Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di immobili, ambiente, edilizia e urbanistica - Fiaip

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Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di immobili, ambiente, edilizia e urbanistica - Fiaip
Mensile di aggiornamento e approfondimento
                    in materia di
     immobili, ambiente, edilizia e urbanistica

Numero 46 - settembre 2017
Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di immobili, ambiente, edilizia e urbanistica - Fiaip
Settembre 2017 – Chiuso in redazione il 12 settembre 2017

Sommario

                                                                                       Pagina

NEWS
Immobili, condominio, edilizia e urbanistica, fisco, professione
                                                                                             4

RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione
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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Immobili, condominio, edilizia e urbanistica, fisco, professione
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APPROFONDIMENTI
MEDIAZIONE IMMOBILIARE E CLAUSOLE PENALI
LA CLAUSOLA PENALE NEGLI INCARICHI DI MEDIAZIONE IMMOBILIARE
Nella mediazione immobiliare è ormai diffusa la prassi di utilizzare modelli standard di
contratti di mediazione, predisposti dal mediatore per la conclusione di una moltitudine
di affari dello stesso tipo. Tale modulistica contiene normalmente la previsione di una
penale a favore del mediatore in caso di recesso anticipato del cliente o di conclusione
dell’affare diretta o tramite altri intermediari o con persone segnalate dal mediatore
dopo la scadenza dell’incarico.
Giuseppe Bordolli, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Consulente Immobiliare”, Edizione del
31 agosto 2017, n. 1027 pag. 1401-1406                                                      37
AGEVOLAZIONI FISCALI
"PRIMA CASA" SENZA BONUS SE LA DONAZIONE È SUCCESSIVA ALL'ACQUISTO A TITOLO
ONEROSO
Non spetta l'agevolazione "prima casa" per l'acquisto di un immobile a titolo gratuito,
tramite donazione, qualora il contribuente abbia già beneficiato dell'agevolazione per un
precedente acquisto a titolo oneroso, salvo che questi rivenda l'immobile preposseduto
entro un anno dall'atto di donazione.
Alessandro Borgoglio, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Consulente Immobiliare”, Edizione
del 15 settembre 2017, n. 1028 pag. 1533-1537                                               42

L’ESPERTO RISPONDE
Immobili, condominio, edilizia e urbanistica, fisco, professione
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 Mercato immobiliare e mutui
     I mutui per l’acquisto superano le surroghe

Crescono i mutui dedicati all’acquisto e superano la quota e di quelli erogati per la surroga,
mentre il tasso fisso rimane di gran lunga il preferito dagli italiani. Sono i principali risultati che
emergono dall’ultimo Osservatorio di Mutuionline.it sul terzo trimestre 2017 (anche se i dati
«solo il consuntivo dei mesi effettivamente trascorsi» e non «rappresentano quindi stime o
proiezioni di chiusura dell’intero trimestre» che si chiude infatti a fine mese).

Nel periodo considerato, i finanziamenti destinati all’acquisto della prima casa sfiorano infatti il
46%contro il 41,3% del secondo trimestre 2017, mentre i mutui di surroga scendono al 43,3%
contro il 49,7%. Il tasso fisso viene scelto invece da oltre l’83% dei sottoscrittori.

«Per quanto riguarda la durata – si legge in una nota – la maggioranza dei mutui erogati è a
20 anni (30,7%) per un importo medio pari a 124.067 euro. Il 39,8% dei mutui è stato
erogato per una classe di importo compresa tra i 50.001 e 100.000 euro».

Per quanto riguarda le classi di età, «il 44,5% dei finanziamenti è stato erogato a persone di
età compresa tra i 36 e i 45 anni e il 35,6% per una classe di reddito tra i 1.501 euro e 2mila
euro».

Infine, «il tasso medio fisso per i mutui a 20 e 30 anni si è attestato al 2,19%, in leggero calo
rispetto a luglio 2017 (2,36%). Il tasso medio variabile ha registrato una leggera flessione
(0,98% rispetto all’1% a luglio 2017)».
(Il Sole 24 ORE –Estratto da “Il Sole24Ore.com - Casa24”, 11 settembre 2017)

     Savills: crescono le intenzioni d’acquisto dall’estero

Il peggio è passato per il mercato immobiliare italiano: l'interesse degli acquirenti stranieri
cresce, il numero di compravendite aumenta e i prezzi si stanno stabilizzando. «C’è un nuovo
senso di ottimismo sul mercato italiano, l'attività è in ripresa e gli agenti immobiliari segnalano
un maggiore interesse da parte di potenziali acquirenti», spiega Paul Tostevin di Savills World
Research, autore di nuovo rapporto sul mercato immobiliare italiano.

L’interesse dall’estero è uno dei segnali maggiormente positivi, secondo Savills, sia per l’Italia
come destinazione turistica sia come luogo dove acquistare una seconda casa. Il numero di
richieste di immobili in Italia aumenta e arriva ora da un numero sempre crescente di Paesi.
«Abbiamo richieste da 37 nazionalità diverse, dalla Nuova Zelanda alla Norvegia, dalla
Thailandia a Cipro - afferma Annabel Dudley, responsabile dell'Italia di Savills –. Il numero
continua a crescere. Aumenta l'interesse dalla Cina, e da Canada e Stati Uniti».

Secondo Dudley, gli stranieri non sono più alla ricerca di un rudere da ristrutturare ma
preferiscono comprare un immobile già abitabile, possibilmente con vista mare o lago, e in
ogni caso vicino a un paese o a una città. I casali isolati sono meno richiesti di un tempo.

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Nonostante i punti interrogativi all’orizzonte le prospettive sono positive per il mercato
immobiliare italiano, secondo Tostevin: «L’incertezza politica resta, con elezioni all’orizzonte
nella primavera del 2018, ma le prospettive dell’economia stanno migliorando, la fiducia
aumenta, e i nuovi incentivi fiscali da poco approvati dal Governo dovrebbero attrarre più
investitori stranieri».

Lo studio ricorda le transazioni in aumento del 18% nel 2016, al livello più alto dal 2012, anche
se restano più basse del 39% rispetto ai massimi toccati nel 2006.

I prezzi sono scesi in media dal 30% dai massimi del 2008 e quindi «è un mercato favorevole
agli acquirenti», ma «lo sconto medio rispetto al prezzo richiesto è sceso dal 16% al 12%»,il
che è un segnale che i prezzi hanno iniziato a stabilizzarsi nel corso del 2017.

