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Rassegna Stampa del 30 aprile 2021
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LE DONNE MEDICO INCONTRANO LA PRESIDENTE CASELLATI. IN SANITÀ ANCORA TROPPE DISPARITÀ
DI GENERE

La tutela della maternità è negata a circa 44mila donne medico convenzionate e gli interventi
istituzionali per ridurre i gap di genere si sono rivelati scarsamente efficaci. Presentato alla presidente
del Senato dalle rappresentanti di 6 società scientifiche della Fism, il Numero Verde grazie al quale 100
donne medico volontarie di diverse specialità hanno fornito alle donne informazioni e consigli sulla
salute e sulla pandemia
27 APR - La promozione delle attività scientifiche e di ricerca “gender oriented” e la necessità di tutelare
la salute della donna e la maternità. Le disparità di genere in una sanità che vede il numero di camici rosa
in continuo aumento, ma con un disallineamento tra la percentuale di donne medico che rivestono
posizioni apicali nelle strutture sanitarie rispetto agli uomini. E poi ancora, la necessità di mettere in atto
specifiche       tutele      per       le      donne        medico       in      stato      di     gravidanza.

Questi i temi sul tappeto nell’incontro oggi a Palazzo Giustiniani tra Il Presidente del Senato Elisabetta
Casellati e sei presidenti donne delle Società Scientifiche affiliate alla Federazione Italiana Società Medico-
Scientifiche (Fism) - Vincenza Palermo presidente Società Medici Legali Aziende Sanitarie, Nunzia Pia
Placentino Presidente Società Scientifica Medicina di Famiglia e Comunità, Giovanna Spatari Presidente
Società Italiana Medicina del Lavoro, Annarita Vestri Presidente Società Italiana Statistica Medica ed
Epidemiologia Clinica, Antonella Vezzani Presidente Associazione Italiana Donne Medico e Elsa
Viora, Presidente Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri – con la partecipazione del Presidente
Nazionale Fism Franco Vimercati, e del Presidente nazionale dei Cardiologi dell’Anmco Domenico
Gabrielli.

Un'occasione per mettere in luce le difficoltà delle donne-medico italiane acuite dall’emergenza
pandemica, ma anche per presentare al Presidente Casellati, il Numero Verde 800.189.441 istituito
dall’Associazione Italiana Donne Medico, un servizio di utilità sociale voluto per fornire alle donne -
attraverso le risposte di 100 donne medico volontarie di diverse specialità - informazioni e consigli sulla
salute, sia su aspetti inerenti la situazione pandemica, sia per le diverse esigenze di salute. Istituito nel
2020, con contact center dedicato, che risponde all’indirizzo coronavirus@donnemedico.org, ha avuto una
grande accoglienza tra le donne e continuerà ancora per molto tempo diventando, ricordano le donne
medico, “un luogo di confronto continuo anche per il fatto che la società scientifica è costituita con
l’apporto di donne medico con le diverse specialità che possono rispondere con competenza alle varie
richieste                                                                                       formulate”.

Per le donne medico il cammino è tutto in salita. Gli interventi istituzionali per ridurre la disparità di
genere in sanità, ricordano in una nota le rappresentanti delle società scientifiche, si sono rivelati
scarsamente efficaci: i Comitati Unici di Garanzia, istituiti per contrastare la discriminazione nelle aziende
sanitarie, non hanno budget, lavorano su base volontaria e il loro parere non è mai vincolante. “Sono
pertanto organismi molto deboli che poco possono fare per contrastare la disparità di genere –
proseguono le donne medico – e la discriminazione di genere insieme alla difficoltà nella conciliazione
lavoro-famiglia porta le donne medico a adottare un comportamento rinunciatario nei confronti di
eventuali attività aggiuntive che possono incrementare la retribuzione e/o aumentare il loro prestigio”.

