La condizione giuridica dello straniero nel "dialogo" tra Corte costituzionale e giudice amministrativo

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    Lecce, “Gruppo di Pisa” 2009 – Diritto costituzionale e diritto amministrativo: un confronto giurisprudenziale

                      La condizione giuridica dello straniero nel “dialogo” tra
                           Corte costituzionale e giudice amministrativo

                                                  di Andrea Deffenu

        Sommario: 1. Introduzione: la condizione giuridica dello straniero tra instabilità normativa e
riparto di giurisdizione. 2. Stranieri, immigrazione e cittadinanza nella giurisprudenza costituzionale:
uno sguardo d’insieme. 3. “Dialoghi” tra Corte costituzionale e giudice amministrativo: alla ricerca del
seguito giurisprudenziale. 3.1. Il permesso di soggiorno e il principio del flusso regolato. 3.2. Il
mancato rinnovo del permesso di soggiorno al minore che compie la maggiore età: evoluzioni
giurisprudenziali. 3.3. Il mancato rinnovo del permesso di soggiorno a causa di una precedente
sentenza penale patteggiata: tra discrezionalità del legislatore e principio di stretta legalità. 3.4.
L’incostituzionalità della mera denuncia penale quale condizione ostativa alla regolarizzazione del
lavoratore extracomunitario e il seguito giurisprudenziale. 4. Regolarizzazione, carta di soggiorno,
espulsione ministeriale, asilo politico e cittadinanza tra interpretazioni costituzionalmente orientate e
riconoscimento al legislatore di un’ampia discrezionalità. 4.1. Il richiamo del diritto di difesa e della
funzione rieducativa della pena in alcune decisioni concernenti la carta di soggiorno e la
regolarizzazione del lavoratore. 4.2. L’espulsione dello straniero disposta dal Ministro degli Interni.
4.3. La giurisprudenza in materia di asilo politico e status di rifugiato: alcuni tentativi di interpretazione
costituzionalmente orientata. 4.4. Logicità e ragionevolezza nell’interpretazione della normativa
relativa all’ottenimento della cittadinanza italiana. 5. Conclusioni: l’autoreferenzialità del dialogo
Corte/giudice amministrativo e le potenzialità innovative della più recente giurisprudenza su atto e
rapporto.

       1. Introduzione: la condizione giuridica dello straniero tra instabilità
normativa e riparto di giurisdizione.
       L’analisi della giurisprudenza amministrativa rapportata alle pronunce della
Corte costituzionale sullo statuto giuridico degli stranieri necessita di alcune premesse
di fondo.
       La complessità dello studio è legata, innanzitutto, alla legislazione che governa
il settore: essa infatti si presenta fluida, cambia e si evolve abbastanza rapidamente, il
che rende difficile il consolidarsi degli orientamenti giurisprudenziali. Invero, in poco
più di dieci anni il d.lgs. n. 286/1998 che, come è noto, ha riunito in un testo unico la
disciplina legislativa in materia di stranieri e immigrazione, ha subito ripetute
modifiche, in alcune sue parti talmente profonde da mutarne l’impostazione di base.
Un esempio è dato dalle integrazioni apportate dalla l. n. 189/2002, che ha introdotto
misure decisamente più stringenti per l’ingresso e la regolare permanenza degli
extracomunitari in Italia1. O ancora, si pensi ai ripetuti adeguamenti del Testo unico
sull’immigrazione al fine di recepire le direttive comunitarie in materia2. Peraltro, di
1
   V., ad esempio, le osservazioni di G. D’Auria, Immigrazione (dir. amm.), in Dizionario di diritto
pubblico, dir. da S. Cassese, vol. IV, Giuffrè, Milano, 2006, p. 2880; C. Corsi, Le nuove disposizioni al
Testo unico sull’immigrazione: tra inasprimento della disciplina e norme «bandiera», in Foro amm.
CdS, n. 11, 2002; L. Trucco, Il permesso di soggiorno nel quadro normativo e giurisprudenziale
attuale, 10-6-2008, in www.federalismi.it.
2
   Tra le tante modifiche si pensi ai d.lgs. n. 380/1998 e n. 113/1999, al d.l. n. 51/2002; alle l. n.
189/2002 e n. 289/2002; al d.lgs. n. 87/2003; ai d.l. n. 241/2004 e n. 144/2005; e, solo per l’anno 2007,
a quelle introdotte dal d.lgs. n. 3/2007 di recepimento della direttiva sui soggiornanti di lungo periodo,
dal d.lgs. n. 5/2007 di recepimento della direttiva comunitaria sui ricongiungimenti familiari, dal d.lgs.
n. 30/2007, di recepimento della direttiva comunitaria sulla libertà di circolazione e soggiorno dei
cittadini comunitari. Quest’ultimo decreto, poi, è stato a sua volta modificato da due decreti legge, il
primo dei quali decaduto (rispettivamente il d.l. n. 181/2007 e il d.l. n. 249/2007). Ed ancora, la legge
n. 68/2007 abolitiva del permesso di soggiorno per i soggiorni di breve durata e il d.lgs. n. 154/2007 di
recepimento della direttiva sulle condizioni di ammissione per motivi di studio, scambio di alunni,
tirocinio non retribuito e volontariato. V. amplius B. Nascimbene, Orientamenti e norme nazionali in

