Progetto PSN 2012 Azione 2 Bis - ASP Messina
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Progetto PSN 2012 Azione 2 Bis “Individuazione della rete sanitaria regionale per gli interventi di prevenzione e cura nella violenza di genere” VADEMECUM PER GLI OPERATORI Grafica a cura di: Referenti aziendali del progetto: Dario Intagliata Anna Fiorentino Sabrina Ridolfo Adele Lo Presti 1
INDICE Presentazione 3 1. La violenza di genere 4 1.1 I numeri del massacro 5 1.2 Le definizioni della violenza 6 1.3 La violenza domestica:il ciclo della violenza 10 1.4 Violenza e conflitto 14 1.5 Perché le donne non vanno via? 15 1.6 Gli stereotipi e i luoghi comuni 16 2. Affrontare il fenomeno della violenza di genere 19 2.1 Il lavoro di rete 19 2.2 Cosa fare quando una donna chiede aiuto 20 2.3 È utile sapere che 21 2.4 Cosa è importante 22 2.5 Per evitare la “rivittimizzazione” non bisogna 23 2.6 Possibili indicatori di violenza 23 3. La valutazione del rischio 26 3.1 Il metodo S.A.R.A. Spousal Assault Risk Assessment 26 4. Le procedure 29 4.1 Oggetto 29 4.2 Scopo della procedura 29 4.3 Campo di applicazione 30 4.4 Modalità operative 30 4.5 Responsabilità 34 4.6. Normativa 35 4.7 Nodi di rete 39 5. Riferimenti Normativi 69 Ringraziamenti 72 2
PRESENTAZIONE La violenza contro le donne è un fenomeno antico, complesso e purtroppo molto diffuso. Si tratta di un fenomeno che deve essere affrontato dall’intera comunità: nessun soggetto istituzionale, individuale o collettivo, è sufficiente da solo a rispondere ai bisogni di una donna che si trova in una situazione di maltrattamento. Il Progetto Obiettivo di Piano Sanitario Nazionale 2012 Linea 2.bis “Individuazione della rete sanitaria regionale per gli interventi di prevenzione e cura nella violenza di genere” a cui l’ASP di Messina partecipa come Ente partner, ha permesso di realizzare interventi e azioni di promozione alla salute, di stipulare protocolli di intesa, di adottare procedure condivise. Soprattutto ha offerto l’occasione di rafforzare la rete dei servizi pubblici e privati che, a vario titolo, intervengono nelle azioni di prevenzione e contrasto alla violenza di genere, ponendo in primo piano l’esigenza di raccordare quanto c’è oggi di operante in tema di lotta alla violenza contro le donne e stimolare l’assunzione di responsabilità da parte degli operatori sociali, sanitari e del privato sociale. Offrire informazione, salute, protezione, sicurezza, ascolto, accoglienza nel rispetto della privacy da parte dei servizi sul territorio, è l’inizio del percorso di sostegno e accompagnamento di una donna vittima di violenza per aiutarla ad avere una maggiore consapevolezza delle proprie risorse. In quest’ottica il presente vademecum vuole essere uno strumento pratico, utile a tutti i soggetti che necessitino di contatti con i servizi appartenenti alla rete, con particolare attenzione alle donne che, per qualunque ragione, entrano in rapporto con il fenomeno della violenza. Il Direttore Sanitario ASP Messina Dott. Domenico Sindoni 3
1. LA VIOLENZA DI GENERE “La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla.” (B. Croce) La violenza di genere rappresenta un problema socio-sanitario, che si sviluppa soprattutto all’interno delle dinamiche familiari, e che non conosce confini di ceto o di cultura di appartenenza. Con il termine “genere”, ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività ed attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne ed uomini (art. 3 Convenzione di Istambul-2011). Si definisce “violenza di genere contro le donne” quella violenza che parte dal presupposto che queste debbano assumere comportamenti consoni al proprio genere e che l'uomo abbia l'autorità e il potere di controllare le “proprie” donne. Si tratta quindi della violenza diretta al controllo del corpo delle donne, alla limitazione della libertà personale o al rivendicarne il possesso. Tutto ciò nasce dal mancato riconoscimento di 4
pari uguaglianza tra i due generi o dal fatto che la donna non si conformi a ciò che “culturalmente” ci si aspetta lei sia o faccia. Il Sistema Sanitario rappresenta la prima possibilità di contatto per le donne vittima di violenza e, anche quando non ci sia da parte della vittima l’intenzione di denunciare l’aggressore/abusante, una relazione d’aiuto e/o un supporto da parte di un operatore sanitario che può fare la differenza. La violenza di genere costituisce un’esperienza traumatica che produce conseguenze gravi sulla salute psico-fisica delle vittime, che ha per la società costi economici sanitari e sociali rilevanti. 1.1 I numeri del massacro Dal 2006 al 2016 le donne uccise in Italia sono state 1.740 e di queste 1.251 (71,9%) all'interno del nucleo familiare. Solamente nel 2016 sono state 120 le donne morte strangolate, accoltellate e bruciate. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) segnala la violenza di genere come una delle cause di morte più frequenti per le donne a livello mondiale. È vero infatti, che il 35% di queste, nel mondo, ha subito violenza fisica o sessuale dal proprio partner o da altra persona. In Italia, l'indagine ISTAT condotta nel 2015, mette in evidenza come il 31,5% delle donne, fra i 16 e i 70 anni, abbia subito qualche forma di violenza: il 20,2% violenza fisica; il 21% violenza sessuale; il 5,4% forme più gravi (come stupri o tentati stupri). Il 62,7% degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente, mentre nella maggior parte dei casi (76,8%) gli autori di molestie sessuali sono degli sconosciuti. Le donne separate o divorziate hanno subito violenze fisiche o sessuali in misura maggiore rispetto alle altre (51,4% contro 31,5%). Infine, ha subito violenze fisiche e sessuali il 36% delle donne in cattive condizioni di salute e il 36,6% di donne con limitazioni gravi: dato importante poiché mette in evidenza come, in questi casi, sia maggiore il rischio di subire stupri o tentati stupri (il 10% contro il 4,7% delle donne senza problemi). 5
