Le culture della sanatoria - Breve storia culturale e politica dello strumento più utilizzato nella legislazione italiana sull'immigrazione - OCSM

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012/2020

                                             Le culture della sanatoria
                      Breve storia culturale e politica dello strumento più utilizzato
                              nella legislazione italiana sull’immigrazione

                                                             Donato Di Sanzo1

Il dibattito in corso sulla regolarizzazione dei migranti in condizione di irregolarità, scaturito non da un genuino
slancio di civiltà ma dall’esigenza di assicurare la disponibilità di braccia al mercato del lavoro agricolo in
un momento di vuoto di manodopera indotto dall’emergenza covid, ha riacceso la discussione più generale
sull’immigrazione e la presenza straniera in Italia, dopo un periodo di abbassamento della tensione sulla materia,
seguito alla caduta del primo governo Conte. L’opposizione di centrodestra all’attuale esecutivo giallo-rosso
ha annunciato il «ricorso alla piazza»2 in caso di approvazione di una sanatoria che dovrebbe far emergere in
condizione di legalità circa 600.000 stranieri irregolari stimati nella penisola. Anche in seno alla maggioranza
di governo, tuttavia, si sono registrate fibrillazioni tra i favorevoli a una regolarizzazione – la sinistra di Liberi
e Uguali e il Partito democratico – e il Movimento 5 Stelle, all’interno del quale si è strutturata una fronda
di contrari al provvedimento3. Al termine di un dibattito serrato, una sanatoria in favore di lavoratori stranieri
irregolari è stata prevista all’interno del cosiddetto decreto “Rilancio”, approvato in Consiglio dei ministri
nella giornata del 13 maggio, con cui il governo intende far ripartire la produzione e l’economia in Italia. Il
provvedimento, frutto delle limature richieste dal Movimento 5 Stelle e delle mediazioni tra gli “aperturisti”
e i “legalitari”, prevede, sostanzialmente, due vie per la regolarizzazione: un’autosegnalazione prodotta dai
datori di lavoro per l’emersione dei lavoratori che fino a quel momento avevano prestato i propri servizi in
nero; l’autodenuncia della propria posizione di irregolarità da parte degli immigrati, attraverso cui, anche a
fronte del pagamento di spese riconducibili ai procedimenti burocratici successivi, si dovrebbe poter ottenere
un permesso di soggiorno della durata di sei mesi. La sanatoria è indirizzata non solo ai braccianti agricoli, ma
anche alle colf e ai lavoratori del settore dell’assistenza domiciliare4. Nel suo complesso, il provvedimento non

1       Professore a contratto di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Salerno. Attualmente insegna
lineamenti di storia delle migrazioni nell’ambito del Master in Immigrazione e Politiche Pubbliche dell’Accoglien-
za e dell’Integrazione, dell’Università di Napoli Federico II
2        G. Galanti, L’ultima maxi-sanatoria targata centrodestra, ma ora Salvini minaccia la piazza, «Huffington
Post», 7 maggio 2020.
3         A. Ducci, Decreto Rilancio tra le tensioni. Ultimo duello sui migranti, «Corriere della Sera», 11 maggio
2020.
4        Per un approfondimento critico