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recente, non solo il d.l. n. 92/2008, conv. nella l. n. 125/2008, ha apportato ulteriori
variazioni al d.lgs. n. 286/1998, ma è altresì in corso di approvazione un disegno di
legge che interviene sulla disciplina dell’immigrazione e sulle condizioni di acquisto
della cittadinanza, in talune ipotesi rese più restrittive3.
       In secondo luogo, l’evoluzione della legislazione, che conserva, quale elemento
costante nel tempo, una «pretesa disciplinare particolarmente intensa delle politiche
migratorie»4, è condizionata nel suo mutare da un forte tasso di “politicità” che la
espone a variazioni ispirate ad ideologie più o meno garantiste nei confronti del
cittadino extracomunitario.
       In terzo luogo, si deve tener conto del fatto che, a partire dalla l. n. 40/1998, il
legislatore ha progressivamente trasferito ampi settori di competenza giurisdizionale
in materia al vaglio del giudice ordinario, e in particolare del giudice di pace: è il caso
della espulsione prefettizia, ai sensi dell’art. 11, c. 8, della legge sopra citata. In altri
casi è stata proprio la stessa giurisprudenza civile e amministrativa ad aver contribuito
al radicamento della giurisdizione presso la magistratura ordinaria: ciò è avvenuto, ad
esempio, in materia di asilo politico e status di rifugiato, avendo i giudici qualificato
tali posizioni di diritto soggettivo perfetto5.
        Di conseguenza non saranno oggetto di approfondimento tutta una serie di
questioni, pur costituzionalmente rilevanti, già oggetto di importanti decisioni del
giudice delle leggi come, ad esempio, quelle legate alla disciplina del
ricongiungimento familiare6.
       Stanti queste premesse, l’analisi ha riguardato la principale giurisprudenza
amministrativa degli ultimi dieci anni nei diversi settori di competenza del giudice
amministrativo e, in particolare, in materia di concessione, rinnovo e revoca del
permesso di soggiorno, espulsione disposta dal Ministro degli Interni per motivi di
sicurezza o terrorismo, emersione dal lavoro irregolare, acquisto e perdita della
cittadinanza, asilo politico e status di rifugiato7.
       Di tale giurisprudenza sono stati selezionati i casi e le decisioni
“costituzionalmente rilevanti”, quelli che mostrano il grado di sensibilità e recettività
materia di immigrazione. L’incidenza del diritto internazionale e comunitario. Le iniziative di riforma
e le modifiche in corso, in Riv. it. di dir. pubbl. com., n. 3-4, 2008.
Sui rapporti tra legislatore e Corte costituzionale, e in particolare sugli interventi legislativi volti a dare
seguito ad alcune sentenze di incostituzionalità, v. P. Bonetti, Trattamento giuridico dello straniero, in
V. Onida, B. Randazzo (a cura di), Viva vox Constitutionis. Temi e tendenze nella giurisprudenza
costituzionale dell’anno 2004, Giuffrè, Milano, 2005, pp. 336-337. Secondo G. Savio, Il ruolo della
giurisprudenza costituzionale nella definizione del diritto degli stranieri, in R. Bin, G. Brunelli, A.
Pugiotto, P. Veronesi (a cura di), «Effettività» e «seguito» delle tecniche decisorie della Corte
costituzionale, Esi, Napoli, 2006, p. 739, «se il contributo alla definizione del diritto dei migranti da
parte della Corte costituzionale è stato significativo … altrettanto non può dirsi per il «seguito» che ha
cercato ad ogni costo di mantenere l’impostazione ideologica della Bossi-Fini, limitandosi ai ritocchi
minimamente indispensabili imposti dalla giurisprudenza costituzionale, quando non addirittura
peggiorandola come nel caso dell’attribuzione di inaudite competenze al giudice di pace».
3
  Si tratta del DDL n. 2180-A, nel momento in cui si scrive approvato in prima lettura dalla Camera e
dal Senato.
4
  F. Cerrone, La cittadinanza e i diritti, in I diritti costituzionali, a cura di P. Ridola e R. Nania,
Giappichelli, Torino, 2006, p. 277 ss.
5
  Su tali questioni v. infra, par. 4.3.
6
  V. Corte cost., sent. n. 376/2000 e ord. n. 232/2001.
7
   Non saranno oggetto di studio della presente relazione tematiche ugualmente importanti per la
condizione giuridica dello straniero, come quelle relative ai diritti sociali (a parte alcuni cenni al diritto
alla salute) e ai diritti politici, che avrebbero richiesto uno spazio altrettanto ampio di approfondimento
e riflessione. Riteniamo, tuttavia, che il settore di analisi prescelto sia sufficientemente ampio per poter
cogliere gli orientamenti fondamentali della giurisprudenza amministrativa.

