistematico da parte di imprese di grande dimensione. La diffusione di
schemi di esternalizzazione della proprietà immobiliare delle imprese è funzionale ai citati
obiettivi (difesa del patrimonio in caso di insolvenza, protezione del creditore forte,
costituzione di un capitale finanziario extra-aziendale, passaggio delle proprietà verso sistemi
giuridici diversi da quello nazionale), ma deve dunque essere visto con estrema
preoccupazione.

5 – La cessione di marchi

Le operazioni di cessione di proprietà immateriali aziendali hanno tipicamente per oggetto i
marchi16 e i brevetti industriali. In quest’ambito, occorre distinguere le seguenti tre tipologie
di operazioni:
    a) cessione dei diritti dietro corrispettivo a società del Gruppo;
    b) conferimento dei diritti in una società del Gruppo;
    c) sale and leaseback del marchio.

La prima tipologia è volta a realizzare un’operazione di aumento di capitale impropria, nella
quale la società acquirente raccoglie i mezzi finanziari (in primis dagli stessi azionisti) che
impiega nell’acquisto del marchio dalla società cedente. Successivamente, riceverà
dall’azienda utilizzatrice (o dalle aziende utilizzatrici affiliate) un flusso annuale di royalties,
solitamente calcolato in rapporto al fatturato dell’azienda utilizzatrice. Diversamente dal caso
di spin off immobiliare, nel quale si sostituiscono costi da ammortamento con costi di
locazione, la convenienza fiscale in questo caso è più pronunciata in quanto si introduce una
nuova voce di costo fiscalmente deducibile, prima non rilevata in quanto il valore del marchio
non era oggetto di valorizzazione ed ammortamento.17 Su questo nuovo flusso di cassa, gli
azionisti della società acquirente guadagneranno il differenziale nella tassazione del reddito
imponibile fra i due Paesi di residenza delle società (imposte evitate in un Paese contro le
imposte pagate nell’altro Paese). Inoltre, a differenza dei costi fissi da locazione di immobili,

16
   Con le disposizioni del D.Lgs. n.480/1992 è stata introdotta anche in Italia la possibilità di cedere il marchio
anche in via autonoma e non contestuale alla cessione d’azienda o del ramo d’azienda relativo, assoggettando
l’operazione al regime IVA, come stabilito anche da due recenti interventi della Corte di Cassazione (n. 4452 del
26/03/2003 e n.4974 del 1/04/2003). Tale trattamento è controverso nella dottrina tributaria; in tal senso, si veda
la Norma di comportamento n. 158 dell’Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano, argomentata da C.
Ruggiero (2004).
17
   E’ noto, ad esempio, che il marchio della Coca Cola risulta iscritto in bilancio al valore di 1 dollaro.

                                                               161
Ancona, 28 ottobre 2005 – Workshop: Il comportamento degli operatori nei mercati finanziari ed assicurativi

le royalties sono di ammontare variabile, ancorate all’andamento aziendale, per cui risultano
di gran lunga più efficaci nell’affrontare i diversi cicli economici e di business.
Permangono invece gli stessi obiettivi secondari dell’operazione, quali il miglioramento della
posizione finanziaria netta, la possibilità di finanziare l’impresa a condizioni del credito
migliorative (isolamento nella società acquirente dell’attivo “pregiato”), o nuovi fini
censurabili, quali l’elusione della normativa italiana sulla thin capitalization (di fatto, è un
finanziamento soci improprio).

Esaminiamo ora, attraverso alcuni casi esemplificativi, il profilo di convenienza di questa
operazione, misurato in termini di tasso interno di rendimento (IRR) dei flussi di cassa
differenziali, calcolato nell’arco di 20 anni.

