La filosofia dello sport nell'antica Grecia - Laboratorio Montessori Sabrina Scarpetta
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Laboratorio Montessori ISSN 1974-8787 Sabrina Scarpetta La filosofia dello sport nell'antica Grecia
La componente agonale nella civiltà greca. Nell’ antichità classica i greci furono i più fervidi sostenitori della cultura fisica, intesa sia come educazione della volontà' sia come fondamento per un armonico sviluppo del corpo, per affinare i sensi, per l'acquisizione delle norme igieniche di base, e soprattutto per la preparazione psicofisica alla guer ra. Inizialmente l'atletismo dei greci nacque come fatto culturale a fini prevalentemente estetici, ov- vero gli atleti facevano ginnastica per migliorare l'aspetto esteriore del proprio corpo, ma ben presto essi sentirono quasi il "bisogno" di confrontarsi fra loro, di raggiungere e fissare dei record, e di ci- mentarsi in vere e proprie gare: l'agonismo tipico dell'uomo greco non tarda dunque a manifestar- si! In quell'atmosfera speciale che conosce bene chi prende parte a gare sportive di qualunque tipo, quella che si respira prima del "via", tesa e carica di nervosismo, l'atleta greco del VI sec.a.C. non cerca di allentare la tensione dicendo fra sè:"l'importante non' è vincere, ma partecipare", massima che è frutto della nostra cultura moderna, bensì "Bisogna essere sempre il migliore e superiore agli altri" come insegna il buon Omero in un esametro divenuto famoso nonché discusso e dibattuto dagli stu- diosi riguardo alla sua esatta interpretazione 1; per esempio alcuni, estremizzando, sostengono l'idea che lo "spirito agonistico" fosse una componente esclusiva della personalità dell'uomo greco, come se per natura possedesse una qualità psichica particolare che si sarebbe identificata nell’ aêén Þri- steúein omerico. L'esametro di Omero, però, non sarebbe stato circoscritto esclusivamente al concetto di "agonismo" ma avrebbe avuto valenza come principio ispiratore dell'intero modus vivendi dell'uo- mo greco, riconducendosi così al motivo dell' ÞretÔ 2 . La parola αρετη è densa di significati: si intende il rispetto che un greco deve portare verso gli dei, la patria e i propri cari, e s'intende il valore che egli dimostra nel difendere queste cose: questo tipo di αρετη , eroica e guerriera, viene definita "omerica". Ma l’ ÞretÔ è anche quel complesso di virtù innate o acquisite che rendono un uomo merite- vole di ammirazione: lealtà, coraggio, temperanza, saggezza. Inoltre, secondo la mentalità greca, se un uomo possedeva l' ÞretÔ , egli possedeva necessariamente an che un bell'aspetto esteriore, che ri- specchiava le virtù interiori: in omaggio all'ideale di armonia che contraddistingue la grecità classica, si forma il paradigma della καλοκαγαθíα., dell'uomo kalój kaí Þgaqój . Quando fiorirono gli agoni sportivi, i greci furono ben contenti di poter onorare gli dei non solo mettendo in mostra la loro prestanza fisica e la bravura raggiunta nelle varie discipline sportive, ma anche dimostrando la virtù morale di cui andavano fieri, cioè l' ÞretÔ . L'educazione fisica,però, si distingueva a seconda se a praticarla erano gli spartani o gli atenie- si: per gli spartani, l'esercizio fisico era visto solo come un mezzo per forgiare il carattere e fortificare il corpo in vista della guerra, mentre gli ateniesi perseguivano quell'ideale di perfetta fusione fra bel- lezza esteriore e nobiltà d'animo. 1 Omero, Iliade, VI, v.208 e XI, v.784. 2 Cfr. J. Burckhardt, Storia della civiltà greca, a cura di R. Marx, vol. III, Stuttgart, 1941, pag.69.
