PIANO REGIONALE INTEGRATO DELLA SICUREZZA ALIMENTARE E NUTRIZIONALE - ANNO 2019 - (PNI-MANCP 2015-2019; PNP 2014-2019) - Regione FVG

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PIANO REGIONALE INTEGRATO DELLA SICUREZZA ALIMENTARE E NUTRIZIONALE - ANNO 2019 - (PNI-MANCP 2015-2019; PNP 2014-2019) - Regione FVG
PIANO REGIONALE INTEGRATO
DELLA SICUREZZA ALIMENTARE E NUTRIZIONALE

       (PNI-MANCP 2015-2019; PNP 2014-2019)

                 ANNO     2019
PIANO REGIONALE INTEGRATO DELLA SICUREZZA ALIMENTARE E NUTRIZIONALE - ANNO 2019 - (PNI-MANCP 2015-2019; PNP 2014-2019) - Regione FVG
PIANO REGIONALE DELLA SICUREZZA ALIMENTARE E NUTRIZIONALE
                         (PNI-MANCP 2015-2019; PNP 2014-2019)
                                    PROGRAMMAZIONE 2019

                                             INDICE

    PREMESSA

1. INTRODUZIONE
2. OBIETTIVI STRATEGICI DEL PIANO 2015 – 2019
3. OBIETTIVI E PRIORITÀ PER L’ANNO 2019
4. CARATTERISTICHE DEL PIANO REGIONALE
       4.1 Autorità competenti: definizione e compiti
       4.2 Punti di contatto delle Aziende Sanitarie e dei Laboratori ufficiali (Istituto Zooprofilattico
       Sperimentale delle Venezie e Agenzia regionale per la protezione ambientale)
       4.3 Scheda rilevazione unità organizzative e risorse umane - anno 2019
       4.4 Dati regionali 2019
       4.5 Attività di formazione
5 ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DEI CONTROLLI UFFICIALI
       5.1 Programma dei Servizi Veterinari
       5.2 Programma dei Servizi di Igiene degli Alimenti e Nutrizione – SIAN
                    5.2.1     Sicurezza nutrizionale degli alimenti e promozione della salute
                    5.2.2     Sicurezza degli alimenti
                    5.2.3   Attività di controllo ufficiale 2019: controllo ufficiale - attività ispettiva sulle
                            imprese
       5.3 Indicazioni generali
6   AUDIT SULLE AUTORITÀ COMPETENTI
7   MONITORAGGIO
8   FLUSSI INFORMATIVI
9   RIESAME DEL PIANO
10 NORMATIVA DI RIFERIMENTO

ALLEGATO 1 – Rendicontazione Servizi Veterinari
ALLEGATO 2 – Servizi di Igiene degli Alimenti e Nutrizione – SIAN
ALLEGATO 3 – Monitoraggio

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PREMESSA

“La sicurezza alimentare esiste quando tutte le persone in ogni momento, hanno accesso fisico ed economico a una
quantità di cibo sufficiente, sicuro e nutriente per soddisfare le loro esigenze dietetiche e preferenze alimentari per
una vita attiva e sana" (FAO, 1996).

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1. INTRODUZIONE

Il Piano Regionale Integrato della Sicurezza Alimentare e Nutrizionale costituisce il principale documento di
programmazione dei Servizi che si occupano di prevenzione e controllo in sicurezza alimentare, nutrizionale e
sanità pubblica veterinaria. Si inserisce in un programma più generale di azioni che promuovono un’alimentazione
sana, sicura e sostenibile, orientate ad obiettivi di prevenzione delle malattie alimentari e delle patologie cronico
degenerative, e, in ultima analisi, al miglioramento della qualità della vita della comunità e del singolo.

Data la valenza pluriennale del Piano è di fondamentale importanza un richiamo al programma europeo “Salute
2020: una politica di riferimento europea a sostegno di un’azione trasversale ai governi e alle società per la salute e il
benessere”. Tale documento redatto dall’OMS Europa si sviluppa grazie a un lavoro di revisione sui determinanti
sociali della salute e sul divario di salute, a un’indagine sulla governance per la salute nel XXI secolo e a uno studio
dell’Ocse sugli aspetti più propriamente economici degli interventi di sanità pubblica. Il documento rappresenta
quindi il riferimento principe per la pianificazione delle strategie di interventi territoriali rivolta a realizzare i due
obiettivi individuati da Salute 2020:

● il miglioramento della salute per tutti e la riduzione delle disuguaglianze sanitarie;
● il miglioramento della leadership e della partecipazione alla governance della salute.
Le azioni di politica sanitaria si sviluppano attraverso quattro settori prioritari, interconnessi, interdipendenti e
che si rafforzano reciprocamente:

1. investire sulla salute attraverso un approccio che copra l’intero corso della vita oltre che attraverso la
responsabilizzazione degli individui;
2. affrontare le maggiori sfide per la salute della Regione quali le malattie croniche e le malattie trasmissibili;
3. rafforzare i sistemi sanitari centrati sull’individuo, implementare la capacità di valutazione e sviluppo della
salute pubblica e la capacità di risposta alle emergenze;
4. creare comunità dinamiche in grado di rispondere in modo proattivo a situazioni nuove o ostili oltre che un
ambiente a supporto di queste comunità.

Il richiamo alle politiche sanitarie europee guida l’integrazione di programmi legati a riferimenti tecnici, scientifici
e normativi con programmi connessi a più ampi contesti epidemiologici, sociali, ambientali ed economici rivolti
all’obiettivo che unisce tutto: la salute del singolo e della comunità.

Il Piano:
 dà attuazione concreta a quanto promosso dalla UE sviluppando l’integrazione tra le attività previste dai
     diversi strumenti di pianificazione sovraordinati e regionali (PNP, Guadagnare Salute, PNI- MANCP, PRP);
 fornisce idoneo supporto allo sviluppo di azioni che rispondono all’ esigenza di una gestione allargata dei rischi
     per la salute derivanti da stili di vita e condizioni socio ambientali;
 offre l’opportunità di tutelare la salute umana, la salute degli animali e la salute degli ecosistemi attraverso
     una visione globale e un approccio sistemico ai tre settori.

Importante strumento di riferimento a sostegno di questo approccio globale è la strategia adottata da OMS, dal
FAO, CDC, OIE, CE e altri: “One Health, One Medicine, One World”. Si tratta di una concezione oggi quanto mai
attuale, che esprime la consapevolezza scientifica della necessità di un approccio collaborativo multidisciplinare
che considera la salute come il prodotto di un’interazione tra persone, animali e ambiente.

Nel piano confluiscono in modo coordinato le attività dei Servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) e
dei Servizi Veterinari (SV) facenti parte dei Dipartimenti di Prevenzione (DIP) delle Aziende Sanitarie regionali
coordinate dall’Area Promozione Salute e Prevenzione della Direzione centrale salute, politiche sociali e disabilità.