I parametri di input per la valutazione del caso base sono i seguenti:

    ƒ   Aliquota di imposta marginale della società cedente:      37,25%
    ƒ   Royalties in % del fatturato della società cedente:       1,50%
    ƒ   Valore di cessione del marchio (in % al fatturato):       0,30 x
    ƒ   Plusvalenza tassata (in % del valore di cessione):        100%
    ƒ   Leverage società acquirente (in % del valore del marchio): 70%
    ƒ   Oneri finanziari su brand acquisition finance:            3,6%
    ƒ   Aliquota di imposta società acquirente:                   20%

Dall’analisi dei flussi di cassa consolidati, pari alla somma dei flussi di cassa per gli azionisti
esteri al netto delle imposte pagate dalla società cedente, emerge un IRR dell’8,2%. Il
decisore di impresa, tuttavia, potrebbe essere spinto ad ottimizzare tale operazione, agendo
sulle variabili critiche gestibili. Le tabelle seguenti mettono in luce l’IRR dell’operazione al
variare di due parametri critici. Fra questi, sono direttamente gestibili in sede di redazione
contrattuale il livello delle royalties e il valore di cessione del marchio:

                                                                                    Royalties
                                                         8,2%         0,50%       1,00%      1,50%              2,00%
                                                         0,20          -5,9%        8,2%     17,5%              25,8%
                                                         0,30       #DIV/0!         0,2%     8,2%               14,6%
          Valore del marchio/Sales
                                                         0,40       #DIV/0!        -5,9%       2,5%              8,2%
                                                         0,50       #DIV/0!      #NUM!        -1,9%              3,8%

L’obiettivo di massimizzare il valore dell’intangible è controbilanciato dal maggior prelievo
fiscale: esiste un trade off tra valore di cessione, in parte trasferito all’amministrazione fiscale
del paese di residenza, e valore trasferito alla società cedente attraverso le royalties. Infatti, al
crescere del valore di cessione, cresce il prelievo fiscale in capo alla società cedente, che
abbatte l’IRR dell’operazione:

                                                            Valore del marchio / Sales
                                           8,2%           0,20      0,30      0,40      0,50
                                           100%          17,5%     8,2%       2,5%     -1,9%
   Plusvalenza tassata/                     75%          24,0%     12,5%      5,8%      0,8%
      valore cessione                       50%          36,4%     20,2%     11,4%      5,2%
                                            10%         182,4%    103,7%     64,3%     40,7%

                                                              162
Ancona, 28 ottobre 2005 – Workshop: Il comportamento degli operatori nei mercati finanziari ed assicurativi

Contrariamente a quanto si possa pensare in prima battuta, non è con il leverage che si crea
valore, anzi: al crescere dell’indebitamento, maggiore è il valore trasferito dagli azionisti alle
banche:

                                                                          Royalties
                                              8,2%       0,50%           1,00%     1,50%             2,00%
                                               90%     #DIV/0!           -3,0%      6,2%             12,8%
     Brand acquisition                         70%     #DIV/0!            0,2%     8,2%              14,6%
         leverage                              50%     #NUM!              2,9%     10,2%             16,3%
                                               10%        -1,0%           7,4%     13,9%             19,7%

Il valore trasferito alle banche con gli oneri finanziari è solo in parte mitigato dal trattamento
fiscale estero più favorevole, che consente di riappropriarsi di una parte del valore che
altrimenti sarebbe di competenza dello Stato:

                                                           Oneri Finanziari su debito estero
                                              8,2%         2,00%     3,00%      3,57%     5,00%
                                               33%          9,7%      8,0%       7,1%      4,5%
                                               20%         11,2%      9,3%      8,2%       5,3%
Aliquota di imposta estero
                                               15%         11,8%      9,8%       8,7%      5,6%
                                               10%         12,4%     10,3%       9,1%      5,9%

Per inciso, la valorizzazione del marchio all’interno del bilancio dell’impresa non è una
strategia coerente con gli obiettivi del value-based management. Infatti, dal momento che
gran parte delle metriche di misurazione del valore sono basate sui dati contabili (e non sui
valori di mercato del capitale), ne consegue che un aumento del valore delle attività
immateriali iscritte in bilancio richiederebbe una maggiore performance operativa attesa, in
grado cioè di raggiungere almeno il rendimento minimo sul capitale investito (divenuto più
ampio).18 Soprattutto in presenza di sistemi di incentivazione o di comunicazione al mercato
dei capitali basati sulle metriche del valore o sugli indicatori di redditività contabile, tale
soluzione non appare attuabile dalle imprese.

