Modelli irriverenti Rivista dell'Istituto di Psicoterapia Sistemica Integrata - volume 3/2011 - Idipsi

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Modelli irriverenti Rivista dell'Istituto di Psicoterapia Sistemica Integrata - volume 3/2011 - Idipsi
Rivista dell’Istituto di Psicoterapia Sistemica Integrata

                              Modelli irriverenti

                                            volume 3/2011
Modelli irriverenti Rivista dell'Istituto di Psicoterapia Sistemica Integrata - volume 3/2011 - Idipsi
Indice

Direttore Responsabile
Antonio Restori

Direttore Scientifico
Mirco Moroni

Coordinamento redazionale
Gabriele Moi

Redazione: Alberto Cortesi, Fabio Sbattella, Alessia Ravasini, Valentina Nucera, Gianandrea
Borelli, Francesca Giacobbi, Monica Premoli, Gianfranco Bruschi

Comitato Scientifico:
Marco Bianciardi (Torino), Paolo Bertrando (Milano), Umberta Telfener (Roma), Gabriela Gaspari
(Lecco), Pietro Pellegrini (Parma), Gwyn Daniel (Londra), Vincent Kenny (Dublino), Valeria Ugazio
(Milano), Giovanni Liotti (Roma), Giacomo Rizzolatti (Parma), Lucia Giustina (Novara), Vittorio
Gallese (Parma), Camillo Loriedo (Roma).

Segreteria organizzativa:
Barbara Branchi
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Indice                                 Indice

  pag. 5   Attenzione sensibile al contesto
           Antonio Restori

  pag. 0   “Quante volte ho detto no!” La questione del controllo delle emozioni
           Monica Premoli

 pag. 00   “ I luoghi dell’irriverenza”
           A. Riccò, R. Tarantino, M. Celestre, A. Negri

 pag. 00   I principali contenuti della Teoria sistemica relazionale.
           Analisi della commedia “Chi ha paura di Virginia Woolf”
           L. Zucchini, I. Pascarella, F. Achilli

 pag. 00   “Family tales...due terapeuti sul divano.
           Pensare l’intersoggettività nella terapia familiare”
           E. Pattini, F. Capelli
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Attenzione sensibile al contesto
             Per una formazione attenta al tema della
             consapevolezza.
             Antonio Restori, Responsabile didattico IDIPSI

Cos’è un contesto?. Esiste un contesto che abbia una sua connotazione di identità costruita
a prescindere da un osservatore?. Quando cerchiamo di comprendere un contesto all’interno
del quale prende forma una storia, un’esperienza relazionale, stiamo già opzionando cornici,
oggetti, persone; operiamo connessioni scegliendo parti di un tutto inintelleggibile, e spes-
so in modo inconsapevole. Tra individuo e ambiente vi è una relazione ricorsiva che implica
riflessivamente ridefinizioni di significati di contesto. Nostra responsabilità etica è sviluppare
sensibilità al contesto, capacità di osservazione, attenzione saggia.

Parole chiave: Contesto, attenzione, riflessività, cambiamento, sensibile, consapevolezza

                                            Quale struttura connette il granchio con l’aragosta,
                                             l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me?
                                                                                   E me con voi?
                  E tutti e sei noi con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?”
                                                                   (Mente e natura, G.Bateson)

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Sensibile al contesto: quale contesto               contesto di tipo giudicante, o addirittura in-
                                                    quisitorio, determinando movimenti di ritiro
Siamo soliti dire che la casa che abitiamo          o difesa, che nulla hanno in comune con le
l’abbiamo arredata secondo i nostri gusti, le       premesse di contesto del terapeuta; fino a
nostre abitudini, i nostri scopi; l’abbiamo co-     che il terapeuta non si apre alla consapevo-
struita su misura per noi.                          lezza di questo diverso “sentire” contestua-
Difficilmente ci possiamo trovare a nostro          le, è difficile pensare ad una comunicazione
agio in contesti dove non ci riconosciamo,          liberata da pregiudizi, rischiando un ricorsiva
dove gli spazi, i colori, le luci, non entrano      schismgenesi dei rispettivi sistemi di pre-
in risonanza con la nostra personalità esteti-      messe.
ca. I contesti che abitiamo ci appartengono,        Allo stesso modo una medesima domanda
sono le pareti della nostra vita, entro cui rico-   posta all’interno di un sistema di cura può
nosciamo le nostre identità.                        evocare significati differenti per clienti diffe-
Dice Bateson: “Senza l’identificazione del          renti; ciò in quanto l’incontro tra soggetti di-
contesto non si può capire nulla (Bateson,          versi in luoghi predefiniti procede attraverso
VEM, 1976, trad. it. p. 146); e ancora: “il         sistemi di premesse, bisogni, attese, sicura-
contesto è la matrice dei significati”… “i con-     mente differenti.
testi non sono altro che categorie della men-       Con la rimodulazione dell’approccio sistemi-
te” (1976, trad. it. p. 146).                       co verso la posizione socio-costruzionista si
Il contesto è una categoria della mente, ori-       è incominciato a sottolineare la natura più
gina e prende forma nella relazione, che in         simbolica del contesto.
modo ricorsivo ne ridetermina i significati e       Il contesto di apprendimento attraverso cui
nuove cornici attraverso cui si ridefinisce il      organizziamo la nostra identità, il sé, è rap-
senso del contesto stesso: un movimento ri-         presentato da questo intreccio ricorsivo tra
corsivo e di tipo riflessivo tra individuo e am-    modelli di relazione e costrutti contestuali di
biente, dove è possibile transitare in consa-       tipo simbolico.
pevolezza oppure non in presenza mentale.           La posizione costruzionista trasforma il si-
Se osserviamo il contesto come uno spazio           gnificato di contesto da una prospettiva di
che emerge dalla relazione, lo collochiamo          tipo invariante ad una concezione ricorsiva-
gerarchicamente connesso ad essa, ma non            mente connesso alle azioni.
co-determinato con essa.                            Ciò implica una profonda revisione della na-
Bateson invece parla di contesto rimandan-          tura della relazione che attraversa noi e l’am-
do più a un idea di metodo che a un ogget-          biente che ci circonda, intesa come espe-
to che esiste al di fuori di noi, osservabile e     rienza che realizziamo nel nostro ambiente.
misurabile.                                         Quando Bateson parla del sistema “indivi-
Lo spazio della relazione terapeutica è diver-      duo-nel-suo-ambiente”, si riferisce ad un
samente pensato come contesto dagli attori          contesto, dove individuo e ambiente sono
che lo abitano. Un terapeuta, ad esempio,           il contesto e allo stesso tempo la relazione
può connotarlo come luogo della cura, e             tra organismi in costante posizione riflessiva.
quindi porsi in una relazione di aiuto verso        Essere sensibili a questa relazione significa
il paziente; mentre un paziente può perce-          comprendere il contesto in cui si è inseriti.
pirsi, come frequentemente avviene, in un           Per comprensione tuttavia non si intende