Anche secondo Savills, la ripresa è particolarmente visibile nel nord: a Milano le vendite sono
aumentate del 22% nel 2016, mentre i prezzi sono saliti dell'1,4% nel secondo trimestre di
quest’anno. «Milano è la vera success story – sottolinea Tostevin –. Grandi progetti
commerciali come Milano Porta Nuova hanno fatto da traino anche al residenziale di alta
gamma, galvanizzando il mercato».
(Nicol Degli Innocenti, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Il Sole24Ore.com - Casa24”, 11
settembre 2017)

    Mutui, i costi lievitano con le polizze. Ecco qual è il prezzo giusto

Costano dal 2% fino a punte che superano il 10-12% dell’importo erogato e continuano ad
assicurare alle banche lauti guadagni in provvigioni. Ma i consumatori sono più informati e
potrebbe presto aprirsi un mercato più competitivo, con conseguente discesa dei prezzi, grazie
alle ultime novità contenute nella legge 4 agosto 2017 (Ddl Concorrenza). Parliamo delle
polizze a protezione del mutuo, definite generalmente Cpi (Credit protection insurance), ossia
contratti vita, danni, o molto spesso multirischi, volti a garantire la corretta restituzione del
prestito in caso eventi come la morte del titolare del finanziamento, invalidità, perdita
dell’impiego per i lavoratori dipendenti o infortuni che mettano a repentaglio il reddito degli
autonomi.

Diffusione e provvigioni
«La loro diffusione è rimasta stabile negli ultimi anni. Ma c’è più consapevolezza da parte dei
clienti, alcuni dei quali addirittura considerano l’offerta assicurativa come criterio con cui
scegliere la banca cui affidarsi», ragiona Ivano Cresto, responsabile dell’area mutui dei brand
Mutui.it e Facile.it. Per costi ed opacità nelle condizioni queste assicurazioni sono però più volte
finite nel mirino dell’Ivass, che in passato ha anche condannato i premi eccessivi, spinti da
provvigioni per la rete distributiva che potevano toccare l’80%. Provvigioni che oggi,
comunque, restano sostanziose e si portano via tra il 25% e il 50% del premio.

Prezzo variabile
Qual è il prezzo corretto di una polizza Cpi? Le offerte migliori partono da circa il 2%
dell’importo erogato per una semplice protezione vita (la più diffusa, il 56,7% del totale
secondo l’Ivass) salendo intorno al 6-7% per un pacchetto di protezione completo (benché sul
mercato siano commercializzate offerte che costano quasi il doppio, con casi in cui a meno
garanzie, almeno sulla carta, corrispondo prezzi più alti).

Fondo garanzia mutui: 29.734 domande accolte per 3,4 miliardi
«Una forchetta compresa tra il 2,5% e il 6,5% dell'importo è ragionevole, considerando la
formula più diffusa, cioè quella del premio unico anticipato – conferma Luca Franzi, presidente
nazionale di Aiba, associazione italiana broker assicurativi –. Oltre questa soglia, meglio
cercare qualche preventivo in più». Ma il premio non è il solo indicatore di cui tenere conto,
anche perché le polizze non sono identiche ed è fuorviante raffrontarle guardando solo alla
spesa. Intanto, occorre valutare le reali esigenze del soggetto. «Sembra scontato, ma una

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polizza sulla vita o contro l’inabilità interesserà di più chi ha eredi da tutelare. Un giovane
single, invece, potrebbe privilegiare solo quella contro la perdita di impiego, facendo attenzione
che il contratto includa i nuovi rapporti di lavoro introdotti con il Jobs act e che abbia la
maggior durata possibile, per quanto difficilmente si trovano garanzie che coprono l’intero arco
del finanziamento, specialmente nelle durate lunghe come 30 anni», dice Cresto di Facile.it.

Polizze collettive e individuali
Poi occorre conoscere alcune definizioni. Oltre il 90% del mercato è fatto da polizze
“collettive”, opposte alle “individuali”. Sono polizze standard, basate su ampi accordi fra
istituto di credito e partner assicurativo, uguali per tutti i clienti. «Nel contratto, il contraente
non è il mutuatario ma quasi sempre è il broker assicurativo cui si appoggia la banca. Il
vantaggio è che in questo modo gli istituti spalmano il rischio su migliaia di beneficiari e
riescono a offrire prodotti più vantaggiosi e accessibili. Nel caso morte, per esempio, la polizza
collettiva ha lo stesso costo a prescindere dall’età dell’intestatario, mentre in un accordo
individuale il premio sale sensibilmente con l’aumentare dell’età», spiega ancora Cresto.

Concorrenza, che cosa cambia per mutui, tlc e professioni
Attenzione, poi, a esclusioni e casi specifici. Sempre nel “caso morte”, verificare che sia incluso
non solo il decesso per infortunio, ma anche quello conseguente a malattia, benché questa
protezione costerà un po’ di più. Per la perdita di impiego, cercare un prodotto che conceda la
durata massima di sostegno, che di solito si ferma a 12 mensilità ma in alcuni casi può arrivare
a 24 o 36 mesi. In generale, sia come costo sia come ottica assicurativa, è meglio mettere in
conto ogni eventualità e optare per un pacchetto completo di garanzie.

Eccezioni da valutare
Ma ci sono eccezioni in cui è meglio ragionare su singole garanzie. «Prendiamo un capofamiglia
che abbia già una propria polizza vita in corso quando accende un mutuo. Può chiedere di
inserire la banca fra i beneficiari invece che sottoscrivere un prodotto fotocopia», dice Franzi di
Aiba. E non è raro il caso di due coniugi entrambi intestatari del mutuo. «Se questi hanno
condizioni lavorative diverse, ad esempio il primo è dipendente privato, il secondo pubblico, si
potrebbe “giocare” associando la perdita di impiego solo al primo e l’invalidità al secondo,
valutando anche se assicurare per un importo maggiore colui che ha un reddito più
consistente», aggiunge Cresto.

Modalità di pagamento
Il premio unico anticipato è il più utilizzato: si paga tutto subito, inserendo il costo della polizza
all’interno dell’importo finanziato. La banca ci guadagna perché calcola gli interessi su una
somma più alta, il cliente diluisce il costo nelle rate lungo il piano di ammortamento.
L’alternativa è il premio ricorrente, dove il cliente paga ogni anno. È sempre una soluzione più
costosa (se prevista), ma potrebbe essere una scelta obbligata. «Spesso, infatti, quando il loan
to value è già ai limiti, intorno all’80%, non c'è ulteriore spazio per inserire il costo della
polizza. Allora si sceglie questo tipo di premio o il cliente decide di stipulare l'assicurazione vita
più avanti con l'età», conclude Cresto di Facile.it.

La legge sulla concorrenza
Il Ddl concorrenza approvato dal Parlamento prima delle vacanze estive (legge 4 agosto 2017,
n. 124, comma 135 ) ha fissato alcuni punti che vanno nella direzione di rendere più
trasparente il mercato delle polizze abbinate ai mutui. Ma restano alcune zone d’ombra. In
primo luogo, viene sancito il principio che il consumatore sia libero di scegliersi sul mercato
l’assicurazione, sia vita sia danni, e questa deve essere accettata dall’istituto di credito. Una
condizione che dovrebbe aprire il mercato a prodotti meno cari e facilmente confrontabili tra
loro. Infatti la legge obbliga la banca ad accettare la polizza del cliente, purché il contratto
rispetti una serie di contenuti minimi.

