La valutazione delle famiglie affidatarie - Materiali del corso per operatori delle reti di famiglie e operatori dei servizi sociali ...

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La valutazione delle famiglie affidatarie - Materiali del corso per operatori delle reti di famiglie e operatori dei servizi sociali ...
La valutazione
    delle famiglie affidatarie
Materiali del corso per operatori delle reti di famiglie
                          e operatori dei servizi sociali
La valutazione delle famiglie affidatarie - Materiali del corso per operatori delle reti di famiglie e operatori dei servizi sociali ...
Pubblicazione realizzata dalla Cabina di Regia
del progetto “Familynet - Una rete per l’affi do”

www.familynet mantova.it
Impaginazione e stampa in proprio.
Ottobre 2012

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La valutazione delle famiglie affidatarie - Materiali del corso per operatori delle reti di famiglie e operatori dei servizi sociali ...
La valutazione
delle famiglie affidatarie
Materiali del corso per operatori delle reti di
   famiglie e operatori dei servizi sociali

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La valutazione delle famiglie affidatarie - Materiali del corso per operatori delle reti di famiglie e operatori dei servizi sociali ...
Presentazione
La conoscenza e la valutazione delle famiglie è un momento fondamentale
per l’avvio di un affido familiare. E’ di estrema importanza capire se le risorse
messe in campo dalle famiglie disponibili, integrate con la professionalità dei
servizi sociali, possano rappresentare una significativa risposta ai bisogni dei
minori in situazioni di disagio, tenendo conto che non sempre l’affido
familiare è la strada migliore per risolvere i casi di minori in difficoltà.

Gli obiettivi del corso di formazione:
Uno dei momenti importanti per l’avvio di un affido e più in generale di
un’accoglienza famigliare, è la fase di conoscenza e valutazione delle
famiglie che offrono la loro disponibilità all’accoglienza, dopo essere state
incontrate nel corso di un’iniziativa di sensibilizzazione.
Gli obiettivi che si è posto questo percorso formativo sono i seguenti:
1. avere un quadro di riferimento teorico condiviso su cosa significhi
conoscere e valutare le famiglie accoglienti
2. individuare alcuni strumenti appropriati alla conoscenza delle famiglie e un
percorso adatto a tale fine
3. definire una modalità di collaborazione tra le reti di famiglie e gli operatori.
La finalità generale è quella che nel territorio mantovano si strutturi una prassi
di lavoro condivisa tra tutti i soggetti coinvolti nell’affido e nella solidarietà
familiare.

I contenuti del corso:
· Il quadro teorico di riferimento: un’idea di genitorialità ; che cosa
intendiamo per conoscenza e valutazione delle famiglie affidatarie; quali
sono gli obiettivi del processo di conoscenza e valutazione; che cosa
vogliamo conoscere e valutare.
· Praticare la valutazione con le famiglie accoglienti: i “passi da fare”; gli
strumenti che possiamo utilizzare.
· Chi-fa-cosa: Il ruolo dei servizi dell’Ente Pubblico; Il ruolo delle reti di famiglie;
Un’ipotesi di modello di collaborazione.

Il metodo:
Il percorso si è articolato in tre incontri in cui gli esperti hanno utilizzeranno
una metodologia attiva, alternando relazioni frontali, lavori di gruppo ed
esercitazioni, a partire dalle esperienze dei partecipanti.

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Il progetto FamilyNet nasce dalla condivisione di idee, passioni, creatività ed
esperienze di diverse persone, gruppi ed enti che hanno a cuore il benessere
della comunità e il suo futuro.

Per questo l’associazione di volontariato Solidarietà Educativa, le
Cooperative Sociali TanteTinte e Arché, la Provincia di Mantova, i Piani di
Zona di Asola, Guidizzolo, Mantova, Ostiglia, Suzzara e Viadana, l’ASL e la
Fondazione Cariplo hanno creduto in questo progetto e oggi ne sono i
protagonisti.

Tra gli obiettivi chiave del progetto vi è quello di creare nuove reti di famiglie
aperte all’accoglienza, sensibilizzando la comunità sui problemi dei minori in
stato di bisogno e facendole conoscere l’opportunità dell’affido famigliare.

Il progetto intende valorizzare le competenze delle famiglie restituendo loro
un ruolo attivo nell’esperienza dell’affido e offrendo loro l’occasione per
stabilire sinergie con i Servizi Sociali.

Il progetto FamilyNet vuole anche prendersi cura di queste famiglie, con
percorsi di affiancamento e di formazione, perché esse possano essere
sempre di più una risorsa educativa all’interno della comunità.

La rete che si intende costituire è dunque espressione della libera
aggregazione di famiglie che diventano soggetti sociali che collaborano al
benessere della collettività, attrezzati per agire con competenza nell’ambito
dei servizi di tutela dei minori.

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Il quadro teorico
          di riferimento
                          Marco Tuggia
                          Pedagogista, formatore,
                          consulente pedagogico
                          Componente del gruppo LabRIEF
                          (Laboratorio di Ricerca
                          e Formazione in Educazione Familiare
                          diretto dalla prof. ssa P. Milani)
                          Università di Padova

1.   Introduzione al percorso

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Obiettivi e contenuti

Lo scopo di questi incontri è tentare percorsi, in tema di valutazione delle
famiglie, che non siano “preconfezionati” ma che siano l’esito, anche
faticoso ed impegnativo, del confronto fra diversi punti di vista.
I relatori porteranno esperienze e contenuti già strutturati come stimolo e
preparazione per quello che poi i partecipanti dovranno elaborare. Il
modello che ne uscirà sarà il “modello di Mantova” che terrà comunque
conto di una cornice normativa e di esperienze che stabiliscono qualche
riferimento.
Su questo tema attualmente non c’è molto materiale disponibile.
Ci sono molte esperienze e molta prassi di utilizzo di strumenti per la
valutazione delle famiglie in situazioni di disagio, ma sulle modalità con cui
questo possa essere adattato e trasferito all’analisi delle famiglie affidatarie
c’è soltanto qualche tentativo isolato.

Obiettivi specifici

   •   cercare di avere un quadro di riferimento teorico e mantenere il più
       possibile una coerenza fra gli strumenti e il quadro teorico su cui si basa
       la costruzione degli strumenti che verrà proposta. Prima di affermare
       che uno strumento funziona, bisogna essere convinti dei presupposti
       da cui si parte. (primo incontro)
   •   proposta di alcuni strumenti di valutazione sperimentati e prova
       concreta tramite simulazione operatori/famiglie affidatarie (secondo
       incontro)
   •   perfezionare il modello, già in parte costruito lo scorso anno, di
       collaborazione reti/servizi per definire “chi fa cosa” (terzo incontro)

Metodo e struttura

Si alterneranno momenti di interventi teorici dei relatori a lavoro di gruppo
per costruire insieme il percorso della valutazione.

   2. Un'idea di genitorialità
Esercitazione di partenza:

Viene chiesto agli operatori presenti (che sono anche genitori):
Cosa vorresti che ti venisse chiesto dal Servizio Sociale per raccontare come
sei come genitore?

