#PerchéBuona: Riflessioni su "La Buona Scuola"

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#PERCHÉBUONA                                                                    ON.ANNA ASCANI

                 #PerchéBuona: Riflessioni su “La Buona Scuola”

Nonostante il clima teso di queste ore, vorrei proporvi alcune riflessioni pacate sul percorso e
sui contenuti di un Disegno di Legge del quale si parla molto, ma troppo spesso con eccessiva
superficialità. Spero che, vista l’importanza del tema, abbiate la pazienza di leggere questo
documento fino in fondo.

Ho deciso di scrivere queste righe per due motivi.

Il primo è che molti di coloro che non vivono direttamente il mondo della scuola non sono
riusciti ad orientarsi tra le polemiche e le discussioni per addetti ai lavori.
Il secondo è che il dibattito di questi giorni non ha più nulla a che vedere con la scuola, con
l’istruzione, con gli studenti. La peggiore forma di ideologia, quella che mistifica la realtà per
renderla conforme ai propri pregiudizi, sta prevalendo da ambo le parti e rischia di oscurare
gli sforzi di chi ha a cuore prima di tutto la scuola e il futuro dei ragazzi.

Di questo ddl si parla molto, dunque, ma in maniera intermittente.
I mezzi di informazione ne parlano per evidenziare il dissenso di una parte dell’elettorato
storico del Centro Sinistra nei confronti del Governo Renzi, oppure per sottolineare qualche
pericolo per la tenuta della maggioranza. Tuttavia, i contenuti di tale provvedimento non
sempre sono facili da comprendere, soprattutto per chi non conosce tutte le sigle, le leggi, i
regolamenti, la stratificazione normativa che caratterizza oggi il mondo della scuola in Italia.

Ho cominciato ad occuparmi direttamente di scuola partecipando ai lavori della VII
Commissione della Camera dall’inizio di questa diciassettesima legislatura. Ho l’opportunità
di far parte di una Commissione parlamentare di comprovata competenza, composta da
colleghi realmente appassionati, che vengono in gran parte dal mondo della scuola e che
portano quindi con sé uno specifico know-how. Non è per nulla scontato. Li ho osservati
gestire in prima persona il percorso del D.L. 104 del Ministro Carrozza, con saggezza e serietà
nonostante qualche difficoltà. Con alcuni di loro ho partecipato, nell’Agosto del 2014, alla
prima riunione su quella che sarebbe diventata “La buona scuola”.
Com’è noto, il 15 Settembre 2014, il Ministero dell’Istruzione ha avviato una consultazione
pubblica, online e offline, su di un corposo documento denominato, appunto, “La buona
scuola”, contenente alcune idee che avrebbero dovuto costituire la base del futuro intervento
normativo. A quella consultazione hanno partecipato quasi due milioni di persone e alcuni dei
punti più contestati sono stati cancellati, si pensi ad esempio alla percentuale massima (66%)
di docenti per scuola a cui assegnare la premialità o al sistema dei crediti. Altri punti sono
rimasti, altri ancora sono stati aggiunti..
Una consultazione fatta per costruire insieme un testo di legge, non per sottoporre a
referendum qualcosa di già scritto. Personalmente, continuo a ritenere corretta l’idea di
aprire al confronto a priori e non a posteriori, pur mantenendo fermo il diritto/dovere di un
Governo di scegliere la strada da percorrere.

Terminata la consultazione è iniziato un lungo ciclo di incontri presso il Ministero
dell’Istruzione mentre la Legge di Stabilità destinava al fondo denominato “La buona scuola” 1
miliardo per il primo anno e 3 miliardi dal 2016. Una buona notizia per chiunque abbia a
cuore il Paese. Risorse che potevano legittimamente essere impiegate altrove: dalle pensioni
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al reddito minimo di cittadinanza, dalle partite IVA agli enti locali. Una scelta politica precisa
ne ha determinato l’utilizzo e quella scelta politica dovrebbe essere difesa a prescindere da
come la si pensi sul disegno di legge che in questi giorni viene discusso dal Parlamento.

