Novità fiscali Dicembre 2015 - Gennaio 2016 - Confindustria Benevento

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Novità fiscali
Dicembre 2015

Gennaio 2016
Le novità fiscali di Dicembre 2015

                      ”Se l’impresa è sveglia la ricchezza si accumula, non importa quel che faccia il Risparmio;
                                   se l’impresa dorme la ricchezza decade, qual che sia la sorte del Risparmio ”
                                                                                                 – J. M. Keynes

IRES/IRPEF
1.     Patent box: chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
2.     Interpelli antielusivi: linee guida nella preparazione delle istanze (Ris. AE n.
       104/E/2015)
3.     Modelli di comunicazione per regimi opzionali tonnage tax, consolidato,
       trasparenza e opzione IRAP
4.     Il contributo per la ristrutturazione di un fabbricato rurale è sopravvenienza
       (Cass. sent. n. 23555/2015)
IVA
5.     Reverse charge settore edile – risposte a quesiti (Circ. n. 37/E/2015)
6.     Istituito il punto di contatto per il progetto pilota “Cross Border Ruling”
7.     Prestazioni di servizi elettronici il parere della Corte su presunto abuso del diritto
       (CGUE – sent. causa C-419/14)
8.     Controlli doganali reiterati legittimi se effettuati nel termine di prescrizione
       triennale (CGUE – sent. causa C-427/14)
9.     L’amministrazione di immobili non è esente IVA (CGUE - sent. causa C-
       595/2013)
VARIE
10.    Riforma del processo tributario – interpretazione dell’Agenzia delle entrate (circ.
       n. 38/E/2015)
11.    Modelli di comunicazione per le SIIQ e le SIINQ
12.    Filiera del gioco legale – questione di legittimità costituzionale
13.    Legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208)
AIUTI DI STATO
14.    Avviata indagine su presunti aiuti di stato concessi a Mc Donald’s
15.    Il sostegno dell’Italia a Banca Tercas è un aiuto di stato incompatibile
INTERNAZIONALE
16.    Avvio dell’iter di ratifica ed esecuzione di accordi internazionali in materia fiscale
17.    UE - Nuovo accordo sulla trasparenza fiscale tra Unione Europea e San Marino
18.    UE – estensione della direttiva sulla cooperazione amministrativa in materia
       fiscale ai tax rulings e agli APA
19.    UE- Rapporto Taxation Trends 2015
ATTIVITA’ DELL’AREA
20.    Gruppo di lavoro Fisco
21.    Gruppo di lavoro Principi Contabili
22.    Rapporto Scenari Economici CSC - l’evasione blocca lo sviluppo
23.    Incontro con Assolombarda su DDL Stabilità 2016
24.    Incontri Patent Box

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

                   IRES/IRPEF
                   1. Patent box: chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
                   Nelle ultime settimane, la disciplina della Patent box, introdotta dall’art. 1,
                   commi da 37 a 45 della Legge di Stabilità 2015 (Legge 23 dicembre 2014,
                   n. 190) si è arricchita di alcuni importanti interventi dell’Agenzia delle
                   Entrate, che definiscono le modalità applicative della misura e ne
                   chiariscono alcuni aspetti critici.

Provv. Agenzia     Il 1° dicembre 2015 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il provvedimento
delle Entrate n.   n. 154278, recante disposizioni relative all’accesso alla procedura di ruling,
154278 dell’ 1
dicembre 2015
                   connessa all’utilizzo di beni immateriali, ai fini dell’agevolazione c.d.
                   “Patent box”.

                   Ricordiamo che il ricorso alla procedura di ruling è obbligatorio per la
                   determinazione del reddito derivante dall’utilizzo diretto dei beni
                   immateriali; è, invece, opzionale per calcolare: (i) il reddito legato all’attività
                   di R&S di beni immateriali prodotto nell’ambito di operazioni infragruppo;
                   (ii) le plusvalenze prodotte dalla cessione dei beni immateriali realizzate
                   nell’ambito di operazioni infragruppo.

                   Il provvedimento indica il contenuto essenziale delle istanze di ruling e
                   dispone che queste potranno essere presentate in carta libera, a mezzo
                   raccomandata o direttamente presso l’ufficio competente (individuato
                   nell’Ufficio Accordi preventivi e controversie internazionali dell’Agenzia
                   delle Entrate, Direzione Centrale Accertamento, Settore Internazionale,
                   sedi di Roma e Milano).
                   Come già descritto nella nostra circolare n.19923 del 2 dicembre u.s., a cui
                   si rinvia, il contenuto delle istanze si differenzia in relazione al loro oggetto;
                   giova in questa sede ricordare che il contenuto essenziale dell’istanza
                   include:
                   a. la denominazione dell’impresa, la sede legale o il domicilio fiscale, se
                   diverso dalla sede legale, il codice fiscale e/o la sua partita IVA e,
                   l’eventuale indicazione del domiciliatario nazionale per la procedura presso
                   il quale si richiede di inoltrare le comunicazioni attinenti alla procedura;
                   b. l’indirizzo della stabile organizzazione nel territorio dello Stato, per le
                   imprese non residenti, le generalità e l’indirizzo in Italia del rappresentante
                   per i rapporti tributari di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto del
                   Presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 600, che, salvo diversa
                   ed espressa indicazione, sarà identificato quale domiciliatario nazionale
                   per la procedura;
                   c.     l’indicazione     dell’oggetto    dell’accordo     preventivo     costituito
                   alternativamente da:
                        1. preventiva definizione, in contraddittorio, dei metodi e dei criteri di
                             calcolo del contributo economico alla produzione del reddito
                             d’impresa o della perdita, in caso di utilizzo diretto dei beni

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

         immateriali;
      2. preventiva definizione, in contraddittorio, dei metodi e dei criteri di
         calcolo dei redditi derivanti dall’utilizzo dei beni immateriali, in
         ipotesi diverse da quelle di cui al precedente punto 1, realizzati
         nell’ambito di operazioni con società che direttamente o
         indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono
         controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
      3. preventiva definizione dei metodi e dei criteri di calcolo delle
         plusvalenze, realizzate nell’ambito di operazioni con società che
         direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono
         controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla
         l’impresa;
d. l’indicazione della tipologia di bene immateriale dal cui utilizzo deriva il
reddito agevolabile, secondo l’elencazione contenuta all’articolo 6 del
decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze del 30 luglio 2015, e del vincolo di
complementarietà tra tali beni, qualora esistente;
e. l’indicazione della tipologia di attività di ricerca e sviluppo svolta/e,
secondo l’elencazione contenuta all’articolo 8 del decreto ministeriale, ed il
diretto collegamento della stessa con lo sviluppo, il mantenimento, nonché
l’accrescimento del valore dei beni immateriali;
f. la firma del legale rappresentante o di altra persona munita dei poteri di
rappresentanza. La carenza di taluno degli elementi essenziali determinerà
il rigetto dell’istanza, comunicato dall’Ufficio, entro 30 giorni dalla ricezione
della stessa, salvo che con ulteriore attività istruttoria sia possibile
desumere gli elementi carenti. Relativamente alle istanze presentate entro
il 30 giugno 2016 il termine per il rigetto sarà di 180 giorni.