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presenta i caratteri di una regolarizzazione universale e risente delle motivazioni “emergenziali” che ne hanno
giustificato l’approvazione, ma contiene comunque delle aperture importanti per lo stato delle politiche italiane
sull’immigrazione, assolutamente imprevedibili fino a pochi mesi fa, soprattutto in ragione dei restringimenti a
cui la materia era andata incontro nel recente passato con la legge Minniti5 e i decreti sicurezza dell’ex ministro
dell’interno Matteo Salvini6.
Agli occhi dello storico, tuttavia, l’approvazione, in questo momento, di una sanatoria per gli stranieri irregolari,
con il suo carico di discussioni e polemiche, non può che risultare come la riproposizione del più utilizzato tra
gli strumenti di politica italiana sull’immigrazione e – per dirla, in maniera più precisa, con Michele Colucci –
come il nuovo insorgere di un meccanismo «più volte adottato in Italia a partire dalla seconda metà degli anni
ottanta, ma sistematicamente rifiutato per ragioni ideologiche negli ultimi dieci anni»7. In effetti, la ricostruzione
della storia delle politiche sull’immigrazione in Italia riconduce necessariamente a considerare come le leggi e i
provvedimenti adottati, soprattutto negli ultimi trent’anni, abbiano dovuto necessariamente prevedere forme varie
di regolarizzazione. Tale evidenza certificherebbe, tra l’altro, come la legislazione italiana abbia mostrato, nel
corso del tempo, falle e inefficienze, la cui principale conseguenza è stata la creazione progressiva di irregolarità
da sanare. Un’analisi storica dell’apparato di leggi e provvedimenti sull’immigrazione riscontra, tuttavia, anche
la necessità di approfondire la conoscenza dei presupposti politici e culturali che hanno portato all’approvazione
e all’applicazione delle sanatorie per gli stranieri. Risulta quasi lampante, ad esempio, come la regolarizzazione
appena approvata sia stata concepita in una situazione di emergenza e durante una pandemia, ma risenta anche di
un clima politico ben definito, riferibile soprattutto all’ultimo decennio. Nel recentissimo passato, infatti, il tema
del contrasto all’immigrazione «clandestina»8 è divenuto, soprattutto in Europa (e in particolar modo in Italia),
definitivamente terreno di scontro politico e ostaggio di propaganda e fake news, facendo le fortune dei partiti e
dei movimenti populisti e neoxenofobi e diffondendo pericolosi sentimenti di odio e razzismo nei confronti degli
stranieri. Di fronte a ciò i governi europei – anche quelli sorretti da forze politiche moderate e tradizionalmente
non contrarie all’immigrazione – hanno preferito “giocare” sul terreno del populismo, giungendo a chiudere
confini e a produrre leggi progressivamente sempre più restrittive, in grado, a dispetto delle previsioni, di produrre
irregolarità.
Non sempre è stato così. Alla base delle sanatorie per gli stranieri che la legislazione italiana ha contemplato

5       Per un approfondimento sia consentito un rimando a D. Di Sanzo, A chi risponde la legge Minniti-Orlando?,
«Confronti», Anno XLIV, N. 5, pp. 11-12.
6       Per un commento sugli effetti dei decreti sicurezza si veda A. Camilli, Il decreto Salvini ha favorito il
“business dell’accoglienza”, «Internazionale» 17 febbraio 2020.
7       M. Colucci, Cosa insegnano trent’anni di sanatorie per gli stranieri, «Internazionale», 20 aprile 2020.
8        Soprattutto in conseguenza del massiccio arrivo di richiedenti asilo e rifugiati in Europa registrato
all’indomani delle Primavere Arabe e, più precisamente, tra il 2010 e il 2018.

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nel corso del tempo vi erano, ogni volta, motivazioni differenti e articolate, manifestatesi in corrispondenza di
congiunture storiche particolari. L’obiettivo di questo contributo è la ricostruzione di una storia dei presupposti
culturali e politici che hanno condotto all’approvazione delle diverse regolarizzazioni degli stranieri prodotte
dagli anni Ottanta a oggi.

    1. Gli anni Ottanta

Il primo grande provvedimento di sanatoria per gli immigrati risale al 19869, quando viene approvata ed entra
in vigore quella che da alcuni è considerata come la prima legge italiana sull’immigrazione: la 943, altrimenti
detta legge Foschi, dal nome del deputato democristiano promotore dell’iter parlamentare di approvazione. Non
si tratta di una legge organica, poiché non mira a regolamentare i flussi migratori verso l’Italia e la presenza
straniera nella penisola in tutti gli aspetti, ma punta, quasi esclusivamente, a disciplinare l’ingresso della
manodopera immigrata nel mercato del lavoro italiano. La parte sostanziale della legge è rappresentata, perciò,
dall’affermazione, seppure in termini di principio, della parità di diritti tra lavoratori stranieri e italiani, associata a
un macchinoso meccanismo di regolazione dei flussi di forza lavoro in arrivo, incentrato sui principi di precedenza
alla manodopera locale e di assunzione dall’estero10. Insieme ai provvedimenti di disciplina la Foschi reca anche
un provvedimento di regolarizzazione generalizzata della posizione giuridica degli immigrati in Italia, che trae
la sua origine dalle valutazioni più diffuse all’epoca sulla reale consistenza della popolazione straniera. Già in
quegli anni è convinzione diffusa che a una presenza immigrata regolare stimata in circa 400.000 unità si debba
aggiungere una quota di almeno 800.000 immigrati irregolari11. Una simile situazione si era determinata nel corso
di anni di sostanziale assenza di regolamentazione sugli ingressi e sui soggiorni dei cittadini stranieri in Italia, il
cosiddetto regime delle «porte aperte» in cui «la mancanza di una legislazione organica» aveva «favorito l’arrivo
di persone sul territorio nazionale, che» si erano «avvantaggiate, inserendosi in una situazione lacunosa dal punto