A questo punto occorre fare una precisazione. Ho letto dichiarazioni di autorevoli colleghi,
nonché di rappresentanti sindacali e associazioni, secondo i quali quelle risorse non potevano
essere impiegate diversamente, perché la sentenza della Corte Europea del 26 Novembre
2014 obbliga il Governo italiano a procedere all’assunzione di tutti i precari del mondo della
scuola. Tuttavia, leggendo le motivazioni della sentenza, si trova il riferimento costante alla
“copertura di posti vacanti e disponibili”, in definitiva :

        “La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18
        marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno
        1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve
        essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui
        trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle
        procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo
        di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di
        docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi
        per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per
        tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a
        causa di un siffatto rinnovo”.

Probabilmente i non addetti ai lavori non conosceranno il significato dell’espressione “posto
vacante e disponibile”1. Per fare un esempio, chi sostituisce docenti di ruolo in aspettativa,
occupa un posto disponibile, ma non un posto vacante e disponibile. Solo coloro che hanno
insegnato per almeno 36 mesi anche non continuativi su posti effettivamente “vacanti” sono
quindi destinatari di quanto previsto dalla sentenza della Corte europea sopra riportata.

Aggiungo che, in attesa dei chiarimenti della Corte Costituzionale su come introdurre i
principi sanciti dalla CGUE in modo conforme alla Costituzione2, diversi Tribunali hanno già
cominciato ad esaminare i ricorsi dei precari della scuola e stanno riconoscendo ai ricorrenti
un indennizzo e la ricostruzione di carriera, ma non sempre l’immissione in ruolo a tempo
indeterminato di chi è ancora precario3.
Quindi, non essendo stata ancora emanata dalla Corte Costituzionale alcuna sentenza, è
fondamentale comprendere che, allo stato attuale, assumere più di 100.000 insegnanti a
tempo indeterminato è una scelta politica4.

Questo può piacere o meno. Alla destra, ad esempio, non piace affatto. Ma questo è lo stato dei
fatti, senza mistificazioni che non servono a nessuno, tantomeno alla scuola.
I mesi che sono seguiti all’approvazione della legge di stabilità sono stati caratterizzati, come
dicevo, dal lavoro preparatorio del testo di legge e qui si colloca, a mio modo di vedere, uno
degli errori commessi. Sono stati impiegati più di tre mesi, nella scrittura di un testo che
poteva forse essere licenziato prima, lasciando così più spazio alla condivisione pubblica dei
temi, alla discussione parlamentare e alla spiegazione, punto per punto, di quanto si intendeva
promuovere. Il testo del disegno di legge ha raggiunto la Camera dei Deputati soltanto il 27

1 Espressione che si ritrova nell’articolo 1 del DM 13 Giugno 2007, n. 131
2 La pubblicazione della sentenza era attesa per il 23 Giugno ma è slittata.
3 Si veda a titolo di esempio la sentenza di Febbraio del Tribunale di Treviso come riportata dal sito della FLC- CGIL.
4 Sentenza CGUE cit., Pt. 72-76.
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Marzo 2015. Il 10 Aprile è iniziato l’esame in Commissione, protrattosi fino all’arrivo in aula il
14 Maggio 2015.
A questo link trovate un riassunto delle modifiche principali introdotte dalla VII Commissione
della Camera dei Deputati, di cui faccio parte, ascoltando quanti esprimevano preoccupazioni,
dubbi e critiche sul testo del Governo.
Vi invito a leggere quel riassunto per poter comprendere al meglio il lavoro fatto in quella
fase, che dimostra una cosa: seppure spesso troppo lontano dai riflettori, assieme ai miei
colleghi, non abbiamo mai interrotto il dialogo con un mondo che esprimeva un fortissimo
dissenso, culminato nello sciopero del 5 Maggio.

La più importante tra le modifiche introdotte durante l’esame in Aula alla Camera, non
contenute nel testo linkato sopra, ha riguardato lo stralcio dell’articolo sul 5 per Mille, altro
punto contestato da molti attori del mondo della scuola.
Per quanto riguarda, poi, il dibattito svoltosi al Senato, queste sono, a mio avviso, le principali
novità:

      tetto di 100.000 euro alle erogazioni liberali dello “School Bonus”;
      fondo perequativo per destinare risorse alle scuole più svantaggiate;
      nuova impostazione dell’anno di prova, che consente di ripeterlo qualora l’esito fosse
       negativo;
      criteri più stringenti per la valutazione dei dirigenti scolastici effettuata dagli ispettori
       e legata alla retribuzione di risultato;
      maggiore continuità didattica nel rinnovo triennale dell’incarico dei docenti, ora
       strettamente legato al Piano dell’Offerta Formativa;
      più docenti e membro esterno nel Comitato di Valutazione;

