SIMULAZIONE - ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE
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SIMULAZIONE - ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE PRIMA PROVA SCRITTA – ESEMPIO TIPOLOGIA A A1 ANALISI DEL TESTO POETICO Giovanni Pascoli, Nella Nebbia, da Primi Poemetti, Zanichelli, Bologna, 1926. E guardai nella valle: era sparito Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di tutto! Sommerso! Era un gran mare piano, Romagna nel 1855, quarto di dieci figli. Il grigio, senz’onde, senza lidi, unito. poeta è segnato dolorosamente da un’infanzia e un’adolescenza costellate da lutti familiari e E c’era appena, qua e là, lo strano sciagure, prima fra tutte l’assassinio del padre. 5 vocìo di gridi piccoli e selvaggi: Dopo alcuni anni di insegnamento nei licei, uccelli spersi per quel mondo vano. inizia la carriera universitaria, che lo porterà a E alto, in cielo, scheletri di faggi, succedere a Carducci all’Università di come sospesi, e sogni di rovine Bologna. Muore a Bologna nel 1912, accudito e di silenziosi eremitaggi. dalla sorella Mariù, con la quale aveva cercato 10 Ed un cane uggiolava senza fine, tutta la vita di ricostituire il ‘nido’ distrutto. Le né seppi donde, forse a certe péste* raccolte poetiche di Pascoli presentano che sentii, né lontane né vicine; un’organizzazione che non corrisponde alla reale sequenza cronologica dei testi, in quanto eco di péste né tarde né preste, l’autore lavora contemporaneamente a alterne, eterne. E io laggiù guardai: contenuti e generi diversi. La lirica Nella 15 nulla ancora e nessuno, occhi, vedeste. Nebbia, tratta dai Primi poemetti, presenta Chiesero i sogni di rovine: – Mai molti dei motivi, delle immagini e dei simboli non giungerà? – Gli scheletri di piante che caratterizzano la produzione poetica chiesero: – E tu chi sei, che sempre vai? pascoliana. Io, forse, un’ombra vidi, un’ombra errante *péste: orme, impronte 20 con sopra il capo un largo fascio. Vidi, e più non vidi, nello stesso istante. Sentii soltanto gl’inquieti gridi d’uccelli spersi, l’uggiolar del cane, e, per il mar senz’onde e senza lidi, 25 le péste né vicine né lontane. 1. Comprensione del testo Dopo un’attenta lettura, presenta in sintesi il contenuto della lirica. 2. Analisi del testo 2.1 Analizza il testo dal punto di vista stilistico, con riferimento alla metrica, alla presenza di figure retoriche, alle sceltelessicali. 2.2 Spiega il significato simbolico dell’immagine del “mar senz’onde e senza lidi” presente nella prima e nell’ultima strofa del testo. 2.3 Spiega a che cosa può alludere l’espressione ‘un’ombra errante’ al v. 19. 2.4 Soffermati sulle modalità descrittive dell’ambiente naturale, evidenziando l’uso dei diversi piani sensoriali e il particolare effetto di sospensione degli elementi di riferimento spazio-temporali. 1
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Sulla base dell’analisi condotta, proponi una tua interpretazione complessiva della poesia, ricostruendone simboli e temi. Approfondisci l’interpretazione con opportuni collegamenti ad altri testi di Pascoli e/o di altri autori a te noti, in cui il rapporto con l’ambiente naturale diventa esperienza dell’insondabilità del reale e percezione del mistero dell’esistenza. A2 ANALISI DEL TESTO LETTERARIO Umberto Eco, Su alcune funzioni della letteratura, in Sulla letteratura, IV edizione Tascabili Bompiani, Milano 2016. «Siamo circondati di poteri immateriali, che non si limitano a quelli che chiamiamo valori spirituali, come una dottrina religiosa. […] E tra questi poteri annovererei anche quello della tradizione letteraria, vale a dire del complesso di testi che l’umanità ha prodotto e produce non per fini pratici (come tenere registri, annotare leggi e formule scientifiche, verbalizzare sedute o provvedere orari ferroviari) ma piuttosto gratia sui, per amore di se stessi – e che si leggono per diletto, elevazione spirituale, allargamento delle conoscenze, magari per puro passatempo, senza che nessuno ci obblighi a farlo (se si prescinde dagli obblighi scolastici). […] A che cosa serve questo bene immateriale che è la