Nei prossimi mesi, Abi, Ania e Ivass dovrebbero essere chiamate a definire un elenco di
caratteristiche standard dei contratti. Naturalmente, però, può essere anche la banca a
proporre una polizza, dietro sollecitazione propria o del consumatore. E in questo caso, il
legislatore e l’autorità di vigilanza dovranno chiarire se resti ancora valida l'indicazione del
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Decreto Salva Italia del 2012, che si limitava peraltro alle polizze vita, e che imponeva alle
banche di fornire due preventivi extra gruppo, insieme alla polizza “di casa”.

Diritto di recesso
In secondo luogo, il Ddl conferma quanto già indicato al mercato dall’Ivass e cioè che su
queste polizze vale un diritto di recesso a favore del cliente di 60 giorni dal momento della
stipula. Il testo aggiunge che la banca dovrà illustrare questa opzione al cliente con una
comunicazione ad hoc, separata dal resto della documentazione contrattuale.

In terzo luogo, per rendere chiaro il costo dell’assicurazione, l’istituto è tenuto a «informare il
richiedente della provvigione percepita e dell’ammontare della provvigione pagata dalla
compagnia assicurativa all’intermediario, in termini sia assoluti che percentuali sull’ammontare
complessivo».
(Adriano Lovera ed Emiliano Sgambato, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Il
Sole24Ore.com - Casa24”, 7 settembre 2017)

    Gli italiani comprano la seconda casa in Spagna

Gli italiani sognano ancora la casa all’estero, ma non si vedranno le impennate negli acquisti
registrate nel 2015.

Il primo semestre 2017 ha fotografato, infatti, un trend stabile delle transazioni oltrefrontiera
da parte delle famiglie italiane rispetto al 2016. Secondo le stime di Scenari Immobiliari
quest’anno dovrebbe chiudersi con 46mila acquisti all’estero, circa mille compravendite in più
rispetto al 2016 (nel 2015 erano state 47.600).

La meta prediletta si conferma l’Europa, dove spicca però la disaffezione verso Londra. È la
Spagna che attira il 28% degli acquisti complessivi (previsti al 30% in chiusura d’anno), grazie
a prezzi ancora attraenti ma in risalita, a un costo della vita contenuto, alla facilità della lingua
e agli efficienti collegamenti con voli low-cost. Spagna, Stati Uniti e Portogallo catalizzeranno a
fine anno quasi il 50% degli acquisti. Le transazioni sono stabili a Madrid, ma aumentano a
Barcellona, con un’ampia percentuale di acquisti per i figli, in considerazione dell’offerta di
numerosi corsi under e post-graduate, e Valencia.

«Il consolidamento della ripresa del mercato immobiliare e l’interesse per il permesso di
residenza, che garantisce l’esenzione dall’imposta sui redditi per dieci anni, accentuano
l’interesse per il Portogallo - dicono da Scenari Immobiliari -, dove però gli acquisti sono
concentrati quasi esclusivamente sugli immobili ristrutturati nel centro di Lisbona, considerata
la capitale più conveniente dell’Europa occidentale, e in Algarve». Sono scesi, invece, gli
acquisti nell’Europa orientale così come in Grecia, dove il flusso continua a essere concentrato
nelle isole.

La Francia attira l’8% dei flussi totali (come la Grecia), grazie al buon andamento delle località
turistiche invernali. «Parigi ha registrato un rallentamento degli investimenti legato sia
all’effetto terrorismo (e forse così sarà anche per Barcellona nei prossimi mesi, ndr) sia alle
novità introdotte in tema di affitti, che limitano le potenzialità di rendimento» spiega il report.
Nella capitale si guarda oltre le aree centrali, troppo care, e si prendono in considerazione le
zone orientali o la Grand Paris, nell’ambito della quale sono molto richieste Saint-Denis e
Saint-Germain-des Près. Tra le zone turistiche è stabile la Costa Azzurra e si conferma
l’interesse per le abitazioni rustiche, soprattutto nel Bordeaux e in Provenza, mentre crescono
a un ritmo rapido gli acquisti in montagna. La località più richiesta dagli italiani è Chamonix.

Seconde case, non frena la domanda dall’estero
Se la montagna francese richiama acquirenti, quella svizzera soffre. In primis per via dei prezzi
stellari raggiunti negli ultimi anni. Per comprare casa a Gstaad o St Moritz raramente bastano
15mila euro al metro quadro. In forte crescita rispetto agli anni scorsi sono gli acquisti a
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Dublino, caratterizzata da un forte sviluppo economico e infrastrutturale. Come anticipato,
l’incertezza sugli accordi di Brexit e il rischio di turbolenze geopolitiche frena la ricerca di asa a
Londra da parte dei nostri connazionali. Un ruolo importante lo giocano anche le imposte:
l’imposta di bollo è stata portata al 3% e c’è il timore di nuovi aumenti.

Gli acquisti in Germania seguono un trend stabile, concentrando circa il 5% degli investimenti
complessivi. Prende piede l’atteso aumento della domanda come conseguenza del trasloco da
Londra della sede di alcune società multinazionali. Per le case, invece, a causa del continuo
aumento dei prezzi si teme il rischio di bolla immobiliare, che potrebbe giocare un ruolo
importante nella partita delle elezioni politiche di settembre. La quota più consistente degli
acquisti italiani è concentrata a Berlino, grazie ai prezzi che restano competitivi rispetto ad
altre capitali europee.

Un cambio euro/dollaro meno vantaggioso frena gli sbarchi a New York. Tra le zone più
richieste ci sono Tribeca, Chelsea e, soprattutto, i nuovi immobili a Ground Zero, che sta
diventando una delle zone più vivaci della città.
(Paola Dezza, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Il Sole24Ore.com - Casa24”, 7 settembre
2017)

     Il mercato immobiliare europeo cresce, Italia in coda

La pressione geopolitica creata negli ultimi giorni dalla Corea del Nord è solo una delle variabili
e delle sfide che i mercati europei hanno avuto e hanno davanti quest'anno (elezioni politiche,
inflazione più elevata e progressivo ritorno alla normalità monetaria). In un contesto che non è
difficile definire “ingarbugliato” l'immobiliare resta attrattivo, con un aumento dell'attività nella
maggior parte dei Paesi. E' la fotografia scattata da Scenari immobiliari per l'Outlook 2018, che
verrà presentato a Santa Margherita Ligure in occasione del 25esimo Forum della società nella
ridente cittadina di mare, intitolato quest'anno “La città degli uomini”.

Secondo Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, sono in rialzo le stime di crescita
delle nazioni europee nel 2017 e anche le prospettive per il 2018 sono state riviste in positivo,
con l'unica eccezione del Regno Unito, vittima delle scelte sulla Brexit. La fuga di investitori
privati e istituzionali a favore delle altre piazze europee come Berlino, Monaco, Milano e
Bruxelles, ha rallentato la crescita del settore, concretizzandosi anche nella fuga di capitale
umano.

Nonostante l'interesse crescente per Milano, però, in Italia i segnali economici positivi non sono
tali da garantire una vera ripresa, anche perché il Paese non è riuscito a sfruttare come altri le
opportunità derivanti dal Quantitative Easing, dal basso prezzo del petrolio e dai tassi di
interesse ai minimi storici. “La crescita è modesta, la pressione fiscale è ancora troppo elevata,
la disoccupazione, soprattutto giovanile, è tra le più alte in Europa e il sistema bancario è
sempre fragile” recita l'outlook.