Il provvedimento prevede la possibilità di integrare la documentazione
presentata con l’istanza di ruling; il termine previsto per la produzione di
memorie integrative e la documentazione di supporto è di 120 giorni dalla
presentazione dell’istanza.

Il provvedimento direttoriale, infine, precisa le modalità di svolgimento della
procedura di ruling e disciplina nel dettaglio le ipotesi di rigetto dell’istanza
e violazione totale o parziale, modifica e rinnovo dell’accordo di ruling.
In merito alla procedura, si dispone che al termine dell’attività istruttoria di
verifica degli elementi essenziali necessari per la validità dell’istanza,
l’Ufficio inviti l’impresa a comparire per mezzo del suo legale
rappresentante per verificare la completezza delle informazioni fornite,
richiedere eventualmente la presentazione di ulteriore documentazione, e
definire i termini di svolgimento del procedimento di contraddittorio che
potrà aver luogo nell’arco di più incontri, al termine dei quali verrà redatto
un apposito processo verbale, la cui copia sarà consegnata al soggetto
istante.
La procedura si perfeziona con la sottoscrizione di un accordo da parte del
responsabile dell’ufficio e del rappresentante legale dell’impresa.

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

Circolare         Con la circolare n. 36/E/2015, emanata sempre in data 1 dicembre,
Agenzia delle
                  l’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi chiarimenti ai numerosi dubbi
Entrate n. 36
dell’1 dicembre   interpretativi relativi all’applicazione della disciplina Patent Box; la circolare
2015              affronta questioni relative a: le modalità e gli effetti derivanti dall’esercizio
                  dell’opzione, gli effetti delle perdite realizzate nei primi esercizi di
                  applicazione del regime, gli effetti in caso di operazioni straordinarie, la
                  procedura di ruling.

                  Con riferimento agli effetti dell’opzione, la circolare chiarisce che gli
                  elementi utili alla quantificazione del beneficio in oggetto, per l’anno
                  d’imposta 2015, potranno essere individuati dalle imprese anche
                  successivamente all’esercizio dell’opzione che ha, secondo quanto
                  precisato dall’Agenzia, il solo effetto di “censire” le imprese che svolgono
                  attività di ricerca e sviluppo e che potrebbero beneficiare del regime di
                  vantaggio derivante dall’applicazione della disciplina in commento a far
                  data dal 2015.

                  Altro tema particolarmente rilevante che la circolare affronta è quello
                  relativo alle perdite. Come segnalato in più occasioni da Confindustria, si
                  tratta di un profilo nodale dell’intera disciplina, in ragione del carattere
                  irrevocabile dell’opzione e della lacunosità, tanto della norma primaria,
                  quanto del decreto, rispetto al tema. L’Agenzia è, pertanto, intervenuta sul
                  punto in via interpretativa, precisando che nei casi in cui, una volta
                  esercitata l’opzione per l’anno d’imposta 2015, l’impresa verifichi che lo
                  sfruttamento economico del bene immateriale genera una perdita,
                  l’impresa in regime Patent Box può rinviare gli effetti positivi dell’opzione
                  agli esercizi in cui lo stesso bene sarà produttivo di reddito.
                  Si chiarisce, inoltre, che qualora le modalità di determinazione
                  dell’agevolazione portino ad un risultato negativo (perdita), derivante
                  dall’eccesso di costi sostenuti per il bene immateriale rispetto ai ricavi ad
                  esso attribuibili, tali perdite concorrono alla formazione del reddito
                  d’impresa di periodo. I componenti positivi e negativi ascrivibili al bene
                  immateriale concorrono, infatti, in modo ordinario alla determinazione del
                  reddito d’impresa di periodo anche quando non venga operata alcuna
                  variazione in diminuzione per fruire dell’agevolazione.
                  La circolare detta, inoltre, un apposito meccanismo di recapture delle
                  perdite generate in vigenza del regime del Patent Box; nel momento in cui
                  il bene immateriale comincia a produrre redditi, le perdite sono computate
                  a riduzione del reddito lordo agevolabile (pari all’eccedenza dei ricavi
                  rispetto ai costi riferibili al singolo bene immateriale), fino al loro completo
                  esaurimento. In tali casi, la concreta fruizione della tassazione agevolata,
                  sotto forma di variazione in diminuzione, ha luogo nel momento in cui il
                  bene immateriale genera redditi depurati da eventuali perdite pregresse
                  prodotte in vigenza del regime del Patent box.

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

                    Una sezione della circolare è, poi, dedicata alle operazioni straordinarie;
                    sul punto, si precisa che le stesse, neutrali ai fini fiscali, potrebbero
                    consentire una più facile gestione della agevolazione in discorso e rendere
                    più efficiente la gestione dell’attività di ricerca e sviluppo.
                    Al riguardo, l’Agenzia precisa che operazioni siffatte, nel presupposto che
                    la società avente causa svolga una “substantial activity” in tema di ricerca e
                    sviluppo, non possano ritenersi elusive o abusive anche se esclusivamente
                    finalizzate ad evitare il ruling obbligatorio; resta, tuttavia, fermo il potere
                    dell’Amministrazione      finanziaria       di    sindacare,    con i    canoni
                    dell’antieconomicità, la congruità dei corrispettivi pattuiti in sede di
                    concessione in uso del diritto all’utilizzo dei beni immateriali tra società
                    appartenenti allo stesso gruppo.

                    Con riferimento alla procedura di ruling, richiamando quanto già descritto
                    nel citato provvedimento, in merito al contenuto essenziale dell’istanza,
                    l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che la documentazione integrativa deve
                    indicare in modo chiaro e preciso i metodi e i criteri di calcolo:
                         del reddito o della perdita derivante dall’utilizzo diretto dei beni
                           immateriali;
                         del reddito d’impresa, o della perdita derivante dalla concessione in
                           uso dei beni immateriali;
                         della plusvalenza derivante dalla cessione dei beni immateriali.

                    Nella documentazione integrativa, dovranno essere indicate anche le
                    ragioni che giustificano l’impiego di tali metodi e criteri di calcolo.
                    Una procedura semplificata è prevista per le PMI e le microimprese.

                    Da ultimo, con il comunicato stampa del 22 dicembre 2015, l’Agenzia delle
Comunicato
                    Entrate ha fornito ulteriori indicazioni sulle modalità di presentazione delle
stampa Agenzia
delle Entrate del   istanze di ruling.
22 dicembre         In particolare, è stato precisato che le istanze presentate a mezzo
2015                raccomandata si considerano presentate alla data di spedizione della
                    raccomandata, come risulta dalla ricevuta rilasciata dall’ufficio postale.
                    Nel comunicato stampa sono stati, inoltre, resi noti gli indirizzi degli sportelli
                    e i relativi orari per i casi di consegna a mano delle istanze.