La seconda tipologia di operazioni, nella sua versione elementare, è volta semplicemente ad
isolare i diritti di sfruttamento del marchio in una società ad hoc, magari con compagine
societaria differente. In tal caso, gli unici effetti pregiudizievoli riguarderebbero la tutela dei
creditori e degli azionisti di minoranza che si troverebbero con un’azienda impoverita di un
suo asset strategico.
In una versione più maliziosa, tale operazione si presta bene a risolvere situazioni di squilibrio
patrimoniale, magari a seguito di situazioni di crisi aziendale o di processi di ristrutturazione,
nelle quali ricorrono i presupposti per la riduzione del capitale per perdite.
La valutazione del marchio e il suo successivo conferimento in natura in sede di aumento di
capitale o di costituzione, peraltro ora semplificato dall’art. 2465 nel caso delle società a
responsabilità limitata, consentirebbe di ristabilire l’equilibrio patrimoniale contabile, senza
l’immissione di nuove risorse finanziarie. Da un lato, qualora effettivamente l’azienda si trovi
in una situazione di squilibrio contabile, ma in equilibrio finanziario già raggiunto, tale
soluzione potrebbe colmare le distorsioni indotte dalle risultanze contabili (magari aggravate

18
  Sugli errori nella misurazione del valore creato o distrutto, indotti dall’utilizzo di dati contabili sul capitale
investito, si veda A. Lanzavecchia (2006 b).

                                                                163
Ancona, 28 ottobre 2005 – Workshop: Il comportamento degli operatori nei mercati finanziari ed assicurativi

da forti svalutazioni e oneri transitori). Dall’altro, qualora effettivamente l’azienda non abbia
già conseguito o non sia in grado di mantenere l’equilibrio finanziario, in caso di acuirsi del
dissesto finanziario, il Fallimento si troverebbe con valori dell’attivo insussistenti. In tal
senso, tale fattispecie è riconducibile a maquillage contabile, destinato in breve a svelare la
reale situazione economico-finanziaria dell’impresa.

La terza tipologia, infine, è riconducibile a quelle operazioni finanziarie finalizzate alla
trasformazione di attività illiquide in risorse finanziarie fresche.19 Lo schema interpretativo è
il medesimo del leaseback, con i relativi profili di ottimizzazione.

6 – L’esternalizzazione delle proprietà dei beni operativi

L’utilizzo di una ampia gamma di beni operativi, e massimamente di automobili, ha avuto a
cavallo degli anni settanta un importante riorientamento dallo schema classico della proprietà
verso l’operazione di leasing finanziario. Questo contratto, apprezzato da un sempre maggiore
numero di imprenditori, ha consentito di acquisire beni produttivi con ottime condizioni di
prontezza operativa e decisionale, di flessibilità contrattuale, di rischio di gestione
dell’obsolescenza. Il profilo fiscale, favorevole per lunghi anni, ha consentito di avere
contratti di locazione finanziaria a condizioni di costo molto convenienti. Circa 25 anni fa si è
dunque rapidamente passati da una strategia basata sull’acquisto supportato da un
finanziamento bancario ad un finanziamento asset-based, con le formule del leasing e, in
misura secondaria, di finanziamento finalizzato intermediato dal concessionario e/o dalla casa
produttrice del veicolo. Tale primo riorientamento delle strategie acquisitive dei beni a favore
della locazione finanziaria ha dunque ragioni precise riconducibili ai punti seguenti: vantaggi
di costo determinati da profili fiscali; fuoriuscita del debito dal bilancio dell’utilizzatore;
strategie di supporto alle vendite dei produttori; strategie di passaggio da prestito personale a
prestito finalizzato. Più recentemente, pur continuando il marcato successo del comparto
leasing, sono venute meno alcune opportunità fiscali e l’attenzione di una quota delle società
specializzate e della clientela più attenta si è rivolta verso significative innovazioni di
prodotto.

