SIMULAZIONE - ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE

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SIMULAZIONE - ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE

                               PRIMA PROVA SCRITTA – ESEMPIO TIPOLOGIA A
A1 ANALISI DEL TESTO POETICO
Giovanni Pascoli, Nella Nebbia, da Primi Poemetti, Zanichelli, Bologna, 1926.

             E guardai nella valle: era sparito                          Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di
             tutto! Sommerso! Era un gran mare piano,                    Romagna nel 1855, quarto di dieci figli. Il
             grigio, senz’onde, senza lidi, unito.                       poeta è segnato dolorosamente da un’infanzia
                                                                         e un’adolescenza costellate da lutti familiari e
           E c’era appena, qua e là, lo strano
                                                                         sciagure, prima fra tutte l’assassinio del padre.
         5 vocìo di gridi piccoli e selvaggi:
                                                                         Dopo alcuni anni di insegnamento nei licei,
           uccelli spersi per quel mondo vano.
                                                                         inizia la carriera universitaria, che lo porterà a
             E alto, in cielo, scheletri di faggi,                       succedere a Carducci all’Università di
             come sospesi, e sogni di rovine                             Bologna. Muore a Bologna nel 1912, accudito
             e di silenziosi eremitaggi.                                 dalla sorella Mariù, con la quale aveva cercato
       10    Ed un cane uggiolava senza fine,                            tutta la vita di ricostituire il ‘nido’ distrutto. Le
             né seppi donde, forse a certe péste*                        raccolte poetiche di Pascoli presentano
             che sentii, né lontane né vicine;                           un’organizzazione che non corrisponde alla
                                                                         reale sequenza cronologica dei testi, in quanto
          eco di péste né tarde né preste,                               l’autore lavora contemporaneamente a
          alterne, eterne. E io laggiù guardai:                          contenuti e generi diversi. La lirica Nella
       15 nulla ancora e nessuno, occhi, vedeste.                        Nebbia, tratta dai Primi poemetti, presenta
             Chiesero i sogni di rovine: – Mai                           molti dei motivi, delle immagini e dei simboli
             non giungerà? – Gli scheletri di piante                     che caratterizzano la produzione poetica
             chiesero: – E tu chi sei, che sempre vai?                   pascoliana.

             Io, forse, un’ombra vidi, un’ombra errante                  *péste: orme, impronte
       20    con sopra il capo un largo fascio. Vidi,
             e più non vidi, nello stesso istante.
             Sentii soltanto gl’inquieti gridi
             d’uccelli spersi, l’uggiolar del cane,
             e, per il mar senz’onde e senza lidi,
       25 le péste né vicine né lontane.
   1. Comprensione del testo
   Dopo un’attenta lettura, presenta in sintesi il contenuto della lirica.

   2. Analisi del testo
   2.1 Analizza il testo dal punto di vista stilistico, con riferimento alla metrica, alla presenza di figure retoriche, alle
   sceltelessicali.
   2.2 Spiega il significato simbolico dell’immagine del “mar senz’onde e senza lidi” presente nella prima e nell’ultima strofa
   del testo.
   2.3 Spiega a che cosa può alludere l’espressione ‘un’ombra errante’ al v. 19.
   2.4 Soffermati sulle modalità descrittive dell’ambiente naturale, evidenziando l’uso dei diversi piani sensoriali e il
   particolare effetto di sospensione degli elementi di riferimento spazio-temporali.

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3. Interpretazione complessiva e approfondimenti
 Sulla base dell’analisi condotta, proponi una tua interpretazione complessiva della poesia, ricostruendone
 simboli e temi. Approfondisci l’interpretazione con opportuni collegamenti ad altri testi di Pascoli e/o di altri
 autori a te noti, in cui il rapporto con l’ambiente naturale diventa esperienza dell’insondabilità del reale e
 percezione del mistero dell’esistenza.

A2 ANALISI DEL TESTO LETTERARIO

Umberto Eco, Su alcune funzioni della letteratura, in Sulla letteratura, IV edizione Tascabili Bompiani,
Milano 2016.