letteratura? […] La letteratura tiene anzitutto in esercizio la lingua come patrimonio collettivo. La lingua, per definizione, va dove essa vuole, nessun decreto dall’alto, né da parte della politica, né da parte dell’accademia, può fermare il suo camminoe farla deviare verso situazioni che si pretendano ottimali. […] La lingua va dove vuole ma è sensibile ai suggerimenti della letteratura. Senza Dante non ci sarebbe stato un italianounificato. […] E se qualcuno oggi lamenta il trionfo di un italiano medio diffusosi attraverso la televisione, non dimentichiamo che l’appello a un italiano medio, nella sua forma più nobile, è passato attraverso la prosa piana e accettabile di Manzoni e poi di Svevo o di Moravia. La letteratura, contribuendo a formare la lingua, crea identità e comunità. Ho parlato prima di Dante, ma pensiamo a cosa sarebbe stata la civiltà greca senza Omero, l’identità tedesca senza la traduzione della Bibbia fatta da Lutero, la lingua russa senza Puškin […]. La lettura delle opere letterarie ci obbliga a un esercizio della fedeltà e del rispetto nella libertà dell’interpretazione. C’è una pericolosa eresia critica, tipica dei nostri giorni, per cui di un’opera letteraria si può fare quello che si vuole, leggendovi quanto i nostri più incontrollabili impulsi ci suggeriscono. Non è vero. Le opere letterarie ci invitano alla libertà dell’interpretazione, perché ci propongono un discorso dai molti piani di lettura e ci pongono di fronte alle ambiguità e del linguaggio e della vita. Ma per poter procedere in questo gioco, per cui ogni generazione legge le opere letterarie in modo diverso, occorre essere mossi da un profondo rispetto verso quella che io ho altrove chiamatol’intenzione del testo.» Sulla letteratura è una raccolta di saggi di Umberto Eco (Alessandria 1932-Milano 2016) pubblicata nel 2002. I testi sono stati scritti tra il 1990 e il 2002 (in occasione di conferenze, incontri, prefazioni ad altre pubblicazioni), ad eccezione di Le sporcizie della forma, scritto originariamente nel 1954, e de Il mito americano di tre generazioni antiamericane, del 1980. 1. Comprensione del testo Riassumi brevemente il contenuto del testo. 2. Analisi del testo 2.1 Analizza l’aspetto stilistico, lessicale e sintattico del testo. 2.2 «E se qualcuno oggi lamenta il trionfo di un italiano medio, diffusosi attraverso la televisione, non dimentichiamo che l’appello a un italiano medio, nella sua forma più nobile, è passato attraverso la prosa piana e accettabile di Manzoni e poi di Svevo o di Moravia». Spiega il significato e la valenza ditale affermazione dell’autore nel testo. 2.3 Soffermati sul significato di “potere immateriale” attribuito da Eco alla letteratura. 2.4 Quale rapporto emerge dal brano proposto tra libera interpretazione del testo e fedeltà ad esso? 2
2.5 «La letteratura, contribuendo a formare la lingua, crea identità e comunità» spiega e commenta ilsignificato di tale affermazione. 3. Interpretazione complessiva ed approfondimenti Sulla base dell'analisi condotta, proponi un'interpretazione complessiva del brano ed approfondiscila con opportuni collegamenti ad altri testi ed autori del Novecento a te noti. Puoi anche fare riferimento alla tua personale esperienza e percezione della funzione della letteratura nella realtà contemporanea. PRIMA PROVA SCRITTA – ESEMPIO TIPOLOGIA B B1. ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO Testo tratto da: prolusione del prof. Carlo Rubbia, La scienza e l’uomo, inaugurazione anno accademico 2000/2001, Università degli studi di Bologna. Una rapida evoluzione delle tecnologie è certamente la caratteristica più significativa degli anni a venire, alimentata e accelerata dall'arrivo della struttura del Villaggio Globale. […] Il parallelo darwiniano può essere portato oltre: come nei sistemi neuronali e più in generale nei sistemi biologici, l'inventività evolutiva è intrinsecamente associata all'interconnessione. Ad esempio, se limitassimo il raggio di interazione tra individui ad alcuni chilometri, come era il caso della società rurale della fine dell'Ottocento, ritorneremmo ad una produttività comparabile a quella di