1.2 Le definizioni della violenza La violenza fisica È ogni forma di intimidazione o azione che mette a rischio l'integrità fisica. Include azioni quali: spingere, strattonare, tirare i capelli, dare calci, schiaffeggiare, scuotere, picchiare, minacciare con uso di armi, colpire con un oggetto, bruciare, mordere, tentare di strangolare, pugnalare, sputare, dare pizzicotti, costringere nei movimenti, sovrastare fisicamente, mutilare (ad esempio gli organi genitali), torturare, uccidere. Rientrano nella violenza fisica anche comportamenti di trascuratezza, quali la privazione del cibo e di cure mediche, o il sequestro, o il lanciare e rompere oggetti come segno di intimidazione. Il livello di gravità della violenza dipende dalla tipologia di ferite inferte alla vittima: abrasioni e graffi, denti e ossa rotte, fino ad arrivare a lesioni permanenti e, nel peggiore dei casi, alla morte . La violenza sessuale È ogni forma di imposizione di rapporti e pratiche sessuali non desiderate, che facciano male fisicamente e/o psicologicamente, sotto minacce di varia natura, compresi scherzi e giochi sessuali, sguardi fissi o concupiscenti, sottolineature inopportune, esibizionismo, telefonate offensive, proposte sessuali sgradite, obbligo di guardare pornografia o parteciparvi, i palpeggiamenti non desiderati, i rapporti sessuali forzati, lo stupro, l’incesto, il commettere atti sessuali dolorosi o umilianti per la donna, la gravidanza forzata, la tratta delle donne e il loro sfruttamento sessuale. Vi sono compresi comportamenti quali essere insultata, umiliata o brutalizzata durante un rapporto sessuale. Ricordiamo che l’imposizione di un rapporto sessuale o di intimità non desiderata è un crimine di umiliazione, di sopraffazione e di soggiogamento, che provoca nella vittima profonde ferite fisiche e psichiche. Lo stupro non deve essere inteso soltanto come un atto “prettamente sessuale”, piuttosto costituisce un reato contro la libertà della persona; né tanto meno è un “raptus” sessuale, ma rappresenta sempre l’esercizio di un potere. 6
La violenza psicologica Comprende tutti quei comportamenti che ledono la dignità e l’identità della donna. La violenza psicologica ha un grande potere distruttivo soprattutto quando si manifesta in sottili meccanismi comunicativi all’interno dei rapporti di intimità. Difficile da individuare, comprende comportamenti che mirano a ledere l’autostima della donna: sarcasmo eccessivo, maldicenze, osservazioni maliziose o umilianti, minacce e intimidazioni rivolte anche ai figli, ai membri della famiglia della donna, amici o animali domestici, brutalità, insulti in pubblico, costrizioni a comportamenti contrari alle credenze della donna, forme di disprezzo, reificazione e svalorizzazione. La violenza psicologica si esprime anche attraverso la privazione dei legami affettivi, con l’isolamento della donna dagli amici e dalla famiglia. Le donne maltrattate psicologicamente corrono un rischio molto alto di essere vittime di violenza fisica e sessuale. La violenza economica La violenza economica è ogni forma di privazione, sfruttamento e controllo che tende a produrre dipendenza economica o ad imporre impegni economici non voluti. Nello specifico, se l’uomo limita l’accesso al cibo, ai vestiti, al denaro, alle cure mediche o al lavoro della donna, o le impedisce di essere o diventare economicamente indipendente, esercita su di lei un controllo diretto molto efficace, soprattutto nel momento in cui la donna decide di allontanarsi dalla relazione distruttiva di maltrattamento. Molto spesso, questa tipologia di violenza, così come quella sessuale, è difficile da comprovare. La violenza morale Atteggiamenti che minano o distruggono il credo culturale o religioso, ridicolizzandolo, penalizzandolo o costringendo le donne ad abbracciare un’altra religione. Stalking Comportamenti persecutori protratti nel tempo tesi a far sentire la vittima continuamente controllata, in stato di pericolo e in costante tensione; questi includono: 7
pedinamenti, molestie telefoniche, appostamenti sotto casa e sul luogo di lavoro, minacce, danneggiamenti all’auto e/o ad altre proprietà della donna. Sono frequenti soprattutto dopo un’eventuale separazione. Mobbing Serie di atti o comportamenti vessatori, spesso protratti nel tempo e posti in essere nei confronti di una lavoratrice da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserita, o dal suo “Capo”. Si tratta di atteggiamenti caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione con lo scopo di escludere la vittima dall’ambiente di lavoro. Il mobbing può colpire a prescindere dal sesso della vittima, ma nei confronti delle donne assume connotazioni particolari, come quando scatta in seguito ad una gravidanza o al rifiuto di una prestazione sessuale. La violenza domestica Nasce all’interno di quello che dovrebbe essere un rapporto di amore e fiducia. Infatti, nella maggior parte dei casi, non è facile da riconoscere ma vi si “scivola” quasi inconsapevolmente; tant'è vero che nella storia di coppia non ha un inizio ben preciso ma si sviluppa nel corso del tempo, in modo graduale, attraverso litigi che diventano sempre più frequenti e pericolosi. Non si manifesta fin da subito attraverso maltrattamenti di tipo fisico ma, intenzionalmente, vengono messe in atto violenze di tipo emotivo e psicologico meno evidenti e più subdole. La violenza domestica si caratterizza pertanto per: ➔ cicli di violenza che si alternano a periodi di falsa riappacificazione; ➔ disponibilità della donna a dare una nuova opportunità al proprio partner nella speranza di riuscire ad ottenere un cambiamento; ➔ puntuale disattesa delle aspettative della donna e il ripresentarsi dei comportamenti violenti del partner. Purtroppo, una copiosa letteratura internazionale evidenzia che esiste un legame tra gravidanza e violenza; periodo in cui la violenza maschile contro la donna può avere inizio o inasprirsi. La gravidanza rende infatti la donna più concentrata su sé stessa e sui cambiamenti del proprio corpo. Tutto ciò spesso non è compreso né accettato dal 8
partner, il quale vive la relazione con la donna come un possesso e nutre nei confronti del futuro nascituro sentimenti di gelosia, perché percepito come un oggetto che si frappone fra se stesso e la donna. 1.3 La violenza domestica: Il ciclo della violenza La violenza domestica si sviluppa all’interno di una relazione tra vittima e maltrattante, che segue delle fasi ben precise. Pertanto, per gli operatori di aiuto è estremamente importante comprendere che la violenza si ripete e si alterna a fasi di “apparente tranquillità”, quali sono le dinamiche della relazione violenta e gli eventuali ripensamenti o tentennamenti della donna. Il ciclo della violenza è stato teorizzato dalla psicologa Leonore Walker (1989). Tali dinamiche sono state schematizzate in tre fasi che si alternano tra loro: 1. Costruzione della tensione Il maltrattante usa diverse strategie di controllo isolando la donna dalla sua rete familiare e amicale, vietandole di uscire da sola, controllando i suoi spostamenti ecc. Inizia a denigrarla attraverso insulti, umiliazioni, urla, e minaccia la donna di usare violenza fisica. La violenza psicologica agita in questa fase determina una riduzione del livello di autostima della donna producendo sentimenti di vulnerabilità e sensi di colpa. Lui è irritato e quando lei cerca di chiedergli cosa succede lui nega, magari l'accusa di essere "troppo sensibile". Lei si chiede in che cosa sta sbagliando, ha una percezione della realtà distorta, è confusa, cerca di accontentare il suo aggressore evitando di contraddirlo, assecondandolo. Lui si allontana emozionalmente da lei. 9
