Lavoro, tempi e luoghi digitali - di Antonella Occhino - FOCUS LAVORO, PERSONA, TECNOLOGIA

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ISSN 1826-3534

FOCUS LAVORO, PERSONA, TECNOLOGIA
         28 DICEMBRE 2022

   Lavoro, tempi e luoghi digitali

            di Antonella Occhino
       Professoressa ordinaria di Diritto del lavoro
          Università Cattolica del Sacro Cuore
Lavoro, tempi e luoghi digitali*
                                        di Antonella Occhino
                                 Professoressa ordinaria di Diritto del lavoro
                                    Università Cattolica del Sacro Cuore

Abstract [It]: Nelle relazioni di lavoro le modalità 'tecnologiche' appartengono sostanzialmente al potere
organizzativo anche a titolo di messa a disposizione di nuovi strumenti di lavoro, mentre le modalità del luogo e
del tempo del lavoro subordinato continuano a rispondere - anche nello smart working - ad un principio di
consensualità che assicura anche la tutela della dignità della persona che lavora.

Title: Work, time and digital places
Abstract [En]: In labour relationships technologies are depending on the organizational power also under the
perspective of new instrumental devices to work, while place and time in working activities keep on reflecting – in
the framework of subordination and in remote working as well – the consensus principle, which ensures protection
to working people dignity at work.

Parole chiave: lavoro; contratto; tecnologia; luogo; tempo
Keywords: labour; contract; technology; place; time

Sommario: 1. Tempo, luogo e modo di lavorare versus mercato e tutele. 2. Libertà di impresa e tecnologie: tracce
di un cambiamento nelle relazioni di lavoro. 3. Relazioni di lavoro e relazioni umane, verso un nuovo stile di
esercizio dei poteri nelle organizzazioni.

1. Tempo, luogo e modo di lavorare versus mercato e tutele
Luoghi, tempi e modalità di lavoro rispecchiano l’andamento dei mercati del lavoro e sono lo specchio
di come la contrattualistica evolve in risposta ai cambiamenti sociali, oltre che economici. La rete delle
regole che limitano in diversi punti l’autonomia privata delle parti è il frutto di una continua evoluzione,
che allarga o restringe le maglie del possibile e del lecito via via che la flessibilità o al contrario la rigidità
toccano il punto di equilibrio storico fra gli assi della domanda e dell’offerta di lavoro. Il diritto del lavoro,
che origina dalla volontà di tutelare la persona del lavoratore in quello che solo impropriamente può dirsi
‘mercato’ del lavoro, non essendo questo una ‘merce’, ha il compito di determinare i confini degli spazi
di autonomia, quella linea importante di tutela della dignità della persona che da sola non sarebbe sempre
garantita nelle prassi. Se questo è il significato essenziale di una disciplina che fissa standard, e che lo fa
in modo ‘inderogabile’ a favore del lavoratore, la questione dei luoghi, dei tempi e delle modalità di lavoro
non parte da una astratta domanda di regole limitative ma al contrario richiama la materia al suo compito
di agevolare la ricerca di quell’equilibrio. Le opportunità di lavoro riescono infatti a muoversi a miglior
beneficio dell’una e dell’altra parte se le maglie della regolazione lasciano il giusto spazio di contrattazione
limitandosi a definire i paletti essenziali alla tutela e rinviando alla prassi contrattuale, e cioè alla libertà

*   Articolo sottoposto a referaggio.

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delle parti, tutto il resto. Il luogo, ad esempio, è il fattore sollecitato ampiamente anche dalla recente
vicenda pandemica, dove la modalità agile detta di smart working ha finito per affermarsi come quella
necessitata dal momento e per un attimo valvola di salvaguardia di quel tanto di produzione e servizi che
potevano essere garantiti anche col lavoro da remoto. I tempi di lavoro, fra tempo pieno e parziale, già
da molti anni sono definiti, con il contributo centrale della contrattazione collettiva, nell’alveo di una
media settimanale di orario massimo (le quaranta ore, normalmente) su cui imprese e lavoratori si sono
impegnati con pattuizioni singole e specifiche: un modo di interpretare la tecnica con cui nelle clausole
individuali si trasfonde in concreto il tema vastissimo della conciliazione fra i tempi di vita e di lavoro. E
poi, circa le modalità, è lo stesso smart working che da tema di luogo è diventato tema di modo, come se
il lavoro da remoto fosse una questione più di strumentazione che di collocazione del posto di lavoro. Il
filo conduttore per affrontare queste tematiche è la certezza che a livello di sistema i princìpi non hanno
subìto neanche con la pandemia hanno tenuto, e gli scostamenti gradualmente sono persino rientrati.