Oltre ai citati strumenti di pianificazione e alle indicazioni fornite dai Regolamenti Europei e dal Ministero della
Salute con specifici piani e Linee di indirizzo, il Piano tiene conto dei risultati ottenuti, delle criticità emerse e
dell’esperienza acquisita negli anni precedenti.
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Il Piano conferma la strategia adottata nel quadriennio precedente per garantire e migliorare il livello di salute
della popolazione, degli animali e dell’ambiente attraverso un approccio integrato degli interventi di promozione,
prevenzione e controllo in materia di sicurezza alimentare e nutrizionale e di sanità pubblica veterinaria. Inoltre, il
Piano sviluppa gli obiettivi di alto livello strategico e di filiera, individuati dal PNI-MANCP 2015-2018 (redatto ai
sensi del Titolo V del Regolamento CE n.882/2004, che ne stabilisce l'ambito di applicazione, ed in conformità alla
Decisione 2007/363/CE, che ne individua i requisiti fondamentali), in modo coordinato con i macro obiettivi
previsti dal PNP 2014-2018 e dalle delibere della giunta regionale n. 2670 del 30 dicembre 2014 “Piano nazionale
della prevenzione 2014-2018: recepimento ed approvazione preliminare dei programmi del Piano regionale della
prevenzione 2014-2018 del Friuli Venezia Giulia” e n. 2365 del 27.11.2015 “Piano regionale della prevenzione
2014-2018 della regione Friuli Venezia Giulia: approvazione definitiva”.

L’Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente la proroga del “Piano
Nazionale integrato dei controlli sulla sicurezza alimentare, il benessere animale, la sanità animale e la sanità dei
vegetali che entrano nella catena alimentare (PNI) 2015- 2018”, rep. Atti n. 155/CSR del 06.09.2018, il PNI è stato
prorogato fino al 31.12.2019, ha prorogato anche il Piano nazionale per la prevenzione per gli anni 2014-2018.
Con l’Intesa, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano rep. Atti n. 247/CSR del
21.12.2017, si sono confermate le linee programmatorie del presente Piano anche per l’anno 2019, un tanto per
allineare la programmazione regionale con quella nazionale e in attesa delle nuove disposizioni introdotte con il
regolamento UE/625/2017.

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2. OBIETTIVI STRATEGICI DEL PIANO 2015 – 2019

Obiettivo generale del presente Piano è la tutela della salute umana e dei cittadini, mediante azioni di
prevenzione, controllo e riduzione dei rischi biologici, fisici e chimici e nutrizionali che possono derivare dal
consumo di alimenti e/o mangimi prodotti e/o commercializzati a livello regionale, partendo dalla salvaguardia
della sicurezza delle produzioni agricole e della salute e benessere animale.
La sicurezza igienico – nutrizionale degli alimenti rappresenta un interesse primario della popolazione, coinvolge
con differenti ruoli e diverse responsabilità le istituzioni, i produttori, i consumatori e il mondo scientifico.
Per garantire la sicurezza e la qualità nutrizionale degli alimenti occorre sviluppare le conoscenze e le competenze
dei soggetti coinvolti riguardo all’importanza di considerare la catena alimentare, come un unico processo, a
partire dalla produzione primaria, attraverso la vendita e l’erogazione di alimenti fino al loro consumo; tutto ciò
rappresenta l’anello strategico di un sistema che pone attenzione ad uno sviluppo sostenibile.
Il presente Piano, considerato lo specifico contesto territoriale locale, descrive il “Sistema Regione FVG
impegnato a favore di un’alimentazione sana, sicura e sostenibile” che opera attraverso la promozione della
qualità nutrizionale degli alimenti e l’attività dei controlli ufficiali in materia di alimenti, mangimi, sanità e
benessere animale, sanità delle piante. Il documento declina gli obiettivi individuati dai citati piani nazionali.

Per maggior chiarezza e funzionalità si richiamano di seguito i più rilevanti documenti, di carattere generale e
specifici di settore, da cui discendono gli obiettivi regionali:

       “Salute 2020”;
       PNP e PRP 2014-2018 delibera n. 2670 del 30.12.2014 e n. 2365 del 27.11.2015;
       Proroga 2019 PNP Intesa S/R rep. Atti n. 247/CSR del 21 dicembre 2017;
       Piano Nazionale Integrato di Controllo 2015-2018 (PNI-MANCP);
       Proroga 2019 PNI Intesa S/R rep. Atti n. 155/CSR del 06/09/2018;
       Proroga 2019 PRP DRG Delibera della Giunta regionale n. 1683 del 14.09.2018;
       Reg CE 882/2004;
       Nuova strategia per la salute degli animali dell'Unione europea (2007-2013): "Prevenire è meglio che
        curare";
       “Linee guida del Ministero della Salute per il funzionamento ed il miglioramento dell’attività di controllo
        ufficiale da parte delle autorità competenti in materia di sicurezza degli alimenti e sanità pubblica
        veterinaria”, approvate con accordo Stato-Regioni del 7 febbraio 2013;
       Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento concernente
        “Linee guida per il controllo ufficiale ai sensi dei Regolamenti n. 854/2004/CE e n. 882/2004/CE”, rep.
        atti n. 212/CSR del 10 novembre 2016;
       Reg. (UE) 625/2017.

Si sottolinea come il punto 1.2.2.4 del PNP 2014-2018, e correlata proroga, inquadri la relazione tra PNI e PNP: “Il
PNI è lo strumento sul quale si incardina tutta la programmazione in sanità pubblica veterinaria e sicurezza
alimentare, mentre il PNP rappresenta la sede in cui alcuni elementi del PNI, previsti dal quadro logico, trovano il
rafforzamento del quadro programmatorio necessario”. La relazione tra il PNP e il PNI dovrà pertanto essere
riprodotta anche a livello regionale.

Di seguito, vengono quindi richiamati gli obiettivi del PNI nell’ambito dei quali i Servizi SIAN e VET,
nell'esercizio delle funzioni del controllo ufficiale di specifica competenza, che concorrono alla tutela dell'igiene e
della sicurezza, della qualità merceologica e dell'impatto ambientale delle produzioni agro-zootecniche italiane, a
partire dalla produzione primaria fino alla distribuzione, comprese le fasi di importazione, scambi intracomunitari
ed esportazione.

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Obiettivi di alto livello strategico individuati dal PNI:

        tutela del consumatore e della leale concorrenza mediante il mantenimento di un elevato livello di
         protezione della salute umana, della salute degli animali, della sanità delle piante e della sicurezza
         alimentare;
        lotta alle frodi e alla contraffazione;
        difesa delle produzioni agroalimentari anche mediante l'analisi del ciclo di vita dei prodotti delle filiere
         produttive agroindustriali.

Obiettivi strategici di filiera:
    contrasto alle frodi e agli illeciti a danno dei consumatori e degli operatori anche attraverso la
       cooperazione e il coordinamento tra le diverse autorità competenti e gli altri organi proposti al controllo;
    tutela della sicurezza e qualità delle produzioni da agricoltura biologica;
    tutela della sicurezza e qualità delle Indicazioni Geografiche registrate, anche mediante la protezione “ex
       officio”.

Obiettivi operativi attraverso i quali verrà valutato annualmente il perseguimento degli obiettivi strategici
specifici, individuati dal Nucleo nell'ambito delle seguenti filiere:
        olio d'oliva;
        latte e derivati;
        molluschi bivalvi;
        miele ed altri prodotti dell’alveare.

Quale conclusione di questo capitolo si ritiene utile segnalare i fattori di rischio, individuati dalla “Relazione
annuale 2016 al Piano nazionale pluriennale dei controlli”, che caratterizzano la catena di produzione alimentare e
verso i quali saranno indirizzati gli interventi di prevenzione e controllo.

Le conclusioni, emerse dall’analisi critica dei dati riferibili al 2017, nelle attività di controllo della filiera alimentare
ai fini della tutela del cittadino, sono raggruppate nelle seguenti aree:
       alimenti;
       audit;
       benessere animale;
       formazione;
       importazioni e scambi;
       L.E.A.;
       mangimi;
       sanità animale;
       sanità delle piante;
       sottoprodotti.