allora. L'interconnessione a tutti i livelli e in tutte le direzioni, il “melting pot”, è quindi un elemento essenziale nella catalisi della produttività. La comunità scientifica è stata la prima a mettere in pratica un tale “melting pot” su scala planetaria. L'innovazione tecnologica che ne deriva, sta seguendo lo stesso percorso. L'internazionalizzazione della scienza è quasi un bisogno naturale, dal momento che le leggi della Natura sono evidentemente universali ed espresse spesso con il linguaggio comune della matematica. È proprio a causa di questa semplicità che tale esempio costituisce un utile punto di riferimento. Esso prova che la globalizzazione è un importante mutante “biologico”, una inevitabile tappa nell'evoluzione. Molte delle preoccupazioni espresse relativamente alle conseguenze di questo processo si sono rivelate prive di fondamento. Ad esempio, la globalizzazione nelle scienze ha amplificato in misura eccezionale l'efficacia della ricerca. Un fatto ancora più importante è che essa non ha eliminato le diversità, ma ha creato un quadro all'interno del quale la competizione estremamente intensificata tra individui migliora la qualità dei risultati e la velocità con la quale essi possono essere raggiunti. Ne deriva un meccanismo a somma positiva, nel quale i risultati dell'insieme sono largamente superiori alla somma degli stessi presi separatamente, gli aspetti negativi individuali si annullano, gli aspetti positivi si sommano, le buone idee respingono le cattive e i mutamenti competitivi scalzano progressivamente i vecchi assunti dalle loro nicchie. Ma come riusciremo a preservare la nostra identità culturale, pur godendo dell'apporto della globalizzazione che, per il momento, si applica ai settori economico e tecnico, ma che invaderà rapidamente l'insieme della nostra cultura? Lo stato di cose attuale potrebbe renderci inquieti per il pericolo dell'assorbimento delle differenze culturali e, di conseguenza, della creazione di un unico “cervello planetario”. A mio avviso, e sulla base della mia esperienza nella comunità scientifica, si tratta però solo di una fase passeggera e questa paura non è giustificata. Al contrario, credo che saremo testimoni di un'esplosione di diversità piuttosto che di un'uniformizzazione delle culture. Tutti gli individui dovranno fare appello alla loro diversità regionale, alla loro cultura specifica e alle loro tradizioni al fine di aumentare la loro competitività e di trovare il modo di uscire dall'uniformizzazione globale. Direi addirittura, parafrasando Cartesio, “Cogito, ergo sum”, che l'identità culturale è sinonimo di esistenza. La diversificazione tra le radici culturali di ciascuno di noi è un potente generatore di idee nuove e di innovazione. È partendo da queste differenze che si genera il diverso, cioè il nuovo. Esistono un posto ed un ruolo per ognuno di noi: sta a noi identificarli e conquistarceli. Ciononostante, bisogna riconoscere che, anche se l'uniformità può 3
creare la noia, la differenza non è scevra da problemi. L'unificazione dell'Europa ne è senza dubbio un valido esempio. 4
Esiste, ciononostante, in tutto ciò un grande pericolo che non va sottovalutato. È chiaro che non tutti saranno in grado di assimilare un tale veloce cambiamento, dominato da tecnologie nuove. Una parte della società resterà inevitabilmente a margine di questo processo, una nuova generazione di illetterati “tecnologici” raggiungerà la folla di coloro che oggi sono già socialmente inutili e ciò aggraverà il problema dell'emarginazione. Ciò dimostra che, a tutti i livelli, l'educazione e la formazione sono una necessità. Dobbiamo agire rapidamente poiché i tempi sono sempre più brevi, se ci atteniamo alle indicazioni che ci sono fornite dal ritmo al quale procede l'evoluzione. Dovremo contare maggiormente sulle nuove generazioni che dovranno, a loro volta, insegnare alle vecchie. Questo è esattamente l'opposto di ciò che avviene nella società classica, nella quale la competenza è attribuita principalmente e automaticamente ai personaggi più importanti per il loro status o per la loro influenza politica. L'autorità dovrebbe invece derivare dalla competenza e dalla saggezza acquisite con l'esperienza e non dal potere accumulato nel tempo. […] Comprensione e analisi 1. Riassumi brevemente questo passo del discorso di Carlo Rubbia, individuandone la tesi di fondo e lo sviluppo argomentativo. 