La situazione demografica nell'Unione europea - COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE - EUR-Lex
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COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE COM(94) 595 def. Bruxelles, 13.12.1994 La situazione demografica nell'Unione europea Relazione 1994 (présentât» dalla Coaalsslone) /
Indice Introduzione 7 C a p i t o l o 1 — il m o d e l l o d e m o g r a f i c o d e l l ' U n i o n e e u r o p e a 9 1.1. L'Unione europea nel mondo 10 1.1.1. Il peso demografico dell'Unione: ferzo posto nel mondo, primo posto nel mondo avanzato 10 1.1.2. La crescita naturale: quasi inesistente nel mondo sviluppato, ancora elevata altrove 11 1.1.3. L'invecchiamento delle strutture d'età: ben presto un fenomeno mondiale 11 1.2. L'Unione europea tra i paesi avanzati 12 1.2.1. Ripartizione geografica delia popolazione 12 1.2.2. Crescita demografica moderata 13 1.3. Similitudini fra Stati membri 13 1.3.1. Il modello migratorio: la fine dell'emigrazione e una quota di popolazione straniera 14 1.3.2. Simultaneità di alcuni comportamenti legati al ciclo di vita familiare 14 1.3.3. Evoluzione della mortalità 16 1.4. Le variabili che determinano un asse Nord-Sud all'interno dell'Unione 18 1.4.1. I recenti comportamenti congiunturali della fecondità 18 1.4.2. L'attività delle donne 19 1.4.3. I modelli familiari 20 1.5. Disparità fra Stati membri 20 1.5.1. L'invecchiamento differenziale degli Stati membri 20 1.5.2. La popolazione attiva 21 1.5.3. Specificità riguardo agli stock e ai flussi migratori 22 1.6. Scenari dell'evoluzione futura 22 C a p i t o l o 2 — E v o l u z i o n e d e l l e strutture p e r e t à 29 2.1. Le strutture per età nell'Unione europea 29 2.1.1. Il processo d'invecchiamento delle strutture 29 2.1.2. La struttura invecchiata dell'Unione europea: bilancio e prospettive 30 2.1.2.1. La piramide delle età, una base sempre più stretta 30 2.1.2.2. Rapporti di dipendenza stabili, ma considerevole invecchiamento della popolazione attiva 31 2.1.3. Le disparità tra Stati membri 31 2.1.3.1. Piramidi delle età dalle forme molto diverse 32 2.1.3.2. I coefficienti di invecchiamento 33 2.2. Le cause dell'invecchiamento 34 2.2.1. La caduta della fecondità, responsabile dell'invecchiamento dalla base 35 2.2.2. Il continuo allungarsi della vita, ovvero l'invecchiamento «dal vertice» 35 2.2.2.1. La speranza di vita: ascesa generalizzata e convergenza dei livelli nell'Unione 35 2.2.2.2. Previsioni per l'allungamento della vita 35
Indice 2.3. L'impatto economico e sociale dell'invecchiamento 36 2.3.1. Il profondo mutamento del ciclo di vita: l'allungamento del tempo non imposto 37 2.3.2. L'organizzazione del mercato del lavoro 38 2.3.2.1. Il rapporto tra il numero degli attivi ed il volume dei posti di lavoro 38 2.3.2.2. La coincidenza tra la natura dell'occupazione e la qualificazione dei lavoratori 40 2.3.3. La spesa per la protezione sociale 41 2.3.3.1. Il finanziamento delle pensioni 41 2.3.3.2. La spesa sociale destinata agli anziani 41 2.3.4. Situazione economica e sociale dei pensionati 42 2.3.4.1. Livelli di vita e fonti di reddito 42 2.3.4.2. Lo stato di salute degli anziani 43 2.3.5. L'utilità economica e sociale degli anziani 43 Capitolo 3 La disgregazione delle strutture familiari 47 3.1. Il nucleo domestico, spazio della famiglia 47 3.1.1. Le grandi categorie di nuclei domestici 47 3.1.1.1. I nuclei familiari senza figli costituiscono un quinto dei nuclei familiari 48 3.1.1.2. I nuclei familiari con figli, disparità negli Stati membri 48 3.1.1.3. Nell'85% dei casi le famiglie monoparentali sono a carico della madre 49 3.1.1.4. I nuclei unipersonali sono in forte aumento 49 3.1.2. La dimensione dei nuclei domestici 50 3.2. Le biografie familiari 50 3.2.1. La complessa evoluzione degli itinerari familiari 50 3.2.2. Le spie della discontinuità delle biografie familiari 51 3.2.2.1. La convivenza generalizzata al nord, ancora limitata al sud 52 3.2.2.2. Nuzialità: ovunque il matrimonio ò rinviato, ma il Nord e in anticipo? 53 3.2.2.3. La coabitazione dei figli maggiorenni con i genitori 53 3.2.2.4. Una nuova fase tra pensione e vera e propria vecchiaia 54 3.2.2.5. Unioni concluse e unioni ricostituite 55 3.3. Le implicazioni del mutamento familiare 56 3.3.1. Il nuovo modello familiare del nostro tempo: la «famiglia-patto» 56 3.3.2. Conseguenze sociodemografiche del mutamento familiare 56 3.3.2.1. L'ingresso delle donne nella vita attiva 56 3.3.2.2. Il calo della fecondità 59 3.3.2.3. L'uguaglianza tra uomini e donne 61 3.3.2.4. Le nascite al di fuori del matrimonio 61 3.3.3. Le prospettive di evoluzione 61 Capitolo 4 — Le m i g r a z i o n i 65 4.1. Le limitazioni dell'analisi 65 4.1.1. Le fonti dei dati 65 4.1.2. Gli stock di migranti 65 4.1.3. I flussi migratori 66 4.2. La popolazione straniera nell'Unione europea 66 4.2.1. Composizione e evoluzione della popolazione secondo la nazionalità 67 4.2.2. Ripartizione e origine della popolazione straniera 68 4.2.3. Caratteristiche demografiche della popolazione straniera 70 4.2.4. I lavoratori stranieri 71 4.3. I flussi migratori 73 4.3.1. Le componenti della crescita demografica 73 4.3.2. Le caratteristiche dei migranti 65 74
Indice 4.4. Le conseguenze demografiche delle migrazioni 76 4.4.1. Il ruolo della migrazione nell'invecchiamento della popolazione 76 4.4.2. La prospettiva in materia di migrazioni 77 4.4.3. La libera circolazione 77 Glossario 81 Allegato 85
Introduzione L'articolo 7 del protocollo sulla politica sociale del trattato di Maastricht sull'Unione europea pre- vede quanto segue: «La Commissione elabora una relazione annuale sugli sviluppi nella realizza- zione degli obiettivi dell'articolo 1, compresa la situazione demografica nella Comunità». (L'arti- colo 1, per sua parte, dispone che ala Comunità e gli Stati membri hanno come obiettivi la promozione dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello oc- cupazionale elevato e duraturo e la lotta contro le esclusioni»). È intenzione della Commissione pubblicare dopo la fine del 1994 una relazione relativa agli obiet- tivi indicati nell'articolo 1. Tuttavia, dato che la relazione sulla demografia è la prima del suo tipo per l'Unione e dato che l'articolo 7 del protocollo la pone in particolare risalto, la Commissione ri- tiene opportuno nel momento attuale pubblicare tale relazione separatamente. La relazione ò stata preparata valendosi del materiale e dell'assistenza tecnica forniti da Eurostat, nonché dell'assistenza di esperti privati nel campo della demografia. L'odierna demografia europea individua in principio quattro questioni prioritarie, ognuna delle quali viene sviluppata in un capitolo a sé. Il primo capitolo presenta i grandi movimenti della demografia europea nel mondo, nonché le re- lative implicazioni. Esiste forse un modello demografico «all'europea»? I Dodici si confrontano forse tutti assieme con gli stessi processi demografici e, di conseguenza, con le stesse sfide sociali ed economiche che ne conseguono? Per quanto riguarda in particolar modo le sfide economiche, quali sono i cambiamenti intervenuti nella popolazione attiva? La popolazione dell'Unione