                    2. Interpelli antielusivi: linee guida nella preparazione
                       delle istanze (Ris. AE n. 104/E/2015)
Risoluzione         Con la risoluzione n. 104 del 15 dicembre 2015, l’Agenzia delle Entrate ha
Agenzia delle       fornito chiarimenti sulla gestione degli interpelli antielusivi presentati dai
Entrate n. 104      contribuenti nel corso del 2015, alla luce delle due modifiche legislative che
del 15 dicembre
                    hanno interessato la relativa disciplina, intervenute nel medesimo anno.
2015
                    Si tratta, in particolare, dei seguenti provvedimenti:
                        - il D. Lgs. del 5 agosto 2015, n. 128, che ha abrogato, con effetto dal
                            1° settembre 2015, la precedente disciplina antielusiva di cui all’art.
                            37-bis del DPR n. 600/1973, ed ha introdotto, con effetto dal 1°

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

       ottobre 2015 una nuova definizione di abuso del diritto, di cui all’art.
       10-bis della legge n. 211/2012 (c.d. Statuto del contribuente);
   -   il DLgs n. 156/2015, che ha modificato l’intera disciplina degli
       interpelli tributari (inclusi quelli antiabuso, con effetto dal 1° gennaio
       2016, abrogando le precedenti regole procedurali, dettate dall’art.
       21, comma 9 della legge n. 413/1991 e dall’art. 10-bis, comma 5
       della legge n. 212/2000.
La non coincidenza temporale tra l’abrogazione delle vecchie disposizioni
in materia di elusione fiscale e l’entrata in vigore delle nuove disposizioni in
materia di abuso del diritto, nonché di quelle relative ai nuovi interpelli
antielusivi aveva generato dubbi con riferimento alle istanze presentate nel
2015.
A tal riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha risposto precisando che:
     le istanze di interpello antielusive presentate dai contribuenti entro il
         1° settembre 2015 (prima dell’abrogazione dell’art. 37-bis del DPR
         n. 600/197), riceveranno una risposta da parte dell’Amministrazione
         finanziaria con valenza limitata a tale disciplina. Infatti, tali istanze
         potrebbero essere prive degli elementi indispensabili per una
         valutazione secondo la nuova disciplina dell’abuso di diritto;
     le istanze presentate dal 2 settembre fino al 30 settembre 2015,
         invece, non riceveranno alcuna risposta dall’Agenzia delle Entrate
         poiché manca per tale periodo (di disallineamento tra la vecchia
         disciplina antielusiva e la nuova norma sull’abuso del diritto) una
         disciplina di riferimento. Nel rispetto del principio della buona fede e
         di collaborazione tra contribuenti ed Amministrazione finanziaria, i
         contribuenti saranno comunque invitati a ripresentare le loro istanze
         di interpello sulla base della nuova disciplina dell’abuso del diritto,
         senza la necessità di allegare di nuovo i documenti già trasmessi in
         precedenza;
     le istanze di interpello presentate tra il 1° ottobre e il 31 dicembre
         2015, dovranno essere presentate ai sensi delle nuove regole
         procedurali dettate dalla norma sull’abuso del diritto (all’art. 10-bis,
         comma 5 L. n. 212/2000). In fase di prima applicazione, saranno
         comunque accettate le istanze di interpello che erroneamente
         richiamano l’abrogata disciplina antielusiva di cui all’art. 21 comma
         9 del D. Lgs. n. 413/1991.
Inoltre, con riferimento agli elementi essenziali che dovranno essere
contenuti nei predetti interpelli, l’Agenzia sottolinea la necessità di indicare
(ferma restando la descrizione esauriente della fattispecie, supportata da
idonea documentazione) il settore impositivo in relazione al quale si chiede
il relativo parere, nonché le norme ritenute applicabili al caso concreto
(vale a dire quelle oggetto di potenziale abuso).
Dove tali dati non siano desumibili dall’istanza presentata, l’Agenzia delle
entrate chiarisce che l’interpello sarà ritenuto inammissibile perché la
fattispecie sottoposta al suo esame non risulta sufficientemente
circostanziata.

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

                   3. Modelli di comunicazione per regimi opzionali tonnage
                      tax, consolidato, trasparenza e opzione IRAP
Provv. Agenzia     Con il provvedimento n. 161213 del 17 dicembre 2015, sono stati approvati
delle Entrate n.   i modelli di comunicazione per i regimi opzionali in materia di IRES e IRAP
161213 del 17      (Tonnage tax, consolidato fiscale, trasparenza fiscale, determinazione della
dicembre 2015
                   base imponibile IRAP, per le società di persone e delle ditte individuali,
                   secondo le stesse regole dettate dalle società di capitali).
                   Ricordiamo che per effetto dell’intervento di razionalizzazione operato
                   dall’art 16 del D. Lgs n. 175/2015 (c.d. Decreto semplificazioni fiscali), le
                   opzioni per tali regimi opzionali sono esercitabili nella dichiarazione dei
                   redditi relativa al periodo d’imposta anteriore a quello di applicazione dei
                   regimi opzionati, negli appositi quadri (es. quadri OP della dichiarazione
                   Unico società di capitali).
                   Pertanto la modulistica approvata con il provvedimento in commento dovrà
                   essere utilizzata nei casi in cui non è possibile esercitare l’opzione in
                   dichiarazione, e dunque per:
                        variazioni del gruppo di imprese che hanno aderito al regime della
                           Tonnage tax;
                        interruzione della tassazione di gruppo o mancato rinnovo
                           dell’opzione;
                        perdita di efficacia o conferma dell’opzione per la trasparenza
                           fiscale;
                        opzione per la determinazione della base imponibile IRAP secondo
                           le regole delle società soggette ad IRES, da parte degli imprenditori
                           individuali e delle società di persone che non possono comunicarla
                           con la dichiarazione IRAP dell’anno precedente in quanto non erano
                           tenuti alla sua presentazione (es. società neocostituita);
                        opzione per il regime di tassazione di gruppo, della Tonnage tax o di
                           trasparenza fiscale da parte delle società che non possono
                           comunicarla con il modello Unico SC dell’anno precedente (es.
                           poiché sono nel primo anno di attività, ovvero devono avvalersi di un
                           diverso modello Unico (es. Unico società di persone) in quanto
                           rivestivano una forma societaria diversa nel periodo d’imposta
                           precedente).
                   La comunicazione va presentata in via telematica:
                       dalla società controllante entro 3 mesi dall’evento che ha
                         determinato la variazione del gruppo in regime di tonnage tax;
                       dalla consolidante entro 30 giorni: – dal verificarsi dell’evento che ha
                         determinato l’interruzione della tassazione di gruppo; – dal termine
                         di presentazione della dichiarazione dell’ultimo periodo di imposta
                         del triennio, in caso di mancato rinnovo dell’opzione per il regime di
                         consolidato; – dalla risposta all’interpello del contribuente per la
                         continuazione del regime di consolidato, in caso di conferma
                         dell’opzione;

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

      dalla società partecipata: – entro 30 giorni dall’evento che ha
       determinato la perdita di efficacia dell’opzione per il regime di
       trasparenza fiscale; – entro il periodo d’imposta da cui decorrono gli
       effetti fiscali dell’operazione straordinaria, in caso di conferma
       dell’opzione per il regime di trasparenza fiscale;
      dal soggetto che, trovandosi nel primo anno di attività o avendo
       mutato la forma societaria in essere nell’annualità precedente,
       esercita l’opzione per uno dei regimi della tonnage tax, del
       consolidato, della trasparenza fiscale o per la determinazione del
       valore della produzione netta secondo le regole dell’articolo 5 del D.
       Lgs. n. 446/97, entro il termine di presentazione della dichiarazione
       annuale.

