PALAZZO TARASCONI di PARMA - Luciano Serchia - Anna Coccioli Mastroviti

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PALAZZO TARASCONI di PARMA - Luciano Serchia - Anna Coccioli Mastroviti
PALAZZO TARASCONI di PARMA

                                           Luciano Serchia - Anna Coccioli Mastroviti

Palazzo Tarasconi: architettura e committenza a Parma nel Cinquecento

Per potere discutere i caratteri architettonici e decorativi del palazzo e della sua data di costruzione, su strada dei
Genovesi, attuale strada Farini, 37, angolo strada al ponte Caprazucca, occorre riprendere le fonti e rileggere, in
particolare, l’atto notarile stilato il 21 aprile 1604 dal notaio Pietro Martire Garbazza, al quale è allegato un disegno, privo
di firma, che rappresenta lo stato della fabbrica a quella data1.
L’analisi dei problemi sollevati da questa e da altre fonti documentarie e iconografiche si intreccia con alcune complesse
questioni storiografiche, di grande interesse nel ripercorrere le vicende della fabbrica nel clima culturale e politico del
secondo Cinquecento, tuttora non completamente chiarite. Sarà pertanto opportuno riorganizzare la non estesa
bibliografia inerente palazzo Tarasconi e rivedere le principali questioni storiografiche, accennare al contesto politico
e culturale del Cinquecento nel quale si inseriscono la vicenda della committenza e in parte del cantiere, fornendo nel
contempo una più puntuale descrizione dell’architettura del palazzo (fig. 1).

(fig. 1) - Parma, palazzo Tarasconi, elaborazione fotografica del fronte su strada Farini

Il contesto dell’architettura parmense del pieno Cinquecento deve necessariamente fare i conti con la cultura politica
della prima metà del secolo, con la complessa situazione politico-militare di quegli anni e con l’importanza strategica
rivestita da Piacenza, posta sul Po, all’estremo limite settentrionale dello stato della Chiesa, nonché città di confine
meridionale dello stato visconteo e poi sforzesco. Parma è protagonista della guerra del 1521 quando i papalini imperiali
alla guida di Francesco Guicciardini sconfiggono i francesi. Entrambe le città si trovarono inoltre coinvolte negli eventi
bellici più importanti del tempo, che videro interessati e contrapposti i due grandi blocchi di Francia e Impero. Complesso
è dunque lo scenario politico del primo Cinquecento all’interno del quale si esplicarono le scelte politiche di papa Paolo
III Farnese, cui si deve la nascita del ducato farnesiano (1545).
Ai fini di una migliore comprensione del contesto nel quale si collocano il cantiere di palazzo Tarasconi e il ruolo della
committenza, si dovranno ricordare altre figure, a cominciare da quella di Matthaeus Skinner, vescovo di Sion, legato
pro tempore di Parma dal 1512, e già marchese di Vigevano dopo la morte di Gian Galeazzo Trivulzio, uomo colto
e personaggio di rilievo politico, diplomatico e militare, come peraltro si evince dal carteggio intercorso con l’amico
Bonifazio Aldinghieri. Protonotario apostolico fin dal 1510, Bonifazio Aldinghieri nel 1516 è nominato commissario speciale e
governatore di Parma. Famigliare del cardinale Giulio de’ Medici, di Ippolito d’Este e di Matthaeus Skinner, della contessa
di Montechiarugolo Damigella Trivulzio, figlia di Gian Galeazzo Trivulzio e consorte di Gian Francesco Torelli, signore di
Montechiarugolo2, nominato marchese di Soragna nel 1515, ma già avviato alla carriera ecclesiastica e politica a Roma,
Bonifazio Aldinghieri possedeva a Roma, nei pressi dei palazzi Capodiferro e Farnese, una monumentale dimora con il
corredo di scuderie, stalle, tre giardini e botteghe artigiane. Secondo l’ipotesi della Furlotti il palazzo romano del potente

1         Archivio di Stato, Parma (ASPr), Notarile, Notaio P. Martire Garbazza, 1604, f.2497
2          A. Ronchini, Damigella Trivulzio Torelli contessa di Montechiarugolo : memoria, in “Atti e memorie delle Deputazioni di storia patria
dell’Emilia”, 1882, pp. 229-257
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Aldinghieri non sorgeva nei pressi di palazzo Farnese, ma nel luogo ove fu poi costruito l’attuale palazzo Farnese3. Al di
là dell’ipotesi alternativa formulata da questa studiosa, quel che importa rammentare è che l’Aldinghieri, nella fase più
feconda della sua attività politico-diplomatica, commissionò ad Antonio da Sangallo il Giovane (1484-1546), forse tra il
1512 e il 1522, il progetto per il proprio palazzo di Parma, situato nella vicinia di S. Marcellino e in prossimità del palazzo di
Antonio Bernieri, di cui si conservano, al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, tre disegni: 1303 A, 292 A e 293
A4 (figg. 2,3,4).

(fig. 2) -  Antonio da Sangallo, Progetto in          (fig. 3) - Battista da Sangallo, Pianta di          (fig. 4) -    Battista da Sangallo, Disegno in
pianta per un palazzo di forma quadrango-             grandioso palazzo (Firenze, Gabinetto dei           pianta per il sopradescritto palazzo (Firenze,
lare (Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle          Disegni e delle Stampe degli Uffizi, disegno        Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli
Stampe degli Uffizi, disegno1303 A)                   292 A)                                              Uffizi, disegno 293 A)

Antonio da Sangallo e i disegni per il palazzo di “messer Bonifacio da Parma per Parma”
I tre disegni del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, sopra citati, sono stati pubblicati da Gustavo Giovannoni
che riferiva ad Antonio da Sangallo il Giovane il disegno 1303 A (per il palazzo “di messere Bonifacio da Parma per
Parma”) e a Battista da Sangallo, detto il Gobbo, i due disegni 292 A e 293 A5 (per il palazzo “di Bonifacio da Parma),
riprendendo una indicazione di Mariotti che li riteneva progetti per il palazzo dei nobili Cantelli, per i qualiil Sangallo
aveva peraltro realizzato una casa in Roma. Giovannoni ne accoglieva l’attribuzione, pur precisando che il palazzo
rappresentato nei tre elaborati non fu mai costruito6. Appurato più recentemente da Bruno Adorni 7 che nessun Bonifacio
Cantelli è mai esistito nel primo Cinquecento e che il nome Bonifazio è invece tradizionalmente presente nelle famiglie
dei Lupi e Meli Lupi di Soragna, lo stesso studioso, ritenendo un errore la scritta “di Bonifazio da Parma per Parma” del
disegno 292 A, ha avanzato l’ipotesi che i tre disegni sangalleschi fossero relativi al palazzo dei fratelli Tarasconi, famiglia
di origine francese nella quale non compare, nel Cinquecento, il nome Bonifazio.
Il palazzo rappresentato nei tre disegni sangalleschi non fu mai costruito. Tuttavia, particolarmente interessanti sono le
due planimetrie elaborate in scala architettonica misurata in braccia (nel 292 A scala di 8 braccia) – il che sembrerebbe
indicare uno stadio prossimo all’attuazione – vale a dire il disegno 292 A “Pianta di grandioso Palazzo per Bonifazio da
Parma” e il disegno 293 A “ Disegno in pianta per il sopradescritto palazzo”. In questi due disegni il palazzo si svolge
attorno a un cortile quadrato quadriporticato, articolato da tre arcate per lato. L’accesso è garantito da un androne
con nicchie, ai lati del quale sono due grandi sale. Nella porzione di fabbrica verso la facciata sono contenute due
scale ellittiche; lo scalone d’onore è allogato nel braccio di fabbrica sud, ove era prevista anche la cappella; altre due
scale, una delle quali a pianta circolare, erano previste nel braccio di fabbrica ovest del palazzo oltre il quale si poteva
accedere al grande giardino, nel cui muro di fondo stava un vano absidato, vero e proprio fondale prospettico, in
asse all’ingresso principale, che forse ospitava una statua. Inoltre, nei disegni 292 A e 293 A (figg. 3, 4), sul lato destro del
giardino è rappresentato anche un giardino segreto, con doppia loggia sul suo versante settentrionale, mentre ai lati del
cortile erano previsti un “tinello pubblico” e una “camera pubblica”. Viceversa, nel disegno 1303 A (fig. 2) scompare il