Ma che cosa s'intende, allora per "agonismo" e che cosa per "elemento agonale"? I greci stessi utilizzavano la parola αγων per indicare la gara o il luogo della competizione spor- tiva; i popoli barbari, invece, non possedevano alcuna parola che si avvicinasse ad una "contesa", così come non ci sono testimonianze sullo svolgimento di gare di popoli non greci. E' noto lo stupore con cui essi consideravano non tanto l'esercizio sportivo in sè o lo spirito competitivo che esso presupponeva, quanto la maniera con cui i greci avevano istituzionalizzato i giochi, conferendo loro il carattere di una manifestazione religiosa, nazionale, politica e spettacolare: in una parola, di cultura. Questo induce alcuni studiosi a ritenere che il concetto dell'agonismo inteso sia in senso lato sia in senso più propriamente sportivo appartenga esclusivamente al popolo greco, visto quasi come in preda ad una forza innata che spinge a misurarsi con gli altri e ad essere continuamente in lotta3. L'esatto opposto di questa tesi è sostenuto invece da coloro che affermano che il desiderio di primeggiare e l'ambiziosa aspirazione a vincere siano fenomeni universalmente umani, mentalità antropologica per nulla specifiche del mondo greco, e come tali riscontrabili in qualunque tempo per qualunque popolo e in qualsiasi tipo di comportamento sociale 4. 3 Cfr. Nietzsche, Agone omerico, trad. it. a cura di G. Colli, Milano 1980. 4 Cfr. J.Juthner "Esercizi fisici e atletici del greci',' sta in "Die Antike" n.I5, 1939.
Il ritratto dell'atleta e il suo status sociale Chi era l'atleta che partecipava alle gare sportive? Da dove proveniva, a quale classe sociale ap- parteneva? Non è facile tracciare il profilo del tipico atleta, perchè esso è legato al periodo storico in cui lo vediamo; lo storico dell'antichità, ipotizza una evoluzione del senso dello sport che va dal puro e alto concetto-di agone sportivo che è proprio dell'età greca arcaica, e che è caratterizzato dal predominio di atleti provenienti esclusivamente dalla classe aristocratica, e rigorosamente dilettanti, fino ad arrivare ad un declino dello sport in epoca postclassica, in cui si assiste alla sua "democratizzazione" avvenuta ad opera del ginnasio, alla nascita del professionismo degli atleti, che ora sono quasi del tutto apparte- nenti ai ceti medio-bassi del popolo 5. Ai tempi dello sport aristocratico, non esisteva dunque professionismo; i giovani aristocratici erano nobili, ed essere nobile equivaleva ad essere guerriero, ed un guerriero ha come stile di vita il combattere valendosi esclusivamente della propria forza fisica: i loro addestramenti erano di carattere militare, la loro ginnastica era finalizzata al combattimento, e non esisteva un impegno specifico in vi- sta di una gara sportiva ne l'idea di un allenamento sistematico o specializzato per una determinata di- sciplina sportiva. C'era, invece, la τéρψισ, che indica il divertirsi il dilettarsi, il provare piacere. Il ginnasio, istituito fra il 600 e il 500 a.C. come luogo in cui l'istruttore insegnava qualche tipo di combattimento e addestrava per militare tra le fila delle falangi oplitiche, era destinato unicamente ai no- bili; poi, sia la sua funzione prettamente militare, sia il suo carattere aristocratico vengono a decadere, e si assiste ad un'apertura in senso democratico dello sport: adesso, anche il giovane non nobile poteva prendere parte agli allenamenti nei ginnasi ed entrare nel giro delle competizioni sportive, e magari intraprendere una vera e propria carriera sportiva, traendo dalle eventuali vittorie il denaro per vivere e per pagarsi gli allenamenti, i quali, ormai erano divenuti specialistici e tenuti da allenatori anch'essi spe- cializzati (il tecnikój). Di fronte alla democratizzazione dello sport ad opera del ginnasio, ovvero della sua evoluzione, ed al conseguente inizio del professionismo, si assiste ad un periodo in cui coesistevano e gareggiavano insieme sia i nobili aristocratici, sia i figli provenienti da famiglie del ceto medio-basso del popolo, professionisti; si prati- carono allenamenti sistematici in luoghi specializzati, nacquero le diete, gli specialisti in campo medico, e così l’attività sportiva a livello agonistico, come avviene oggi, diventò un lavoro con cui guadagnarsi da vive- re. 5 Cfr. B.Bilinski, "L'agonistica sportiva nella Grecia antica. Aspetti sociali e ispirazioni letterarie" Roma 1961