Non solo, gli interventi di conciliazione adottati dalle aziende sanitarie sono ancora largamente insufficienti
e devono essere implementati sia attraverso il potenziamento degli istituti già attivi (part-time, asilo nido,
centri estivi) sia attraverso l’adozione di modalità flessibili nell’organizzazione del lavoro.

Non va meglio per le donne medico che lavorano come medici di famiglia dove non è garantita la
protezione della maternità. “Peraltro, la tutela della maternità – prosegue la nota – è un principio
fondamentale sancito dall’art. 37 della Costituzione della Repubblica Italiana. La donna, unitamente
all’attività lavorativa, può svolgere anche funzioni familiari ed in particolare la funzione di madre, pertanto,
lo stesso costituente ha disposto che il legislatore debba riconoscerle condizioni di lavoro tali che la
pongano           in       grado       di      adempiere          anche         alle       dette      funzioni”.

E nonostante, la tutela della maternità trova la propria disciplina nel Decreto legislativo del 26 marzo 2001,
n. 151, ad oggi i Medici donne che lavorano in regime di convenzione col Ssn, come i Medici di famiglia,
non godono di una reale tutela della maternità, trattandosi di fatto di un periodo di assenza dal lavoro
"giustificata",    e     con     oneri     organizzativi      ed      economici       a     proprio     carico.

E così la tutela della maternità in Italia viene negata a circa 44 mila donne medico convenzionate: “Un
esercito di donne che lavora giorno e notte sulle ambulanze del 118, come medico o pediatra di famiglia,
specialiste ambulatoriali o nelle sedi di Continuità Assistenziale. L’unica forma di tutela è l’indennità
Enpam, con un importo corrispondente all’80% di 5/12 del reddito professionale che l’iscritta ha
denunciato ai fini fiscali nel secondo anno precedente alla data del parto”.

Le Società scientifiche e le Associazioni hanno infine ricordato le numerose azioni portate avanti per
sostenere le donne e le professioniste.
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MEDICI DI FAMIGLIA E COMUNITÀ, "CON TELEMEDICINA PIÙ FACILE SEGUIRE I PAZIENTI"

(Adnkronos Salute) - “I medici di famiglia sono stati i primi a dover affrontare a mani nude la pandemia.
Inizialmente non avevamo alcun dispositivo di sicurezza, non ci venivano forniti. Da allora molto è
cambiato. Oggi abbiamo a disposizione nuovi strumenti che ci aiutano nella nostra pratica clinica. Uno
dei più importanti è la telemedicina, grazie alla quale possiamo seguire tutti i nostri pazienti, in modo
capillare. Un grande vantaggio, non solo per noi medici. È uno strumento nuovo e come tutte le novità
ha benefici e sicuramente limiti, che andranno studiati nel tempo. Sebbene la visita medica in presenza
difficilmente sarà sostituita dalla telemedicina, sicuramente un approccio tecnologico ci aiuta ad
integrare la visita medica e a seguire a domicilio in maniera più frequente il paziente". Lo dice
all’Adnkronos Salute Nunzia Pia Placentino, presidente della Società scientifica medicina di famiglia e
comunità, una delle sei presidenti donne delle società medico scientifiche affiliate alla Fism, ricevute
questa mattina a Palazzo Giustiniani dalla presidente del Senato Casellati, a pochi giorni di distanza dalla
Giornata nazionale per la salute della donna. "Nonostante la pandemia - prosegue Placentino - abbiamo
cercato di portare avanti l’attività clinica quotidiana, di non lasciare da soli i nostri pazienti. Sicuramente,
in questi mesi la situazione è cambiata. Innanzitutto, siamo passati dalla stretta osservazione e dalla
classica somministrazione di paracetamolo per il controllo della febbre ad una diversa consapevolezza
per quanto riguarda il trattamento farmacologico della patologia. Abbiamo delle linee guida da seguire,
per quanto riguarda il trattamento domiciliare e in questo siamo aiutati dalle Unità speciali di continuità
assistenziale, nelle regioni dove il servizio attivo. In questo modo cerchiamo di gestire il paziente positivo
al Covid a domicilio. Ci tengo a dire che in Italia più del 90% dei pazienti positivi a Covid-19 sono stati
curati a casa, ciò significa che il tasso di ospedalizzazione è stato relativamente basso. Questo è un
grande successo per noi medici di famiglia e per tutta la rete territoriale di assistenza". Non solo cure a
domicilio e telemedicina, quest’ultima promossa dal 51% dei medici di medicina generale (secondo i dati
dell’Osservatorio innovazione digitale in sanità School of Management del Politecnico di Milano). Negli
ambulatori dei medici di famiglia sarà possibile eseguire anche gli esami diagnostici (come ecografia,
spirometria, elettrocardiogramma), che finora venivano effettuati in ospedale. “È un primo passo –
afferma Placentino - che porterà in futuro ad affidare ai medici di famiglia anche il compito di effettuare
test clinici ed esami di laboratorio. Noi siamo assolutamente favorevoli ma abbiamo il problema
dell’eccessivo carico burocratico che pesa per il 90% sulla nostra attività clinica. Poter effettuare questi
esami clinici nei nostri studi ci permetterebbe anche, e soprattutto, di limitare l'invio dei nostri pazienti
negli ospedali, anche perché sono loro i primi a chiederci di essere seguiti il più possibile a domicilio.
Quindi, ben venga la possibilità di eseguire test clinici negli ambulatori purché ci mettano in condizioni di
lavorare senza il macigno della burocrazia".
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COVID. SMI: “MEDICI DI FAMIGLIA NON SONO DISERTORI, MA PENALIZZATI DALLE SCELTE
ORGANIZZATIVE”