4. Il contributo per la ristrutturazione di un fabbricato
   rurale è sopravvenienza (Cass. sent. n. 23555/2015)
Con la sentenza numero 23555 del 18 novembre 2015, la Corte di
Cassazione si è pronunciata in merito alla corretta qualificazione fiscale di
contributi finanziari ricevuti da un’impresa dall’Ispettorato provinciale
dell’Agricoltura per la ristrutturazione di un fabbricato rurale e la
realizzazione di un’azienda turistica.

La controversia in oggetto trae origine da un avviso di accertamento,
notificato all’impresa, per maggiori IRPEF e IRAP dovute nel periodo di
imposta di imposta 2000, a seguito della riqualificazione di una parte dei
contributi incassati nell’anno quali sopravvenienze attive, ex art. 55 comma
3 lettera b) del TUIR (testo vigente nel periodo oggetto di contestazione).
L’impresa aveva invece qualificato tali finanziamenti come contributi “in
conto impianti”, in quanto ritenuti strettamente correlati all’investimento in
beni ammortizzabili.

La Cassazione nella sua motivazione precisa che sono qualificabili come
contributi in conto impianti i soli contributi “necessariamente” collegati
all’acquisizione di beni materiali o immateriali ammortizzabili.
Diversamente, le somme erogate per aumentare i mezzi patrimoniali dei
soggetti beneficiari, che non sono strettamente subordinate
all’effettuazione di uno specifico investimento, si qualificano come
contributi in conto capitale.

Confermando quanto affermato con la sentenza n. 781/2011, i Giudici di
legittimità evidenziano che “la scienza economica ha individuato la ulteriore
categoria dei “contributi misti”, cioè concessi al fine generico di potenziare
l’apparato produttivo, che in genere vengono qualificati quali contributi in
conto capitale, in quanto mancherebbe una specifica correlazione con
l’acquisto di beni ammortizzabili.”

La Corte precisa che “di fronte a contributi concessi in relazione a piani di
investimento complessi che comprendono sia spese di acquisizione di beni

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

                    strumentali ammortizzabili, sia spese di diversa natura, sempreché non ci
                    siano dei criteri oggettivi che consentano la ripartizione del contributo tra le
                    varie voci, l’intero importo del contributo stesso dovrebbe essere
                    assoggettato alla disciplina dei contributi in conto capitale”.

                    Pertanto i Giudici, ritenendo che i contributi ricevuti per la realizzazione di
                    una impresa turistica erano stati concessi per interventi di ristrutturazione
                    su un immobile rurale già esistente, e non per l’acquisto ex novo di beni da
                    ammortizzare, hanno respinto il ricorso dell’impresa ed hanno confermato
                    la natura di contributi in conto capitale, iscrivibili quali “sopravvenienze
                    attive”, tassabili pro quota nell’esercizio in cui sono incassati e in quelli
                    successivi, ma non oltre il quarto.

                    IVA
                    5. Reverse charge settore edile – risposte a quesiti (Circ.
                       n. 37/E/2015)
Circolare           Con la circolare n. 37/E del 22 dicembre 2015, l’Agenzia delle Entrate ha
Agenzia delle       fornito numerose risposte a quesiti, in materia di reverse charge applicabile
Entrate n. 37 del   nel settore edile, esposti in occasione dei vari incontri che la stessa ha
22 dicembre
2015
                    tenuto con le diverse associazioni di categoria, tra le quali Confindustria.
                    Di seguito si segnalano i chiarimenti di maggiore interesse contenuti nel
                    documento di prassi in esame.

                    Ai fini della corretta applicazione del meccanismo di inversione contabile
                    alle prestazioni di manutenzione straordinaria di cui alla lett. a-ter)
                    dell’articolo 17, sesto comma, del DPR n. 633/1972, è stato precisato che,
                    in presenza di un unico contratto di appalto, comprensivo di diverse
                    prestazioni di servizi assoggettabili al regime solo in parte, occorre
                    distinguere le singole prestazioni soggette a reverse charge da quelle
                    soggette al regime ordinario.
                    Tuttavia, l’Agenzia ha precisato che in presenza di un contratto di appalto,
                    comprensivo anche di interventi di frazionamento o accorpamento di unità
                    immobiliari, occorrerà applicare, il regime ordinario. Ciò in deroga alla
                    modifica introdotta dall’art. 17 del D.L. n. 133/2014 che ha assimilato tali
                    interventi, in precedenza considerati di ristrutturazione edilizia, a
                    prestazioni di manutenzione straordinaria.

                    Inoltre, anche in caso di contratto di appalto avente per oggetto la
                    demolizione e la successiva ricostruzione di un edificio, bisognerà
                    applicare il regime ordinario, e non quello dell’inversione contabile previsto
                    per l’attività di demolizione, in quanto tale attività è ritenuta strettamente
                    funzionale all’attività di ricostruzione.

                    L’Agenzia delle Entrate ha fornito delle indicazioni utili a chiarire i dubbi

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

legati alla non sempre agevole distinzione tra cessione con posa in opera
accessoria e prestazione di servizi, assoggettata, a differenza della prima,
al meccanismo del reverse charge. A tal riguardo, sulla base delle
indicazioni fornite dai giudici comunitari, occorrerà verificare se con la posa
in opera del bene il fornitore effettui anche delle modifiche per adattarlo
alle specifiche esigenze del cliente, valutare il rapporto tra prezzo del bene
e prezzo dei servizi, e la prevalenza dell’obbligazione di dare o di quella di
fare desumibile dal contratto. Inoltre, l’Agenzia richiama quanto spesso
chiarito dai giudici della Corte di Cassazione, secondo i quali, per
determinare la differenza tra le due fattispecie,è fondamentale considerare
se le parti abbiano inteso attribuire prevalenza all’attività lavorativa prestata
piuttosto che alla materia ceduta.

L’Agenzia ha indicato, altresì, che anche gli impianti posizionati in parte
all’esterno dell’edificio, ma che si trovano in parte all’interno dell’edifico
stesso e sono ad esso funzionali (es. citofoni, climatizzatori, tubi ...), sono
assoggettati al reverse charge.
Il meccanismo dell’inversione contabile deve essere applicato anche
all’installazione di impianti fotovoltaici “integrati” o “semi – integrati” agli
edifici e all’installazione di impianti fotovoltaici “a terra”, purché questi,
anche se collocati all’esterno dell’edificio, siano funzionali o serventi allo
stesso.

