La visione di Silvio "Sogno un grande partito conservatore cristiano e liberale Una forza plurale"

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Intervista del Presidente Silvio Berlusconi
su Libero 2 gennaio 2023

La visione di Silvio
"Sogno un grande partito
conservatore cristiano e
liberale Una forza plurale"
Berlusconi accarezza l'idea che Meloni lavori con gli alleati a un'unica realtà del
centrodestra «dove le nostre idee abbiano un ruolo centrale»
«Dal 2023 gli italiani devono aspettarsi certamente un anno di duro lavoro, nel
quale però non mancherà qualche segnale di speranza. Ci stiamo applicando
perché sia anche l'anno della ripresa».
Cosa la preoccupa maggiormente?
«Uno scenario internazionale nel quale non mancano davvero le nuvole nere
all’orizzonte, dalla crisi ucraina che sembra non finire mai al riaffacciarsi
dell'incubo Covid dalla Cina, con il rischio della diffusione di nuove varianti
anche in Occidente».
Ma lei è anche un grande ottimista, della volontà e della ragione: su cosa
possono confidare gli. italiani?
«Innanzitutto su loro stessi, sulla grande capacità che la nostra gente ha sempre
dimostrato nell'affrontare le difficoltà, sul valore delle nostre imprese, dei nostri
lavoratori, della nostra cultura. E poi possono contare su un governo che è
amico di chi lavora e di chi crea lavoro, un governo impegnato a favorire la
crescita tutelando i più deboli, eliminando i vincoli burocratici, attenuando la
pressione fiscale».
Il presidente Silvio Berlusconi ha atteso il 2023 a casa sua, a villa San Martino,
ad Arcore, dove sta trascorrendo l'intero periodo natalizio con la compagna,
l'onorevole Marta Fascina. Parenti, amici, stretti collaboratori, un clima caldo e
famigliare, in una residenza adeguatamente addobbata per le feste. Ha sentito
telefonicamente per gli auguri il presidente Mattarella e la presidente Meloni e
tutta la sua squadra di parlamentari e ministri. «Ne approfitto per rimettermi
pienamente in forma per scendere a Roma alla riapertura dei lavori
parlamentari». Il tono presidenziale è sempre contagiosamente positivo.
Presidente, la finanziaria è arrivata in porto dopo una navigazione
burrascosa: perché e' erano troppi pochi soldi e ciascun partito della
maggioranza voleva usarli in maniera diversa o per quale altra ragione?
«In realtà avevamo poco tempo a disposizione e risorse limitate, molte delle
quali le abbiamo dovute impiegare per scongiurare gli effetti del caro-energia.
Tuttavia, alcuni risultati importanti li abbiamo ottenuti: un primo aumento delle
pensioni minime, almeno per i più anziani - ma rimane l'impegno a portarle
tutte a 1000 euro, entro la legislatura - e sono stati realizzati anche alcuni tagli
fiscali. Possiamo dire che è l'inizio di un percorso che continuerà nei prossimi
anni».
Che voto dà alla finanziaria, cosa si poteva evitare, cosa andava fatto e cosa
farete ancora prossimamente?
«Le do la sufficienza piena, e anche qualcosa in più. Probabilmente dovremo
mettere a punto un metodo di lavoro collegiale, evitando per il futuro di
scaricare tensioni sul lavoro parlamentare. Ma eravamo in una fase di rodaggio.
In due mesi probabilmente non si poteva fare di più. Per il futuro gli obiettivi
che abbiamo indicato in campagna elettorale, dalla flat-tax all' abolizione delle
autorizzazioni preventive, dalla totale defiscalizzazione e decontribuzione per le
nuove assunzioni dei giovani all'aumento delle pensioni, sono obiettivi che
rimangono assolutamente validi e necessari. Senza dimenticare una riforma
della giustizia in senso garantista, secondo le linee indicate dallo stesso ministro
Nordio, come ha ribadito il Presidente Meloni nella conferenza stampa di fine
anno ».
