Pirelli è scritto nella storia dell'Inter - Filodiritto

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Tribunale Bologna 24.07.2007, n.7770 - ISSN 2239-7752
                                               Direttore responsabile: Antonio Zama

                    Pirelli è scritto nella storia dell'Inter
                                                 22 Marzo 2021
                                            Vito Alberto Amendolara

Dal 27 agosto 1995 al 18 maggio 2014: 19 stagioni, 858 partite in nerazzurro. Da quell’estate
diciannovenne contro il Vicenza all’ultimo abbraccio dei suoi tifosi quasi quartunenne, Javier Zanetti ha
scritto la storia dell’Inter e da capitano ha alzato più trofei di chiunque altro prima di lui in oltre cento anni
storia. Tra questi anche la memorabile Champions League, attesa 45 anni, festeggiata nel delirio del
Santiago Bernabeu. In questo afflato una e una sola scritta sul petto: Pirelli.
Ricordi dolci per i tifosi della Beneamata, ma instantanee indelebili anche nell’antologia del calcio
italiano. Il 25 luglio ad esempio sbarca a Milano il giocatore più forte del pianeta, a certificare la
supremazia del campionato tricolore su ogni altro: con i dentoni sproporzionati e ben visibili in quel sorriso
contagioso Ronaldo, “quello vero” come dicono da quelle parti, mostra al mondo emozionato il numero 10
floccato sul retro e la scritta bombata Pirelli sul fronte.
Astro più luminoso del mondo del pallone il brasiliano presta la sua faccia, o meglio il suo piede sinistro,
per uno spot diventato celebre non solo nelle stanze dell’azienda di pneumatici della Bicocca, ma sulle
riviste di tutto il mondo. La potenza è nulla senza controllo, recita il claim del brand mentre il Fenomeno a
braccia aperte viene ritratto nella sua tipica esultanza e dall’alto del Corcovado emula, in chiave quasi
blasfema, il Cristo Redentore che abbraccia e protegge Rio.
Dai magazine al campo dove, invece di riprodurre una delle sette meraviglie del mondo moderno, diventa
egli stesso prodigio. Come quella notte di Parigi in cui fa diventare immortale un’inedita maglia a hoops
grigi e blu, con una delle prestazioni più dominanti che si siano viste su un campo di calcio. Persino
l’immenso Alessandro Nesta è costretto a vedere molte più volte il numero 10 sulle spalle di Ronaldo che
la scritta Pirelli gialla, sul petto.
Dalle gioie alle lacrime. Quelle di dolore, di ginocchia spezzate, di urla in una serata primaverile
infrasettimanale di Coppa Italia, che sconvolge i tifosi nerazzurri ma lascia anche un nodo in gola a tutti gli
appassionati di sport. O quelle di tristezza, come in un pomeriggio di maggio ancora all’Olimipico, sempre
contro la Lazio, croce e delizia del Fenomeno: qui il suo volto, nascosto dallo mano, non può impedire alle
lacrime di finire sulla P allungata sul petto della maglia a strisce nere e blu. L’ultimo struggente saluto
prima di un addio mai metabolizzato dal tifo interista.

   Tra vittorie e delusioni, le ultime molto più fresche nei ricordi
   dei tifosi, Pirelli ha accompagnato l’Inter per 26 anni della sua
   storia.
Un tempo lungo, quasi infinito se si considera che solo dal 1981 il Biscione ha uno sponsor sul petto delle
proprie casacche: vale a dire che la maggior parte della sua storia l’Inter ha giocato con la scritta Pirelli
sul petto, se una v’è stata. Nessuna squadra nei maggiori campionati europei vanta un accordo di
sponsorizzazione più duraturo, e nella storia di questa singolare classifica solo il logo della Philips sulle
maglie del PSV Eindhoven – azienda proprietaria del club – ha avuto, con 34 stagioni, una tradizione più
lunga.

