Recovery fund, Bankitalia: Italia chiamata a sforzo straordinario - L'Osservatore d'Italia

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Recovery fund, Bankitalia: Italia chiamata a sforzo straordinario - L'Osservatore d'Italia
Recovery fund, Bankitalia:
Italia chiamata a sforzo
straordinario

Le stime dei benefici per l’economia italiana dalle risorse
del Recovery Fund sono difficili da quantificare e
“l’incertezza è molto elevata”. Ma “si può tuttavia affermare
con ragionevole certezza che tali benefici potranno essere
molto rilevanti per il nostro paese”. Lo afferma la Banca
d’Italia in audizione alla commissione bilancio della Camera
che ha comunque simulato, con il suo modello econometrico, due
scenari che prevedono, in quello più favorevole, un aumento
cumulato del livello del Pil di circa 3 punti percentuali
entro il 2025.

“Entrambi gli scenari – spiega l’istituto centrale –
presuppongono che i fondi disponibili per l’Italia, che si
assumono pari a 120 miliardi per i prestiti e a 87 per i
trasferimenti, siano utilizzati pienamente e senza
inefficienze, con una distribuzione della spesa uniforme nel
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quinquennio 2021-2025”.

La Banca d’Italia ammonisce dunque che in vista dell’arrivo di
risorse del Recovery fund europeo, l’Italia è chiamata a “uno
sforzo straordinario nell’attività di programmazione e una
capacità di realizzazione che non sempre il Paese ha mostrato
di possedere”.

Noleggio auto in Italia: un
settore in forte espansione
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Quest’oggi parleremo di un fenomeno commerciale che negli
ultimi anni ha fatto registrare dei numeri a dir poco
sorprendenti. Stiamo parlando del noleggio di automobili che,
praticato da decenni negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in
Australia, recentemente si è diffuso anche nel Vecchio
Continente, Italia inclusa.

Sempre più italiani decidono quindi di affidarsi
all’autonoleggio e lo fanno sia per motivi meramente economici
che per ragioni ambientali.

I vantaggi          del     noleggio        in    termini
ambientali
In tutto il mondo, le emissioni prodotte dagli autoveicoli
sono una delle fonti primarie di inquinamento atmosferico. In
Italia, se possibile, il problema è ancora più grave in quanto
il parco auto de è uno dei più vetusti e inquinanti di tutto
il Vecchio Continente. A causa della difficile situazione
economica che il Belpaese ha attraversato nell’ultimo
decennio, i nostri connazionali non hanno avuto più i mezzi
economici per sostituire la propria vecchia vettura di
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proprietà con una più recente. Secondo uno studio condotto
dall’ACI, infatti, in media i veicoli degli italiani hanno 11
anni, rientrano nella categoria Euro 4 o Euro 2 e sono
infinitamente più inquinanti rispetto ai più recenti Euro 6.
In alcune zone del Nord Italia si registrano così i dati
peggiori di qualità dell’aria di tutta Europa, sia in termini
di C02, che di PM10 e di altre polveri sottili. Tutte le
autovetture a noleggio fanno invece parte della più recente e
meno inquinante categoria Euro 6, che abbatte in modo
significativo le emissioni nocive. Tant’è che la stragrande
maggioranza delle persone che decide di noleggiare
un’auto sceglie un’auto a benzina o ibrida, più raramente un
veicolo completamente elettrico o a diesel. Negli ultimi anni,
per fortuna, i cittadini hanno preso consapevolezza del fatto
che la questione ambientale ci riguarda più da vicino di
quanto potessimo immaginare e sono tantissime le persone che
decidono di abbandonare l’auto di proprietà per affidarsi al
noleggio, sia a lungo che a breve termine. Non è un caso che
anche i vari Enti locali abbiano deciso di incentivare
l’utilizzo delle auto a noleggio in Italia, sia per migliorare
la qualità dell’aria nelle grandi metropoli che per combattere
il problema del traffico.
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A beneficiare dell’autonoleggio non è
solo l’ambiente
Chi non fosse sensibile alla tematica ambientale, dovrebbe
comunque sapere che noleggiare un’autovettura fa bene anche al
portafoglio: ogni anno un proprietario di un veicolo spende in
media una cifra che va dai 2000 ai 3000 euro, senza tener
conto della svalutazione che un’auto di proprietà subisce nel
corso del tempo. Il noleggio di un’automobile permette invece
all’utente di noleggiare l’auto che preferisce, quando
preferisce e per il periodo di tempo che preferisce. Le
soluzioni offerte dalle imprese impegnate nell’autonoleggio
sono diverse e vanno dal noleggio a lungo termine, semestrale
o annuale, sino al noleggio giornaliero o di poche ore.
Quest’ultima tipologia è sempre più diffusa nelle grandi
città, laddove i cittadini rinunciano all’auto di proprietà a
causa dei costi di gestione troppo elevati, della penuria di
parcheggi o dei problemi di traffico. Il noleggio giornaliero,
a ore, o il car sharing, offrono invece all’utente finale la
possibilità di muoversi con un veicolo solo quando
effettivamente ne sorga la necessità, abbattendo
significativamente i costi che derivano dal possesso di un
veicolo di proprietà. Negli ultimi mesi, inoltre, sempre più
persone stanno scegliendo la sicurezza del noleggio di auto a
breve termine a discapito dei mezzi pubblici considerati meno
sicuri.