3          M.R. Furlotti, L’ architettura dell’inizio ‘500: storie parallele di politica e cultura, in “Aurea Parma”, fasc.III, 2002, pp. 513-540, p. 525
4          G. Giovannoni, Antonio da Sangallo il Giovane, 2 voll., Roma 1959
5          G. Giovannoni, Antonio da Sangallo, cit., figg. 317, 318, 319 e pp. 308-309
6          G. Giovannoni, ibidem, p. 308
7         B. Adorni, Progetti e interventi di Pier Francesco da Viterbo, Antonio da Sangallo il Giovane e Baldassarre Peruzzi per le fortificazioni di
Piacenza e Parma, in Antonio da Sangallo il Giovane. La vita e l’opera, Atti del XXII congresso di Storia dell’Architettura (Roma, 19-21 febbraio
1986), Roma 1986, pp. 349-372, in part. pp. 365-367
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giardino segreto e rimane il giardino centrale, arricchito da un doppio loggiato, aperto sui lati nord e sud, e da “stantie
e logie per gli homeni segrete” e “stantie e logie per le donne segrete”. Giovannoni, basandosi su queste specifiche
diciture, riteneva che i disegni sangalleschi si riferissero a una residenza di villa e non a una dimora urbana, e che fossero
stati eseguiti intorno al 1526, quando Antonio da Sangallo è documentato a Parma per il cantiere di S. Maria della
Steccata e per le fortificazioni della città. Va però anche considerato che diciture come “tinello pubblico”, “cucina
per lo tinello”, “cucina comune”, indicate in questi disegni, potrebbero
lasciar pensare che il palazzo del protonotario apostolico Aldinghieri
dovesse costituire un modello aggiornato di domus senatoria o meglio, di
residenza di un cardinale quale si era andata definendo a Roma con le
invenzioni di Bramante e dello stesso Sangallo8.
L’analisi di palazzo Tarasconi è stata affrontata da Adorni in almeno tre
contesti dopo il 19749: in occasione del Congresso di Storia dell’Architettura
tenutosi a Roma il 19-21 febbraio 1986 a cura di Gianfranco Spagnesi e
intitolato Antonio da Sangallo il Giovane. La vita e l’opera10; in occasione
del Convegno di studi su Parmigianino e il manierismo europeo, svoltosi
a Parma nel 2002, curato da Lucia Fornari Schianchi11; e nel 2008 con
una scheda dedicata al palazzo nell’edizione aggiornata (2008) de
L’architetta a Parma sotto i primi Farnese12.
Negli atti del convegno dedicato a Parmigianino, Adorni e Furlotti hanno
affrontato la controversa identificazione del palazzo rappresentato nei
disegni di Sangallo13. La conformazione del sito e alcune caratteristiche
distributive hanno fatto supporre ai due studiosi che il palazzo
rappresentato nel progetto di Sangallo fosse stato ideato per occupare
il sito dove è stato costruito l’attuale palazzo Tarasconi, ritenendo anche
che il perimetro del palazzo raffigurato nei disegni sangalleschi degli Uffizi,
corrisponde “davvero perfettamente all’ingombro del palazzo nel primo
Cinquecento”. Altrove, lo stesso Adorni scriveva che palazzo Tarasconi
“risente probabilmente dell’impostazione distributiva del palazzo per
                                                                                     (fig. 5)- Smeraldo Smeraldi (copia da), Modifiche
Bonifazio Aldinghieri da Parma di Antonio da Sangallo il Giovane previsto
                                                                                     al progetto di G. Francesco Testa per palazzo
in quel sito” e richiamava i disegni 292 A e 1303 A degli Uffizi . I due disegni,
                                                                14
                                                                                     Tarasconi
rispettivamente 292 A e 1303 A, raffigurano effettivamente un impianto
che presenta delle affinità omologiche con quello di palazzo Tarasconi,
soprattutto per ciò che riguarda l’insieme dello schema compositivo. Più precisamente, secondo Adorni, nel disegno
292 A degli Uffizi, la facciata del palazzo risulterebbe larga 76 braccia, vale a dire la stessa misura che compare nel
disegno 21 del vol. 8 (fig. 5), raffigurante palazzo Tarasconi, conservato nell’Archivio di Stato di Parma (d’ora in poi
ASPr), dapprima ritenuto da Adorni “probabilmente disegnato da G. Battista Magnani per il Testa”15, successivamente
giudicato dallo stesso studioso copia dallo Smeraldi16. La situazione è dunque piuttosto complessa. L’estensione del fronte
realizzato, misura poco più di 40 m. (circa 74 braccia parmigiane); viceversa la lunghezza della facciata principale,
rappresentata nel disegno 292 A del Sangallo, è di circa 76 braccia, vale a dire più lunga di 2 braccia rispetto all’attuale
facciata. Nello stesso disegno 292 A, la profondità della quota parte destra dell’edificio misurata in direzione est-ovest, è
pari a 108 braccia; mentre nel disegno n. 21 dell’Archivio di Stato (vol.8/21), la stessa profondità è di 117 braccia, e nel
palazzo Tarasconi effettivamente costruito è di circa 114 braccia (pari a m. 62,5).
Secondo Adorni, fra le misure dell’estensione del fronte indicate nel disegno di Sangallo e quelle dell’edificio realizzato,
vi sarebbe una differenza di poco più di 6,5 braccia (circa m. 3,27), che a suo dire potrebbe forse essere dovuto a errori
di rilievo o a leggere modifiche del sito, resosi effettivamente disponibile a una distanza di tempo di oltre mezzo secolo.
Le differenze riscontrate non sono affatto trascurabili come sostiene Adorni, ma indicano chiaramente un ingombro
planimetrico dei due impianti alquanto diverso. Va infatti precisato che tra la facciata principale effettivamente realizzata