Nell’Allegato al Capitolo 5 della Relazione annuale al PNI 2015-2018, da cui sono stati estrapolati solo alcuni
aspetti, si può osservare che i Servizi Igiene degli Alimenti e Nutrizione ed i Servizi Veterinari dei Dipartimenti di
Prevenzione delle A.S.L. hanno complessivamente controllato 176.217 stabilimenti. 39.598 (pari al 22,59%) hanno
mostrato infrazioni durante le ispezioni. Complessivamente sono state effettuate 490.904 ispezioni.
Le attività di controllo hanno interessato prevalentemente la ristorazione pubblica (57.974), il commercio al
dettaglio prodotti a base di carne e preparazioni di carne in impianti non riconosciuti funzionalmente annessi
all’esercizio di vendita, contigui o meno ad essi (14.232).
Le attività produttive con un maggior numero di relazioni di non conformità sono state: la ristorazione pubblica
(14.032), il commercio al dettaglio di alimenti e bevande (6.027), la ristorazione collettiva (3.190), e la lavorazione
e trasformazione di carne, prodotti a base di carne e preparazioni di carne in impianti non riconosciuti
funzionalmente annessi all’esercizio di vendita, contigui o meno ad essi (2.252).
Nel 2018, i SERVIZI VETERINARI delle Aziende Sanitarie hanno rendicontato 6901 attività produttive svolte
dagli stabilimenti di competenza. Di queste, 424 sono attività riconosciute ex Reg. CE/853/2004 (attività di

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macellazione, di caseificazione, di trasformazione…) delle quali controllate 355, su cui sono state eseguite 3577
ispezioni con 150 relazioni di non conformità; 6477 sono attività registrate ai sensi del Regolamento 852, delle
quali controllate 748, con 838 ispezioni di cui 401 risultate non conformi.
Nelle imprese riconosciute le maggiori problematiche riguardano le condizioni strutturali degli impianti, ivi
compreso lo stato manutentivo, mentre tra le gestionali si annoverano la non corretta applicazione dei
prerequisiti, quali la lotta agli infestanti e criticità legate alle procedure di pulizia e sanificazione. Di contro nelle
imprese registrate si palesa, principalmente, la problematica gestione delle procedure legate al piano HACCP.

CONTROLLI ANALITICI

Pericoli chimici

La maggior parte delle ricerche analitiche per elementi chimici ha interessato i metalli pesanti (Al, Cd, Hg, Pb, Cu,
Sb, etc.), con n. 14.484 analisi di cui lo 0,52% irregolari. A queste determinazioni seguono, in ordine decrescente, le
ricerche per contaminanti di natura organica, con n. 10.628 accertamenti analitici richiesti, di cui lo 0,14% non
conformi e farmaci veterinari, con n.3.826 determinazioni analitiche e il 3% di irregolarità.
Nessuna non conformità è stata riscontrata per radionuclidi gamma emettitori mentre, per quanto riguarda le
tossine e residui di pesticidi, le irregolarità sono state, rispettivamente, dello 0,22% e 0,18%. E’ importante
sottolineare che le analisi svolte per la ricerca dei pesticidi nell’ambito del piano nazionale di controllo ufficiale
rappresentano solo una parte delle analisi totali nazionali. Quindi, per avere un quadro completo delle irregolarità
relative ai prodotti fitosanitari, occorre anche esaminare i risultati dello specifico Piano Nazionale di controllo, a
cui si rimanda per eventuali e ulteriori approfondimenti.

Il riscontro negli alimenti di metalli pesanti quali cadmio, piombo, mercurio, arsenico, può derivare da
contaminazione ambientale legata ad eventi naturali o ad attività umane. Quest’ultime, in particolare, possono
determinare un notevole incremento delle concentrazioni di metalli pesanti nell’ambiente, attribuibile soprattutto
alla ricaduta sul suolo di sostanze aerodisperse originate da fonti diverse, quali: industrie petrolifere,
metallurgiche e chimiche, inceneritori, impianti di riscaldamento domestico, traffico veicolare, impiego in
agricoltura di fertilizzanti chimici, fanghi di depurazione delle acque reflue urbane, pesticidi e acque con bassi
requisiti qualitativi.
I processi di lavorazione e stoccaggio degli alimenti possono costituire un’ulteriore fonte di contaminazione. La
normativa europea, attraverso il Regolamento (CE) 1881/2006 e s.m.i., ha fissato i limiti per la presenza di
contaminanti chimici in talune matrici alimentari, mentre, per le acque destinate al consumo umano, la normativa
di riferimento è rappresentata dalla Direttiva (CE) 83/1998, recepita nell’ordinamento nazionale dal DL.gs 2
febbraio 2001, 31. Infine, per quanto riguarda il nichel, il cromo e il manganese, la loro presenza negli alimenti può
derivare da migrazione specifica da materiali a contatto (MOCA), i cui i limiti sono fissati dal D.M. 21/03/1973
recante: “Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze
alimentari o con sostanze d'uso personale”.

Per quanto attiene le amine biogene dall’esame dei dati analitici riferiti al 2017, la contaminazione da istamina è
stata riscontrata prevalentemente nei prodotti ittici, con una percentuale di irregolarità del 3,47% su un totale di
921 analisi. Come è noto le ammine biogene sono composti chimici derivanti dalla decarbossilazione degli
amminoacidi ad opera dei batteri e vengono generalmente prodotte durante la lavorazione o le fasi di
conservazione di alimenti molto ricchi di proteine o fermentati.
Tra le ammine biogene più conosciute si contano le monoammine tra cui l’istamina, la triptamina e la tiramina
derivanti, rispettivamente, dalla decarbossilazione degli aminoacidi istidina, triptofano e tirosina.
Il contenuto di ammine biogene presenti in un prodotto alimentare tende ad aumentare con la diminuzione della
qualità igienico sanitaria. Per questo secondo alcuni studi, le concentrazioni di ammine potrebbero essere
utilizzate come parametro di igiene dei processi e per valutare il grado di deterioramento/qualità degli alimenti.
Le ammine biogene considerate di maggiore rilevanza sanitaria sono l’istamina e, in misura ridotta, la tiramina.
Secondo il parere dell’EFSA, se si prendono in esame i dati disponibili sul contenuto medio delle due suddette
ammine, le categorie alimentari di maggiore rilevanza sanitaria sono, in ordine decrescente, per l’istamina:

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acciughe essiccate, salsa di pesce, vegetali fermentati, formaggio, altri pesci e prodotti ittici, insaccati fermentati,
mentre, per la tiramina: insaccati fermentati, salsa di pesce, formaggio, pesci fermentati e vegetali fermentati.
Ai fini di una valutazione quantitativa del rischio sono tuttavia necessari ulteriori dati sulle ammine biogene, prese
singolarmente e in combinazione nelle matrici alimentari, come pure informazioni sulla tossicità e il consumo di
alimenti fermentati. Attualmente a livello europeo gli unici criteri di sicurezza fissati dalla normativa si riferiscono
alle concentrazioni di istamina nei prodotti ittici. Il Regolamento (CE) 2073/2005 e s.m.i, stabilisce i criteri di
sicurezza per prodotti della pesca freschi e sottoposti a maturazione enzimatica, ottenuti dalle specie
appartenenti alle famiglie Scombridae, Clupeidae, Engraulidae, Coryfenidae, Pomatomidae e Scombresocidae
che sono associate con un elevato tenore di istidina. Nelle suddette matrici alimentari i limiti massimi da non
superare per l’istamina sono pari a 200 mg/kg (ppm) di prodotto fresco, mentre per i prodotti che hanno subito
un trattamento di maturazione enzimatica in salamoia, il limite massimo è di 400 mg/kg (ppm).
Nelle persone sane l’assunzione con la dieta di basse concentrazioni di istamina è priva di effetti collaterali in
quanto gli enzimi presenti nell’organismo provvedono ad inattivare e catabolizzare detta sostanza. L’attività degli
enzimi può tuttavia essere compromessa da fattori ereditari, dal consumo di alcool e da determinati farmaci.