Lei è sceso in campo da quasi trent'anni: cosa ha imparato dell'Italia da
quando è diventato anche un politico?
«Due cose, una negativa, l'altra positiva. Quella negativa è la tremenda
difficoltà della riforma dello Stato: le resistenze politiche sono poca cosa
rispetto a quelle strutturali di un sistema pubblico refrattario al cambiamento.
Per questo negli anni in cui abbiamo governato, pur realizzando cose molto
importanti, non abbiamo potuto portare a termine quella rivoluzione liberale
che continuo a considerare come assolutamente necessaria».
E quella positiva?
«È la grande statura morale e civile del nostro popolo. Spesso siamo troppo
critici verso noi stessi: gli italiani sono capaci di cose straordinarie, di
generosità, di tenacia, di spirito di sacrificio. Sono capaci di creare capolavori
artistici ed eccellenze tecnologiche. Sono un popolo civile e accogliente. E se
posso aggiungere una notazione personale, gli italiani sono stati capaci negli
anni di farmi sentire una considerazione e un affetto straordinario anche, anzi
soprattutto, nei momenti più difficili».
Quali sono i mali che bloccano il Paese?
«Sarebbe fin troppo facile dire: la politica. In effetti nel sistema politico ci sono
molte cose che non funzionano, e Forza Italia nel 1994 è nata anche per questo.
Però non basta rifugiarsi in una generica anti- politica, altrimenti si finisce
come i grillini, che della vecchia politica hanno acquisito molto in fretta tutti i
difetti. Il problema più grave sono le commistioni fra la politica e altri
ordinamenti dello Stato, come alcuni settori della magistratura o della pubblica
amministrazione, che, per definizione, dovrebbero essere neutrali e basarsi sulla
competenza e sul merito».
I grandi retroscenisti della politica dicono che il governo durerà fino alle
Europee del 2024. Dopo ogni scossa potrebbe essere fatale cosa ne pensa,
qual è lo stato di salute del centrodestra?
«Per quanto ci riguarda, il nostro orizzonte è il 2027. Gli italiani ci hanno votato
per governare il Paese per cinque anni. L'instabilità delle formule di governo è
uno dei mali di questo Paese. Solo noi e De Gasperi, nella storia della
Repubblica, siamo riusciti a far durare per un'intera legislatura, dal 2001 al
2006, la stessa maggioranza con lo stesso presidente del Consiglio. Il centro-
destra, del resto, è sempre stato unito dal 1994, quando io l'ho fondato, con un
percorso che ha consentito per la prima volta ad una esponente che viene dalla
storia della destra italiana di guidare un governo. Non credo che questa unità
verrà meno».
Premesso che la sua leadership è insostituibile, quali progetti ha per Forza
Italia e per il centrodestra?
«Semplicemente quello di lavorare per onorare gli impegni con gli italiani.
Perché questo sia possibile occorre, non solo da un punto di vista numerico ma
politico, una presenza forte e fattiva del centro liberale, cristiano, garantista, il
Centro legato all'Europa e all'Alleanza Atlantica. Quel Centro che solo noi
rappresentiamo come componente italiana del Partito Popolare Europeo ».
Assumono sempre maggiore consistenza le voci che vorrebbero che la
Meloni lavorasse con gli alleati a un grande partito conservatore: secondo
lei sarebbe possibile o Forza Italia, Lega e Fdi sono troppo diversi?
«È un mio antico sogno, fin dal 1994. Sarebbe un passo importante verso il
compimento della democrazia bipolare in Italia. Un partito di questo tipo
dovrebbe essere qualcosa di simile al Partito Repubblicano negli Stati Uniti,
quello di Lincoln e di Eisenhower, di Reagan e di Bush. Dovrebbe essere un
partito plurale, al cui interno le idee liberali, cristiane e garantiste, che noi
rappresentiamo, dovrebbero avere un ruolo fondamentale».
È vero che rimprovera alla Meloni di voler fare tutto di testa sua e che non
disdegnerebbe degli appuntamenti periodici, come faceva lei con Bossi
quando era premier?