9       Non erano mancate in precedenza occasionali regolarizzazioni per stranieri che, tuttavia, non si erano
configurate come sanatorie di massa, ma avevano raggiunto solo limitate componenti della popolazione straniera
presente in Italia. Si pensi, ad esempio, alla regolarizzazione promossa dal governo nel 1982, che riuscì a sanare la
posizione di circa 5.000 immigrati irregolari.
10      Per un approfondimento sul funzionamento della legge Foschi si rimanda a L.Einaudi, Le politiche
dell’immigrazione in Italia dall’Unità a oggi, Laterza, Roma-Bari 2007, pp. 129-141.
11      In ogni caso, tutte le stime relative alla presenza straniera in Italia prodotte a metà degli anni Ottanta,
sembrano concordare nel rilevare come gli immigrati irregolari superassero la componente regolare della
popolazione straniera. Per un riferimento dell’epoca si veda: Ispes. La condizione dei lavoratori stranieri
extracomunitari in Italia. Riflessioni sulla legge n. 943 del 21.1.1987, Roma 1987, pp. 7-9.

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di vista normativo e quindi sostanzialmente permissiva»12. La sanatoria prevista dalla Foschi, dopo una serie di
proroghe dei termini temporali entro i quali presentare domanda di regolarizzazione (si arriverà, sostanzialmente,
fino alla fine del 1988), si rivela un fallimento, almeno rispetto alle previsioni sull’emersione attesa, e riesce a
sanare la posizione di 116.000 immigrati13. A pesare sulla scarsa riuscita del provvedimento sono sia le analisi e le
interpretazioni delle caratteristiche quantitative e qualitative dell’immigrazione in Italia, che guidano il legislatore
nella formulazione della 943, sia un deficit effettivo di conoscenza specifica del fenomeno. Riguardo al primo
aspetto, l’Italia in cui si giunge all’approvazione della Foschi è un paese che vive un momento di rinascita,
quantomeno nella percezione comune, e che sperimenta la stagione dei governi Craxi14, durante la quale anche
l’immagine dell’immigrato incentrata sulla figura del lavoratore-ospite è funzionale allo sviluppo dell’economia
italiana e all’aumento dei livelli di benessere generale, con poco spazio per le contestazioni politiche nei
confronti dell’immigrazione e, invece, con l’espressione di sentimenti vagamente solidaristici nei confronti degli
stranieri15. La logica che guida i legislatori è perfettamente inserita nel momento storico: bisogna regolarizzare
la posizione dei lavoratori immigrati già presenti in Italia anche per assicurare la tenuta di alcuni segmenti del
mercato del lavoro nazionale. Tale impostazione metodologica si scontra, tuttavia, con la scarsa conoscenza che
lo stesso legislatore e, più in generale, la politica hanno dell’immigrazione, tanto parziale da escludere, di fatto,
dalla possibilità di regolarizzarsi una componente importante e numerosa della presenza straniera: i lavoratori
autonomi, in larga parte impegnati nelle attività del cosiddetto “ambulantato”, i quali sono tagliati fuori da una
sanatoria ideata per favorire l’emersione di lavoratori dipendenti e disoccupati16.
Tutt’altre motivazioni ha il provvedimento di regolarizzazione approvato quattro anni dopo, nei primi mesi del 1990,
a corredo della prima legge organica sull’immigrazione, comunemente nota come “legge Martelli”, che al termine
della sua applicazione arriva a sanare la posizione di circa 215 mila immigrati irregolari. L’approvazione di una
nuova legislazione sulla presenza straniera in Italia giunge al termine di un biennio, il 1987-1988, che fa registrare
un aumento sensibile degli episodi di razzismo e xenofobia nel paese17 e, soprattutto, in seguito agli avvenimenti
della seconda metà del 1989, vero momento di svolta per la storia italiana dell’immigrazione18. Nella notte tra il