8          Il palazzo dal Rinascimento a oggi, Atti del Convegno Internazionale (Reggio Calabria, 20-22 ottobre 1988), Roma 1989, e A. Bruschi,
Il contributo di Bramante alla definizione del Palazzo rinascimentale romano, pp. 55-72; cfr. anche C. L. Frommel, Der Romische Palastbau der
Hochrenaissance, 3 voll., Tubingen, 1973; A. Bruschi, Bramante architetto, Roma-Bari1969 ed anche Storia dell’architettura italiana. Il primo
Cinquecento, a cura di A. Bruschi, Milano 2002
9          B. Adorni, L’ architettura farnesiana a Parma 1545-1630, Parma 1974
10        B. Adorni, Progetti e interventi di Pier Francesco da Viterbo, Antonio da Sangallo il Giovane e Baldassarre Peruzzi per le fortificazioni di
Piacenza e Parma, in Antonio da Sangallo il Giovane. La vita e l’opera, cit., pp. 349-372;
11       B. Adorni, M. Furlotti, L’architettura a Parma all’epoca di Parmigianino, Parmigianino e il manierismo europeo, Atti del convegno
(Parma 2002), a cura di L. Fornari Schianchi , Milano 2002, p.360 -369;
12         B. Adorni, L’ architettura a Parma sotto i primi Farnese 1545-1630, Reggio Emilia 2008, pp. 281-289
13         B. Adorni, M. Furlotti, L’architettura a Parma all’epoca di Parmigianino, cit., pp.360-369.
14         B.Adorni, in R. Tuttle, B. Adorni, C.L. Frommel, C. Thoenes, Vignola, cat. mostra, Milano 2002, pp. 83-84.
15         B. Adorni, Progetti e interventi, cit., p. 366
16         B. Adorni, L’ architettura a Parma sotto i primi Farnese 1545 -1630, cit., pp. 281 ss.
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e quella deducibile dalla rappresentazione nel disegno 292 A di Sangallo, corre una differenza di circa 2 braccia, ovvero
di circa 4 ml, che non può essere imputata a errori di rilievo, o a restringimenti dell’area disponibile. Se a tale differenza
si sommano poi anche le discordanze omologiche tra i disegni sangalleschi e il disegno dell’Archivio di Stato di Parma
attribuito a Smeraldo Smeraldi (fig. 5 vol. 8/21), soprattutto per ciò che concerne il sistema distributivo, apparirà molto più
chiaro che i due disegni, rispettivamente quello degli anni venti del Cinquecento e quello riferito al primo Seicento, non
rappresentano affatto soluzioni progettuali attinenti lo stesso palazzo. Nei disegni sangalleschi, il 292 A e il 1303 A, lo schema
compositivo è imperniato sul cortile d’onore porticato, di pianta quadrata, delimitato da tre fornici per lato, al centro del
quale si intersecano i due assi ortogonali dell’intero impianto. Sull’asse principale est-ovest si situano l’androne di ingresso,
caratterizzato da tre nicchie semicircolari su entrambi i lati lunghi, e a seguire il cortile porticato, un secondo androne che
immette al giardino principale di pianta quadrata, sul cui lato meridionale si affaccia un portico a tre arcate, concluso
sul suo lato occidentale da un ampio nicchione semicircolare che funge da sfondo prospettico della visuale imperniata
sullo stesso asse principale. L’asse ortogonale trasversale nord-sud, coincidente con il centro del cortile d’onore porticato,
                                                                presenta due androni di ingresso: quello a sud coperto con volte
                                                                a crociera, quello a nord forse coperto da una volta a botte.
                                                                Con tutta evidenza, tale schema compositivo rappresenta
                                                                un grande edificio isolato sui lati sud, est e nord, mentre il suo
                                                                lato obliquo ovest sembra correre in adiacenza ad un altro
                                                                fabbricato e non presenta alcun varco comunicante con
                                                                l’esterno. Ne consegue che i due disegni sangalleschi, riferiti al
                                                                progetto per un palazzo per Bonifazio Aldinghieri in Parma, non
                                                                possono riferirsi al sito sul quale sorge l’attuale palazzo Tarasconi,
                                                                come ha sostenuto Adorni. Ed infatti, sia il disegno dell’ASPr vol.
                                                                8/21 attribuito allo Smeraldi, sia il palazzo dei fratelli Alessandro
                                                                e Scipione Tarasconi effettivamente realizzato, non presentano
                                                                alcun androne di accesso sul lato settentrionale per l’evidente
                                                                impedimento causato dalla presenza di un altro fabbricato
                                                                costruito in stretta contiguità. A ben vedere, neanche la
                                                                corrispondenza omologica trova conforto nel raffronto tra i due
                                                                schemi compositivi, in quanto il disegno sangallesco presenta
                                                                una duplice assialità, est-ovest e nord-sud con epicentro nel
                                                                cortile d’onore quadriporticato, mentre il disegno n.21 dell’ASPr,
                                                                attribuito da Adorni a Smeraldo Smeraldi, è strettamente
                                                                impostato su un unico asse est-ovest, come peraltro risulta
                                                                confermato dal disegno del vol. 8/22 dell’ASPr (fig. 6), attribuito
                                                                a G. Battista Magnani, nel quale all’androne di ingresso del
                                                                piano terra, disposto sul fronte est di via Farini, corrisponde, sullo
                                                                stesso asse, un secondo androne che mette in comunicazione
                                                                il cortile porticato centrale con il giardino ricavato nel braccio
                                                                di fabbrica ovest. Per Adorni (1974), entrambi questi disegni
                                                                mettono in “forte dubbio l’attribuzione al Testa proposta dal
                                                                Pelicelli” nella voce biografica redatta per il Thieme Becker,
                                                                e da Laudadeo Testi nella sua Guida di Parma del 190517. Va
                                                                tuttavia precisato che le affinità che si riscontrano fra il disegno
                                                                292 A degli Uffizi, e i disegni n. 21 e n. 22 dell’ASPr (figg. 3, 5,
                                                                6) nella distribuzione degli ambienti disposti intorno al cortile
(fig. 6) - G. Battista Magnani (copia da), Modifiche al proget- principale, lascerebbero piuttosto pensare che G. Francesco
to di G. Francesco Testa per palazzo Tarasconi                  Testa e /o G. Battista Magnani possano avere tratto motivo di
                                                                ispirazione dagli elaborati grafici del Sangallo, documentato a
                                                                Parma nel 1526.

Palazzo Tarasconi: il ruolo di G. Francesco Testa, i disegni dell’Archivio di Stato di Parma e altre questioni
storiografiche
Lo studio delle caratteristiche architettoniche e decorative del palazzo non può prescindere dall’atto del notaio Garbazza
del 1604, prima citato, nel quale tre fattori emergono per la loro fondamentale importanza. Il primo: per realizzare
l’edificio dei fratelli Scipione e Alessandro Tarasconi, secondo il disegno di G. Francesco Testa, sarebbe stato necessario
rimuovere parte dei vecchi casamenti posti in angolo allo stradello al ponte Caprazucca sul versante est-ovest. E qui
si deve precisare che il progetto di G.F. Testa venne ideato tenendo in parte conto dei vari e articolati casamenti che
dovevano esistere sul sito dell’erigendo palazzo, come peraltro risulta palesemente evidente dalle porzioni di facciate di
edifici tardo gotici inglobati nell’attuale facciata del palazzo che prospetta su strada Farini. Inoltre, va rammentato che
il progetto del Testa è stato ideato non certo per un palazzo isolato, ma come struttura connessa, sul suo fianco nord, a
un fronte murario preesistente, evidentemente pertinente un’altra proprietà. Il secondo: per dare seguito al progetto di