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Alcune affermazioni:

-Equilibrio: trovare stabilità intra-familiare, nella relazione moglie/marito
conciliare la coppia sposata e la coppia genitoriale
-Condivisione: condividere determinate impostazioni di vita
-Amore: dimensione affettiva espressa in casa
-Riuscire a superare le difficoltà e concentrarsi sulle cose positive della
famiglia per superare quelli negativi
-Individualità: ogni individuo esprime le proprie esigenze
-Contatti con la comunità in cui si vive: dimensione sociale dell’affido
-Capacità di mettersi in gioco
-Ammettere di non essere la famiglia del “Mulino Bianco”, perfetta. Ho difetti
e difficoltà come famiglia, ma, se c’è bisogno, ci sono e non sono sola, ho
una famiglia allargata oltre alla coppia, che sostiene la scelta dell’affido.
-Coinvolgimento e disponibilità dei figli naturali e aspetti irrinunciabili della
famiglia

Intervento di Marco Tuggia

Solitamente la genitorialità è considerata come una dimensione relazionale
monodimensionale. Questo consente agli operatori sociali di valutare le
famiglie in termini molto semplici: vi sono quindi adulti che o sono adeguati o
sono inadeguati ad essere e a fare i genitori.
Lo stesso rischia di valere per le famiglie affidatarie: la domanda che
implicitamente accompagna i processi di valutazione di queste famiglie
potrebbe essere così sintetizzata: “Questa famiglia è adatta a fare la
famiglia affidataria o no?”.
Se questo tipo di valutazione venisse applicato nei confronti della nostra
famiglia sicuramente ci indigneremmo: non accetteremmo mai di essere
etichettati in modo negativo solo perché qualcosa non va o non sta
funzionando o non abbiamo o non siamo capaci di fare. Chi accetterebbe,
infatti, di essere considerato un genitore inadeguato perché non si è andati
ai colloqui con gli insegnanti durante il quadrimestre? Inizieremmo ad
elencare tutte le cose che quotidianamente abbiamo fatto per nostro figlio:
siamo attenti alla sua igiene personale, alla sua alimentazione, alle relazioni
che ha con i coetanei, a dargli la giusta “dose di coccole” e così via.

L'attenzione alla nostra realtà ci fa immediatamente evidenziare che la
genitorialità non è per niente un'unica funzione, bensì è multi dimensionale, si
esprime cioè attraverso l'esercizio di molte funzioni educative. Ciò significa
che i genitori si occupano e si preoccupano che i loro figli crescano in

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maniera equilibrata e apprendano delle competenze adeguate all'interno di
un insieme articolato di aree. Ne consegue che una carenza di una di
queste funzioni non produce necessariamente il fallimento dell'intera
capacità genitorialità.

Il secondo elemento che poniamo a fondamento della nostra idea di
genitorialità è che, pur essendovi un'importante componete biologica, la
genitorialità per gli umani è un comportamento influenzato fortemente dagli
apprendimenti. Di conseguenza, ogni famiglia ha dei margini di sviluppo e di
miglioramento della propria capacità genitoriale, che dipendono anche
dalle circostanze ambientali in cui si esercita.
Ciò vale chiaramente anche per l'espressione della genitorialità sociale e
quindi per l'essere famiglia affidataria.
Quando andiamo a valutare una potenziale famiglia affidataria non
fotografiamo solo quello che c'è in quel momento, ma quello che quei
genitori possono esprimere anche grazie al supporto che noi siamo in grado
di offrire.

   3. Che cosa intendiamo per conoscenza e
      valutazione delle famiglie affidatarie e quali
      sono gli obiettivi di questo processo
Per rispondere a questa domanda, facciamo riferimento ad alcuni
documenti (v. file documenti di riferimento).

Da questo ricaviamo alcune indicazioni:

     1. Proponiamo di sostituire il termine conoscenza con quello di
     valutazione, per differenziare nettamente quanto viene fatto con la
     famiglia affidataria da altre attività di carattere più prettamente
     valutativo/diagnostico.

     2. Nel processo dell’affido familiare, la valutazione infatti è sempre
     relazionale: il servizio aiuta la famiglia affidataria a rendersi
     consapevole di quali siano le caratteristiche da mettere in gioco nel
     percorso dell’affido, favorendo un atteggiamento autoriflessivo, non
     ingenuo, che permetta a se stessa innanzitutto di valutare se è
     effettivamente disponibile al compito non immaginato o idealizzato,
     ma al compito reale dell’affido, così come delineato durante il
     percorso formativo. In questo senso la valutazione può essere

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desiderata dalle famiglie stesse per capire meglio qual è la loro
       situazione attuale rispetto ad un possibile percorso di affido familiare

       3. Ma per raggiungere questi obiettivi, è necessario mettersi nell’ottica
       che il processo della valutazione è circolare, dinamico e continuo.
       Ciò significa che non si valuta un oggetto esterno, in un dato momento
       (è idonea o no quella famiglia?), ma una realtà viva che, nella sua
       possibilità di evoluzione, può mettere in campo delle risorse in funzione
       di ciò che l’ambiente esterno le mette o meno a disposizione.
       Si valuta cioè se, attraverso la formazione, il sostegno costante,
       l’inserimento in reti di supporto, quella famiglia può collaborare
       positivamente a un progetto con il servizio, rendendosi idonea, non in
       assoluto, ma in quel frangente, per quel bambino o ragazzo, in quella
       situazione.
       Si valuta la famiglia unitamente alla capacità degli operatori di
       formare e sostenere quella famiglia, quindi non la famiglia in sé, ma la
       relazione fra la famiglia e tutto il sistema relazionale che il servizio
       mette in moto. Ci sono famiglie che in un territorio non potrebbero
       sostenere un progetto di affido, mentre potrebbero sostenerlo in un
       altro territorio che mette a disposizione risorse, strumenti più ricchi e
       diversificati, soprattutto formazione e sostegni adeguati rispetto al
       compito. Ci sono famiglie che potrebbero rivelarsi inizialmente poco
       adeguate, ma che proprio attraverso il percorso di valutazione, grazie
       al lavoro di esplicitazione e chiarimento soprattutto delle proprie
       motivazioni, possono diventare, nel tempo, delle buone risorse. La
       famiglia è una realtà viva che, nel processo di valutazione, cresce
       insieme agli operatori, per questo talvolta può essere opportuno
       allungare i tempi di questa fase e, talvolta, anche ripetere la
       valutazione in un secondo momento.

La domanda: “Quali sono le famiglie idonee all’affido?”, va quindi tradotta
nelle domande seguenti:

•   “Cosa facciamo noi in questo territorio perché più famiglie siano idonee
    all’affido?”;
•   “Come non “usare” le famiglie affidatarie, ma costruire un’esperienza che
    sia sostenibile e che quindi serva a quel singolo bambino o ragazzo?”;
•   “Come possiamo orientare nella giusta direzione la disponibilità, la spinta
    motivazionale delle famiglie, rendendole adatte al progetto che
    scegliamo per loro?”;
•   “Quali sono i saperi e le competenze di questa famiglia che possono
    essere valorizzati in un certo progetto?”.