2. Che cosa significa che “l'inventività evolutiva è intrinsecamente associata all'interconnessione” e che “l’interconnessione a tutti i livelli e in tutte le direzioni, il melting pot, è quindi un elemento essenziale nella catalisi della produttività”? Quale esempio cita lo scienziato a sostegno di questa affermazione? 3. Per quale motivo Carlo Rubbia chiama a sostegno della propria tesi l’esempio della comunità scientifica? 4. Quale grande cambiamento è ravvisato tra la società classica e la società attuale? Produzione La riflessione di Carlo Rubbia anticipava di circa vent’anni la realtà problematica dei nostri tempi: le conseguenze della globalizzazione a livello tecnologico e a livello culturale. Sulla base delle tue conoscenze personali e del tuo percorso formativo, esprimi le tue considerazioni sul rapporto tra tecnologia, globalizzazione, diversità. B2. ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO Testo tratto da: Andrea Zhok, Solo la coscienza ci divide dall’intelligenza artificiale Da Hal di 2001: A Space Odyssey a Dolores di Westworld, uno dei grandi temi della fantascienza contemporanea è la possibilità di acquisire coscienza da parte di computer (automi) altamente sofisticati. Questa prospettiva diviene però controversa quando travalica la fantascienza e viene ripresa in ottica futurologica, ad esempio quando movimenti “transumanisti” vagheggiano una novella escatologia dove forme d’intelligenza artificiale rimpiazzeranno la coscienza umana, e dove, delegando a queste intelligenze artificiali la costruzione di intelligenze ancora superiori, l’umanità verrà evolutivamente superata (singolarità tecnologica). Posto che di motivi per soppiantare l’umanità con qualcosa di meglio non ne mancherebbero, la domanda interessante è un’altra: in che misura possiamo reputare possibile (prima che eventualmente auspicabile) che una macchina con straordinarie capacità computazionali possa diventare cosciente, ereditando la mente umana per superarne i limiti? Prima di rispondere va chiarito cosa intendiamo qui con possibile o impossibile. In un certo senso di possibilità è perfettamente possibile che Dio rovesci domattina ogni legge di natura, o che tra un quarto d’ora il pianeta Terra venga spazzato via dai Vogon per far passare una superstrada galattica. Sono possibilità che nessuno può escludere, ma sono anche possibilità inservibili per guidare la nostra azione, prive di ragioni che le rendano plausibili. Le possibilità di cui ci interessiamo qui sono invece solo quelle dove abbiamo ragioni per credere che possano realizzarsi. Ora, in questo senso di possibilità, è possibile che una macchina particolarmente complessa possa pervenire alla coscienza in senso umano? Consideriamo in prima istanza l’idea che il cervello umano e il computer siano distintiessenzialmente dalla complessità delle connessioni. Sotto queste premesse si potrebbe supporre che in un computer particolarmente sofisticato la 5
coscienza possa sorgere spontaneamente. Se il cervello umano è semplicemente un’entità con maggiori scambi tra neuroni, dendriti e sinapsi rispetto ai bit disponibili in un cervello artificiale, allora è sensato ritenere che, raggiunto un certo grado di complessità, il cervello artificialepossa esercitare le medesime funzioni di quello umano. Il problema qui è che ciò che chiamiamo coscienza sopravviene a un particolare sostrato materiale, un cervello, anzi un cervello organicamente inserito in un corpo agente e senziente (un cervello da solo è un pezzo di carne). Ora, che ragioni abbiamo per ritenere probabile che le stesse caratteristiche supportate dalla materia biologica di un corpo vivente possano spontaneamente emergere in un sostrato costituito di rame, silicio, tungsteno ecc.? […] Le “finalità” che attribuiamo ai sistemi computazionali non somigliano affatto alle motivazioni di un vivente. Si tratta di