2. L'esplosione della violenza In questa fase può determinarsi inaspettatamente una vera e propria aggressione fisica oppure violenza verbale e/o psicologica estrema, come la distruzione di qualche oggetto a cui la donna tiene molto, minacce di morte, ecc. La donna subisce un forte shock, che spesso si traduce in pensieri come quello di lasciare il partner e la propria abitazione, resasi conto della gravità della situazione. Inaspettatamente si scatena la violenza fisica che destabilizza, confonde e terrorizza la donna. Nella fase precedente ogni sforzo di fermare la violenza è stato inutile e ai sensi di colpa si aggiunge l’impotenza e la paura per la stessa sopravvivenza. La difficoltà di proteggere i figli, spesso testimoni silenziosi, incrementa i sensi di colpa, vergogna e fallimento nello svolgere il proprio ruolo familiare e sociale. 3. La falsa riappacificazione o “luna di miele” Solitamente l’abusante dopo questa estrema violenza chiede scusa, dichiara il suo pentimento, promette che non accadrà più, si mostra sofferente, minimizza l'accaduto negandone la gravità, giustificando i suoi comportamenti, attribuendo responsabilità alla donna (“Non ti ho detto questo!, Come al solito non hai capito!”) e chiedendole che gli sia data un’altra opportunità. In questo modo la violenza viene reiterata, creando confusione su quello che è accettabile e quello che non lo è. Il meccanismo della negazione della violenza subita contribuisce così al mantenimento di questo ciclo. Questa fase viene anche definita “luna di miele” proprio per le rassicurazioni, le attenzioni, i regali, che denotano lo pseudo-cambiamento del partner. In questo periodo vi è calma assoluta, non si verificano episodi violenti e la donna coltiva l’illusione di aver ritrovato l’uomo che amava. 10
È sempre l’uomo che decide quando inizia e quando finisce questa fase. Nei primi episodi è caratterizzata da pentimenti e richieste di perdono con promesse di cambiamento e rinnovate dichiarazioni d’amore. Man mano che passa il tempo questa fase è sempre più breve, la donna diventa sempre più dipendente e l’uomo ha sempre più potere. Purtroppo la realtà è assolutamente diversa, poiché i dati mostrano che il ciclo si ripete e si aggrava nel tempo, facendo diventare gli episodi di violenza sempre più frequenti e pericolosi. “Questa fase costituisce il rinforzo positivo che spinge la donna a restare all'interno della relazione violenta e, in qualche modo soddisfa, soprattutto all'inizio, un suo bisogno di riabilitazione” (P. Serra 1999). Le fasi sopra descritte possono, inizialmente, durare mesi. Ciò produce nella donna l'idea che gli episodi di violenza siano una perdita momentanea di controllo da parte dell'uomo e matura la speranza che non si ripetano più. Infatti, spesso, solo dopo molti anni matura la consapevolezza che l’esercizio della violenza da parte del partner sia determinata da un desiderio di controllo e dominio. 1.4 Violenza e conflitto La violenza va sempre distinta dal conflitto: nella violenza c'è chi esercita il predominio e il controllo sulla vittima che viene degradata con il fine ultimo di annientarla; nel conflitto, invece, le parti sono coinvolte allo stesso livello e ciascuno ha la possibilità di svolgere il proprio ruolo. 11
“Quello che permette di distinguere la violenza coniugale da un semplice litigio non sono le botte o le parole offensive, bensì l'asimmetria nella relazione. In un conflitto di coppia l'identità di ciascuno è preservata, l'altro viene rispettato in quanto persona, mentre questo non avviene quando lo scopo è dominare o annichilire l'altro” (Hirigoyen, 2005). 1.5 Perché le donne non vanno via? Le motivazioni sono molteplici, prima fra tutte l'esistenza di un legame affettivo e di intimità con il maltrattante, associato a fattori culturali e psicologici che possono spingere la donna a giustificarlo e, di conseguenza, a sopportare la violenza. Per la donna decidere di porre fine al rapporto costituisce un processo difficile e lungo: difatti, sono molteplici i motivi per i quali una donna possa avere paura e nutrire dubbi all’idea di chiudere la relazione. 12
Paura delle conseguenze La donna percepisce i rischi che corre quando decide di lasciare il partner violento ed ha paura delle conseguenze legate a tale scelta. Infatti, i dati relativi a reati, quali gli omicidi e lo stalking, dimostrano che il momento della rottura di una relazione violenta è quello più pericoloso. Tutela dei figli Fra le paure più frequenti vi è quella di “perdere i figli”. L'allontanamento dai propri figli è una delle minacce che spesso la donna subisce dal partner, che la convince di essere una cattiva madre. In alcune situazioni, possono essere i figli, attraverso veri e propri ricatti affettivi, a farla desistere e restare o ritornare con il partner. Autobiasimo Frequentemente le donne si sentono responsabili della violenza e del fallimento della relazione. Si descrivono con frasi che rappresentano tali sentimenti: “se sono io a provocare la violenza, tocca a me farla cessare”. Alcune vengono sopraffatte dalla vergogna, altre pensano di non farcela da sole. Tutto ciò è associato, spesso, ai pregiudizi culturali che attribuiscono alla donna il buon andamento della famiglia. Mancanza di sostegno esterno Accade frequentemente che la donna venga lasciata da sola dalla famiglia di origine, che la colpevolizza del fallimento familiare. Così, per paura di non essere creduta, evita di svelare il dramma familiare, rimanendo in tal modo priva di sostegno esterno. Salvare la propria relazione e la famiglia La donna, il più delle volte, cerca tutte le soluzioni possibili affinché il comportamento del partner cambi e cessino le violenze. Questi tentativi sono spesso mossi da convinzioni religiose e culturali, dall'illusione di un amore felice, da un forte legame affettivo, ecc. Il ciclo della violenza è caratterizzato da un continuo alternarsi di fasi di estremo affetto, scuse e pentimento, a fasi di violenza. La donna cade nella trappola determinata da queste fasi e, se non adeguatamente supportata, non riesce ad uscire da questo circolo vizioso, con la conseguenza di chiudere e riaprire continuamente la relazione con il partner. 13