12      M. Colucci, Storia dell’immigrazione straniera in Italia. Dal 1945 ai nostri giorni, Carocci, Roma 2018, pp.
67-68.
13      Sul fallimento della sanatoria prevista dalla legge Foschi, sia consentito un rimando a D. Di Sanzo, Braccia
e persone. Storia dell’immigrazione in Italia ai tempi di Jerry Masslo (1980-1990), Claudiana, Torino 2020, pp. 77-
81.
14      Sul periodo si veda, tra gli altri, G. Crainz, Il paese reale. Dall’assassinio di Moro all’Italia di oggi, Donzelli,
Roma 2013, pp. 137-162.
15      Ivi, pp. 159-164.
16      Cfr. L. Einaudi, M.A. Macioti, E. Pugliese, Gli immigrati in Italia, Laterza, Roma-Bari 1993, p. 45.
17      Cfr. D. Di Sanzo, Braccia e persone cit., pp. 85-91.
18      Sul punto si veda M. Colucci (a cura di), 1989-’90: la storia dell’immigrazione straniera in Italia a un punto

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24 e il 25 agosto 1989, infatti, viene ammazzato, nelle campagne di Villa Literno, nel casertano, dove si trova per
partecipare come bracciante alla campagna di raccolta del pomodoro, il giovane rifugiato politico sudafricano Jerry
Essan Masslo, persona nota alle cronache e, soprattutto, conosciuta nel mondo dell’associazionismo impegnato
in favore degli immigrati19. L’omicidio genera un dibattito sull’immigrazione e sulla condizione degli stranieri
in Italia senza precedenti, in grado di coinvolgere, oltre al sindacato e all’associazionismo, anche i partiti e le
istituzioni. La mobilitazione sfocia in una grande e articolata rivendicazione di diritti in favore degli immigrati e
in una storica manifestazione antirazzista, svoltasi a Roma il 7 ottobre 1989, che arriva, tra le altre cose, a fare luce
sulla condizione di migliaia di lavoratori stranieri in condizione di irregolarità, reclamandone la regolarizzazione.
Pochi mesi dopo, la sanatoria prevista dalla legge sull’immigrazione che porta il nome dell’allora vicepresidente
socialista del Consiglio Claudio Martelli rappresenterà uno dei punti cardine della nuova disciplina, sostenuta da
una larga convergenza in Parlamento20 e, soprattutto, da una società e da un’opinione pubblica protagoniste della
“scoperta” dell’immigrazione in Italia come fenomeno ormai radicato nel paese.

    2. Gli anni Novanta

Gli anni Novanta rappresentano il decennio del consolidamento dell’immigrazione in Italia21, durante il quale si
assiste a una evoluzione qualitativa, ma, soprattutto a una importantissima crescita quantitativa del fenomeno,
capace di far registrare, nel decennio 1991-2001, un incremento medio annuo del 14,1% di nuovi immigrati
regolari sul territorio della penisola22. In valore assoluto, nello stesso arco temporale, si supera la “fatidica” quota
del milione di stranieri presenti23. A contribuire a tale risultato sono anche due provvedimenti di sanatoria che si

di svolta (con interventi di Silvia Salvatici, Simone Paoli, Donato Di Sanzo, Valeria Piro, Valerio De Cesaris), in
«Contemporanea», N. 2, Aprile-Giugno 2020, pp. 289-316.
19       Per una ricostruzione degli eventi legati all’assassinio di Jerry Essan Masslo si consiglia, tra gli altri, G. Di
Luzio, A un passo dal sogno. Gli avvenimenti che hanno cambiato la storia dell’immigrazione in Italia, Besa Editrice,
Nardò (LE) 2016.
20       Contrari all’approvazione della legge Martelli in sede di approvazione parlamentare furono soltanto i
rappresentanti del Partito Repubblicano Italiano e del Movimento Sociale Italiano. Cfr. S. Paoli, La Legge Martelli
su asilo politico e immigrazione: una scelta europea, in «Storia e politica. Annali della Fondazione Ugo La Malfa»,
N. 29, 2013, pp. 311-332.
21       M. Colucci, Storia dell’immigrazione cit., p. 103.
22       Per questo e altri dati relativi alla crescita quantitativa dell’immigrazione straniera in Italia negli anni
Novanta si rimanda, tra gli altri, a C. Bonifazi, L’Italia delle migrazioni, Il Mulino, Bologna 2013.
23       Ibidem.