Le gare panelleniche L'origine delle gare panelleniche si perde tra mito e religione: l'episodio mitico a cui si fanno risalire è la loro fondazione da parte di Eracle per onorare Zeus Olimpo, e per la prima volta il re Ifito nel 776 a.C. riunì tutti i greci alla festa di Olimpia. Le Olimpiadi sono le solennità agonistiche più importanti e si svolgevano ogni quattro anni ad Olimpia, per la durata di cinque giorni, e durarono ininterrottamente per dodici secoli. Le gare Pitiche, anch'esse quadriennali, erano celebrate a Delfi nel santuario di Apollo Pitio; ogni due anni si svolgevano le Istmiche a Corinto, in onore di Poseidone, e biennali erano anche le Ne- mee, connesse con il passaggio a Nemea della spedizione dei Sette contro Tebe e con il culto di Zeus. Le Olimpiadi divennero persino il punto di riferimento per il calendario comune greco, infatti gli avvenimenti furono collocati nel tempo in base alla cadenza quadriennale dei giochi stessi. Il programma dei giochi olimpici consisteva essenzialmente in agoni ginnici; nell'anno della pri- ma manifestazione predominò la corsa con le sue varie specialità: corsa dello stadio (200m), doppia corsa (400m), corsa lunga (5.000m); la lotta, la boxe e il pancrazio vengono introdotte nelle manifesta- zioni successive, intorno al 680 a.C., cosi come la corsa dei carri tirati dai cavalli, e il pentathlon, com- posto dal salto in lungo, lancio del giavellotto, corsa di velocità, lancio del disco e lotta. Chiudeva la se- rie la corsa degli opliti, a mo' di parata, con le divise da combattimento e simulazioni di scontri bellici. I giochi pitici rappresentarono quasi un supplemento ai giochi olimpici, perchè avevano luogo ago- ni musicali e, in minima parte, gare ginniche; essi ci forniscono, insieme con i giochi olimpici, un qua- dro completo dell'agonistica greca nel suo aspetto fisico, musicale e intellettuale. I giochi istmici si differenziano dai precedenti per il loro carattere popolare e per la varia prove- nienza dei partecipanti; l'Istmo, infatti, rappresentava un importante punto d'incontro, un concilium Asiae Greciaque, dove i giochi si svolgevano nel chiasso dei vari specialisti delle gare ginniche o musicali o letterarie; inoltre lì i sofisti pronunciavano i loro discorsi e gli scrittori e i poeti declamavano e recita- vano a gran voce: si è ben lontani dall'atmosfera religiosa ed elevata delle Olimpiadi, dalla loro de- corosa dignità! Sul giochi nemei, invece, non ci sono molte testimonianze, e ciò dispiace per il fatto che i greci le ritenevano molto importanti, classificandole subito dopo le Olimpiadi nella graduatoria delle gare pa- nelleniche.
Il concetto di pace olimpica. Le Olimpiadi avevano inizio con il plenilunio del mese di Ecatombeone, ma già un mese prima i conflitti in corso venivano sospesi per permettere lo svolgimento delle gare, si proclamava la cessazio- ne di ogni ostilità tra stati, in modo che atleti, allenatori, visitatori, delegazioni ufficiali e tifosi potessero raggiungere indisturbati le sedi dei giochi. Ma che cosa i greci intendevano esattamente per æκεχειρía ? Non certo pace, altrimenti avrebbero usato la parola eêrÔnh , né tantomeno "pace olimpica", come alcuni studiosi si compiac- ciono di affermare, pensando che si trattasse di una tregua totale, di un armistizio bellico in onore del- lo sport, o addirittura di una tregua sacra, con un'eventuale disponibilità alla pace tra tutte le città del mondo greco! 6. Il significato di æκεχειρía , etimologicamente, è invece "situazione in cui ci si astiene dall'u- sare le armi (i latini traducevano col termine immunitas). In realtà questa astensione dall 'attività belli- ca riguardava esclusivamente le regioni e le persone direttamente coinvolte nello svolgimento della festa, e l'unico scopo era di proteggerle solo temporaneamente. La pace olimpica, allora, non era una tregua dal nobile idea le, né un magnanimo desiderio di race, nè un generoso tentativo di fraternizzazione o di unificazione politica, bensì una convenzione dalle motivazioni molto più pratiche, che, cioè, mirava a garantire l'organizzazione e lo svolgimento dei giochi "nonostante" la guerra ! 7. I greci rispettavano questa convenzione rigorosamente perchè la riconducevano ad una origine divina che risaliva ad una sentenza dell'oracolo delfico in rapporto con il volere di Zeus. 6 Cfr. R. Patrucco, Lo sport nella Grecia antica, Firenze 1972. 7 Gfr. M.Lammer, "La cosiddetta pace olimpica" in "Lo sport in Grecia" a cura di P. A. Bernardini, Laterza Bari 1988.