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4. Che cosa vogliamo conoscere
Esercitazione:
   • lettura insieme de “Il Pentolino di Antonino”1 con immagini power point
   • lavoro di gruppo: quali sono le caratteristiche possedute da Margherita
       che aiutano Antonino?
   • Condivisione in assemblea

Gruppo1
   • Si è rivista in lui o ha adottato la strategia del pentolino per avvicinarsi
     a lui per aiutarlo?
   • Non è necessario essere specialisti: normalità
   • Si mette in gioco e si interessa all'altro: desiderio di conoscerlo
   • Lo accetta così com'è: questo permette un cambiamento in Antonino:
     il suo modo di vedere il pentolino.
   • Alla fine lo lascia andare.

Gruppo2
   • Capacità di accoglienza, ascolto, empatia
   • Valorizza il pentolino
   • Creatività nell'affrontare la situazione
   • Vede le cose da un punto di vista diverso
   • Svela il proprio pentolino
   • Riesce a dare un senso al pentolino
   • Perseveranza nell'affrontare il problema
   • Costruisce il sacchetto che contiene

Gruppo3
   • Capacità empatica: ha notato i punti forti sia di Antonino sia del
     pentolino
   • Si “accorge” di Antonino: lo vede con occhi che altri non vedono
   • Da conferma
   • Spiega come usare il pentolino diversamente e valorizza il punto
     debole, aiutando così ad accettarlo
   • Dona la sacca per contenere il pentolino che diventa una possibilità in
     più: dona strumenti per farcela da solo

Gruppo4
   • Si mette a misura del bambino
   • Non lo giudica
   • Capacità “razionale” di affrontare la situazione
   • Valorizza il “difetto”: vede l'aspetto positivo del pentolino

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    Isabelle Carrier, Il pentolino di Antonino, Kite Edizioni, Piazzola sul Brenta (PD), 2011

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•   Condivide con lui il problema
   •   Capacità di separarsi

Gruppo5
   • Prima si accorge di lui: sapere osservare, vedere
   • Si “abbassa al suo livello”, senza confondersi e perdere il ruolo
     educativo
   • Cambia l'ottica senza imporla
   • Insegna diversi modi di usare il pentolino
   • I cambiamenti di colore: Antonino porta con sé quello che ha via via
     imparato

Intervento di Marco Tuggia

All’interno del rapporto di partenariato con la famiglia affidataria, lo scopo
del percorso di conoscenza è quindi quello di capire insieme quali siano le
risorse del nucleo, i vincoli, le competenze e i saperi che può mettere in
campo.

Negli incontri con la singola famiglia, gli operatori non devono dunque essere
preoccupati di effettuare una “radiografia ad alta definizione” della
famiglia, ma piuttosto di sondare il clima familiare e cercare di com-
prenderne il funzionamento.

Quando parliamo di “saperi delle famiglie” ci riferiamo alle specifiche
modalità con cui una famiglia vive all’interno delle seguenti quattro aree,
sinteticamente descritte in questa tabella:

                     Ogni famiglia ha un modo particolare di entrare in
                     relazione con le varie dimensioni del quotidiano.
                     Qui si impara ad attribuire un certo valore e una certa
    Area della       importanza alle cose. Si impara a prendersi cura della
   quotidianità      cose, degli oggetti propri e degli altri. Si impara a gestire
                     il tempo e a stare nello spazio, si impara a vivere i tempi
                     della veglia e del riposo, della parola e del silenzio. Qui si
                     vive un certo stile di vita anche in rapporto ad una certa
                     e data economia familiare.

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Ogni famiglia ha una specifica modalità di organizzare le
                     proprie relazioni. Così pure le relazioni genitori – figli sono
                     ispirate da una particolare pedagogia familiare in parte
                     esplicita e in parte implicita.
                     Di conseguenza i membri della famiglia vivono
    Area delle       esperienze di accettazione, accoglienza e affetto, ma
     relazioni       anche di gestione e risoluzione di problemi e conflitti. In
   intrafamiliari    famiglia si impara ad amare, ma anche a convivere con
                     la diversità e con la differenza, con il maschile e il
                     femminile, con il paterno e il materno, con la regola e
                     con la libertà. Qui si impara a dipendere e al contempo
                     ad essere autonomi. Il tutto all’interno di relazioni
                     personali, faccia a faccia.

                     Ogni famiglia ha uno specifico modo di entrare in
                     relazione con il mondo e in particolare con il proprio
                     territorio.
    Area delle       Qui si fanno le prove di un certo modo di gestire i tempi
     relazioni       di vita, gli spazi, le risorse e i limiti. Si impara a chiedere e
   extrafamiliari    domandare aiuto. Si impara a pensare e vedere in un
                     certo modo il mondo. Si impara un certo modo di
                     dividere e condividere ciò che c’è all’interno della
                     famiglia. Si impara a gestire quindi il dentro e il fuori della
                     famiglia, i suoi confini, la sua permeabilità, le sue
                     connessioni con il mondo.

                     Tutta questa “sapienza” di vita quotidiana trova
                     ispirazione all’interno di una certa gerarchia di valori che
                     da forma ad un progetto di vita familiare, più o meno
 Area dei valori e   consapevole e coerente. Tale progetto è offerto dai
del progetto di vita membri adulti ai più piccoli come specchio per la
                     propria ricerca personale, come strumento per la
                     costruzione della propria identità.
                     Questi valori educativi, religiosi, sociali, ecc. diventano
                     parte integrante dei processi motivazionali che ispirano i
                     comportamenti e le scelte.

“Conoscere” una famiglia affidataria significa dotarsi di strumenti per
conoscere questi saperi e per capire se essi sono “compatibili” con le
particolari esigenze e i saperi di specifici bambini, adolescenti e delle loro
famiglie.

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Possiamo darci alcuni ambiti da esplorare che solitamente sono cruciali
nell'affido familiare:

     • la territorialità ovvero il luogo di residenza e l’adeguatezza dello
     spazio abitativo;
     • alcune caratteristiche specifiche, qual ad esempio: i figli, l'età, il tipo
     e orari di lavoro, i ritmi di vita, l'organizzazione quotidiana;
     • il pieno consenso di tutti i membri della famiglia al progetto di affido;
     • la motivazione, ossia il desiderio di realizzare un affido familiare e non
     una adozione:con l’affido le famiglie non cercano di soddisfare il loro
     desiderio di genitorialità, ma attraverso il buon uso di esso desiderano
     aiutare, per un certo periodo di tempo, un bambino a tornare nella
     sua famiglia di origine;
     • la disponibilità ad accettare il bambino o il ragazzo accolto per ciò
     che è, con la sua storia, le sue abitudini, nella sua diversità, senza
     volerlo conformare alle proprie: il rispetto della sua individualità;
     • la disponibilità ad accettare la famiglia di origine del bambino o
     ragazzo per ciò che è, nella sua diversità, a conoscerla e a relazionarsi
     con essa nelle forme e nei tempi indicati nel Progetto quadro:
     capacità di collocarsi in una posizione non antagonistica, ma di pieno
     rispetto per la diversità;
     • la disponibilità concreta di tempo;
     • oltre che il ritenere che per loro è il momento adeguato di accogliere
     un bambino a casa propria.