«Siamo circondati di poteri immateriali, che non si limitano a quelli che chiamiamo valori spirituali, come
una dottrina religiosa. […] E tra questi poteri annovererei anche quello della tradizione letteraria, vale a dire
del complesso di testi che l’umanità ha prodotto e produce non per fini pratici (come tenere registri,
annotare leggi e formule scientifiche, verbalizzare sedute o provvedere orari ferroviari) ma piuttosto gratia
sui, per amore di se stessi – e che si leggono per diletto, elevazione spirituale, allargamento delle
conoscenze, magari per puro passatempo, senza che nessuno ci obblighi a farlo (se si prescinde dagli
obblighi scolastici). […]
A che cosa serve questo bene immateriale che è la letteratura? […]
La letteratura tiene anzitutto in esercizio la lingua come patrimonio collettivo. La lingua, per definizione,
va dove essa vuole, nessun decreto dall’alto, né da parte della politica, né da parte dell’accademia, può
fermare il suo camminoe farla deviare verso situazioni che si pretendano ottimali. […]
La lingua va dove vuole ma è sensibile ai suggerimenti della letteratura. Senza Dante non ci sarebbe stato
un italianounificato. […]
E se qualcuno oggi lamenta il trionfo di un italiano medio diffusosi attraverso la televisione, non
dimentichiamo che l’appello a un italiano medio, nella sua forma più nobile, è passato attraverso la prosa
piana e accettabile di Manzoni e poi di Svevo o di Moravia.
La letteratura, contribuendo a formare la lingua, crea identità e comunità. Ho parlato prima di Dante, ma
pensiamo a cosa sarebbe stata la civiltà greca senza Omero, l’identità tedesca senza la traduzione della
Bibbia fatta da Lutero, la lingua russa senza Puškin […].
La lettura delle opere letterarie ci obbliga a un esercizio della fedeltà e del rispetto nella libertà
dell’interpretazione. C’è una pericolosa eresia critica, tipica dei nostri giorni, per cui di un’opera letteraria
si può fare quello che si vuole, leggendovi quanto i nostri più incontrollabili impulsi ci suggeriscono. Non
è vero. Le opere letterarie ci invitano alla libertà dell’interpretazione, perché ci propongono un discorso dai
molti piani di lettura e ci pongono di fronte alle ambiguità e del linguaggio e della vita. Ma per poter
procedere in questo gioco, per cui ogni generazione legge le opere letterarie in modo diverso, occorre
essere mossi da un profondo rispetto verso quella che io ho altrove chiamatol’intenzione del testo.»

Sulla letteratura è una raccolta di saggi di Umberto Eco (Alessandria 1932-Milano 2016) pubblicata nel
2002. I testi sono stati scritti tra il 1990 e il 2002 (in occasione di conferenze, incontri, prefazioni ad altre
pubblicazioni), ad eccezione di Le sporcizie della forma, scritto originariamente nel 1954, e de Il mito
americano di tre generazioni antiamericane, del 1980.

 1. Comprensione del testo
 Riassumi brevemente il contenuto del testo.

 2. Analisi del testo
 2.1 Analizza l’aspetto stilistico, lessicale e sintattico del testo.
 2.2 «E se qualcuno oggi lamenta il trionfo di un italiano medio, diffusosi attraverso la televisione, non
     dimentichiamo che l’appello a un italiano medio, nella sua forma più nobile, è passato attraverso
     la prosa piana e accettabile di Manzoni e poi di Svevo o di Moravia». Spiega il significato e la
     valenza ditale affermazione dell’autore nel testo.
 2.3 Soffermati sul significato di “potere immateriale” attribuito da Eco alla letteratura.
 2.4 Quale rapporto emerge dal brano proposto tra libera interpretazione del testo e fedeltà ad esso?

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2.5 «La letteratura, contribuendo a formare la lingua, crea identità e comunità» spiega e
     commenta ilsignificato di tale affermazione.

 3. Interpretazione complessiva ed approfondimenti
 Sulla base dell'analisi condotta, proponi un'interpretazione complessiva del brano ed approfondiscila
 con opportuni collegamenti ad altri testi ed autori del Novecento a te noti. Puoi anche fare riferimento
 alla tua personale esperienza e percezione della funzione della letteratura nella realtà contemporanea.

                      PRIMA PROVA SCRITTA – ESEMPIO TIPOLOGIA B

         B1. ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO

Testo tratto da: prolusione del prof. Carlo Rubbia, La scienza e l’uomo, inaugurazione anno accademico
2000/2001, Università degli studi di Bologna.