si orienta forse verso comportamenti demografici ed una struttura per età a lei propri? Le previsioni lasciano forse scòrgere nuovi sviluppi? Oggi, l'invecchiamento della popolazione s'impone come una questione di fondamentale impor- tanza per l'evoluzione demografica. Dietro questo impulso, nel prossimo secolo la popolazione mondiale dovrebbe giungere ad una situazione stazionaria. Tale fenomeno influenza numerosi aspetti della nostra organizzazione economica e sociale. Il secondo capitolo affronta l'evoluzione delle strutture per età nell'Unione europea ed apre il dibattito sulle sue conseguenze nei confron- ti, tra l'altro, della situazione degli anziani, dell'organizzazione del lavoro e del finanziamento delle pensioni. Parallelamente all'invecchiamento della popolazione, si vengono a differenziare le forme di vita in nucleo domestico ed in famiglia. L'analisi di tale fenomeno, esposta nel terzo capitolo, ò impor- tante perdue motivi. Innanzitutto, perché la famiglia è il luogo della riproduzione demografica, e a tale riguardo si trova strettamente coinvolta nella costruzione dei modelli demografici. In secon- do luogo, perché la famiglia rappresenta l'anello fondamentale che unisce individuo e società, tant'è vero che attraverso la sua analisi si osserva proprio l'evoluzione di tutto un sistema socioe- conomico. L'ultimo capitolo, infine, tratta del fenomeno migratorio. Il calo della crescita naturale, vale a dire dell'eccedenza delle nascite sui decessi, fa aumentare, attraverso il suo stesso meccanismo, la crescita dovuta alle migrazioni. Detto questo, le migrazioni contribuiscono forse a modificare l'e- voluzione demografica e segnatamente il processo d'invecchiamento?
Introduzione CI troviamo di fronte od ampie questioni che implicano interrelazioni complesse. Va innanzi- tutto conferita all'analisi una dimensione globale, in quanto l'evoluzione demografica fa parte di un insieme più ampio di profondi mutamenti, in particolare la rivoluzione tecnologica ed economica, la rivoluzione familiare e sociale ed infine la rivoluzione politica e culturale. In questa prima relazione, quindi, invece di procedere ad un'analisi approfondita delle vere e proprie cause di taluni aspetti, descriveremo in un'ampia prospettiva soprattutto i fenomeni demografici. L'approccio, prima di tutto, si sviluppa nel tempo, visto che i fenomeni demografici si mani- festano più degli altri in un lungo spazio temporale. L'attuale situazione demografica è in buo- na parte il risultato dei comportamenti demografici del passato, così come i comportamenti demografici di oggi determineranno la popolazione del secolo a venire. Lo stesso approccio si sviluppa anche nello spazio, dato che gli equilibri demografici mon- diali sono in costante mutamento, al pari degli equilibri economici. Si sviluppa, infine, nel campo delle indagini, tanto sono complesse le questioni che riguar- dano la vita degli uomini. Infatti, l'economia, la politica, i modi di pensare e la struttura sociale sono altrettanti fattori che agiscono sui comportamenti demografici. In definitiva, questa prima relazione analizza lo stato delle conoscenze in materia di evolu- zione demografica. A priori l'approccio può sembrare riduttivo. Non è forse una visione del fu- turo, infatti, che ci aspettiamo da una simile impresa? Vero, ma la scelta di tale procedimen- to non è infondata. In un primo tempo, era fondamentale identificare bene le tendenze deter- minanti e societarie connesse all'evoluzione demografica. Bisognava comprendere i mecca- nismi alla base di tale evoluzione per poter evidenziare i movimenti ineluttabili dei fenomeni congiunturali, per essere così in grado di distinguere gli elementi facilmente modificabili da quelli che, invece, non lo sono. Alla fine di ogni capitolo vengono presentate in un riquadro le tendenze determinanti evidenziate da questa analisi. Solo a tale condizione si potranno pre- sentare gli adeguati scenari dell'evoluzione futura, il tutto in una visione orientata verso il fu- turo, seria e costruttiva, che eviti ipotetiche valutazioni congiunturali. Tale visione rappre- senterà il filo conduttore delle successive relazioni.
Capitolo 1 Il modello demografico dell'Unione europea Cosa ci spinge a descrivere i principali parametri demografici dell'Unione europea se non la volontà di spiegare questioni più vaste ad essi strettamente correlate? È proprio questo l'inten- to della nostra relazione, che vuole analizzare le conseguenze dell'invecchiamento della po- polazione e le implicazioni dovute ai mutamenti familiari e ai fenomeni migratori. Tuttavia, per comprendere più a fondo tali studi dobbiamo dapprima porci una domanda più generale: l'Unione europea, attraverso le differenti politiche comuni che essa comporta, spinge forse ad una convergenza di comportamenti demografici, oppure questi ultimi ne sono indipendenti? Questo primo capitolo tenta di fornire alcune precisazioni, cercando di tracciare il modello de- mografico che è proprio all'Unione europea. Di capire, per quanto possibile, quali ne siano i principi essenziali e di valutare, su tali basi, il futuro demografico dell'Unione. Tutti gli indicatori demografici che riguardano l'Unione europea possono, se analizzati nel lungo periodo, venire classificati secondo il potere discriminante che essi possiedono a livello geografico, vale a dire la loro capacità di individuare affinità o differenziazioni fra l'Unione e le altre regioni del mondo, da una parte, e fra gli stessi Stati dell'Unione, dall'altra. Ne possia- mo elencare cinque: 1 ) a livello mondiale, la crescita naturale (eccedenze delle nascite sui decessi) e l'invecchia- mento delle strutture d'età separano paesi avanzati e paesi in via di sviluppo; 2) nei confronti degli altri paesi avanzati, l'Unione europea forma un tutt'uno con gli altri paesi del continente europeo quanto a densità di popolamento e ritmo di crescita. Da una parte, la densità delia popolazione è ridotta della metà rispetto al Giappone, ma netta- mente superiore a quella degli Stati Uniti o dell'Australia; dall'altra, la crescita demogra- fica è più forte che in Giappone, ma inferiore a quella dell'America del Nord; 3) su scala europea, inoltre, tre elementi isolano in modo distinto l'Unione europea e i pae- si dell'EFTA dagli altri Stati: il modello migratorio, la simultaneità dei cambiamenti di comportamento nella fecondità e altri elementi familiari, oltre ai livelli di mortalità; 4) all'interno stesso dell'Unione europea, alcune variabili demografiche fortemente legate alla condizione della donna delineano un asse Nord-Sud: si tratta dei livelli congiunturali di fecondità, dei modelli familiari e delle attività delle donne; 5) infine, alcune variabili non permettono di effettuare raggruppamenti e richiedono un'at- tenta osservazione a livello degli Stati membri. È il caso dell'effetto dell'invecchiamento ed in particolare della struttura della popolazione attiva, le cui differenze vengono alimen- tate dalle politiche sociali e occupazionali che caratterizzano ogni Stato membro. La composizione degli stock migratori, a forte componente storica, caratterizza anch'essa ogni Stato dell'Unione.