17    B. Adorni, L’ architettura farnesiana a Parma, cit., pp. 118-119 e] L. Testi, Parma , Parma 1905
PALAZZO TARASCONI di PARMA - Luciano Serchia - Anna Coccioli Mastroviti
Testa, si sarebbe dovuto procedere alla demolizione del portico preesistente situato in fregio al citato stradello al ponte
Caprazucca, dando così modo di completare l’edificio solo in parte realizzato alla data 1604. Il disegno, privo di firma,
allegato all’atto del notaio Garbazza rappresenta infatti solo la parte preponderante dell’ala dell’attuale fabbricato che
si affaccia su strada Farini, mentre sulla parte restante della stessa facciata verso lo stradello al ponte Caprazucca, i muri
rappresentati restano tronchi. Il terzo: sul lato nord del disegno è rappresentato un corpo di fabbrica lungo e stretto, la cui
articolazione planimetrica del piano terra, non corrisponde in nulla all’assetto planimetrico dell’attuale edificio. Quindi,
si tratta probabilmente di una soluzione progettuale che non ha avuto seguito, come attesta la presenza di una scala a
doppia rampa sull’angolo sud ovest del cortile ove in seguito verrà impiantata la scala ellittica.
Nel disegno del 1604, anche l’ala ovest del fabbricato è semplicemente tratteggiata da un grande recinto murario,
anch’esso troncato bruscamente in corrispondenza del muro che delimitava l’isolato verso sud, ovvero verso lo stradello
al ponte Caprazucca. Il muro sud dovrebbe qui rappresentare il limite della nuova facciata che si intendeva realizzare
dopo l’abbattimento del portico (fig. 7).
                                                                   La questione è dunque piuttosto ingarburgliata. Al problema
                                                                   delle diverse fasi costruttive si aggiunge infatti quello relativo
                                                                   alla sicura autografia dei disegni di cui si dispone, e quello
                                                                   relativo alla data di inizio della fabbrica.
                                                                   Oltre ad Adorni, alcune riflessioni sul palazzo sono state esposte
                                                                   da Roberto Sabbadini e da M. Rita Furlotti18. Nel tentativo di
                                                                   mettere a fuoco la figura di Bonifacio Aldighieri e il ruolo di
                                                                   protonotario apostolico alla Curia Romana (dal 1510), la
                                                                   studiosa ha preso nuovamente in considerazione i tre disegni
                                                                   sangalleschi sui quali si è sopra argomentato, ritenendoli
                                                                   elaborati di progetto per il palazzo di Bonifacio “ora noto come
                                                                   palazzo Tarasconi”. La Furlotti sosteneva infatti che il palazzo
                                                                   situato nella vicinia di S. Marcellino, al quale si riferiscono le
                                                                   “tre diverse planimetrie” del Gabinetto Disegni e Stampe
                                                                   degli Uffizi19 (considerate anche da Adorni 1986; 1987; 2002),
                                                                   fosse stato “riprogettato come parziale rifacimento e restauro
                                                                   dell’esistente da Gian Francesco Testa di cui è stato ritrovato il
                                                                   disegno originario” 20. Dunque, secondo questa studiosa, i tre
                                                                   progetti sangalleschi avrebbero avuto un seguito esecutivo e
                                                                   il disegno del 1604, allegato all’atto del notaio Pietro Martire
                                                                   Garbazza, sarebbe il disegno originario. Se così fosse, il ruolo
                                                                   di G. Francesco Testa nel cantiere di palazzo Tarasconi
                                                                   dovrebbe essere ridimensionato rispetto a quello di progettista
                                                                   ex fundamentis del palazzo. Tale ipotesi non convince per due
                                                                   ordini di motivi. In primo luogo i disegni di progetto del Sangallo
                                                                   si riferiscono a un palazzo in isola o, quanto meno, isolato sui lati
                                                                   sud, est e nord, mentre è attestato che il lato nord di palazzo
                                                                   Tarasconi è contiguo ad un altro fabbricato. E’ quindi evidente
                                                                   che i tre disegni degli Uffizi non possono identificarsi con i
                                                                   disegni di progetto per palazzo Tarasconi. Inoltre, si ribadisce
                                                                   che la distribuzione degli spazi interni rappresentati nei disegni
                                                                   sangalleschi presenta solo delle vaghe corrispondenze
                                                                   omologiche con l’attuale assetto di palazzo Tarasconi, mentre
(fig. 7) - Planimetria di palazzo Tarasconi, allegata all’atto del la distribuzione dei cortili (principale e secondario), degli spazi
notaio P. Martire Garbazza, 1604                                   interni e la definizione di tutti i particolari architettonici non
                                                                   corrispondono affatto. Dunque, l’ipotesi formulata da Furlotti
                                                                   che i disegni sangalleschi siano stati compilati nel corso dei
primi decenni del Cinquecento e che Testa possa essere intervenuto nella seconda metà del Cinquecento, modificando
in parte la costruzione esistente, è priva di fondamento per le ragioni che sono state sopra esposte. Si può allora ipotizzare
che G. Francesco Testa sia stato costretto fin da subito a cimentarsi con un progetto di edificio non certamente “in
insula”, e per di più a lavorare su un sito già occupato da fabbriche preesistenti.
Adorni, nella breve scheda dedicata a palazzo Tarasconi inserita nella recente ristampa21 de L’architettura farnesiana del
1974, sopra menzionata, soffermandosi sulla questione del disegno del 1604 allegato all’atto notarile sostiene che “non

18         R. Sabbadini, La grazia e l’onore. Principe, nobiltà e ordine sociale nei ducati farnesiani, Roma 2001, pp. 269-271, sottolinea che il casato
dei Tarasconi era saldamente radicato in città e che il palazzo di Scipione Tarasconi, che sostiene eretto su progetto di Smeraldo Smeraldi, “doveva
rendere visibile il prestigio di una famiglia ormai stabilmente insediata a corte” (cit. a p. 270). M.R. Furlotti, L’architettura dei primi decenni del 500:
storie parallele di politica e cultura, cit., pp.-513-540, in part. pp.522-526
19        Le planimetrie sono state pubblicate da G. Giovannoni, Antonio da Sangallo, cit.. Si ringrazia il dott. Giorgio Marini vicedirettore del
Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi per la disponibilità.
20         M.R. Furlotti, L’architettura, cit., p. 526
21         B. Adorni, L’ architettura a Parma, cit., pp. 281-290
PALAZZO TARASCONI di PARMA - Luciano Serchia - Anna Coccioli Mastroviti
è il progetto di Testa, ma probabilmente un rilievo dello stato di fatto del palazzo nuovo al 1604”, eseguito da Smeraldo
Smeraldi come testimonierebbe l’indicazione della scala metrica lanceolata nella zona inferiore del disegno. Inoltre,
nella scheda dedicata al palazzo, inserita nella prima edizione (1974) del volume L’architettura farnesiana a Parma 1545-
1630, il medesimo studioso attribuiva alla “firma del Testa” le finestre su mensole inginocchiate della facciata di strada
al ponte Caprazucca, ove la fascia esterna della cornice del davanzale è arricchita da un motivo ornamentale “alla
greca” molto deteriorata, riscontrabile anche nelle mostre dei finestrini a livello stradale e nella fascia dei davanzali delle
finestre terrene di palazzo Buralli Miari, sulla attuale strada della Repubblica 51, il cui cantiere risalirebbe alla metà degli
anni sessanta del Cinquecento. In realtà, il motivo della “greca” sulle cornici dei davanzali di palazzo Tarasconi potrebbe
essere stato riproposto, su disegno di Testa, dall’architetto G. Battista Magnani all’inizio del Seicento quando fu coinvolto