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avvicenderanno tra la metà e la fine degli anni Novanta, concepiti in condizioni sociali e politiche assolutamente
diverse tra loro.
Il primo è la regolarizzazione promossa e realizzata, nel 1995, dal governo presieduto da Lamberto Dini, sorto
all’indomani della breve parentesi a Palazzo Chigi di Silvio Berlusconi e del suo esecutivo di centro-destra
legittimato dal voto del 1994. Dal punto di vista sociale, lo scenario dell’immigrazione in Italia e la sua percezione
nell’opinione pubblica sono stati letteralmente sconvolti dal massiccio arrivo di immigrati albanesi, in fuga da
un’Albania in piena crisi istituzionale e umanitaria, nella fase terminale di una lunga dittatura comunista. A
partire dallo sbarco del mercantile Vlora con a bordo 18.000 persone, avvenuto nel luglio del 1991 nel porto di
Bari, le immagini di persone ammassate su barconi di fortuna alla deriva nel Canale d’Otranto diventano oggetto
di attenzione pubblica e stimolano un dibattito sull’immigrazione in grado, tra le altre cose, di stigmatizzare
l’inadeguatezza della legislazione italiana soprattutto riguardo alla disciplina di situazioni emergenziali e
umanitarie24. In termini politici, la sanatoria avviata dal governo Dini nel 1995 interviene – insieme ad altri
provvedimenti tesi a regolamentare la presenza straniera in Italia approvati per decreto dallo stesso esecutivo
– in un momento particolare per le relazioni tra i partiti, durante il quale l’immigrazione diventa un argomento
su cui testare il posizionamento delle forze parlamentari nello spazio pubblico25. Il momento è, tuttavia,
contraddistinto anche dalla straordinaria mobilitazione del movimento antirazzista italiano, irrobustitosi dopo la
vicenda dell’assassinio di Jerry Masslo, al cui interno le organizzazioni degli immigrati dimostrano un importante
protagonismo nel chiedere un provvedimento di regolarizzazione il più largo possibile. Alla fine, la sanatoria del
1995, “porterà alla luce” la posizione di 244.000 nuovi stranieri regolari, una cifra superiore a quella registrata in
seguito all’entrata in vigore della legge Martelli, dovuta anche all’introduzione dei motivi familiari tra le ragioni
dell’ottenimento di un permesso di soggiorno26.
Con le elezioni del 1996, che portano al governo una compagine di centro-sinistra guidata da Romano Prodi,
nell’agenda politiche dei partiti di maggioranza entra anche la riforma della legislazione sull’immigrazione. A
farsi promotori di una legge concepita per il superamento della Martelli del 1990 sono il ministro della solidarietà
sociale Livia Turco e il ministro dell’interno Giorgio Napolitano, la cui opera porterà all’approvazione di un
testo dal significato politico doppio: da una parte, infatti, si introducono i primi timidi riferimenti alle politiche
di integrazione, segnale di una consapevolezza ormai acquisita della natura stabile della presenza straniera in
Italia; dall’altra si contingentano gli ingressi attraverso la previsione di flussi annuali di lavoratori, in linea con

24       Per una panoramica sull’emergenza albanese e sulle sue conseguenze nel paese, si segnala il volume V. De
Cesaris, Il grande sbarco. L’Italia e la scoperta dell’immigrazione, Guerini e Associati, Milano 2018.
25       Sui decreti Dini e sull’impasse politica del periodo legata al tema dell’immigrazione, si veda L. Einaudi, Le
politiche dell’immigrazione cit., pp. 184-190.
26       Cfr. M. Colucci, Storia dell’immigrazione cit., pp. 115-122.