Capitolo 1 — Il modello demografico dell'Unione europea 1,1. L'Unione europea tifi mondo 1.1.1. Il peso demografico dell'Unione: terzo posto nel mondo, primo posto nel mondo avanzato Con i suoi 348 milioni e mezzo di abitanti al primo questo breve lasso di tempo, la popolazione mondiale è gennaio 1994, l'Unione europea costituisce la terza po- raddoppiata, passando da 2,5 a 5,5 miliardi di abitanti. tenza demografica mondiale dopo la Cina (1,188 miliar- Una grande differenza separa tuttavia i paesi in via di di) e l'India (870 milioni). Supera la CSI (290 milioni) e sviluppo dai paesi avanzati. Non sembra esagerato parla- gli Stati Uniti (255 milioni). Più lontano nella classifica re rispetto ai primi di esplosione demografica: sono pas- ecco l'Indonesia (180 milioni), il Brasile (156 milioni), il sati da 1,7 a 4,2 miliardi. I secondi hanno registrato una Giappone, il Pakistan ed il Bangladesh (ciascuno con 120 crescita molto più modesta: da 832 milioni a 1,2 miliardi. milioni) e, ultima, la Nigeria (circa 116 milioni). Vale a dire il 147% contro il 44%. Ci dobbiamo allora meravigliare se la popolazione dei paesi avanzati, circa La proiezione media delle Nazioni Unite mantiene l'U- un terzo di quella mondiale alla fine della guerra, ne nione al terzo posto nel 2025, fra il gruppo di popolazioni costituisce oggigiorno soltanto un quinto? La sua diminu- appena citato in testa alla classifica. zione sarebbe stata ben più drastica se non fosse stata Queste cifre mostrano quanto sia cambiata la situazione frenata dal positivo apporto del baby-boom, dell'immi- della demografia mondiale negli ultimi quarant'anni. In grazione e della riduzione della mortalità. Tabella 1 L'Unione europea nel mondo Popolazione I1) 1950 1970 1992 2000 2025 Regione Grandezza %n»l Grandezza %nel Grandezza %nel Grandezza %nel Grandezza %nel (milioni) mondo (milioni) mondo (milioni) mondo (milioni) mondo (milioni) mondo Mondo 2 516 100,0 3 697 100,0 5 479 100,0 6 228,3 100,0 8 472,4 100,0 Paesi sviluppati 832 33,1 1048 28,3 1 224,7 22,4 1278 20,5 1403,3 16,6 di cui EUR 12 278 11,0 320,3 8,7 347,3 6,3 353,5 5,7 358.7 4,2 USA 152,3 6,1 205,1 5,5 255,2 4,7 275,3 4,4 322 3,8 Giappone 83,6 3,3 104,3 2,8 124,5 2,3 128,1 2,1 127 1,5 Repubblica Russa 130,1 3,5 149 Paesi in via di sviluppo 1684 66,9 2 649 71,7 4 254,3 77,6 4 950,3 79,5 7 069,2 83,4 di cui Cina 554,8 22,1 830,7 22,5 1 188 21,7 1 309,7 21,0 1 539,8 18,2 India 357,6 14,2 554,9 15,0 879,5 16,1 1 018,7 16,4 1 393,8 16,5 Nigeria 32,9 1,3 56,6 1,5 115,7 2,1 147.7 2,4 285.8 3,4 Brasile 53,4 2,1 95,8 2,6 154,1 2,8 172.8 2,8 219,7 2,6 Tasso d'accrescimento (') Alcuni indicatori demografici nel 1993 I2) Regione 1950-1971 1970-1993 1992-2001 2000-2026 Mortalità Speranza Fecondità Popola- Popola- % infantile di vita zione zione % % % < 15 anni > 65 anni % % % % U/D Mondo 46,9 48,2 13,7 36,0 7,0 63/67 3,3 33 6 Paesi sviluppati 26,0 16,9 4,4 9,8 M 71/78 1,8 21 12 di cui EUR 12 (') 15.2 8,4 1,8 1,5 0,7 73/80 1,5 18 15 Stati Uniti 34.7 24,4 7,9 17,0 0,9 72/79 2 22 13 Giappone 24.8 19,4 2,9 -0,9 0,4 76/82 1,5 18 13 Repubblica Russa 14,5 2.0 64/74 1,7 23 11 Paesi in via di sviluppo 57.3 60,6 16/4 42,8 7,7 61/64 3,7 36 4 di cui Cina 49,7 43,0 10,2 17,6 5.3 68/71 1,9 28 6 indio 55,2 ' 58,5 15,8 36,8 9.1 58/59 3,9 36 4 Nigeria 72,0 104,4 27,7 93,5 8.4 52/54 6,6 45 3 Brasile 79.4 60,9 12,1 27,1 6,3 64/71 2,6 35 5 C ) Eurostat — Statistiche demografiche 1994. (J) Population Reference Bureau — World Population Dola Sheet 1993. 10
Capitolo 1 — Il modello demografico dell'Unione europea La popolazione mondiale: gruppi in movimento Por metterò a confronto l'evoluzione dei paesi in via di sviluppo con quella dei paesi avanzati nel perio- do che va dal 1960 al 2025, o necessario che i due gruppi mantengano un'identica composizione Cosa vi può essere di più incerto? Altrimenti, cosa significherebbe il termine «in via di sviluppo»? Fra i paesi del terzo mondo nel 1960, alcuni, come la Corea del Sud e gli altri «draghi», dell'Asia, sono oggi avanzati. A l - tri lo saranno con forte probabilità nel 2025 II Brasile e tutta l'America del Sud, la Turchia e parte del Vicino Oriente, la Thailandia, la Malesia, l'Indonesia — e perché no, la Cina e il Vietnam raggiungeran- no nel 2025 l'insieme dei paesi avanzati. Notiamo che tale previsione viene confermata indipendente- mente dal criterio di sviluppo adottato, reddito pro capite, indice di sviluppo umano del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, oppure livello di fecondità A! contrario, è lecito temere che alcuni paesi attualmente sviluppati possano retrocedere dai primi posti della classifica se perdurano i loro problemi po- litici ed economici. Q u i n d i , non risulta pertinente la costatazione fondata sulle proiezioni delle Nazioni Unite, secondo la quale una parte dei paesi sviluppati sul totale della popolazione mondiale risulterà ulte- riormente ridotta all'alba del 2025. E ciò proprio perché non tiene conto dell'accesso di nuovi paesi a questa nuova condizione. Una simile tendenza vale anche per il futuro dell'Unione europea: le previsioni dovrebbero tener conto sia dei cambiamenti demografici che di quelli politici. Successivamente alla stesura della presente relazio- ne, tre nuovi Stati si sono pronunciati a favore della loro adesione all'Unione europea. All'inizio del prossimo secolo, altri paesi EFTA e un certo numero di paesi dell'Europa centrale e orientale potrebbero aver aderito all'Unione europea. Si può essere certi che il gruppo «dall'Atlantico agli Urali» così costitui- to conserverebbe nel mondo intero non solo il suo peso demografico di cinquanta anni prima, ma lo po- trebbe addirittura aumentare È anche vero che simili trasformazioni avrebbero importanti conseguenze sulle conclusioni che potremmo in questa sede trarre sul «modello demografico» dell'Unione europea at- tuale. 