Negli altri paesi europei e negli Stati Uniti, il noleggio è
una pratica diffusa da molto tempo ed è un bene che negli
ultimi anni anche in Italia si stia iniziando a comprendere
quanto sia utile questo servizio che, come visto, fa bene sia
alle nostre finanze che all’ambiente che ci circonda.
Nell’ultimo periodo si è finalmente capito quanto sia
importante la tutela della nostra salute, inevitabilmente
legata a doppio filo con lo stato di salute dell’ambiente in
cui viviamo. Per decenni abbiamo pensato di poter sfruttare
ogni tipo di ecosistema in modo indiscriminato, inquinando più
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di quanto avesse fatto il genere umano nei millenni
precedenti: è giunto ora il momento di cambiare il modo di
vedere e vivere il mondo e il noleggio rappresenta un buon
punto di partenza per combattere l’inquinamento atmosferico.

Passione gelato: gli italiani
lo amano e ora se lo fanno
consegnare anche a casa

Non è mai facile rinunciare ad un bel gelato, soprattutto in
estate, quando fuori fa molto caldo. E gli italiani confermano
che questa passione sta prendendo sempre più piede, grazie
anche al digitale e alle nuove tecnologie, che permettono di
ordinarlo online e di farselo consegnare direttamente a casa.
D’altronde l’Italia può vantare una tradizione in termini di
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gelati importantissima, tanto che sono pochi i paesi che
possono dirsi all’altezza dei prodotti artigianali made in
Italy. Ecco perché conviene studiare tutti i dati del settore,
insieme alle novità portate dal web.

I dati sul gelato in Italia
L’economia italiana si fonda anche sul turismo e sui prodotti
enogastronomici, specialmente per via dei tantissimi ordini
provenienti dall’estero, e quindi per le esportazioni. Da
questo punto di vista, il gelato entra di diritto nella
categoria delle punte di diamante tricolori. Si parla in tal
caso del consumo “casalingo” e quindi legato ai milioni di
turisti che ogni anno affollano le gelaterie italiane.
Purtroppo la pandemia e il conseguente lockdown hanno causato
un danno importante al comparto del gelato artigianale made in
Italy, proprio per via del brusco calo di turisti stranieri
(si stima un -20% circa). Ad ogni modo, come accaduto ad altri
comparti, il lockdown ha avuto i suoi lati positivi, per così
dire. È infatti cresciuto in modo esponenziale il food
delivery, con un’impennata di ordini superiore al +130%. E non
si parla soltanto delle gelaterie, ma anche degli ordini
soddisfatti da altri esercizi, come le pasticcerie e i
canonici bar. In sintesi, gli italiani hanno imparato che un
buon gelato lo si può ordinare ovunque in Italia.

Il gelato a casa e l’impatto del web
I consumatori ordinano sempre più spesso il gelato, non solo
chiamando i laboratori artigianali e i bar, ma navigando anche
in rete. E non disdegnano i prodotti confezionati, dato che si
parla di una più che valida alternativa a quelli artigianali,
alcune volte difficili da reperire con la consegna a
domicilio. Ecco perché oggi molti portali, come EasyCoop ad
esempio, consentono di ordinare i gelati anche online. Basta
una connessione Internet attiva, e un paio di click del mouse,
per farseli recapitare a domicilio, con una spesa in termini
di fatica pari a zero. Non solo gelati perché, come detto, il
food delivery oramai è diventato un fenomeno che abbraccia
ogni nicchia possibile. Si fa ad esempio riferimento alla
pizza e ai cibi etnici, come nel caso di quello cinese o
indiano. Eppure, anche qui, sono i gelati a distinguersi, con
un incremento del +18% delle gelaterie che hanno scelto di
affidarsi alle consegne a domicilio. Tanto che, nel primo
semestre del 2020, gli ordini sono aumentati del 350%.

Debito pubblico: è record

Nuovo record del debito pubblico, che a fine giugno era a
2.530,6 miliardi, 20,5 miliardi in più rispetto a maggio a
fronte di un fabbisogno del mese di 20,6 miliardi. Lo rende
noto Bankitalia nella pubblicazione “Finanza pubblica:
fabbisogno e debito”.

A giugno le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio
dello Stato sono scese di 6,5 miliardi (-19,9%) rispetto a un
anno prima a 26,2 miliardi, con un calo nei primi sei mesi del
2020 di 19,4 miliardi (-10,3%) a 169,9 miliardi. Pesano –
spiega Bankitalia – la sospensione dei versamenti fiscali
disposta dai decreti anti-Covid e il peggioramento del quadro
macroeconomico. Le disponibilità liquide del Tesoro si sono
leggermente ridotte (-0,8 miliardi) a 60,7 miliardi
34   esimo    Rapporto    sul
Commercio Estero: l’Italia
nell’economia internazionale

Nel 2019 l’export italiano ha registrato una crescita del 2,3%
e la bilancia commerciale un saldo positivo di 53 miliardi di
euro. Nel 2020 le esportazioni italiane subiranno una brusca
frenata e chiuderanno l’anno in flessione del 12%, a prezzi
costanti, per poi crescere del 7,4% nel 2021 e del 5,2% nel
2022, anno su anno.