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non meglio precisate esigenze del mercato del lavoro, e si fa esplicito riferimento al contrasto all’immigrazione
clandestina istituendo i Centri di Permanenza Temporanea, luoghi di detenzione dei migranti avviati al
procedimento di espulsione27. Anche la Turco-Napolitano del 1998 reca un provvedimento di regolarizzazione, di
cui beneficeranno 217.000 immigrati. Dal punto di vista politico, il clima in cui la legge e la sanatoria vengono
formulate e applicate segnala il sostanziale riflusso del movimento antirazzista italiano nato nel 1989, che
perde la sua carica rivendicativa e la capacità di mobilitare masse imponenti di persone. L’indebolimento delle
energie che avevano guidato, a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, all’approvazione della prima legge organica
sull’immigrazione in Italia, si consuma proprio in merito alle previsioni contenute (o non contenute) dalla Turco-
Napolitano, da alcuni giudicate in maniera negativa, da altri apprezzate o comunque non avversate28. Al tempo
stesso, tuttavia, la fine degli anni Novanta è il momento in cui giunge definitivamente a compimento il processo
di politicizzazione dell’immigrazione, con conseguenze importanti anche e persino sullo scenario politico dei
primi anni Duemila.

     3. Dalla “grande regolarizzazione” alle sanatorie occasionali

Il nuovo millennio si apre, dal punto di vista della politica italiana, con le elezioni del 2001, che riportano al
governo una maggioranza di centro-destra guidata da Silvio Berlusconi e sostenuta da due partiti dichiaratamente
a favore di un restringimento della legislazione sulla presenza straniera come Alleanza Nazionale e la Lega Nord.
Quello del 2001 è un appuntamento con le urne importante per la storia dell’immigrazione in Italia, perché è
preceduto da una campagna elettorale durante la quale il fenomeno è al centro delle contrapposizioni politiche e
diventa tema centrale nel determinare gli esiti del voto. Giunte al governo, le forze della destra italiana si ritrovano
a dover dar seguito all’annunciata volontà di rendere più “controllati” e difficili i flussi in arrivo, soprattutto dopo
gli attentati dell’11 settembre, che introducono la questione dell’islamofobia nel dibattito sulla presenza straniera29.
Al termine di una discussione serrata e accesa, l’esecutivo presieduto da Berlusconi licenzia un testo che porta
il nome dell’allora ministro dell’interno Gianfranco Fini, leader di AN, e del ministro per le riforme Umberto
Bossi, segretario della Lega Nord. A dispetto di una propaganda di governo impegnata a rinfocolare, anche a

27      Per un giudizio cfr. M. Colucci, Per una storia del governo dell’immigrazione straniera in Italia, in
«Meridiana», N. 81, 2018, pp. 20-22.
28     Si pensi, ad esempio, alla questione del diritto di voto agli stranieri che, per una parte del movimento antirazzista, era
considerato come una necessaria previsione per una legge rispettosa della condizione degli immigrati in Itali. Sul punto e anche
sul dibattito politico intorno alla Turco-Napolitano, si veda S. Bontempelli, Diritto di voto ai migranti. Storia di un dibattito, 2018,
consultabile al link https://sergiobontempelli.wordpress.com/2008/03/30/diritto-di-voto-agli-stranieri-storia-di-un-dibattito/.
29        Cfr. M. Colucci, Storia dell’immigrazione cit, p. 141.

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livello ideologico, la contrarietà all’immigrazione, la Bossi-Fini, approvata nel luglio del 2002, si sostanzia in
un irrigidimento dell’impianto generale della Turco-Napolitano, integrato attraverso disposizioni tese a rendere
generalmente più complicata e precaria la permanenza in Italia dei cittadini stranieri e a perseguire la condizione
di irregolarità indebolendo il sistema di tutele sociali e giuridiche in favore degli immigrati30. Al pari delle altre
leggi italiane sull’immigrazione, anche la Bossi-Fini è accompagnata da una regolarizzazione. Paradossalmente,
quella realizzata da una maggioranza di governo che aveva fatto del contrasto alla “clandestinità” una sua bandiera
si rivela come la più grande sanatoria che la storia delle politiche migratorie italiane abbiano mai sperimentato,
arrivando a computare 701.906 domande e ad accoglierne 643.72831. I numeri di un
provvedimento passato alla storia come “la grande regolarizzazione del 2002”, rappresentano da soli il fallimento
delle politiche di chiusura portate avanti dai fautori della Bossi-Fini, anche se, per “giustificare” maldestramente
un risultato simile, i rappresentanti della destra italiana adopereranno una specifica “filosofia”: trattandosi di
una legge che determinerà un restringimento delle condizioni di ingresso in Italia per il futuro – dichiareranno
in più occasioni – si è cercato di allargare le maglie della sanatoria e di ridurre al minimo i tassi di irregolarità
dell’entrata in vigore della nuova normativa32.
Il provvedimento del 2002 rappresenta, di fatto, l’ultima occasione di regolarizzazione generale per gli immigrati
in Italia. I decreti flussi per l’ingresso di contingenti di lavoratori si attestano, con una frequenza occasionale,
su cifre ridotte33, mentre le ultime due sanatorie propriamente dette – quella del 2009 e quella del 2012 – non
ripeteranno le “performance” numeriche delle precedenti e, soprattutto, saranno riservate a specifiche categorie
di lavoratori34. Nell’ultimo decennio, inoltre, è il clima politico a diventare profondamente ostile a qualsiasi
prospettiva di regolarizzazione per gli immigrati irregolari e, più in generale, alla presenza straniera. A fare la
differenza, in questo senso, sono l’aumento dei flussi di richiedenti asilo verso l’Italia seguito alle primavere arabe e,
nello specifico, le polemiche relative all’accoglienza di coloro che raggiungono il territorio italiano attraversando
il Mediterraneo. La rappresentazione di un fantomatico “paese dei balocchi” in cui gli immigrati beneficiano
di grandi privilegi a danno della stragrande maggioranza della popolazione, in cui anche il peso della mala-