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una conoscenza di tipo oggettuale, tra un           animali, le piante, e non la distanza tra noi e
osservatore ed un oggetto osservato; com-           le nostre descrizioni e classificazioni.
prendere è porsi in una posizione di tipo           Nell’individuo vi è un certo grado di divisio-
riflessiva, dove l’osservatore, osservando,         ne dell’esperienza umana in tipologie logi-
pensando, agendo, riconosce il proprio po-          che e compartimenti, il che è senza dubbio
sizionamento pre-conettuale, presente a sé,         un’economia necessaria. Una di queste di-
alle proprie convinzioni, e a come ad esse è        visioni in compartimenti è sotto molti aspetti
connesso, legato, e a volte, imprigionato.          misteriosa, ma certo d’importanza cruciale
Da questa posizione mentale è possibile di-         nella vita dell’uomo: mi riferisco al legame
rigersi nuovamente verso il nostro ambien-          ’semipermeabile’ tra la coscienza e il resto
te, rideterminando ricorsivamente un suo            della mente totale. Una certa quantità limita-
nuovo posizionamento; questo movimen-               ta d’informazione su ciò che accade in que-
to produce un costante cambiamento del              sta più ampia porzione della mente sembra
contesto. Comprendere quindi la natura di           essere trasmessa a ciò che possiamo chia-
questa dinamica mutuamente trasformante,            mare lo schermo della coscienza. Ma ciò
significa essere consapevolmente presenti           che giunge alla coscienza è selezionato, è
alla relazione.                                     un campione sistematico (non stocastico)
                                                    del resto. È ovvio che la totalità della mente
                                                    non potrebbe essere riprodotta in una sua
Sviluppare la sensibilità al contesto               parte e ciò consegue logicamente dal rap-
La questione della finalità cosciente               porto fra il tutto e la parte. Ma quanto siamo
                                                    presenti a questo lavoro della coscienza?.
Risulta per tutti noi sempre difficile sviluppa-    Diceva Bateson di M. Erickson: “Milton lavo-
re una posizione estetica capace di svilup-         rava sull’ordito dell’intero complesso, men-
pare sensibilità al contesto. Il nostro modo        tre costoro si presentano con espedienti che
di approcciare alla conoscenza procede ten-         sono separati dal complesso totale. Perciò
denzialmente in modo non consapevolmen-             l’espediente sconnesso contrasta contro il
te orientato a finalità predefinite dal nostro      tutto e contribuisce a perpetuare un’illusione
sistema di premesse.                                di potere” (Keeney, 1985).
Diamo significato alle cose che ci accadono         Sembra che per garantire la sopravvivenza
condizionati da finalità che rispondono a lo-       attraverso forme di adattamento funzionali,
giche lineari, prestando attenzione solo ad         l’essere umano abbia la necessità di con-
“archi” di circuiti del mondo vivente: ”il no-      trollare la natura, sviluppando la sensazio-
stro campionamento cosciente di dati non            ne di avere potere su di essa. Nella finalità
ci paleserà circuiti completi, ma solo archi di     cosciente si insinua, a mio parere, l’idea di
circuiti, rescissi dalla loro matrice grazie alla   controllo, la paura di perdere il dominio sulla
nostra attenzione selettiva” (Bateson, VEM,         natura, e di esserne fagocitato. Ma la sto-
1976, p.461). La scienza classica ha edu-           ria dell’evoluzione naturale non procede at-
cato tutti noi a pensare al mondo naturale          traverso posizioni di controllo di una specie
come varietà di ordini, di specie, di classi;       animale, o vegetale, o minerale, su un’altra;
ci ha fornito un habitus mentale con il quale       non vi è controllo; l’intero ecosistema non
avvertiamo la distanza tra noi e le cose, gli       si organizza all’interno di azioni finalizzate

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al controllo delle proprie gestazioni; come          biente… con le migliori intenzioni coscienti»
osservatori parte del sistema dovremmo ol-           (VEM, Bateson , 1976, p. 486).
tretutto mettere tra parentesi la parola “or-        La finalità cosciente quindi ci accompagna
ganizza” . Ci rammenta Giacobbe, citato dal          nelle modalità attraverso cui conosciamo
Bateson (VEM 1976)                                   l’ambiente in cui siamo, il contesto che abi-
                                                     tiamo. Ci esercitiamo per acquisire capacità,
Sai tu quando figliano le camozze                    strumenti di controllo sull’ambiente, perce-
e assisti al parto delle cerve?                      pendoci sempre più attrezzati; nuovi mezzi,
Conti tu i mesi della loro gravidanza                che corazzano il nostro io, sempre più sicu-
e sai tu quando devono figliare?”                    ro di sé. Per cui anche nell’esercitarci ad un
                                                     compito, ci poniamo come se dovessimo
Chi può sapere tutto questo? E soprattutto           impadronirci di una nuova tecnica, strategia,
a cosa ci serve saperlo se non eventualmen-          con cui affrontare l’esistenza.
te per controllare cicli di nascite e presumere      “Noi [occidentali] ci esercitiamo per acquisire
di aumentare le possibilità di controllo delle       una capacità, che diventa quindi uno stru-
loro riproduzioni.                                   mento, nella quale io, che resto immutato,
“La pura razionalità, senza l’aiuto di fenome-       posseggo ora un nuovo strumento, ed è tut-
ni come l’arte, la religione, il sogno e simili, è   to. Secondo la concezione orientale, invece,
di necessità patogena e distruttrice di vita; ...    ci esercitiamo per cambiare. Incorporiamo in
la sua virulenza scaturisce specificatamen-          noi la disciplina in cui ci esercitiamo e con
te dalla circostanza che la vita dipende da          l’esercizio diventiamo persone diverse. Ecco
circuiti di contingenze interconnessi, mentre        tutta la teoria dell’esercizio Zen, lo Zen e il
la coscienza può vedere solo quei brevi dati         tiro con l’arco, tutte queste cose. (Kenney
circuiti sui quali il finalismo umano può inter-     1985)
venire” (VEM Bateson, p. 181).                       L’impegno in una base estetica della terapia
Se dunque nella nostra mente abita un idea           richiede che la terapia sìa considerata come
di contesto che emerge da questo “scher-             una forma di esercizio. Come lo Zen, l’eser-
mo della coscienza”, non potremo mai ap-             cizio della terapia diventa per il terapeuta
prezzare completamente la natura sistemica           un contesto di apprendimento d’ordine su-
della nostra mente; «la coscienza [...] è orga-      periore. Anche la terapia può essere consi-
nizzata in termini di finalità. Essa ci fornisce     derata come un veicolo del cambiamento
una scorciatoia che ci permette di giungere          epistemologico del terapeuta. In altre paro-
presto a ciò che vogliamo; non di agire con la       le, come il tiro con l’arco anche la terapia è
massima saggezza per vivere, ma di seguire           semplicemente un contesto per l’esercizio.
il più breve cammino logico o causale per            In questa danza di interazione, l’azione vie-
ottenere ciò che si desidera appresso, e può         ne innescata da un’intera struttura di orga-
essere il pranzo, o una sonata di Beethoven,         nizzazione anziché da un’intenzione o una
o un rapporto sessuale. Può soprattutto es-          finalità coscienti.
sere il denaro o il potere… (VEM Bateson, p.         Se siamo nel contesto terapeutico, ed in
473)…L’uomo cosciente, in quanto modifi-             esso ci relazioniamo senza finalizzazioni
catore del suo ambiente, è ora pienamente            istruttive, senza quindi porci in una posizione
in grado di devastare se stesso e quell’am-          up-down, ma semplicemente presenti alla