«Ogni paragone fra leader politici diversi ha molti limiti. Giorgia Meloni ha la
responsabilità di guidare il governo e lo fa, comprensibilmente, usando il
metodo di lavoro al quale è abituata. Quello che è importante è che non manchi
la collegialità nelle decisioni».
Salvini ha perso la maggior parte dei voti guadagnati al Sud, dove invece
Fona Italia tiene ...
«Nella storia nessun processo è irreversibile. Premesso questo, certamente la
Lega ha maggiore consuetudine e un più radicato insediamento nel Nord,
mentre Forza Italia è storicamente un grande partito nazionale, con radici
profonde anche nel Mezzogiorno. Del resto, proprio i governi da me guidati
sono quelli che più hanno investito risorse per il Sud nella storia della
Repubblica».
Cosa pensa della crisi drammatica del Pd, un partito nato da una fusione a
freddo fondamentalmente solo per sbarrarle le strade del governo?
«La risposta è implicita nella domanda. Il Partito Democratico è nato mettendo
insieme storie politiche diverse, tutte tendenzialmente illiberali, da quella
comunista alla sinistra cattolica, unite soprattutto dalla volontà di gestire il
potere sempre e comunque. Dal 2011 allo scorso anno il Pd ha governato
praticamente sempre, pur non avendo mai vinto le elezioni e questo dimostra
una notevole abilità nelle tattiche parlamentari e un forte rapporto con gli
apparati pubblici, ma anche una crescente distanza dal suo stesso elettorato.
Questa involuzione, che rischia di lasciare ai Cinque Stelle la leadership dell'
opposizione, non è un bene per l'Italia, ma difficilmente le cose cambieranno ».
Renzi la riempie di complimenti. C'è vera stima reciproca o corteggia solo i
suoi elettori?
«Chiunque provi a interpretare le intenzioni di Renzi è destinato a essere presto
smentito dai fatti. Però non gli si può certo negare di essere uno dei leader
politici più lucidi e brillanti. Ho detto più volte che si trova a giocare nella metà
campo sbagliata. Del resto, però, così si è presentato alle elezioni e il voto degli
italiani va rispettato».
Calenda viceversa fa i complimenti alla Meloni e recluta la sua classe
dirigente tra ex forzisti: cosa pensa di lui e cosa ci trovano Carfagna,
Gelmini eccetera?
«Questa è una domanda che dovreste rivolgere a loro. Forse li unisce la scarsa
consuetudine con la parola coerenza».
Cosa pensa della Moratti, una sua creatura, che si candida contro il
centrodestra in Lombardia?
«Ho per antica abitudine quella di parlare delle persone solo quando ne posso
parlare bene. Quindi preferisco non dire nulla».
Lei non ha mai nascosto di non apprezzare i grillini: il fatto che non siano
scomparsi malgrado le drammatiche prove di governo è dovuto
unicamente al reddito di cittadinanza?
«È dovuto al fatto che sanno interpretare con una certa abilità il disagio di
alcune aree del Paese e l'incapacità della politica di dare delle risposte. A questo
si aggiunge il vuoto a sinistra determinato dall' esaurimento del Partito
Democratico, che lascia ampi spazi nei quali il Presidente Conte si è infilato
con indubbia abilità».
Che idea si è fatto dello scandalo che sta travolgendo l'Europarlamento?
«Nonostante quello che ho subito, rimango garantista con tutti e continuo a
credere nella presunzione di innocenza fino a condanna definitiva. Valuteranno
i giudici gli aspetti penali, se ci sono, ma c'è un dato politico molto grave:
difendere e promuovere gli interessi di un Paese come il Qatar, uno Stato
autoritario pericolosamente legato all'Iran, sarebbe scandaloso anche se non
fosse stato commesso alcun reato».
Perché l'Europa è solo uno spettatore pagante nel conflitto in Ucraina?
«Non arriverei a dire questo, ma certamente l'Europa paga il fatto di non avere
un'unica politica estera e di difesa come noi chiediamo da molti anni. Questo ci
impedisce di sederci da protagonisti ai tavoli nei quali si decidono le grandi
scelte mondiali».