Arte, poesia, intelletto al servizio dello sport? Nella graduatoria dell'educazione, l'educazione fisica veniva al primo posto, quella musicale al secondo e quella letteraria al terzo, quindi era fondamentale, durante le gare, che la musica accompa- gnasse la competizione, perchè coordinava e ritmava il movimento; i greci usavano il flauto, che con il suo tono acuto e penetrante scandiva il tempo durante il lancio del giavellotto o nella gara di salto. Nei giochi pitici, oltre alle gare musicali, si svolgevano certamina picturae, oppure competizioni tra rapsodi o poeti, che tuttavia riscuotevano minor successo di una gara ginnica. Inizialmente i premi per i vincitori consistevano in corone di ulivo, ma, col passar del tempo, di- vennero materialmente considerevoli, essendo rappresentati da denaro, cibo, o da particolari ricono- scimenti non meno ambiti: posti gratuiti tra le prime file a teatro, banchetti gratuiti nelle cerimonie uf- ficiali e così via. Queste celebrazioni in onore esclusivamente della prestanza fisica sollevarono molte critiche da parte di filosofi, retori e letterati: Isocrate si scagliò apertamente contro gli organizzatori delle Olim- piadi perchè destinavano ricchi premi ai vincitori degli agoni ginnici e nulla andava a coloro che de- dicavano l'intera vita mettendo a servizio del popolo le virtù dello spirito e dell'intelletto 8. Eppure, paradossalmente, sono state proprio le lettere che hanno reso eterne le vicende sportive e i loro atleti, attraverso la nascita del genere poetico dell'epinicio, che trova in Pindaro la sua migliore espressione; anche architettura, pittura e scultura contribuirono a tramandare ai posteri la componente fisica e caduca dell'agone. Lisia definiva gli agoni intellettuali come æπιδεíξεισ γνϵησ (prove di cultura), ed era orgoglioso del fatto che una manifestazione così imponente, unica occasione per radunare così tanti greci, accostasse allo spettacolo sportivo anche declamazioni di sofisti o uomini politici impegnati in problemi di comune interesse per il cittadino greco 9. Plutarco tenta di dare una risposta al perchè gli agoni poetici in genere non godessero di partico- lare stima, e ritiene di riscontrarla nella difficoltà, per i giudici, di proclamare la vittoria di un rapsodo: nelle gare fisiche era evidente rilevare il vincitore, mentre nelle gare intellettuali entrava in gioco l'ele- mento soggettivo di ciascun giudicante, e ciò creava difficoltà che irritavano il desiderio tutto greco di aspirare sempre alla semplicità e alla chiarezza delle cose10. A quanto sembra, dunque, i frutti dell'intelletto, la poesia, l'arte, furono ammessi nel santuario dell'apoteosi della forza fisica solo come elementi accessori, e ancora non si è capito se le competizio- ni poetiche facessero parte dei programmi dei giochi, o fossero solo degli intermezzi graditi a pubblico e atleti. 8 Isocrate, Πανεγυρικοσ, vv.230 ss. 9 Lisia, Ολιµπιακοσ, tenuto ad Olimpia nel 388 a.C. 10 Cfr. Plutarco, Quaestiones conviviales.
Comunque, nonostante la scarsità di documenti in tal senso, siamo ugualmente in grado di rico- noscere, e conseguentemente di apprezzare, l'apporto positivo che il popolo greco ha saputo dare allo sviluppo della civiltà, attraverso l'immenso patrimonio culturale e letterario pervenuto fino a noi, e an- che, come si è visto da questa breve ricerca, grazie ad una concezione dello sport che per primi ebbe- ro i greci e che contribuì a creare quell'immagine di civiltà classica che affascina tutt'oggi e sempre continuerà ad affascinare.
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