(fig. 8) - Parma, palazzo Tarasconi, finestra del piano terreno su stra- (fig. 9) - Prama, palazzo Buralli Miari, finestra del piano terreno su
da al ponte Caprazucca                                                   strada Repubblica

nel cantiere del palazzo dopo la morte di Testa, avvenuta come noto nel 1590 (figg. 8, 9).
Il disegno allegato all’atto notarile del 21 aprile 1604 rappresenta senza ombra di dubbio il rilievo dello stato di fatto di
palazzo Tarasconi. Infatti, solo la parte del corpo edilizio sulla strada Farini corrisponde all’attuale impianto planimetrico
dell’edificio, mentre gli altri corpi si riferiscono con molta probabilità a casamenti preesistenti, con l’esclusione del muro
rettilineo che corre in fregio allo stradello al ponte Caprazucca. Questo muro dovrebbe indicare il limite della nuova
facciata progettata da G. Francesco Testa rispetto al portico preesistente addossato alla vecchia facciata. La distanza
misurata tra la linea esterna di questa facciata e il lato esterno dei pilastri del portico è esattamente pari a braccia 3,7, di
cui i 2/3 (circa m. 2) corrispondono all’allineamento della nuova facciata e il restante terzo allo spazio che doveva essere
lasciato libero per l’allargamento dello stradello al ponte Caprazucca. Inoltre, nel disegno del 1604 sono rappresentate
sei basi quadrate di colonne lungo il lato est del portico del cortile d’onore, mentre non compaiono i sostegni degli
altri tre lati del quadriportico. Questo disegno registra quindi lo stato di costruzione dell’edificio al 1604, e una parte dei
fabbricati preesistenti che avrebbero dovuto essere demoliti per proseguire la fabbrica del nuovo palazzo. Adorni22, ha
anche ritenuto che la data del 1604 segnata sulla faccia sud della colonna a sezione quadrata dell’angolo nord est del
cortile d’onore indicasse l’anno di ultimazione dei lavori del cortile, mentre ciò che traspare dal disegno allegato all’atto
notarile porta a considerare più attendibile l’ipotesi che a quella data solo il lato est del cortile era stato completato.
Conseguentemente, a fare data dal 1604 neppure il cantiere del palazzo poteva dirsi concluso, come affermato dallo
stesso Adorni nella seconda edizione de L’ Architettura a Parma sotto i primi Farnese23.

L’architettura di palazzo Tarasconi e la tipologia del palazzo rinascimentale
Ricostruito il percorso sul piano filologico, considerato che la paternità progettuale di palazzo Tarasconi presenta tutt’ora
degli aspetti controversi, conviene approfondire l’indagine sull’intricato palinsesto architettonico. Allo stato attuale il

22        B. Adorni, L’ architettura farnesiana, cit., p. 118
23        B. Adorni, L’ architettura a Parma sotto i primi Farnese, cit., pp. 284
PALAZZO TARASCONI di PARMA - Luciano Serchia - Anna Coccioli Mastroviti
palazzo, che occupa parte dell’isolato, delimitato a sud da strada al ponte Caprazucca, a ovest dall’attuale vicolo di San
Marcellino e a est da strada dei Genovesi (ora via Farini), a nord confina con altro fabbricato, è caratterizzato dai
seguenti elementi architettonici: la facciata principale su strada Farini, con monumentale ingresso in asse al cortile
quadriporticato; la quota parte est del fronte su via Farini coronata da una cornice su mensole, di impianto seicentesco;
la facciata secondaria su strada al ponte Caprazucca, priva di ingressi, ma ritmata da una serie di bucature di cui quelle
del piano terreno dotate di cornici e davanzali ornati da una greca su mensole “inginocchiate”, motivi pure presenti
nella prima finestra del risvolto d’angolo su via Farini; le finestre del piano nobile e quelle del terzo livello fuori terra prive
di cornici; i cantonali in arenaria sull’angolo sud est e sud ovest del palazzo; il cortile d’onore porticato su quattro lati,
separato dalla facciata principale dall’androne terreno con volta lunettata; il cortile oggi di servizio, a pianta rettangolare,
sul lato ovest del palazzo, in asse con il cortile d’onore,
che nella cartografia del XVIII secolo e nell’Atlante
Sardi del 1767, risultava disegnata a giardino (fig. 10).
La cartografia storica e le piante della città, a partire
da quella di Smeraldo Smeraldi del 1592, e le successive
vedute “a volo d’uccello” forniscono minimi elementi
per la storia edilizia del palazzo. Del resto finora non è
stata compiuta una sistematica analisi degli elementi
architettonici che costituiscono l’edificio, né si è cercato
di individuarne le fonti, né sono state chiarite, sulla base
della documentazione d’archivio, le fasi della sua
costruzione. Dalla documentazione iconografica di cui si
dispone, a partire dai disegni di progetto sopra descritti
e dalla cartografia del XIX secolo, è possibile ipotizzare
che l’attuale planimetria della monumentale dimora
risalga in parte al tardo Cinquecento e in gran parte sia
successiva al 1604 e riferibile al progetto e all’intervento
di G. Battista Magnani (Parma, 1571-1653).
Problema irrisolto è quello della facciata su strada Farini,
che si estende su un fronte di circa m. 40. L’imponente
facciata presenta caratteri eterogenei per il suo stato
di “non finito”, e per riconoscibili consistenti tracce
preesistenti e cronologicamente ascrivibili a fasi edilizie
trecentesche e dell’inizio del Quattrocento, incorporate
nel nuovo prospetto. In particolare: il primo asse di
finestre prossimo al cantonale dell’angolo sud est, è stato
sicuramente realizzato dopo il 1604, in accordo con le
caratteristiche delle modanature architettoniche che
connotano le finestre del prospetto su strada al ponte            (fig. 10) - Atlante Sardi (1767), particolare della planimetria di
Caprazucca. Tale porzione di facciata è dunque il risultato       palazzo Tarasconi
dell’addizione di volume conseguente all’abbattimento
del portico addossato al vecchio fronte di strada al ponte Caprazucca (figg. 11, 12, 13).
Tutta la restante parte della facciata su via Farini è costituita da un aggregato di tre preesistenti corpi di fabbrica. Il primo
di questi, più prossimo all’angolo con strada al ponte Caprazucca (con l’esclusione dell’addizione primo seicentesca),
reca ancora evidenti tracce di tre grandi finestre centinate, di una porta finestra ad arco acuto e di una piccola finestra in
prossimità del coronamento, le cui caratteristiche geometriche e formali riconducono ad un corpo di fabbrica risalente,
quanto meno, al XIV secolo. Inoltre, i tamponamenti delle tre finestre centinate preservano al loro interno le sagome di
altre finestre di forma rettangolare (ora tamponate), che fanno supporre ulteriori modifiche che interessarono lo stesso
corpo di fabbrica, forse tra il tardo Quattro e il Cinquecento, e quindi prima che si desse avvio all’integrale ricomposizione
dell’organismo architettonico.
Il secondo corpo di fabbrica preesistente, contiguo al primo, è caratterizzato dalla presenza del portale arcuato
dell’unico ingresso al palazzo Tarasconi. La cortina muraria di questa facciata è costituita da un paramento misto di
mattoni e pietra con evidenti tracce di bucature di finestre preesistenti distribuite in modo irregolare sulla superficie.
Una di queste, conclusa da un arco con ghiera a tutto sesto (ora tamponata) è situata sull’angolo destro superiore del
portale di ingresso, ed è intercettata dal prolungamento del giunto verticale che delimita questo fabbricato dal terzo
corpo contiguo (figg. 14, 15). Sembra quindi potersi dedurre che, almeno nella parte inferiore, queste due preesistenze
fossero in continuità strutturale tra loro e che in occasione dei lavori di accorpamento dell’intero fronte est di via Farini, il
secondo corpo sia stato notevolmente sopraelevato, come sembrerebbe mostrare la linea di giunzione orizzontale che
sutura il paramento in mattoni di laterizio della porzione di parete inferiore con il paramento misto, di ciottoli e mattoni,
che caratterizza la parte superiore.
La forma delle finestre, alcune delle quali munite di piattabande inflesse e centinate, disseminate in modo eterogeneo
sulla superficie muraria di questa porzione di facciata, lascia anche qui supporre una fase costruttiva trecentesca con
significativi rimaneggiamenti quattrocenteschi.
Il terzo e ultimo corpo di fabbrica, aggregato al palinsesto, doveva presentare in origine un’altezza inferiore rispetto
a quella del primo corpo trecentesco, ma sensibilmente superiore a quella del secondo corpo, come sembra anche
PALAZZO TARASCONI di PARMA - Luciano Serchia - Anna Coccioli Mastroviti
qui attestare la linea, avente un
                                                                                         andamento pseudo orizzontale,
                                                                                         che delimita in modo discontinuo
                                                                                         il paramento in ciottoli e pietra
                                                                                         di una significativa parte della
                                                                                         parete inferiore, rispetto al
                                                                                         paramento,        prevalentemente
                                                                                         costruito da mattoni di laterizio,
                                                                                         che contraddistingue la sua
                                                                                         parte superiore (fig. 14). Anche
                                                                                         in questa porzione di facciata
                                                                                         sono presenti tracce di bucature
                                                                                         di finestre tamponate, di forma
                                                                                         e dimensione diversa, le cui
                                                                                         caratteristiche       architettoniche
                                                                                         denunciano una cronologia forse
                                                                                         risalente al Trecento, seguita
                                                                                         sicuramente da un’importante
                                                                                         fase quattrocentesca.
                                                                                         Se    la    lettura     archeologica
                                                                                         degli alzati è corretta, si dovrà
                                                                                         considerare che, forse il Testa
                                                                                         prima del 1590 (anno della
                                                                                         sua     morte),     sicuramente     il
                                                                                         Magnani all’inizio del XVII secolo
                                                                                         configurarono il disegno di una
                                                                                         facciata unitaria, costituita da
                                                                                         tre ordini di finestre e coronata
                                                                                         da un cornicione sostenuto da
                                                                                         mensole, tenendo in qualche
                                                                                         modo conto delle tre fabbriche
                                                                                         preesistenti, il cui accorpamento
                                                                                         comportò           necessariamente
                                                                                         il livellamento delle porzioni
                                                                                         di fabbrica più basse fino a
                                                                                         raggiungere l’altezza dell’attuale
                                                                                         cornicione di cui si conserva un
                                                                                         tratto consistente nella parte
                                                                                         settentrionale del prospetto del