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relazione, sostando con le nostre emozioni         il valore dominante, il valore centrale, non
e i nostri pensieri, allora possiamo muoverci      è l’attenzione: l’attenzione è subordinata al
con una sensibilità estetica aumentata.            compito, al lavoro, al preparare un toast.
Insomma Bateson propone una maggior                L’attenzione è al servizio di quello che stia-
umiltà, non come un principio morale, ma           mo facendo; se ci distraiamo non portiamo a
come elemento di una filosofia politica o di       termine il compito, la casa è insicura, il toast
un’epistemologia più ecologica, ovvero più         brucia, la traduzione della versione è impre-
saggia.                                            cisa. Questo tipo di attenzione è funzionale
                                                   a realizzare il lavoro che dobbiamo fare, è
                                                   subordinata ad essa.
Attenzione saggia, attenzione non saggia           Per vivere abbiamo certamente bisogno di
                                                   questa attenzione, perché ci permette di
Eccoci dunque, noi terapeuti davanti alla no-      adattarci all’ambiente, di modificarlo per le
stra famiglia. Tutti seduti, si inizia. Dobbiamo   nostre esigenze: mangiare bene, vivere in
innanzitutto prestare attenzione a ciò che ci      una casa piacevole, essere bravi terapeuti.
si comunica fin dalle prime battute; anno-         Ma se provassimo a pensare per un attimo
tiamo tutto quello che possiamo trattenere         all’attenzione come valore centrale, non su-
delle cose che emergono: chi inizia a parlare      bordinata al raggiungimento di uno scopo,
per primo, chi nasce prima di chi, chi si se-      l’attenzione al primo posto, avvertiremmo
para, chi muore; mentre il coterapeuta tiene       probabilmente un ribaltamento di come van-
d’occhio i movimenti del corpo, le sfumature       no le cose.
dei gesti e, dietro lo specchio, si presta at-     Un esempio semplice, che generalmente ci
tenzione a ciò che accade dentro.                  fa capire quanto non siamo presenti alla re-
Per seguire tutto ciò, ed altro ancora, è ne-      lazione, ma attenti allo scopo posto altrove,
cessaria attenzione; ognuno attento al pro-        lo possiamo sperimentare all’incontro con
prio pezzo; ognuno con il compito di por-          una persona e il suo nome; solo il semplice
tare a termine il colloquio con determinate        ricordo del nome appena pronunciato tende
finalità coscienti: dal creare un buon clima       a svanire dalla nostra mente, perche occu-
per l’aggancio terapeutico, al definire ipotesi    pata in altre faccende.
interpretative, al mantenere neutralità, al non    Fino a che parliamo di un nome non ricor-
stigmatizzare patologie; tante mete da con-        dato, potremmo forse anche soprassedere;
seguire per confezionare un buon colloquio         ma siccome, tendenzialmente, siamo soliti
di consulenza e terapia.                           proseguire nell’attenzione funzionale, la no-
Questa è “attenzione funzionale”, come             stra comprensione di ciò che accade nella
suggerisce C.Pensa (2002); l’attenzione ne-        relazione appare sempre più preclusa.
cessaria per svolgere un compito, la terapia,      Se svolgiamo un lavoro con l’attenzione nor-
per l’appunto; lo stesso genere di attenzione      male, funzionale, alla fine della nostra attività,
che utilizziamo per portare a termine un la-       la nostra reazione dipenderà dall’averlo fatto
voro, come ad esempio, costruire una casa,         bene o dall’averlo fatto male. Se applichia-
preparare un toast, tradurre una versione          mo l’attenzione normale all’ascolto dell’altro,
di latino, leggere questa rivista. Che cosa        alla fine dell’ascolto il nostro sentire dipende-
caratterizza questa situazione? Il fatto che       rà molto probabilmente dai contenuti di ciò

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che abbiamo udito. Se ci sono state dette          mento delle condizioni di sofferenza del si-
cose simpatiche saremo contenti, viceversa         stema. Sarebbe eticamente non corretta la
non saremo contenti: l’attenzione è stata al       posizione non finalizzata della cura.
servizio della conoscenza. Se invece l’atten-      Il paziente desidera la nostra cura, ci chie-
zione è al primo posto, probabilmente speri-       de di prenderci carico della sua sofferenza
menteremo una sensazione di comprensio-            comprendendone la natura, e le cause che
ne profonda, di unità.                             l’hanno originata. Dovremmo quindi declina-
Dice C.Wilson (1998): “è una qualità di at-        re ogni aspettativa?.
tenzione non giudicante e, al tempo stes-          Il fatto di essere mossi da nostre finalità più
so, pienamente partecipatoria, pienamente          o meno coscienti non rappresenta di per
connessa”.                                         sé una precondizione che impedisce la co-
                                                   noscenza; a patto però che questa nostra
Attenzione non giudicante però non da in-
                                                   posizione non ci impedisca di entrare in una
tendersi “fredda” posizione di distacco, ma
                                                   dimensione relazionale dove sia possibile
pienamente partecipata, unificata, intercon-
                                                   sentire ciò che accade dentro e fuori di noi:
nessa. Questo genere di attenzione possia-
                                                   prestare attenzione a ciò che ci si comuni-
mo definirla saggia; emerge quando perce-
                                                   ca a partire dalle prime battute, annotando
piamo la mente nella mente, le sensazioni
                                                   l’esperienza emergente, assume un senso
nelle sensazioni, il corpo nel corpo.
                                                   profondo se l’attenzione attraverso cui sia-
Emerge quando siamo nella relazione con
                                                   mo in relazione è attivata con cura. Potrem-
interesse non finalizzato; quando osservia-
                                                   mo dire che è “la cura dell’attenzione” che
mo per osservare, ascoltiamo per ascoltare,        produce effetti benefici sulla relazione.
comunicando non sull’altro, ma attorno a           Partendo da questa posizione del sentire,
ciò che avvertiamo, che annotiamo.                 meno ancorati ad inquinanti mentali come
Eccoci dunque, noi terapeuti davanti alla no-      attaccamento e avversione, possiamo co-
stra famiglia, tutti seduti, si inizia, mossi da   struire azioni mentali, parole, gesti, connessi
che cosa?, con quale finalità?. Generalmen-        al contesto della relazione che contribui-
te è la cura, il cambiamento, la guarigione ad     ranno a co-definire con chi siamo e con chi
orientarci nella relazione. In quanto terapeuti    non siamo in relazione, sensibili alla struttura
siamo soliti pensare necessario un cambia-         contestuale.