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del giudice amministrativo rispetto alle elaborazioni giurisprudenziali della Corte
costituzionale. Così, da una parte, sono stati ricostruiti i casi di “dialogo” diretto con il
giudice delle leggi stimolati dalle questioni di legittimità costituzionale sollevate;
dall’altra, sono state analizzate le decisioni in grado di mostrare se e come il giudice
amministrativo abbia elaborato soluzioni ermeneutiche costituzionalmente orientate.
       Vedremo che la giurisprudenza costituzionale e amministrativa prevalente ha
offerto, in casi anche rilevanti e significativi, un buon grado di protezione dei diritti
fondamentali dello straniero violati sia da una legislazione in taluni casi palesemente
incostituzionale, sia da un’amministrazione che ha molto spesso elaborato
interpretazioni sfavorevoli della normativa sullo statuto giuridico dell’immigrato.
Tuttavia, si tratta pur sempre di esperienze giurisprudenziali che non hanno inciso nel
profondo dell’ordinamento, ma si sono poste – e in questo risiede il loro tratto
comune, ma anche il loro limite – sullo stesso piano concettuale di una legislazione
che guarda al fenomeno dell’immigrazione soprattutto quale questione di ordine
pubblico e sicurezza dello Stato.
       Rileveremo altresì – nonostante il contesto giurisprudenziale accennato – il
graduale affermarsi di un innovativo orientamento del giudice amministrativo che,
nell’intaccare tale concezione dell’immigrazione, si ricollega ad una visione più
complessa della cittadinanza e dello straniero, nella consapevolezza che dietro il
giudizio sul provvedimento amministrativo esiste un rapporto, un interesse al bene
della vita al quale il giudice deve riconoscere una tutela effettiva 8.