In questi ultimi tempi si sta realizzando un secondo riorientamento dei comportamenti della
clientela: da prodotti strettamente finanziari si passa a prodotti con alto contenuto di servizio;
da prodotti da giudicare con il criterio del costo (netto da imposte) si passa a prodotti da
giudicare con nuovi (e più complicati) criteri. La caratteristica di fondo di queste innovazioni
sembra essere l’obiettivo di portare il fabbisogno finanziario fuori dallo stato patrimoniale. Si
tratta della strategia più attuale, aggressiva. Seguendo questo sentiero di innovazione, che
accentua l’elemento della locazione e allarga il profilo del finanziamento, si tende a
peggiorare il conto economico ma si migliora la misura della forza finanziaria dell’azienda,
abbassando il fabbisogno finanziario esplicito. Si tratta di strategie adatte, in linea generale,
per imprese con buoni margini e in crescita. Si tratta di prodotti che servono il bisogno di
gestire il rischio di obsolescenza. Si tratta di una strategia che “impacchetta rischi” e li rende
convenienti per lo specifico finanziatore. Consente di semplificare fortemente la gestione
(rischi operativi e procedure amministrative portate sull’esterno). E’ attuata con modalità
19
  Nel solo ultimo trimestre del 2005, a titolo esemplificativo e non esaustivo, sono state realizzate operazioni di
spin off and lease back di marchi di società di consulenza (Mytos), sportive (Inter FC, Sampdoria) e industriali
(Ducati).

                                                                164
Ancona, 28 ottobre 2005 – Workshop: Il comportamento degli operatori nei mercati finanziari ed assicurativi

assai varie (renting, fleet management, leasing operativo e ulteriori formule commerciali,
ecc.)

Anche in questo caso cercheremo di focalizzare alcune valutazioni di convenienza facendo
riferimento ad una situazione aziendale. Ciò ci consente di precisare l’interazione delle
variabili in gioco. La tabella sotto esposta mostra cosa accade ad un impresa che ha un
fatturato di 10 milioni di euro che decide che assumere in locazione operativa il 20%
dell’attivo e rinunci alla proprietà diretta dei beni, per preferirne l’uso. Il modello di
valutazione è più complesso rispetto a quello presentato in precedenza in quanto consente di
confrontare la situazione di partenza in ipotesi di caricamento della componente finanziaria a
diversi livelli di tasso e con recuperi di costo, legati alla semplificazione gestionale, di vario
livello. La tabella che segue è stata costruita con l’evidenziazione a sfondo grigio chiaro,
quando il parametro è migliorato, grigio rosso, quando è peggiorato.

                             Punto di partenza                    Renting del 20% dell'attivo

                                                           a                    b                   c

Vendite                            € 10.000.000         € 10.000.000         € 10.000.000         € 10.000.000
Costo venduto                      -€ 9.000.000         -€ 9.000.000         -€ 9.000.000         -€ 9.000.000
Renting (componente finanziaria)                               8,0%                 5,0%                 3,0%
Recupero costi per semplificazione gestionale                  0,8%                 0,8%                 0,8%
Renting                                                   -€ 144.000            -€ 84.000            -€ 44.000
RO                                  € 1.000.000            € 856.000            € 916.000            € 956.000
OF (5%)                              -€ 450.000           -€ 350.000           -€ 350.000           -€ 350.000
RL                                    € 550.000            € 506.000            € 566.000            € 606.000
I (33%)                              -€ 181.500           -€ 166.980           -€ 186.780           -€ 199.980
RN                                    € 368.500            € 339.020            € 379.220            € 406.020

Attivo                             € 10.000.000          € 8.000.000          € 8.000.000          € 8.000.000

Debiti                              € 9.000.000          € 7.000.000          € 7.000.000          € 7.000.000
Mezzi propri                        € 1.000.000          € 1.000.000          € 1.000.000          € 1.000.000

Roe                                      36,9%                33,9%                37,9%                40,6%
Roi                                       3,7%                 4,2%                 4,7%                 5,1%
Ros                                      10,0%                 8,6%                 9,2%                 9,6%
Ebit/OF                                      2,2                  2,4                  2,6                  2,7
D/MP                                         9,0                 7,0                  7,0                   7,0
EVA                                   € 278.500            € 249.020            € 289.220            € 316.020