“La campagna vaccinale andava fatta negli hub, nelle strutture aziendali e non solo negli studi medici.
Come avevamo detto”, sostiene Cristina Patrizi, dello Smi Lazio, evidenziando le difficoltà vissute in
questi mesi dai medici di medicina generale, “prodigati per poter vaccinare negli studi medici, costretti
ad elemosinare una, due dosi settimanali”. E anche accusati di essere “disertori" ad “ammutinati”, ma
invece “penalizzati da scelte politiche ed organizzative che umiliano la medicina generale”.

29 APR - “Siamo stati lungimiranti quando chiedevamo che, per la caratteristica di questa campagna
vaccinale, poco adatta alla esecuzione negli studi medici, fosse consentito anche ai medici di medicina
generale di vaccinare negli hub ,nelle strutture aziendali e non solo negli studi medici. Siamo stati tacciati
a torto di essere disertori!”. Interviene così, sulla campagna vaccinale del Lazio, Cristina
Patrizi, Responsabile Regionale Area Convenzionale Lazio del Sindacato Medici Italiani.

“Sono quattro mesi - prosegue la nota della sindacalista - che chiediamo di vaccinare negli hub e nelle
strutture aziendali. Nel contempo ci siamo prodigati per poter vaccinare negli studi medici, costretti ad
elemosinare una, due dosi settimanali, con regole che cambiano ogni giorno, con indicazioni subentranti
e discordanti e con la popolazione lasciata in balia delle più svariate e multiformi news e spesso fake
news>”.

“In questi mesi - evidenzia Patrizi - abbiamo dovuto prendere faticosamente appuntamenti e poi
costretti a disdire, mentre neanche dopo i tardivi accordi sulla partecipazione dei medici di famiglia negli
hub o dei medici di Continuità Assistenziale o della Medicina dei servizi , si è riusciti a vedere applicati gli
accordi, se non in maniera residuale. Nel frattempo, esperienze di autonoma organizzazione in hub
territoriale messe in campo faticosamente dai medici di medicina generale come quella di Roma2,
rischiano miseramente di fallire, se non saranno riforniti dai vaccini, pur essendo a costo zero per le
aziende sanitarie. Il tutto mentre i medici di famiglia apprendono dai giornali di essere sostanzialmente
esclusi dalla campagna; passando da "disertori" ad " ammutinati"; ma i medici, invece, sono penalizzati
da scelte politiche ed organizzative che umiliano la medicina generale”.