      2. Stranieri, immigrazione e cittadinanza nella giurisprudenza costituzionale:
uno sguardo d’insieme.
      Non è possibile, in questa sede, ripercorrere l’intera evoluzione della
giurisprudenza costituzionale con riguardo alle tematiche degli stranieri e
dell’immigrazione9. Può essere ad ogni modo utile richiamare i passaggi più
significativi e costanti che hanno caratterizzato l’attività della Corte in questa materia.
      Intanto, vi è da osservare che, mentre negli anni ’90 le ordinanze di rimessione
contro la disciplina allora vigente (si tratta della l. n. 39/1990, c.d. legge Martelli)
sono state 48, quindi un numero tutto sommato modesto, negli anni successivi
all’entrata in vigore della c.d. legge Turco-Napolitano (l. n. 40/1998), si è assistito ad
una crescita esponenziale delle ordinanze, che hanno toccato il numero massimo di
674 nel 2003, dopo l’approvazione delle modifiche apportate al Testo unico
sull’immigrazione dalla c.d. legge Bossi-Fini (l. n. 189/2002)10. Negli ultimi anni,
infine, i provvedimenti di rimessione sono diminuiti in modo significativo (90 nel
8
  Qualche tempo fa V. Onida notava, anche se in un contesto diverso e con riferimento ad orientamenti
giurisprudenziali della magistratura ordinaria particolarmente avanzati in tema di attuazione dei
principi costituzionali, che essi «segnano il passaggio da una utilizzazione, per così dire,
prevalentemente difensiva della Costituzione da parte dei giudici (…), ad un’utilizzazione in funzione
di promozione positiva e di ampliamento di sfere di libertà e di situazioni socialmente rilevanti e
costituzionalmente protette» (L’attuazione della Costituzione fra Magistratura e Corte costituzionale,
in Aspetti e tendenze del diritto costituzionale: scritti in onore di Costantino Mortati, Giuffrè, Milano,
1977, vol. IV, p. 592).
9
  Cfr. sul punto le considerazioni critiche di M. Cuniberti, La cittadinanza. Libertà dell’uomo e libertà
del cittadino nella Costituzione italiana, Cedam, Padova, 1997, e, da ultimo, quelle di G. Bascherini,
Immigrazione e diritti fondamentali. L’esperienza italiana tra storia costituzionale e prospettive
europee, Jovene, Napoli, 2007. V. anche M. Luciani, Cittadini e stranieri come titolari dei diritti
fondamentali. L’esperienza italiana, in Riv. crit. dir. priv., 1992, p. 203 ss. e P. Passaglia, R. Romboli,
La condizione giuridica dello straniero nella prospettiva della Corte costituzionale, in M. Revenga
Sanchez (a cura di), I problemi costituzionali dell’immigrazione in Italia e Spagna, Giuffrè, Milano,
2005, p. 13 ss.; B. Nascimbene (a cura di), Diritto degli stranieri, Cedam, Padova, 2004.

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2005, 76 nel 2006 e 60 nel 2007), a testimoniare come la fase di contrasto più forte da
parte dei giudici contro alcune disposizioni della disciplina in esame sia venuta pian
piano a scemare.
      Complessivamente, può dirsi che l’attività demolitoria della Corte, a seguito
dell’entrata in vigore del Testo unico sull’immigrazione, e in particolare dopo le
modifiche introdotte dalla l. n. 189/2002, si è limitata alle previsioni legislative
manifestamente incostituzionali, anche se con pronunce di rilievo che mostrano una
maggiore tendenza a riconoscere direttamente applicabili importanti garanzie
costituzionali agli stranieri11. Per il resto, tuttavia, si è trattato soprattutto di una
giurisprudenza interpretativa12 che, nell’attivare i meccanismi tipici del dialogo con i
giudici a quibus13, ha elaborato criteri di giudizio a maglie larghe, ispirati al principio
del favor legis.
      Ed invero, la Corte costituzionale ha più volte riconosciuto in capo al legislatore
un’ampia discrezionalità14. La Consulta ha così affermato che la condizione dello
straniero è diversa da quella dei cittadini per quel che concerne l’ingresso e la
circolazione all’interno del territorio della Repubblica, in quanto essa può essere
regolamentata a seguito della «ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad
esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere
internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione, e tale ponderazione