Per quanto riguarda la ricerca di allergeni nelle diverse categorie alimentari, la percentuale di irregolarità è
risultata pari allo 0,73% su un totale di 1927 analisi.
Le irregolarità per allergeni sono state riscontrate prevalentemente nei prodotti di origine animale (n.3 in carne e
prodotti derivati) e vegetale (n.7 in cereali e prodotti derivati e n.4 in piatti pronti) e nei piatti pronti (n. 4) .
In particolare si è rilevata la presenza di allergeni non dichiarati negli alimenti, soprattutto soia e uova.

Il Regolamento 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori si pone l’obiettivo
di fornire al consumatore finale informazioni quanto più possibile chiare e comprensibili col fine di promuovere,
da parte di quest’ultimo, l’adozione di scelte consapevoli per la propria sicurezza. Per quanto concerne gli
allergeni il suddetto Regolamento ha stabilito che gli ingredienti o i coadiuvanti che provocano allergie devono
figurare nell’elenco degli ingredienti con un riferimento chiaro alla denominazione della sostanza definita come
allergene. Inoltre, l'allergene deve essere evidenziato attraverso un tipo di carattere chiaramente distinto dagli
altri, per dimensioni, stile o colore di sfondo.

Per quanto attiene le risultanze derivanti dal piano di Controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli
alimenti, si riporta quanto segue.
Nel 2016 sono state diffuse le elaborazioni relative ai risultati dei controlli dei residui di pesticidi in alimenti
sull’ortofrutta, sui cereali, su alcuni prodotti trasformati, quali olio e vino, costituenti importanti della dieta
italiana e mediterranea, le elaborazioni riguardanti i baby food, quelle relative ad altri prodotti (trasformati di
frutta, ortaggi, cereali, le spezie, i semi, etc), i risultati del piano coordinato comunitario, sui prodotti di origine
biologica e su alcuni alimenti di origine animale.
I campionamenti sono stati effettuati sia sul territorio nazionale dalle Autorità sanitarie locali e all’importazione
dagli uffici periferici del Ministero della Salute.
I baby food che sono stati campionati secondo le indicazioni più recenti al fine di garantire una maggiore tutela
anche delle fasce più vulnerabili della popolazione, quali i bambini, mostrano una percentuale di non conformità
nulla e solo un campione ha presentato residui al disopra dei limiti massimi consentiti.
Come i baby food anche l’olio e il vino sono risultati non presentare irregolarità mentre nella frutta, negli ortaggi,
nei cereali e negli altri prodotti la percentuale d’irregolarità è risultata essere diminuita rispetto all’anno
precedente.
Nell’anno 2016 sono stati analizzati complessivamente 11263 campioni di alimenti per verificare la presenza di
residui di prodotti fitosanitari. Di questi soltanto 92 sono risultati superiori ai limiti massimi consentiti dalla
normativa vigente, con una percentuale di irregolarità pari all’0.8%.
I risultati complessivi nazionali indicano un livello di protezione del consumatore adeguato e le irregolarità (0.8%)
sono al di sotto della media europea (1,6%).

Le attività di controllo, in applicazione del Piano Nazionale triennale riguardante il controllo ufficiale degli
Additivi Alimentari (AA), sono state pianificate utilizzando criteri di campionamento (matrici e AA) basati
prevalentemente su indicatori di rischio (rapporto quantità di AA assunto/dose giornaliera accettabile, tossicità
specifica dell’AA e AA presenti in più filiere).

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Nel terzo anno di attività tutte le categorie alimentari previste dal Piano nazionale sono state campionate, la
“categoria 08 - Carni” risulta essere ancora quella maggiormente campionata.
Sono stati analizzati complessivamente 3.627 campioni, tra prodotti alimentari ed AA tal quali, per un totale di
12.416 determinazioni analitiche.
La percentuale di analisi sugli AA nei prodotti alimentari, suddivise per categorie funzionali, risultano essere:
     il 52% sui conservanti (di cui il 28% solfiti; il 28% nitriti, nitrati e 44% acido sorbico/benzoico e benzoati);
     29% sui coloranti;
     5 % sui coloranti non autorizzati;
     2% su agenti umidificanti;
     4% su antiossidanti;
     4% su edulcoranti;
     4% altre categorie funzionali.

La categoria alimentare maggiormente analizzata risulta costituita dai prodotti carnei, seguita dalle bevande, dai
prodotti della pesca, dai prodotti di confetteria e ortofrutticoli; la categoria meno rappresentata risulta essere
quella dei gelati.
Nel 2017 sono stati analizzati 169 campioni per la verifica dei requisiti di purezza degli AA come matrice
alimentare (ricerca di metalli pesanti in conformità al regolamento (UE) n. 231/2012). Gli AA maggiormente
campionati, come indicato sul Piano Nazionale, sono stati: l’acido citrico, l’acido ascorbico, la pectina, il glicerolo,
la gomma arabica, la curcumina, il sorbitolo ed altri AA non indicati nel Piano stesso (acido sorbico, nitrati, farine
di carrube, solfiti, lecitina, agar, mannitolo, glutammato, carbonato, tocoferolo, acido tartarico).
Su 3.458 campioni di AA in prodotti alimentari sono state riscontrate 51 NC corrispondenti all’1.5% dei campioni
analizzati.
L’analisi dei dati dal 2015 al 2017 ha evidenziato che:
     1. le richieste del Piano Nazionale per il controllo degli AA nei prodotti alimentari nel corso dei tre anni di
          attuazione sono state pienamente soddisfatte, mentre il controllo dei requisiti di purezza sugli AA ha
          visto un incremento dei campioni richiesti dal 57% nel 2016, primo anno di attuazione, al 75% nel 2017
          pur non raggiungendo ancora la completa attuazione;
     2. gli AA compresi nella categoria funzionale dei conservanti rappresentano le sostanze maggiormente
          ricercate, elemento positivo alla luce della loro importanza tecnologica nel preservare la salubrità
          dell’alimento;
     3. nei prodotti alimentari della categoria alimentare “08-Carni” ed in particolare della sottocategoria 08.2
          ”Preparazioni di carni” sono state riscontrate tutte e tre le tipologie di infrazioni (superamento limite
          legale -nitrati, utilizzo non consentito di AA – solfiti, e mancata dichiarazione in etichetta-antiossidanti);
     4. negli alimenti appartenenti alla categoria alimentare “09 - Pesce e prodotti della pesca” la tipologia di NC
          maggiormente riscontrata risulta essere il superamento di limite legale (solfiti). I solfiti, importanti dal
          punto di vista sanitario sia per la loro tossicità che come allergeni, sono gli AA maggiormente ricercati sia
          nei prodotti nei quali ne è consentito l’uso che in quelli nei quali l’uso fraudolento potrebbe comportare
          problematiche di rilevanza sanitaria (es. uso illegale nei prodotti carnei);
     5. la percentuale delle determinazioni analitiche sui coloranti è aumentata rispetto ai due anni precedenti:
          11% nel 2015, 21% nel 2016 e 29% nel 2017; il numero delle analisi volte ad individuare l’uso di coloranti
          non autorizzati nell’ultimo anno è raddoppiato rispetto al 2016, anche se l’impiego di metodi multianalita
          nei laboratori ufficiali potrebbe condurre ad una difficile comprensione della richiesta di campionamento;
     6. il numero di analisi per la ricerca di edulcoranti in alimenti e bevande è rimasto costante.