1.6 Gli stereotipi e i luoghi comuni Il concetto di violenza di genere è ammantato di stereotipi e luoghi comuni, elementi che, spesso, ne impediscono il riconoscimento. I più diffusi sono: “La violenza verso le donne riguarda solo le fasce sociali svantaggiate, emarginate, deprivate” Sappiamo invece che è un fenomeno trasversale. “Le donne sono più a rischio di violenza da parte di uomini a loro estranei” Sappiamo invece che i luoghi più pericolosi per le donne sono la casa e gli ambienti familiari e che i possibili aggressori sono proprio i loro partner, ex partner o altri uomini conosciuti: amici, familiari, colleghi, insegnanti, vicini di casa. “Solo alcuni tipi di uomini maltrattano le donne: uomini con problemi psichiatrici o che hanno subito violenza nell’infanzia” In realtà, così come viene documentato dalle ricerche sull'argomento, gli uomini maltrattanti non rientrano in nessun tipo specifico di personalità o di categoria diagnostica. Inoltre, avere subito violenza durante l’infanzia non significa dover diventare persone violente. Ritenere che il maltrattante sia affetto da qualche patologia mentale, o che appartenga a culture diverse dalla nostra, fa si che lo consideriamo distante da noi, inducendoci a pensare che sia un problema esclusivamente degli altri. “La violenza verso le donne è causata da raptus improvvisi o dall’uso di alcol e droghe” Non è così, visto che la maggior parte degli episodi di violenza sono premeditati e lo dimostra il fatto che le donne vengono picchiate in parti del corpo in cui le ferite non sono visibili. L’uso di alcol o droghe non è la causa diretta delle violenze ma può far precipitare la situazione. “Alle donne “piace” essere picchiate, altrimenti se ne andrebbero di casa” Anche su questo stereotipo la letteratura insegna che le donne non decidono di andar via dalla situazione di violenza in cui vivono per altre motivazioni e fattori quali: la paura, la dipendenza economica, l’isolamento, la mancanza di alloggio, la riprovazione sociale -spesso da parte della stessa famiglia di origine-, la difficoltà ad immaginare alternative e possibili vie d’uscita, ecc. 14
“La donna viene picchiata perché se lo merita, o se subisce violenze sessuali probabilmente è in parte responsabile, perché era vestita in maniera provocante” Solitamente non sono motivi futili a scatenare la violenza sulla donna: né l’aspetto fisico, così come l’abbigliamento possono essere correlati con la violenza e, in ogni caso, non la giustificano. “Anche le donne sono violente nei confronti dei loro partner” La violenza di genere ha una sua specificità, determinata dagli stereotipi culturali e dallo squilibrio di potere tra i generi che la contraddistingue, rispetto ai casi di violenza esercitati da parte di una donna. Le aggressioni e gli omicidi compiuti da donne nei confronti del partner si verificano per autodifesa . “La violenza verso le donne è un fenomeno poco diffuso” In realtà è un fenomeno esteso, anche se sommerso e per questo sottostimato: è un problema che riguarda la società tutta. 15
2. AFFRONTARE IL FENOMENO DELLA VIOLENZA DI GENERE 2.1 Il lavoro di rete È importante, affinché si possa prevenire e contrastare un fenomeno complesso come quello della violenza di genere, che tutte le agenzie che se ne occupano lavorino in rete ed in modo multidisciplinare: sul singolo caso, sulle istituzioni e sulla società. I bisogni di cui è portatore chi subisce violenza, sono estremamente complessi, molteplici e variegati: nessun operatore o servizio è in grado di soddisfarli lavorando singolarmente. Lavorare in rete diventa, quindi, indispensabile per una serie di ragioni: evita dispersione di energie e risorse; elimina confusioni e rallentamenti; garantisce risposte globali ed un aiuto efficace; offre migliori standard di servizi alle vittime; consente la costruzione di un percorso integrato. 16
Per lavorare in rete occorre partire da alcune basi condivise quali: sviluppo di un linguaggio comune; univoca lettura del fenomeno; riconoscimento reciproco dei diversi ruoli e competenze fra i vari nodi che compongono la rete; circolarità delle informazioni; adozione di linee operative condivise procedure condivise metodologia integrata di presa in carico che preveda un unico progetto di uscita dalla violenza condiviso con la donna. Il modello di rete da adottare deve essere aperto, antiburocratico, flessibile, centrato sulle esigenze della donna e, se presenti, dei suoi figli. 2.2 Cosa fare quando una donna chiede aiuto? Per la donna raggiungere la consapevolezza di avere “bisogno di aiuto” può essere difficile e richiedere molto tempo. Decidere di interrompere la relazione violenta e sporgere denuncia, rappresenta un momento cruciale, caratterizzato da estrema sofferenza e vulnerabilità. La donna può provare sentimenti ambivalenti, quali paura e rabbia. Potrebbe, inoltre, essere sottoposta a pressioni per evitare la denuncia da parte del suo ambiente familiare, oltre che dal partner stesso. Il primo colloquio rappresenta un momento decisivo per costruire insieme alla donna un percorso di uscita dalla violenza. Trovare servizi dedicati e risposte positive, la aiuta a riflettere sui bisogni personali e dei figli, rielaborare il proprio vissuto oltre che a decidere sulla sua sicurezza e quella della prole. Quando si entra in contatto con una donna vittimizzata, bisogna possedere una buona conoscenza del fenomeno e delle dinamiche che caratterizzano la relazione violenta. Non sempre la donna, nonostante la decisione di raccontare i soprusi, è pronta a esprimere in modo chiaro le violenze subite, a lasciare il partner o a sporgere denuncia/querela. 17
È quindi estremamente importante il tempo da dedicarle in tutte le fasi del rapporto professionale, in modo da poter accogliere, ascoltare senza pregiudizi, dare fiducia e rispettare i suoi i tempi. Bisogna sempre ricordare che l'operatore ha di fronte a sé una donna traumatizzata, una donna che ha trascorso anni immersa nelle sofferenze, taciute per pudore o paura. 2.3 È utile sapere che: la violenza è trasversale e colpisce tutte le donne di qualsiasi razza, età, religione e ceto sociale; gli uomini che maltrattano le loro compagne non presentano patologie particolari, appaiono insospettabili e, agli occhi esterni, sembrano persone affidabili; l’unico responsabile della violenza è colui che la esercita; più del 30% delle donne non racconta a nessuno di essere vittimizzata e la prima persona con cui si confida potrebbe essere l’operatore; il rischio maggiore che corre la donna è il momento della separazione; la vittima spesso è caratterizzata da emozioni contrastanti: da una parte il bisogno di ottenere “giustizia nell'immediato”; dall'altra, la “pietà” e la “comprensione” per chi la maltratta; frequentemente le donne subiscono molteplici forme di violenza prima di decidere di intraprendere un percorso di aiuto; la violenza non può essere mai giustificata; nessuna donna merita di subire violenza; l’uomo violento si rivolge alla vittima con frasi del tipo: “non ti crederanno mai”, “penseranno che sei pazza”, “ti leveranno i figli…” e ciò produce nella donna la paura nel chiedere aiuto e fidarsi, poiché spesso si autoconvince che il partner ha ragione; meglio di chiunque altro la vittima conosce i suoi bisogni di sicurezza e il suo carnefice. 18