LA POTENZA È NULLA SENZA CONTROLLO
Un sodalizio commerciale, naturalmente, certificato dai 234 M corrisposti in questi anni ai nerazzurri. Una
somma considerevole, eppure decisamente ridimensionata rispetto alla crescita esponenziale registrata dai
ricavi per gli sponsor di maglia delle società calcistiche. L’ultimo rinnovo quinquennale, siglato dalla
presidenza Thohir, prevede un onorario fisso di 10 M e una componente variabile che è arrivata a
raggiungere eccezionalmente i 19 M nella stagione 2018/2019, ma è in netta contrazione nell’ultimo
bilancio di esercizio, in cui le casse dell’Inter hanno beneficiato di 11 M da parte dell’azienda della
Bicocca.

   In sostanza, al netto di una parte variabile difficile da stimare,
   ma soprattutto da prevedere, sono numeri che pongono l’Inter
   solo al quarto posto della classifica ricavi da sponsor di maglia
   del nostro campionato.
La Juventus riceve da Jeep una cifra vicina ai 50 M, la Fiorentina, tramite l’azienda del patron Commisso
Mediacom, incassa 26 M. Simile la situazione sull’ultimo gradino del podio dove Mapei, azienda della
famiglia Squinzi, corrisponde 18 M al Sassuolo. E se i ricavi in questi casi sono tutti rappresentazione di
una gestione finanziaria interna alle holding proprietarie dei club, il prospetto in Europa è decisamente
più impietoso.
Il Manchester United, avaro di titoli e soddisfazioni da qualche stagione, raccoglie quasi 75 M all’anno da
Chevrolet, sfruttando prevalentemente l’amplificazione mediatica nei mercati orientali. Ma dietro i Red
Devils, anche Real Madrid (70M da Emirates), PSG (60 M da All), Barcelona (55 M da Rakuten),
viaggiano ugualmente su compensi stratosferici. Persino il Tottenham, squadra di ottima tradizione, ma
nemmeno assimilabile al blasone internazionale dei nerazzurri, ingrassa i propri conti grazie alle
generose retribuzioni della compagnia assicurativa orientale AIA Group, che corrisponde annualmente 40,5
M agli Spurs.
Insomma, la strada che porta al successo internazionale è ormai inevitabilmente legata a partner forti e il
piano di investimenti di Pirelli, che a più riprese ha fatto intendere di non essere interessata a giocare tutte
le fish sulla maglia nerazzurra, non sembra più poter soddisfare le casse esigenti dell’Inter. Suning, e gli
investitori che gli succederanno, sono a caccia di uno sponsor che garantisca un incasso vicino ai 30 M di
euro stagione, che l’azienda milanese ha preferito invece dirottare su altri progetti ambiziosi.
Almeno fino al 2024, sarà ancora sponsor e fornitore ufficiale unico in Formula Uno, un sodalizio che dura
dal 2010, a riprova della grande fedeltà di Pirelli rispetto ai propri investimenti. Insieme a Prada, altro
storico marchio milanese, ha visto, proprio in questi giorni, sfumare il sogno di riscrivere la storia della
vela, marchiando la spedizione downunder di Luna Rossa Prada Pirelli alla caccia della Coppa America. E
ancora l’impegno con la Federazione Italiana Sport Invernali, che vede il box giallo di Pirelli capeggiare
sulle divise in spandex di Dominik Paris, Marta Bassino, Dorothea Wierer e compagni.

LUCI A SAN SIRO
Con buona pace dei nostalgici, dal punto di vista puramente economico, l’operazione è un atto inevitabile
da parte di una società che ambisce a tornare presto nell’olimpo calcistico europeo. Onestamente la notizia
– che era nell’aria già da diversi mesi, ma solo la settimana scorsa è diventata ufficiale – non ci stupisce
nemmeno più di tanto: Pirelli, dalla stagione 2021/2022, non sarà più lo sponsor di maglia dell’Inter, e
non sarebbe più potuto esserlo.
Eppure, sarebbe riduttivo considerare quello tra Pirelli e Inter una semplice sponsorizzazione. La verità è
che Massimo Moratti e Marco Tronchetti Provera hanno romanticamente coltivato insieme un sogno di
immortalità, regalando alla loro squadra e alla loro città tutta la passione di cui sono stati capaci. Perché
accanto all’onorario di sponsorizzazione, Pirelli ha anche iniettato in questi ventisei anni ben 108 M per
finanziare, come socio, gli aumenti di capitale necessari per alimentare le brame di gloria della Beneamata.
Un asse di ferro forgiata nel mutuo rispetto e in quel senso di appartenenza a una città, Milano, che era
quasi un atto dovuto per una categoria di imprenditori in via d’estinzione. Il gesto cavalleresco quasi a
voler ripagare la comunità rispetto alla fortuna colta nella scalata al successo, frutto di un mecenatismo che,
negli anni ’90, non veniva mitigato dalla dimensione commerciale delle squadre. Tempi in cui la vendita
delle divise da gara era ancora limitata agli affezionati più fedeli, e gli introiti legati alle attività
commerciali erano un lontano miraggio nei bilanci delle società.