10
   Si consideri che le ordinanze totali sollevate nel corso di giudizi in via incidentale sono state, nel
2003, 1196, per cui, con oltre la metà di esse, sono state impugnate disposizioni del Testo unico
sull’immigrazione. Ancora nel 2004, su 1094 ordinanze di rimessione, ben 441 riguardavano le
disposizioni sugli stranieri. V. amplius La condizione giuridica dello straniero extracomunitario.
Quaderno predisposto in occasione dell’incontro trilaterale delle Corti costituzionali italiana,
spagnola e portoghese, a cura di S. Magnanensi, P. Passaglia, E. Rispoli, Madrid, 25-26 settembre
2008, in www.cortecostituzionale.it.
11
   Così, condivisibilmente, afferma G. Bascherini, Immigrazione e diritti fondamentali, cit., p. 218. Con
riferimento alla giurisprudenza costituzionale che si è pronunciata per l’incostituzionalità di alcune
disposizione del Testo unico sull’immigrazione, si pensi alla sent. n. 222/2004, che ha dichiarato
incostituzionale l’art. 13, c. 5bis, del d.lgs. n. 286/1998, nella parte in cui non prevede che il giudizio di
convalida del decreto di espulsione dello straniero debba svolgersi in contraddittorio prima
dell’esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa; e
così la sent. n. 223/2004, che ha dichiarato incostituzionale l’arresto obbligatorio per il reato di
trattenimento senza giustificato motivo dello straniero nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine
di allontanamento impartito dal Questore. V. P. Passaglia, La Corte costituzionale fa il punto sulla
disciplina dell’immigrazione, in Foro it., I, 2004, p. 2618 ss. L’arresto obbligatorio per tale ipotesi di
reato costituiva una deroga irragionevole alla disciplina codicistica, funzionale alla costruzione di un
sottosistema processuale caratterizzato da una riduzione delle garanzie processuali nei confronti degli
stranieri. V. sul punto le osservazioni di G. Tropea, Homo sacer? Considerazioni perplesse sulla tutela
processuale del migrante, in Dir. amm., 4, 2008, p. 869.
12
   Parla di giurisprudenza interpretativa G. Bascherini, Immigrazione e diritti fondamentali, cit., p. 129.
Sempre G. Bascherini, ivi, pp. 221-222, osserva come, pur con riferimento alla giurisprudenza
costituzionale relativa all’allontanamento, ma con considerazioni che possono essere allargate alla
complessiva attività della Corte, una giurisprudenza che tende a valorizzare i percorsi argomentativi del
giudice è rischioso, «in un settore così delicato, tanto più dinanzi ad un legislatore (come quello che ha
novellato il testo unico a partire dal 2002) che consapevolmente mira ad uno svuotamento dei margini
di interpretazione del giudice, relegandolo ad una funzione di notarile ratifica a posteriori dei
provvedimenti amministrativi».
13
   V. ad esempio le considerazioni di V. Angiolini, L’accompagnamento coattivo dello straniero alla
frontiera e la tutela della libertà personale: con la sentenza n. 105/2001 la Corte fa (solo) il primo
passo e lascia ai giudici comuni il compito di proseguire, in Dir., imm., citt., 2001, p. 67 ss.
14
   V., ad esempio, le sentt. della Corte cost. n. 353/1997 e n. 148/2008.