Per quanto riguarda l’installazione e la manutenzione degli impianti
antincendio, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’installazione delle
uscite di sicurezza e delle porte tagliafuoco sono assoggettabili a reverse
charge, tuttavia la manutenzione degli estintori, delle manichette e delle
maschere deve essere assoggettata a reverse charge solo nel caso in cui i
beni oggetto di manutenzione siano parte di un impianto complesso
installato su un immobile.
Con riferimento alla manutenzione degli impianti l’Agenzia delle Entrate ha
chiarito che anche la riparazione e la sostituzione di alcune parti dello
stesso, usurate o obsolete rientra nel campo di applicazione del reverse
charge, a condizione che i servizi resi siano relativi ad edifici.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i contributi relativi all’attività
di allacciamento e di attivazione dei servizi, addebitati dalle società di
distribuzione del gas, dell’energia elettrica e dell’acqua, indispensabili per il
funzionamento degli impianti, non sono assoggettabili a reverse charge.

Nel particolare caso in cui le prestazioni di cui all’articolo 17, sesto comma,
lett. a-ter) del DPR n. 633/1972, siano non imponibili ai fini IVA, il
meccanismo di inversione contabile non trova applicazione.

Infine l’Agenzia delle Entrate, considerando la complessità dei quesiti
esposti, ha fatto salvi gli effetti delle operazioni poste in essere in maniera
difforme dalle indicazioni fornite dalla circolare, per i quali non si

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

                   applicheranno sanzioni, conformemente ai principi dello Statuto dei diritti
                   del contribuente. L’inapplicabilità delle sanzioni deve intendersi relativa alle
                   sole questioni affrontate in tale circolare, e purché le violazioni non derivino
                   da comportamenti fraudolenti.

                   6. Istituito il punto di contatto per il progetto pilota “Cross
                      Border Ruling”
Provv. Agenzia     Con il provvedimento n. 165827 del 29 dicembre 2015 l’Agenzia delle
delle Entrate n.   Entrate ha istituito il punto di contatto dedicato per il progetto pilota “Cross
165827 del 29      Border Ruling” (CBR), nato nell’ambito del Forum sull’IVA, coordinato dalla
dicembre 2015
                   Commissione Europea, allo scopo di permettere ai soggetti passivi IVA
                   degli Stati membri che vi aderiscono di proporre quesiti su operazioni
                   transazionali complesse ai fini IVA.

                   Il progetto pilota è iniziato il 1° giugno 2013 e terminerà il 30 settembre
                   2018. A seguito dell’adesione dell’Italia, perfezionatasi a dicembre 2015
                   con il provvedimento in esame, è stato istituito presso il settore Fiscalità
                   Internazionale e Agevolazioni della Direzione Centrale Normativa
                   dell’Agenzia delle Entrate il punto di contatto dedicato alla gestione delle
                   istanze di “Cross Border Ruling”. Il punto di contatto è incaricato di
                   rispondere per iscritto alle istanze dei soggetti passivi identificati ai fini IVA
                   in Italia.

                   Le istanze sono presentate al punto di contatto, utilizzando l’indirizzo di
                   posta elettronica: CBR@agenziaentrate.it , accompagnate da una
                   traduzione nella lingua dei Paesi interessati (che può essere la lingua
                   propria di quel Paese, o la lingua scelta dallo stesso, per la gestione dei
                   CBR).

                   Le istanze di CBR possono riguardare esclusivamente l’interpretazione
                   della normativa IVA applicabile alle operazioni transnazionali prospettate.
                   La valutazione di elementi fattuali connessi alle citate operazioni
                   transnazionali non può formare oggetto di CBR.

                   Il punto di contatto avvierà le consultazioni con le amministrazioni estere
                   coinvolte, al fine di elaborare una soluzione interpretativa al caso
                   prospettato nell’istanza. L’effettuazione delle consultazioni non garantisce
                   che si possa arrivare a un CBR condiviso dalle amministrazioni interessate.

                   Le risposte alle istanze CBR, si intendono fornite nell’ambito della generale
                   attività di consulenza dell’Agenzia delle Entrate e, pertanto, non possono
                   essere oggetto delle disposizioni in materia di interpello.

                   7. Prestazioni di servizi elettronici il parere della Corte su
                      presunto abuso del diritto (CGUE – sent. causa C-

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

                      419/14)
Sentenza Corte    Con la sentenza del 17 dicembre 2015, relativa alla causa C-419/2014, la
di Giustizia      Corte di Giustizia dell’Unione Europea, si è pronunciata in materia di un
dell’Unione
                  presunto caso di abuso del diritto, diretto al pagamento di una minore
Europea causa
C-419/14 del 17   imposta sul valore aggiunto.
dicembre 2015
                  Nel caso oggetto del procedimento, l’unico socio e amministratore di una
                  società di diritto ungherese, acquistava a titolo gratuito da un‘altra società
                  un know how che consentiva lo sfruttamento di un sito internet necessario
                  per prestare servizi interattivi e audiovisivi. Contestualmente, il diritto allo
                  sfruttamento di tale know how veniva ceduto in licenza d’uso dalla società
                  ungherese ad una società portoghese, con sede a Madeira.

                  Dai successivi controlli effettuati, l’amministrazione finanziaria ungherese,
                  ritenendo la pratica abusiva, perché diretta a pagare essenzialmente una
                  minore imposta sul valore aggiunto (data la diversa misura delle aliquote
                  IVA ordinarie applicabili in Ungheria e a Madeira), contestava l’assenza di
                  un’effettiva operazione economica ed emetteva a tal riguardo un avviso di
                  accertamento a titolo di maggiore IVA per gli esercizi dal 2009 al 2011.

                  Dalle verifiche fiscali effettuate e dalle informazioni risultanti dalle indagini
                  penali, è emerso, secondo l’amministrazione fiscale ungherese, che il know
                  how oggetto del contratto di licenza, era in realtà sfruttato dalla società
                  ungherese e, pertanto, l’imposta sul valore aggiunto avrebbe dovuto
                  essere applicata nello stato ungherese, in cui la prestazione di servizi era
                  effettuata, e non in quello portoghese, caratterizzato da una minore
                  aliquota d’imposta.
                  Inoltre, è stato rilevato che la società portoghese, in evidenti difficoltà
                  economiche, non disponeva della capacità di sfruttamento di tale risorsa.
                  A tal proposito, gli organi di controllo erano giunti alla conclusione che
                  l’unica ragione per la quale la società ungherese aveva ceduto in licenza il
                  know how, oggetto del procedimento, era il risparmio fiscale determinato
                  da una minore aliquota IVA in vigore in Portogallo.