2. Libertà di impresa e tecnologie: tracce di un cambiamento nelle relazioni di lavoro
Proprio nella questione del luogo, del tempo e delle modalità di lavoro il bilanciamento fra poteri datoriali,
autonomia privata e flessibilità regolata trova esempi efficaci. Sul luogo, rimane fermo che la materia è
contrattuale ma poi esposta al potere di variazione, sebbene motivato, che prende il nome di jus variandi
loci laboris. Stabilito nell’art. 2103 c.c. tale potere riguarda il luogo come postazione e reparto, e permette
al datore di lavoro di modificare senza preavviso il dove debba svolgersi l’attività lavorativa entro gli spazi
aziendali. Ragionevolmente, non ha nulla a che vedere con la questione dell’alternanza fra lavoro in
presenza e lavoro a distanza, che è un fatto di modalità. Per questo, lo jus variandi non può espandersi
fino a permettere al datore di lavoro di decidere unilateralmente il cambio di modo, e infatti la legge (con
un ragionamento a posteriori, ma razionale) nel 2017 ha ‘contrattualizzato’ con la previsione del patto di
lavoro agile tale alternanza, cioè ha definito la materia del modo smart – in tutto o in parte - come
tecnicamente ‘contrattuale’. Il tempo di lavoro, a tutela della libertà di chi lavora e altrimenti fruisce di
tempo libero, è e rimane per natura anch’essa materia contrattuale, non esposta a poteri unilaterali di
modifica della quantità e collocazione oraria se non negli eventuali limiti in cui tale potere è assegnato
nello stesso contratto individuale di lavoro dal lavoratore. Specialmente pensando al part time, lavoro
supplementare e orari elastici rispondono a paletti che le parti hanno individuato di comune accordo, e a
limiti anche di legge e di contrattazione collettiva. E nel full time, la stessa struttura copre le ore di lavoro
straordinario, che possono essere imposte entro limiti ben precisi dati dalle fonti, e altrimenti, sempre
senza esagerare, con il consenso del lavoratore. I luoghi di lavoro si spostano, per via di delocalizzazioni
e ristrutturazioni logistiche, ma anche si ridimensionano o si ampliano, e comunque cambiano, persino

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nel senso che l’ufficio e la scrivania possono darsi a rotazione. Questo fenomeno contribuisce ad allentare
il legame fisico con il posto di lavoro, ed anche, per dire una fra le molte conseguenze, può interrompere
la consuetudine con i colleghi, e così una delle radici del collettivo sul posto di lavoro. In realtà già di suo
la comunicazione sociale e quindi anche quella lavorativa hanno cambiato modi espressivi, canali, anche
i contenuti, e quindi incidendo sulla platea dei destinatari, per cui il cambiamento delle relazioni di lavoro,
dal punto di vista dell’unionismo, andrebbero considerate anche a partire dal mutamento degli stili di vita,
di consumo, di lavoro derivati dalla irruzione dei devices e della tecnologia in generale nel quotidiano. La
libera iniziativa economica dell’art. 41 Cost., che comprende il cambio di iniziativa fino alla chiusura,
impatta sui luoghi di lavoro come impianti, ma anche come configurazione del posto di lavoro, e soggiace
(solo) ai limiti ivi indicati: ‘non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno
alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana’ (nuovo testo). Sui tempi di lavoro,
la consensualità è centrale. Sono in gioco l’esercizio delle libertà fondamentali e la tutela della salute delle
persone quando si tratta di definire quanto e quando ognuno debba lavorare, nel senso di essere sul luogo
di lavoro o da remoto. La materia, si dice, è contrattuale, e il tempo che resta è libero. Pause, riposi, ferie,
e le festività, che danno un significato tutto particolare alla nozione di tempo libero, devono essere certi,
prevedibili, sicuri, in modo che i confini del lavoro siano il riflesso della conciliazione fra i tempi di vita e
di lavoro, che poi è diventato il tema della condivisione dei ruoli familiari.

3. Relazioni di lavoro e relazioni umane, verso un nuovo stile di esercizio dei poteri nelle
organizzazioni
I piani dei luoghi, dei tempi e delle modalità però, è indiscutibile che siano legati: dove il luogo si fa
eventuale, perché la rotazione logistica e la dotazione informatica lo rendono tale, quando il tempo si
distende in una media oraria di massima, coi riposi calcolati anch’essi in media (senza nulla togliere alla
contrattualità della materia), se la modalità si fa remota, la tecnologia ha provocato, in linea coi tempi, un
mutamento di relazione umana profondo, per cui il lavoro si avvale di strumenti che scardinano la rigidità
del dove e quando e flessibilizzano l’attività lavorativa spostando il focus sull’obiettivo più che sul nastro
che scorre, e il lavoro si allarga oltre il luogo e il tempo di lavoro, senza volerlo, in un continuo di fare e
disporsi a fare che mina la libertà del dopo lavoro e del fuori orario. Questo fenomeno, per cui schiere di
lavoratori non smettono di lavorare quando vanno a casa, è un mutamento epocale, complice il telefonino
e simili, e lo stile dell’esercizio dei poteri datoriali, a partire dalla direzione e dal controllo, muta
radicalmente, e produce il cambiamento: non è la tecnologia frutto del potere organizzativo ad imprimere
la direzione e il controllo sull’attività di lavoro, ma è questa che, via tecnica, si riflette in uno stile di
direzione e controllo che è bidirezionale, interattivo, comunicativo, procedurale, ritmato, incessante.

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Lavoro a domicilio, telelavoro, lavoro agile, sembrano figure già superate da un normale lavoro che ha
perso le sue caratteristiche perché è l’azienda che è cambiata e con essa il modo di fare di chi la conduce.

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