1.1.2. La crescita naturale: quasi inesistente nel mondo sviluppato, ancora elevata altrove L'ONU ha stimato all' 1,6% la crescita mondiale della libertà delle coppie di decidere quanti figli avere e come popolazione nel 1993. Se tale percentuale rimanesse fissa distanziarne nel tempo lerispettivenascite. Il piano d'a- nel tempo, la popolazione del pianeta si vedrebbe raddop- zione adottato dalla conferenza si focalizza dunque sui piata in 42 anni, vaia a dire entro il 203S. Ma tale crescita mezzi volti a favorire questa libera scelta. Fra questi, è mal ripartita sul pianeta: è quasi inesistente nei paesi essenziali sono i seguenti: rafforzamento della condizione più sviluppati (0,4%), mentre è ancora rilevante nei paesi della donna, uguaglianza uomo-donna nella società, so- meno sviluppati (2,3%, se si esclude la Cina che mantie- stegno alla famiglia, oltre alle conseguenti implicazioni ne la propria crescita all'1,2%). in materia di servizi dell'informazione, dell'istruzione e della sanità. I problemi demografici legati allo sviluppo sono stati al centro della terza conferenza mondiale sulla popolazione La crescita mondiale ha registrato un rallentamento (negli e lo sviluppo tenutasi al Cairo nel settembre scorso. Tutti ultimi tempi), eccezion fatta per due grandi regioni dell'A- oggi sembrano essere d'accordo sulla necessità di rallen- frica. Nell'Africa subsahariana, le donne hanno ancora in tare la crescita naturale dei paesi in via di sviluppo. Dato media 6,7 figli. Qui la crescita demografica supera il 3%. che la diminuzione della fecondità dipende da decisioni Tale percentuale è vicina a quella dell'Africa del Nord e personali, è stata considerata principio fondamentale la del Medio Oriente, seconda regione ad alta fecondità. 1.1.3. L'invecchiamento delle strutture d'età: ben presto un fenomeno mondiale Le diversità tra i livelli di fecondità e di mortalità nei po non supera il 40%. Tuttavia, gli indicatori demografici paesi avanzati e in via di sviluppo hanno comportato una mostrano che alcuni paesi sono entrati decisamente nella differenziazione dellerispettivestrutture d'età. Nei paesi loro fase di transizione demografica, registrando una di- in via di sviluppo il 40% della popolazione ha meno di 15 minuzione della fecondità e della mortalità, quest'ultima anni. Tale proporzione raggiunge addirittura quasi il 50% ancora precoce. Quindi, l'invecchiamento demografico è nei paesi africani ad alta fecondità, mentre è solo del 20% diventato — e diventerà sempre più — un fenomeno nei paesi avanzati. Per contro, la popolazione anziana mondiale che si estenderà a tutti i paesi del pianeta, man (più di 65 anni) registra, in questi ultimi, percentuali che mano che progrediranno nel loro processo di transizione vanno dal 12% al 15%, mentre nei paesi in via di svilup- demografica. 11
Capitolo 1 — Il modello demografico dell'Unione europea In poche parole, la separazione classica — da una parte i tale tendenza potrà soltanto accentuarsi nei prossimi paesi sviluppati, ricchi e vecchi e dall'altra i paesi in via decenni. di sviluppo, poveri e giovani — perderà sempre più la sua fondatezza, non solo sul piano economico, ma anche Secondo le previsioni delle Nazioni Unite, all'alba del sul piano demografico. Resta comunque vero che a lungo 2025 i paesi sviluppati, Europa e America del Nord sussisteranno notevoli diversità fra questi due gruppi di incluse, possiederanno circa un quarto di tutti i «vecchi» paesi quanto al livello di invecchiamento, pur esistendo del mondo (60 anni e più), meno che in tutta quanta processi di ripresa. A meno che la transizione demografi- l'Asia del Sud. Alla stessa data, la Cina e l'India avranno ca non si riveli più rapida al Sud di quanto non lo sia forse un maggior numero di ottantenni (80 anni ed oltre: stata al Nord. 36 milioni) rispetto all'Europa, l'ex URSS, gli Stati Uniti ed il Giappone, ma con una differenza in più: in tre quarti È proprio questa la difficoltà maggiore, in quanto i paesi di secolo, a partire dal 1950, questi effettivi di «molto in via di sviluppo dovranno raccogliere la sfida dell'in- anziani» si quintuplicheranno nei due giganti, mentre in vecchiamento e allo stesso tempo risolvere una serie di Europa saranno appena raddoppiati (')• problemi: integrazione dei giovani, ammodernamento dell'economia, estinzione dei debiti, miglioramento dei Il peso dell'invecchiamento sarà dunque di gran lunga sistemi sanitario e scolastico, salvaguardia dell'ambiente. maggiore in quelle parti del mondo dove più urgente sarà Ora, anche se caratterizzati tuttora da indici di invecchia- la necessità di svilupparsi. Bisognerà affrontare il feno- mento abbastanza deboli, molti paesi dell'emisfero Sud si meno dell'esplosione demografica e questo anche quando trovano già a dover sopportare una quantità crescente di già da tempo la fecondità avrà cominciato a diminuire. La popolazioni anziane, nelle grandi città e talvolta anche difficoltà sarà aggravata dall'inadeguatezza delle strutture nelle campagne, disertate dai giovani. amministrative, sanitarie e sociali destinate ad accogliere le persone anziane più bisognose. Fin da adesso, gli anziani sono più numerosi, in nume- ro assoluto, nei paesi del Sud che nei paesi del Nord e 1.2. L'Unione europea tra i paesi avanzati 1.2.1. Ripartizione geografica della popolazione L'Unione europea, assieme all'Asia, è una delle zone più pea. L'epicentro della popolazione si trova nel Benelux, densamente popolate del pianeta: 140 abitanti per km2 con più di 300 abitanti per km2. Tutt'intorno, troviamo contro 40 nel mondo e 110 nell'insieme dell'Europa: densità con 200 abitanti o più, come in Inghilterra, in infatti il ridotto popolamento della Scandinavia ne abbas- Germania e in Italia. Poi, un po' più lontano, tali cifre sa la media. diminuiscono: meno di 100 abitanti al di là dei Pirenei, in Scandinavia, oltre la frontiera russo-polacca e a sud dei Negli altri paesi avanzati — eccezion fatta per il Giappo- Balcani. ne, con 330 abitanti per km2 — le densità risultano molto deboli. Ad esempio, nella CSI ed in America del Nord si Questa uniformità di popolamento sparisce allorché si contano solo 13 abitanti per km2, mentre in Australia effettua una più sottile suddivisione nelle grandi regioni soltanto 3. all'interno dell'Unione. Vi si ritrova tuttavia una certa coerenza, dato che regioni contigue presentano gli stessi Nel 2025 la situazione di questi due poli non dovrebbe caratteri. Da Manchester a Milano si stende una lunga subire variazioni, a meno che non intervengano disordini fascia densamente popolata. Da questa colonna vertebrale o epidemie a cambiare le proiezioni delle Nazioni Unite. partono strisce di popolazioni che raggiungono le coste Tant'è vero che il polo europeo ad alta densità raggiunge- italiane, francesi e addirittura spagnole, altre si dirigono rebbe il Vicino Oriente, mentre il polo asiatico aumente- invece verso l'Europa centrale. rebbe le sue dimensioni. Inoltre, due zone secondarie di concentrazione demografica farebbero la loro comparsa sulla costa della Guinea e in Africa orientale. (') Fonte: Tabutin, D.: «L'âge vermeil du tiers monde: perspecti- ves des populations âgées dans les pays jeunes», in M„ A livello nazionale, la carta delle densità rivela una Loriaux, D., Remy, D. e E., Vilquin (1990), Populations geografia a carattere concentrico in tutta l'Unione euro- âgées et révolution grise, pagine 1087-1103. 12