Una rapida evoluzione delle tecnologie è certamente la caratteristica più significativa degli anni a venire,
alimentata e accelerata dall'arrivo della struttura del Villaggio Globale. […] Il parallelo darwiniano può
essere portato oltre: come nei sistemi neuronali e più in generale nei sistemi biologici, l'inventività
evolutiva è intrinsecamente associata all'interconnessione. Ad esempio, se limitassimo il raggio di
interazione tra individui ad alcuni chilometri, come era il caso della società rurale della fine
dell'Ottocento, ritorneremmo ad una produttività comparabile a quella di allora. L'interconnessione a tutti
i livelli e in tutte le direzioni, il “melting pot”, è quindi un elemento essenziale nella catalisi della
produttività.
La comunità scientifica è stata la prima a mettere in pratica un tale “melting pot” su scala planetaria.
L'innovazione tecnologica che ne deriva, sta seguendo lo stesso percorso. L'internazionalizzazione della
scienza è quasi un bisogno naturale, dal momento che le leggi della Natura sono evidentemente
universali ed espresse spesso con il linguaggio comune della matematica. È proprio a causa di questa
semplicità che tale esempio costituisce un utile punto di riferimento.
Esso prova che la globalizzazione è un importante mutante “biologico”, una inevitabile tappa
nell'evoluzione. Molte delle preoccupazioni espresse relativamente alle conseguenze di questo processo
si sono rivelate prive di fondamento. Ad esempio, la globalizzazione nelle scienze ha amplificato in
misura eccezionale l'efficacia della ricerca. Un fatto ancora più importante è che essa non ha eliminato le
diversità, ma ha creato un quadro all'interno del quale la competizione estremamente intensificata tra
individui migliora la qualità dei risultati e la velocità con la quale essi possono essere raggiunti. Ne
deriva un meccanismo a somma positiva, nel quale i risultati dell'insieme sono largamente superiori alla
somma degli stessi presi separatamente, gli aspetti negativi individuali si annullano, gli aspetti positivi si
sommano, le buone idee respingono le cattive e i mutamenti competitivi scalzano progressivamente i
vecchi assunti dalle loro nicchie.
Ma come riusciremo a preservare la nostra identità culturale, pur godendo dell'apporto della
globalizzazione che, per il momento, si applica ai settori economico e tecnico, ma che invaderà
rapidamente l'insieme della nostra cultura? Lo stato di cose attuale potrebbe renderci inquieti per il
pericolo dell'assorbimento delle differenze culturali e, di conseguenza, della creazione di un unico
“cervello planetario”.
A mio avviso, e sulla base della mia esperienza nella comunità scientifica, si tratta però solo di una fase
passeggera e questa paura non è giustificata. Al contrario, credo che saremo testimoni di un'esplosione di
diversità piuttosto che di un'uniformizzazione delle culture. Tutti gli individui dovranno fare appello alla
loro diversità regionale, alla loro cultura specifica e alle loro tradizioni al fine di aumentare la loro
competitività e di trovare il modo di uscire dall'uniformizzazione globale. Direi addirittura, parafrasando
Cartesio, “Cogito, ergo sum”, che l'identità culturale è sinonimo di esistenza. La diversificazione tra le
radici culturali di ciascuno di noi è un potente generatore di idee nuove e di innovazione. È partendo da
queste differenze che si genera il diverso, cioè il nuovo. Esistono un posto ed un ruolo per ognuno di noi:
sta a noi identificarli e conquistarceli. Ciononostante, bisogna riconoscere che, anche se l'uniformità può

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creare la noia, la differenza non è scevra da problemi. L'unificazione dell'Europa ne è senza dubbio un
valido esempio.

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Esiste, ciononostante, in tutto ciò un grande pericolo che non va sottovalutato. È chiaro che non tutti
saranno in grado di assimilare un tale veloce cambiamento, dominato da tecnologie nuove. Una parte
della società resterà inevitabilmente a margine di questo processo, una nuova generazione di illetterati
“tecnologici” raggiungerà la folla di coloro che oggi sono già socialmente inutili e ciò aggraverà il
problema dell'emarginazione.
Ciò dimostra che, a tutti i livelli, l'educazione e la formazione sono una necessità. Dobbiamo agire
rapidamente poiché i tempi sono sempre più brevi, se ci atteniamo alle indicazioni che ci sono fornite dal
ritmo al quale procede l'evoluzione. Dovremo contare maggiormente sulle nuove generazioni che
dovranno, a loro volta, insegnare alle vecchie. Questo è esattamente l'opposto di ciò che avviene nella
società classica, nella quale la competenza è attribuita principalmente e automaticamente ai personaggi
più importanti per il loro status o per la loro influenza politica. L'autorità dovrebbe invece derivare dalla
competenza e dalla saggezza acquisite con l'esperienza e non dal potere accumulato nel tempo. […]