                  La società ungherese, impugnando nei diversi gradi di giudizio le decisioni
                  dell’Amministrazione finanziaria, ha fornito elementi utili a dimostrare
                  l’esistenza di ragioni economiche a supporto della scelta di concedere alla
                  società portoghese il diritto allo sfruttamento del know how, come i servizi
                  di pagamento on-line, non ancora ammessi dallo stato ungherese all’epoca
                  dei fatti, e, pertanto, resi attraverso la società portoghese.
                  Nel disciplinare la controversia, il giudice del rinvio si è interrogato su una
                  molteplicità di questioni relative alla corretta individuazione del luogo della
                  prestazione dei servizi, nell’ambito di una costruzione contrattuale
                  potenzialmente abusiva, per cui ha interrotto il procedimento principale e
                  ha sottoposto alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali, di
                  seguito sintetizzate:
                       se ai fini della valutazione dell’abusività dell’operazione, risulti

                                                     12
Le novità fiscali di Dicembre 2015

    rilevante il fatto che la persona fisica che ha creato il know how,
    eserciti un’influenza informale sulla modalità di sfruttamento della
    licenza;
   nel caso in cui non si ravvisino effettive ragioni economiche
    nell’operazione oggetto della contestazione, sia possibile esigere il
    pagamento dell’imposta nello Stato in cui la prestazione di servizi
    avrebbe dovuto ritenersi effettuata, in assenza della pratica abusiva,
    benché la stessa sia già stata assolta nell’altro Stato membro di
    stabilimento;
   se, un contratto di licenza avente per oggetto l’utilizzo di un know
    how per la prestazione di servizi interattivi su internet, concluso tra
    l’impresa concedente, soggetto passivo di uno Stato membro, e
    un’altra impresa soggetto passivo di un altro Stato membro, con il
    solo scopo di beneficiare di una minore aliquota IVA, in vigore in tale
    ultimo stato, costituisca un abuso della libertà di stabilimento e della
    libertà di prestazione di servizi;
   se al fine di contrastare frodi IVA, l’amministrazione finanziaria
    nazionale possa avvalersi di elementi e informazioni raccolte nel
    corso di un procedimento penale, e in caso, affermativo, con quali
    modalità e limiti.
Nel pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali, la Corte di Giustizia ha
osservato che, considerando un contratto di licenza avente per oggetto
la locazione di un know how che consentiva lo sfruttamento di servizi
audiovisivi interattivi, concluso con una società con sede in uno stato
diverso da quello che ha concesso la licenza, nel quale era in vigore
una minore aliquota IVA, il fatto che l’amministratore e unico azionista
esercitasse un’influenza o un controllo sullo sviluppo e sullo
sfruttamento di detto know how, nonché le ragioni che hanno
determinato la decisione di concedere in licenza tale know how ad una
società con sede in tale altro stato, non appaiono da sole sufficienti per
definire l’operazione abusiva.

Conseguentemente, la Corte osserva che spetterà al giudice del rinvio
analizzare l’insieme delle circostanze del procedimento principale per
accertare se tale contratto costituiva una costruzione puramente
artificiosa intesa a dissimulare, che la società che ha acquisito la
licenza non era effettiva, non disponeva delle risorse e delle
competenze necessarie per poter sfruttare il know how, o comunque
non esercitava tale attività economica in proprio nome e per proprio
conto, sotto la propria responsabilità e a proprio rischio.

Inoltre, secondo i giudici comunitari, il fatto che, per effetto della pratica
abusiva, l’imposta sia stata assolta nello Stato in cui vigeva una minore
aliquota, non osta alla possibilità di effettuare un accertamento per
ripristinare il versamento del tributo nello Stato in cui la prestazione di
servizi deve considerarsi effettivamente resa, in assenza

                                13
Le novità fiscali di Dicembre 2015

                     dell’operazione abusiva. Gli Stati membri hanno il dovere di collaborare
                     affinché l’imposta sul valore aggiunto sia versata allo Stato competente,
                     ovvero quello in cui per effetto dell’operazione posta in essere,
                     l‘imposta è diventata esigibile, benché la stessa sia già stata versata
                     nell’altro Stato.

                     A tal fine, per la Corte di Giustizia dell’Unione Europea l’ utilizzo di
                     informazioni e di elementi raccolti nell’ambito di un procedimento
                     penale non ancora concluso, all’insaputa del soggetto passivo,
                     mediante ad esempio intercettazioni di telecomunicazioni, o sequestri di
                     messaggi di posta elettronica, è consentito a condizione che non
                     risultino violati il diritto alla difesa e quello al contraddittorio.

                  8. Controlli doganali reiterati legittimi se effettuati nel
                     termine di prescrizione triennale (CGUE – sent. causa C-
                     427/14)
Sentenza Corte    Con la sentenza del 10 dicembre 2015, relativa alla causa C-427/14, la
di Giustizia      Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata in merito alla
dell’Unione       compatibilità dei limiti previsti dal diritto lettone al termine di prescrizione
Europea causa     dei controlli doganali, disciplinato dal codice doganale comunitario.
C-427/14 del 10
dicembre 2015
                  Nel caso specifico, una società lettone importava nel 2007 prodotti
                  provenienti dalla Cambogia, accompagnati dal certificato di origine emesso
                  dal governo cambogiano, ai fini della loro immissione in libera pratica.
                  Ritenendo il certificato regolare, la società non ha versato né l’IVA né i dazi
                  doganali relativi a tali prodotti.

                  Dall’esito di un primo controllo effettuato nel 2008 dall’amministrazione
                  fiscale lettone relativo al periodo d’imposta precedente, sull’operazione
                  descritta non sono state contestate irregolarità. Tuttavia, nel corso del
                  2010, sulla base delle informazioni ricevute dall’Ufficio europeo per la lotta
                  antifrode (OLAF), il certificato d’origine rilasciato dal governo cambogiano
                  in relazione alle merci interessate non è risultato conforme ai requisiti
                  imposti     dalle   disposizioni      del     diritto  dell’Unione  Europea.
                  Conseguentemente, l’autorità fiscale lettone emetteva un avviso di
                  accertamento nei confronti della società contestando il mancato
                  versamento di IVA e dazi doganali, in relazione ai prodotti importati nel
                  2007.

                  La società, ritenendo le pretese dell’amministrazione fiscale contrarie ai
                  principi di legittimo affidamento e di certezza del diritto, ha impugnato il
                  provvedimento, avviando un contenzioso, nel corso del quale
                  l’amministrazione fiscale ha resistito fino a       presentare ricorso in
                  cassazione.

                  In particolare, quest’ultima, in difesa delle sue pretese, sosteneva la

                                                    14
Le novità fiscali di Dicembre 2015

                 legittimità del successivo controllo, sulla base del fatto che al momento
                 della prima verifica non disponeva delle informazioni dell’OLAF, che le
                 hanno permesso di accertare l’irregolarità del certificato.

                 A tal proposito, la Corte Suprema ha osservato che secondo l’art. 78 par. 3
                 del codice doganale comunitario, le autorità doganali nazionali hanno il
                 diritto di reiterare i controlli effettuati, entro il termine di tre anni dalla data in
                 cui è sorta l’obbligazione doganale, prevenendo il mancato pagamento dei
                 dazi doganali, nel rispetto dei principi generali del procedimento
                 amministrativo, tra i quali quelli previsti dall’ordinamento nazionale.