Il fatturato immobiliare è aumentato ovunque, fatta eccezione per il Regno Unito, dove il
brusco rallentamento dell'attività nel periodo post-Brexit ha comportato una flessione del 14
per cento. Più nel dettaglio i mercati immobiliari stanno facendo meglio dell'economia.

Gli ultimi mesi, tuttavia, hanno registrato un ritorno alla normalità e, nonostante gli elementi di
incertezza, il 2017 dovrebbe chiudere con il segno positivo, seppure a un ritmo più lento
rispetto alle nazioni concorrenti. Italia e Francia hanno registrato un aumento analogo nel
2016, ma si prevede un'accelerazione nel 2017, modesta in Italia e più consistente in Francia.
L'Italia arriverà a un fatturato immobiliare di 118.550 milioni di euro a fine 2017, contro i
114.000 milioni del 2016, mentre la Francia si assesterà a 152.000 milioni, l'Inghilterra a
115.000 milioni, la Germania a 215.000 milioni. In tutto i cinque maggiori Paesi europei (la
Spagna registrerà a fine anno un fatturato di 96.0000 milioni) registreranno a fine 2017 un

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fatturato di 696.550 milioni di euro (in crescita del 6%, del 9% l'anno prossimo). “Il mercato
immobiliare assomiglia all'Italia di Ventura che abbiamo visto in campo l'altra sera contro la
Spagna” dice Breglia.

La carenza di offerta, soprattutto nelle top location, continuerà a rappresentare il focus degli
investitori in cerca di un basso livello di rischio, senza però dare avvio a sviluppi speculativi
accentuati. Questa carenza di prodotto nelle piazze più “sicure” comporta cambiamenti di
strategia da parte degli investitori. Gli opportunistici, che possono contare su liquidità elevata,
concentrano l'attenzione sugli immobili dismessi dai fondi sia nel comparto uffici che nei settori
alternativi. Si cercano anche location secondarie con rendimenti elevati, in grado però di
innescare un meccanismo virtuoso di ripresa e crescita.

La recessione è ormai alle nostre spalle, ma da Paese a Paese cambia l'intensità della crescita.
I maggiori successi riguardano il mercato spagnolo, in forte ripresa nel 2017, con previsioni di
prosecuzione del trend nel 2018, anche se il valore assoluto del fatturato rimane inferiore
rispetto a Francia e Germania.

Le compravendite residenziali, la fetta più consistente del fatturato immobiliare, sono in
crescita nella maggior parte dei Paesi. Il 2017 registra un aumento medio compreso tra il 3%
del Regno Unito all'8% della Spagna. Bene l'Italia, che nel 2016 ha segnato l'incremento più
elevato dopo un lungo periodo di stagnazione del 14 per cento. “Ma il nostro è ancora un
mercato contenuto, abbiamo la meta delle transazioni della Francia a parità di abitanti” dice
Breglia.

Osservando l'andamento dei volumi delle transazioni dei cinque grandi Paesi europei si nota
che i volumi sono tornati vicini a quelli del 2000, cioè prima del boom. Sembra che tutto sia
pronto per l'inizio di un nuovo ciclo positivo del mercato immobiliare.
(Paola Dezza, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Il Sole24Ore.com - Casa24”, 6 settembre
2017)

    Compravendite: +1,8% nel primo trimestre, +6,5% su anno

Nel primo trimestre le convenzioni notarili di compravendite per unità immobiliari (169.527)
crescono dell'1,8% su base congiunturale (+1,6% il settore dell'abitativo e +4,5% il comparto
economico). In termini tendenziali le convenzioni notarili di compravendite per unità
immobiliari aumentano del 6,5% (settore abitativo +6,5% e comparto economico +5,5%) in
un contesto di rallentamento della crescita. Lo comunica l'Istat.

Gli incrementi congiunturali più significativi interessano il nord-est sia per il complesso delle
compravendite di immobili (+3,1%) che per il comparto abitativo (+3%), il nord-ovest e il sud
per l'economico (+5,2% entrambe). Una lieve flessione si evidenzia, invece, al Centro sia per il
complesso delle transazioni (-0,1%) che per il settore abitativo (-0,2%).

L'aumento su base annua interessa tutte le ripartizioni geografiche, con incrementi più
significativi nel nord-est e nel nord-ovest per il settore dell'abitativo (rispettivamente +8,8% e
+8,2%) e nelle Isole e nel nord-est per quello economico (+9,5% e +8,1%). La crescita
tendenziale interessa sia le città metropolitane sia i piccoli centri: per l'abitativo
rispettivamente +7% e +6,1%, per il comparto economico +4,6% e +6,2%. Il 93,8% delle
convenzioni stipulate riguarda trasferimenti di proprietà di immobili a uso abitativo e accessori
(159.024), il 5,6% quelli a uso economico (9.534) e lo 0,6% quelli a uso speciale e
multiproprietà (969).
(Il Sole 24 ORE – Estratto da “Tecnici24”, 5 settembre 2017)

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    Dove l’immobiliare corre di più

Nella top ten dei mercati immobiliari che nel primo trimestre 2017 registrano un’importante
crescita annuale dei prezzi delle abitazioni c’è molta Europa. Sei Paesi su dieci fanno parte del
Vecchio Continente, con Islanda (+16,01%) e Irlanda (+8,91%) che entrano di diritto nelle
prime cinque posizioni della classifica.

È quanto emerge dalle ultime rilevazioni di Global Property Guide (Gpg), osservatorio dedicato
agli investitori del real estate, che compara i dati relativi ai mercati immobiliari pubblicati da 45
Paesi, definendo l’andamento complessivo del settore nel primo trimestre dell’anno. Sono 27
quelli che vedono aumentare i prezzi delle case.

La top ten degli aumenti
A guidare la classifica dei mercati più forti c’è Hong Kong che registra, anno su anno, un
aumento dei prezzi delle abitazioni del 17,27 per cento. Alle sue spalle l’Islanda, che vede
aumentare la richiesta di alloggi a fronte di un’offerta molto limitata, soprattutto nella capitale
Reykjavik. Crescita a due cifre anche per Cina (+13,16%, il dato si riferisce però al solo
mercato delle case di seconda mano di Shanghai) e Canada (+11,70 per cento). Chiude la top
five l’Irlanda, seguita nelle successive tre posizioni da Montenegro (+8,68%), Romania
(+7,61%) e Norvegia (+7,38 per cento). «I Paesi dell’Europa dell’Est — commenta Matthew
Montagu-Pollock, ceo Global Property Guide — appaiono molto interessanti e in rapida crescita.
Anche Dublino, nonostante il forte aumento dei prezzi degli immobili, si conferma mercato di
rilievo. Rimanendo in Europa, Lisbona sembra prepararsi a un boom grazie soprattutto al suo
fascino, aspetto da non sottovalutare». Le ultime due posizioni della classifica sono occupate
da Nuova Zelanda (+7,26, incremento sostenuto dalla ricostruzione post-terremoto, in
contrasto con la riduzione della domanda di abitazioni che ad aprile ha fatto registrare un -
31% anno su anno nel numero delle compravendite) e Olanda (+7,11%, nonostante la
modesta crescita economica).