(figg. 11, 12, 13) - Parma, palazzo Tarasconi, analisi archeologica dellla facciata su
strada Farini, ricostruzione cronologica delle preesistenze architettoniche e delle
fasi costruttive (arch. Luciano Serchia, in collaborazione con lo studio ing. Maurizio
Ghillani)
PALAZZO TARASCONI di PARMA - Luciano Serchia - Anna Coccioli Mastroviti
(figg. 14, 15) - Parma, palazzo Tarasconi, fronte su strada Farini, par-   (figg. 16, 17) - Parma, palazzo Tarasconi. Sopra, fronte su stra-
ticolari della parte centrale della facciata e dell’ingresso.              da al ponte Caprazucca, particolare della finestra dell’ultimo
                                                                           piano. Sotto, fronte su vicolo San Marcellino, particolare della
                                                                           finestra dell’ultimo piano
PALAZZO TARASCONI di PARMA - Luciano Serchia - Anna Coccioli Mastroviti
palazzo. Le caratteristiche formali di questo cornicione, costituito da due fasce
                                           modanate intercalate da un equilibrato ritmo di mensole, sembrano potersi
                                           imputare ad una chiara fase primo seicentesca. Sulla stessa facciata, poco più
                                           oltre verso sud, in linea con questo cornicione, è presente un ulteriore breve tratto
                                           orizzontale della fascia modanata inferiore; sicché si può anche presumere che,
                                           almeno nelle iniziali intenzioni progettuali, l’intero fronte est di via Farini avrebbe
                                           dovuto essere coronato dal cornicione con mensole e che nel corso dei lavori
                                           questa soluzione venne abbandonata. Nel progetto Testa-Magnani, il prospetto
                                           su via Farini avrebbe inoltre dovuto presentare delle piccole finestre rettangolari
                                           situate appena al di sotto del cornicione con modiglioni, come attestano le tre
                                           finestrelle superstiti situate nella parte nord del prospetto e le altre piccole finestre
                                           tamponate ancora leggibili sul prospetto di strada al ponte Caprazucca e sul
                                           prospetto ovest del palazzo che guarda sul giardino verso il vicolo San Marcellino
                                           (fig. 16, 17). Inoltre, si deve anche far rilevare che la cornice a listello piatto che
                                           delimita il coronamento delle facciate su strada al ponte Caprazucca e sul vicolo
                                           San Marcellino, compresa la porzione che risvolta su strada Farini, limitatamente al
                                           primo asse di finestre, è totalmente diversa dal corrispondente profilo modanato

(figg. 18, 19) - Parma, palazzo Tarasconi, analisi archeologica dellla facciata su strada al ponte Caprazucca e sul fronte sud del cortile
d’onore, ricostruzione cronologica delle fasi costruttive (arch. Luciano Serchia, in collaborazione con lo studio ing. Maurizio Ghillani)

che caratterizza la cornice nella parte più settentrionale del prospetto su via Farini. E ancora, i davanzali e gli stipiti delle
originarie piccole finestre di sottotetto distribuite lungo questi tre lati sono sottolineati da cornici in mattoni di laterizio
leggermente aggettanti rispetto alla superficie parietale. Queste bordature sono invece assenti nelle tre finestrelle
superstiti della restante parte della facciata di via Farini.
Da tutte queste divergenze si trae la convinzione che nel corso dei lavori,
lasciati in ogni caso incompiuti, si registrarono varie fasi attuative che
probabilmente comportarono un cambio di mano progettuale, forse dovuto
a un diverso indirizzo del committente, come attesta inequivocabilmente la
chiusura dell’androne di passaggio che collegava il fronte di strada al ponte
Caprazucca con il cortile d’onore. I mattoni di laterizio utilizzati per la chiusura
del varco e per le riprese murarie circostanti presentano delle caratteristiche
dimensionali e materiche che corrispondono a quelle dei mattoni di laterizio
delle cornici che bordano le finestre del piano terreno su strada al ponte
Caprazucca. Ulteriori tracce di questo androne di passaggio, per altro ben
rappresentato nella pianta del palazzo attribuita a Magnani 24, si ravvisano nelle
sottili fessure che traspaiono nell’intonaco che riveste la parte centrale della
parete di fondo del lato sud del portico interno (figg. 18, 19, 20, 21). Se dunque,
il cantiere su questo versante venne attivato dopo il 1604, come documenta
l’atto del notaio Garbazza dell’aprile di quell’anno, il cambio di programma
progettuale che comportò la chiusura dell’androne di passaggio, la realizzazione
delle cornici delle finestre del piano terra sulla facciata ovest di strada al ponte

(figg. 20, 21) - Parma, palazzo Tarasconi, analisi archeologica dellla facciata su vicolo San Marcellino (sopra) e sul muro che delimita il
giardino (sotto) (arch. Luciano Serchia, in collaborazione con lo studio ing. Maurizio Ghillani)

Caprazucca, e l’innalzamento delle finestrelle dell’ultimo piano di tutti i fronti del palazzo, deve essere intervenuto in una
fase circoscrivibile nella seconda, terza decade del Seicento.
L’uso del laterizio, che nei palazzi romani del Cinquecento rimane in una posizione subalterna per motivi di minor pregio
del materiale, ha invece conosciuto larga diffusione in area padana e lombarda, assurgendo a componente essenziale