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Bibliografia                                                prospettiva teorica alternativa. Terapia Familia-
                                                            re, 1983, 14
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   Paradossi, doppi legami, circuiti riflessivi: Una        Experience, in “Insight” n.3

volume 3/2011 |             modelli irriverenti    		                                                  11
“Quante volte ho detto no!”
               La questione del controllo delle emozioni
               Monica Premoli, assistente didatta IDIPSI

Sommario
Questo articolo nasce con l’obiettivo di riflettere su come, nel lavoro terapeutico così come
nella vita quotidiana, sia il clinico che il paziente sperimentino il bisogno di poter prendere
consapevolezza rispetto alla strada percorsa, dovendo decidere se è quella giusta o se è
necessario modificare la propria direzione, anche se questo significa deludere le aspettative
dell’altro per andare incontro al proprio sentire. Attraverso la narrazione di un caso clinico e
della cornice istituzionale di riferimento si procede all’analisi dei due livelli di complessità, po-
nendo l’accento su vari aspetti che emergono lungo il processo.

Parole chiave:
Disturbi Comportamento Alimentare, Anoressia, Emozioni, Diagnosi, Consapevolezza, Irrive-
renza.

Summary
This article was created with the aim of reflecting on how, in the therapeutic work as well as in everyday
life, both the clinician that the patient will experience theneed to be aware from the road traveled by
deciding whether it is the right one or if it is must change its direction, even if it means disappointing
the expectations of the other to meet your hearing. Through the narration of a case and the institutional
frame of reference is analyzed for two levels of complexity, focusing on various issues that ariseduring
the process.

Key words:
Food, Behavior, Disorders, Anorexia, Emotions, Detection, Mindfulness, Irreverence

volume 3/2011 |            modelli irriverenti   		                                                13
IL CONTESTO                                          presa in carico “soma” e a volte anche al di
Il centro dei Disturbi del Comportamento             là di questa. Tale organizzazione non può
Alimentare presso il quale si svolgono i col-        essere sostituita con l’entrata di un’unica ri-
loqui a cui verrà fatto riferimento nel corso        sorsa che possa prevedere la presa in carico
di questo scritto si trova collocato logistica-      di tutte le situazioni cliniche che afferiscono
mente all’interno dell’ospedale di un capo-          al servizio, considerando inoltre il ruolo pre-
luogo di provincia dell’ Emilia Romagna ed           cario della risorsa in questione e la diffidenza
è composto da una pluralità di ambulatori            verso un tipo di terapia, quella familiare, che
dove lavorano, in equipe multidisciplinare,          ancora non ha avuto l’occasione di dimo-
una psicologa – psicoterapeuta con forma-            strare la sua efficacia terapeutica su questo
zione sistemico relazionale, due medici che          territorio, pur trovando conferma in numero-
fanno parte dello staff del reparto di medici-       se indagini in letteratura (Abbate Daga G.,
na interna ma dedicano all’ambulatorio circa         Quaranta M., Notaro G., Urani C., Amianto
la metà del loro orario, una dietista e un’in-       F., Fassino S., 2011)
fermiera, che svolge anche una funzione di           Come può dunque una psicoterapeuta pen-
segretariato per tutto il team.                      sare di fare un buon lavoro con questo vin-
Per quanto riguarda la presa in carico “soma”        colo? Che cosa può significare la presa in
è assicurato a tutti gli utenti un percorso di       carico di una famiglia dove un membro, so-
rieducazione nutrizionale partendo dalla va-         prattutto se è quello portatore del sintomo,
lutazione della compromissione organica e            è escluso a priori dalla possibilità di entrare
dello stato nutrizionale del paziente.               nella stanza della terapia?
Rispetto alla presa in carico psicologica alla       Per provare a riflettere su questo passaggio
psicoterapeuta è chiesto un approccio pru-           è utile riprendere le considerazioni di Bo-
dente. L’obiettivo è di modificare le strate-        scolo e Bertrando Boscolo L., Bertrando P.
gie relazionali disfunzionali che mantengono         1996), i quali avendo lavorato a lungo con le
ed esacerbano la sintomatologia alimentare           famiglie ispirandosi alla Cibernetica di Bate-
delle pazienti, in modo che i genitori non sia-      son non fanno mistero rispetto al fatto che
no di ostacolo ma una risorsa verso la gua-          gli eventuali cambiamenti che si possono
rigione. Il suo ruolo non è tanto definito da        ottenere nel sistema delle relazioni familiari,
quello che può fare, tanto quanto da quello          necessariamente coinvolgono tutti i membri
che non può fare. Il divieto più assoluto è          della famiglia, incluso il paziente designato,
rispetto al coinvolgimento dei membri della          anche se questo si rifiuta di partecipare alla
famiglia con i quali può lavorare, che sono          terapia.
tutti i possibili tranne le pazienti designate.      Inoltre, secondo Telfener (2004) con i distur-
Questa scelta aziendale è chiaramente com-           bi alimentari diventa fondamentale un opera-
prensibile alla luce dell’organizzazione del         tore super partes che faccia da intermedia-
servizio a livello territoriale per quanto riguar-   rio tra famiglia e operatori e proponga una
da i DCA: esiste una pluralità di operatori,         costante riflessione sulle premesse e sulle
debitamente formati negli anni dall’azienda          relazioni in atto e che si trovi a disposizione
sanitaria stessa, che prendono in carico             di tutti coloro che sono coinvolti nella defini-
l’utenza e la accompagnano in un percorso            zione del problema.
di psicoterapia durante tutta la durata della        Sembra quindi che pur non contrastando

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questo vincolo si possa provare ad andare          sta succedendo non è colpa di noi genitori.
nella direzione giusta.                            Durante l’estate, mentre eravamo al mare,
È però sempre doveroso chiedersi verso             Manuela ha iniziato a non mangiare. Questo
quale direzione si sta andando, poiché an-         digiuno è stato causato da un commento di
che noi terapeuti possiamo trovarci a dover        una sua amica in spiaggia, che le ha fatto
dire di no.                                        notare quanto il suo seno era abbondan-
                                                   te”.
                    “La gente fa cose strane.      È dunque necessario definire da subito quali
       Cura in modo strano e ottiene risultati     sono gli obiettivi di questo tipo di percorso
                                       opposti.    che coinvolge le famiglie, così che non pos-
 Se predica la cura giusta, nel modo giusto,       sano nascere delle fantasie rispetto a una
                                    non aiuta.     presunta ricerca di colpevolezza e spostare
   Non sa come farlo. Dice di non giudicare.       l’accento su una dimensione più psicologica
  Posso dire “per me non va tutto bene, ma         dell’anoressia.
sono curioso di sapere come mai continua-          Secondo Mara Selvini Palazzoli e collabora-
   te a fare qualcosa che non va bene per la       tori (1998) la negazione del problema psico-
                                 maggioranza”      logico assume molte forme che vanno dal
  (Cecchin,G 1998 video consultazione, Fa-         rifiuto dell’esistenza stessa di un problema
                   mily Institute, Galles - UK)    a una visione tutta biologica del dimagri-
                                                   mento. A queste si aggiunge un altro grup-
                                                   po di famiglie, per le quali i problemi della
IL CASO DI MANUELA                                 paziente sono di tipo psicologico ma innato
Manuela è una giovane donna di diciassette         (ha un carattere fragile) o diadico (è la madre
anni. Arriva al Centro dei Disturbi del Com-       che l’ha viziata)o extrafamiliare (sono stati i
portamento Alimentare dell’Ausl di una città       compagni che la prendevano in giro perché
dell’Emilia Romagna portata da sua madre,          aveva le cosce grosse). È quindi un obietti-
la signora Marilena, che è molto preoccupa-        vo importante del primo colloquio portare la
ta per lo stato di salute, sia fisico che psico-   famiglia a vedere la sofferenza della ragazza
logico, della figlia.                              e pensarla in termini psicologici come una
Durante il colloquio telefonico con la psico-      difficoltà di crescita all’interno di una rete di
terapeuta chiede se è possibile che al primo       relazioni familiari e sociali.
appuntamento partecipi anche Carla, la pri-        Marilena racconta di essere molto seve-
ma figlia, che a sua volta è molto preoccupa-      ra rispetto alle regole che impone e che si
ta per il momento che la sorella sta vivendo.      aspetta che Manuela “… sia capace di fare
Al primo colloquio però la signora Marilena si     le cose per bene, perché nella vita bisogna
presenta sola, affermando che la figlia mag-       saper dare il meglio di sé…”.
giore non ha potuto abbandonare il lavoro          A questa richiesta di perfezionismo la figlia
che sta svolgendo nell’impresa di famiglia.        sembra ben adattarsi: Manuela dal raccon-
Solleva subito le sue perplessità rispetto alla    to della madre sembra essere una buona
necessità di confrontarsi con una psicologa.       studentessa, forse troppo, come spesso
Marilena: “Sono venuta a quest’ appunta-           succede quando l’anoressia compare nella
mento anche se sono sicura che quello che          vita di una giovane donna: “… ha avuto un