Le competenze e i saperi della famiglia affidataria che sono normalmente
sollecitati in un progetto di affido familiare sono:

     • la capacità di farsi aiutare nei momenti critici: la disponibilità ad
     essere sostenuti e accompagnati nel progetto di affido per poter
     superare le eventuali difficoltà che insorgeranno;
     • la capacità di tessere relazioni e di poter usufruire di una buona rete
     sociale ;
     • la capacità di essere flessibili, di accogliere l’imprevisto, il senso del
     divenire;
     • la competenza affettiva: capacità di voler bene, di costruire
     attaccamenti leggeri e di far evolvere il legame di attaccamento e di
     modulare con attenzione la dinamica attaccamento-separazione;
     • capacità di regolazione del proprio stile educativo (e dei propri
     principi ideologici e religiosi) in relazione ai bisogni e alle caratteristiche
     di quel bambino o ragazzo e di quella famiglia di origine;

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• capacità di stare dentro ad un progetto e quindi di agire secondo
    degli obiettivi e delle priorità, non che di coordinarsi con l'intervento
    degli altri;
    • capacità di attesa, di sopportare i tempi lunghi delle dinamiche
    educative e dei progetti sociali, di reagire agli imprevisti, di essere
    flessibile, di fronteggiare in modo positivo i conflitti;
    • capacità di empatia e di “gestione” del dolore: capacità di
    accettare e gestire la separazione.

5. Bibliografia di riferimento
•   Bronfenbrenner U., Ecologia dello sviluppo umano, Il Mulino, Bologna,
    1986
•   Carrier I., Il pentolino di Antonino, Kite Edizioni. Libro abbinato con: Ius
    M. e Milani P. (a cura di), Educazione, pentolini e resilienza, Kite Edizioni,
    Piazzola sul Brenta (PD), 2012
•   CNCA, Rotatorie sociali. Pensieri ed esperienze delle reti di famiglie
    aperte del CNCA, Comunità Edizioni, Roma, 2010
•   Pozzi C. e Tuggia M., I confini del contributo delle famiglie aperte
    all'accoglienza, Animazione sociale n° 5, 2005
•   Provincia di Mantova, Reti di famiglie affidatarie nel sistema di servizi
    per minori. Quaderno 12, Mantova, 2011
•   Regione del Veneto, Linee guida 2008 per i servizi sociali e
    sociosanitari. L'affido familiare in Veneto, 2008
•   Regione Lombardia, “Linee guida per l’affidamento familiare (art. 2 l.
    149/2001)”, D.g.r. 24 maggio 2011 - n. IX/1772
•   Tuggia M., Sostenere i genitori affidatari attraverso le reti di famiglie, in
    Legami, reti e parole di famiglie che si mettono in gioco, a cura di P.
    Milani, inserto “Per costruire insieme genitorialità” di Animazione
    Sociale, n° 11, Torino, Gruppo Abele, 2009
•   Tuggia M. (a cura di), Il sasso nello stagno. L’esperienza e le buone
    prassi delle reti familiari del CNCA Veneto, M. Tuggia (a cura di ),
    Comunità Edizioni, 2005
•   Isabelle Carrier, “Il Pentolino di Antonino”, Kite edizioni, Padova, 2011

                                      15
16
6. Alcuni documenti di riferimento

  Bozza linee guida nazionali per l'Affidamento Familiare

113 Famiglia affidataria
La famiglia affidataria è una risorsa costitutivamente prioritaria in ogni
progetto di affido. Per diventare affidatari non esistono vincoli a priori, né è
necessario possedere specifici requisiti oggettivi (età, istruzione, reddito).
Possono diventarlo famiglie, preferibilmente con figli minorenni, ed anche
persone singole, valutate dai Servizi in grado di svolgere un progetto di
affidamento o di affiancamento solidale concordato con i Servizi stessi e che
scelgano di accogliere un bambino o eventualmente dei fratelli.

321 Percorso di conoscenza degli affidatari
Al termine della formazione e prima di cimentarsi direttamente con
l’affidamento è necessario che gli operatori abbiano la possibilità di
conoscere meglio e più direttamente la persona o la famiglia che si è resa
disponibile attraverso alcune specifiche azioni. Si preferisce utilizzare il
termine conoscenza a quello di valutazione, per differenziare nettamente
quanto viene fatto con la famiglia affidataria da altre attività di carattere più
prettamente valutativo/diagnostico.

Motivazione. Nel caso dell’affidamento familiare il processo di conoscenza
non porta a dare una “patente” di idoneità alla persona o alla famiglia, ma
ha soprattutto lo scopo di capire insieme quali siano le risorse del nucleo, i
vincoli, le competenze e i saperi che può mettere in campo. Non esiste in
astratto una buona famiglia affidataria, ma una famiglia che, caso per caso,
con le sue particolari competenze, può essere adatta per un progetto di
affidamento con un determinato bambino.

Raccomandazione 321.1 Prevedere una fase di “conoscenza” delle persone
che si candidano all’affidamento familiare al fine di poter attuare un
intervento mirato al bisogno del bambino e della sua famiglia, e a rilevare il
vantaggio evolutivo del suo futuro ingresso nel nucleo affidatario.
    • Azione/Indicazione operativa 1. Viene realizzato un percorso di
       conoscenza e un’indagine psicosociale sui candidati affidatari rispetto
       a diverse aree:

                                       17
-       le dinamiche familiari, i valori di riferimento, le esperienze
     pregresse, gli stili e le competenze educative, le motivazioni
     all’affidamento etc.;
     -       gli elementi rilevanti della storia individuale e familiare, della
     storia dei figli naturali, con specifica attenzione alla capacità di
     costruire legami e permettere le separazioni;
     -       le relazioni con l’esterno, il legame con il territorio e l’inserimento
     nelle reti di prossimità, l’estensione della rete familiare e amicale.
   • Azione/Indicazione operativa 2. La fase di conoscenza comprende
     alcuni incontri individuali (affidatari-operatori), almeno una visita
     domiciliare, e, in conclusione, una restituzione alla famiglia nella quale
     vengono condivisi i contenuti emersi e viene proposto un primo
     orientamento alla scelta.

       Da “Linee guida per l’affidamento familiare (art. 2 l.
                           149/2001)”
               D.g.r. 24 maggio 2011 - n. IX/1772
                       Regione Lombardia

Cap. III: I SOGGETTI CHE COLLABORANO ALLA REALIZZAZIONE DEL
SISTEMA DELL'AFFIDO E LE LORO RESPONSABILITA'

Gli Enti Locali e le Asl

      1) promozione dell’affido dove i Servizi hanno il compito di:
      – provvedere al reperimento, alla conoscenza, formazione e selezione
      delle famiglie disponibili all’affido;
      – raccogliere le richieste di affido e procedere al miglior abbinamento
      possibile minore-famiglia;

      2) attivazione dell’intervento di affido dove i Servizi hanno il compito di:
         conoscere ed individuare la famiglia affidataria più idonea al
             minore;

Cap. II: IL SENSO DELL'AFFIDO FAMILIARE
Le associazioni familiari/reti familiari e gli enti del terzo settore che prestano
attività di formazione e sostegno nel campo degli affidamenti familiari

                                        18
possono essere coinvolte dall’equipe di regia del progetto quadro anche
nella fase di selezione della famiglia.