Capitolo 1 — Il modello demografico dell'Unione europea Mappa 1 Densità della popolazione per regione, Europa, 1992 % della popolazione total». 1992 28.6 Fonti: Eurostat: «Competitività • coesione: le tendente nelle regioni». Quinta relazione periodica sulla situazione socio-economica e sullo sviluppo delle regioni nella Comunità (CEE 1994). 1.2.2. Crescita demografica moderata Se paragonata a quella degli USA, molto più elevata, e a forte densità sono le due caratteristiche principali del- quella del Giappone, più debole, la crescita totale della l'Europa, distinguendola dagli altri paesi avanzati — popolazione dell'Unione può considerarsi moderata, e CSI, Stati Uniti, Giappone — senza per questo segnare anche più stabile. Tale fenomeno è causato da due fattori. una netta divisione fra i paesi dell'Unione e gli altri paesi In Giappone, la struttura della popolazione è più vecchia europei. Tuttavia, questa divisione esiste. Per individuar- di quella dell'Unione. Essendo la fecondità (1,5 figli per la è necessario avvalersi di indicatori più precisi, che donna) e i saldi migratori molto bassi, la crescita è in descrivano la dinamica caratterizzante la specificità del- declino, e sarà addirittura negativa all'inizio del prossimo l'Unione. In poche parole, è necessario centrare il nostro millennio. Al contrario, gli Stati Uniti conoscono ancora interesse sui movimenti che danno forma a questo o quel una fecondità prossima alla soglia di rinnovamento delle sistema demografico, conferendogli la sua originalità. generazioni (2 figli per donna) e flussi migratori positivi. Poiché un sistema demografico che caratterizza l'Europa Come possiamo vedere, crescita demografica moderata e occidentale esiste davvero. 1.3. Similitudini fra Stati membri Se, avendo paragonato il continente europeo al resto del determinano in parte i suoi flussi di popolazione: 1.3.1.) i mondo, restringiamo il campo d'osservazione all'Europa modelli migratori, 1.3.2.) alcuni comportamenti familiari, soltanto, si scopre che l'Unione europea si distingue dal 1.3.3.) la mortalità. resto del continente per una convergenza di processi che 13
Capitolo 1 — Il modello demografico dell'Unione europea 1,3.1. Il modello migratorio! la fine dell'emigrazione e una quota di popolazione straniera All'inizio degli anni sessanta, all'interno dei paesi del- stranieri per il terzo. Anche Paesi Bassi, Regno Unito e l'Unione vi erano migrazioni molto diverse fra loro. La Lussemburgo accoglievano numerosi immigranti. Altri Grecia, la Spagna, l'Italia e il Portogallo fornivano nume- paesi, come la Scandinavia, rimanevano lontani da tale rosi immigrati. I flussi migratori verso la Francia, il fenomeno, dopo aver conosciuto un'intensa emigrazione Belgio e la Germania erano di notevole consistenza: verso gli Stati Uniti all'inizio del secolo. riflusso degli imperi coloniali per i primi due, lavoratori Tabella 2 Tenderne della migrazione netta in Stati membri selezionati (medie annuali in migliaia) Paesi 1950-1959 1960-1969 1970-1979 1980-1985 1992 I1) Belgio 9 12 9 3 26 Danimarca -6 1 3 4 11 Germania (RFT) 275 191 178 -2 788 Germania (RDT) -187 -64 -10 27 Grecia -21 -40 20 13 60 Spagna -78 -61 14 0 9 Francia 96 197 262 66 90 Irlanda -6 Italia -101 -95 1 72 173 Lussemburgo 4 Paesi Bassi -15 7 33 10 58 Portogallo -66 -86 -6 27 -10 Regno Unito -54 -8 -22 -16 -11 font»: Consiglio d'Europa «L'avenir de la population en Europe», coli. «Démographie», Robert Cliquet, Etudes démographiques n. 26,1993. {') furaste* Statistiche demografiche, 1994. Oggi, il numero degli stranieri cresce più in fretta in mici. In un sistema democratico una comunità economica Italia, in Grecia e in Spagna, paesi di recente immigrazio- porta a poco a poco ad una somiglianza dei flussi migra- ne. Sì stabilizza invece in Francia, in Belgio, nei Paesi tori per via del riavvicinamento dei livelli di vita: la Bassi, nel Regno Unito e in Lussemburgo, paesi di immi- migrazione diventa quindi frutto di una decisione ragio- grazione più antica. Ma nonostante questa differenza nel nata e di una libera scelta personale. La recente storia del tempo lutti i paesi dell'Unione tendono verso lo stesso blocco dell'Est indica il sorgere di comportamenti migra- modello: emigrazione debole, immigrazione da Stati terzi tori analoghi. Fino a che il blocco era impenetrabile, le controllata, tendenza a consolidare la popolazione stra- migrazioni al suo interno erano praticamente inesistenti. niera. Non vi è niente di strano in questa convergenza: le Ma dopo la sua caduta assistiamo ad una migrazione più migrazioni internazionali sono sensibili ai fattori econo- accentuata. 1.3.2. Simultaneità di alcuni comportamenti legati al ciclo di vita familiare La similitudine dei comportamenti familiari ci offre un antagonisti in vigore fino a poco tempo fa? Ad Est, se si esempio molto più curioso, poiché non è possibile attri- voleva un appartamento statale era necessario sposarsi. buirlo ad una politica europea comune della famiglia, Ad Ovest, bisognava — e bisogna tuttora — sistemarsi dato che questa non esiste. Tuttavia, questa similitudine per potersi sposare. In altre parole, ad Ovest è necessario esiste per davvero. L'Europa occidentale, l'Unione in disporre di risparmi o di redditi sufficienti, il che implica particolare, si distingue, in questo settore, in modo netto una attesa più o meno lunga. dall'Europa orientale. Per rendersene conto, basta consul- tare due dati: l'età media delle donne al loro primo Per di più, questo storico contrasto fra Est ed Ovest — matrimonio e alla loro prima maternità. alimentato da sistemi economici opposti — rivela una differenza ancor più fondamentale nei cicli di vita fami- Per ambedue queste variabili, una linea precisa divide liari, come pure nei rapporti individuali con la società e l'Europa in due parti: ad Ovest, l'età media delle donne all'interno della famiglia. Le modalità di controllo e al primo matrimonio supera i ventiquattro anni, ad Est è l'evoluzione dei comportamenti volti alla procreazione ne sempre inferiore a ventidue anni e mezzo. sono un ulteriore esempio. La differenza delle età fra Est ed Ovest al momento del Per quanto riguarda l'aborto volontario, sono veramente matrimonio non trova forse spiegazione nei due sistemi esigui i dati affidabili. Quindi, i pochi dati ufficiali di cui 14
Capitolo 1 — Il modello demografico dell'Unione europea Mappa 2 Età media delle donne alla nascita del primo figlio verso il 1993 Mappa 3 Età media delle donne al primo matrimonio verso il 1993 Fonti: Consiglio d'Europa: Evoluzione demografica recente in Europa, 1994. 15