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calo di rendimento ma prende comunque              da sé e può collegare affetto, pensiero ed in-
voti alti, superiori alla media. Non si accon-     tenzionalità. Il secondo è l’angoscia dell’ot-
tenta della sufficienza. Pretende molto da-        tavo mese (7-9 mesi) che si manifesta con
gli insegnanti. A volte si lamenta di come         ansia o timore da parte del bambino verso
questi non siano stati in grado di preparare       chi non conosce, e con gioia e serenità alla
adeguatamente le lezioni”.                         comparsa delle persone che abitualmente si
Secondo Ruggero (2003) i soggetti perfezio-        occupano di lui. Questa angoscia manifesta
nisti percepiscono l’amore genitoriale come        la capacità di riconoscersi separato dall’altro
connesso ad aspettative molto elevate e a          e di riconoscere le diverse persone e i diffe-
valutazioni critiche. Temono quindi intensa-       renti rapporti che esse hanno con il bambino.
mente le critiche e valutano un fallimento la      Infine, la fase del NO (secondo anno) mani-
possibile perdita dell’amore dei genitori.         festa la capacità del piccolo di affermarsi e di
Tra gli altri Bulik et al (2003), attraverso una   opporsi alle persone che ama.
ricerca, evidenziano che la preoccupazione         Nonostante il nodo principale del colloquio
per gli errori è associata con la presenza di      si snodi proprio su come poter alleggerire
anoressia e bulimia ed è un elemento predit-       Manuela dalle aspettative di perfezione che
tivo della bulimia.                                aleggiano intorno a lei, la signora Marilena si
                                                   congeda dichiarandosi sollevata di “… aver
Rispetto alle aspettative per il futuro appaio-    capito che non deve cambiare il modo in cui
no già molto precise, nonostante la giovane        mi comporto con mia figlia perché sto già
età della figlia. Marilena racconta che “… da      facendo le cose giuste”.
grande Manuela vuole fare la stilista e andrà      Inoltre la signora appare piuttosto critica ri-
a vivere a New York …” e che“ nelle vacan-         spetto agli operatori del servizio. La dietista
ze di Natale tutta la famiglia andrà a visitare    “… è davvero troppo morbida e mia figlia
questa città… che sarà quella in cui mia figlia    invece ha bisogno di essere terrorizzata”
vivrà”.                                            mentre il medico “… ci ha trattato con su-
Quanto un malessere come quello espli-             periorità”.
citato da Manuela potrebbe essere l’unico            Queste comunicazioni finali suscitano una
modo di fuggire da un futuro predetermina-         serie di emozioni nel terapeuta che cerca di
to che magari sente che non le appartiene?         non nascondere a se stesso il suo sentire.
Quanto potrebbe essere un modo di dire di          Bianciardi (2008) ci ricorda che “l’approccio
no senza usare le parole?                          sistemico nasce dalla scelta consapevole di
Eppure la capacità di dire no dovrebbe es-         limitarsi a considerare i comportamenti e le
sere qualcosa che fa parte delle nostre pri-       relazioni osservabili, di non considerare l’in-
me tappe di sviluppo sociale.                      trapsichico in quanto non osservabile. Inol-
Secondo Spitz (2010), psichiatra e psicoa-         tre si parlava sempre e solo della famiglia,
nalista, è possibile individuare nella psiche      dell’altro, del sistema osservato: l’osservato-
dell’individuo tre organizzatori fondamenta-       re, cioè noi, non era in questione…
li: il primo compare intorno al terzo mese di      Poi, con la cibernetica di secondo ordine,
vita ed è il sorriso sociale, tappa importante     abbiamo potuto interessarci ai significati e
perché mette in evidenza che il bambino è in       alle emozioni e abbiamo anche iniziato ad
grado di riconoscere l’altro come separato         interrogarci sul terapeuta: ora possiamo