Il mercato italiano
Nella classifica di Gpg non c’è l’Italia, per la mancanza di dati aggiornati al momento
dell’elaborazione dello studio. Montagu-Pollock, però, si sofferma sui fattori di forza e
debolezza del mercato italiano: «Tutti vorrebbero viverci. È un importante fattore competitivo
duraturo, destinato anzi a rafforzarsi. Va bene per chi vuol comprare una proprietà in un
centro cittadino e gestire un’attività su “modello Airbnb” ma è un fattore meno attrattivo per
un investitore straniero. I canoni di affitto non sono alti e le prospettive di un aumento nel
lungo termine sono basse, a meno che non si registri una crescita economica più rapida».

Chi perde terreno
Vaste aree del mondo vanno in controtendenza. Medio Oriente, America Latina, buon parte
dell’Asia, infatti, fanno registrare importanti flessioni dei prezzi delle case. È l’Egitto a
guadagnare la maglia nera, con una perdita del 16,68% del valore degli immobili tra il primo
trimestre 2016 e lo stesso periodo del 2017. Seconda posizione per il Qatar (-10,63 per cento).
La Russia, oltre a conquistare il terzo posto della classifica dei mercati più deboli, con il suo -
8,33% (il calo più basso dalla fine del 2014), si conferma la piazza europea in maggiore
difficoltà. Non va meglio in Macedonia (-7,92%) e Puerto Rico (-6,96 per cento). Tra i mercati
del Vecchio Continente caratterizzati dal segno meno c’è anche l’Ucraina (-5,05%, dato relativo
alla sola capitale), che sconta ancora i postumi del conflitto con la Russia, concluso
ufficialmente nel 2015. Più contenute le flessioni registrate da Grecia (-3,13%), Svizzera (-
1,69%) e Finlandia (-0,6 per cento)
(Daniela Russo, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Plus24”, 26 agosto 2017)

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    Il 6% dei mutui è erogato agli stranieri

La fase espansiva del mercato del credito immobiliare che sta caratterizzando gli ultimi anni,
dopo un lungo periodo di rubinetti serrati da parte della banche, sta agevolando anche il
ritorno dei finanziamenti concessi agli stranieri, che riescono quindi a riaffacciarsi sul mercato
della casa di proprietà.

Secondo un’analisi dei siti Facile.it e Mutui.it su un campione di oltre 3.500 pratiche concluse
nel primo semestre di quest’anno, infatti, il 6% dei mutui erogati in Italia è destinato a
cittadini non italiani.

L’importo medio erogato ai mutuatari stranieri è di poco superiore a 109.800 euro e serve a
coprire il 68% del valore dell’immobile.

La classifica dei mutuatari stranieri che hanno comprato casa nel nostro Paese è guidata dai
cittadini della Romania, cui fa capo il 15,1% dei mutui erogati a richiedenti con nazionalità non
italiana; seguono i cittadini di Albania (11,9%), Svizzera (11,4%), Moldavia (6,8%) e
Germania (5,9%). Gli extracomunitari rappresentano il 25,6% delle pratiche andate a buon
fine.

«Da notare l’assenza nelle prime posizioni di due nazionalità che invece rappresentano
comunità ben consolidate sul territorio italiano: quella cinese e quella marocchina – si legge in
una nota – evidentemente meno “inclini” a richiedere l’aiuto della banca o ad acquistare
immobili».

Le cifre erogate e la percentuale del valore dell’immobile che si vuole finanziare col mutuo
«variano notevolmente a seconda della nazionalità del richiedente. I mutuatari di origine
rumena, ad esempio, hanno ottenuto in media 105.400 euro, pari al 72% del valore della casa,
mentre gli albanesi poco più di 87.200 euro (76% del valore della casa); importi decisamente
maggiori per gli inglesi (oltre 193.800 euro, il 68% del valore della casa) e francesi (175.600
euro, il 65% del valore della casa)».
(Il Sole 24 ORE – Estratto da “Il Sole24Ore.com - Casa24”, 23 agosto 2017)

    Il 15% degli atti immobiliari sui fabbricati riguarda le donazioni

Le donazioni rappresentano una fetta significativa (ma spesso trascurata) degli scambi
immobiliari. A fare luce sul fenomeno sono i dati statistici diffusi per la prima volta dal
Notariato: alle oltre 630mila compravendite di fabbricati registrate nel 2016 – comprese
pertinenze e immobili strumentali e di cui il 3% trasferiti in nuda proprietà e l’1,4% per il solo
usufrutto – vanno infatti aggiunte 72.403 donazioni, 24.501 donazioni di nuda proprietà e
10.621 donazioni di usufrutto (sempre di soli fabbricati, quindi esclusi i terreni, le servitù, i
diritti di superficie eccetera). Per un totale di 107.525 atti: vale a dire che ogni 100 transazioni
15 sono donazioni.

«Si tratta di una quota pressoché costante nel tempo – commenta Giampaolo Marcoz,
consigliere nazionale del Notariato – soggetta a picchi ogni volta che ci sono ipotesi o semplici
rumors su eventuali modifiche alla tassazione su donazioni o successioni». Le due fattispecie
sono infatti soggette alla stessa imposizione fiscale, che in questo momento si può considerare
abbastanza vantaggiosa, dato che è più bassa di quella applicata alle compravendite:
limitandosi alla cerchia dei parenti più prossimi, entro la franchigia di un milione di euro per
ciascun beneficiario si applicano solo le imposte di trascrizione e catastale pari rispettivamente
al 2% e all’1% del valore (o 400 euro in tutto in misura fissa se si opta per i benefici prima
casa). Il timore che spinge a donare è in sostanza che in futuro possa diventare più costoso il
passaggio dei beni in termini di tasse di successione. Inoltre, la scelta è fatta anche per pagare
meno Imu: “tipicamente ci si libera infatti di una seconda casa per intestarla come abitazione

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principale (su cui non grava l’imposta)” a un figlio o a un nipote. In genere la donazione della
casa è quindi un anticipo di eredità: le analisi comparative del Notariato confermano del resto
come «dove si dona meno si utilizza maggiormente lo strumento del testamento per le
pianificazioni familiari e viceversa». Bisogna però anche tener conto che la divisione che può
sembrare equa in un certo momento della vita, può non esserlo al momento della successione
per i più vari motivi: “dal cambiamento della composizione e della ricchezza familiare alla
variazione del valore dei beni. E mentre un testamento si può sempre cambiare, è più difficile
“correggere” strategie basate sulla donazione. «La preferenza accordata alla donazione –
“aggiunge Marcoz – dipende però anche da una motivazione psicologica: i genitori hanno il
desiderio di vedere gli eredi “sistemati” quando sono ancora in vita. Gli stessi obiettivi di
assegnazione di “che cosa a chi” si potrebbero raggiungere con un testamento, ma è uno
strumento poco utilizzato in Italia».