Queste modifiche hanno portato all’approvazione del testo, sul quale è stata posta la
questione di fiducia, per ragioni di tempo legate alle assunzioni da fare a Settembre. Anche
questo punto è stato decisamente mistificato. Numerosi parlamentari, rappresentanti
sindacali o di associazioni, hanno dichiarato a più riprese che sarebbe stato sufficiente
emanare un decreto che prevedesse le sole assunzioni e rimandare il resto ad una discussione
più approfondita.

Questo punto è molto delicato e per evitare fraintendimenti occorre essere molto chiari: il
Governo avrebbe potuto senza dubbio emanare un “decreto assunzioni”, ma per
assumere tutti i 100.000 precari previsti dal piano, tale decreto avrebbe dovuto
contenere alcune norme relative alla riorganizzazione del sistema scolastico. Quelle
stesse norme che proprio i sostenitori del “decreto assunzioni” non vogliono.

A legislazione vigente, quindi, aggiungendo soltanto i fondi necessari, si sarebbero potute
fare soltanto la metà delle assunzioni:

      18.536 per la copertura del turn-over;
      8.895 sul sostegno secondo quanto previsto dal D.L. 104;
      16.835 aggiuntive per la copertura degli altri posti vacanti;
      7623 posti su “spezzoni”

Il restante “organico di potenziamento”, non avrebbe trovato spazio senza una modifica
delle norme vigenti.
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Coloro che oggi accusano il Governo ed il Partito Democratico di aver distrutto la scuola
pubblica, fanno leva su quelle che secondo loro sono le principali criticità del provvedimento,
ovvero:

1.     Lo strapotere dei presidi.
Presidi che, non a caso, si chiamano “dirigenti scolastici”. Non tutti sanno che le responsabilità
del dirigente scolastico sono disciplinate da una norma, il D. Lgs. n. 165 del 2001 all’articolo
25. Leggendola potrete notare quanto scritto:

ll dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell'istituzione, ne ha la legale
rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei
risultati deI servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al
dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle
risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico organizza l'attività scolastica secondo
criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacali.

Quindi i cosiddetti “strapoteri” del dirigente scolastico, non solo esistono dal 2001, ma da
allora non hanno suscitato proteste, polemiche, o scioperi. Il disegno di legge che la Camera
sta esaminando in seconda lettura propone di dare al dirigente anche gli strumenti per
l’esercizio effettivo di quella responsabilità, disciplinata per legge da 14 anni.
In coerenza col Piano dell’Offerta Formativa (POF), elaborato dal Collegio Docenti e votato dal
Consiglio di Istituto, il dirigente scolastico dovrà individuare tra i docenti assunti per
concorso5 a tempo indeterminato, all’interno di un ambito territoriale di dimensioni sub-
provinciali6 e rendendo pubblici criteri e motivazioni, coloro che:

                  Sono più utili al buon funzionamento dell’istituzione scolastica;
                  Sono più utili al successo formativo degli studenti di quella determinata scuola;
                  Sono più idonei alla piena realizzazione di quel POF.

Lo stesso dirigente scolastico sarà valutato da un nucleo di ispettori (di cui il ddl predispone
l’assunzione) sulla base di criteri stringenti, definiti già in norma primaria, grazie al lavoro
fatto al Senato e a quella valutazione sarà connessa la sua retribuzione di risultato.
Le norme antidiscriminatorie e anti-parentopoli, inserite alla Camera e rafforzate al
Senato, eviteranno il verificarsi di abusi e garantiranno la tutela ed il rispetto dei diritti
dei docenti.