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e dobbiamo, quindi, riflettere sulle nostre           dire di no alle aspettative per il suo futuro,
emozioni.”                                            qualunque esse siano. Fermarsi a tre esa-
Boscolo e Bertrando (1996) ci rammen-                 mi dalla laurea potrebbe essere il solo modo
tano come il terapeuta che non voglia es-             che ha trovato per allontanare l’eventualità di
sere ingenuo nel suo lavoro deve acquisire            affrontare qualcosa che al momento la spa-
la maggior consapevolezza possibile delle             venta. In cambio sembra disposta a sacrifi-
proprie premesse, ovvero degli assunti di             care la sua autonomia. Minuchin (1976) ci ri-
base che lo guidano nel suo agire: quanto             corda che per funzionare in modo sano, una
di quell’agire è dettato da pregiudizi sociali e      famiglia deve proteggere l’integrità di tutto il
culturali, quali possono essere le premesse           sistema e l’autonomia funzionale delle sue
del cliente (i suoi assunti individuali, familiari,   parti. Ogni componente della famiglia e ogni
sociali e culturali); in che modo la relazione        sottosistema familiare deve negoziare l’auto-
terapeutica obbedisce a questa relazione tra          nomia e l’indipendenza del suo sostrato psi-
epistemologie (sistemi di premesse) diverse.          codinamico. Uno dei compito del terapista
Chiaramente la consapevolezza di sé nella             sarà dunque cercare di aiutare la famiglia a
pratica terapeutica è facilitata dalla presen-        creare uno scambio flessibile tra autonomia
za di un setting terapeutico che preveda un           e interdipendenza, allo scopo di promuovere
osservatore dietro lo specchio, ma in questo          la crescita psico-sociale dei suoi membri nel
caso la struttura utilizzata non lo permette.         migliore dei modi.
Può quindi essere sufficiente anche una su-           Verso il sesto colloquio Marilena afferma che
pervisione che può essere definita indiretta          finalmente sua figlia sembra più serena. An-
(presentazione verbale del caso o videore-            che lei si sente più serena. La terapeuta non
gistrazione).                                         si aspetta questa reazione a questo punto
Nei seguenti colloqui emergono dei dettagli           del percorso perché sa che la settimana pri-
sulla figura di Carla, la sorella maggiore di         ma Manuela ha ricevuto l’esenzione per le
Manuela. Secondo la mamma è “… una                    visite ambulatoriali per anoressia nervosa.
donna molto carina, appariscente anche                Invece la ragazza ha ricominciato ad alimen-
quando non si trucca. Manuela è sempre                tarsi in modo più completo e il suo peso è
stata gelosa della bellezza della sorella”.           aumentato di mezzo kg.
Carla lavora da circa sei mesi nell’impresa           Secondo Marilena “è stata la paura di un ri-
di famiglia, una tipografia. Sta sostituendo la       covero a farla ricominciare a mangiare . Glie-
vecchia segretaria che da quando ha cam-              ne ha parlato la dietista l’altra volta. Da lì in
biato città non sono riusciti a “rimpiazzare”.        poi quando mangia glielo ricordo sempre e a
Solo Carla è stata in grado di portare avan-          quanto pare la paura fa novanta…”
ti questo lavoro fino ad oggi. Per la madre           Ma è davvero la paura a fare novanta? O
Carla “… non resterà a lungo a lavorare               forse la diagnosi ricevuta ha acquisisce un
nell’impresa di famiglia. Ormai le mancano            significato rassicurante? Che cosa significa
tre esami per laurearsi. Ha voti altissimi. Una       per Manuela essere “così malata” da aver
volta ha preso un ventotto e l’ha rifiutato.          ricevuto un’etichetta?
Solo che lavorando con noi non ha il tempo            Secondo Boscolo e Cecchin la diagnosi di
di scrivere la tesi”.                                 un membro familiare non ha sempre solo un
Forse anche Carla ha trovato il suo modo di           significato negativo: a volte, anzi, può rap-

volume 3/2011 |            modelli irriverenti    		                                             17
presentare per la famiglia una soluzione an-      e quello d’irriverenza. Per quanto riguarda
che se solo per un certo periodo di tempo.        il significato di consapevolezza rimando gli
Queste definizioni in termini di «tu sei così»    interessati alla lettura dell’articolo di Restori
possono avere una funzione pacificante.           (2010) e mi limito ad affermare come il tera-
Però, essendo, come abbiamo visto, una            peuta dovrebbe sforzarsi di intendere la con-
definizione che ferma il tempo, il problema in    sapevolezza non solo come un traguardo
realtà viene solo rimandato e prima o poi si      che deve raggiungere il suo cliente attraver-
ripresenta. Dal momento che i sistemi sono        so il processo terapeutico ma anche come
sempre in stato dinamico, ogni volta che si       un obiettivo rispetto al suo agire terapeutico.
costringe un sistema in una definizione rigi-     E qualora diverse posizioni siano antitetiche
da, si va incontro a possibili difficoltà.        per il terapeuta non resta che conciliarle at-
                                                  traverso l’uso di una buona dose di irrive-
                                                  renza perché quest’ultima “…permette di
CONCLUSIONI                                       muoversi con la libertà del gioco senza sog-
Tante sarebbero le cose ancora da dire, i         giacere a sistemi di significato impoveriti e
risvolti da analizzare, le riflessioni da poter   costrittivi. Gioco non significa assenza di re-
proporre. Sono due però i concetti essenziali     gole, ma consapevolezza che le regole sono
che ritengo debbano essere ancora ogget-          relative, convenzionali e provvisorie: cambia
to di attenzione: quello di consapevolezza        il gioco, cambiano le regole.” (2013)

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Bibliografia                                               and drive for thinness, Int.J.Eat.Disorders, 34.
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volume 3/2011 |             modelli irriverenti     		                                              19
I luoghi dell’irriverenza
               Carmela Celestre, Alessandra Negri, M. Alessandra Riccò,
               Roberta Tarantino, Allieve 2° Anno Scuola di Specializzazione in Psicologia
               Sistemica Integrata Anno 2011

Sommario
Il testo sviluppa il concetto di Irriverenza attraverso l’utilizzo di differenti tipi di lenti: storiche,
cliniche, istituzionali e artistiche; lenti che permettono una visione dell’irriverenza immersa in
contesti differenti. Lungo un continuum che attraversa teorie base sul concetto, toccando
rigidità istituzionali e tentando un superamento delle stesse, il testo si fa promotore di un’irri-
verente visione dell’applicazione in psicoterapia dell’irriverenza stessa..

Parole chiave:
Cibernetica, clown-terapia, consapevolezza, contesto, creatività, flessibilità, irriverenza, istitu-
zioni, pregiudizi.

Summary
The text develops the concept of Irreverence through the use of different types of lenses: historical,
clinical, institutional and artistic lenses that allow a vision of irreverence
immersed in different contexts. Along a continuum that runs through theories based on the concept,
touching and attempting institutional rigidities exceeding the same, the text is the organizer of an
irreverent view of the application in psychotherapy same irreverence.

Key words:
Cybernetics, clown therapy, awareness, context, creativity, flexibility, profanity, institutions, prejudices.