Se si guarda alla distribuzione per classe anagrafica (vedi grafico a lato) si trova conferma del
fatto che l’età del donante di fabbricati è sempre elevata (il 78% ha più di 56 anni). L’età di chi
riceve il bene, invece (donatario) è meno sbilanciata verso il basso di quanto ci si possa
attendere (il 55,5% ha meno di 45 anni). «Questo con ogni probabilità è dovuto al fatto che le
nuove generazioni si stabilizzano più tardi a livello familiare e professionale e quindi c’è un
differimento nel tempo del passaggio, che avviene solo nel momento in cui c’è una ragionevole
sicurezza sulla stabilità della situazione familiare e lavorativa del donatario. Il consiglio che in
genere dà il notaio – continua Marcoz – a chi è intenzionato a un atto di liberalità verso i
parenti più affini, è di valutare se il bene è destinato a rimanere a lungo nella disponibilità del
patrimonio del beneficiario, per evitare i problemi che potrebbero derivare alla futura
circolazione dell’immobile». Occorre tenere conto cioè che una casa donata è difficilmente
rivendibile. Questo perché – in caso di morte del donatore e dell’apertura di una successione –
gli eredi potrebbero agire in giudizio per vedersi riconosciuta la parte di eredità cosiddetta
legittima – la quota di cui non si può disporre liberamente nel definire la destinazione dei
propri beni – erosa dalla donazione. La massa ereditaria oggetto di successione, infatti, non è
solo quella “censita” al momento del decesso, ma comprende anche le donazioni fatte in vita
(a valori aggiornati). Quindi acquistare una casa che è stata in precedenza donata espone al
rischio di rivendicazione da parte degli eredi dell’originario proprietario, fatto che ovviamente
ne limita la commerciabilità.

«In realtà – chiosa il notaio – in giurisprudenza non si trovano casi concreti al riguardo. Anche
perché prima di poter pretendere di aggredire la casa donata, l’erede che ritiene di essere
stato svantaggiato dalla donazione in sede successoria, deve prima rivalersi sul donatario che
ha poi rivenduto il bene e solo in caso di insufficiente capienza di quest’ultimo, arrivare a
chiedere al giudice la restituzione del bene o di parte del suo valore». Sono però soprattutto le
banche a non voler correre rischi, seppur remoti, e quindi a bloccare i mutui legati agli acquisti
di immobili donati: il diritto dell’erede ha infatti precedenza rispetto a quello stabilito
dell’ipoteca. Se l’acquisto si fa “in contanti” non è però sempre sconsigliabile: l’importante è
verificare bene la situazione patrimoniale del venditore e, nel caso, del donante originario.
Tenendo presente che la possibilità di agire in giudizio si estingue in 20 anni per la donazione e
in 10 per la successione.

Mettendosi invece nei panni di chi il bene lo ha ricevuto in donazione, è bene ricordare che per
“liberarlo” da vincoli è sufficiente che gli altri eredi dichiarino di rinunciare all’azione di
riduzione. Per evitare la limitata circolazione del bene, in passato si ricorreva anche a finte
compravendite. Oltre al falso che si metterebbe in atto, compromettendo anche la trasparenza
della successione, oggi questa operazione non viene più praticata a causa delle norme
antiriciclaggio più severe sulla trasparenza dei passaggi di denaro.

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(Emiliano Sgambato, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Casa24Plus”, 20 luglio 2017)

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 Immobili e condominio
    Contabilizzatori, ora si parte

Termine scaduto il 1° luglio: per essere in regola non basta la delibera.

Dal 1° luglio 2017 è definitivamente in vigore l’obbligo di dotare gli impianti di riscaldamento
centralizzati dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore. Non si ritiene
condivisibile l’interpretazione secondo la quale sia sufficiente la sola delibera di dare incarico
all’impresa. Per quanto giuridicamente non vincolante, sul punto si è pronunciato anche il Mise
nella Faq del mese di giugno 2017 al punto n. 7. Chi non si è adeguato per tempo, pertanto,
potrà essere assoggettato alla sanzione amministrativa da 500 a 2500 euro per ciascuna unità
immobiliare. Sono esentati dall’esecuzione di qualsiasi intervento, solo coloro che hanno
ottenuto una relazione così detta “esimente” ai sensi dell’articolo 9 comma 5 lettera c) del Dlgs
102/2014. Questa deve dimostrare che l’installazione di tali sistemi risulti essere non efficiente
in termini di costi con riferimento esclusivamente alla metodologia indicata nella norma Uni En
15459. In questo caso la relazione deve essere firmata da un professionista abilitato. Non è
richiesta l’asseverazione. Tale ultimo requisito è invece obbligatorio per la relazione necessaria
ai fini della non applicazione della norma tecnica Uni 10200 per la ripartizione della spesa del
riscaldamento.

L’obbligo di adozione dei sistemi di contabilizzazione e di termoregolazione riguarda i
condominii e gli edifici polifunzionali. Questi ultimi dovrebbero essere intesi quali edifici
appartenenti ad un solo proprietario le cui unità immobiliari sono occupate da soggetti diversi
tra i quali deve essere ripartita la spesa del riscaldamento. Sul punto non vi è alcuna eccezione
nemmeno nelle leggi regionali. Ne consegue che anche gli edifici di edilizia popolare devono
essere adeguati. Si ricordi che ai sensi dell’articolo 26 comma 5 della legge 10/1991, gli
interventi volti all’adozione dei sistemi di termoregolazione sono “innovazioni”. Ne consegue
che di questi deve esserne data notizia presso il catasto degli impianti termici che le Regioni e
le Province autonome, devono avere istituito ai sensi del Dpr 74/2013 articolo 10 comma 4. È
quindi sufficiente che la Regione interroghi il sistema informatico per capire quali impianti
centralizzati non siano stati adeguati alla normativa. Infatti, ai sensi dell’articolo 16 comma 14
Dlgs 102/2014, le sanzioni sono irrogate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di
Bolzano o enti da esse delegati.

Ciascuna Regione ha quindi regolamentato le modalità di inserimento di tali informazioni. In
caso di mancata effettuazione degli interventi stante la relazione “esimente”, occorre verificare
cosa prevede la piattaforma informatica. In Piemonte, ad esempio, non è previsto che la
relazione venga inviata in forma ufficiale. Tuttavia, all’atto del caricamento del Rapporto di
controllo, viene richiesto se l’impianto è di tipologia centralizzata e in questo caso se esiste o
meno la termoregolazione/ contabilizzazione e, in caso negativo, viene data la possibilità di
caricare una scansione della relazione.