stringhe di informazione, di sintassi senza semantica. Tali “fini” non appartengono alla macchina e una volta “realizzati” lasciano la macchina “vuota”, senza “motivazione” alcuna. La volontà che pervade i viventi, infatti, non è la mera tendenza a realizzare qualcosa, poiché ogni realizzazione particolare è parte di quel contenuto motivazionale generale che è il vivere in sé. È questa tensione a definire per una coscienza vivente la sensatezza o insensatezza dei suoi atti. L’errore “stupido” che occasionalmente incontriamo in un correttore di bozze o in un traduttore automatico è stupido per noi, ma per il computer non è né stupido né intelligente, perché non ne va di nulla di rilevante per la “propria vita”, per l’ottima ragione che qui vita non c’è. Un computer è qualcosa che è stato costruito per simulare alcune facoltà disponibili alla coscienza umana, come memoria e inferenza (deduzione). Ma coscienza è innanzitutto presa di posizione verso il mondo con atti come preferire, desiderare, godere, soffrire ecc. Questi tratti “valoriali” precedono (sia filogeneticamente che ontogeneticamente) lo sviluppo di capacità raziocinanti, le indirizzano, orientano e motivano. Perciò, ricreare facoltà di registrazione o deduzione è utile a esseri che possiedono già quei tratti, ma non avvicinano di un passo la sostituzione della coscienza con dispositivi artificiali. Di fatto un computer può stupirci per la capacità di accrescere alcune nostre facoltà, così come l’invenzione storica della scrittura stupì per la sua capacità di potenziare le facoltà di memorizzazione e di analisi precedentemente disponibili. Ma nel caso del computer come della scrittura ci troviamo di fronte a estensioni di facoltà umane che dipendono integralmente per esercitarsi dal potersi affidare a facoltà umane. Così come un libro senza un lettore competente è solo una sequenza di segni neri su sfondo bianco, così un computer senza una mente umana che a monte pone problemi e a valle interpreta le soluzioni è solo un sistema di trasmissione di impulsi elettromagnetici. Che dire infine della possibilità di forgiare intelligenza artificiale manipolando diretta mente materia biologica, secondo il modello fantascientifico dei cyborg? In quest’ultimo scenario è pensabile che si possano assemblare entità capaci di coscienza; il problema diventa un altro: come garantire che si tratterebbe di una coscienza “umana”, nei vari sensi che la parola richiama. Infatti il controllo che possiamo avere su un artefatto costruito seguendo nozioni fisiche scomparirebbe di fronte a una “mente” ottenuta assemblando materia vivente (cerebrale, nervosa ecc.). Anche se avessimo piena conoscenza di come dev’essere strutturato fisicamente un organismo (un cervello) per ospitare atti mentali, non avremmo comunque controllo su quegli atti proprio in quanto sono atti. C’è uno iato esplicativo tra i processi che implicano “prese di posizione” (intenzioni, atteggiamenti, volontà) e i processi descrivibili in termini meramente fisici (cause efficienti). Conoscere i secondi non garantisce di prevedere i primi. Perciò, il giorno in cui portassimo alla luce un cyborg dotato di intelligenza artificiale e coscienza, nulla potrebbe garantirci che quella coscienza sia congenere alla nostra. Potrebbe trattarsi di una coscienza con le propensioni empatiche di un rettile, gli istinti di un parassita, o altro. [...] Affidare a una tale coscienza artificiale le nostre sorti ed eredità non sembra possa diventare mai altro che una distopia. (A. Zhok, Solo la coscienza ci divide dall’intelligenza artificiale, «l’Espresso», 17 agosto 2017) Comprensione e analisi 1. Riassumi il contenuto informativo del brano, mettendo in risalto gli snodi della trattazione. 2. A partire da quali premesse si sviluppa il ragionamento dell’autore? 3. Spiega la tesi sostenuta nel testo. 4. Individua le argomentazioni che lo scrittore porta a sostegno delle proprie tesi. 5. L’autore inserisce nel suo discorso molti esempi. Individuane alcuni e spiegane la funzione. Produzione Immagina di dover rispondere, in un dibattito, con una tesi contraria a quella sostenuta da Zhok. Rifletti sulle possibili obiezioni e antitesi, in seguito costruisci la tua tesi avvalorandola con argomentazioni solide. B3. ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO 6