Cap IV: LA REALIZZAZIONE DEL PERCORSO DI AFFIDAMENTO
Il Servizio titolare promuove e sostiene un percorso di conoscenza con le
famiglie e le persone che esprimono un interesse all’affido familiare,
finalizzato ad accompagnare le famiglie stesse ad una scelta di accoglienza
informata e consapevole.
Il percorso di conoscenza prevede, in un primo momento un ciclo di incontri
informativi e di approfondimento delle tematiche relative all’affido familiare
realizzati, anche in collaborazione con le associazioni/reti familiari, in gruppo,
in un secondo momento incontri di conoscenza individualizzati con la
famiglia o la persona.

   Conoscenza/valutazione delle nuove famiglie affidatarie
  “Reti di famiglie affidatarie nel sistema di servizi per minori”
              Provincia di Mantova - Quaderno 12

                                  CONOSCENZA
1. Definizione
        La conoscenza è una raccolta di dati sulla famiglia ed è un passaggio
        che avviene subito dopo l’attività di sensibilizzazione. Intesa come
        “conoscenza finalizzata” della famiglia, è di competenza del servizio
        sociale che si avvale del contributo della Rete.
2. L’obiettivo
        Avere informazioni su famiglie disponibili a farsi coinvolgere in iniziative
        a sostegno di minori e famiglie in difficoltà.
3. Gli aspetti e i momenti che devono essere curati con particolare
attenzione
        È fondamentale:
        • curare le modalità di accoglienza della Famiglia Affidataria da parte
        sei Servizi
        • non trasmettere giudizi
        • comunicare la disponibilità all’ascolto
4. Gli strumenti reputati necessari
        Possono essere utilizzate schede di raccolta dati anagrafici oltre a
        colloqui e visite domiciliari.

                                        19
Necessario il raccordo con la Rete di Famiglia Affidataria che può
       avere una conoscenza più informale della famiglia, ma più legata alla
       vita sua quotidiana.
5. La migliore organizzazione tra servizi dell’Ente Pubblico, del Terzo Settore e
Reti di famiglie per realizzare bene questa attività.
       Per avere una migliore conoscenza è necessaria una stretta
       collaborazione tra i vari enti coinvolti. A questo riguardo, la Rete
       potrebbe essere un mezzo informale di conoscenza delle famiglie,
       perché ha l’opportunità di incontrarle in modo costante, nei loro
       cambiamenti che avvengono nel corso del tempo e può in tal modo
       aiutare il servizio sociale nella sua attività di valutazione
       accompagnando la famiglia verso la definizione di una disponibilità in
       linea con le proprie caratteristiche e competenze familiari.

                                  VALUTAZIONE
1. Definizione
        La valutazione è un approfondimento della conoscenza della famiglia
        affidataria attraverso l’uso di strumenti professionali che mettano in
        rilievo i suoi punti di forza e di debolezza. Segue il momento della
        conoscenza ed è più strutturata. È di competenza del servizio sociale
        che si avvale del contributo della Rete.
2. L’obiettivo
        L’obiettivo è avere elementi di conoscenza della potenziale Famiglia
        Affidataria in ordine al fatto che questa possa costituire una risorsa,
        con modalità da verificare e definire al momento di un suo eventuale
        coinvolgimento, entro un progetto di Affido Familiare. L’obiettivo non è
        dare un giudizio di valore sulla famiglia, ma indagare se e in che
        termini la famiglia individuata può essere risorsa per situazioni di minori
        per cui è necessario l’Affido Familiare.
3. Gli aspetti e i momenti che devono essere curati con particolare
attenzione
        Nel momento della valutazione, è necessario chiarire alla famiglia
        quale sia il motivo dei procedimenti attuati per la conoscenza e la
        valutazione oltre che il ruolo dell’operatore nell’analisi della situazione
        rispetto ai dati raccolti. Deve essere esplicitato alla potenziale Famiglia
        Affidataria la metodologia che i Servizi sociali utilizzano, non
        dimenticando il rispetto per la famiglia nella sua realtà e totalità.
        La valutazione può essere più completa se fatta da un’équipe
        composta da più figure professionali che tiene conto del contributo
        che la Rete può dare rispetto alla sua conoscenza della famiglia.
4. Gli strumenti reputati necessari

                                        20
Per la valutazione possono essere utilizzati strumenti strutturati quali test
      di vario genere, genogramma, oltre a visita domiciliare e colloqui
      mirati. Potrebbe essere utile disporre di una griglia di valutazione delle
      Famiglia Affidataria.
      Poiché la condizione di ogni famiglia può variare nel tempo, la sua
      valutazione va considerata come elemento da aggiornare
      periodicamente anche con l’aiuto della Rete.
5. Che cosa manca per realizzare bene questa attività
      Attualmente i punti critici rispetto a questa attività sono:
             • mancanza di un’équipe di valutazione e del servizio che la
             possa gestire
             • mancanza di un ampio confronto tra operatori, una
             formazione specifica e linee guida per una corretta valutazione
             • mancanza di una griglia di valutazione condivisa

                                        21
Praticare la
“valutazione” con le
famiglie accoglienti
        Ombretta Zanon
        Psicologa e psicoterapeuta
        Componente del gruppo LabRIEF
        (Laboratorio di Ricerca
        e Formazione in Educazione Familiare
        diretto dalla prof. ssa P. Milani)
        Università di Padova

       22
FILASTROCCA DEI FIGLI DEL MONDO

Tu figlio di chi sei? Son figlio di due stelle
Nel cielo ce n'è tante ma le mie son le più belle
Tu figlio di chi sei? Del sole e della luna
Non splendono mai insieme: cala l'altro e sorge una
Tu figlio di chi sei? Son figlio del villaggio
Dieci madri, venti padri, cento cuori di coraggio
Tu figlio di chi sei? Di un grande albero solo
Ma così alto e forte che da lui io spicco il volo
Tu figlio di chi sei? Di un amore, di un viale
Di un bue e di un asinello, di un dio, di un ospedale
Il nostro nome è uomini, siamo figli e figliastri
Di altri figli degli uomini, della terra e degli astri
                                      Bruno Tognolini

Linee Guida per l’affidamento familiare Regione
Lombardia D.g.r. 24 maggio 2011
“Nel momento in cui una famiglia o una persona singola dichiara la propria
disponibilità all’affidamento di uno o più minori, l’équipe affidi avvia un
PERCORSO DI CONOSCENZA INDIVIDUALIZZATO, comprensivo anche di VISITA
DOMICILIARE.
Il Servizio titolare promuove e sostiene un PERCORSO DI CONOSCENZA con le
famiglie e le persone che esprimono un interesse all’affido familiare,
finalizzato ad accompagnare le famiglie stesse ad una SCELTA DI
ACCOGLIENZA INFORMATA E CONSAPEVOLE.
Il percorso di conoscenza prevede, in un primo momento un CICLO DI
INCONTRI INFORMATIVI e di approfondimento delle tematiche relative
all’affido familiare realizzati, anche in collaborazione con le associazioni/reti
familiari, IN GRUPPO, in un secondo momento INCONTRI DI CONOSCENZA
INDIVIDUALIZZATI con la famiglia o la persona”.