2.4 Cosa è importante? costruire uno spazio dedicato all'accoglienza; avere un colloquio con la donna da sola; rispettare pause e silenzi con la consapevolezza che, spesso, la donna non racconta tutto durante il primo contatto; garantire la riservatezza; garantire un tempo utile all'ascolto; avere un atteggiamento empatico e non giudicante; saper gestire le proprie emozioni legate ad aspetti personali, ai propri vissuti, agli stereotipi ed a luoghi comuni quali, ad esempio, quello di onnipotenza che lo/la porta a sostituirsi alla donna o, al contrario, il senso di impotenza che ostacola la presa in carico; credere alla donna quando racconta del suo bisogno di sicurezza; rispettare la sua libertà di scelta ed autonomia ed i suoi tempi; costruire una relazione di aiuto efficace e orientarla a comportamenti motivazionali di cambiamento; informarla sui termini della denuncia ed in quali casi la legge ne prevede l'obbligo per pubblici ufficiali ed esercenti di pubblico servizio; informarla sull'importanza della certificazione medica; informarla sui ruoli e le competenze dei diversi servizi attivabili; agire con il consenso della donna; ricordarle che la violenza è un comportamento gratuito e che non è colpa sua; se la donna fa uso di alcool o sostanze stupefacenti non giudicarla non credibile: spesso il ricorso a tali sostanze può rappresentare una conseguenza della violenza subita. 19
2.5 Per evitare la “rivittimizzazione” non bisogna: chiedere alla donna se ha emesso comportamenti verbali e non, che hanno innescato la violenza; giudicare le sue azioni o le sue scelte; fare domande che possano suonare accusatorie come, ad esempio, perché non si è separata prima o perché non ha raccontato a qualcuno delle violenze subite; sottovalutare o minimizzare la situazione di pericolo che descrive; decidere per lei, inducendola ad esempio a lasciare il marito o a denunciarlo. 2.6 Possibili indicatori di violenza Spesso le donne si vergognano e, comunque, trovano difficoltà a parlare delle violenze subite. Esistono alcuni “indicatori” psichici, psicosomatici e psicosociali che possono essere considerati veri e propri “segnali d’allarme” di abuso, di cui l'operatore deve tenere in considerazione. Indicatori psichici agitazione, ipervigilanza, apatia, mutismo; intrusioni costanti; senso di vergogna e colpa; comportamento autolesionista - abuso di alcol, droga, autolesionismo, perdita di ogni meccanismo di auto - protezione; tentati suicidi, intenzioni suicidarie, irrequietezza, atteggiamento timoroso; eccesso di adattabilità; disturbi del sonno, stati di paura, panico; disforia (alterazione dell’umore in senso depressivo, accompagnata da agitazione, irritabilità, nervosismo), umore negativo e altalenante; cambi di umore repentini che rendono difficile relazionarsi ed entrare in empatia. 20
Indicatori psicosomatici disturbi diversi in varie parti del corpo; disturbi al basso ventre; disturbi alla respirazione; disturbi dermatologici; disturbi gastro – intestinali; stati di esaurimento/stanchezza. Indicatori psico – sociali ricorso frequente a trattamenti sanitari presso istituzioni diverse; lasso di tempo irragionevolmente lungo tra il momento della lesione e la richiesta del trattamento; negazione, racconto contraddittorio dell'evento lesivo; comportamento iperprotettivo da parte della persona che la accompagna presso le istituzioni, comportamento di controllo; atteggiamento pauroso. 21
3. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO È una stima per individuare la probabilità che si perpetri la violenza. Gli atti violenti di qualsiasi tipo essi siano, derivano dalla scelta di agire la violenza. Pertanto non esistono cause della violenza ma circostanze legate alle caratteristiche dell'individuo, alla sua storia pregressa ed al contesto sociale. La valutazione del rischio o risk assessment, comporta la gestione del rischio o risk management, cioè la scelta dell'intervento più utile per quel caso, con l'obiettivo di prevenire la recidiva, in modo da proteggere le vittime ed evitare l'escalation dei maltrattamenti che potrebbero sfociare in omicidi. Risk management significa: individuare le più utili strategie di gestione del rischio; valutare gli scenari del rischio considerando gravità, frequenza, durata e probabilità; monitorare la situazione. 22
La rilevazione non si concentra sulla vittima ma sulla recidiva del maltrattante per comprendere come e perché ha scelto di agire in modo violento e individuare i fattori passati, predisponenti la recidiva. 3.1 Il Metodo S.A.R.A. Spousal Assault Risk Assessment Rappresenta una procedura scientificamente valida che si è rivelata molto utile per contribuire all'interruzione dei comportamenti violenti. I 10 fattori di rischio sono raggruppati in due macro aree: Violenza agita nei confronti del partner (o ex partner) 1. gravi violenze fisiche/sessuali (consumate o tentate, incluso la violenza sessuale e l'uso di armi); 2. gravi minacce di violenza, ideazione o intenzione di agire violenza; 3. escalation della violenza fisica/sessuale vera e propria, delle minacce/ideazioni o intenzioni di agire tali violenze; 4. violazione delle misure cautelari o interdittive; 5. atteggiamenti negativi nei confronti delle violenze interpersonali e intra- familiari. Adattamento psico-sociale 1. precedenti penali/condotte antisociali; 2. problemi relazionali (separazione dal partner, elevata conflittualità nella relazione attuale o in quelle pregresse, ecc); 3. status occupazionale o problemi finanziari; 4. abuso di sostanze (abuso di sostanze stupefacenti, alcool, medicinali che hanno portato alla compromissione delle funzioni sociali quali la salute, le relazioni, il lavoro, problemi con la giustizia); 5. disturbi mentali. 23