Comprensione e analisi

1. Riassumi brevemente questo passo del discorso di Carlo Rubbia, individuandone la tesi di fondo e
   lo sviluppo argomentativo.
2. Che cosa significa che “l'inventività evolutiva è intrinsecamente associata all'interconnessione” e
   che “l’interconnessione a tutti i livelli e in tutte le direzioni, il melting pot, è quindi un elemento
   essenziale nella catalisi della produttività”? Quale esempio cita lo scienziato a sostegno di questa
   affermazione?
3. Per quale motivo Carlo Rubbia chiama a sostegno della propria tesi l’esempio della comunità
   scientifica?
4. Quale grande cambiamento è ravvisato tra la società classica e la società attuale?

Produzione
La riflessione di Carlo Rubbia anticipava di circa vent’anni la realtà problematica dei nostri tempi: le
conseguenze della globalizzazione a livello tecnologico e a livello culturale. Sulla base delle tue
conoscenze personali e del tuo percorso formativo, esprimi le tue considerazioni sul rapporto tra
tecnologia, globalizzazione, diversità.

          B2. ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO

Testo tratto da: Andrea Zhok, Solo la coscienza ci divide dall’intelligenza artificiale

Da Hal di 2001: A Space Odyssey a Dolores di Westworld, uno dei grandi temi della fantascienza contemporanea è la
possibilità di acquisire coscienza da parte di computer (automi) altamente sofisticati. Questa prospettiva diviene però
controversa quando travalica la fantascienza e viene ripresa in ottica futurologica, ad esempio quando movimenti
“transumanisti” vagheggiano una novella escatologia dove forme d’intelligenza artificiale rimpiazzeranno la coscienza
umana, e dove, delegando a queste intelligenze artificiali la costruzione di intelligenze ancora superiori, l’umanità verrà
evolutivamente superata (singolarità tecnologica).
Posto che di motivi per soppiantare l’umanità con qualcosa di meglio non ne mancherebbero, la domanda interessante
è un’altra: in che misura possiamo reputare possibile (prima che eventualmente auspicabile) che una macchina con
straordinarie capacità computazionali possa diventare cosciente, ereditando la mente umana per superarne i limiti? Prima di
rispondere va chiarito cosa intendiamo qui con possibile o impossibile. In un certo senso di possibilità è
perfettamente possibile che Dio rovesci domattina ogni legge di natura, o che tra un quarto d’ora il pianeta Terra venga
spazzato via dai Vogon per far passare una superstrada galattica. Sono possibilità che nessuno può escludere, ma sono
anche possibilità inservibili per guidare la nostra azione, prive di ragioni che le rendano plausibili. Le possibilità di cui ci
interessiamo qui sono invece solo quelle dove abbiamo ragioni per credere che possano realizzarsi.
Ora, in questo senso di possibilità, è possibile che una macchina particolarmente complessa possa pervenire alla
coscienza in senso umano?
Consideriamo in prima istanza l’idea che il cervello umano e il computer siano distintiessenzialmente dalla complessità
delle connessioni. Sotto queste premesse si potrebbe supporre che in un computer particolarmente sofisticato la