                 Tuttavia, secondo l’ordinamento nazionale lettone, una decisione
                 dell’amministrazione fiscale può essere oggetto di riesame solo nel caso in
                 cui risulti avviato un procedimento penale per frode, falsificazione di
                 documenti, evasione o altri reati che influiscono sulla determinazione dei
                 tributi da versare.

                 La questione circa l’interpretazione del menzionato art. 78 del codice
                 doganale comunitario è stata quindi devoluta alla Corte di Giustizia
                 dell’Unione Europea.

                 Quest’ultima ha ritenuto che l’art. 78 par. 3 del codice doganale
                 comunitario deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa
                 nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che impedisce
                 alle autorità doganali di reiterare una revisione o un controllo a posteriori e
                 di trarne le conseguenze fissando una nuova obbligazione doganale, se
                 tale limitazione si riferisce a un periodo di tre anni dalla data in cui è sorta
                 la prima obbligazione doganale, circostanza che dovrà essere verificata dal
                 giudice del rinvio.

                 9. L’amministrazione di immobili non è esente IVA (CGUE -
                    sent. causa C-595/2013)
Sentenza Corte   Nella sentenza del 9 dicembre u.s., relativa alla causa C-595/13, la Corte
di Giustizia     di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata in merito al
dell’Unione      riconoscimento dell’esenzione IVA relativa all’attività di gestione di fondi
Europea causa
C-595/13 del 9
                 d’investimento immobiliari.
dicembre 2015
                 Nel caso oggetto della sentenza, una società, denominata (A), facente
                 parte di un’entità fiscale complessa, denominata (X), ha concluso con altre
                 tre società contratti di gestione patrimoniale e immobiliare. Tali contratti
                 avevano per oggetto il controllo sui beni immobili e sull’uso degli stessi, la
                 riscossione dei canoni di locazione e la gestione di situazioni debitorie degli
                 inquilini, l’attività di intermediazione nella ricerca degli inquilini, la fornitura
                 di beni e servizi aggiuntivi, l’attività di manutenzione e controllo, la gestione
                 degli adempimenti contabili e giuridici connessi allo svolgimento di tali
                 attività.

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

Gli azionisti di tali società ricevevano in contropartita degli investimenti
effettuati in partecipazioni e in immobili risultati sotto forma di dividendi.

Considerando che ai sensi della normativa tributaria olandese, la gestione
da parte di fondi d’investimento e di società di investimento, di patrimoni
messi a disposizione in vista di un investimento collettivo è esente dall’IVA,
X non ha versato la relativa imposta sui compensi percepiti dalle tre società
immobiliari, da essa dipendenti.

A seguito di una successiva verifica, l’autorità fiscale olandese emetteva
nei confronti di X un avviso di rettifica IVA per l’anno d’imposta 1996,
originato dal riconoscimento del regime dell’esenzione dall’IVA
limitatamente alle attività di compravendita di immobili e di acquisto di
partecipazioni.

Contro il nuovo atto emesso dall’autorità fiscale olandese, che riduceva
l’ammontare dell’imposta inizialmente pretesa dall’autorità fiscale belga, in
seguito al ricorso presentato da X, quest’ultima presentava ricorso davanti
al tribunale locale, che lo accoglieva.
L’autorità fiscale olandese, contraria a tale decisione, resisteva in appello.
La conferma della sentenza di primo grado da parte dei giudici di secondo
grado, ha determinato il ricorso da parte della stessa alla Corte Suprema
dei Paesi Bassi.

Nel disciplinare la controversia i giudici di legittimità hanno deciso di
sospendere il procedimento per sottoporre alla Corte di Giustizia
dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali:
     se ai sensi dell’art. 13, parte B, lettera d), punto 6 della direttiva
       77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, (sesta direttiva), una
       società costituita da più di un investitore, per effettuare investimenti
       in beni immobili può essere considerata come un fondo comune
       d’investimento;
     in caso di soluzione affermativa alla questione precedente: se l’art.
       13, parte B, lettera d), punto 6 della sesta direttiva debba essere
       interpretato nel senso che nella nozione di “gestione” è compresa
       anche l’amministrazione effettiva dei beni immobili della società che
       quest’ultima ha affidato ad un terzo.

Con riferimento alla prima questione pregiudiziale, i giudici di Lussemburgo
ricordano, preliminarmente, che l’articolo sopra indicato accorda
l’esenzione IVA alle prestazioni consistenti nella gestione di fondi comuni di
investimento, come definiti dal diritto nazionale degli stati membri.

Tuttavia, è stato rilevato dai giudici comunitari che, oltre alle nozioni
previste dagli ordinamenti nazionali degli Stati membri per i fondi comuni di
investimento assoggettati a specifica vigilanza statale, la direttiva europea
in materia di coordinamento della normativa relativa alla vigilanza degli

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Le novità fiscali di Dicembre 2015

                    investimenti, direttiva OICVM (Organismi di investimento collettivi di valori
                    mobiliari) n. 85/611/CEE del Consiglio Europeo del 20 dicembre 1985, ha
                    fornito una definizione di fondi comuni di investimento applicabile ai sensi
                    dell’art. 13, parte B, lettera d), punto 6 della sesta direttiva.
                    A tal riguardo, secondo la Corte di Giustizia, devono essere considerati
                    fondi comuni di investimento esenti ai sensi di tale disposizione sia quelli
                    che effettuano investimenti in valori mobiliari che rientrano nella direttiva
                    OICVM, assoggettati a una vigilanza statale specifica e, sia i fondi che, pur
                    non essendo organismi di investimento collettivo ai sensi di tale direttiva,
                    presentano caratteristiche identiche a questi ultimi, che possono ritenersi
                    in concorrenza con essi.
                    Alla luce di tali considerazioni, l’attività di investimento immobiliare posta in
                    essere dalle società oggetto del procedimento può costituire un fondo
                    comune di investimento esente da IVA se il diritto nazionale ne prevede
                    una specifica attività di vigilanza, circostanza che spetta al giudice del
                    rinvio accertare.
                    Inoltre, la Corte ha precisato che il fatto che l’attività di investimento abbia
                    per oggetto beni immobili e non valori mobiliari, non pregiudica il
                    riconoscimento del diritto all’esenzione dell’IVA, in quanto l’art. 13 della
                    direttiva IVA si riferisce ai fondi comuni di investimento in modo generico, e
                    non a una particolare tipologia dello stesso; diversamente, si violerebbe il
                    principio di neutralità fiscale.

                    Con riferimento alla seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio
                    chiede sostanzialmente se debbano costituire oggetto della disposizione in
                    commento solo l’attività di compravendita di beni immobili o anche la loro
                    amministrazione effettiva (gestione dei rapporti di locazione e degli
                    interventi di manutenzione e sorveglianza sugli immobili).