È quanto emerge dalla XXXIV edizione del Rapporto sul
commercio        estero       L’Italia         nell’economia
internazionale realizzato dall’Agenzia ICE in collaborazione
con Prometeia, Istat, Fondazione Masi, Università Bocconi e
Politecnico di Milano. La ripresa degli scambi mondiali nel
2021 sarà guidata dall’aggregato degli Emergenti Asia, Cina in
testa. Lo studio è stato illustrato presso la sede dell’ICE,
alla presenza del Ministro degli Affari Esteri e della
Cooperazione     internazionale,     Luigi    Di  Maio;    del
Sottosegretario agli Affari Esteri e alla Cooperazione
Internazionale, Manlio Di Stefano; del Presidente di
Istat Gian Carlo Blangiardo e del Presidente dell’ICE, Carlo
Ferro. L’evento, aperto dal Ministro Di Maio, ha permesso di
approfondire le linee direttrici del rilancio economico del
nostro Paese a seguito degli effetti della pandemia ponendo
particolare attenzione ai settori dell’innovazione, e-
commerce, finanza al servizio dell’economia reale, sostegno
all’internazionalizzazione. “Sappiamo quanto l’economia
italiana abbia sofferto in questi mesi” -ha affermato il
Sottosegretario- “ecco perché durante la crisi Covid abbiamo
lavorato incessantemente guardando alla ripresa economica,
fino ad arrivare alla firma dell’ormai celebre Patto per
l’Export, lo scorso 8 giugno.”
Il Presidente dell’CE, Carlo Ferro, col ministro degli Esteri,
Luigi Di Maio, foto ICE
Il Sottosegretario Di Stefano si è inoltre soffermato sulla
recente acquisizione da parte del Ministero degli Affari
Esteri e della Cooperazione Internazionale delle competenze in
materia di commercio internazionale, che rendono la Farnesina
un interlocutore chiave nel sostegno al processo di
internazionalizzazione delle imprese, anche grazie alla sua
estesa Rete estera, composta da oltre 300 Sedi tra Ambasciate,
Consolati, Rappresentanze Permanenti e Istituti Italiani di
Cultura, alla quale si aggiungono i 78 Uffici di ICE Agenzia e
i 12 Uffici del Gruppo CDP-SACE-SIMEST. “Grazie a tale
riforma”, ha evidenziato Di Stefano “dal gennaio scorso le
aziende italiane trovano nella Farnesina un interlocutore
unico per le loro esigenze di tutela e promozione all’estero,
cui si affianca innanzitutto il supporto offerto da ICE
Agenzia quale braccio operativo delle politiche di promozione
commerciale”.

In conclusione del suo intervento, il Sottosegretario Di
Stefano ha sottolineato in particolare l’impegno del Patto per
l’Export per fornire alle imprese italiane gli strumenti
digitali a sostegno dell’export, quali i dirigenti temporanei
per l’export o la messa in opera di una nuova piattaforma
online dedicata agli strumenti per le imprese che costituirà
un “punto unico d’accesso” in cui le aziende potranno
informarsi e approfondire le numerose opportunità messe a
disposizione dalle Istituzioni italiane, ad ogni livello.

Il 2019
“Idati consuntivi confermano che nel 2019 l’export italiano
godeva di un ottimo stato di salute. Aveva terminato l’anno
con una crescita del 2,3% attestandosi a 476 miliardi di euro
e mantenuto la quota di mercato sul commercio mondiale stabile
al 2,84%. Un risultato importante perché ottenuto in un
periodo turbolento sui mercati mondiali, particolarmente per i
Paesi europei, stretti nella disputa commerciale USA-Cina,
pressati dai dazi americani su molti beni esportati
dall’Europa e confusi nell’incertezza su tempi e termini della
Brexit” – afferma Carlo Ferro, Presidente dell ICE.

La   crescita    ha   riguardato,     in   particolare,     il
settore farmaceutico (+25,6%), le bevande (+ 6,8%), i prodotti
del sistema moda (+ 6,2%), la metallurgia (+5,3%). Le vendite
all’estero di macchine e apparecchi meccanici non sono
cresciute (-0.5%) ma il settore continua a contribuire con
oltre 50 miliardi di euro alla formazione dell’avanzo
commerciale e “paga” la bolletta energetica italiana (-42
miliardi di euro). Dal punto di vista dei mercati, inoltre, la
crescita ha riguardato principalmente il Giappone (+19,7%)
anche grazie all’accordo di libero scambio con l’Unione
Europea in vigore da febbraio 2019 e la Svizzera (+16,6%), hub
di smistamento internazionale. Anche verso gli Stati Uniti
l’export italiano è cresciuto (+7,5%), nonostante i dazi
imposti a fine 2019 su alcune categorie di merci, per le quali
ICE ha reso immediatamente disponibile un piano straordinario
di supporto. Tra le Regioni italiane, la crescita più
sostenuta si è avuta per Toscana (+15,6%) e Lazio (+15,3%);
subito dopo vengono Molise (+11,7%) Puglia (+9,1%) e Campania
(+8,1%). Mentre Germania (12.2% sull’export totale italiano),
Francia (10.5%) e Stati Uniti (9.6%) sono rimasti i primi tre
mercati di sbocco. Macchinari (17.2%), moda (11,9%) e la
filiera agro-alimentare (9,1%) i tre settori che
contribuiscono maggiormente al nostro export. E Lombardia
(27%), Emilia-Romagna (14.1%) e Veneto (13.7%) sono le tre
regioni che esportano di più.

Il 2020
“Anche i primi due mesi del 2020 sono stati positivi per
l’export: +4.7% tendenziale, nonostante a febbraio fosse già
evidente il rallentamento dei flussi con la Cina. Istat ha
recentemente pubblicato le rilevazioni del periodo
gennaio–maggio 2020 che vedono l’export in caduta tendenziale
del 16%, sintomo evidente della pandemia globale, da una
parte. Dall’altra l’andamento congiunturale segna una crescita
del 35% da aprile a maggio: primo segno di ripresa delle
attività” – continua Ferro.