Pericoli fisici

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L’adozione del Piano nazionale per la verifica del trattamento con Radiazioni ionizzanti ha fatto registrare anche
per il 2017 la piena partecipazione sul territorio alle attività di controllo ufficiale per i prodotti alimentari irradiati.
Tuttavia persistono alcune criticità relative all’attuazione del Piano, in particolare il campionamento e l’analisi di
matrici alimentari non previste dal Piano, che ha generato alcune difficoltà analitiche, e le modalità di
trasmissione dei risultati analitici.
La pianificazione dei controlli, attivata a decorrere dal 2015, ha permesso di uniformare le attività di verifica della
conformità degli alimenti e dei loro ingredienti ai requisiti di autorizzazione ed etichettatura richiesti dalla
normativa UE e nazionale in materia di trattamento con radiazioni ionizzanti. Inoltre il Piano ha consentito di
garantire un flusso di informazioni adeguato dalle Autorità competenti territoriali all’Autorità competente
centrale e, successivamente, alla Commissione europea, nonché di fornire a tutti gli attori coinvolti una visione
complessiva dei risultati conseguiti, sia regionali che nazionali, ai fini delle successive programmazioni.

Nel corso dell’anno 2017 le attività di controllo ufficiale sul territorio nazionale e in entrata da altri Paesi, hanno
riguardato il prelievo e l’analisi di 518 campioni di prodotti di vario tipo, sia di origine animale (prodotti della
pesca, carni, cosce di rana) che non animale (spezie ed erbe aromatiche, ortaggi, condimenti vegetali, funghi,
frutta, estratti vegetali per integratori alimentari.

Le non conformità riguardano un numero di campioni estremamente esiguo (0.98%), in linea con la percentuale
media di prodotti non conformi ottenuta per gli anni precedenti.

Pericoli biologici

Nel 2017 su n 118.550 determinazioni analitiche circa il 67,91% ha interessato sia i batteri patogeni che i germi
“indicatori di igiene”, la cui elevata presenza nelle derrate alimentari può essere legata alla scarsa efficacia o alla
mancata osservanza delle procedure messe in atto dagli operatori per garantire l’igiene durante la produzione e la
lavorazione. Tra i batteri patogeni la percentuale più elevata di non conformità ha riguardato il genere E. coli
(51,40%), incluso il gruppo degli E. coli STEC, seguito dal genere Salmonella (38,2%) e da L. monocytogenes
(20,41%). Per quanto concerne i microrganismi indicatori di igiene, la maggior parte delle irregolarità hanno
riguardato il genere Staphylococcus (11,44%).

La contaminazione da talune specie microbiche patogene come la S. typhimurium e S. enteritidis nei prodotti di
origine animale, in base ai dati disponibili, risulterebbe contenuta, probabilmente anche a causa di una maggiore
attenzione posta nei programmi di sorveglianza di tali zoonosi.
Analogamente, per quanto riguarda Enterobacter sakazaki i cui risultati indicano un buon livello di controllo a
livello delle industrie di prodotti destinati all’infanzia. Per quanto concerne altri patogeni, come gli E. coli STEC, i
dati epidemiologici sulla malattia umana suggeriscono la necessità di un rafforzamento delle misure di
sorveglianza sanitaria. Per produrre dati utili all’adozione di misure di prevenzione e controllo occorrerebbe un
approccio multidisciplinare basato, oltre che sulle indagini epidemiologiche dei casi umani, su un programma di
monitoraggio delle filiere potenzialmente a rischio, delle acque, degli allevamenti e dell’ambiente.
La contaminazione di Campylobacter si riscontra prevalentemente nelle carni fresche di pollame, soprattutto
pollo e tacchino e nelle preparazioni a base delle suddette carni.

Dalle verifiche esperite sulle strutture dedicate alla vendita diretta di latte crudo nel corso dell’anno 2017 si è
riscontrata sul territorio nazionale rispetto al 2014 una riduzione del 29% degli allevamenti registrati presso le
ASL per la vendita diretta di latte crudo nonché una riduzione del 37% di distributori automatici di latte crudo
registrati presso le ASL.
Dopo il forte incremento del numero di accessi e sopralluoghi dal 2010 al 2011, negli anni successivi i valori sono
variati in maniera meno marcata.
Il numero medio di accessi presso i distributori è lievemente diminuito da 1,9 a 1,8.
Per quanto riguarda l’attività di campionamento, gli obiettivi prefissati dalle ASL sono stati superati e si attestano
al 107,4%, registrando in particolare per l’Escherichia coli verocitotossico un valore del 109,6%.

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Focolai infettivi veicolati da alimenti

La relazione si basa sui dati del 2017 raccolti da tutti i 28 Stati membri dell'Unione europea. Dopo diversi anni di
calo, il numero di casi di salmonellosi nell'UE si è stabilizzato. Nel 2017 il loro numero è sceso da 94 425 a 91 662
casi, ma negli ultimi anni la tendenza al ribasso iniziata nel 2008 si è arrestata. Sono queste le principali
conclusioni della annuale relazione sulle tendenze e le fonti di zoonosi pubblicata oggi dall'Autorità europea per la
sicurezza alimentare (EFSA) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
S. Enteritidis è il tipo più comunemente riferito di Salmonella nell’uomo, quello che causa una su sette epidemie di
origine alimentare. Nel periodo 2013-2017 l'andamento dei casi confermati di S. Enteritidis nell'uomo è stato
stabile e nelle galline ovaiole sembrava rispecchiare analoga tendenza.
I 5079 focolai veicolati da alimenti e acque segnalati nel 2017 rappresentano un calo del 6,8% rispetto al 2016. I
batteri di Salmonella sono stati la causa più comune di epidemie di origine alimentare, in particolare nei prodotti a
base di carne e uova, causando il maggior numero di focolai epidemici.
In Italia il numero di casi di salmonellosi è rimasto stabile negli ultimi 4 anni (n=4138 nel 2016) con un tasso di
notifica intorno a 7x100.000/casi per anno. Le informazioni relative ai sierotipi derivanti dalla sorveglianza
EnterNet mostrano come nel nostro Paese, a differenza della media europea, il sierotipo prevalentemente isolato
dalle infezioni umane è S. Typhimurium variante monofasica (36,4% di tutti i sierotipi ) seguito da S. Enteritidis
(18,6%), che nel 2016 è aumentata rispetto al 2015 e da S. Typhimurium (10,7%). S. Infantis rappresenta, come
nel resto d’Europa, il 2,8% di tutti sierotipi mentre S. Napoli e S. Derby vengono isolati con una frequenza
maggiore nel nostro Paese (rispettivamente 4 e 3,3%).