Piano di protezione Una volta individuato il livello di rischio è importante disporre un piano di protezione che permetta alla donna ed ai figli il miglior livello possibile di protezione. La donna che si trova in una situazione di pericolo dovrebbe lasciare subito l'ambiente violento e trovare ospitalità presso: casa rifugio; famiglia di origine; amica; persona di fiducia. Se la donna è già separata, vive da sola ma è vittima di persecuzioni dovrebbe: cambiare la serratura del domicilio; predisporre un sistema di sicurezza più adeguato, come sbarre alle finestre, maggiore illuminazione; considerando i provvedimenti dei tribunali a tutela dei minori, assicurarsi che gli insegnanti abbiano chiaro chi deve prelevare i bambini a scuola; individuare insieme alla donna un legale competente in materia; contattare il centro anti-violenza più vicino ed allertarlo rispetto alla possibilità che la donna possa essere accolta in una località ad indirizzo segreto; verificare che qualcuno possa temporaneamente andare ad abitare con lei o che possa essere ospitata da qualcuno. 24
4. LE PROCEDURE 4.1 Oggetto L’oggetto della presente procedura è l’assistenza alle vittime di violenza di genere con il supporto delle strutture presenti sul territorio, sia che il processo inizi al Pronto Soccorso con attivazione del codice Rosa, sia che la domanda di aiuto sia intercettata dal territorio. La legge 28/12/2015 n. 208 (Legge di Stabilità 2016 emendamento c. 790- 791) definisce il percorso di tutela per le vittime di violenza, per tutte le persone fragili, nella pienezza della dignità della persona e finalizzato alla autodeterminazione. Stabilisce inoltre che venga istituito, nelle aziende sanitarie e ospedaliere, un percorso di protezione denominato «Percorso di tutela delle vittime di violenza», con la finalità di tutelare le persone vulnerabili vittime della altrui violenza, con particolare riferimento alle vittime di violenza sessuale, maltrattamenti o atti persecutori (stalking). 25
4.2 Scopo della procedura Diffondere e condividere un percorso comune interaziendale di assistenza alle vittime di violenza di genere, che garantisca la continuità di una presa in carico, a cominciare dall’accoglienza fino all’attivazione delle risorse presenti sul territorio, finalizzata alla messa in sicurezza della vittima e al superamento del trauma. Per la realizzazione dell’iter procedurale è necessario informare tutti gli operatori sanitari di emergenza e territoriali, il terzo settore, i servizi sociali dei Comuni, i Centri Anti-violenza, le Forze dell’Ordine. Il lavoro di rete servirà ad avere un percorso definito che consentirà una presa in carico integrata delle vittime di violenza. 4.3 Campo di applicazione Il percorso è riferibile a tutte le vittime di violenza, dalle donne in età adulta a tutte le persone fragili, vulnerabili, vittime di violenza sessuale, maltrattamenti e atti persecutori. La prima fase passa attraverso la valutazione del livello di rischio e l’attivazione del piano di protezione da parte della rete dei servizi: Pronto Soccorso, Forze dell’ordine (F.O.) e Nuclei operativi anti-violenza (Servizi Sociali comunali, Sportello anti- violenza, Consultorio familiare, Dipartimento salute Mentale, Dipendenze patologiche, Neuropsichiatria Infantile, Equipe abuso minori). 4.4 Modalità operative Sono state prese in considerazione le seguenti possibilità in cui la vittima di violenza può trovarsi con la conseguente e necessaria attivazione delle risorse socio-sanitarie: Situazione urgente al Pronto Soccorso – come da procedura di emergenza già standardizzata dalla A.O. capofila (A.O. Papardo) e adottata con atto deliberativo n. 2908/DG del 14.12.2016 5.2 Situazione di immediatezza che richiede rapida presa in carico nei Servizi Territoriali (Consultori, Servizi Sociali dell’Ente Locale, Sportello anti-violenza, SERT, Salute Mentale, NPIA, 26
ambulatori MMG e PLS). 5.3 Situazione di presa in carico e di ascolto: la vittima si presenta ai Servizi Territoriali (Consultori, Sportello anti-violenza, S.S. Comune, SERT, Salute Mentale, Nuclei Operativi anti-violenza, Centri Specialistici) , nei Presidi di continuità assistenziale, nei PTE, negli ambulatori MMG e PLS. Situazione di immediatezza che richiede rapida presa in carico nei Servizi Territoriali (Consultori, S.S., Sportello anti-violenza, SERT, Salute Mentale, NPIA, nei Presidi di continuità assistenziale , nei PTE, negli ambulatori MMG e PLS). I Servizi Territoriali pubblici e privati garantiscono interventi diretti o rappresentano la continuità assistenziale post-dimissione dal Pronto Soccorso. È fondamentale la stretta connessione tra i servizi dedicati e la condivisione delle procedure, per garantire una risposta più celere, maggiore sicurezza e riduzione del rischio di esposizione o contatto con il soggetto maltrattante. IN ORARIO DI UFFICIO: Servizi Sociali Comunali: accogliere, informare, valutare, inviare ai servizi dedicati, accompagnare alla denuncia. Attivare segnalazione A.G.e contattare Tutela dei Minori, se presenti. Procedere ad un eventuale collocamento della vittima in situazione protetta. Informare le F.O. Sportello Anti-Violenza: accogliere, informare, valutare (scheda S.A.R.A. o altre modalità di valutazione), inviare ai servizi dedicati, accompagnare alla denuncia, contattare i S.S. del Comune di residenza della donna. Attivare segnalazione A.G. e il Servizio Tutela minori, se presenti. Procedere ad un eventuale collocamento della vittima in situazione protetta. Informare le forze dell’ordine. Consultorio/Altri servizi: accogliere, informare, valutare (scheda S.A.R.A. o altre modalità di valutazione), inviare ai servizi dedicati, accompagnare alla denuncia, contattare i S.S. del Comune di residenza della donna. Attivare segnalazione A.G. e il Servizio Tutela minori, se presenti. Procedere ad un eventuale collocamento della vittima in situazione protetta. Informare le forze dell’ordine. Offrire supporto psicosociale. F.O.: accogliere, informare, valutare, inviare ai servizi dedicati, accettare la denuncia, contattare i S.S. del Comune di residenza della donna e il Servizio 27