LE FAMIGLIE CON I SERVIZI VERSO L’AFFIDO: CONOSCERE E
CONOSCERSI PER SCEGLIERE IN MANIERA INFORMATA E
CONSAPEVOLE
“Gli operatori sociali sono chiamati a valutare attentamente le famiglie che si
candidano all’esperienza di affido, allo scopo di riconoscere le MOTIVAZIONI

                                       23
sottostanti alla loro richiesta di accogliere un minore e le FANTASIE che la
animano, nonché di individuare le RISORSE che quel sistema familiare
possiede per far fronte alle difficoltà che l’affido presenta (...)
Obiettivo dell’iter valutativo dovrebbe essere, pertanto, quello di farlo
emergere [il bisogno] passando dalla fase della presentazione di disponibilità
(“ci piacerebbe”) alla CONSAPEVOLEZZA DELLA DISPONIBILITÀ (“siamo pronti
a”)”.
                                                Cassibba e Elia, 2007, pp. 61-76.

“Le famiglie affidatarie, pur dimostrando con la loro scelta di avere a
disposizione risorse di accoglienza e di lealtà nei confronti della famiglia e
della società, rivelano anche dei bisogni che necessitano di una
DECRIPTAZIONE e di un ACCOMPAGNAMENTO che le aiuti a non “gettarsi”
nel rischio, ma ad “aprirsi” ad esso IN MANIERA CRITICA E CONSAPEVOLE”.
                                             Greco e Iafrate, 2001, p. 121.

       “CONOSCERE” VS “VALUTARE” LE FAMIGLIE AFFIDATARIE:
                  ALCUNE PREMESSE TEORICHE

Lo scopo del percorso di CONOSCENZA è quello di CAPIRE INSIEME QUALI
SIANO LE RISORSE DELLA FAMIGLIA, I VINCOLI, LE COMPETENZE E I SAPERI che
può mettere in campo in questo momento del suo ciclo di vita al suo interno
e che può reperire nel suo contesto di appartenenza:
“Quali sono i saperi e le competenze di questa famiglia, al suo interno e
nelle sue relazioni con l’esterno, che possono essere valorizzati in un certo
progetto?”

                  Cosa vogliamo conoscere insieme?

AREE DELLA VITA FAMILIARE                              DIMENSIONI

   •   area della quotidianità       •   le dinamiche familiari
   •   area delle relazioni          •   i valori di riferimento
        intrafamiliari               •   le esperienze pregresse
   •   area delle relazioni          •   gli stili e le competenze educative
       extrafamiliari                •   le motivazioni all’affidamento
   •   area dei valori e del         •   gli elementi rilevanti della storia individuale
       progetto di vita                  e familiare, della storia dei figli naturali, con
                                         specifica attenzione alla capacità di co-
                                         struire legami e permettere le separazioni

                                         24
•     le relazioni con l’esterno, il legame con il
                                        territorio e l’inserimento nelle reti di prossimi-
                                        tà, l’estensione della rete familiare e ami-
                                        cale

I “saperi” delle famiglie

   -   COMPETENZA AFFETTIVA: capacità di comunicare con i bambini e i ra-
       gazzi, di ascoltare, di rispondere ai loro bisogni in maniera positiva;

   -   CAPACITÀ DI REGOLAZIONE DEL PROPRIO STILE EDUCATIVO in relazio-
       ne ai bisogni e alle caratteristiche di quel bambino o ragazzo e di
       quella famiglia di origine;

   -   CAPACITÀ DI EMPATIA E DI “GESTIONE” DEL DOLORE: capacità di ac-
       cettare e gestire la separazione;

   -   LA CAPACITÀ DI ESSERE FLESSIBILI, di accogliere l’imprevisto, la capaci-
       tà di farsi aiutare nei momenti critici;

   -   LA CAPACITÀ DI TESSERE RELAZIONI NELLA COMUNITÀ DI APPARTENEN-
       ZA e di poter usufruire di una buona rete parentale e informale;

   -   CAPACITÀ DI STARE DENTRO AD UN PROGETTO e quindi di agire secon-
       do degli obiettivi e delle priorità, nonché di coordinarsi con l'intervento
       degli altri.

Aree di funzionamento familiare

  •    Attaccamento (Bowlby, 1984)/affettività/intimità (Wynne, 1984): evi-
       dente nella qualità del coinvolgimento e nell’espressività delle emozio-
       ni, rende l’interazione familiare piacevole e rassicurante per gli indivi-
       dui.

  •    Comunicazione: permette agli individui di condividere i significati
       dell’esperienza e di orientarsi verso obiettivi comuni.

  •    Problem solving/Negoziazione dei conflitti: confronto tra individui diffe-
       renti tra di loro.

                                       25
•   Struttura organizzativa delle relazioni/confini (Minuchin, 1976) e diffe-
       renziazione (Bowen, 1979): prevede la definizioni di ruoli intergenerazio-
       nali e facilita la costruzione di aspettative su quanto può accadere nei
       diversi contesti dell’interazione familiare.

   •   Copioni familiari (Byng Hall, 1998)/miti familiari (Reiss, 1991): rappresen-
       tano un riferimento ideale o a volte normativo per regolare i rapporti
       familiari.

              Il modello epigenetico dello sviluppo (Wynne, 1984)

Fasi del ciclo di vita familiare (Mcgoldrick e Carter, 1982) e
“compiti di sviluppo normativi”:

“Occorre far riferimento al compito evolutivo che la famiglia si trova ad
affrontare nel momento in cui offre la sua disponibilità e alle strategie di
coping che ha attivato per fronteggiare le difficoltà che possono
eventualmente emergere”
                                              Cassibba e Elia, 2007, p. 73.

   •   generatività (Erikson, 1967)

   •   accudimento dei figli piccoli

   •   crescita e autonomia dei figli

                                        26
Fasi del ciclo di vita familiare e                    “compiti di sviluppo
paranormativi”

  •   trasformazione o crisi del rapporto di coppia

  •   difficoltà di relazione con i figli

  •   lutto

La genitorialità come insieme di funzioni:

  •   funzione protettiva

  •   funzione affettiva

  •   funzione regolativa

  •   funzione normativa

  •   funzione predittiva

  •   funzione significante

  •   funzione rappresentativa e comunicativa

                                                 Volpini, 2011, p. 18.

                                            27
I predittori del benessere dei minori in affido

                          Greco e Iafrate, 2001, p. 129.

“Se dunque per il ragazzo è importante esprimere il suo DESIDERIO DI
INCLUSIONE al nucleo affidatario, segnale – probabilmente – di una sua
recuperata fiducia nei legami fammi familiari, non necessariamente ciò deve
trovare una corrispondenza con un DESIDERIO DI INGLOBAMENTO da parte
degli affidatari, desiderio che non sembra, al contrario, legato al benessere
dei ragazzi.
                                                              Ivi, p. 126

“la reciproca accettazione tra le due famiglie o, almeno, la posizione non
ostile degli affidatari facilitano nel minore quella posizione integrativa dei due
legami che a propria volta condizione per costruire un’immagine interna più
positiva di famiglia. Per il bambino si tratta infatti di integrare nella relazione
attuale i vissuti precedenti e, in modo complementare, di introiettare
progressivamente modalità relazionali diverse che vadano a rafforzare la
qualità dei modelli interni di relazione (…) L’affido dunque sembra
raggiungere lo scopo di migliorare a lungo termine il benessere del bambino,
se questi è in grado di affrontare il conflitto di lealtà per tentare di trovarvi
delle soluzioni”.
                                                                  Ivi, pp. 175-176.