Capitolo 1 — Il modello demografico dell'Unione europea disponiamo, quelli degli aborti praticati in ambito medi- Certo, mantenevano la loro differenza di livello come co, risultano sottostimati e in proporzione variabile. No- traccia del passato, ma erano oramai soggette agli stessi nostante tutto, tali dati indicano che l'aborto viene prati- determinismi. A questo stadio, non possiamo ancora par- cato all'Est tre, quattro e talvolta anche cinque volte più lare di convergenza, ma solo di parallelismo. che all'Ovest. Nell'Unione europea, le proporzioni non superavano, verso il 1990, 35 aborti su 100 nascite, L'età decisamente avanzata in cui le donne partoriscono mentre i paesi dell'Europa centrale e orientale registrava- il loro primo figlio ci permette di fare una costatazione no da 60 a 150 aborti ogni cento nascite. Ragioni a parte, importante. Un periodo di vita che separa l'infanzia, e la costatazione è una sola: le donne dell'Unione, facendo anche la gioventù, dall'essere genitore viene così ad uso di moderni mezzi di contraccezione, controllano me- allungarsi. Convivenza più lunga con i genitori, unioni glio la loro fecondità di quanto non facciano le donne dei senza matrimonio, studi più avanzati nella speranza di paesi dell'Est e del centro dell'Europa. E ciò conferisce ottenere un migliore impiego ne sono le conseguenze. La loro una maggiore autonomia nella scelta del modello disoccupazione ha rallentato tale percorso. Oggi, in nu- familiare. Indubbiamente, è questo il fattore che ha indot- merosi Stati membri, solo la metà dei giovani riesce a to la famiglia dell'Ovest a differenziarsi da quella del- trovare una situazione stabile dopo i 25 anni: solamente a l'Est. quell'età ottengono un lavoro, una residenza diversa da quella dei genitori ed una relazione con un partner fisso. Prima dell'avvento dei moderni mezzi di contraccezione, Quello che da alcuni è stato chiamato «nuova epoca della tale differenza era già visibile nella straordinaria simulta- vita» è apparso allora come terreno di sperimentazione neità dei cambiamenti di tendenza riguardo alla fecondità più che di attesa, modificando profondamente le abitudini di tutti i paesi occidentali. Per rendersene conto, basta ed in particolare i rapporti fra i sessi e le generazioni. È tralasciare i livelli di fecondità, variabili da paese a paese, fortemente probabile che molti giovani europei risultino per concentrare la nostra attenzione sulle evoluzioni. così provvisti di un profilo diverso dai giovani dell'Ame- rica, dell'Europa dell'Est e del Giappone. Se poniamo su una linea del tempo che va dal 1900 ai giorni nostri le date corrispondenti all'inversione di ten- L'indice di fecondità è molto sensibile alle variazioni di denza nell'ambito della fecondità nei paesi del continente calendario, vale a dire agli anticipi ed ai ritardi dei europeo, il raggruppamento risulta incredibilmente rego- matrimoni e dei concepimenti, avvenimenti che ritmano lare per l'Europa dell'Ovest a partire dagli anni '20 e la costruzione della famiglia. Ecco perché esso non riesce totalmente instabile per l'Europa centrale e orientale. In a dare una misura della dimensione della famiglia, una tutti i paesi dell'Ovest, dalla Finlandia alla Spagna, dal- volta che questa si è completamente formata. La conco- l'Islanda all'Italia, dall'Irlanda all'Austria, la fecondità è mitanza dei processi evolutivi nei paesi dell'Europa occi- diminuita tra il 1920 e la metà degli anni trenta. È in dentale è ancor più sbalorditiva. Infatti, questi paesi han- seguito risalita, a partire da una data compresa tra il 1934 no reagito allo stesso modo agli avvenimenti storici, e il 1939. Dopo una pausa durante la guerra, ha conosciu- nonostante avessero strutture familiari assai diverse. Gli to ancora una netta ripresa, mentre, dopo aver raggiunto abitanti hanno rimandato o accelerato la formazione delle un'impennata negli anni cinquanta, ha subito un capovol- famiglie negli stessi momenti. Divenuti prudenti dopo la gimento tra il 1961 e il 1964, per poi iniziare un lungo crisi del 1929, hanno, ad esempio, rinviato i concepimen- ribasso. L'America del Nord e l'Australia conoscono le ti, per poi riprendere il loro comportamento abituale stesse fluttuazioni dell'Europa Occidentale, ma con cin- cinque o sei anni dopo. In altre parole, più che una que anni di anticipo. Quanto al Giappone, inutile dire che convergenza di strutture ci sembra avere qui la prova di sfugge a questo schema: la sua fecondità è semplicemen- una identità di influenze e reazioni. te passata da oltre quattro figli a meno di due negli anni immediatamente successivi alla guerra. Pare tuttavia che L'analisi dell'Unione europea rivela dunque un insieme a partire dagli anni '80 una nuova tendenza provochi un di comportamenti che riguardano i mezzi di contraccezio- distacco Nord-Sud nell'Europa occidentale stessa. ne, l'età per il matrimonio e i tassi di fecondità, distin- guendo in tal modo gli Stati membri dagli altri paesi È quindi probabile che società differenti abbiano preso ad europei e dal resto dèi mondo. evolvere di concerto dopo la prima guerra mondiale. 1.3.3. Evoluzione della mortalità L'evoluzione della speranza di vita e quella della morta- cambiamenti all'Est sono così rapidi che nel 1970 la lità infantile in Europa a partire dal 1945 si costruiscono situazione appare totalmente diversa: viene a formarsi entrambe sullo stesso scenario. Alla fine della guerra, la uno scaglionamento della mortalità Nord-Sud, dato che mortalità infantile è scesa al cinquanta per mille in tutta l'URSS, la Cecoslovacchia e la RDT si affiancano ai l'Europa del Nord. Risulta leggermente superiore in deboli livelli dell'Ovest. La Scandinavia e i Paesi Bassi Francia, Belgio, Germania, Austria e Italia; ancora di più rimangono in testa con tassi ormai inferiori al quindici — 70 per mille — ad est dell'Elba e a sud dei Pirenei. I per mille, mentre tutto il Sud dell'Europa accumula ritar- 16
Capitolo 1 — Il modello demografico dell'Unione europea do con livelli sempre superiori al venticinque per mille, Assistiamo così ad un nuovo cambiamento geografico: la addirittura vicini al 50 per mille in Romania e del 55 per mortalità infantile attraversa una stagnazione all'Est, mille in Portogallo. mentre altrove diminuisce rapidamente. Così, nel 1980, si Tabella 3 Evoluzione della mortalità infantile (1970-1992), e speranza di vita in Europa verso il 1993 Tasso di mortalità Speranza di vita verso il 1993 infantile Uomini 1970 1992 + di 73 anni 70-73 anni - di 70 anni + di 79 anni 77-79 - di 77 anni (%•) Belgio 21.1 8,2 X X Danimarca 14.2 6,6 X X Germania 22.5 6,2 X X Grecia 29.6 8,4 X X Spagna (1991) 28.1 7,2 X X Francia 18.2 6,8 X X Irlanda 19.5 6,7 X X Italia 29.6 8,3 X X Lussemburgo 24,9 8,5 X X Paesi Bassi 12.7 6,3 X X Portogallo 55,5 9,3 X X Regno Unito 18,5 6,6 X X Austria 25,9 7,5 X X Finlandia 13,2 5,2 X X Norvegia 12,7 5,8 X X Svezia 11.0 5,3 X X Svizzera 15.1 6,4 X X Bulgaria 27,3 15,9 X X Republica ceca 20.2 9,9 X X Estonia 