La riforma lombarda vista dal centro 01-19-2021

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La riforma lombarda vista dal centro - 01-19-2021
a cura di Valentina Ghetti - Lombardia Sociale - http://www.lombardiasociale.it

La riforma lombarda vista dal centro
Le osservazioni del rapporto ministeriale sulla LR 23/2015 e i messaggi sul welfare sociale lombardo

A fine anno è stata resa pubblica la valutazione del Ministero della Salute sull’attuazione della LR
23/2015 ed entro aprile 2021 la Regione dovrà approvarne una revisione, per recepire indicazioni e
suggerimenti proposti. Cosa si evince in merito ai risultati apportati dalla riforma sul welfare sociale
lombardo? I messaggi, purtroppo, non sono confortanti.

a cura di Valentina Ghetti - martedì, Gennaio 19, 2021

http://www.lombardiasociale.it/2021/01/19/la-riforma-lombarda-vista-dal-centro/

La LR 23/2015, come noto, è giunta a compimento del quinquennio sperimentale e si era in attesa della
valutazione da parte del Ministero della Salute per poter intraprendere il percorso di messa a regime della
riforma del sistema sociosanitario lombardo. A fine anno è stato pubblicato il rapporto, effettuato con il
supporto dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali – Agenas – che, oltre alla valutazione
dei risultati raggiunti in termini di impatto dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria ai cittadini lombardi,
nella parte conclusiva, enuclea prescrizioni correttive e suggerimenti di sviluppo, che dovranno essere
colte dal legislatore entro il prossimo aprile.

Le ragioni della riforma

Il documento, in apertura, analizza il sistema esistente prima della riforma, fotografando i temi
fondamentali a cui i successivi interventi legislativi intendevano porre rimedio. Tali criticità, e
l’attuazione degli obiettivi di riforma, hanno rappresentato lo specifico oggetto di valutazione del
rapporto.
Riprendiamo sinteticamente qui di seguito l’articolazione di criticità ed obiettivi, così come declinata nel
documento:

Criticità del sistema regionale pre-riforma           Obiettivi strategici della riforma
        Incremento della prevalenza di pazienti con          Continuità assistenziale ospedale-territorio
        patologie croniche, e dunque correlata               Integrazione sociosanitaria
        necessità di tutela della fragilità                  Centralità delle cure territoriali
        Elevata frammentazione delle unità                   Sviluppo di modelli innovativi di presa
        d’offerta                                            incarico per cronicità e fragilità
        Centralità dell’ospedale e conseguente               Superamento della frammentazione delle
        erogazione di servizi secondo la logica della        unità d’offerta
        prestazione                                          Garanzia di prestazioni quali-quantitative
        Carenza di presa in carico da parte del              adeguate
        territorio successiva al ricovero                    Riduzione della centralità dell’ospedale
        Distinzione tra ospedale e territorio                Contrasto all’inappropriatezza
        Scarsa integrazione del sistema sanitario con

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         quello sociosanitario

Quattro evidenze sul welfare sociale

Il lavoro di analisi è molto articolato ed offre svariati spunti per il dibattito. Questo contributo si sofferma
sulla parte relativa alle evidenze dell’attuazione della legge regionale, dunque su quanto è accaduto in
questi ultimi cinque anni e sui risultati della riforma. Non affronta, per ora, le prospettive future, a cui
dedicheremo prossimi approfondimenti. In particolare, ci soffermiamo sulle considerazioni riferite
all’area del welfare sociale, ovvero il perimetro di interesse del nostro sito, tralasciando le molte
osservazioni che riguardano l’ambito prettamente sanitario.

Fatte le premesse, che cosa dice il rapporto ministeriale circa i risultati della riforma? Sono quattro i
messaggi principali che si evincono sul welfare sociale.

Il sistema della domiciliarità non migliora

Il report propone un’analisi dei dati a partire da un set di indicatori, afferenti all’area della prevenzione,
dell’assistenza distrettuale e dell’assistenza ospedaliera, fornendo evidenze sia di trend (2014-2019) che
comparative con altre regioni (Veneto e Toscana).

Tra le molte evidenze positive, l’unico indicatore per cui la riforma “risulta associata ad un
peggioramento” è quello riferito all’andamento delle cure domiciliari. L’indicatore infatti fotografa la
Lombardia in posizione più arretrata di Toscana e Veneto e segna un peggioramento dell’andamento
proprio negli anni di attuazione della LR 23.

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Nonostante l’intenzione dichiarata di rafforzamento del territorio, e anche nonostante gli investimenti
finanziari in crescita sulla domiciliarità nel corso delle ultime legislature, la Lombardia non riesce a
colmare il gap con altre realtà comparabili. L’avvento della riforma non migliora la situazione, anzi vede
registrare un aggravamento, rispetto ad una posizione già arretrata[1].

Il primo messaggio è dunque che la riforma non ha migliorato l’intervento per le persone con bisogni
di assistenza al domicilio.