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coscienza possa sorgere spontaneamente. Se il cervello umano è semplicemente un’entità con maggiori scambi tra
neuroni, dendriti e sinapsi rispetto ai bit disponibili in un cervello artificiale, allora è sensato ritenere che, raggiunto un
certo grado di complessità, il cervello artificialepossa esercitare le medesime funzioni di quello umano.
Il problema qui è che ciò che chiamiamo coscienza sopravviene a un particolare sostrato materiale, un cervello, anzi un
cervello organicamente inserito in un corpo agente e senziente (un cervello da solo è un pezzo di carne). Ora, che ragioni
abbiamo per ritenere probabile che le stesse caratteristiche supportate dalla materia biologica di un corpo vivente possano
spontaneamente emergere in un sostrato costituito di rame, silicio, tungsteno ecc.? […]
Le “finalità” che attribuiamo ai sistemi computazionali non somigliano affatto alle motivazioni di un vivente. Si tratta di
stringhe di informazione, di sintassi senza semantica. Tali “fini” non appartengono alla macchina e una volta “realizzati”
lasciano la macchina “vuota”, senza “motivazione” alcuna. La volontà che pervade i viventi, infatti, non è la mera
tendenza a realizzare qualcosa, poiché ogni realizzazione particolare è parte di quel contenuto motivazionale generale
che è il vivere in sé. È questa tensione a definire per una coscienza vivente la sensatezza o insensatezza dei suoi atti.
L’errore “stupido” che occasionalmente incontriamo in un correttore di bozze o in un traduttore automatico è stupido per
noi, ma per il computer non è né stupido né intelligente, perché non ne va di nulla di rilevante per la “propria vita”, per
l’ottima ragione che qui vita non c’è.
Un computer è qualcosa che è stato costruito per simulare alcune facoltà disponibili alla coscienza umana, come memoria e
inferenza (deduzione). Ma coscienza è innanzitutto presa di posizione verso il mondo con atti come preferire, desiderare,
godere, soffrire ecc. Questi tratti “valoriali” precedono (sia filogeneticamente che ontogeneticamente) lo sviluppo di
capacità raziocinanti, le indirizzano, orientano e motivano. Perciò, ricreare facoltà di registrazione o deduzione è utile a
esseri che possiedono già quei tratti, ma non avvicinano di un passo la sostituzione della coscienza con dispositivi
artificiali. Di fatto un computer può stupirci per la capacità di accrescere alcune nostre facoltà, così come l’invenzione
storica della scrittura stupì per la sua capacità di potenziare le facoltà di memorizzazione e di analisi precedentemente
disponibili. Ma nel caso del computer come della scrittura ci troviamo di fronte a estensioni di facoltà umane che
dipendono integralmente per esercitarsi dal potersi affidare a facoltà umane. Così come un libro senza un lettore
competente è solo una sequenza di segni neri su sfondo bianco, così un computer senza una mente umana che a
monte pone problemi e a valle interpreta le soluzioni è solo un sistema di trasmissione di impulsi elettromagnetici.
Che dire infine della possibilità di forgiare intelligenza artificiale manipolando diretta mente materia biologica, secondo
il modello fantascientifico dei cyborg? In quest’ultimo scenario è pensabile che si possano assemblare entità capaci di
coscienza; il problema diventa un altro: come garantire che si tratterebbe di una coscienza “umana”, nei vari sensi che la
parola richiama. Infatti il controllo che possiamo avere su un artefatto costruito seguendo nozioni fisiche
scomparirebbe di fronte a una “mente” ottenuta assemblando materia vivente (cerebrale, nervosa ecc.). Anche se
avessimo piena conoscenza di come dev’essere strutturato fisicamente un organismo (un cervello) per ospitare atti
mentali, non avremmo comunque controllo su quegli atti proprio in quanto sono atti. C’è uno iato esplicativo tra i
processi che implicano “prese di posizione” (intenzioni, atteggiamenti, volontà) e i processi descrivibili in termini
meramente fisici (cause efficienti).
Conoscere i secondi non garantisce di prevedere i primi. Perciò, il giorno in cui portassimo alla luce un cyborg dotato di
intelligenza artificiale e coscienza, nulla potrebbe garantirci che quella coscienza sia congenere alla nostra. Potrebbe
trattarsi di una coscienza con le propensioni empatiche di un rettile, gli istinti di un parassita, o altro. [...] Affidare a una
tale coscienza artificiale le nostre sorti ed eredità non sembra possa diventare mai altro che una distopia.
                               (A. Zhok, Solo la coscienza ci divide dall’intelligenza artificiale, «l’Espresso», 17 agosto 2017)

Comprensione e analisi

    1.   Riassumi il contenuto informativo del brano, mettendo in risalto gli snodi della trattazione.
    2.   A partire da quali premesse si sviluppa il ragionamento dell’autore?
    3.   Spiega la tesi sostenuta nel testo.
    4.   Individua le argomentazioni che lo scrittore porta a sostegno delle proprie tesi.
    5.   L’autore inserisce nel suo discorso molti esempi. Individuane alcuni e spiegane la funzione.