Ad aprile ICE stimava, su dati Prometeia, una flessione
dell’export italiano di beni – a prezzi costanti e
nell’ipotesi di stabilità della quota di mercato per paese di
destinazione – nell’ordine del 12% quest’anno, per poi
crescere del 7,4% nel 2021 e del 5,2% nel 2022, anno su anno.
In questo quadro, l’export del nostro Paese tornerà ai livelli
del 2019 solo nel 2022. Il Covid-19 segna infatti una brusca
frenata facendo “perdere” tre anni al percorso di crescita
dell’export italiano, che era in marcia dal 2010. Istat ha
previsto per il 2020 un calo del 13,9%, per beni e servizi e
la Commissione europea, sempre per beni e servizi, stima una
flessione del 13%. D’altra parte, la difficoltà di previsione
in questo scenario è evidente nell’ampiezza della forchetta
con cui il WTO stima la caduta degli scambi internazionali:
un range che va dal 12% al 35%.

La ripresa nel 2021: reazione e visione
Secondo lo studio ICE-Prometeia, la ripresa degli scambi
mondiali nel 2021 sarà guidata dall’aggregato degli Emergenti
Asia (+10,3% e +8,2% per l’import di manufatti rispettivamente
nel 2021 e 2022), Cina in testa. Il maggiore utilizzo dell’e-
commerce, in questi Paesi, potrebbe diventare strutturale,
agendo da volano per gli scambi, soprattutto nell’ambito dei
beni di consumo.

Dal punto di vista delle categorie merceologiche, i cali più
importanti nel 2020 sono previsti nei mezzi di trasporto, con
l’import mondiale di autoveicoli e moto in contrazione del 16%
a prezzi costanti e una domanda globale di cantieristica in
forte flessione (-12%). Il ridimensionamento potrà essere più
contenuto nei settori meno ciclici e favoriti nel paniere di
spesa associato all’emergenza, quali la chimica farmaceutica
(-9,6%), l’alimentare e bevande (-10,6%) – con una forte
contrazione della domanda del canale Ho.Re.Ca – e elettronica
ed elettrotecnica (- 10% circa).

“Più che ragionare sui numeri è ora importante orientare
l’azione combinando reazione e visione perché le sfide di oggi
si giocano in un contesto globale diverso dal passato.
Digitale, innovazione e sostenibilità sono le parole chiave
per rivolgersi alle nuove generazioni di consumatori globali.
Per rispondere all’urgenza del momento e rafforzare il
posizionamento strategico del Made in Italy sui mercati di
domani è quanto mai importante l’azione di supporto del
Sistema Paese.” – continua Ferro. “La risposta a questa sfida
collettiva, in aggiunta agli interventi sulla liquidità delle
imprese, è il Patto per l’Export voluto dal Ministro Di Maio e
come ICE siamo impegnati a supportare il MAECI nella sua
attuazione. Da aprile scorso i servizi di avvio all’export da
parte dei nostri 78 uffici esteri sono stati resi gratuiti per
le imprese fino a 100 addetti. Allo scoppio dell’emergenza
Covid abbiamo deciso l’offerta gratuita del primo modulo di
partecipazione a fiere estere per il 2020 e il 2021 e i
rimborsi alle imprese per gli oneri sostenuti per fiere estere
non      svolte”       –     continua        Ferro.      “Con
il Patto per l’Export abbiamo sottoscritto l’impegno in questo
percorso di ammodernamento e di servizio e acceleriamo ora con
una serie di azioni mirate tra cui: accordi con l’obiettivo
di portare le imprese italiane in 59 iniziative nei canali e-
commerce e della grande distribuzione offline to online in 28
Paesi nel mondo; il progetto Fiera Smart 365 che consentirà
alla manifestazione di vivere 365 giorni all’anno; la
formazione di 150 nuovi digital export manager; i progetti di
impiego della tecnologia blockchain per la tutela del Made in
Italy;” – continua Ferro. “Quest’edizione del Rapporto sul
Commercio estero, infine, presenta tre aree di focus collegate
a questa visione: e-commerce, Mezzogiorno e innovazione.
Le vendite on line costituiscono un mercato che si rivolge a
1.45 miliardi di consumatori nel mondo e cresce a ritmi del 9%
all’anno. È pertanto fondamentale l’accesso all’e-commerce per
le PMI. L’export delle regioni del Sud rappresenta solo il
10,3% dell’export nazionale e questo dato è sostanzialmente
fermo da 10 anni. Proponiamo quindi uno studio che quantifica
in 17 miliardi di euro il potenziale di export addizionale
dalle Regioni del Sud da cogliere nel breve termine e lo
declina per settore, mercato di destinazione e regione di
provenienza. Il focus sull’innovazione riconosce, infine,
l’internazionalizzazione come uno dei fattori chiave per lo
sviluppo virtuoso di: finanziamento, innovazione e crescita
delle Start-up” – continua Ferro, che conclude: “Ecco, dunque,
i nuovi strumenti per reagire nella ripresa e riposizionare
con visione gli strumenti di marketing internazionale.
Superata l’emergenza, ne sono convinto, prevarrà l’eccellenza
del Made in Italy, prevarrà il riconoscimento della qualità
dei nostri prodotti, perché tutti nel mondo amano l’Italia,
ambiscono al suo stile di consumo e apprezzano il fascino
della combinazione di storia-cultura-territorio”.