30       Sull’impianto della legge Bossi-Fini e per un commento si veda L. Pepino, La legge Bossi-Fini. Appunti su
immigrazione e cittadinanza, in «Immigrazione Diritto Cittadinanza», N. 3, 2002, pp. 225-236.
31       Per una ricognizione sui dati della sanatoria del 2002, comprensiva anche di una differenziazione per
nazionalità, si consiglia S. Strozza, E. Zucchetti, Introduzione, in Id. (a cura di), Il Mezzogiorno dopo la grande
regolarizzazione. Vecchi e nuovi volti della presenza migratoria, Franco Angeli, Milano 2006, pp. 3-10.
32       Si vedano alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa da Gianfranco Fini e da alcuni rappresentanti di
Alleanza Nazionale e Forza Italia a commento dei dati relativi alla regolarizzazione del 2002.
33       M. Colucci, Cosa insegnano trent’anni di sanatorie cit., che fa riferimento a una media di circa 30.000
ingressi per decreto-flussi.
34       Come la sanatoria del 2009, destinata a colf e badanti.

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accoglienza e del lucro dei privati sull’ospitalità offerta ai profughi e ai rifugiati viene scaricato su questi ultimi,
prende il sopravvento e viene cavalcata da forze politiche in grado di capitalizzare il contrasto all’immigrazione
in termini di ritorno elettorale. L’immagine del richiedente asilo ospitato in un centro di accoglienza a spese degli
italiani diventa così protagonista di un’operazione di riduzione concettuale di un fenomeno – l’immigrazione,
appunto – ben più ampio35, articolato e, soprattutto, realmente edificante per l’Italia dal punto di vista sociale,
culturale ed economico.
L’odio nei confronti dello straniero e una discussione sulla condizione dei rifugiati avvitata su fake news e
propaganda politica hanno generato un clima in cui, fino a pochissimi giorni fa, era praticamente impossibile
immaginare la possibilità di regolarizzare la posizione di centinaia di immigrati sprovvisti (per ragioni varie)
di un permesso di soggiorno attraverso un provvedimento governativo. La fine dell’esperienza di governo della
Lega Nord, nello scorso agosto, e – lo si può tranquillamente affermare – la crisi economico-produttiva indotta
dall’emergenza coronavirus hanno rivoluzionato tale scenario, riportando, tuttavia, alla luce “il peccato originale”
del legislatore italiano sull’immigrazione: un ricorso alla sanatoria tanto discusso quanto, probabilmente,
estemporaneo.