La Meloni ha un piano per riformare l'Europa: meno burocrazia e meno
poteri alla Commissione, più pragmatismo e autonomia per gli Stati
membri. Lei condivide il progetto?
«lo penso al modello degli Stati Uniti, nel quale ogni singolo Stato gode della
più ampia autonomia, in ogni campo. Basti pensare che in alcuni Stati esiste
ancora - purtroppo - la pena di morte, altri Stati l'hanno abolita da decenni. Ma
nelle materie di competenza federale, come la politica estera e la difesa, c'è una
totale unità e un forte attaccamento alla bandiera. D'altra parte, negli Stati Uniti
i vertici dell'Unione sono eletti direttamente dal popolo americano, e non esiste
ovviamente il diritto di veto per i singoli Stati. Se l'Europa deve diventare una
vera comunità di popoli unita da valori e interessi comuni, con un ruolo da
protagonista nel mondo, queste due riforme, elezione diretta del Presidente
della Commissione Europea e abbandono del principio dell'unanimità nelle
decisioni, sono riforme assolutamente indispensabili ».
Il governo ha accentuato lo scontro con la Francia, forse il Paese che lei
conosce meglio tra i partner Ue e che più l'ha combattuta l'ultima volta in
cui lei ha guidato il governo: davvero Parigi ci tratta come i suoi camerieri
ed è pertanto giusto pestare i pugni sul tavolo?
«Io non ho mai "pestato i pugni sul tavolo" anche quando ho ritenuto che il
governo francese dell' epoca stesse commettendo gravi errori, per esempio in
Libia, le cui conseguenze paghiamo a tutt'oggi. In Europa dobbiamo contare di
più costruendo alleanze, non contrapposizioni. Questo non toglie che l'
atteggiamento della Francia sulla questione migranti sia stato profondamente
sbagliato e ingeneroso nei nostri confronti. Non è questa la strada per costruire
l'Europa, e bene ha fatto il nostro governo a farlo notare».
Noi combattiamo Putin, ma il nemico vero è la Cina?
«È il grande tema del 21° secolo. lo ho fatto tutto il possibile, quando
governavo, per legare la Russia all'Europa e all'Occidente, proprio in vista del
confronto sistemico con la Cina che già si prospettava. Eravamo giunti ad un
passo da questo con gli accordi di Pratica di Mare, firmati non per caso proprio
in Italia, ed avevo addirittura convinto Putin-ora posso rivelarlo- a considerare
la prospettiva dell'adesione all'Unione Europea. Purtroppo, è una strada che è
stata abbandonata per scelte miopi non solo da parte russa. Oggi certamente l'
aggressione all'Ucraina è inaccettabile e l' Occidente deve continuare a
rispondere con unità e con fermezza, come ha fatto fino ad oggi, ma in
prospettiva bisogna far cessare un massacro dai costi politici, economici e
umani davvero insostenibili. La Cina con il suo progetto di globalizzazione è
per noi la vera insidia di questo secolo. Per questo era importante il mio
progetto di far entrare la Russia nell'Unione Europea che così sarebbe diventata
inattaccabile. Comunque, è indispensabile cercare il dialogo con questa Cina
ma nell'ambito di un sistema di regole condiviso». «E adesso basta domande,
per favore! Me ne avete fatte troppe! E comunque, tanti, tanti, tanti
cordialissimi auguri».
Mi lasci con un pensiero su Papa Ratzinger ...
«Sì, certo. La sua morte addolora tutti i cristiani del mondo. Benedetto XVI ha
dato testimonianza di profonda spiritualità, raffinata cultura e serenità nella
sofferenza. Ricordo, in particolare negli anni dei miei governi coincisi con il
suo Pontificato, un dialogo stretto e fecondo, basato sulla distinzione dei
rapporti tra Chiesa e Stato ma anche sulla condivisione di valori fondamentali,
come la tutela della vita, della pace, della giustizia e la costruzione di un'Europa
consapevole delle proprie forti radici cristiane».
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