volume 3/2011 |             modelli irriverenti     		                                                  21
Come si è arrivati al concetto di Irriveren-          complessi in termini di circolarità, informazio-
za. Cenni storici e riferimenti teorici               ne, feedback e processualità ( Bianciardi e
                                                      Telfner, 2009).
Il concetto di irriverenza è una delle pietre mi-     La Cibernetica, pur essendosi originata nei
liari nell’evoluzione delle idee sistemiche ela-      campi dell’ingegneria e della matematica,
borate dai terapeuti della Scuola di Milano, il       ha avuto e ha grandissime implicazioni sulle
“Milan Team”, ed in particolar modo da Gian-          scienze psicologiche e sociali. Ciò che le per-
franco Cecchin, come naturale sviluppo dei            mise di confluire in esse furono innanzitutto
concetti di “ipotesi”, “neutralità” e “circolarità”   le ricerche antropologiche di Bateson tra le
(Selvini Palazzoli, et altri, 1980).                  tribù Iatmul nella Nuova Guinea, che porta-
Ma come si è arrivati all’idea di “Irriverenza”       rono alla teorizzazione di un particolare tipo
in ambito clinico? Per capire ciò è necessario        di interazione che egli definì “schismogenesi”
fare alcuni riferimenti storici che ci portano agli   (Bateson, 1976) e le cosiddette “Macy Con-
inizi degli anni ’50, periodo in cui in America il    ference”, organizzate da Bateson e dalla mo-
contesto socioculturale si caratterizzò per una       glie Margaret Mead a cui parteciparono, tra
maggiore attenzione per i disturbi psichiatrici,      gli altri, Erikson, Lewin e von Foerster.
considerati non più come incurabili e per la          Caratteristica principale di quella che fu defi-
nascita dell’Assistenza sociale e della Consu-        nita la prima cibernetica, è che ogni sistema
lenza Familiare che legittimarono un diverso          è qualcosa di più e di diverso dalla sempli-
interesse sul sistema famiglia. In questi anni        ce somma delle parti e determinante diventa
la terapia familiare si consolidò come metodo         individuare “il pattern che connette” le parti,
di trattamento, ed uscirono le prime pubblica-        più che rilevare la natura delle singole parti.
zioni di riviste tematiche come “Family Pro-          Altra caratteristica importante è la retroazione
cess”, il cui primo numero fu pubblicato nel          auto-correttiva del sistema, cioè la sua ten-
1962 (Broderick e Schrader, 1995).                    denza, attraverso feedback negativi, a mini-
In questi anni anche Bateson iniziò ad in-            mizzare i cambiamenti e a garantire l’omeo-
teressarsi ai paradossi della comunicazio-            stasi del sistema. L’approccio terapeutico di
ne, sostenendo che se la comunicazione è              tipo strategico, basandosi su tale concetto,
comportamento e il comportamento di una               supponeva che il sintomo svolgesse una
persona è comprensibile solo in relazione al          parte importante per mantenere l’omeostasi
comportamento di altri, allora il fulcro centrale     della famiglia. Il “paziente designato” veniva
della ricerca dovrebbe essere il contesto nel         istituito dalla famiglia stessa, affinché garan-
quale il comportamento si realizza (Bateson,          tisse al sistema stabilità ed equilibrio ( Selvini
1976). L’idea che è impossibile non comuni-           Palazzoli et altri, 1978).
care divenne così la premessa fondamentale            L’approccio sistemico si modificò profonda-
dell’approccio comunicazionale-cibernetico            mente intorno agli anni ’80, quando si passò
alla Terapia della famiglia (Watzlawick, 1967).       dall’osservazione dei sistemi ai sistemi os-
Il modello sistemico relazionale si fonda sul-        servanti di cui anche l’osservatore fa parte.
la rivoluzione epistemologica proposta dalla          L’idea di base era che l’osservatore non può
scienza cibernetica, la quale abbandona la            più considerarsi esterno al sistema osservato,
logica classica fondata sulla causalità lineare       in grado di osservarne le caratteristiche senza
in favore di una comprensione dei fenomeni            influenzarle e capace di indurne cambiamenti

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in modo istruttivo e prevedibile.                     un interesse crescente per la terapia come
Questo mutamento di prospettiva fu introdot-          creazione di storie e una propensione a non
to da Heinz von Foerster, il quale inventò la         interferire con le proprie idee nella costruzio-
cosiddetta cibernetica di secondo ordine ( H.         ne di storie da parte delle persone, Cecchin
von Foerster, 1981).                                  ha elaborato l’idea dell’impossibilità di neu-
L’assunzione di quest’ottica di indagine mo-          tralizzare il proprio punto di vista, sottoline-
stra all’osservatore la relatività del proprio        ando come la relazione terapeutica avvenga
punto di vista rispetto a tutti quelli possibili e    nell’interazione tra i pregiudizi della persona e
l’impossibilità di eliminare i vincoli che l’essere   quelli del terapeuta. I pregiudizi umani sono
un individuo biologico, psicologico e socia-          inevitabili e determinano la direzione verso
le pongono alle possibilità e alle capacità di        la quale si orienta tutta la nostra capacità di
osservazione. Si passa così dalla cibernetica         esperire. Per mezzo dei nostri pregiudizi, noi
classica “dei sistemi osservati”, alla “ciberne-      conosciamo il mondo e costruiamo la real-
tica dei sistemi osservanti”, cioè dei sistemi        tà. Per Cecchin, dunque, i pregiudizi hanno
viventi capaci di guardare se stessi, di osser-       anche una connotazione positiva. Tuttavia,
vare le proprie osservazioni. L’osservatore, in
                                                      ne riconosce la pericolosità nelle relazioni tra
un certo senso, diventa parte del sistema che
                                                      terapeuta e cliente, tra osservatore e osser-
osserva e risulta impossibile trascurare la sua
                                                      vato, allorché non ci si renda consapevoli di
importanza nel co-costruire la realtà osserva-
                                                      esserne influenzati. Qualsiasi pregiudizio può
ta. Da questo presupposto nasce il costrut-
                                                      essere utilizzato come punto di partenza per
tivismo, il quale attribuisce un valore fonda-
                                                      creare approcci efficaci (Cecchin, 1992) ma,
mentale al soggetto, quale costruttore della
                                                      come sostiene Whitaker “ […] non c’è una
realtà conosciuta. L’osservatore non viene
                                                      verità. Ci sono solo approssimazioni della ve-
più considerato come un elemento esterno al
                                                      rità, cosicché qualsiasi cosa si pensi o ci si
processo di conoscenza, ma anzi partecipa
                                                      domandi, […] è in realtà profondamente veri-
attivamente a costruire il sistema osservato.
                                                      tiera” (Whitaker, 1990).
La teoria della cibernetica di secondo ordine
ha successivamente dato origine a due linee           Il terapeuta, secondo Cecchin, non deve mai
di pensiero. La prima, rappresentata dalle            lasciarsi sedurre completamente da un mo-
formulazioni di Keeney (1983) von Foerster            dello o da un tipo di intervento, ma essere
e Maturana (1980), mette l’accento sul ruolo          capace di abbandonarlo quando risulta ina-
dell’osservatore nel sistema e sull’impossibili-      deguato o superato. Per fare ciò è necessario
tà di un’interazione istruttiva tra esseri viventi.   adottare un atteggiamento “irriverente”, pro-
La seconda, rappresentata dalle teorizzazioni         muovere una posizione di disobbedienza da
di Anderson, Goolishian (1988) e, successi-           parte del terapeuta verso ogni idea che limiti
vamente, da Hoffman (1990) propone una                la sua operatività e creatività. L’irriverenza, per
epistemologia narrativa che vede gli esseri           Cecchin, non è una tecnica, un modello da
umani immersi in una storia a cui tutti parteci-      seguire, ma un atteggiamento mentale, una
pano, storia che, allo stesso tempo, può cre-         capacità di osservarsi e di riflettere su di sé,
are i problemi ma anche risolverli (Cecchin,          giocando su vari livelli (Cecchin, 1993). Ap-
1993).                                                profondiremo il concetto di irriverenza nel ca-
Mentre l’approccio narrativo ha alimentato            pitolo successivo.