Secondo i dati Enter-Vet (pdf 638 kb) elaborati dalla sorveglianza veterinaria in Italia, la variante monofasica di S.
Typhimurium è il primo sierotipo (18%), sia per quanto riguarda i campioni isolati da animali, che in quelli isolati da
alimenti. Nel suino rappresenta il 36% dei sierotipi isolati, con un leggero aumento rispetto agli anni precedenti. Il
secondo sierotipo nelle matrici animali è S. Infantis (14%), seguito da S. Typhimurium (10%), mentre S. Enteritidis
rappresenta solamente il 3% degli isolamenti, e appare in diminuzione negli isolamenti di origine avicola rispetto
al biennio precedente. Negli avicoli il sierotipo assolutamente predominante è S. Infantis, che nel 2016
rappresenta il 37% degli isolati, ed è in costante aumento (27% nel 2014 e 35% nel 2015).

Come per gli anni precedenti, anche nel 2016 il numero di infezioni da Campylobacter si aggira intorno ai 1000
casi. Occorre sottolineare che la campylobatteriosi nel nostro Paese non è una malattia a notifica obbligatoria
pertanto i dati disponibili derivano da attività di laboratorio che non hanno una copertura e una rappresentatività
nazionale.

In Italia, le infezioni da E. coli produttori di Shigatossina (STEC) appaiono in lieve crescita rispetto agli anni
precedenti. La sorveglianza delle infezioni da STEC nell’uomo si basa sull’attività del Registro Italiano della
Sindrome Emolitico Uremica (SEU) che riguarda i casi di malattia più gravi. Ciò spiega perché il numero di casi di
infezione da STEC sia assai inferiore rispetto a molti altri Paesi europei nei quali la sorveglianza include anche le
gastroenteriti. Nel 2016, 49 dei 91 casi confermati di infezione da STEC registrati nel nostro Paese si riferiscono a
episodi di SEU. Molti degli altri casi sono stati identificati estendendo ai contatti dei pazienti con SEU, le indagini
microbiologiche. Alcuni dei casi registrati in Italia erano parte di un grave focolaio epidemico transnazionale da
STEC O26 che ha coinvolto anche la Romania, nei primi mesi del 2016. Limitando l’analisi ai soli casi di SEU, i dati
indicano che l’Italia è al terzo posto nell’Ue, per numero di casi dopo Francia (N=129) e Germania (N=51).
Prevalgono inoltre rispetto al resto dell’Ue, le infezioni da sierogruppi STEC non-O157, in particolare STEC O26 e
O111. I dati di monitoraggio degli STEC nei serbatoi animali e nelle fonti alimentari indicano che nel 2016 l’Italia è
stata tra i Paesi europei più attivi nelle attività di campionamento e indagine per gli STEC, sia in termini di
numerosità sia di tipologia delle matrici. Negli alimenti sono stati riscontrati livelli di prevalenza di
contaminazione da STEC molto contenuti anche nelle matrici tradizionalmente considerate a maggiore rischio
(carni bovine, latticini, latte crudo). La lettura integrata di questi dati sembra confermare la natura elusiva e
variegata dell’epidemiologia delle infezioni da STEC, sebbene occorra interpretare con cautela i dati di
monitoraggio, la loro rappresentatività a livello nazionale in assenza di criteri microbiologici e di un piano
campionamento armonizzato.

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Per quanto riguarda le malattie trasmesse da alimenti (MTA), nel 2016 l’Italia ha segnalato il più elevato numero
di focolai epidemici degli ultimi 5 anni (N=91), con un incremento del 146% rispetto al 2015. Ciò è riconducibile al
miglioramento nella raccolta e trasmissione delle informazioni dal livello regionale a quello centrale e, infine,
all’Efsa. Un terzo dei focolai è riconducibile a Salmonella, mentre per una quota simile non sono disponibili
informazioni sull’agente causale. I rimanenti focolai sono attribuibili a Norovirus, C. botulinum, Campylobacter,
Epatite A, tossine batteriche, STEC, Trichinella e a intossicazione da istamina. Da sottolineare il fatto che l’Italia
riporta nell’Ue il maggior numero di focolai di botulismo. Per tutti i focolai, i veicoli alimentari più frequenti
implicati comprendono prodotti della pesca, preparazioni alimentari combinate, uova e derivati, carne suina e
derivati.

Nel 2016, in Italia, sono stati notificati 179 casi di listeriosi, confermando un trend in aumento dal 2012 (112
casi), che colloca il nostro Paese al quarto posto per numero di casi in Europa, dopo Germania, Francia e Spagna.
Anche la sorveglianza di laboratorio ha evidenziato un andamento in crescita nel numero di isolati raccolti dall’ISS
e sottoposti a tipizzazione molecolare. Nel 2016, come negli altri Paesi europei, il 75,9% dei casi ha interessato
individui di età superiore ai 64 anni, con un picco in soggetti di età compresa tra i 76 e gli 80 anni, mentre i casi
riscontrati nelle donne in gravidanza rappresentavano solo il 3%, valore molto inferiore ai dati europei e
internazionali (16,7%). Questo è dovuto all’applicazione non sistematica dell’indagine diagnostica sugli eventi
associati alla gravidanza (aborto, parto prematuro e forme simil-influenzali della madre). La manifestazione
clinica più comune era la setticemia (71,7%) e il sierotipo 1/2a continua ad essere quello più frequentemente
isolato, seguito dal sierotipo 4b. La percentuale di ospedalizzazione è stata del 100% e nei 34 casi per i quali
l’esito della malattia è stato riportato, si è avuta una letalità del 29,4%. Quattordici casi di listeriosi del 2016
appartenevano a un vasto focolaio epidemico che ha avuto inizio nel 2015 e che ha coinvolto 24 soggetti, quattro
dei quali deceduti. Le indagini epidemiologiche e microbiologiche hanno individuato la sorgente dell’infezione in
un prodotto a base di carne. Relativamente agli alimenti e ai campioni ambientali negli ambienti di produzione
l’Italia, per il 2016, ha inviato informazioni su oltre 60.000 campioni in cui è stata effettuata ricerca e
quantificazione di L. monocytogenes. Nel nostro Paese le positività riscontrate in alcune categorie di alimenti
sono al di sotto della media registrata nell’intero territorio dell’Ue. Gli alimenti a base di latte (formaggi e altri
latticini), i prodotti a base di carne e i prodotti della pesca rappresentano gli alimenti nei quali si rileva la maggior
frequenza di campioni positivi. Da segnalare la presenza di L. monocytogenes anche in alimenti considerati non a
rischio fino a pochi anni fa, quali la frutta, i vegetali e i prodotti da forno. L. monocytogenes è stata rilevata anche
in alimenti “speciali”, destinati ai bambini al di sotto di 6 mesi di età o per fini medici specifici.

In conclusione, i dati Enter-net ed Enter-vet indicano, per i casi di salmonellosi nell’uomo in Italia, il suino quale
serbatoio animale più rilevante, mentre l’importanza del serbatoio avicolo è in continua diminuzione, anche se il
ritorno di S. Enteritidis richiede attenzione. La situazione per Listeria riflette il quadro epidemiologico osservato
nel contesto internazionale, mentre per STEC la situazione è più complessa riflettendo la natura variegata
dell’epidemiologia delle infezioni. Il rilievo di L. monocytogenes in alimenti di categorie considerate non a rischio è
un’indicazione per la definizione dei futuri piani di campionamento degli alimenti. Riguardo alla
campylobatteriosi, la prima zoonosi a trasmissione alimentare in Europa per numero di casi, il sistema attuale non
è in grado di fornire indicazioni specifiche per il nostro Paese, per cui rimangono le indicazioni generali di una
malattia in costante ascesa.