“L’esperienza clinica e la ricerca mostrano come le carenze sul registro
accuditivo solitamente non intacchino la dimensione della appartenenza
reciproca: questo è il motivo per cui i bambini in affido mantengono intatto
anche dopo molti anni il senso di appartenenza alla famiglia di origine,

                                        28
anche a fronte di evidenti incapacità o di comportamenti disturbanti o lesivi
da parte dei genitori naturali. In fatti il minore in affido può viversi come
‘figlio’ della famiglia affidataria, godendo della dimensione di cura offertagli
nella situazione di affido, pur continuando a viversi come ‘figlio’ della propria
famiglia di origine, alla quale è legato per l’appartenenza biologica che
rimanda immediatamente anche all’appartenenza storico-paradigmatica.
(…)
“Abitudini, tradizioni, mentalità e stili di vita che provengono dalla storia
intergenerazionale del nucleo di origine continuano, per la maggior parte
dei minori, a costituire il più importante e naturale punto di riferimento. La
speranza di aiutarli a costruire una capacità critica sugli aspetti deboli o
negativi dell’orizzonte della famiglia naturale poggia, come sappiamo, sul
rispetto di questo legame, per il minore imprescindibile. Qualsiasi posizione di
attacco al legame primario verso la propria “stirpe” esita infatti in un attacco
all’identità stessa del minore e nell’impresa difensiva di idealizzare il proprio
nucleo naturale da parte del bambino. Alla famiglia affidataria, dunque, è
richiesto il compito di ‘proteggere’ l’appartenenza del minore in affido alla
sua famiglia di origine, aiutandolo a recuperare quello che di positivo viene
non solo dai suoi genitori naturali, ma anche dai parenti e dalle generazioni
che li hanno preceduti, sul piano concreto o almeno sul piano simbolico: in
ultima istanza, almeno il dono della vita. (…) La ‘castità del desiderio verso i
figli’, di cui parla Dolto, ossia ‘la capacità di amarli rimanendo liberi dal
bisogno e dal desiderio di possederli’ si declina allora per i genitori affidatari
nella capacità di svolgere uno degli essenziali compiti genitoriali – quello
accuditivo-educativo – rimanendo liberi dal bisogno di inglobare il bambino
in un’appartenenza totale”.
                                                         Ivi, pp. 195-196.

Dalla “valutazione” alla “conoscenza”: quale idea di famiglia
adeguata?

   •   non “famiglie normali” vs “famiglie problematiche”, ma continuum
       agio-disagio nelle famiglie:

“La ricerca sulle famiglie reperite al di fuori di contesti clinici ha messo in
evidenza che non esistono famiglie in difficoltà, o problematiche, e famiglie
senza difficoltà, o prive di disagio. Le famiglie si distribuiscono lungo un
continuum che va da un disagio connesso a gravi problemi psicopatologici
a un disagio associato alle difficoltà che fisiologicamente esse incontrano nel
far fronte alle loro complesse funzioni” .
                                                         Fruggeri, 2011, p. 33.

                                       29
•   approccio processuale e sistemico nella conoscenza del funziona-
       mento familiare:

   “Sulla base di tutte queste ricerche, oggi è possibile affermare che l’esito
   adattivo dei processi familiari dipende:
   - non tanto dall’assenza di conflitti, bensì dal modo in cui i conflitti ven-
      gono negoziati all’interno del gruppo;
   - non tanto dall’assenza di disagio e sofferenza, ma da come disagi e
      sofferenza vengono affrontati;
   - non tanto da modelli normativi, ma dalle modalità specifiche con cui
      ogni famiglia utilizza le proprie risorse per adempiere alle proprie funzio-
      ni. (…) Dall’ormai ricca letteratura sull’argomento emerge come i fat-
      tori che incidono sull’esito di questi processi siano: il tipo di evento da
      fronteggiare o il tipo di compito da assolvere; le condizioni interne alle
      famiglie e le risorse che esse riescono ad attivare; i rapporti con il con-
      testo sociale e la qualità del sostegno formale e informale disponibili”
                                                            Ivi, pp. 34-36.

   •   concezione evolutivo/processuale della crescita e rappresentazione
       del “ben-essere” delle famiglie non come condizione statica e immo-
       dificabile, ma come “capacità reattiva” :

 “(…) per il fatto di discendere da condizioni relazionali costantemente in
evoluzione e mai definitivamente acquisite, in quanto dipendenti da un ciclo
di vita (quello individuale e quello familiare, che a sua volta intreccia cicli di
vita individuali) che richiede il costante superamento di eventi critici,
attraverso la mobilitazione di risorse, alla ricerca di sempre nuove forme
relazionali adattive e soddisfacenti per le mutate condizioni di crescita”.
                                                         Mazzoleni, 2004, p. 22.

“CONOSCERE” una famiglia affidataria significa quindi dotarsi di STRUMENTI
per conoscere i suoi SAPERI ATTUALI E POTENZIALI e per capire INSIEME se essi
sono “compatibili” con le particolari esigenze e possibilità di cambiamento di
specifici bambini o adolescenti e delle loro famiglie.

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IL PERCORSO DI CONOSCENZA

                                Gli strumenti

Con quali motivazioni e obiettivi nella scelta e
nell’utilizzo?
  •   MEDIATORI DELLA RELAZIONE CON LA FAMIGLIA: costruzione di un’inte-
      razione paritaria nei saperi e di facilitazione dei processi di autonarra-
      zione attraverso codici differenziati (oltre a quello verbale).

  •   ESPLORAZIONE/EMERSIONE DI RISORSE: gli strumenti non sono mai “neu-
      tri”, per cui è possibile che non emergano delle potenzialità della fami-
      glia non tanto perché non sono presenti, quanto perché non abbiamo
      messo a disposizione dei canali di comunicazione che ne facilitano la
      “scoperta” e l’esplicitazione.

  •   AUTOVALUTAZIONE: individuazione, riflessione ed espressione sulle pro-
      prie risorse e i propri limiti in questo specifica fase del ciclo di vita fami-
      liare e in questo specifico contesto comunitario e sociale.

IL PERCORSO DI CONOSCENZA SI CONNOTA QUINDI “NATURALMENTE” PER
GLI OPERATORI COME INTERVENTO DI SOSTEGNO E PER LA FAMIGLIA COME
OPPORTUNITA’ FORMATIVA.

Con quali fasi e modalità nella loro applicazione?
  •   TRASPARENZA: con la famiglia che si candida all’esperienza di affido
      vanno condivisi in maniera esplicita e personalizzata gli obiettivi, le fasi,
      i criteri e i risultati della “valutazione”; per questi moment vanno pro-
      grammati e dedicati adeguato tempo ed attenzione.

  •   PARTECIPAZIONE: il percorso di conoscenza non avviene sulla famiglia,
      ma con la famiglia, che è e rimane la prima titolare della sua storia e la
      maggiore esperta della sua situazione relazionale al suo interno e con
      l’esterno.