Tutela minori, se presenti. Procedere con l’eventuale allontanamento della vittima e dei minori o del maltrattante. FUORI DALL’ORARIO D’UFFICIO: SERVIZI (Consultori, Sportelli Anti-Violenza, Sert, NPIA, Salute Mentale, Servizi Sociali Comunali, Guardie Mediche , PTE, Ambulatori MMG e Pediatri di base): esporre in posizione ben visibile una locandina con i numeri utili (112, caserma più vicina o di altre F.O.) e le procedure d’emergenza in caso di maltrattamento. F.O.: garantiscono la copertura del servizio 24 ore su 24. Situazione di presa in carico e di ascolto: la vittima si presenta ai Servizi Territoriali (Consultori, Sportello anti-violenza, S.S. Comune, SERT, Salute Mentale, Nuclei Operativi anti-violenza, centri specialistici), negli ambulatori MMG e Pediatri di base. IN ORARIO DI UFFICIO: Servizi Sociali Comunali: accogliere, informare, valutare, inviare ai servizi dedicati, accompagnare alla denuncia o attivare segnalazione A.G., contattare Tutela dei Minori, se presenti, procedere ad un eventuale collocamento della vittima in situazione protetta, informare le F.O., inviare al consultorio familiare per presa in carico psico-sociale. Sportello Anti-Violenza: accogliere, informare, valutare (scheda S.A.R.A. o altre modalità di valutazione), inviare ai servizi dedicati, accompagnare alla denuncia o attivare segnalazione, contattare i S.S. del Comune di residenza della donna e Servizio Tutela minori, se presenti., inviare al consultorio familiare per presa in carico psico-sociale. NPIA, SERT/Altri servizi: accogliere, informare, valutare (scheda S.A.R.A. o altre modalità di valutazione), inviare ai servizi dedicati accompagnare alla denuncia o attivare segnalazione, offrire supporto psicosociale, contattare i S.S. del Comune di residenza della donna e Servizio Tutela minori, se presenti, informare le FO, inviare al consultorio familiare per presa in carico psicosociale. F.O.: accogliere, informare, valutare, inviare ai servizi dedicati, accettare la denuncia, contattare i S.S. del Comune di residenza della donna e Servizio 28
Tutela minori, se presenti, procedere con l’eventuale allontanamento della vittima e minori o del maltrattante. inviare al consultorio familiare per presa in carico psico-sociale. CONSULTORI FAMILIARI: accogliere, informare, valutare (scheda S.A.R.A o altre modalità di valutazione), accompagnare alla denuncia o attivare segnalazione contattare i S.S. del Comune di residenza della donna e Servizio Tutela minori, se presenti, presa in carico psico-sociale e, se necessario, invio al secondo livello (SERT, Salute Mentale, NPIA). FUORI DALL’ORARIO D’UFFICIO: SERVIZI (Consultori, Sportelli Anti-Violenza, Sert, NPIA, Salute Mentale, Servizi Sociali Comunali, Guardie Mediche , PTE, Ambulatori MMG e Pediatri di base): esporre in posizione ben visibile una locandina con i numeri utili (118, 112, caserma più vicina o di altre F.O.) e le procedure d’emergenza in caso di maltrattamento (come da procedura del SUES 118 deliberazione n. 2552/DG del 7.11.2016). F.O.: garantiscono la copertura del servizio 24 ore su 24. 4.5. Responsabilità La Direzione Strategica è responsabile della validazione della procedura e della condivisione interaziendale, con i Comuni del territorio provinciale (ANCI) e il Terzo settore. I servizi Territoriali dell’ASP (Consultori, DSM, SERD, NPIA, Dipartimento di Prevenzione-Igiene e Medicina Scolastica) sono responsabili dell’applicazione della procedura e dell’attivazione della rete con i Centri anti-violenza, le associazioni, il servizio sociale del Comune di residenza della vittima e le Forze dell’Ordine. La procedura verrà diffusa ai MMG e ai PLS, ai Presidi di continuità assistenziale ai Nodi Distrettuali locali, alle associazioni ed ai centri di tutela per minori, alla Questura di Messina. Verranno stilati i protocolli di intesa con le Procure e le Forze dell’Ordine e con i Centri anti-violenza. 29
4.6 Normativa “Convention on preventing and combating violence against women and domestic violence” (Istanbul maggio 2011) e sottoscritta dall’Italia alla fine del 2012. art. 572 del C.P. Norma contro il maltrattamento in famiglia o verso i minori; L. 66/96 Norme contro la violenza sessuale (Reato contro la persona); L. 269/98 Norme contro lo sfruttamento della prostituzione e pornografia; L. 38/2006 Lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e pedopornografia anche a mezzo internet; L. 38/2009 recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza, nonché in tema di atti persecutori, che ha riconosciuto l’importanza dell’istituzione sul territorio dei Centri Antiviolenza. L. 154/2001 Misure contro la violenza nelle relazioni familiari. L. 7/2006 sul divieto delle pratiche di mutilazione dei genitali femminili Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking Febbraio 2011 DDL 93/2013 recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e contrasto per la violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e commissariamento delle province (la cosiddetta legge sul “femminicidio”, Legge n.77 del 27 Giugno 2013, “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” Legge Regionale 3/2012 “Norme per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere”, che prevede attività di prevenzione e potenziamento delle azioni di intervento. Piano della Salute 2010-2012 e nel PSR 2011-2013 si introduce il tema degli effetti sulla salute causati da atti di violenza di genere. Decreto dell’Assessore della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro n. 281 del 19 Febbraio 2014, con il quale, in adempimento di quanto disposto dalla Legge 3/2012 è stato formalmente costituito l’Osservatorio Permanente per il contrasto alla violenza di genere, presso l’Assessorato della Famiglia, delle Politiche sociali e del lavoro. La legge 28/12/2015 n. 208 (Legge di Stabilità 2016 emendamento c. 790-791) definisce il percorso di tutela per le vittime di violenza per tutte le persone fragili, nella pienezza della dignità della persona e finalizzato alla autodeterminazione. 30
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4.7 Nodi di Rete MESSINA CeDAV Onlus - Centro Donne Antiviolenza (CENTRO ANTIVIOLENZA) Via Castellammare, 6 - 98123 - Messina 090 716524 cedav@virgilio.it www.women.it/luoghi/luoghi-it/messin.htm orario: lun - mer - ven dalle ore 15.00 alle ore 19.00; mar e gio dalle ore 9.00 alle ore 13.00 Referente: Carmela Currò Coop. Soc. Santa Maria della Strada Via Nazionale, 155 Giampilieri Marino - 98100 – Messina 090 821561 090 821561 s.mariadellastrada@libero.it orario: tutti i giorni h 24 Referente: Salvatore Gulletta Centro ITARD Sicilia s.r.l. “Impresa Sociale” Via dei Mille, 271 - 98123 - Messina 090 691046 090 691046 centroitardsicilia@gmail.com orario: mer e ven dalle ore 10.00 alle ore 12.00 referente: Rosa Alba Frandina C.I.R.S. Onlus Comitato Italiano per il Reinserimento Sociale - Sezione Locale di Messina Via Mons. Francesco Bruno, 22 - 98122 – Messina 090 40820 090 40820 cirsonlusme@virgilio.it orario: da lun a ven dalle ore 9.00 alle ore 12.00 referente: Mirella Miroddi Azione Sociale Soc. Coop. Soc. Piazza San Giovanni, 15 – Vill. Castanea - 98155 – Messina 34