L’equità territoriale è ancora un nodo critico

Un altro tema rilevante per il welfare sociale è l’omogeneità territoriale. Per altro anch’esso storicamente
critico per la nostra regione. E’ da oltre un decennio infatti che i dati mostrano costantemente una
suddivisione dell’offerta sociosanitaria tra territori più eterogenea rispetto a quelle comparabili del centro
nord, senza che tale peculiarità sia spiegabile in alcuno modo con la natura dei bisogni. Il fenomeno tocca
– seppur con gradi vari di intensità – i servizi domiciliari, quelli semiresidenziali e residenziali rivolti alla
non autosufficienza, così come ai giovani e adulti con disabilità. Già in passato si è evidenziato come
questa peculiarità dipendesse da uno scarso interesse regionale per il tema, testimoniato ad esempio
dall’assenza di criteri oggettivi di riparto dei fondi sociosanitari sulla base di indicatori di fabbisogno o
dall’assenza di indicazioni in materia di rette.

Anche su questo la riforma non sembra aver apportato miglioramenti, considerato che l’analisi di Agenas
rileva il persistere di un’elevata variabilità infraregionale, che sembra pesare di più nei servizi
sociosanitari: “gli indicatori che registrano un peggioramento della performance regionale complessiva
e un aumento delle variabilità tra ATS pertengono all’assistenza domiciliare”.

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Secondo messaggio che ne ricaviamo, dunque: la riforma non ha migliorato l’equità territoriale, già
punto debole del sistema regionale.

La riforma della cronicità non c’entra con la non autosufficienza

La sezione dedicata al nuovo modello assistenziale per i pazienti cronici è molto articolata e conclude
l’analisi con una valutazione positiva, indicando che il modello di presa in carico ideato dalla Lombardia
“si sta rivelando migliorativo, in quanto riduce in misura statisticamente significativa il rischio di
ospedalizzazione e di ricorso al proto soccorso”.

Tuttavia, le motivazioni esposte da Agenas confermano ancora una volta quanto abbiamo sottolineato in
più circostanze all’interno di questo sito: la gestione della cronicità – nel modello lombardo – non ha
nulla a che fare con la non autosufficienza e di conseguenza la riforma attuata in tema di presa incarico
dei malati cronici non sta avendo impatti sull’area del long term care. Si riduce l’ospedalizzazione e il
ricorso al pronto soccorso ma non ci sono impatti migliorativi (se mai il contrario) per quei cittadini
affetti da pluripatologie croniche che, anche in conseguenza di queste, vivono condizioni di fragilità, per
cui necessitano di assistenza e cura della persona, non solo sanitaria[2]. In fase conclusiva del rapporto,
infatti, si dice esplicitamente che l’assenza di un solido raccordo organizzativo tra ospedale e territorio
“comporta fenomeni di inapproriatezza, ritardi ed errori nella presa in carico, soprattutto dei pazienti
più fragili”.

Terzo messaggio, gli impatti sulla gestione della cronicità, nonchè lo stesso approccio di riforma
promosso sul tema, continuano – purtroppo – a non riguardare il welfare sociale.

Il nuovo assetto istituzionale non ha migliorato la governance

In vari punti il rapporto, riportando anche evidenze derivanti dagli audit realizzati con diversi
stakeholders, richiama criticità afferenti all’assetto istituzionale disegnato dalla LR 23.
Riportiamo in sintesi i punti deboli evidenziati su questo fronte:

        la suddivisione delle competenze sociali e sociosanitarie in tre assessorati, oggi in parte superata,
        che pesa particolarmente su alcuni settori come ad esempio quello della disabilità;
        la scarsa definizione dei distretti, snodo di integrazione sociosanitaria, ma le cui competenze e
        funzioni, a cinque anni dall’istituzione, risultano ancora poco chiare;
        la “frammentazione dell’impianto di governance” che porta ad uno sfilacciamento della catena di
        comando e una risposta non coordinata, da parte degli erogatori del sistema, ai bisogni della
        popolazione;
        la separazione – tra ATS e ASST – delle funzioni di governo ed erogazione delle attività
        territoriali, “che si traduce in un coordinamento delle stesse non pienamente efficace”.

In questi anni abbiamo avanzato in più occasioni perplessità circa l’efficacia di un approccio alle
necessità di riforma del sistema di welfare lombardo che puntasse tutto sulla dimensione istituzionale,

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                                   come di fatto è stato con la LR 23. Una riforma che ha richiesto molto tempo e molte energie,
                                   impiegate nel ridisegnare contenitori e competenze che – stante le osservazioni di Agenas – non
                                   sembrano aver sortito gli effetti desiderati.

                                   Conclusioni

                                   A leggere la parte finale del rapporto, che nel precedere le indicazioni e le raccomandazioni di revisione
                                   della legge, sintetizza le criticità che permangono a cinque anni dalla sua introduzione, pare proprio che i
                                   principali obiettivi per cui – nel dichiarato – era stata introdotta, per la gran parte non siano stati raggiunti.

                                   Sarà da vedere se con la revisione, e l’attività dell’ultimo biennio di legislatura, si riusciranno ad
                                   intraprendere percorsi concreti per affrontare i problemi noti e i temi che con la pandemia sono diventati
                                   ancora più urgenti per i cittadini lombardi. Rimaniamo convinti che di tutto ci sia bisogno tranne che di
                                   una ennesima riforma istituzionale: è necessario concentrarsi invece sugli interventi da compiere e non,
                                   ancora una volta, sugli assetti e all’organizzazione del sistema.

                                   [1] Cfr Noli M., I servizi domiciliari, in L’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia – 7°
                                   rapporto 2020/2021. Il punto di non ritorno, Maggioli 2021, p.33
                                   [2] Cfr Guerrini G., La cronicità in Italia fra condizione attuale e prospettive future, in I luoghi della cura

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