NERI COME LA NOTTE, AZZURRI COME IL CIELO,
GIALLI COME PIRELLI
Oggi il piano di sviluppo dell’Inter impone contratti ricchi e remunerativi ma, prima con l’addio del patron
Moratti e ora con l’abbandono di Pirelli, il Biscione perde gran parte della propria personalità meneghina.
E insieme ai valori umani di un partner affidabile, sfiorisce anche una dimensione estetica consolidata,
un’identità di brand in cui Pirelli e l’Inter sono diventati un’icona della cultura popolare del nostro calcio.
Non esiste maglia dell’Inter senza Pirelli e Pirelli non potrebbe essere associato ad altri che non sia
l’Inter. Una reciproca dipendenza che ha rafforzato entrambi in questi anni, legandoli in una magnifica
sinergia destinata a rimanere un riferimento nel calcio italiano. Lo ha spiegato brillantemente sulle colonne
di NSS sports il graphic designer Alberto Mariani:

   «É uno di quei casi in cui lo sponsor diventa parte
   dell’immaginario, tanto che un maglia nerazzurra senza
   stemma, ma con Pirelli sopra, è un maglia Inter. Perdere Pirelli
   in corrispondenza dal cambio di stemma renderà il passaggio
   ancora più brusco, una intera generazione potrebbe ritrovarsi di
colpo senza riferimenti identitari.
   Per molti di noi, vedere il logo Pirelli, vorrà ancora dire vedere
   qualcosa del mondo Inter».
Questa notte splendida darà i colori al nostro stemma: il nero e l’azzurro sullo sfondo d’oro delle stelle. Si
chiamerà Internazionale, perchè noi siamo fratelli del mondo, recita il celebre atto costitutivo dell’Inter
sottoscritto il 9 Marzo 1908 a Brera, presso il Ristorante L’Orologio. Oggi, a pochi giorni dal suo
centotredicesimo compleanno e all’alba di un’altra cessione nell’arco di pochi anni, l’Inter si appresta per
conquistare i mercati mondiali a rinunciare al suo nome “Internazionale” in favore di un apparentemente
più commerciabile “Inter Milano”.

   Una milanesità ostentata nel nome, ma che con l’addio anche di
   Pirelli rischia di svuotarsi di tutto il suo significato, in un vortice
   di paradossi che bene traducono questa decade di incubo
   gestionale in cui sono finiti i nerazzurri.
Tra proposte di loghi rivoluzionari, speculazioni sul prossimo sponsor di maglia – dalle sirene orientali alle
provocazioni del mondo del porno – cambio di fornitura tecnica che sembra sempre più probabile e
incertezza proprietaria, il campo è l’unica ancora a cui il mondo interista si sta morbosamente
aggrappando in questi mesi.
La squadra di Antonio Conte guarda tutti dall’alto e punta ad aggiungere un altro titolo nella ricca bacheca
nerazzurra, il primo da mostrare nella nuova sede futuristica di Viale della Liberazione. L’ultimo
probabilmente con il monogramma del Football Club Internazionale Milano sul cuore e il logo Pirelli sul
petto. L’ultimo sogno di gloria prima di svegliarsi in una Milano sempre più internazionale e una
Internazionale sempre meno milanese.

TAG: calcio, Sponsorizzazioni, brand

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