  •   “TRIANGOLAZIONE”: nessuno strumento da solo offre una rappresenta-
      zione completa della famiglia, per cui è opportuno utilizzare strumenti
      multipli e differenziati in maniera integrata e multiprospettica.

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•   RESTITUZIONE: la famiglia è aiutata nell’autovalutazione delle sue risorse
       e nei suoi limiti attuali per decidere in maniera informata, consapevole
       e soprattutto partecipata se e come in questo momento del suo ciclo
       di vita ha la possibilità di diventare risorsa per altre famiglie.

Quali strumenti utilizzare? Quali criteri espliciti adottare
nella loro individuazione?
Una “categorizzazione” possibile per la conoscenza delle dimensioni
strutturali e di funzionamento della famiglia:

   •   DI TIPO CLICNICO: per la costruzione di un profilo diagnostico

   •   DI TIPO PSICOLOGICO: per la conoscenza e per l’autoconoscenza

   •   DI TIPO EDUCATIVO: per orientare il cambiamento da parte della fami-
       glia stessa e per l’intervento.

Quali dimensioni della vita familiare esplorare insieme?
“Un buon grado di coesione all’interno della coppia, la capacità di essere
flessibili e di utilizzare il supporto della rete sociale sono elementi considerati
predittori affidabili di una buona genitorialità”
                                                             Di Blasio, 2005, p. 86.

    • Relazioni tra i membri della famiglia: genitori-figli
Qualità della cura fisica ed emotiva dei genitori per rispondere ai bisogni e
alle capacità dei bambini.

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-   TRIANGOLO DEL BAMBINO

                            33
-   KIT DELLA GENITORIALITA’ (SEZIONE: “QUALITA’ DEL BAMBINO”).

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35
◊   Relazioni tra i membri della famiglia: genitori e figli e coppia di genitori

Coesione: espressione dell’affettività e modalità di comunicazione tra
genitori e figli e tra genitori

                            DISEGNO DELLA FAMIGLIA

           KIT DELLA GENITORIALITA’ (SEZIONE: “PIACERI CONDIVISI”)

                                     FACES III

                              MATERIALI EDUCATIVI

                                    FACES III*

Il FACES III (Family Adaptability and Cohesion Evaluation Scale o Scala per la
Valutazione della Coesione e dell’Adattabilità Familiari, Olson, 1995;
Galimberti e Farina, 1992) è uno strumento self-report, formato da 20 item,
per l’esplorazione della dimensione della COESIONE (i legami affettivi
familiari) e la dimensione dell’ADATTABILITA’ (la capacità di cambiamento).
Secondo Olson, un funzionamento familiare adeguato coincide con livelli
intermedi di entrambe queste variabili relazionali, nel presupposto che i
sistemi debbono bilanciare i livelli di distanza e vicinanza in relazione alla
coesione, nonché i livelli di stabilità e cambiamento in relazione
all’adattabilità (equilibrio tra processi morfostatici e morfogenetici), in
relazione ai cambiamenti evolutivi lungo il suo ciclo di vita.
Per la coesione sono presenti 2 item per cinque aree, che dscrivono il
legame emotivo, il sostegno reciproco, la cooperazione, i confini familiari, gli
interessi comuni e le amicizie; per l’adattabilità sono presenti 2 item per le
aree di controllo, di potere e di disciplina, e 4 item per l’area dei ruoli e delle
regole.      Lo strumento è presentato sia nella versione reale (famiglia
percepita) sia in quella ideale (famiglia desiderata).
Si tratta quindi di un’autoriflessione sulle modalità di rapporto e
funzionamento del gruppo familiare, al fine di misurare la percezione che ne
hanno i vari componenti: un punteggio alto esprime un alto grado di
coesione e di adattabilità, mentre un punteggio basso esprime un basso
grado delle due dimensioni. L’autore consiglia comunque di considerare la
fase evolutiva che la famiglia sta attraversando per comprendere
l’adeguatezza del tipo di funzionamento rilevato.

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37
* La presentazione dei materiali relativi agli strumenti è tratta da: Mazzoni S., Tafà M. (a cura
di) (2007), L’intersoggettività nella famiglia. Procedure multimetodo per l’osservazione e la
valutazione delle relazioni familiari, Milano, Angeli.

   •   Relazioni tra i membri della famiglia:

   - ADATTABILITÀ e FLESSIBILITÀ nei confronti degli imprevisti

   - FRONTEGGIAMENTO DELLE SITUAZIONI DIFFICILI e strategie di COPING

                 COMMUNICATION PATTERNS QUESTIONNAIRE (CPQ)

                                   MATERIALI EDUCATIVI

   •   Il supporto della rete sociale:

risorse formali e informali nella famiglia allargata, nel sistema amicale e nella
comunità di appartenenza e modalità di richiesta di aiuto

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GENOGRAMMA

                                    ECOMAPPE

                            TEST DELLA DOPPIA LUNA

             DISEGNO SIMBOLICO DELLO SPAZIO DI VITA FAMILIARE

                              MATERIALI EDUCATIVI

                                    ECOMAPPA

E’ uno strumento carta e matita (Hartman, 1975, 1978) in cui viene
rappresentata graficamente la mappa delle “risorse relazionali” a
disposizione della famiglia e dei suoi singoli componenti.
In particolare, ciò che l’operatore o il familiare stesso cercano di
rappresentare è il “flusso delle risorse”, vale a dire il tipo di risorsa che la
persona intervistata trae dalla relazione che sta indicando o il tipo di risorsa
che lui stesso fornisce agli altri.
Il modello ecologico dello sviluppo (Bronfrenbrenner, 1986, 2010) offre una
cornice teorica entro la quale leggere ed interpretare l’ecomappa come
uno strumento che descrive sia la quantità delle relazioni significative per
l’individuo, sia la loro qualità in termini di intensità delle relazioni e
conflittualità; inoltre precisa l’organizzazione delle relazioni all’interno della
famiglia stessa.
L’ecomappa permette quindi di rilevare immediatamente a colpo d’occhi le
risorse disponibili sulle quali contare, quelle inesistenti che potrebbero essere
attivate ed anche quelle conflittuali sulle quali è opportuno intervenire.

Istruzioni
All’intervistato viene presentato un foglio A4 dove già sono disegnati dei
cerchi vuoti nei quali possono essere indicati, intorno ad un cerchio posto nel
mezzo del foglio, diversi sistemi relazionali di riferimento. Il cerchio centrale più
grande racchiude la famiglia o gli eventuali conviventi di chi disegna
l’ecomappa; gli altri cerchi più piccoli rappresentano i vari sistemi con cui
egli entra in relazione e che quindi vengono a costituire il suo contesto
allargato; si possono naturalmente aggiungere altri cerchi oltre a quelli già
preparati sul foglio.

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Qualora esistano relazioni fra i vari gruppi o sistemi che sono stati indicati nei
cerchi, si possono connettere i relativi cerchi tra di loro e si può indicare la
natura dei legami disegnando diversi tipi di linee:

                                LA DOPPIA LUNA

Due sono i concetti di particolare importanza per la comprensione dei
presupposti di base dello strumento “la doppia luna” (Greco, 1999): il primo è

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