2.      La privatizzazione della scuola, il ruolo dei privati nel consiglio di istituto, le
scuole di serie A e serie B.
Quando leggo, in questi giorni, al termine della discussione in Senato, che col ddl scuola si
vuole colpire la scuola pubblica, comincio a dubitare della buona fede di chi protesta. Perché
chi è in buona fede si informa. E leggendo i resoconti dei lavori parlamentati si nota che:

           2.1)      Il 5 per Mille è stato stralciato;

5Oppure per scorrimento da Graduatoria ad Esaurimento.
6 Sub-Provinciale : 20 scuole circa, a seconda della specificità dei singoli territori, con particolare attenzione a isole e aree montane o
svantaggiate, come si legge nel testo del ddl.
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             2.2) Allo “School Bonus”7 è stato fissato un tetto massimo di 100.000 euro e,
                 soprattutto, è stato istituito un fondo di perequazione del 10%, che farà sì che
                 anche quelle scuole che non ricevono nessuna donazione, abbiano una quota di
                 donazioni destinate ad altre istituzioni. Questo avverrà però senza scoraggiare
                 “donatori”, sapranno sempre dove è stata destinata la propria donazione.
             2.3) La delega sugli organi collegiali, che secondo qualcuno avrebbe potuto aprire le
                 porte del Consiglio di Istituto ai privati, è stata stralciata;

             Inoltre, 126 milioni di euro l’anno saranno destinati al rifinanziamento del Fondo di
             Istituto, 40 milioni alla formazione strutturale e obbligatoria dei docenti in servizio,
             381 milioni alla “card” da 500€ per la formazione individuale aggiuntiva di ciascun
             insegnante, 90 milioni per infrastrutture digitali e laboratori. Non cito le cifre
             dell’edilizia scolastica, sulle quali troppe polemiche si sono fatte a scapito dei ragazzi
             che studiano in ambienti, quando va bene, inadatti. I risultati di un’operazione
             coraggiosa, iniziata col Governo Letta, in particolare grazie alla felice intuizione dei
             mutui BEI, si vedranno tra qualche anno e questo, per me, conta più di ogni polemica.
             Mi limito a menzionare i 40 milioni di euro per il controllo sistematico di intonaci e
             controsoffitti. Perché quei crolli che ogni tanto qualche TG ci mostra sono una ferita al
             paese che non possiamo più permetterci. Aggiungo, a margine, che le donazioni dei
             privati che hanno destato scalpore e preoccupazione sono già possibili a
             legislazione vigente. (la sentenza 13-18 novembre 2000, n. 507, ha dichiarato la
             legittimità costituzionale della legge 23 del 1997 n. 449 che disciplina le sponsorizzazioni
             negli enti pubblici e il D.I. n. 44/2001 ne ha codificato l’uso nella scuola. Quattordici
             anni fa). È un dato di fatto, infine, che oggi esistono purtroppo scuole di serie A e di
             serie B. Anche nella stessa città. A volte nello stesso quartiere. Ed io credo che un
             Governo di Centro Sinistra è tale se lavora per colmare le diseguaglianze, non lo
             è se fa finta di non vederle, schierandosi a difesa di una trincea di slogan, consumati
             dalla cruda realtà di una scuola che spesso oggi è diseguale, ancorché pubblica.

    3. La mancata assunzione di tutti i 300.000 precari della scuola.
L’argomento più delicato della riforma è sicuramente questo. Non che il resto della mia
riflessione volesse essere superficiale, ma sono consapevole che questo punto tocca
direttamente la vita di moltissime persone preoccupate e in grande difficoltà, che sentono di
aver subito un’ingiustizia. Sono convinta, benché restino aperte questioni enormi, che la
strada che è stata scelta fosse la migliore alla condizioni date, per quanto non perfetta e non
risolutiva di tutti i problemi che abbiamo ereditato.

Voglio anzitutto provare a rispondere a coloro che chiedevano un piano pluriennale di
assunzioni per far sì che tutti i precari ottenessero, nel tempo, il ruolo cui aspirano.

             3.1) Quello previsto dal ddl scuola è un piano pluriennale.
             Prevede in due anni l’immissione in ruolo di 160mila persone e per gli anni successivi
             la copertura del turn over.
             A partire da quello che sarà bandito entro il 2015 per la copertura di 60mila posti, i
             concorsi saranno riservati ai soli abilitati, a coloro, cioè, che sono iscritti nelle
             graduatorie di seconda fascia. Si tratta comunque di concorsi e non un “piano di
             assorbimento”. In molti rivendicano parità di trattamento con gli iscritti nelle
             Graduatorie ad Esaurimento vantando titoli simili, tuttavia non equipollenti per legge.