Produzione
Immagina di dover rispondere, in un dibattito, con una tesi contraria a quella sostenuta da Zhok. Rifletti sulle possibili
obiezioni e antitesi, in seguito costruisci la tua tesi avvalorandola con argomentazioni solide.

          B3. ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO

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Testo tratto da: Selena Pellegrini, Il marketing del Made in Italy, Armando Editore, Roma, 2016, pp.
28-30.

L’italianità sembra influenzare gli elementi di eccellenza percepiti nei prodotti italiani, e la
percezione spinge il consumatore all’acquisto di quello che chiamiamo il Made in Italy. Il quadro fin
qui è molto ottimista, ma ci sono problemi. È vero che il Made in Italy sembra tuttora competitivo,
ma la domanda è la seguente: la competitività nasce dall’esser fatto in Italia o da altro? Se
consideriamo il “fare” nel senso letterale, la realtà è già diversa. Molti prodotti sono progettati in
Italia e realizzati altrove per svariati motivi, legati principalmente ma non esclusivamente ai costi e
alle relazioni industriali. Una quantità crescente non è più Made in Italy e la situazione potrebbe
quindi far pensare che ad attirare davvero il consumatore sono i prodotti pensati, inventati, concepiti e
progettati in Italia. È il famoso know-how o conoscenza implicita dei designer italiani, il risultato di
secoli di perizia, talenti artigianali, tradizione estetica e abilità pratica che fanno dell’Italia un Paese
unico. Potremmo aspettarci quindi che la condizione necessaria per identificare l’italianità di un
prodotto è che sia pensato in Italia. […]
A questo punto si pongono altre domande. “Pensato in Italia” È una condizione veramente necessaria
o soltanto sufficiente? Esistono altre condizioni […] perché il consumatore si rappresenti un prodotto
come italiano e ne venga attratto?
La realtà pare rispondere “sì, esistono altre condizioni”. Purtroppo, sappiamo che nel mondo cresce il
tasso di prodotti che si fingono italiani e non sono né fatti né pensati in Italia. In molti Paesi come la
Cina, per attirare i consumatori basta apporre un marchio dal nome italiano, anche se non corrisponde
ad alcuna griffe famosa. Oppure basta progettare una campagna di comunicazione e di marketing che
colleghi i prodotti a qualche aspetto del nostro stile, o vita quotidiana, territorio, patrimonio culturale,
antropologia, comportamenti. […]
Da queste considerazioni emerge che la condizione necessaria per innescare una rappresentazione
mentale di italianità non è il luogo della produzione o della concezione, ma quello del
comportamento. Nel senso che il prodotto è collegato a un atteggiamento, al popolo, allo stile, alla
storia, alla terra, alla vita sociale dell’Italia.
Qualcuno si chiederà com’è possibile che consumatori razionali cadano in una trappola simile. Che
siano disposti ad acquistare qualcosa di simbolicamente legato all’Italia, sebbene il produttore non sia
italiano e il prodotto non sia né pensato né ideato in Italia.
La risposta è che quel consumatore razionale non esiste. È un mito assiomatico e aprioristico
dell’economia neoclassica. […] Il modello è ormai superato dalla nuova teoria del consumatore
emotivo.

Comprensione e analisi
1 Sintetizza il contenuto del testo, individuando i principali snodi argomentativi.
2 Analizza l’aspetto formale e stilistico del testo.
3 A cosa fa riferimento l’autrice con l’espressione “comportamento” come rappresentazione
  mentale dell’italianità?
4 In cosa consiste la differenza tra “consumatore razionale” e “consumatore emotivo”?

Produzione
Elabora un testo argomentativo nel quale sviluppi le tue opinioni sulla questione del “made in Italy” e
della percezione dell’”italianità” nel mondo. Potrai confrontarti con la tesi dell'autrice del testo,
confermandola o confutandola, sulla base delle conoscenze, acquisite, delle tue letture e delle tue
esperienze personali.

