Le Lettere - Fascicolo II - Edizioni di Storia e Letteratura

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Fascicolo II                Luglio-Dicembre 2020

                                                               Fascicolo II
                                                              Mistica e Filosofia
                                                               Luglio-Dicembre 2020

                                             ISSN 2612-7741

                                                                                                     Le Lettere

                 L 38,00                   9 772612 774006

Mistica e filosofia_cover_2020-II.indd 1                                                                                             30/06/20 17:03
fascicolo 1i (anno ii)                                luglio-dicembre 2020

   Mistica e Filosofia
             Οἱ ὁρθῶς φιλοσοφοῦντες ἀποθνῄσκειν μελετῶσι
                                            Platone, Fedone, 67e

                         PUBBLICAZIONE SEMESTRALE
                          DIRETTORE MARCO VANNINI

                               Le Lettere
Mistica e Filosofia
Periodico semestrale

Direttore responsabile:
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Editoriale Le Lettere
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Registrazione presso il Tribunale di Firenze
n. 6105 dell’11/07/2019

ISSN 2612-7741
Indice

Saggi
Marco Vannini, Naturale e soprannaturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p.                             9
Salvatore Lavecchia, Il tempo come generatività dell’anima. Un orizzonte
   plotiniano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 27
Raffaella Arrobbio, Come lo spazio… Considerazioni sul senso dell’al-
   lenamento mentale nel Buddhadharma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 37
Adriano Mariani, Leopardi. “Misterio grande”: la riduzione dell’infinito al
  nulla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 49
Pietro Antonio Ferrisi, Impotenza divina ed esistenza del male nella filo-
   sofia di Hans Jonas. Osservazioni critiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 69
Carlo Lapucci, Il divino nei proverbi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 87
Fabrizio Valenza, Il momento dell’unificazione nell’Eucaristia . . . . . . . . . . . . . » 107

Inedito
Meister Eckhart, Laetare sterilis, quae non paris . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 129

Recensioni
Michel Fromaget, Corps-âme-esprit. Introduction à l’anthropologie ter-
   naire (M. Vannini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 137
Benjamin Constant, Della religione, considerata nella sua sorgente, nelle
   sue forme e nei suoi sviluppi (M. Vannini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 141
Giovanni Taulero, Le profondità dell’anima (B. Iacopini)  . . . . . . . . . . . . . . . . . » 145
Erasmo da Rotterdam, Umanesimo cristiano (V. Del Nero) . . . . . . . . . . . . . . » 149
Vincenzo Noja, Meditazione e contemplazione secondo l’ebraismo, il cri-
   stianesimo e l’islam (S. Moser) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 155
Gli Italiani e la Bibbia nella prima età moderna. Leggere, interpretare, ri-
    scrivere (V. Del Nero) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 157

Abstracts . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 163
RECENSIONI
Benjamin Constant, Della religione, considerata nella sua sorgente, nelle sue
forme e nei suoi sviluppi, traduzione e saggio introduttivo di Roberto Ce-
lada Ballanti, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2019, pp. 204, euro
18,00.

    Il lavoro che presentiamo costituisce la prima traduzione italiana
della Prefazione e del Libro I dell’opera De la Religion, considérée dans sa
source, ses formes et ses développements, apparsa in cinque tomi tra il 1824
e il 1831, di Benjamin Constant, uno dei padri fondatori, com’è noto, del
liberalismo politico moderno. Teorico della democrazia liberale, scien-
ziato politico e giuridico, letterato e romanziere, politico impegnato che
debutta nella Rivoluzione francese, matura sotto il regime napoleonico,
invecchia durante la monarchia della Restaurazione; meno noto è che
Constant, nato a Losanna nel 1767, sia stato un teorico e uno storico del-
le religioni.
    In realtà, a quest’opera sui politeismi antichi, scandita in quindici
Libri, Constant attese tutta la vita. Tra il giovanile audace pamphlet anti-
religioso pensato nello spirito di d’Holbach e Helvétius del 1785, di cui
non è rimasta traccia, e il vecchio Constant che nel dicembre del 1830
muore intento a correggere il quinto volume della Religion, che uscirà
postumo insieme al quarto nell’aprile del 1831 – come postumi usciran-
no, nel 1833, i due volumi che compongono Du Polythéisme romain, sotto
la direzione di Jacques Matter – trascorrono quarantacinque anni nel
corso dei quali, tra lunghe pause, mille incertezze e ripensamenti circa
il piano del lavoro, si dipana la “lunga fedeltà” di Constant alla propria
opera religiosa, fatta di un travaglio analitico che conosce, nell’iter eu-
ristico, alcuni snodi cruciali, tutti segnati significativamente dalle città
tedesche in cui Constant dimorò, nel corso delle sue infinite peregrina-
zioni europee: Brunschwick, Weimar, Göttingen.
    Ne è risultata un’opera di immensa erudizione, che nel Libro I, qui
tradotto, contiene una sorta di introduzione generale, nella quale si de-
142 Marco Vannini