17,7 15,8 X X Ungheria 35,9 14,1 X X Lituania 19.3 16,5 X X Polonia 33,2 14,5 X X Romania 49.4 23,3 X X Repubblica Slovacca 25,7 12,6 X X Slovenia 24.5 8,9 X X Federazione Russa 22,9 17,6 X Albania 97,9 32,9 x Foni»: Eurostat, Speranza di vita al di fuori dell'UE: Consiglio d'Europa, Evoluzione demografica recente in Europa, 1994. arriva ad una divisione Est-Ovest che coincide quasi con demografica dell'Europa occidentale. Una migrazione la ripartizione dell'età media per il matrimonio o della moderata assieme a una fecondità tardiva, per non parlare prima maternità. Oggigiorno, il contrasto si acuisce sem- di una mortalità diversa da quella dell'Est, hanno coin- pre più. Segnaliamo brevemente che otterremmo la stessa volto la popolazione europea in uno sviluppo e in una sequenza se osservassimo l'evoluzione della speranza di struttura d'età peculiari. Alla base della struttura pirami- vita degli uomini o l'evoluzione della mortalità degli dale delle età vi è un vuoto che le è proprio; ha una adulti. crescita demografica lenta e un più accentuato fenomeno di invecchiamento rispetto ad altri paesi avanzati e rispet- Così, i grandi flussi demografici hanno concorso alla to all'Est europeo. creazione di un'identità o, meglio, di una specificità Il cambiamento demografico nella vita degli individui negli ultimi due secoli sul territorio dell'Unione europea I cambiamenti demografici profondi evolvono con lentezza: è necessario che passino più generazioni per avvertirne gli effetti. Tuttavia, dietro questa falsa inerzia dei fenomeni riguardanti le popolazioni, si sono verificate profonde mutazioni nei grandi parametri demografici che appartengono alla storia re- cente dei paesi occidentali Non solo: nell'arco di duecento-duocentocinquant'anni è stata sconvolta la vita di uomini e donne, come risulta attraverso il progredire nei secoli di tali parametri. 17
Capitolo 1 —11 modello demografico dell'Unione europea Grosso modo, la speranza di vita alla nascita è come minimo triplicata (passando da 25 a 75 anni), mentre la fecondità si è ridotte) di 3 o 4; la mortalità infantile è di 25 voltp inferiore; la durata della vita dopo il matrimonio è più che raddoppiata, mentre l'età in cui i figli rimangono orfani di almeno un geni- tore si è spostata di una trentina d'anni (da 15 a 45 anni). In altre parole, dietro cifre relativamente austere e poco esplicite, le condizioni di vita individuale e di organizzazione collettiva sono state rovesciate ed hanno dovuto adattarsi alle nuove situazioni sociali create dal cambiamento demografico. Vivere più a lungo non significa soltanto guadagnare anni di vita, ma anche vivere diversamente, coabitando con i genitori ed i nonni per un periodo più lungo (anche se questo spesso significa ereditare più tardi) o sopportare ulteriormente il proprio coniuge (fatto che in parte «spiega» l'aumento dei divorzi). Inoltre, gli Stati devono intervenire modificando le proprie legisla- zioni oppure organizzando diversamente i rapporti fra le generazioni e questo tramite le politiche socia- li, fiscali, sanitarie e occupazionali. Allo stesso tempo, se le condizioni demografiche modificano le condizioni economiche, sociali e politi- che, non per questo devono considerarsi esogene, dovute cioè a cause esterne, ma invero il prodotto delle trasformazioni delle altre grandi strutture della società, come la tecnica, i modi di produzione, i rapporti sociali, le ideologie poliliche, ecc. In tal modo i grandi settori delle nostre società evolvono mediante com- plessi processi di interdipendenza e reciproche interazioni. Tabella 4 I cambiamenti storici del calendario demografico del cittadino europeo Al XVIII sec. Verso il 1945 Verso i l i 992 Durala media di vita (donne) 25,0 65,0 80,0 Mortalità infantile (su 1 000 nati vivi) 250,0 70,0 7,0 Età media al primo patrimonio (donne) 25,0 24,0 25,0 Numero di persone sopravvissuti? (su 1 000 nati vivi) 450,0 920,0 980,0 Duicilo niodia di vilo dopo il mot'uncino 25,0 50,0 55,0 Durata media della coppia (non iileirotla dal divorzio) 17,0 38,0 46,0 % di matrimoni interrotti dal divorzio 0,0 10,0 20,0 Numero di nascite per donna 6,5 2,5 1,8 Età media in cui il bambino diventa orfano di almeno un genitore 15,0 35,0 45,0 Durato media di vita dopo il pen .lonamento (60 anni) 8,0 15,0 23,0 Fonie: Eurostat. 1.4. Le variabili che determinano un asse Nord-Sud all'interno dell'Unione Tuttavia, se è vero che si sono accentuate le differenze terno di questo grande movimento che porta l'Unione con l'Est e, in certa misura, con l'America e il Giappone, europea verso un modello demografico particolare, resta- non si dovrebbe sottovalutare la diversità esistente all'in- no molto attivi i germi di differenziazione. D'altronde, terno dell'Unione. Niente è più fragile della convergenza alcuni si manifestano con vigore da alcuni anni. di più Stati indipendenti verso abitudini comuni. All'in- 1.4.1.1 recenti comportamenti congiunturali della fecondità Dopo aver raggiunto il suo livello più basso, la fecondità Lussemburgo. Per contro, ha registrato un ribasso, tra il ha conosciuto una nuova ripresa in alcuni paesi europei 198S e il 1991, in Grecia, Spagna, Italia e Portogallo. tra il 1983 e il 1987. Tale fenomeno non è stato tuttavia Infine, in Francia, Svizzera e Austria è stata osservata una uniforme: per la prima volta dal primo dopoguerra i tendenza incerta: al ribasso per la prima, al rialzo per le comportamenti della fecondità sono divergenti. A partire altre due. dalla seconda metà degli anni ottanta, la fecondità è aumentata in modo regolare in Danimarca, Islanda, Nor- Che i paesi interessati facciano parte o meno dell'Unione, vegia e Svezia. Ha segnato una ripresa più debole nei viene delineandosi un quadro coerente, che in Europa Paesi Bassi, nel Regno Unito, in Germania, in Belgio e in contrappone Nord e Sud, annunciando in modo certo la 18