Testo tratto da: Selena Pellegrini, Il marketing del Made in Italy, Armando Editore, Roma, 2016, pp. 28-30. L’italianità sembra influenzare gli elementi di eccellenza percepiti nei prodotti italiani, e la percezione spinge il consumatore all’acquisto di quello che chiamiamo il Made in Italy. Il quadro fin qui è molto ottimista, ma ci sono problemi. È vero che il Made in Italy sembra tuttora competitivo, ma la domanda è la seguente: la competitività nasce dall’esser fatto in Italia o da altro? Se consideriamo il “fare” nel senso letterale, la realtà è già diversa. Molti prodotti sono progettati in Italia e realizzati altrove per svariati motivi, legati principalmente ma non esclusivamente ai costi e alle relazioni industriali. Una quantità crescente non è più Made in Italy e la situazione potrebbe quindi far pensare che ad attirare davvero il consumatore sono i prodotti pensati, inventati, concepiti e progettati in Italia. È il famoso know-how o conoscenza implicita dei designer italiani, il risultato di secoli di perizia, talenti artigianali, tradizione estetica e abilità pratica che fanno dell’Italia un Paese unico. Potremmo aspettarci quindi che la condizione necessaria per identificare l’italianità di un prodotto è che sia pensato in Italia. […] A questo punto si pongono altre domande. “Pensato in Italia” È una condizione veramente necessaria o soltanto sufficiente? Esistono altre condizioni […] perché il consumatore si rappresenti un prodotto come italiano e ne venga attratto? La realtà pare rispondere “sì, esistono altre condizioni”. Purtroppo, sappiamo che nel mondo cresce il tasso di prodotti che si fingono italiani e non sono né fatti né pensati in Italia. In molti Paesi come la Cina, per attirare i consumatori basta apporre un marchio dal nome italiano, anche se non corrisponde ad alcuna griffe famosa. Oppure basta progettare una campagna di comunicazione e di marketing che colleghi i prodotti a qualche aspetto del nostro stile, o vita quotidiana, territorio, patrimonio culturale, antropologia, comportamenti. […] Da queste considerazioni emerge che la condizione necessaria per innescare una rappresentazione mentale di italianità non è il luogo della produzione o della concezione, ma quello del comportamento. Nel senso che il prodotto è collegato a un atteggiamento, al popolo, allo stile, alla storia, alla terra, alla vita sociale dell’Italia. Qualcuno si chiederà com’è possibile che consumatori razionali cadano in una trappola simile. Che siano disposti ad acquistare qualcosa di simbolicamente legato all’Italia, sebbene il produttore non sia italiano e il prodotto non sia né pensato né ideato in Italia. La risposta è che quel consumatore razionale non esiste. È un mito assiomatico e aprioristico dell’economia neoclassica. […] Il modello è ormai superato dalla nuova teoria del consumatore emotivo. Comprensione e analisi 1 Sintetizza il contenuto del testo, individuando i principali snodi argomentativi. 2 Analizza l’aspetto formale e stilistico del testo. 3 A cosa fa riferimento l’autrice con l’espressione “comportamento” come rappresentazione mentale dell’italianità? 4 In cosa consiste la differenza tra “consumatore razionale” e “consumatore emotivo”? Produzione Elabora un testo argomentativo nel quale sviluppi le tue opinioni sulla questione del “made in Italy” e della percezione dell’”italianità” nel mondo. Potrai confrontarti con la tesi dell'autrice del testo, confermandola o confutandola, sulla base delle conoscenze, acquisite, delle tue letture e delle tue esperienze personali. PRIMA PROVA SCRITTA – ESEMPIO TIPOLOGIA C C1. RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE DI ATTUALITA’ 7