linea un’autentica teoria della religione nella sua sorgente trascenden-
tale e nel suo sviluppo storico. Nel lungo e articolato studio introdutti-
vo, il curatore mette in luce, oltre alla genesi dell’opera nella biografia
dell’autore, i pilastri costitutivi della teoria della religione constantiana,
ricondotti opportunamente a quella linea del «pensiero religioso libe-
rale», oltre che dello «storicismo critico-problematico», non hegeliano,
non assoluto, di cui il testo di Constant rappresenta uno dei vertici il-
luministi, insieme alle opere religiose di Kant, di Lessing, di Schleier-
macher: tutti autori studiati da Constant, in particolare l’ultimo, di cui
il losannese legge nel novembre del 1804 i Discorsi sulla religione rica-
vandone una grande impressione e finendo per ricalcarne da vicino la
dottrina.
    Lavoro, quello storico-religioso di Constant, censurato (si pensi al
duro giudizio di Rosmini in Italia) e tosto caduto nel silenzio. Come
conferma Celada Ballanti, analizzando le ragioni della mancata storia
degli effetti del testo,

   proprio l’appartenenza al filone liberale-religioso ha decretato la censura e
   poi l’oblio in cui l’opera di Constant è subito caduta. Se, come scrive Karl
   Barth nella Teologia protestante del secolo XIX – opera nella quale, sia detto
   di passaggio, Constant avrebbe ben figurato, quanto meno per la sua teoria
   della religione, accanto a Rousseau, ai neologi, a Lessing, a Kant, a Herder,
   a Schleiermacher, a Hegel, a incarnare l’imborghesimento e l’umanizzazio-
   ne del cristianesimo che segnano, nella prospettiva barthiana, l’età liberale
   della teologia protestante, e a rappresentare il cruciale metaxu compreso tra
   tardo Illuminismo, Frühromantik, Klassik –, se, si diceva con Barth, il secolo
   XIX è stato teologicamente il secolo di Schleiermacher, non lo è stato certo
   di Constant, a lui pur così prossimo per ispirazione. Insuccesso, assenza del
   dibattito sperato, quando non condanna, spiegabili non solo a causa dei
   tempi lunghi della pubblicazione – i sette anni occorsi per l’apparizione
   dei cinque tomi –, e neanche solo a causa dell’antropologia e della teoria
   della religione che informavano l’opera, in anticipo sui tempi, mentre per
   l’erudizione che l’appesantiva essa veniva troppo tardi, quando lo spirito
   dei Lumi era giunto al tramonto. C’è dell’altro. Si tratta di un’altra inattuali-
   tà, che segna la sorte dei pensatori che, come Constant, hanno svolto il loro
   cammino di pensiero nel solco della tradizione religioso-liberale – la stessa
   di Lessing, Kant, Schleiermacher, Herder, per indicare alcuni degli ispira-
   tori del pensatore di Losanna – la quale, per onorare il valore della libertà
   nella ricerca de vera religione e de vera ecclesia, ha pagato con la solitudine il
   proprio distinguersi dalle ortodossie quanto dai laicismi immanentistici.
   (pp. 23-24)

Quali dunque i pilastri della teoria della religione constantiana? Anzi-
tutto, la distinzione tra «sentimento religioso» e «forme religiose». Que-
sta è davvero la struttura fondamentale dell’intera opera, al punto che
Benjamin Constant, Della religione, considerata nella sua sorgente, nelle sue forme 143