Cgil, Cisl e Uil avvertono il
Governo: blocco licenziamenti
o sciopero generale

“Se il Governo non prorogasse il blocco dei licenziamenti sino
alla fine del 2020, si assumerebbe tutta la responsabilità del
rischio di uno scontro sociale”. Così i segretari segretari di
Cgil Cisl e Uil Maurizio Landini, Annamaria Furlan, Pierpaolo
Bombardieri che sottolineano di avere già indetto
un’iniziativa per il 18 settembre: “che possa essere
trasformata in uno sciopero generale dipenderà solo dalle
scelte del Governo e della Confindustria”.

Chi pensa di anticipare quella data alla fine dello stato di
emergenza dimostra di non avere cognizione delle elementari
dinamiche del mercato del lavoro e di non preoccuparsi delle
condizioni di centinaia di migliaia di lavoratrici e di
lavoratori”, scrivono Cgil, Cisl e Uil.

L’uscita dei sindacati mette il dito nella piaga e fa
irruzione in una serie di riunioni fiume di ministri e
maggioranza sul decreto Agosto. Gli alleati sono divisi fra
chi vorrebbe che il blocco, finora previsto fino al 17 agosto,
venga prolungato solo fino al 15 ottobre, e chi invece vuole
che duri fino al 31 dicembre.

Se ieri sembrava prevalere la prima ipotesi, dopo l’uscita di
Cgil, Cisl e Uil il vento pare sia cambiato. A metà giornata è
spuntata anche una mediazione, per far finire il blocco il 15
ottobre, facendolo però proseguire fino alla fine dell’anno
per quelle aziende che stanno utilizzando gli ammortizzatori
sociali. Ma la proposta pare sia morta lì. Le posizioni sono
dinamiche: la segreteria del Pd è per il 31 dicembre, però nel
partito ci sono sensibilità diverse. E pure il M5s non è
granitico, anche se la pentastellata ministro del Lavoro
Nunzia Catalfo è per la proroga a fine anno. Più definite le
idee in Italia Viva, che punta alla scadenza breve, e in Leu,
che invece vuole fortemente quella lunga.

A ribadire con forza la sua posizione anche Confindustria.
“Come abbiamo spiegato in un documento inviato al governo due
settimane fa – afferma un comunicato -, se l’esecutivo intende
ancora protrarre il divieto dei licenziamenti, il costo per lo
Stato sarà pesante. Come correttamente osservato dall’OCSE e
da numerosi economisti, il divieto per legge assunto in Italia
– unico tra i grandi paesi avanzati – non ha più ragione di
essere ora che bisogna progettare la ripresa. Esso infatti
impedisce ristrutturazioni d’impresa, investimenti e di
conseguenza nuova occupazione. Pietrifica l’intera economia
allo stato del lockdown”.

Summit Europa, 209 miliardi
all’Italia:        raggiunto
l’accordo sul Recovery Fund e
il bilancio

I leader europei hanno raggiunto l’accordo sul Recovery Fund e
il Bilancio Ue 2021-2027 al termine di un negoziato record
durato quattro giorni e quattro notti, nel summit più lungo
della storia dell’Unione Europea. ‘Una giornata storica per
l’Europa’, secondo i protagonisti. Il fondo ha una dotazione
di 750 miliardi, di cui 390 di sussidi. Il bilancio è stato
fissato a 1.074 miliardi. ‘Con 209 miliardi l’Italia ha
migliorato l’intervento a suo favore rispetto alla proposta
originaria della presidente von der Leyen’, ha detto il
premier Conte, aggiungendo che la costruzione di una task
force per le riforme è la priorità, ‘perché dovrà partire al
più presto’.

“Siamo al lavoro per elaborare un programma di rilancio
incisivo che affronti anche i problemi storici dell’Italia e
per far crescere gli investimenti” fra cui quelli “in
infrastrutture, digitalizzazione”, risponde il ministro
Gualtieri a chi gli chiede come l’Italia spenderà i fondi
decisi al Vertice Ue. “Stiamo definendo un piano preciso e
dettagliato già a ottobre per partire” con il piano di
“rilancio dell’economia italiana” ha aggiunto. Gualtieri ha
sottolineato che “Il governo ne esce rafforzato” e il ”
presidente del Consiglio Conte “ha giocato un ruolo decisivo”
aggiungendo che “è stato un negoziato duro e difficile, ha
prevalso non la posizione italiana ma la ragionevolezza e il
diritto europeo”. “Un’altra novità – ha proseguito il ministro
– è che è passato un articolo che consente di anticipare il
10% delle risorse” del Recovery and Resilience facility come
pre-finanziamento nel 2021 e un altro che consente di
“considerare per questo progetto anche le spese fatte a
partire da febbraio di quest’anno, purché coerenti con il
programma generale, e questa è una novità assoluta”.

“Apprezzamento e soddisfazione per l’importante esito del
Consiglio Europeo, che rafforza il ruolo dell’Unione e
contribuisce alla creazione di condizioni proficue perché
l’Italia possa predisporre rapidamente un concreto ed efficace
programma di interventi”. Questo è quanto ha espresso il
presidente Sergio Mattarella nel corso dell’incontro odierno
al Quirinale con il premier Giuseppe Conte. Lo si è appreso da
fonti del Quirinale.

I leader europei hanno raggiunto lo storico accordo sul
Recovery Fund ed il Bilancio Ue     2021-2027 al termine di un
negoziato record durato quattro     giorni e quattro notti. Si
tratta del summit più lungo della   storia dell’Unione Europea.
Il Recovery Fund ha una dotazione   di 750 miliardi di euro, di
cui 390 miliardi di sussidi. Il     bilancio è stato fissato a
1.074 miliardi.