    4. Conclusioni (sostenibili)

Sono i dati a disposizione a rilevare come la sanatoria sia stata il più utilizzato strumento di politica sull’immigrazione
in Italia: il 1 gennaio 2000 era ancora presente nella penisola il 72% di coloro che avevano beneficiato delle
regolarizzazioni realizzate dal 1986 al 199836; il 1 gennaio 2007 era presente in Italia più dell’80% dei beneficiari
della grande sanatoria del 200237. Gli interrogativi (retorici) che derivano da tali evidenze e dalle recentissime novità
intervenute sono sostanzialmente tre: è sostenibile, per un paese come l’Italia, una legislazione sull’immigrazione
fondata sulla pratica della sanatoria?; quale sarà il beneficio che la regolarizzazione appena approvata apporterà
alla condizione esistenziale di migliaia di immigrati irregolari attualmente presenti nella penisola?; qual è il
tenore della discussione pubblica sull’immigrazione in Italia oggi?
Al primo interrogativo si potrebbe agevolmente rispondere sostenendo l’inadeguatezza alla radice del sistema
di politica migratoria: non sono le regolarizzazioni in quanto tali a rappresentare il problema, quanto invece una
legislazione che produce irregolarità e che rende difficile e precaria la vita di migliaia di persone immigrate. Finché

35     Gli immigrati regolari presenti in Italia sono più di 5 milioni.
36     Cfr. M. Barbagli, A. Colombo, G. Sciortino (a cura di), I sommersi e i sanati. Le regolarizzazioni degli
immigrati in Italia, Il Mulino, Bologna 2004.
37     Cfr. Rapporto CNEL 2008.

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non si procederà all’abolizione della Bossi-Fini e all’approvazione di una legge sull’immigrazione che tuteli
realmente la condizione giuridica ed esistenziale degli stranieri, la necessità di sanare la posizione di centinaia di
migliaia di irregolari si riproporrà alla prossima crisi di sistema o, ciclicamente, tra qualche anno.
La risposta al secondo interrogativo è più ostica poiché la sanatoria che entrerà in vigore a breve è attesa alla
prova dei fatti. A oggi, alla lettera, il riscontro oggettivo che se ne ha è la sussistenza del carattere estemporaneo
ed emergenziale del provvedimento, “partorito” in maniera utilitaristica dal sistema-Italia scosso dal covid sulla
pelle di migliaia di persone. Al netto di ciò – anche se “si poteva oggettivamente fare di più” e proprio perché
persino i più ottimisti non avrebbero scommesso un euro sulla possibilità di giungere a una sanatoria fino a qualche
tempo fa – la finestra per le regolarizzazioni che si aprirà nei prossimi mesi dovrà rappresentare un’opportunità
storica e oggettiva per l’emersione di quante più persone possibili. A fare la differenza, in tal senso, sarà il
protagonismo dei corpi sociali (sindacati, associazioni, organizzazioni di varia natura) che dovranno svolgere un
ruolo inclusivo, affinché le maglie della sanatoria possano avvolgere un numero elevato di beneficiari.
La risposta al terzo interrogativo è la più densa di pessimismo. Il dibattito che ha preceduto la regolarizzazione
appena approvata ha fatto registrare un livello basso della elaborazione concettuale in tema di immigrazione e
presenza straniera. Ha spesso prevalso una logica “neocoloniale” per cui a parlare nello spazio pubblico della
“sanatoria degli immigrati”38 non sono stati convocati gli immigrati stessi e le organizzazioni rappresentative della
loro condizione. La sensazione maturata negli ultimi giorni è che il livello del dibattito italiano sulla presenza
straniera sia sostanzialmente ingabbiato in schemi e rappresentazioni antiquate e pericolose, come hanno pochi
giorni fa rilevato, insieme, la storica Leila El Houssi e la scrittice Igiaba Scego:

«Ormai è dagli anni ‘70 che migranti e figli di migranti, padri, madri figli, si sentono considerati corpi alieni,
estranei alla nazione. E se il corpo dell’alieno entra nel dibattito deve, per il mainstream nazionale, avere qualcosa
di utile da portare in cambio […] Il discorso sulle regolarizzazioni ha solo mostrato quello che abbiamo sempre
visto, ovvero l’uso strumentale del corpo migrante e/o di origine migrante. Un déja vu dove i partiti politici si
schierano da una parte all’altra della barricata, e dove anche tra i “buoni” si nascondono ancora troppe insidie»39.

Migliaia di persone immigrate, in un paese a democrazia avanzata, meritano sicuramente di meglio.

38      Tradotto: della pelle, del sudore e della vita di migliaia di persone.
39      L. El Houssi, I. Scego, Non siamo solo braccia da usare e gettare. Ma anche anima e mente, con dignità di
persona, «L’Espresso», 8 maggio 2020.

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