Le stime supportano la conclusione favorevole circa lo spazio di effettiva convenienza della
locazione d’uso in luogo della proprietà. Questo spazio di convenienza viene rafforzato, come
è ovvio, con componente finanziaria più limitata e con buoni recuperi di costo. Se invece la
componente finanziaria fosse più incisiva rispetto al costo medio del debito finanziario allora
la convenienza economica non sarebbe più garantita, ma rapidamente svanisce. L’aspetto che
più colpisce è che sotto il profilo della valutazione dell’equilibrio finanziario l’assunzione dei
beni operativi in uso, e non con strumenti di proprietà, è sempre conveniente e evidenzia un
migliore livello di solvibilità. Alcuni effetti negativi sulla redditività sono apparenti, più che
reali. Il ROS, ad esempio, scende in quanto alcuni oneri finanziari finiscono per essere inclusi
nel costo del venduto anche se si tratta di componenti finanziarie (non più incluse, come
sarebbe teoricamente auspicabile, nel costo finanziario del debito). La differenza di utile netto
non è tuttavia apparente, ma reale e significativa. La ricomposizione del conto economico è
difficile da valutare ed è opportuno ragionare solo sull’effetto complessivo, che è appunto
mediamente favorevole ma condizionato dal livello di onerosità del contratto. In sintesi
possiamo concludere che: il profilo reddituale è favorevole nella maggior parte dei casi ma

                                                                  165
Ancona, 28 ottobre 2005 – Workshop: Il comportamento degli operatori nei mercati finanziari ed assicurativi

questo vantaggio viene meno per contratti particolarmente onerosi; il profilo di equilibrio
finanziario è favorevole in tutti i casi.

Possiamo analizzare i casi di assunzione dei beni in uso con un maggior grado di dettaglio
distinguendo tre ipotesi: a – renting di beni ad alta obsolescenza, che procurano rischi
notevoli al partner finanziario; b – operazione svolta a parità di componente finanziaria; c –
beni che forniscono un livello di garanzia particolarmente forte, in questo caso il partner
finanziario è disposto a riconoscere il privilegio (di fatto) circa il recupero sul valore
dell’attivo sul costo dell’operazione. Nel caso c), è evidente che il contratto di assunzione
dell’uso del bene verrà concluso a favorevoli condizioni di tasso e, di conseguenza, è assai
probabile che il cliente si troverà in situazione di convenienza, rispetto all’acquisto. Nel caso
b) si tratterà di valutare in modo molto attento le differenze tra due operazioni che
indicativamente dovrebbero assestarsi sullo stesso livello di costo. Il caso a) sarà il più
complesso da valutare in quanto il finanziatore sarà costretto ad offrire l’uso a condizioni più
onerose, per controbilanciare il rischio di obsolescenza assunto. In quest’ultima ipotesi, il
cliente che assume l’uso, a differenza di quello che assume la proprietà, sta acquistando anche
una clausola assicurativa contro l’obsolescenza del bene e quindi il parametro di conto
economico non è conclusivo circa la convenienza effettiva.

E’ utile sottolineare che alcuni particolari di rilievo non sono stati, fino a questo momento,
considerati: a) il miglioramento dello standing creditizio può abbassare il livello del costo del
debito preesistente; b) l’abbassamento del debito può consentire di avviare nuovi programmi
di espansione. Questi profili, pur rilevanti, sono indiretti e di secondo ordine rispetto alle
variabili di maggiore rilievo che trovano diretta esplicitazione e che sono, almeno al lato
pratico, sufficienti per giungere ad una valutazione razionale.

Le valutazioni contenute nella tabella seguente evidenziano l’effetto complessivo
dell’assunzione dell’uso in luogo della proprietà sul rating dell’impresa. Il rating viene
tentativamente e significativamente stimato con il parametro Ebit/OF. L’effetto sul rating è
sempre positivo, anche quando la componente finanziaria è molto costosa, fino ad un livello
di tasso doppio rispetto al costo medio del debito.

Ebit/OF = 2,2                                             Componente finanziaria del renting
OF/D = 5%                                        2%         6%        8%        10%        12%                14%

Recupero costi per                 0,5%           2,8         2,5         2,4         2,3          2,2         2,1
semplificazione                    1,0%           2,8         2,6         2,5         2,3          2,3         2,1
gestionale                         2,0%           2,9         2,6         2,5         2,4          2,3         2,2

La tabella seguente indica invece l’effetto sul Roi. Anche in questo caso sono assicurati ampi
spazi di convenienza.