24        ASPr, Mappe e disegni, vol.8, mappa 22
dell’intera compagine architettonica25. Nelle facciate di palazzo Tarasconi il mattone di laterizio è l’elemento dominante,
alternato alla pietra sbozzata utilizzata solo in alcune sue membrature architettoniche, in termini alquanto discontinui;
ciò sembra potersi in parte imputare a difficoltà economiche nella conduzione della fabbrica, ravvisabili nel mancato
completamento delle finiture delle finestre del secondo e terzo piano e del coronamento e dalla relativa eterogeneità
dei mattoni di laterizio utilizzati, soprattutto nella facciata su via Farini. L’impianto del fronte su strada al ponte Caprazucca
appare invece più omogeneo. Qui, la cortina muraria è essenzialmente costituita da due tipi di laterizio e la pietra
arenaria sbozzata qualifica la cornice marca davanzale delle finestre del piano terra, le bordature delle finestre del piano
cantinato e i cantonali bugnati degli angoli sud est e sud ovest. L’evidente ripresa muraria che impegna verticalmente
l’intera altezza dell’edificio appena oltre il primo asse di finestre che si affacciano su strada Farini, per una profondità di
circa 2 metri dall’angolo, documenta l’addizione ex novo dell’intera facciata su strada al ponte Caprazucca realizzata
sicuramente dopo il 1604. Questa parte del fabbricato va pertanto ricondotta all’intervento di G. B. Magnani. Inoltre, se si
presta attenzione alla pianta dell’edificio rappresentata nel disegno del vol. 8/22 dell’Archivio di Stato di Parma, attribuita
alla mano dello stesso Magnani, si può osservare la presenza di un atrio di ingresso che mette in comunicazione il fronte
su strada al ponte Caprazucca con il cortile d’onore principale (fig. 6). Questo atrio di ingresso venne effettivamente
realizzato nella fase iniziale del cantiere (dopo il 1604) e successivamente tamponato con mattoni di laterizio aventi
caratteristiche cromatiche e dimensioni palesemente diverse da quelle che connotano la restante superficie parietale
della facciata (figg. 18, 19). Alla stessa fase del cantiere appartengono i finestrini ellissoidali (ora tamponati), di chiara
impronta seicentesca, poi obliterati con l’inserimento delle attuali cornici modanate delle finestre del piano terra. Va
anche fatto osservare che lo stesso tipo di mattone del tamponamento del varco di accesso dell’atrio è stato utilizzato
nelle cornici e negli architravi rettilinei che delimitano le finestre dell’ordine terreno e degli ordini finestrati superiori.
Dall’analisi della giacitura stratigrafica di tutti questi particolari costruttivi si può dunque trarre la conclusione che la
facciata su strada ponte Caprazucca sia stata realizzata in due distinte fasi: la prima negli anni immediatamente a seguire
il 1604 con la costruzione delle volute inginocchiate e delle altre modanature in pietra arenaria, cantonali d’angolo sud
est e sud ovest e finestrelle ovoidali; la seconda, probabilmente da collocare intorno alla metà del Seicento, quando
si dovette procedere al tamponamento dell’ampio varco di accesso al cortile centrale interno, alla realizzazione delle
modanature architettoniche che delimitano tutte le finestre di questa facciata sud e all’innalzamento delle finestrelle
di coronamento, modificando la prima versione del cornicione seicentesco così come era stato ideato e realizzato
sulla facciata est di via Farini. L’abbattimento del preesistente portico sul lato sud di strada al ponte Caprazucca e
la costruzione della nuova facciata, estendendo la superficie di ingombro del fabbricato verso nord, testimoniati dal
disegno del 1604, allegato all’atto del notaio Garbazza, lasciano intendere come l’intervento edilizio promosso dai fratelli
Tarasconi fosse, già solo per dimensione, di notevolissima entità.
Le facciate in laterizio di palazzo Tarasconi sono prive di ordini architettonici. Nel primo Seicento l’uso degli ordini era da
tempo scomparso dai palazzi romani e ogni concessione alla loro “magnificenza rappresentata” pare fosse riservata
principalmente alle chiese26. Alla povertà dell’apparecchiatura muraria dei due fronti del palazzo, in parte condizionata
dalle fabbriche preesistenti, si contrappongono la ricchezza e la qualità dei dettagli degli ornati delle finestre del piano
terra aperte sul fronte di strada al ponte Caprazucca. Queste finestre su mensole inginocchiate recano un motivo

(figg. 22, 23) - Parma, palazzo Tarasconi, fronte su strada al ponte            (figg. 24, 25) - Parma, palazzo Buralli Miari, fronte su strada Repub-
Caprazucca, paricolari delle finestre inginocchiate del piano terra             blica, particolari delle finestre inginocchiate del piano terra

a greca sul davanzale,            arricchito da testine scolpite sull’architrave che delimita le finestre del piano cantinato, in

25          cfr. A. Bruschi, Problemi di materiali e di colori delle facciate con ordini architettonici nella Roma rinascimentale e barocca, in “Bollettino
d’Arte”, 47, 1988, pp. 117-122; E. Pallottino, Architetture del Cinquecento a Roma. Una lettura dei rivestimenti originari, in “Annali di architettura”,
10-11, 1998-99, pp.288-298
26         C. Conforti, Roma: architettura e città, in Storia dell’architettura italiana. Il secondo Cinquecento, a cura di C. Conforti, R. Tuttle, Milano
2001, p. 36
asse con le mensole inginocchiate (figg. 22, 23, 24, 25), analogamente a quelle del livello più basso di palazzo Buralli
Miari, su strada della Repubblica 51, del 1566 (fig. 9). Secondo Adorni, entrambe le decorazioni sarebbero riconducibili
all’invenzione di G. Francesco Testa, architetto e intagliatore27. Tuttavia, una più attenta analisi comparata tra le cornici
e i davanzali delle finestre terrene di palazzo Buralli Miari, sicuramente del Testa, e quelle di palazzo Tarasconi lascia
emergere una sostanziale differenza stilistica. Infatti, l’impaginato decorativo delle cornici e delle mensole di palazzo
Buralli Miari, sebbene sia caratterizzato dal motivo della greca con testine incise all’estremità dell’architrave delle
finestre del piano cantinato, in asse con le mensole a volute che reggono il davanzale delle finestre superiori, presenta
una cifra stilistica improntata ad un rigore geometrico e compostezza formale di stampo classicheggiante, avvertito
particolarmente nelle sottolineature delle incisioni scavate nella pietra e nelle scanalature “a triglifo” che solcano i lati
frontali delle stesse mensole a voluta (fig. 25). Qui, il motivo labirintico della greca e il sofisticato e prezioso ornato del
mascherone rimandano a Michelangelo e, più in generale, alla plastica del Manierismo. Viceversa, il tema della greca
delle finestre del piano terra e del piano cantinato della facciata su strada al ponte Caprazucca di palazzo Tarasconi
è svolto con un disegno alquanto più semplificato, che mette soprattutto in evidenza la ripetuta serialità delle spirali
quadrate, rese discontinue da brevi pause piane. Inoltre, le mensole a volute sono qui restituite con scanalature verticali
parzialmente occupate da piccoli cerchi accostati tangenzialmente o, in alternativa, da piccoli “umboni” in rilievo nel
segmento inferiore delle stesse scanalature; mentre il cascame di foglie che riveste la parte superiore delle volute denota
uno spiccato accento naturalistico, del tutto assente nel motivo ornamentale delle finestre di palazzo Buralli Miari (figg.
24,25). Dunque, l’apparato scultoreo ornamentale delle finestre di palazzo Tarasconi, diversamente connotato sotto
il profilo degli accenti plastici e formali da quello di palazzo Buralli Miari, non può essere attribuito all’invenzione di G.
Francesco Testa, ma piuttosto alla creatività progettuale di G.B. Magnani, a cui peraltro appartiene la conduzione del
cantiere dell’intera facciata su strada al ponte Caprazucca. L’andamento dei lavori su questo versante deve però aver
subito varie interruzioni e riprese, i cui segnali si scorgono nel modo in cui sono state realizzate le cornici in laterizio delle
mostre delle finestre del piano terra. In particolare, i listelli perimetrali delle mostre verticali sembrano affondare nella più
plastica e aggettante fascia orizzontale in pietra, arricchita dal motivo della greca, senza alcun elemento di mediazione
geometrica, quasi a volere denunciare una certa discontinuità nelle fasi costruttive del cantiere a cui va probabilmente
correlata la variazione del programma decorativo delle finestre del piano nobile e dell’ultimo piano, caratterizzato da
un linguaggio sensibilmente diverso da quello delle finestre del piano terreno. Per altro verso, le facciate di via Farini e di
strada al ponte Caprazucca del palazzo parmense, sembrano entrambe derivare da un altro filone architettonico del
primo Cinquecento romano: quello delineato in palazzo Farnese (dal 1513) da Antonio da Sangallo il Giovane, privo
però delle cornici marcapiano orizzontali e delle elaborate decorazioni architettoniche che delimitano con modanature
diverse i tre ordini di finestre della residenza romana, alla quale tuttavia rimanda la presenza delle volute inginocchiate
che sottolineano le finestre del piano terra28.