7   Lo “School Bonus” consente di avere detrazioni fiscali del 65% a chi fa un’erogazione liberale a vantaggio della scuola.
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Anche se rischio di essere impopolare dico che, a mio modo di vedere, istituire le
graduatorie è stato un errore, anche perché, equiparando i titoli di chi vi è iscritto a
quelli dei vincitori di concorso, esse hanno consentito a molti di entrare a scuola senza
superare una selezione concorsuale.
Non possiamo tornare indietro negando a costoro un diritto acquisito, ma possiamo
evitare di ripetere un errore. Riconosceremo un punteggio aggiuntivo agli abilitati TFA
e a coloro che hanno insegnato per almeno 180 giorni anche non continuativi. Ma solo i
60mila che supereranno il concorso entreranno in ruolo nel 2016. I restanti dovranno
aspettare il successivo concorso, sempre per soli abilitati, che servirà a coprire il turn
over dei prossimi anni;
Volendo “tracciare una riga”, stabilire un limite da cui ripartire, si finisce spesso per
lasciar fuori qualcuno che ritiene di avere i requisiti per star dentro. Si è scelto di
applicare un principio oggettivo, di non cambiare le regole in corsa, come in passato
troppo spesso si è fatto. Chi critica in questo caso ha davvero tutto il diritto di farlo.
Non escludo che abbia anche qualche ragione, a mio avviso però, alle condizioni date,
questa era la migliore scelta possibile.

3.2) Anche Fioroni quando, nel 2007, decise di chiudere le graduatorie trasformandole
in Graduatorie ad Esaurimento (GAE) aveva in mente un piano pluriennale di
assorbimento. Quel che è successo dopo è storia nota. Sono note le riaperture, come è
noto ciò che è accaduto al turn over e alle cattedre coi tagli firmati Tremonti-Gelmini
(oggi paladina di quei precari che, se non fosse stato per la sua “riforma”, sarebbero già
di ruolo da un pezzo). Un piano pluriennale di assorbimento comporterebbe oggi
l’istituzione di una nuova Graduatoria ad Esaurimento. Questo porta con sé dei rischi,
che possono verificarsi, ad esempio, con un cambio di Governo, come avvenne nel post-
Fioroni. Un’ evenienza difficilmente prevedibile, che deve tuttavia sempre essere presa
in considerazione quando si studiano delle riforme. Dar stabilità alla scuola significa
evitare anche questo genere di rischi. A questo proposito può essere interessante
rileggere l’ intervento di G. Bachelet di Gennaio 2012, ai tempi dell’ultimo
milleproroghe del Governo Berlusconi.

3.3) A legislazione vigente i precari della seconda fascia sarebbero entrati in ruolo,
comunque, solo attraverso un concorso. E gli iscritti in Graduatoria ad Esaurimento
avrebbero atteso, in media, una decina d’anni per ottenere quel contratto a tempo
indeterminato cui hanno diritto. Complicato dire che l’intervento del Governo ha
modificato in negativo la situazione di qualcuno. Ha deluso chi si aspettava
qualcosa di diverso ed è legittimo protestare per essere stati delusi. Soprattutto
quando si sono superate dure selezioni (spendendo migliaia di euro) o si è insegnato
per anni, con un contratto a termine, accettando cattedre temporanee, “spezzoni”,
spostamenti e altre difficoltà. Questo ddl, a regime, eviterà le code chilometriche
all’Ufficio Scolastico, le preoccupazioni di chi si trovava costretto ad accettare incarichi
annuali a 200Km da casa e, soprattutto, l’incertezza dei ragazzi che hanno visto
cambiare di anno in anno i propri docenti.
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   4. La valutazione discrezionale dei docenti.