                         PRIMA PROVA SCRITTA – ESEMPIO TIPOLOGIA C

C1. RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE
DI ATTUALITA’

                                                         7
«Non voglio ammorbarvi a quest’ora con parole sulla fluidità, sull'integrazione, sulla diversità. Diversità non mi
piace perché ha in sé qualcosa di comparativo e una distanza che proprio non mi convince. Quando la verbalizzo
sento sempre di tradire qualcosa che penso o sento. Le parole sono come le amanti quando non si amano più
vanno cambiate subito. Un termine in sostituzione potrebbe essere unicità, perché tutti noi siamo capaci di
coglierla nell’altro e pensiamo di esserlo. Per niente, perché per comprendere la propria unicità è necessario capire
di cosa è composta, di cosa siamo fatti. Di cose belle: le ambizioni, i valori, le convinzioni, i talenti. Ma talenti e
convinzioni devono essere curati. Non è facile entrare in contatto con la propria unicità, ma un modo lo avrei: si
prendono per mano tutte le cose che ci abitano e si portano in alto, si sollevano insieme a noi, nella purezza
dell’aria, in un grande abbraccio innamorato e gridiamo: “che bellezza, tutte queste cose sono io”. Sarà bellissimo
abbracciare la nostra unicità e a quel punto io credo che sarà più probabile aprirsi e uscire da questo stato di
conflitto che ci allontana. Sono una persona molto fortunata a essere qui ma vi chiederei un altro regalo: date un
senso alla mia presenza su questo palco e tentiamo il vero atto rivoluzionario, che è l’ascolto, di sé stessi e degli
altri. Promettetemi che ci doneremo agli altri, che accoglieremo il dubbio anche solo per essere certi che le nostre
convinzioni non siano solo delle convenzioni. Facciamo scorrere i pensieri in libertà e senza pregiudizio e senza
vergogna. Facciamo scorrere i sentimenti con libertà e liberiamoci dalla prigionia dell'immobilità. Immaginate se
il mondo non ruotasse e fisso stesse, se tutto il buio fosse nero pesto».

Il brano sopra riportato è il testo del monologo che l’attore e cantante Gianluca Gori, nei panni del suo
personaggio di finzione Drusilla Foer, ha recitato sul palcoscenico del Festival della canzone italiana di
Sanremo 2022 a proposito della valorizzazione della propria unicità e del proprio talento. Rifletti su tale
tematica, facendo riferimento alle tue esperienze, conoscenze e letture personali. Puoi articolare il tuo testo in
paragrafi opportunamente titolati e presentare la trattazione con un titolo complessivo che ne esprima
sinteticamente il contenuto.

C2. RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE
DI ATTUALITA’

I disturbi alimentari sono in aumento, tra gli adolescenti ma non solo. Le statistiche del servizio sanitario
nazionale britannico, ad esempio, mostrano che i ricoveri per disturbi come anoressia e bulimia sono stati
13.885 tra l’aprile 2016 e l’aprile 2017, una cifra che comprende duemila ragazze di meno di 18 anni
ricoverate per anoressia grave. L’anoressia è, tra i disturbi mentali, quello con il più alto tasso di mortalità. A
tal proposito, la giornalista e scrittrice statunitense
Laurie Penny (che ne ha sofferto in prima persona), ha scritto: «Nessun altro sembra disposto a dirlo, quindi lo
farò io. Se i disturbi alimentari fossero malattie tipiche degli uomini, invece che delle donne, sarebbero presi
più seriamente e si troverebbero cure adatte. Anzi, voglio spingermi oltre: credo che da un certo punto di vista,
l’auto-deprivazione alimentare e l’ossessione per la magrezza, l’immagine del corpo e l’autocensura femminili
siano state normalizzate a tal punto nelle nostre società, che è impossibile non convincersi che queste ragazze
abbiano fatto la scelta giusta, sbagliando semplicemente nell’essersi spinte “troppo oltre”. Diciamo alle
ragazze che non hanno il diritto di conquistarsi i loro spazi nel mondo e poi siamo confusi quando smettono di
mangiare. Facciamo crescere
i nostri figli in una cultura totalmente ossessionata dal controllo dei corpi femminili e poi ci stupiamo quando
vogliono riprendersi parte di questo controllo tramite atti privati e violenti di ribellione passiva-aggressiva».

Rifletti in maniera critica su questa posizione, confrontandola con la tua esperienza e facendo riferimento a
conoscenze che hai acquisito e alla tua sensibilità.

 Durata massima della prova: 6 ore. Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla
 dettatura del tema.
 È consentito l’uso del dizionario italiano e del dizionario bilingue (italiano-lingua del paese
 di provenienza) per i candidati di madrelingua non italiana.

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