Altra cosa è, invece, la sanzione da 500 a 2.500 euro per la ripartizione della spesa del
riscaldamento non effettuata in base alla norma Uni 10200 o al criterio indicato nel Dlgs
102/2014 articolo 9 comma 5 lettera d). In tal caso la sanzione è riferita al condominio e non
per ogni proprietario. L’amministratore deve conservare la relazione sottoscritta dal
professionista o, in alternativa, la relazione asseverata.
(Il Sole 24ORE – Estratto da “Il Sole24Ore.com – Norme e Tributi”, 12 settembre
2017)

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 Immobili e fisco
     Tassa Airbnb, confermata al 16 ottobre la ritenuta del 21%

Si è tenuto ieri (N.d.R. 6 settembre) il primo tavolo di concertazione tra Mef, agenzia delle
Entrate, portali e agenti immobiliari sull’applicazione della «tassa Airbnb» prevista dal Dl
50/2017, cioè l’effettuazione di una ritenuta del 21% sugli affitti brevi (entro i 30 giorni)
effettuata dagli operatori che gestiscono contratti e pagamenti del canone.

L’obbligo inizialmente previsto vedeva la prima scadenza al 17 luglio (canoni incassati in
giugno) ma le difficoltà nell’adeguarsi rapidamente da parte di agenti e portali aveva portato a
una riflessione: in pratica, aveva riferito il presidente degli agenti immobiliari Fiaip Paolo
Righi, l’Agenzia conveniva sulla necessità di applicare i tempi dello Statuto del contribuenti,
che avrebbero evitato accertamenti e sanzioni sul mancato adempimento sino al 12 settembre
(tre mesi dopo l’entrata in vigore del Dl 50/2017), quindi il primo adempimento, ai fini di
versamento della ritenuta, scatterà il 16 ottobre per i canoni gestiti in settembre.

«Il tavolo ha confermato la volontà di Agenzia e Mef di mantenere quanto da me detto in
agosto - spiega Righi -: applicazione dello Statuto con partenza dell’obbligo di ritenuta dal 12
settembre. Sul tema ho chiesto al viceministro Luigi Casero una copertura politica in sede di
legge di Bilancio per coprire il buco normativo». Un punto essenziale dell’incontro è stata la
conferma dell’avvio immediato della formazione per gli agenti immobiliari, in modo da metterli
in grado di affrontare senza patemi la scadenza del 16 ottobre.

«Le guide per noi agenti partiranno entro il 20 di questo mese - prosegue Righi - ma abbiamo
anche chiesto di evitare del tutto l’adempimento. Però non sembra sia possibile».

«Diciamo - spiega Casero - che è l’inizio di un tavolo per affrontare tutti i temi dal punto di
vista tecnico e risolvere le difficoltà, anche con leggi e circolari. Forse basta l’applicazione dello
Statuto del contribuente ma tutto questo, appunto, va valutato. Riteniamo che si debba
intervenire con una digitalizzazione complessiva del sistema e questo dell’immobiliare è un
elemento importante. Cedolare e sostituto d’imposta rendono tutto più semplice, quindi si
tratta di scelte irrinunciabili e cerchiamo il modo migliore per definire i comportamenti».

Righi dà una valutazione decisamente positiva di questo primo incontro (c’era anche il neo
direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini). Il primo risultato concreto, spiega Righi, è
l’organizzazione di corsi in aula presso l’Agenzia e di programmi di e-learning. «La prossima
settimane elaboreremo le criticità come la doppia imposizione e la questione lordo/netto
rispetto ai servizi aggiuntivi come la fornitura di biancheria» prosegue Righi. «Ma in ogni caso
l’evasione verrà fermata dalle comunicazioni che gli agenti e i portali faranno a inizio 2018 sui
contratti 2017, quindi non c’è da temere perdita di gettito».

Rimane il problema della tassa di soggiorno, evidenziato anche da Casero: «I Comuni hanno
infinite tipologie diverse anche nell’applicazione. Il portale come per Imu e Tasi si può fare ma
non penso che risolva il problema».
(Saverio Fossati, Il Sole 24ORE – Estratto da “Il Sole24Ore.com – Norme e Tributi”, 7
settembre 2017)

     Ecobonus condominio: via libera per la cessione del credito alle banche

Il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate, prot.165110 del 28.8.2017,
sostituisce quello dello scorso 8.6.2017, a seguito delle modifiche introdotte dall'art.4-bis, Dl
50/2017, convertito nella legge 96/2017, la cd. manovra correttiva.

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La principale novità introdotta dal provvedimento riguarda la possibilità per i contribuenti che
rientrano nella "no tax area", e dunque sono esclusi dall'imposizione IRPEF per espressa
previsione o perché l'imposta lorda viene assorbita dalle detrazioni previste dal TUIR, di cedere
il credito relativo all'Ecobonus condominio a banche e intermediari finanziari, oltre che a
fornitori ed imprese edili (quest'ultima possibilità è concessa a tutti i contribuenti).

Il provvedimento specifica inoltre che il credito relativo all'Ecobonus condominio non può
essere in nessun caso ceduto alle PPAA. Il credito d'imposta cedibile, che a questo punto
ricomprende anche i contribuenti che ricadono nella "no tax area", è pari alla detrazione delle
spese, all'imposta lorda, sostenute nel periodo tra l'1.1.2017 e il 31.12.2021. Detraibile: il
70%, per gli interventi che interessano l'involucro dell'edificio; il 75%, per gli interventi
finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale. Il limite massimo di spesa a cui
applicare la detrazione è pari a 40mila euro moltiplicato il numero delle unità immobiliari che
compongono l'edificio e deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo. Se si
intende procedere con la cessione, occorre comunicare all'amministratore di condominio
l'avvenuta cessione, l'accettazione del cessionario e la denominazione e il codice fiscale di
quest'ultimo, entro il 31 dicembre del periodo di imposta di riferimento
(Il Sole 24ORE – Estratto da “Tecnici24”, 7 settembre 2017)

 Immobili locazione e vendita
    La ripartizione delle spese tra venditore e acquirente

La questione
E’ inevitabile, quasi fisiologico, che nell'edificio in condominio – composto sì da parti comuni,
ma anche da un insieme di unità immobiliari esclusive – si avvicendino le persone dei titolari di
dette proprietà private.

Sorge quindi il problema di ripartire tra venditore e acquirente le spese per oneri di gestione.

I principi
La questione della ripartizione delle spese tra venditore e acquirente di un'unità immobiliare
compresa in un condominio ha dato luogo non solo a una serie di articolate problematiche, ma
anche a una disputa interpretativa comprovata dalle numerose sentenze sull'argomento.

Per di più tale specifica fattispecie coinvolge alcuni principi teorici piuttosto complessi, che
attengono precisamente alla qualificazione e all'insorgenza dell'obbligo di pagamento degli
oneri condominiali.