Roi = 3,7%                                                Componente finanziaria del renting
OF/D = 5%                                        2%         6%        8%        10%        12%                14%

Recupero costi per                 0,5%           5,2         4,5         4,2         3,9          3,5         3,2
semplificazione                    1,0%           5,4         4,7         4,4           4          3,7         3,4
gestionale                         2,0%           5,4         4,8         4,4         4,1          3,8         3,4

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Ancona, 28 ottobre 2005 – Workshop: Il comportamento degli operatori nei mercati finanziari ed assicurativi

La tabella ala pagina seguente indica l’effetto sul valore creato. L’effetto è positivo solo se la
componente finanziaria del renting non è troppo cara. L’effetto del recupero dei costi è molto
importante.

EVA = 278,5 mila                                      Componente finanziaria del renting
OF/D = 5%                                    2%         6%        8%        10%        12%                14%

Recupero costi per             0,5%          325         272          245         218         191         165
semplificazione                1,0%          338         285          258         232         205         178
gestionale                     2,0%          345         291          265         238         211         185

E’ utile sottolineare che non è più possibile giudicare le operazioni che si diffondono con il
secondo riorientamento con il parametro del loro costo, lordo o netto di effetti fiscali; anzi il
loro costo non è particolarmente significativo; occorre creare una logica complessa di
valutazione per una strategia finanziaria, non per una singola decisione finanziaria. Ciò è
sicuramente più complesso e non alla portata di ogni decisore. Non è mai stato possibile
giudicare le operazioni guardando all’esborso finanziario che producono su uno o pochi
esercizi. In un momento in cui è difficile giudicare il costo dopo le imposte del renting, o
comunque è difficile calcolare il tasso percentuale, viene voglia di utilizzare questo criterio, e
nel concreto viene utilizzato. Questo criterio non può permettere di confrontare operazioni che
hanno un contenuto “translativo” con altre che non lo hanno [che consentono, cioè, di
costituire o di non costituire un capitale]

Le operazioni ora analizzate hanno un particolare rilievo in quanto si prestano a sostenere le
vendite dei beni di cui viene finanziato l’acquisto. Ci dobbiamo dunque chiedere come
utilizzare propriamente uno strumento finanziario per sostenere una vendita L’acquisto di una
soluzione di finanziamento dell’uso è originata in via primaria dalla sua convenienza
industriale, ma può essere supportata e potenziata da una soluzione finanziaria.

Il venditore del bene deve illustrare i vantaggi specifici della soluzione tecnologica specifica
ma deve anche spiegare i vantaggi finanziari collaterali: si tratta di vantaggi relativi ai costi
(riduzione di oneri finanziari); di vantaggi relativi alla gestione del CCN e della voce cespiti
(riduzione del fabbisogno finanziario); di vantaggi relativi al reperimento di una controparte
specializzata; di vantaggi connessi a profili gestionali

Le formule espositive che supportano la “vendita dell’uso” sono le seguenti: superamento
delle limitazioni di budget per colui che decide gli investimenti in capitale operativo;
conservazione del circolante per altri impieghi non legati alle immobilizzazioni; modelli di
pagamento flessibili e adattabili ai flussi di cassa; distribuzione dei pagamenti lungo l’intero
ciclo di vita del bene acquisito; agevolazioni fiscali; eliminazione del rischio di obsolescenza;
gestione dell’aggiornamento tecnologico; semplificazione contabile e di bilancio; maggiore
accuratezza nella previsione dei flussi finanziari futuri da allocare e la riduzione del costo
totale di proprietà. Queste formule espositive hanno una loro indubbia incisività e sono
mediamente fondate su corretti criteri di analisi finanziaria.

Il dealer che fornisce una soluzione di renting ha vantaggi specifici rispetto al dealer che non
offre supporto finanziario: moltiplicatore commerciale (propone soluzioni prodotto/finanza);
repeat business ed incremento del tasso di fidelizzazione; profitti addizionali; raggiungimento
dell’equilibrio finanziario (miglioramento della capacità di autofinanziamento, orientamento
alla solvibilità ed efficienza gestionale).

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