“Abbiamo lasciato sul campo - conclude Patrizi - un sufficiente numero di morti a testimonianza che
questa " battaglia navale”, nel mare magnum del territorio dolente, è purtroppo persa. Vogliamo vedere
chi lavorerà negli hub vaccinali? Forse solo i medici del bando Arcuri a 60 euro per inoculazione? Forse
perché la medicina generale funziona bene e costa poco. Abbiamo vaccinato, infatti, in 30 giorni
lavorativi 10 milioni di italiani per l’influenza in piena pandemia. Assistiamo basiti davanti a tutto questo.
La resilienza della medicina generale è ora arrivata in darsena, come una nave sconfitta in una battaglia
non ad armi pari”.
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DE MATTEIS (SMI): SIANO GARANTITE PENSIONI A MEDICI TORNATI AL LAVORO

“L’Inps con la sua recente circolare insiste nel voler punire i medici pensionati che sono impegnati nella
campagna di vaccinazione di massa anti covid sospendendo il trattamento pensionistico. Restiamo
stupefatti di tanta approssimazione da parte del Governo e dell’Inps”.
Lo dice Cosmo De Matteis, presidente nazionale emerito dello Smi critica la decisione dell’Inps di voler
sospendere il trattamento pensionistico ai medici vaccinatori che usufruiscono della pensione di vecchiaia.
“Non si può puntare a raggiungere le 500mila vaccinazioni al giorno, costruendo le condizioni per una
migliore organizzazione in tutto il Paese e allo stesso tempo penalizzare i medici in pensione che si sono
resi disponibili”.
“Il Governo chiarisca, una volta e per tutte – aggiunge – se vuole avvalersi di centinaia di medici di cui la
professionalità è capace di fornire una valutazione clinica dei pazienti”. “Si garantisca la pensione al medico
pensionato e la retribuzione spettante per l’attività di vaccinatore senza nessuna odiosa penalizzazione”,
conclude.
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VACCINI: SINDACATI PUGLIA, MEDICI AGGREDITI PER RITARDI LETTERA DEI
PROFESSIONISTI A PREFETTI E AL GOVERNATORE EMILIANO

BARI, 29 APR - Alcuni medici di famiglia pugliesi avrebbero gia' rinunciato "a partecipare alla campagna
vaccinale anti Covid" dopo essere stati minacciati e, in alcuni casi, aggrediti dai loro assistiti per "i ritardi
nelle vaccinazioni": lo denuncia l'intersindacale medica composta da Cgil, Smi, Snami, Simet e Ugs in una
lettera inviata al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e a tutti i prefetti delle province
pugliesi. "Ci pervengono - si legge nella lettera - segnalazione da parte di medici di famiglia di tutta la
regione Puglia per episodi spiacevoli e sgradevoli quali accuse verbali ed aggressioni, da parte degli stessi
pazienti assistiti, riguardo la campagna vaccinale. Tale situazione, gia' paventata piu' volte dalle
scriventi", e' stata "nascosta da chi solo ora fa finta di accorgersi delle difficolta' a vaccinare i propri
assistiti in ragione della gravissima mancanza di vaccini". I sindacati lamentano "il caos totale delle
aziende territoriali riguardo alla organizzazione della campagna vaccinale"; "la diffusione di notizie non
vere, inappropriate e che rappresentano di fatto una totale disinformazione". Infine, evidenziano che "il
clima, che si e' venuto a creare per i medici di famiglia, e' diventato pesante ed insopportabile". "Per tale
ragione - concludono - comprendiamo la voglia e la decisione di molti medici di rinunciare a partecipare
alla vaccinazione fino a quando le condizioni di lavoro sono queste". (ANSA).
Testata       Data

          29 aprile 2021
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          29 aprile 2021
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