Andando per sintetici punti, va ricordato che:
a. l'obbligo di sostenere i costi di manutenzione e di gestione dell'edificio grava direttamente
sui titolari del diritto di proprietà sulle porzioni di piano facenti parte dell'edificio (e anche,
come noto, sui comproprietari pro indiviso, sull'usufruttuario e sul nudo proprietario);

b. tale obbligo (di pagamento) viene comunemente qualificato come propter rem;

c. una siffatta qualificazione comporta la conseguenza che il dovere sorge in capo ai suddetti
titolari non in forza di un contratto e/o di una dichiarazione di volontà, ma per il semplice fatto
di essere appunto titolari;

d. nel caso del subentro di un nuovo titolare (di solito, in forza di compravendita) sussiste
certamente un preciso momento temporale dal quale la titolarità passa da un soggetto all'altro

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e che può essere tenuto in considerazione per effettuare (in favore del venditore o in favore
dell'acquirente) l'attribuzione di un determinato costo;

e. l'art. 63 disp. att. cod. civ. tuttavia assegna all'acquirente (sempre di un'unità immobiliare
compresa nell'edificio) una responsabilità – che si potrebbe definire “retroattiva” − su un
periodo biennale comprendente l'anno in corso (nel quale viene trasferita la titolarità) e quello
precedente;

f. per interpretazione consolidata, con l'espressione “anno in corso e anno precedente” non ci
si riferisce all'anno solare, ma a quello “di esercizio” (che può scadere anche in una data
diversa dal 31 dicembre);

g. la riforma del condominio ha integrato detto art. 63 disp. att. cod. civ. prevedendo che, al
verificarsi di determinate condizioni, l'acquirente rimane responsabile del pagamento delle
spese anche oltre il momento del trasferimento.

Le opinioni
Per accertare se un particolare onere condominiale spetta al venditore o all'acquirente (fatto
salvo il periodo biennale retroattivo ex art. 63 disp. att. cod. civ.), occorre individuare il
momento di insorgenza dell'obbligo di pagamento, questione che ha dato luogo a 3 diversi
indirizzi giurisprudenziali:

a. secondo una prima interpretazione, l'obbligo di pagamento sorge con la deliberazione
assembleare che approva il relativo costo, in quanto, attraverso tale atto, viene accertata in
maniera obiettiva (e con effetti costitutivi) l’esigenza di porre in essere l'attività che è fonte
della spesa;

b. al precedente orientamento si contrappone la diversa opinione per cui il momento rilevante
per l’insorgenza dell’obbligo è quello in cui viene concretamente effettuata l’attività (o
realizzata l’opera), circostanza dalla quale si origina il costo; la delibera che approva la spesa
ha una portata autorizzativa (con valore meramente dichiarativo);

c. più recentemente è stata prospettata una soluzione meglio articolata, secondo cui è
rilevante la diversa origine della spesa, e occorre distinguere i costi necessari alla
manutenzione ordinaria da quelli attinenti alla straordinaria e/o a innovazioni; per i primi,
l'insorgenza dell'obbligazione corrisponde con il compimento dell'attività gestionale, nel
presupposto che l'erogazione delle spese "prevedibili" non richiede la preventiva approvazione
dell'assemblea e rientra nei poteri dell'amministratore; per quanto riguarda quelli straordinari,
l'obbligo in capo ai condomini è conseguenza diretta della correlata (e costitutiva) delibera
assembleare.

La soluzione preferibile
È evidente che l'interpretazione più recente che attribuisce al tipo di spesa la funzione di
criterio per distribuire l'obbligo di pagamento tra venditore e acquirente è quella che, allo
stato, riceve la preferenza degli interpreti, fosse solo per la normale prevalenza che si
attribuisce al più recente orientamento della Suprema Corte.

In ogni caso, sul punto, vale la pena di precisare che, a ben vedere, la questione
dell’insorgenza dell’obbligo non ha rilevanza soltanto interna (cioè tra venditore e acquirente,
in relazione alla distribuzione tra loro degli oneri ante/post compravendita), ma anche riguardo
alla riscossione dei crediti del condominio; infatti, in relazione all'individuazione di tale aspetto
temporale, l’amministratore potrà:

a. rivolgersi solo all’acquirente per gli oneri sorti successivamente alla cessione immobiliare
(fatta salva l’eventuale nuova corresponsabilità solidale del venditore ex comma 4 dell’art. 63
disp. att. cod. civ.);

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b. rivolgersi al venditore e all’acquirente per quelli sorti nell’ultimo biennio (calcolato rispetto al
rogito);

c. rivolgersi solo al venditore per quelli anteriori a tale biennio.
(A cura di Lugi Salciarini, Il Sole 24ORE – Estratto da “Consulente Immobiliare”,
Edizione del 15 settembre 2017, n. 1028 pag. 1479-148917 luglio 2017)

     Canoni di locazione - Indice Istat di giugno 2017

L'Istat comunica gli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativi al
mese di giugno 2017, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale ai sensi dell'art. 81, L. 27.7.1978, n.
392 e dell'art. 54, L. 27.12.1997, n. 449.

La variazione percentuale dell'indice rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente
(giugno 2016 - giugno 2017) è pari all'1,1% che, ridotto al 75% ai fini dell'adeguamento
annuale dei canoni di locazione di immobili (ad uso abitativo e non abitativo), corrisponde allo
0,825%.
(Il Sole 24ORE – Estratto da “Tecnici24”, 4 settembre 2017)

 Professione
     Rogiti garantiti dal conto ad hoc del notaio

Chi acquista casa ha ora la possibilità di fermare il pagamento fino alla trascrizione nei Registri
immobiliari.

Al riparo da ipoteche “tardive” e vendite doppie. Contro le brutte sorprese, la compravendita
immobiliare può diventare più sicura con il conto di deposito. Questo l’obiettivo delle nuove
norme (commi 63 e seguenti della legge sulla concorrenza, la 124 del 2017) che consentono
all’acquirente di chiedere al notaio di trattenere il prezzo fino a che il contratto non è trascritto
nei Registri immobiliari.

I rischi delle compravendite
Il sistema dei Registri immobiliari, nei quali devono essere pubblicati i contratti di
compravendita, è impostato sul principio della «priorità temporale». Vale a dire che,
utilizzando come esempio la situazione più estrema che può verificarsi, se il venditore Tizio
vende lo stesso immobile prima a Caio e poi a Sempronio, incassando il prezzo da entrambi e
poi volatilizzandosi con il denaro, tra l’acquisto di Caio e l’acquisto di Sempronio prevale quello
che per primo (tramite il notaio che ha rogato la compravendita) viene trascritto nei Registri
immobiliari.

Un’altra ipotesi, più plausibile, è quella del venditore Tizio che, trovandosi in una situazione
debitoria, viene raggiunto da un’ipoteca giudiziale (sequestro, pignoramento, domanda
giudiziale eccetera) nel tempo che passa tra l’ultima ispezione che il notaio rogante ha
compiuto nei Registri immobiliari per verificare la “libertà” dell’immobile dai «gravami
pregiudizievoli» – verifica che di solito avviene nell’imminenza della stipula del contratto di
compravendita – e il momento in cui il notaio stesso trascrive il contratto nei Registri (il che
avviene, di solito, nel giro di qualche giorno dopo la firma del rogito).

Pur con tutta la diligenza che il notaio può mettere nello svolgimento delle sue attività (e pur
considerando che ogni notaio è comunque obbligatoriamente assicurato contro queste
spiacevoli evenienze, per fortuna non frequenti, ma sempre possibili), il compratore può

 FIAIP News24 – Settembre 2017                                                                 18
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