In Friuli Venezia Giulia le modalità, il numero di persone coinvolte e gli alimenti implicati nelle tossinfezioni
alimentari sono evoluti col tempo. Nel passato le malattie alimentari si manifestavano sotto forma di epidemie
che coinvolgevano un numero elevato di persone ed erano soprattutto legate a prodotti di origine animale. Oggi
il quadro epidemiologico è cambiato: le epidemie classiche si sono ridotte e sono state in parte sostituite da
focolai infettivi in cui risultano coinvolti un numero minore di soggetti,sono quindi più difficili da individuare, con
l’eccezione della trasmissione di virus quali il norovirus, che può causare infezioni estese anche se con quadri
clinici in genere meno importanti. Inoltre, le cause di infezione vanno ricercate non più solo negli alimenti di
origine animale ma anche in altre tipologie di cibi, ritenuti fino a poco tempo fa improbabili veicoli di infezioni
come frutta, verdura e acqua.

Nella regione FVG nel corso del 2018 non si sono registrati focolai epidemici di tossinfezioni alimentari da
alimenti di origine non animale, tuttavia nel corso dello stesso anno si è ritenuto utile effettuare, in un’Azienda
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sanitaria del territorio regionale (AAS 3), un’esercitazione di una simulazione in tempo reale di gestione di un
focolaio di malattia a trasmissione alimentare.

Tale esercitazione, tra l’altro espressamente prevista dal Piano Nazionale Integrato (PNI) 2015-2018, rep atti
177/CSR del 18.12.2014 da cui discende il Piano Nazionale per la Prevenzione (PNP) 2014-2018, rep. atti n
156/CSR del 13.11.2014, cui è stato data attuazione con il Piano regionale della Prevenzione (PRP) 2014-2018, di
cui alla Deliberazione Giuntale n. 2365 del 27 novembre 2015, ha permesso la concreta applicazione del Piano per
le emergenze in sicurezza alimentare di cui alla Deliberazione Giuntale 18 maggio 2017, n. 908 “Piano per il
contenimento e la gestione delle emergenze infettive, zoonosiche e di sicurezza alimentare nell'ambito del
territorio del Friuli Venezia Giulia”.

La simulazione è stata voluta e definita dalla Direzione centrale salute, politiche sociali e disabilità della regione
Friuli Venezia Giulia in ottemperanza a quanto previsto dalle norme nazionali e comunitarie, anche perché, come
sopradetto, tali attività costituiscono parte integrante degli obiettivi regionali del 2017 e del 2018.

La simulazione del focolaio di E. Coli STEC in vegetali realizzata, ha visto operativamente coinvolti oltre l’Azienda
sanitaria interessata, anche altre Aziende sanitarie regionali, l’ARPA FVG, l’Osservatorio epidemiologico
veterinario e sicurezza alimentare della Regione Autonoma Friuli Venezia-Giulia, il Sistema iRASFF e il Servizio
sanità Pubblica veterinaria FVG.

Il personale coinvolto è rimasto soddisfatto dall’esperienza: ha dimostrato di apprezzare queste iniziative che
consentono di autovalutare le potenzialità e le capacità di risposta in presenza di situazione di emergenza, oltre a
individuare le criticità che si evidenziano solo nel momento dell’effettuazione delle attività, consapevole del
rischio che una emergenza di questo tipo può rappresentare per tutto il settore sanitario (AAS, Regione, ARPA.
Ospedali).

La simulazione ha evidenziato, inoltre, la pronta collaborazione e la tempestività nell’agire anche di fronte a
situazioni impreviste: tutti gli attori coinvolti hanno dimostrato una forte integrazione tra le diverse
professionalità in campo e di conoscere i compiti di loro spettanza in questo ambito.

Per tutte le motivazioni sopra riportate si ritiene indispensabile mantenere il team previsto dalle linee guida
regionali nelle Aziende ove questo è stato istituito e attivarlo nelle Aziende in cui ancora non si è proceduto in tal
senso a garanzia di un intervento veloce e coordinato di fronte a situazioni di questo genere.

Antibioticoresistenza

Il rapporto congiunto delle tre agenzie sull’analisi del consumo di antibiotici e dell’antibiotico-resistenza (Joint
Interagency Antimicrobial Consumption and Resistance Analysis – JIACRA – Report) evidenzia che nell’UE
esistono ancora differenze notevoli circa l'uso di antibiotici negli animali e nell’uomo. Evitarne l’uso superfluo avrà
un influsso sull’insorgere di resistenza.

L’uso degli antibiotici è più frequente negli animali da produzione alimentare che nell’uomo, benché la situazione
vari a seconda dei Paesi e del tipo di antibiotico.

Una classe di antibiotici chiamata polimixine (che comprende la colistina) è ampiamente utilizzata in ambito
veterinario. Inoltre, viene sempre più utilizzata negli ospedali per curare infezioni resistenti a più farmaci. Altri
antibiotici sono utilizzati più spesso nell’uomo che negli animali. Tra questi le cefalosporine e i chinoloni di terza e
quarta generazione, antibiotici considerati di importanza primaria per la salute umana

Il rapporto rileva che la resistenza ai chinoloni, utilizzati per curare la salmonellosi e la campilobatteriosi
nell’uomo, è connessa all'avvenuto uso di antibiotici negli animali. L'uso di cefalosporine di terza e quarta
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generazione nell'uomo per la cura di infezioni causate da E. coli e da altri batteri è connesso alla resistenza a
questi antibiotici nell’E. coli rinvenuta nell’uomo.

È stato stimato che in Italia, in un anno, si è verifico un terzo (10 mila morti) di tutti i decessi correlati
all’antibiotico resistenza che avvengono in Europa. Parimenti l’impatto dell’antibiotico-resistenza sugli anni di
disabilità e di “non benessere” nel nostro Paese ammonta a un terzo di tutti quelli stimati per l’Europa.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha indicato in 13 miliardi di dollari il costo
dell’antibiotico-resistenza in Italia da qui al 2050 se non si cerca di invertire la marea montante. Tra gli interventi
messi in campo per contrastare il problema, l’anno scorso è stato varato dal Ministero della Salute il “Piano
nazionale di contrasto all’antimicrobico-resistenza 2017-2020” (PNCAR). Quest’ultimo Piano, grazie a un
approccio “one health”, vuole affrontare e contrastare il fenomeno in modo efficace, con azioni integrate condotte
sia a livello nazionale che a livello regionale, attraverso sei ambiti di intervento: la sorveglianza, la prevenzione e il
controllo delle infezioni, l’uso corretto degli antibiotici, la formazione, le attività di comunicazione e informazione
e la ricerca e l’innovazione.