Constant definisce la Religion una «storia del sentimento religioso». Per
lui, in realtà, ciò che nel dominio delle religioni merita l’attributo di
«religioso», prima delle religioni storiche, è il «sentimento», il nome che
assume la religiosità onnipervasiva presente a priori nella coscienza, la
determinazione costitutiva e trascendentale che, per la sua ampiezza,
filtra di sé tutte le altre, tutti gli ambiti dell’umano, dall’etica alla poli-
tica. Struttura kantianamente trascendentale, ma non priva di natura
mistica, tanto che Constant usa l’espressione «fondo dell’anima» per
definirla.
    Così, la storia comparata delle religioni diviene un «gigantesco scan-
daglio» dell’uomo in quanto essere naturaliter religioso. De la Religion si
pone, così, come un’analisi del sentimento religioso e della sua progres-
siva liberazione ed emendazione attraverso le forme storiche, teso a do-
cumentare la sua universalità e il legame con il principio della libertà,
per quanto tale nesso risulti oscurato e tradito nella maggioranza delle
esperienze storiche.
    Una dissimmetria strutturale, spiega Celada Ballanti, segna la rela-
zione tra sentimento religioso e forme: tra la «soprannaturale natura-
lità» del primo, che è moto di trascendimento, sete di infinito, deside-
rio, grido dell’anima, libertà e ulteriorità, e la storicità delle seconde, le
quali, scaturendo dall’urgenza di ordinare, stabilizzare, conservare la
rivelazione che avviene nel sentimento, recano in sé un principio sta-
zionario, di inerzia, che finisce per cozzare con la pulsione desiderante
in senso trascendentivo del sentimento stesso.
    La religione – tale è il principio che né i teologi o i credenti in sen-
so confessionale né gli atei potevano comprendere – è sempre aldilà
della sua incarnazione storica. Nessuna forma può esaurirla. Il senti-
mento religioso è sempre lo stesso nell’evolversi storico, mentre ciò che
muta sono le forme, abitate da quel sentimento che le genera ma poi
le abbandona per crearne sempre di nuove. Ma in questo processo si
introduce un secondo pilastro teorico: la distinzione che Constant pone
tra «religioni libere» e «religioni sacerdotali». La storia delle religioni è
storia della lotta tra l’originaria libertà religiosa e i traviamenti indotti
dal potere religioso, tra le religioni che sono riuscite, in qualche modo
a serbarne intatta la purità e quelle che l’hanno asservita. Si avverte in
questa critica alla componente sacerdotale la radice protestantica del
pensiero religioso di Constant, che pensa alla storia delle religioni come
lotta tra libertà religiosa e potere autoritario del ceto sacerdotale.
    C’è poi un terzo pilastro della teoria constantiana, dopo la dialettica
tra sentimento e forme e la dicotomia tra religioni libere e sacerdotali,
a formare un disegno complesso, problematico, su più piani: l’idea te-
leologica, finalistica, che intrama la storia delle religioni. La religione
reca in sé, nel suo originarsi dal sentimento religioso, l’idea di perfe-
144 Marco Vannini

zione. Compiuto in sé, ritagliandosi nella figura storica, il sentimento
ne riemerge in termini di desiderio di perfezione che nessuna forma
può contenere in sé, perciò come tendenza alla perfettibilità che non la-
scia tranquilla nessuna forma, inoculando in essa una inquietudine che
solo il culto sacerdotale stazionario può temporaneamente atrofizzare.
   Tuttavia, come spiega Celada Ballanti, la teleologia constantiana
nulla ha a che fare con l’hegelismo, né segna una reintroduzione della
metafisica nella teoria della religione. Infatti, si tratta di una «teleologia
senza telos», ossia di un infinito tendere perfettivo senza termine finale.
La dottrina religiosa di Constant congeda, in realtà, archai e telos, ar-
cheologia ed escatologia, e concepisce la religione, in sintonia coi pre-
supposti kantiano-schleiermacheriani che la informano, come invoca-
zione di senso che non riceve mai certezza e sicura destinazione. Non a
caso, come scrive il curatore, a meglio rappresentarla è il lamento degli
eroi tragici greci, come di Giobbe.
                                                             Marco Vannini
Finito di stampare nel mese di settembre 2020
 presso la tipografia Digital Team, Fano (PU)
Fascicolo II                Luglio-Dicembre 2020

                                                               Fascicolo II
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                                                               Luglio-Dicembre 2020

                                             ISSN 2612-7741

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                 L 38,00                   9 772612 774006

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