Tasse, nessun altro rinvio:
oggi la scadenza pagamenti
“Strumentalizzare politicamente la questione dei versamenti
dovuti il 20 luglio e far passare il governo come nemico dei
contribuenti è assurdo, se pensiamo a quanto è stato deciso in
questi mesi”. Lo scrive il viceministro dell’Economia Antonio
Misiani su Fb, spiegando che “spostare anche i versamenti di
giugno (già prorogati al 20 luglio) a settembre creerebbe un
grande ingorgo fiscale, in un periodo nel quale i dati
puntuali dei versamenti sono necessari per la stesura dei
documenti di programmazione economica e finanziaria del
governo”.

“Occorre che si prenda atto di una situazione che, di fatto,
vedrà tantissime imprese e tantissimi lavoratori autonomi
impossibilitati a procedere ai versamenti nei termini fin qui
previsti”, avverte Confcommercio, che già nei giorni scorsi
aveva fornito attraverso i numeri (caduta dei consumi del 15%
su base annua a giugno e di quasi il 30% nel secondo
trimestre) la dimensione della “profonda crisi di fatturato e
di liquidità”. “Rinnoviamo la richiesta al Governo di
prorogare le scadenze dei versamenti fiscali per saldo 2019 ed
acconto 2020”, chiede Confcommercio che il mancato rinvio
rafforzerebbe “il ‘rischio chiusura’. Ed il suo impatto
diretto ed indiretto sulla finanza pubblica sarebbe ben
maggiore di quello derivante dalla proroga delle scadenze
fiscali”.

In pressing sul governo anche la politica. “Noi sosterremo
qualunque forma di protesta fiscale, di sciopero fiscale delle
Partite Iva, degli autonomi e dei commercialisti”, avverte il
leader della Lega Salvini, definendo “indegno” un governo che
“pretende che domani milioni di italiani paghino le tasse che
non possono pagare”. O si rinvia la scadenza o non si paga,
avverte Maurizio Gasparri di Forza Italia, che di fronte al
“banditismo fiscale dello Stato” propone una “giusta rivolta
popolare”. Sempre da Fi, Gelmini definisce un “raggiro”
chiedere il pagamento delle tasse e Sestino Giacomoni torna a
proporre “disobbedienza fiscale”, chiedendo al Governo un
decreto che sospenda i tributi fino a fine anno. Sostiene
infine la protesta dei commercialisti Giorgia Meloni di
Fratelli d’Italia.
Svimez   promuove  Taranto,
volano di sviluppo

La Svimez, Associazione per lo sviluppo. dell’industria del
Mezzogiorno, ritiene che il Piano del Sud proposto dal Governo
ed in particolare dal Ministro Provenzano non sia adeguato e
che non risponda alla necessità di un progetto strategico per
il Mezzogiorno che abbia un quadro ed una vision sostenibile e
la necessità di strumenti operativi capaci di indirizzare la
spesa pubblica e gli investimenti privati. È il pensiero
condiviso dai relatori intervenuti al seminario webinar “Il
Mezzogiorno nello Sviluppo del Paese”, promosso dall’Autorità
di Bacino Distrettuale dell’Appenino Meridionale su iniziativa
del Comitato Civico CammiNaTA, insieme con             l’Area
Metropolitana di Napoli, da CGIL, CISL, UIL Taranto.

“In questo momento il Mezzogiorno è la risorsa fondamentale
per il Paese purché ci si investa e lo si sappia interpretare.
Se si guardano i numeri, ci accorgiamo che il Sud e il Paese
nel suo complesso hanno perso la terza guerra mondiale
rispetto agli altri Paesi europei – lo diceAdriano Giannola,
Presidente Svimez – L’istituto che presiedo ha proposto un
Piano per l’Italia al Ministro Provenzano che con poche
operazioni può rimettere in moto il Paese e invertire la
marcia, assestare e recuperare – prosegue Giannola. – Abbiamo
individuato quattro poli, quattro realtà nuove, le aree ZES:
Bari, Taranto, Napoli e Gioia Tauro. I quattro migliori porti
del Mediterraneo sono in queste città. Un quadrilatero che è
il Mezzogiorno continentale. Se si mettono in moto questi 4
motori collegandoli all’agricoltura e governando le aree di
retro porto si aiuta il Paese a crescere. C’è bisogno di
burocrazia zero e zone doganali intercluse per esempio. Non
servono investimenti ma occorre renderle attrattive. Adriano
Giannola nel corso del suo intervento ha citato più volte il
lavoro di Vera Corbelli come esempio di buone pratiche
parlando di aree vaste e di filiere territoriali – logistiche
che se connesse diventano sistemi e crescita economica del
Paese.