OGM

Nel secondo anno di programmazione del quadriennio 2015-2018 l’attività di controllo ufficiale per la ricerca di
OGM nel settore degli alimenti, conferma la costante e specifica attenzione che tutte le Regioni e Province
Autonome e i soggetti coinvolti rivolgono alla tematica OGM.
La valutazione generale dei risultati è positiva. In particolare esaminando i dati relativi al territorio, per un numero
totale di campioni prelevati ed analizzati pari a 682, la percentuale di quelli positivi è stata del 3%. Ciò conferma
sempre di più sia la consapevolezza crescente degli operatori del settore alimentare che pongono particolare
attenzione lungo tutta la filiera, dall’approvvigionamento delle materie prime alla commercializzazione del
prodotto finito, sia l’efficacia dei controlli ufficiali messi in atto.
L’attività all’importazione ha mostrato un lieve incremento, con i 123 campionamenti effettuati, senza peraltro
riscontrare non conformità. Il ruolo degli uffici di frontiera rimane fondamentale, proprio in relazione al ruolo
essenziale che rivestono nella catena dei controlli ufficiali come prime Autorità sanitarie coinvolte nella
nazionalizzazione e commercializzazione di prodotti alimentari provenienti dai Paesi terzi.
E’ d’altro canto evidente la crescente attenzione delle Autorità e degli operatori dei Paesi terzi alla rispondenza
dei prodotti da immettere sul mercato dell’UE ai requisiti previsti dalla normativa europea sugli OGM, tanto che i
respingimenti frontalieri segnalati con il sistema RASFF nel 2016 sono stati solo 5, riguardanti prodotti a base di
riso provenienti dalla Cina.
Altro ruolo fondamentale nella attività di controllo viene svolto dai laboratori pubblici.
E’ indubbio che la crescente complessità dell’offerta biotecnologica nel mercato agro-alimentare mondiale
richiede la ricerca di un numero di eventi GM, autorizzati e non, in continuo aumento. A tal proposito, considerata
la complessità del controllo analitico, l’attività dei laboratori diventa sempre più intensa, sia per la parte che
riguarda la validazione dei metodi, sia per la parte esecutiva nell’ambito del controllo ufficiale. Va riconosciuto ai
laboratori che dal 2010 ad oggi hanno accresciuto molto il numero di prove accreditate per la ricerca di OGM
negli alimenti, anche se per alcuni di essi gli innegabili sforzi hanno prodotto un modesto incremento del numero
di eventi ricercati, mentre per altri l’impegno ha portato anche a raddoppiare il numero di prove accreditate.
In tale contesto, è d’obbligo l’invito, a tutti i laboratori del network, a completare il processo di espansione,
dell’attività analitica di screening e a potenziare l’attività analitica accreditata anche per la rilevazione e
quantificazione di eventi GM autorizzati sul mercato europeo, al fine di assicurare l’omogeneità dell’azione di
controllo sul territorio nazionale.
Al fine di perseguire tale obiettivo è tuttavia ipotizzabile per il prossimo futuro, anche per razionalizzare l’attività
analitica tenuto conto degli aspetti sia tecnici che economici, un sistema di supporto mutualistico tra laboratori
con specializzazione analitica complementare.
Per quanto riguarda i flussi informativi, l’accesso ai dati del database nazionale, attraverso il Cruscotto di
Reportistica Sanitaria (CRS), consente alle Regioni e P.A. di consultare e validare direttamente i dati di loro
competenza. Tale opportunità ha contribuito a superare alcune difficoltà che negli anni passati non consentivano
di rispettare i tempi stabiliti per la validazione, rimane però la disomogenea distribuzione dei campionamenti

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nell’arco dell’anno che concentra il massimo picco di attività proprio a ridosso delle scadenze previste per la
rendicontazione annuale.
Premesso quanto sopra, tenuto conto dei risultati complessivi ottenuti per il 2016, sul mercato italiano per i
prodotti alimentari si conferma la situazione di rispetto dei requisiti d’etichettatura previsti dalla normativa
vigente, assicurando in tal modo l’informazione ai consumatori. Infine, si conferma che in Italia la presenza di
OGM, autorizzati e non, negli alimenti continua ad essere decisamente limitata ed a concentrazioni
estremamente basse, risultati confortati da assenza di non conformità all’importazione e una sola etichettatura
non conforme sul mercato nazionale.
Il Ministero della Salute, Ufficio 6-DGISAN, nell’inviare la relazione annuale sui dati dei controlli effettuati, agli
Assessorati alla sanità e agli USMAF, evidenzia tra l’altro i seguenti aspetti che necessitano di continuare ad
essere oggetto di attenzione:
      ampliamento attività analitiche per alcuni laboratori (numero eventi ricercati, razionalizzazione attività
         analitica con eventuale specializzazione dei laboratori);
      distribuzione omogenea dei campionamenti nel corso dell’anno;
      mantenimento della tempistica nella trasmissione dei dati e inserimento di informazioni puntuali e
         complete.

ZOONOSI
La sorveglianza degli agenti zoonotici negli animali vivi, fa emergere che:

       L’applicazione dei piani di controllo per la tubercolosi animale ha determinato nel nostro Paese una
        situazione per la quale la maggior parte delle Regioni o sono ufficialmente indenni o si stanno avviando
        al raggiungimento di tale qualifica; si può osservare che nel 2017 sono state controllate in totale 39.128
        aziende rispetto alle 40.145 indicate dal programma di eradicazione della tubercolosi bovina, con una
        percentuale di copertura del 99,93 % rispetto al programmato.
       Vista l’efficacia dell’Ordinanza ministeriale 28 Maggio 2015, “Misure straordinarie di polizia veterinaria in
        materia di tubercolosi, brucellosi bovina e bufalina, brucellosi ovi-caprina, leucosi”, che prevedeva ulteriori
        misure di controllo per le sopra elencate malattie, il Ministero della Salute l’ha prorogata in data 6 giugno
        2017 per altri 12 mesi. Questa contiene misure, che riguardano tutto il territorio nazionale in modo
        diverso a seconda se si riferiscono ai territori ufficialmente indenni piuttosto che a quelli non
        ufficialmente indenni. La nuova Ordinanza prevede azioni per i Servizi Veterinari Regionali e Locali (ASL) e
        per l’efficacia dei controlli della brucellosi, sia a livello di allevamento che di mattatoio. ll patrimonio
        bovino nazionale soggetto al programma nell’anno 2017 risulta diminuito per quanto riguarda sia il
        numero di aziende (-12.093) che di animali (- 914.784); rispetto al 2016 la percentuale dei controlli sulle
        aziende risulta aumentata avvicinandosi all’obiettivo previsto dalla Ordinanza Ministeriale che prevede il
        100% dei controlli. Si registra una diminuzione della percentuale d’infezione a livello nazionale grazie al
        calo della prevalenza registrata nelle regioni Basilicata, Molise, Calabria, Campania e Puglia. In Sicilia,
        Regione ad alta percentuale di infezione, la prevalenza rimane stazionaria rispetto a quanto registrato
        nel 2016, cioè 2,91%.
       Il controllo ufficiale, nel 2017, ha garantito un numero soddisfacente e in crescita rispetto all’ anno
        precedente, dei gruppi avicoli sottoposti alle verifiche del Piani Nazionali di Controllo Salmonellosi e un
        aumento dei gruppi di avicoli allevati. Le attività di campionamento e le relative analisi di laboratorio
        hanno permesso di individuare, nei diversi anni di applicazione del PNCS nelle diverse tipologia di avicoli,
        le prevalenze di gruppi positivi a salmonelle rilevanti.
       La rendicontazione sulle attività di controllo per la ricerca delle Trichine che l’Italia ha inviato alla
        Commissione negli ultimi 8 anni ha permesso, come già detto, l’applicazione delle deroghe di cui
        all’articolo 3 paragrafo 3 lettera a) e al paragrafo 2 dello stesso articolo del Reg (UE) 2015/1375
        consentendo di poter affermare che l’allevamento suinicolo intensivo, sia da ingrasso che da
        riproduzione, non comporta rischi sanitari particolari per le Trichine in Italia.
        I Piani di sorveglianza per la fauna selvatica applicati in alcune Regioni italiane hanno dimostrato che
        negli allevamenti posti al di sopra dei 400 metri sul livello del mare potrebbe esistere un reale rischio di
        infezione. In merito, per l’anno 2016, si sono verificate positività per Trichinella Spiralis (1 volpe in Emilia-
        Romagna) e Trichinella Britovi.

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