Innanzitutto va chiarito che i 200 milioni di euro che il ddl stanzia non istituiscono un sistema
di valutazione, ma un meccanismo di premialità.
Tra tre anni toccherà al Ministero raccogliere i dati e ricavarne criteri per una valutazione
strutturale, collegata al sistema nazionale (che ha preso avvio col primo RAV (rapporto di
autovalutazione). In questo caso si agisce come si dovrebbe sempre fare: si comincia a
sperimentare, poi si definiscono regole generali, valide per tutti, attraverso il lavoro di un
Comitato Scientifico istituito ad hoc.
Per questo, per i primi tre anni, per la distribuzione della premialità tra i docenti, si farà
riferimento ad un Comitato di Valutazione proprio di ogni istituzione scolastica.
Quel Comitato NON valuta; non stabilisce, cioè, se il docente “x” merita di ricevere la
quota di premialità ed il docente “y” no. Ma stabilisce i criteri, all’inizio dei tre anni. La
premialità sarà assegnata al singolo docente o al team, sulla base di quella griglia, e non
di valutazioni soggettive sopraggiunte in seguito.
La composizione del Comitato di valutazione è evidentemente il frutto di una mediazione, ma
al rialzo. Il testo approvato dal Senato prevede infatti che ne facciano parte :
     Il dirigente scolastico
     Tre docenti (di cui due scelti dal Collegio Docenti, uno dal Consiglio di Istituto)
     Un membro esterno nominato dall’Ufficio Scolastico Regionale
     Un genitore e uno studente (oppure due genitori, nelle scuole primarie e secondarie di
        primo grado)
Insomma tutta la comunità scolastica è proporzionalmente rappresentata con l’aggiunta di un
esterno. Alcuni sostenevano che solo i docenti potessero valutare i docenti, altri difendevano
il ruolo degli “utenti”, altri ancora sottolineavano l’importanza di uno sguardo esterno. Il
Comitato di Valutazione sintetizza impostazioni diverse conciliandole.
In conclusione, in risposta a chi dice che la “buona scuola” esiste già e che non serviva nessun
intervento, vi suggerisco di leggere le statistiche OCSE e i report. In particolare questa di
Aprile 2015 sulle relazioni docenti-discenti, o il recentissimo rapporto Eurydice sugli
insegnanti d’Europa, poco note e molto interessanti. La scuola italiana ha un enorme bisogno
di migliorare. Ammetterlo non significa svalutare il lavoro di qualcuno, ma dare a chi ci lavora
appassionatamente gli strumenti per farlo meglio. Perché i nostri bambini e ragazzi si
meritano più di quello che c’è e la scuola pubblica italiana ha il dovere di garantire loro un
futuro migliore.
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Questa non è e non vuole essere l’apologia di un disegno di legge. Ritengo siano stati
commessi degli errori, non solo di comunicazione. Troppe accelerazioni e frenate. Il mancato
sblocco dei contratti. Inoltre è stato un errore definire “riforma epocale” la normalizzazione
del mondo della scuola, assolutamente necessaria, anzi indispensabile, vista la confusione
prodotta dalla stratificazione normativa.
Il concetto di autonomia che attraversa il ddl, del resto, non è altro che quello pensato da Luigi
Berlinguer rimasto purtroppo solo sulla carta.
L’organico funzionale, la centralità del POF, sono, allo stesso modo, strumenti per attuare
finalmente una delle più grandi intuizioni del Centro Sinistra italiano. Così, la chiusura
progressiva delle graduatorie ad esaurimento e la normalizzazione dell’accesso al ruolo di chi
è già abilitato e della formazione iniziale di chi non lo è ancora, sono un altro aspetto di questo
percorso. Potevamo spingerci oltre, riformando i cicli. Perché la nostra scuola ha bisogno
anche di questo. Forse non abbiamo avuto coraggio a sufficienza.
È vero che chi oggi tenta di bloccare questo disegno di legge, avrebbe probabilmente fatto di
tutto per impedirlo. Ma ha ragione l’ex Ministro Berlinguer quando dice che “occorre coraggio,
i voti si perdono se si è timidi”.
Infine, è del tutto evidente che si è incrinato il canale di comunicazione con una parte del
“nostro popolo”.
Il PD è apparso arrogante, autoreferenziale. Non ha saputo mostrare a sufficienza il volto di
chi stava ascoltando e ha utilizzato troppo spesso slogan frettolosi, nel rivolgersi a coloro che
esprimono un legittimo dissenso.
Non abbiamo saputo spiegare il lavoro positivo che si è fatto in questi mesi.

La scuola pubblica non è morta. Anzi, sono convinta che funzionerà molto meglio di
prima quando le norme del ddl andranno a regime. Nel frattempo però, a noi tocca
imparare dagli errori. Un po’ come a scuola, del resto.
Imparare ad ascoltare, ma anche a spiegare quello che si fa e perché lo si fa. Nel mio piccolo,
ho fatto un tentativo con questo intervento.
Spero sia stato utile.

                                                                                     Anna Ascani
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