“Il fatto che l’Europa abbia chiesto scusa all’Italia e poi
abbia promesso risorse economiche con precise condizionalità –
spiega Giannola –    nasce da una riflessione strategica ed
opportunistica: l’Italia e il Mezzogiorno sono il baricentro
del Mediterraneo. Si tratta di un mare strategico, il più
trafficato del mondo. L’Italia è un ospite in quel mare e lo
è anche la Germania. Dunque perdere la frontiera sud
dell’Europa significa la fine dell’Unione Europea. Ecco dunque
che oggi ci sono le condizioni affinché il Mezzogiorno possa
essere rilanciato. Non è per bontà questa corsa per salvare
l’Italia, ma c’è l’interesse comune perché il Mediterraneo è
cruciale   Facciamo una operazione verità: per 15 anni c’è
stata intollerabile gestione delle risorse nel Paese. Ogni
anno circa 60 miliardi di euro non vanno al sud ma al nord in
barba alle leggi e gli Stati Generali non hanno fatto emergere
questa cosa. L’aiuto dell’Europa oggi è fondamentale. Per la
prima volta l’Europa ha capito il significato euro –
mediterraneo”

Il Distretto dell’Appenino Meridionale, guidato da Vera
Corbelli, ha stilato un “Piano per il governo e della gestione
delle risorse acqua e suolo e del sistema territoriale ed
infrastrutturale connesso”, quale significativo contributo al
rilancio della “macro regione del Mezzogiorno” nel contesto
del Bacino del Mediterraneo. “Abbiamo presentato la nostra
proposta per il piano per il Mezzogiorno al Ministro
Provenzano ma ad oggi non se ne vedono gli effetti “, ha
detto Vera Corbelli, Segretario del Distretto dell’Appenino
Meridionale e Commissario Straordinario per la bonifica di
Taranto.   “Il Mezzogiorno è spesso oggetto di slogan e di
annunci, per noi è stato un luogo dove       far emergere le
eccellenze. La bonifica in corso a Taranto ci ha consentito di
operare per diventare modello innovativo e best practices. Le
attività di rigenerazione ambientale oggi in corso sull’Area
Vasta di Taranto rappresentano un modello da applicare in
altri luoghi con criticità ambientali simili, così come sta
accadendo per Bagnoli, in Campania. In 5 anni di attività a
Taranto abbiamo fatto un percorso innovativo unico, sia dal
punto di vista amministrativo burocratico che dal punto di
vista    dei  processi    scientifici      e  metodologici
adottati. Taranto può e deve essere protagonista di un’azione
di rilancio del Mezzogiorno e dell’intero Paese. Tale attività
passa anche per un altro patrimonio del territorio: la risorsa
acqua. Un patrimonio sul quale noi già stiamo investendo con
la pianificazione strumenti a livello europeo nazionale ed
europeo. L’area del Distretto dell’Appennino Meridionale che
si configura con una sua dimensione fisiografica, – ha
aggiunto la   Corbelli –   rappresentando nel contempo uno
scenario sul quale      impostare una strategia attiva e
partecipata del governo del sistema territoriale-ambientale,
quale volano per l’avvio di processi economici e sociali di
estremo rilievo nell’attuale congiuntura economica,
concorrendo all’attivazione di dinamiche di crescita i cui
riverberi positivi possono ricadere sui tessuti socio-
economici del Mezzogiorno e del Paese. Ad oggi, nel contesto
nazionale ed internazionale, “processi e percorsi integrati”
configurati in una visione olistica, come quella ipotizzata,
sono stati sviluppati e in corso di realizzazione in ristrette
aree o per singole tematiche che hanno dato e stanno fornendo
riscontri particolarmente positivi. La stessa Autorità ha in
corso azioni così strutturate in aree pilota ed in contesti
altamente complessi, con ritorni tecnico-operativi-gestionali
di alta significatività, come è il caso del laboratorio in
scala reale Taranto”.

Si tratta di temi sui quali opera e lavora l’Associazione
Cammina_Ta, promotrice del seminario e impegnata per il
rilancio del Mezzogiorno. “Le leggi operanti in materia di
pianificazione, intesi come sintesi di urbanistica e economia,
sono spesso poco aderenti alle complesse realtà territoriali e
alle loro necessità di sviluppo socio-economico. La prima
legge risale al 1942 – spiega Terenzio Lo Martire, Presidente
CammiNaTa – e tutte quelle che sono succedute non hanno mai
perso le radici dello standard urbanistico, che se andava bene
nel periodo della ricostruzione post bellica oggi purtroppo
non va più bene. Purtroppo se è necessario parlare di
infrastrutture “nazionali” è altrettanto evidente che la
domanda da porsi è se queste infrastrutture sono realmente
importanti per lo sviluppo strategico , o forse è il caso di
cominciare a parlare di aree strategiche per le quali le
armature rappresentano lo scheletro di supporto ? Forse è il
caso di cominciare a pensare lo sviluppo come un sistema
organico e funzionalmente gerarchizzato”.