                    Secondo una lettura restrittiva delle esenzioni previste dall’art. 13 della
                    sesta direttiva, adottata in precedenti pronunce, la Corte ha disposto che
                    la nozione di “gestione” contenuta in tale disposizione non comprende
                    anche l’amministrazione effettiva di beni immobili di un fondo comune
                    d’investimento, poiché non ritenuta un’attività tipica di un fondo comune di
                    investimento ma un’attività generica riferibile ad ogni tipo d’investimento.

                    VARIE
                    10. Riforma del processo tributario – interpretazione
                       dell’Agenzia delle entrate (circ. n. 38/E/2015)
                    Con la circolare n. 38/E del 29 dicembre 2015 l’Agenzia delle Entrate ha
Circolare
Agenzia delle       fornito i primi chiarimenti in merito alla riforma del processo tributario recata
Entrate n. 38 del   dal titolo II del D. Lgs. 24 settembre 2015, n. 156; come noto, tale
29 dicembre         provvedimento normativo è intervenuto a modifica di alcune previsioni
2015
                    contenute nel D. Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 (Disposizioni sul processo

                                                       17
Le novità fiscali di Dicembre 2015

tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della
legge 30 dicembre 1991, n. 413), dando attuazione alla legge delega
fiscale (Legge 11 marzo 2014, n. 23).

Le più importanti modifiche apportate alla disciplina del contenzioso
tributario riguardano:
    ⁻ l’ambito di applicazione degli istituti della conciliazione e della
        mediazione;
    ⁻ la revisione della disciplina della tutela cautelare, estesa a tutte le
        fasi del processo;
    ⁻ l’esecutività immediata delle sentenze non definitive concernenti i
        giudizi promossi avverso gli atti relativi alle operazioni catastali e di
        quelle recanti condanna al pagamento di somme a favore dei
        contribuenti;
    ⁻ il mantenimento del criterio della riscossione frazionata del tributo in
        pendenza di giudizio;
    ⁻ l’affidamento alla commissione tributaria, in composizione
        monocratica, della cognizione dei giudizi di ottemperanza instaurati
        per il pagamento di somme di importo non superiore a 20.000 euro
        e per il pagamento delle spese di giudizio;
    ⁻ l’innalzamento della soglia di valore in base alla quale i contribuenti
        possono stare in giudizio personalmente;
    ⁻ l’ampliamento della categoria dei soggetti abilitati all’assistenza
        tecnica in giudizio.

Ciò premesso, ci soffermiamo, in questa sede, su alcuni dei temi sui quali
l’Agenzia ha fornito i primi chiarimenti.

Con riferimento all’istituto della mediazione giudiziale (nuovo art. 17-bis, D.
Lgs. n. 546/1992), l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’estensione
dell’istituto a tutte le controversie indipendentemente dall’ente impositore
(fermo restando il limite dei 20.000 euro) opera per i ricorsi notificati a
decorrere dal 1° gennaio 2016. Più precisamente, per quanto concerne gli
atti precedentemente esclusi dalla disciplina della mediazione, la nuova
disciplina trova applicazione con riferimento ai ricorsi notificati dal
contribuente a decorrere dal 1° gennaio 2016. Con riguardo, invece, alle liti
concernenti atti dell’Agenzia delle entrate di valore non superiore a
ventimila euro, già ricadenti nell’ambito di applicazione della mediazione,
le nuove disposizioni (riduzione delle sanzioni, modalità di pagamento,
etc.) si applicano ai procedimenti di mediazione già pendenti alla data del
1° gennaio 2016.

Analogamente, l’Agenzia precisa che la possibilità di ricorrere – sia nelle liti
reclamabili che in appello - alla procedura della conciliazione giudiziale
(artt. 48, 48-bis, 48-ter D. Lgs. n. 546/1992) opera con riferimento ai
processi pendenti al 1° gennaio 2016. In particolare, il ricorso alla
conciliazione è possibile anche con riferimento agli atti per i quali è stata

                                   18
Le novità fiscali di Dicembre 2015

già esperita la fase della mediazione.
L’istituto, inoltre, è esteso anche al secondo grado di giudizio, con una
riduzione delle sanzioni al 50%. La circolare precisa la distinzione, operata
dalla norma, tra conciliazione “fuori udienza” e “in udienza”.
Nel primo caso, la parte può presentare un’istanza congiunta contenente la
proposta di conciliazione alla quale l’altra abbia preventivamente aderito. Il
deposito per tale proposta deve avvenire non oltre l’ultima udienza di
trattazione del giudizio di primo o secondo grado. Per la conciliazione in
udienza, invece, una delle parti può presentare istanza entro 10 giorni liberi
prima della data di trattazione. La commissione, se ravvisa le condizioni di
ammissibilità della proposta, invita le parti alla definizione.
In merito alla conciliazione in udienza (nuovo art. 48-bis D.Lgs. n.
546/1992) l’Agenzia precisa che anche nel nuovo contesto normativo,
l’istanza per la conciliazione, anche ove contenuta in una memoria
illustrativa, deve essere accompagnata dalla presentazione della richiesta
di pubblica udienza, necessaria per l’esperimento del tentativo di
conciliazione.
Il perfezionamento delle conciliazioni, infine, avverrà con la sottoscrizione
del verbale (e non con il versamento della prima rata).

In merito alla tutela cautelare, estesa a tutte le fasi del processo tributario,
in attuazione dei principi più volte rimarcati dalla giurisprudenza
costituzionale, l’Agenzia ha precisato che il contribuente può chiedere la
sospensione dell’atto impugnato, sulla base dei presupposti dell’art. 47 D.
Lgs. 546/1992 (la sussistenza di un danno grave e irreparabile e la
ragionevole ammissibilità o fondatezza del ricorso) anche in appello e in
pendenza del giudizio presso la Corte di Cassazione. In questi casi, ricorda
l’Agenzia, il giudice può subordinare i provvedimenti cautelari al rilascio di
una idonea garanzia (la cui disciplina di dettaglio è rimessa ad un decreto
ministeriale). A tal riguardo, va, poi, rilevato che, a decorrere dal 1°
gennaio 2016, la condanna alle spese riguarda anche i giudizi cautelari (e
quindi le richieste di sospensione dell’atto impugnato o dell’esecutività della
sentenza).

L’esito della richiesta di sospensione deve essere comunicato in udienza
immediatamente alle parti; a questo punto, la parte che intende contestare
la condanna alle spese per il giudizio cautelare, dovrà attendere la
sentenza di merito, atto impugnabile. Sul punto, la circolare evidenzia che
la non impugnabilità dell’ordinanza di condanna alle spese non è un limite
alla tutela della parte soccombente poiché quest’ultima potrà, come visto,
impugnare la sentenza (e, qualora il giudice non dovesse provvedere in
sentenza sulle spese di lite della fase cautelare, potrà impugnare la
sentenza per aver omesso di disporre diversamente in merito). La circolare
evidenzia che la non impugnabilità dell’ordinanza non costituisce un limite
alla tutela della parte dichiarata soccombente sulle spese della fase
cautelare, poiché il giudice può disporre diversamente nella sentenza che
definisce il giudizio.

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