«Non voglio ammorbarvi a quest’ora con parole sulla fluidità, sull'integrazione, sulla diversità. Diversità non mi piace perché ha in sé qualcosa di comparativo e una distanza che proprio non mi convince. Quando la verbalizzo sento sempre di tradire qualcosa che penso o sento. Le parole sono come le amanti quando non si amano più vanno cambiate subito. Un termine in sostituzione potrebbe essere unicità, perché tutti noi siamo capaci di coglierla nell’altro e pensiamo di esserlo. Per niente, perché per comprendere la propria unicità è necessario capire di cosa è composta, di cosa siamo fatti. Di cose belle: le ambizioni, i valori, le convinzioni, i talenti. Ma talenti e convinzioni devono essere curati. Non è facile entrare in contatto con la propria unicità, ma un modo lo avrei: si prendono per mano tutte le cose che ci abitano e si portano in alto, si sollevano insieme a noi, nella purezza dell’aria, in un grande abbraccio innamorato e gridiamo: “che bellezza, tutte queste cose sono io”. Sarà bellissimo abbracciare la nostra unicità e a quel punto io credo che sarà più probabile aprirsi e uscire da questo stato di conflitto che ci allontana. Sono una persona molto fortunata a essere qui ma vi chiederei un altro regalo: date un senso alla mia presenza su questo palco e tentiamo il vero atto rivoluzionario, che è l’ascolto, di sé stessi e degli altri. Promettetemi che ci doneremo agli altri, che accoglieremo il dubbio anche solo per essere certi che le nostre convinzioni non siano solo delle convenzioni. Facciamo scorrere i pensieri in libertà e senza pregiudizio e senza vergogna. Facciamo scorrere i sentimenti con libertà e liberiamoci dalla prigionia dell'immobilità. Immaginate se il mondo non ruotasse e fisso stesse, se tutto il buio fosse nero pesto». Il brano sopra riportato è il testo del monologo che l’attore e cantante Gianluca Gori, nei panni del suo personaggio di finzione Drusilla Foer, ha recitato sul palcoscenico del Festival della canzone italiana di Sanremo 2022 a proposito della valorizzazione della propria unicità e del proprio talento. Rifletti su tale tematica, facendo riferimento alle tue esperienze, conoscenze e letture personali. Puoi articolare il tuo testo in paragrafi opportunamente titolati e presentare la trattazione con un titolo complessivo che ne esprima sinteticamente il contenuto. C2. RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE DI ATTUALITA’ I disturbi alimentari sono in aumento, tra gli adolescenti ma non solo. Le statistiche del servizio sanitario nazionale britannico, ad esempio, mostrano che i ricoveri per disturbi come anoressia e bulimia sono stati 13.885 tra l’aprile 2016 e l’aprile 2017, una cifra che comprende duemila ragazze di meno di 18 anni ricoverate per anoressia grave. L’anoressia è, tra i disturbi mentali, quello con il più alto tasso di mortalità. A tal proposito, la giornalista e scrittrice statunitense Laurie Penny (che ne ha sofferto in prima persona), ha scritto: «Nessun altro sembra disposto a dirlo, quindi lo farò io. Se i disturbi alimentari fossero malattie tipiche degli uomini, invece che delle donne, sarebbero presi più seriamente e si troverebbero cure adatte. Anzi, voglio spingermi oltre: credo che da un certo punto di vista, l’auto-deprivazione alimentare e l’ossessione per la magrezza, l’immagine del corpo e l’autocensura femminili siano state normalizzate a tal punto nelle nostre società, che è impossibile non convincersi che queste ragazze abbiano fatto la scelta giusta, sbagliando semplicemente nell’essersi spinte “troppo oltre”. Diciamo alle ragazze che non hanno il diritto di conquistarsi i loro spazi nel mondo e poi siamo confusi quando smettono di mangiare. Facciamo crescere i nostri figli in una cultura totalmente ossessionata dal controllo dei corpi femminili e poi ci stupiamo quando vogliono riprendersi parte di questo controllo tramite atti privati e violenti di ribellione passiva-aggressiva». Rifletti in maniera critica su questa posizione, confrontandola con la tua esperienza e facendo riferimento a conoscenze che hai acquisito e alla tua sensibilità. Durata massima della prova: 6 ore. Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla dettatura del tema. È consentito l’uso del dizionario italiano e del dizionario bilingue (italiano-lingua del paese di provenienza) per i candidati di madrelingua non italiana. 8
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