090 317581 090 317585 azionesociale@tiscali.it azionesociale@sicurezzapostale.it orario: mer e sab dalle ore 9.00 alle ore 13.00 referente: Lucia Gentile TERRITORIO PROVINCIALE Comune di Capo d'Orlando C.da Muscale - Palazzo Satellite - 98071 - Capo d’Orlando (ME) 0941 915347 0941 915347 luciabontempo@comune.capodorlando.me.it orario: mar e gio dalle ore 15.00 alle ore 18.00 referente: Lucia Bontempo Associazione Pink Project Via Tripoli, 17 - 98071 - Capo d’Orlando (ME) 0941 054182 pinkproject@pariopportunita.sicilia.it orario: lun e mer dalle ore 15.00 alle ore 19.00 mar e gio dalle ore 9.00 alle ore 13.00 referente: Maria Grazia Giorgianni Comune di Castroreale Via G. Siracusa - 98053 - Castroreale (ME) 090 9746444 090 9746777 servizisociali@castroreale.it www.antiviolenzaangeli.com orario: mar e gio dalle ore 10.00 alle ore 12.00 referente: Lucia Gentile Comune di Francavilla Associazione PENELOPE Coordinamento solidarietà sociale Via Liguria, 6 (Lilliput) - 98034 - Francavilla di Sicilia (ME) 0942 981163 0942 47420 lilliputfrancavilla@virgilio.it orario: lun - mer - ven dalle ore 9.00 alle ore 12.00 referente: Tiziana Grasso 35
Comune di Furnari A.S.V.O. onlus - Associazione di soccorso e volontariato orizzonti C.da San Filippo (Centro Servizi Comune di Furnari) 98054 - Furnari (ME) 0941 81528 asvo.sicilia@gmail.com retesocialeasvo@gmail.com asvo@pec.it info@asvonlus.net orario: mar - gio - ven dalle ore 15.00 alle ore 20.00 referente: Carmela Pino Comune di Gaggi A.SO.FA. - Associazione di Solidarietà Familiare Via Umberto, 84 - 98030 - Gaggi (ME) 0942 47520 0942 47520 asofa@libero.it orario: da lun a ven dalle ore 10.00 alle ore 12.00 referenti: Agata Famà e Laura Spadaro Comune di Giardini N. Associazione EVALUNA Onlus (CENTRO ANTIVIOLENZA Generosa) Via Brasile, 18 - 98035 - Giardini Naxos (ME) 0942 681667 0942 47420 concettarestuccia@virgilio.it orario: lun - mer - ven dalle ore 9.00 alle ore 12.00; mar e gio dalle ore 16.00 alle ore 19.00 referente: Concetta Restuccia Associazione PENELOPE Coordinamento solidarietà sociale Via S. Paladino, 32 (La Cura) - 98035 - Giardini Naxos (ME) 0942 253888 0942 47420 centrolacura@alice.it orario: lun - mer - ven dalle ore 9.00 alle ore 12.00 referente: Anna Maria Intilisano 36
Comune di Pace del Mela Piazza Municipio - Palazzo Comunale - 98042 - Pace del Mela (ME) 090 9347215 - 090 9347216 090 9347219 servizisociali@comune.pace-del-mela.me.it orario: lun e mer dalle ore 15.00 alle ore 18.00 referente: Filippo Santoro Comune di San Piero Patti Associazione La Clessidra Costruire l'esperienza Via Sant’Anna, 44 - 98068 - San Piero Patti (ME) 331-1641974 noalsilenzio@tiscali.it Fb: NoalSilenzio San Piero Patti orario: lun dalle ore 15.00 alle ore 17.00; gio dalle ore 10.00 alle ore 12.00 referente: Catena Camuti Comune di S.Teresa di Riva Associazione PENELOPE Coordinamento solidarietà sociale Viale Regina Margherita c/o villa ragno (Il Picchio) 98028 - Santa Teresa Riva (ME) 0942 793487 0942 793487 centroilpicchio@virgilio.it orario: lun - mer - ven dalle ore 9.00 alle ore 12.00 referente: Angela Mantello Comune di Tortorici Viale Rosario Livatino - 98078 - Tortorici (ME) 0941 4231206 0941 430825 francesca.paterniti@comunetortorici.me.it orario: mar e gio dalle ore 15.00 alle ore 18.00 referente: Francesca Paterniti 37
DISTRETTO DI TAORMINA EMERGENZA- URGENZA Continuità Assistenziali ex Guardie mediche SEDE INDIRIZZO N° TELEFONO Antillo Via Roma 0942/723142 Casalvecchio S V.Sant’Onofrio 0942/761121 Castelmola V.Nazionale 0942/28256 Cesaro’ Via Regina Elena 095/697147 Forza D’Agro’ Via delle Rimembranze 0942/721601 Francavilla Via dei Mulini 0942/981571 Gaggi Via E.Berlinguer 0942/630005 Gallodoro Viale Europa, 39 0942/656023 Giardini N Via Vitt.Emanuele, trav.1 0942/53932 Graniti Via Roma,144 0942/29043 Letojanni Via Lungomare 0942/36388 Limina Via Provinciale, 85 0942/726192 Malvagna P.zza Pio La Torre, 3 0942/964175 Moio Alcantara Via Torre,1 0942/963106 Mongiuffi Melia P.zza S.Nicolo’ 0942/20127 Motta Camastra P.zza Croce 1 0942/985283 Roccella Valdemone Via De Gasperi 0942/965075 S.Alessio Siculo Via Siena 0942/751019 Savoca Via Borgo 7 0942/761124 Santa Domenica Vittoria Via G.D’Acquisto 095/925104 P.P.I. Punti di primo intervento Sede: Taormina Indirizzo: Piazza San Francesco da Paola (Ospedale Vecchio) N°Telefono: 0942/614042 Orario e giorni d’apertura: dal lunedì al venerdì 8.00 – 20.00 giorni prefestivi 8.00 - 10.00 Punti territoriali d’Emergenza PTE 1) Sede: Santa Teresa Riva Indirizzo: P.zza V Reggimento Aosta N°Telefono: 0942/792810 Orario e giorni d’apertura: tutti i giorni, compresi i festivi 8.00 - 20.00 2) Sede: Francavilla di Sicilia Indirizzo: Via dei Mulini 1 N°Telefono: 0942/981571 Orario e giorni d’apertura: tutti i giorni, compresi i festivi 8.00 - 20.00 38
CONSULTORI FAMILIARI 1) Sede: Taormina Indirizzo: P.zza S.Francesco da Paola N°Telefono: 0942/614020 Orario e giorni d’apertura: dal lunedì al venerdì 8.30 - 12.30 martedì e giovedì 15.30 - 17.30 2) Sede: Francavilla di Sicilia Indirizzo: Via dei Mulini N°Telefono: 0942/980002 Orario e giorni d’apertura: dal lunedi’ al venerdì 9.00 - 13.00 martedì e giovedì 15.00 - 17.30 3) Sede: S.Teresa Riva Indirizzo: Via V° Reggimento Aosta N°Telefono: 0942/614805/06/08 Orario e giorni d’apertura: martedì, mercoledì e venerdì 9.00 - 13.00 4) Sede: Giardini Consultorio Convenzionato La Famiglia Indirizzo: Via Sebastiano Paladino, 12 N°Telefono: 0942/52634 Orario e giorni d’apertura: dal lunedì al venerdì 8.30 - 14.00 martedì, mercoledì e giovedì 15.00 - 18.00 DIPARTIMENTO SALUTE MENTALE SALUTE MENTALE ADULTI Sede: Giardini Naxos Indirizzo: C.da Orto Grande Via Marconi N°Telefono: 0942/614706/08/579355 NEUROPSICHIATRIA INFANTILE Sede: S.Teresa Riva Indirizzo : P.zza Municipio N°Telefono: 0942/614801/02/03 SER.D Sede: Letojanni Indirizzo: Via Fiumara, 5 N°Telefono: 0942/627873 39
AMBULATORIO DI PSICOLOGIA Sede: Gaggi Indirizzo: Via E.Berlinguer N°Telefono: 0942/47650 Orario e giorni d’apertura: lunedi, giovedì, venerdì e sabato SERVIZIO SOCIALE Indirizzo:c/o P.O. S.Vincenzo Taormina N°Telefono: 0942/579464 SERVIZIO IMMIGRATI EXTRACOMUNITARI 1) Sede: Taormina Indirizzo: P.zza S.Francesco da Paola N°Telefono: 0942/985711 2)Sede: S.Alessio Siculo Indirizzo: Via Siena N°Telefono: 0942/614272 Orario e giorni d’apertura: dal lunedì al venerdì 8.30 – 11.00 martedì 15.00 – 17.00 3) Sede: Francavilla di Sicilia Indirizzo: Via Roma, 34 N°Telefono: 0942/614600 40
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