Italia      e     Finlandia
collaborano per dispositivi
anti-pandemia

La filiale italiana della società finlandese Ahlstrom-Munksjö
continua a sviluppare la sua capacità a Torino per soddisfare
la domanda di dispositivi di filtraggio ad alta prestazione
per mascherine chirurgiche in Italia. Dopo aver ricevuto i
suoi primi ordini a marzo, lo stabilimento di Torino è
riuscito ad espandere la capacità attraverso il miglioramento
delle linee e l’ottimizzazione della produzione e sta
pianificando di produrre materiale per maschere equivalenti a
oltre 60 milioni di mascherine chirurgiche al mese. Il che,
per il resto del 2020, ammonta a un totale di 500 milioni di
pezzi. L’obiettivo iniziale era produrre materiale per 20
milioni di maschere facciali al mese, come annunciato
nell’aprile scorso. “Sono orgoglioso del lavoro svolto dal
team; in pochi mesi, collaborando con i partner della regione,
abbiamo sviluppato una gamma di mezzi di filtrazione ad alte
prestazioni per maschere chirurgiche e creato un fornitore
considerevole e affidabile per il mercato locale, aiutando la
lotta COVID-19 in Italia ”, ha dichiarato Giuseppe Costa, Vice
Presidente Filtrazione EMEA e Asia. Tra questi partner le
aziende piemontesi Oscalito e Pertile e la lombarda ICF Group.
Dall’inizio della pandemia, Ahlstrom-Munksjö ha ampliato
offerta e capacità per soddisfare la forte domanda di prodotti
sanitari onde contrastare la pandemia COVID-19. La società
continua a esplorare tutte le opzioni per espandere
ulteriormente la capacità produttiva per soddisfare la
crescente domanda di materiali di protezione a livello
globale. La tecnologia utilizzata è unica e i macchinari sono
in grado di produrre anche altri prodotti con fibre molto fini
ed anche di realizzre diversi polimeri con protezione
meccanica grazie a una distribuzione dei pori molto fine,
migliore di quella attualmente disponibile sul mercato. Il
prodotto finale è realizzato con materiali filtranti in fibra
fine che proteggono le persone e un prefiltro che conferisce
morbidezza e proprietà ergonomica. Il filtro a fibra fine
viene prodotto nello stabilimento di Torino e il prefiltro
nello stabilimento di Brignoud in Francia. I primi ordini sono
stati ricevuti a metà marzo e il team sta ora potenziando
significativamente la produzione di tessuti. Il progetto in
fibra fine è un buon esempio di eccellente coinvolgimento
della comunità in quanto ha approfondito la collaborazione di
Ahlstrom-Munksjö con le università di Torino, Milano e
Bologna, e la collaborazione ha consentito di fornire
materiali e capacità di collaudo nel suo stabilimento torinese
a seguito di tutte le richieste delle autorità locali. Lo
stabilimento di Torino ha inoltre donato tessuti di fibre
pregiate alle comunità locali. “Essendo una grande azienda in
un’area in cui ci sono molti piccoli comuni, volevamo
contribuire e donare alcuni tessuti di fibre pregiate per due
municipi, in modo che i piccoli produttori locali fossero in
grado di produrre maschere per i loro dipendenti o per le
persone che lavorano negli ospedali ”, spiega Giuseppe Costa.
Ahlstrom-Munksjö in breve
Ahlstrom-Munksjö è leader globale nei materiali a base di
fibre, con vendite nette annuali di circa 3 miliardi di euro e
impiego di circa 8000 addetti. A sua volta, Ahlstrom-Munksjö
Turin S.p.A. è uno speciale stabilimento per la produzione di
carta appartenente alla multinazionale. Presente a Mathi, in
Piemonte, dal 1963, il gruppo è leader nella produzione di una
vasta gamma di applicazioni per l’uso quotidiano.
Un’eccellenza industriale nata dalla collaborazione tra Italia
e Finlandia a crescita continua grazie ad investimenti
regolari, come dimostra la nuova linea di impregnazione per
materiali filtranti dello stabilimento Mathi, che conferma lo
stabilimento piemontese tra i più tecnologicamente avanzati in
tutto il mondo. Ahlstrom-Munksjö Torino impiega circa 600
dipendenti, per un fatturato annuo di quasi 230 milioni di
euro e il 90% di esportazioni. In particolare, lo stabilimento
di Mathi si è distinto nel corso degli anni per il suo impegno
per l’impatto ambientale e la sicurezza sul lavoro,
dimostrando che l’etica ecologica e sociale non costituisce
un’azione di frenata ma piuttosto un valore aggiunto
nell’azienda economica. C’è un altro stabilimento a
Sassoferrato, nelle Marche, con ca. 50 impiegati.
 Approfondimenti: https://www.ahlstrom-munksjo.com/

Diritti d’autore, sentenza
Corte Costituzionale conferma
stop   a   monopolio    SIAE.
Soundreef: “Ora avanti con la
riforma    complessiva    del
sistema di gestione”

“Accogliamo con entusiasmo la pronuncia della Corte
Costituzionale sulla decisione che indica in modo
inequivocabile la strada verso una completa liberalizzazione
del sistema di intermediazione dei diritti d’autore” –
dichiara Davide d’Atri, AD Soundreef, sulla sentenza
depositata oggi e relativa all’eliminazione del monopolio SIAE
nell’attività di intermediazione, che già aveva sollevato
incompatibilità con il diritto europeo.

“Questa è un’ulteriore conferma per tutti gli autori e gli
editori che chiedono di poter scegliere il proprio
intermediario. Il mercato dei diritti d’autore è complesso, la
battaglia che abbiamo iniziato nel 2012 nell’interesse degli
artisti ancora non è terminata ma sappiamo di essere sulla
buona strada. È doveroso ringraziare il nostro Avvocato, il
professor Guido Scorza dello studio E-Lex, che ci ha sempre
supportato con estrema professionalità.

Officina Stampa del 20/01/2020 – L’intervista al dott. Massimo
Scialò Direttore Commerciale Soundreef
Ora è il momento di riformare in modo complessivo il sistema
di gestione dei diritti d’autore. Dal 2017 – quindi dal
recepimento della Direttiva Barnier, sulla gestione collettiva
dei diritti d’autore e dei diritti connessi – nonostante il
rinnovo delle legislature e il cambio di due governi, non
abbiamo fatto passi in avanti in tal senso” – proseguel’AD
d’Atri.

 “Auspichiamo quindi che il Governo possa avviare il prima
possibile questa riforma che finalmente adeguerebbe il nostro
Paese alla legislazione europea, partendo – ad esempio – dalla
calendarizzazione della proposta di legge presentata dall’On.
Lattanzio, attualmente ferma in Commissione Cultura alla
Camera” – conclude d’Atri.
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