volume 3/2011 |            modelli irriverenti    		                                              23
Irriverenza                                          L’irriverenza è un atteggiamento di elasticità
                                                     mentale, un modo di guardare a se stessi e
Gianfranco Cecchin (1992) intende l’Irriveren-       agli altri che permette di rispettare tutte le
za come una strategia di sopravvivenza per           posizioni, livelli logici, punti di vista e modelli,
il terapeuta durante l’avventura della psicote-      in quanto consiste nella capacità di muover-
rapia. Ogni psicoterapeuta ha un modello di          si tra essi aderendovi o abbandonandoli di
riferimento ma può correre il pericolo di ripe-      volta in volta. Un terapeuta sistemico tramite
tersi, di percorrere solo la via tracciata e di      l’irriverenza può recuperare la sua iniziativa
diventare dipendente dal proprio modello. Il         non lasciandosi sedurre in toto da un model-
rischio che si corre è quindi quello di irrigidir-   lo o da una teoria al punto di esserne irretito.
si e di muoversi in schemi prefissati. Cadere        Il terapeuta irriverente quindi non sente la
nella trappola di diventare custodi ortodossi di     necessità di seguire una particolare teoria,
rigide verità può impedire allo psicoterapeuta       né le regole che gli vengono imposte dai
di comportarsi in modo diverso e di valutare         clienti, dalle istituzioni o dagli ambiti in cui
possibili punti di vista alternativi.                opera (Cecchin et al., 1992).
L’irriverenza è utile al terapeuta come via          La Storia ha mostrato come l’eccessiva fe-
d’uscita dal doppio legame molto diffuso che         deltà a un’idea può rendere l’individuo irre-
consiste nel trovarsi in mezzo tra la fedeltà al     sponsabile di fronte alle conseguenze morali
proprio modello, accompagnata dal rischio di         che scaturiscono dalle sue azioni, in quanto
essere troppo meccanico, e la propria crea-          la responsabilità ricade sull’Idea in nome del-
tività, col rischio di essere eretico e di non la-   la quale egli ha agito (Cecchin et al., 1992;
vorare in modo definito (Cecchin et al., 1992).      Cecchin, 1993). Lo stesso può succedere al
Il concetto di Irriverenza aiuta in tal senso il     terapeuta che aderisce in modo assoluto a
terapeuta promuovendo una sua posizione              un modello: credendoci fortemente rischia di
di disobbedienza verso ogni idea che limi-           usarlo come un alibi e, indipendentemente
ti la propria operatività e creatività (Cecchin,     da ciò che succede, giustifica le proprie azio-
1993). Cecchin ricorda l’atteggiamento ereti-        ni e idee in modo tautologico, trovando solo
co dei pionieri della psicoterapia familiare nei     conferme e mai smentite. L’irriverenza inve-
confronti dei dogmi psichiatrici prevalenti nei      ce permette una posizione etica più corretta
primi anni cinquanta e raccomandano l’irrive-        dal punto di vista deontologico, in quanto
renza per recuperare proprio quel senso di           concede al terapeuta di non aderire in modo
libertà intellettuale originario (Cecchin et al.,    assoluto a un modo di concepire il disagio
1992).                                               psichico e di porsi invece in una posizione di
Si è arrivati al concetto di irriverenza come        responsabilità piuttosto che di “esperto” di
“strumento di salvezza” dopo molti anni di           un modello (Cecchin et al., 1992).
credenze secondo cui un terapeuta dovreb-            Cecchin (1992) sottolinea che si può essere
be sapere e credere in cosa sta facendo, no-         irriverenti in senso proprio solamente verso
nostante le eventuali frustrazioni e problemi.       qualcosa che si conosce bene e che l’irri-
L’arrivo dell’irriverenza ha innanzitutto liberato   verenza viene quindi dopo lo studio e la co-
da tali problemi, in quanto non apparvero più        noscenza. L’entusiasmo per un modello è
come ostacoli ma come risorse (Cecchin e             necessario, perchè aiuta il terapeuta nel suo
coll., 1992).                                        lavoro con una famiglia, ma egli non deve

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perdere quella posizione di relativo distac-            Questo atteggiamento permette al terapeu-
co che permette la curiosità e il rispetto.             ta di assumersi la responsabilità delle pro-
Nel momento in cui il terapeuta riflette sulle          prie ipotesi, che sono per lui descrizioni di
conseguenze delle sue premesse e del suo                ciò che sente e vede, non spiegazioni, e allo
modo di porsi, assume allora una posizione              stesso tempo gli permette di abbandonarle
responsabile e terapeutica. In questo fran-             senza rimpianto qualora risultino inadeguate
gente, una certa dose di irriverenza sarebbe            o superate ( Cecchin et al., 1992).
necessaria al terapeuta, insieme a un certo             Un esempio che Cecchin porta è quello della
senso dell’umorismo, che si ottiene metten-             violenza familiare, un tema che suscita forti
dosi in gioco e che serve ad acquisire la ca-           reazioni emotive anche in un terapeuta. A tal
pacità di osservarsi e riflettere su di sé. L’irri-     proposito vengono portati tre punti di vista
verenza è quindi un atteggiamento mentale               differenti: un concetto di violenza vista come
riflessivo che permette al terapeuta di agire           oppressione di un aggressore su una vitti-
senza cadere nell’illusione del controllo; inol-        ma; un concetto di violenza come facente
tre, permette di conciliare posizioni apparen-          parte della natura; e un altro, più sistemico,
temente antitetiche (Cecchin et al., 1992).             che guarda invece ai modelli di interazione
L’atteggiamento di irriverenza del terapeuta            che esistono prima delle manifestazioni vio-
può anche essere nei confronti dei model-               lente e che potrebbero averle scatenate. La
li e degli schemi prefissati che vincolano la           prospettiva irriverente proposta consente di
famiglia, sabotandoli e creando incertezza              rispettare tutte le posizioni senza aderire in
nei clienti permette che possano essere co-             modo netto a nessuna: ogni teoria può es-
struiti modelli e punti di vista diversi e meno         sere utile in una determinata situazione. Ul-
costrittivi.                                            teriore esempio di irriverenza rispetto a tale
Il terapeuta irriverente cerca di tenersi fuori         argomento è stato quello di considerare la
dalle credenze condivise e non si lascia con-           violenza legata alla passione come possibile
finare in una posizione limitata a un solo livel-       ipotesi di lavoro, ciò ha permesso di osser-
lo logico. L’irriverenza permette di muoversi           vare situazioni, che in un’ottica tradizionale
con la libertà del gioco tra i vari livelli di astra-   sono considerate negative, guardandole
zione e sistemi di significato; tale gioco non          sotto una luce diversa.
significa assenza di regole, ma consapevo-              Ogni terapeuta fa riferimento a un modello
lezza che tali regole sono provvisorie, con-            o a un’ipotesi. L’irriverenza avviene non nel
venzionali e relative (Cecchin et al., 1992).           momento in cui si sceglie una linea invece
Anche Bateson parlò di come la capacità di              di un’altra, ma quando la scelta è consape-
muoversi tra punti di vista e livelli logici di-        vole e accompagnata dall’idea che verrà ab-
versi sia alla base del gioco, della fantasia e         bandonata quando sentita come superata
dell’umorismo (Bateson, 1976, 1996, 2006                o quando si riterrà che la situazione clinica
), aspetti che possiamo vedere come ingre-              necessiti un approccio diverso (Cecchin et
dienti dell’irriverenza.                                al., 1992).
L’irriverenza del terapeuta è anche nei con-            Abbiamo accennato a come l’irriverenza
fronti delle proprie ipotesi: esse non sono da          possa essere utile al terapeuta anche come
prendere troppo sul serio, bisogna credere              via d’uscita da alcuni doppi legami in cui si
in esse, ma non troppo, giocando con loro.              potrebbe trovare. È il caso del terapeuta che

volume 3/2011 |             modelli irriverenti     		                                          25
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