Il cortile d’onore
Sul fronte di via Farini si apre il portale d’ingresso, costituito da un semplice arco a tutto sesto, rincassato all’interno di una
profonda riquadratura, priva di modanature, che introduce all’androne e al cortile d’onore quadriporticato, a sua volta
collegato con un giardino a pianta rettangolare ad ovest. La cartografia dei secoli XVIII e XIX testimonia con precisione la
conformazione planimetrica del palazzo, isolato sui lati est, sud e ovest e con una parete in comune con altri fabbricati a
nord. L’androne cade in posizione simmetrica rispetto alla giacitura del cortile, contornato da cinque arcate su ciascuno
dei quattro lati.
Lo schema dell’impianto di palazzo Tarasconi è simile a quello di un blocco isolato, il quale, nel richiamare delle
ascendenze con l’architettura romana del Cinquecento, evoca il cosiddetto palazzo di tipo “bramantesco”, come
palazzo Castellesi (poi Giraud Torlonia). La tipologia del palazzo in insula, dotato di cortile interno con portici su quattro
lati, è infatti presente, a Roma, nei progetti di Bramante per il palazzo dei Tribunali (1508) e appunto in quello di Adriano
Castellesi da Corneto sulla via Alessandrina, angolo piazza Scossacavalli (poi palazzo Giraud Torlonia). Si tratta di una
tipologia che, come noto, ebbe enorme fortuna nella definizione del nuovo palazzo cinquecentesco, riscontrabile anche
in edifici milanesi costruiti già alla fine del Quattrocento e/o nei primi decenni del Cinquecento, come per esempio
nei palazzi Recalcati, Dal Verme e Pozzobonelli. In particolare, nel palazzo Recalcati il cortile rinascimentale, di forma
trapezoidale prossima al quadrato, con colonne di ordine corinzio, è a cinque arcate per lato come in palazzo Tarasconi.
Nel Cinquecento, il tipo residenziale più diffuso a Milano è quello della corte d’onore circondata da quattro corpi di
fabbrica, che la separano dalla strada e dal giardino retrostante, proprio come nel palazzo parmense, dove la presenza
del loggiato al piano nobile è un elemento di ulteriore arricchimento plastico del cortile, soprattutto se si considera che il
porticato, nel Cinquecento e Seicento, è in genere limitato al solo piano terreno. Fanno eccezione alcuni casi milanesi,
quali i palazzi Marino, Spinola e Acerbi con loggiato anche al piano superiore.
Pur nell’importanza che la corte va assumendo nel Cinquecento, sia nella trattatistica architettonica, sia negli edifici
costruiti, e pur tenendo conto della complessa rete di reciproche influenze tra le corti italiane, non si registra, a Parma, la
presenza di palazzi paragonabili, per dimensioni e per imponenza architettonica, ai coevi esempi fiorentini e romani29. Il

27        B. Adorni, L’ architettura farnesiana, cit., p.118
28         Sulla residenza romana del cardinale Farnese si veda il recente saggio di C. L. Frommel, Antonio da Sangallo il Giovane e i primi cinque
anni della progettazione di palazzo Farnese, in “Annali di architettura”, 23, 2011, pp.38-59, che si concentra sulla progettazione negli anni 1513-
1518
29        Un palazzo in insula doveva essere anche quello dei conti Thiene a Vicenza, cfr. G.Beltramini, H. Burns, F. Rigon, Palazzo Thiene a
Vicenza, Milano 2008.
(fig. 26) - Parma, palazzo Tarasconi, cortile d’onore, fronte nord

modello di palazzo in insula, inoltre, è pressoché assente a Parma nel Cinquecento anche per le difficoltà di utilizzare
un si fatto impianto nel frammentato reticolo medievale urbano. L’alternativa poteva pertanto essere la formalizzazione
di un elemento architettonico, il cortile d’onore, per soddisfare le esigenze funzionali e di rappresentanza del casato e
per rispondere alle necessità di affaccio dei vari ambienti della casa.
Gli elementi più interessanti dell’impianto distributivo di palazzo Tarasconi, nella sua forma conclusa a blocco, sono il
sistema androne - cortile quadriporticato - scalone d’onore. L’androne, oltre a svolgere il ruolo di ingresso-filtro tra la
strada e il cortile, sottolinea il passaggio dallo spazio pubblico a quello privato di rappresentanza, cui è chiamato il
cortile d’onore (figg. 26, 27). La partizione dell’ordine architettonico colonnato del cortile rimanda a quella dei palazzi
tardo quattrocenteschi soprattutto fiorentini, con arcate su colonne presenti anche nelle posizioni d’angolo. Luciano
Laurana (1420-1479), nel palazzo urbinate (1469), per risolvere il problema che la colonna d’angolo comportava in termini
di fragilità percettiva del colonnato distribuito intorno al cortile, introdusse un pilastro articolato a libretto, sui lati del
quale era possibile declinare l’ordito architettonico30. In questo caso, le due paraste corinzie dell’angolo, pure ripetute
nell’ordine superiore, consentono di dispiegare con continuità l’ordine architettonico del piano terreno, mentre il piano
attico, impostato su un fronte sensibilmente più arretrato rispetto ai due ordini architettonici inferiori, presenta invece
finestre rettangolari di dimensioni più piccole collocate in asse con quelle sottostanti.
L’impaginato architettonico delle facciate del cortile d’onore parmense è costituito da una serie di arcate a tutto sesto
su colonne doriche che si ripete al piano terreno porticato e nel loggiato superiore. In linea generale, lo schema delle
partizioni architettoniche è fondamentalmente lo stesso del cortile lauranesco: un primo ordine di arcate su colonne, sul
quale si sviluppa la trabeazione che a sua volta sostiene l’ordine superiore. A Urbino però lo schema è declinato con un
doppio ordine di paraste corinzie completate dalle relative trabeazioni e ulteriore piano attico.
A Parma invece le facciate del cortile sono scandite da dispiegamento di arcate su colonne mentre la trabeazione
del secondo ordine si riduce ad una semplice fascia che funge da architrave e contemporaneamente da linea di
separazione dal piano attico superiore, impostato sullo stesso piano dei due ordini sottostanti e scandito da finestrelle

30         A. Bruschi, Luciano Laurana. Chi era costui? Laurana, Fra Carnevale, Alberti a Urbino: un tentativo di revisione, in “Annali di
architettura” 20, 2008, pp. 37-81
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