Capitolo 1 — Il modello demografico dell'Unione europea futura classificazione dei livelli di discendenza finale. Tabella 5 L'Europa del Nord ha già superato quella dell'Ovest e soprattutto quella del Sud. Al di là di una simile costata- Indicatore congiunturale di fecondità zione, prende forma la seguente ipotesi: la separazione Paesi 1960 1970 1980 1990 1992 registratasi tra il Nord e il Sud dell'Unione fin dagli anni '80 non sarebbe forse, in realtà, un effetto della conver- EUR 12 2,61 2,40 1,82 1,54 1,48 Belgio 2,56 2,25 1,68 1,62 1,56 genza tra comportamenti demografici? Non è escluso che Danimarca 2,54 1,95 1,55 1,67 1,76 tale differenza dipenda dai diversi ruoli che le società del Germania 2,37 2,03 1,56 1,45 1,30 Grecia 2,28 2,39 2,21 1,42 1,39 Nord e del Sud dell'Unione attribuiscono alle donne. In Spagna 2,86 2,90 2,20 1,33 1,23 effetti, sono proprio le variabili riguardanti le donne ad Francia 2,73 2,47 1,95 1,78 1,73 intervenire nella suddetta separazione. Irlanda 3,76 3,93 3,23 2,19 2,03 Italia 2,41 2,42 1,64 1,30 1,25 Lussemburgo 2,28 1,98 1,49 1,61 1,64 Il tutto avviene come se si stesse attuando un «recupero» Paesi Bassi 3,12 2,57 1,60 1,62 1,59 Portogallo 3,10 2,83 2,18 1,54 1,55 riguardo ai comportamenti demografici femminili, recu- Regno Unito 2,72 2,43 1,90 1,84 1,79 pero che sfocerebbe, alla fine del suo percorso, in una maggiore affinità demografica tra gli Stati membri. Fonte: Eurostat: Statistiche demografiche, 1994. 1.4.2. L'attività delle donne In tutti i paesi europei, le donne attive hanno meno figli Bisogna forse parlare, a tale riguardo, di reazione con- delle altre. Ci potremmo quindi aspettare che la fecondità giunturale, oppure bisogna sperare in un cambiamento risulti maggiore laddove la proporzione delle donne atti- strutturale più profondo che modifichi la discendenza ve è minore. Invece succede proprio il contrario. Nel delle generazioni in questione? Forse non bisogna porre Nord dell'Europa, in cui la fecondità raggiunge una per- la domanda in questi termini. Infatti, la recente evoluzio- centuale di quasi due figli per donna, la stragrande mag- ne della fecondità sembra suggerire che i comportamenti gioranza della popolazione femminile è attiva tra i 20 e i non possono più essere spiegati in termini di «calenda- 50 anni. Al Sud, per contro, la maggior parte delle donne rio» e di «intensità», quanto piuttosto da una combinazio- rimane esclusa dal mondo del lavoro, con una fecondità ne di entrambi. Se, ad esempio, le donne del Sud, veden- in diminuzione sempre al di sotto di 1,5 figli. Probabil- do mortificate le loro aspirazioni sociali, continuassero a mente, in questo caso, è necessario parlare di aspirazioni, rinviare il momento della maternità, potrebbero vedere invece di prendere come spiegazione di tale contrasto la ridotte le loro aspirazioni familiari. condizione femminile. Tabella 6 Diversi indicatori collegati all'attività delle donne e alla famiglia Nascite Giovani che Giovani che Tassi di attività delle donne (%) fuori matrimonio non appartengono hanno un 1992(%) a nessuna lavoro grazie 15-19 20-24 25-29 Paesi associazione (%) alla famiglia (%) anni anni anni (') 1 2 3 4 5 6 Belgio 11 41 28 7,2 60,6 80,0 Danimarca 46 15 19 64.1 77,6 86,1 Germania 15 41 21 34.8 72,2 74,3 Grecia 3 74 69 16.2 51,7 59,6 Spagna 10 67 61 20.9 58,7 66,6 Francia 33 59 35 11,0 62,1 78,7 Irlanda 18 41 33 19.2 69,1 70,9 Halia 7 54 65 22.3 52,2 60,6 Lussemburgo 13 24 27 23,6 70,4 70,1 Paesi Bassi 12 26 18 43.3 75,0 74,3 Portogallo 16 76 58 29,5 64,0 79,7 Regno Unito 31 41 28 50.4 72,6 70,5 Fonti: Per la colonna 1, Eurostat: Statistiche demografiche, 1994; per le colonne 2 e 3, Commissione delle Comunità Europee, Eurobarome- tro: «I giovani europei nel 1990», n. 34-2,1991; per la colonna 5, Eurostat: Indagini comunitarie tulle forze lavoro, 1992. (') Belgio - 1989 e Spagna - 1991. 19
Capitolo 1 — Il modello demografico dell'Unione europea 1.4,3,1 modelli familiari Le stesse tendenze si ritrovano nei diversi aspetti legati li al Sud: convivenza prematrimoniale, nascite al di fuori alla costituzione della famiglia. Fenomeni che al Nord del matrimonio, alta percentuale dei divorzi, famiglie appaiono del tutto normali sono invece ancora ecceziona- monoparentali e ricostituite. 1.5. Disparità fra Stati membri L'invecchiamento delle popolazioni è oggi un fenomeno lavoro (durata degli impieghi, livello dei redditi, tasso di comune a tutti i paesi avanzati. Ma i suoi effetti, sia attività secondo età e sesso, numero di disoccupati). demografici che economici, non sono gli stessi negli Stati Niente di strano, dunque, di fronte alla costatazione che membri dell'Unione europea. Sul piano demografico, esiste una disparità conseguente all'osservazione del fe- l'invecchiamento dipende dalle strutture d'età di partenza nomeno. sulle quali si appoggia. Ora, queste strutture cambiano da uno Stato membro all'altro. Sul piano economico e finan- In particolare, eravamo giunti ad una convergenza dei ziario, l'effetto dell'invecchiamento della popolazione è modelli migratori, nel senso che tutti gli Stati membri dovuto alle pratiche di gestione delle età che definiscono sono divenuti paesi di immigrazione. Il calendario, l'in- economicamente tale invecchiamento. Dipende anche tensità e la composizione dei flussi migratori sono tutta- dall'insieme delle regolamentazioni e legislazioni in ma- via fattori di dispersione fra gli Stati membri, per ragioni teria di protezione sociale legate all'età (salute, pensioni, di storia geopolitica. vecchiaia), come pure dalla struttura del mercato del 1.5.1. L'invecchiamento differenziale degli Stati membri Nell'osservare l'invecchiamento delle strutture all'inter- da venti a cinquantanove anni, otteniamo, per i Dodici, no dell'Unione, si impone la costatazione di due tenden- un indice di 0,82. Sette Stati membri hanno un indice ze, in apparenza contraddittorie: la disparità che oggi superiore a questa media comunitaria..L'Irlanda possiede esiste fra gli Stati membri, ampiamente illustrata dalle l'indice più elevato (1,01), perché fondamentalmente la differenze di calendario e di intensità dell'invecchiamen- sua popolazione ha una struttura ancora molto giovane, e to, produrrà, entro quindici-venti anni, un riavvicinamen- quindi una notevole percentuale di persone giovani (0- to dei rapporti di dipendenza delle persone anziane. Tali 19anni). Il Portogallo, la Spagna e la Francia, anche loro rapporti sono destinati ad aumentare, indipendentemente con indici superiori alla media, si trovano decisamente dalle ipotesi di evoluzione che possono essere formulate. nella stessa situazione. Gli altri due Stati membri che hanno invece un indice superiore alla media a causa della Se rapportiamo i gruppi estremi, quelli cioè con meno di forte percentuale di anziani sono il Regno Unito ed il venti e più di sessanta anni, agli effettivi totali che vanno Belgio. Tabella 7 Indicatori di invecchiamento nel 1993 e dipendenza demografica nel 1991 Indicator* di invecchiamento Dipendenza demografica 0-19 anni 20-59 anni 60 anni • + T () EUR 12 48,7 Belgio 24,3 54,6 21,1 49,6 Danimarca 23,8 56,1 20,1 48,3 Germania 21.5 58,1 20,4 45,3 Grecia 24.6 54,6 20,8 49,0 Spagna 26.5 53,9 19,6 49,1 Francio 26.8 53,5 19,7 51,9 Irlanda 34.9 49,8 15,3 62,2 Italia 22.6 56,1 21,3 45,1 Lussemburgo 23.3 57,5 19,2 44,7 Poesi Bassi 24,6 57,8 17,6 45,2 Portogallo 27.4 53,1 19,5 51,6 Regno Unito 53,4 Fonti: Eurostat: Statistiche demografiche, 1994. I1) Nel 1991: [0-14 anni]+[65 anni e +J/[15-64 anni]. 20
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