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spetta in via primaria al legislatore ordinario» che gode a tal fine di una
discrezionalità circoscritta dal solo vincolo della non manifesta irragionevolezza15.
        Tale discrezionalità riconosciuta al legislatore è tuttavia circoscritta non solo dal
limite della non manifesta irragionevolezza, ma altresì dalla necessità che anche per
gli stranieri sia garantito il rispetto del nucleo irriducibile dei diritti fondamentali della
persona; pertanto, nell’attività discrezionale di bilanciamento delle contrapposte
esigenze da tutelare, il legislatore non può scendere al di sotto della soglia di tutela dei
diritti fondamentali16.
        Sulla base di tali premesse la Corte costituzionale ha, ad esempio, mostrato una
particolare sensibilità nel garantire la tutela del diritto alla salute che, pur
«costituzionalmente condizionato dalle esigenze di bilanciamento con altri interessi
costituzionalmente protetti» viene salvaguardato nel suo nucleo irriducibile e protetto
come ambito inviolabile della dignità umana. Pur non essendo espressamente previsto
nel Testo unico sull’immigrazione che lo straniero non può essere espulso se necessita
di una terapia essenziale ed indifferibile, tale divieto è implicitamente desumibile,
secondo la Corte, dagli artt. 3 e 32 Cost., per cui «lo straniero presente, anche
irregolarmente, nello Stato ha diritto di fruire di tutte le prestazioni che risultino
indifferibili e urgenti» (sent. n. 252/2001)17.
        Nell’opera di bilanciamento svolta dalla Corte si possono rilevare, per la verità,
esiti molto diversi tra loro. Essa ha, infatti, riconosciuto l’esercizio di una
discrezionalità non irragionevole da parte del legislatore, emblematicamente, con
riferimento alla disciplina del vecchio termine di sette giorni per l’impugnazione del
provvedimento espulsivo dello straniero extracomunitario disposto dal prefetto ai
sensi dell’art. 7quinquies della l. n. 39/1990. Secondo il giudice delle leggi per
valutare la congruità di tale termine rispetto all’art. 24 Cost. «occorre comparare non
soltanto l’interesse di chi è onerato dal rispetto di esso, ma anche il generale interesse
dell’ordinamento al celere compimento dell’attività processuale soggetta al termine di
decadenza». E, nel caso in esame, per la Corte prevale, in sintonia col legislatore, la
necessità di una sollecita definizione del procedimento di impugnazione, che risponde
indubitabilmente all’interesse generale di un controllo razionale ed efficiente
dell’immigrazione18.

15
     Sulla stessa linea, nel senso di un controllo della legge nei limiti della non manifesta
irragionevolezza v. la sent. della Corte cost. n. 236/2008. Anche con riferimento al diritto all’unità
familiare, che il legislatore può bilanciare con altri interessi meritevoli di tutela, nei limiti della non
manifesta irragionevolezza, v. le ord. nn. 158/2006, 360/2006, 368/2006, 335/2007 e 361/2007. La
giurisprudenza amministrativa si è complessivamente adeguata a tale impostazione generale, che viene
di frequente ripresa quale premessa interpretativa della normativa in materia di immigrazione. V. ex
multis Cons. Stato, sez. VI, dec. n. 3350/2008.
16
   Sull’applicabilità agli stranieri del nucleo irriducibile dei diritti fondamentali v. anche le sentt. della
Corte cost. n. 199/1986, 219/1995 e 148/1998.
17
    I risvolti pratici della giurisprudenza costituzionale sono riscontrabili, in particolare, nei numerosi
casi di annullamento dei provvedimenti di diniego del permesso di soggiorno per cure mediche o per
motivi di salute. Il giudice amministrativo, infatti, ha chiarito, proprio assumendo quale premessa
maggiore il principio affermato dalla Corte cost., sent. n. 252/2001, che «da tale quadro normativo non
può che discendere il diritto dello straniero, anche se entrato o rimasto irregolarmente in Italia, di
ottenere, per il tempo necessario ad effettuare cure mediche d’urgenza o che non potrebbe ricevere nel
paese d’origine, un permesso di soggiorno idoneo a regolarizzare la situazione di inespellibilità sancita
dalla Corte costituzionale nella sentenza richiamata». Cfr. ex multis Tar Lazio, sez. Iter, sent. n.
5344/2005; Tar Liguria, sez. II, sent. n. 218/2006; Tar Lombardia, sez. I, n. 1792/2007; Tar Sicilia, sez.
II, sent. n. 1655/2007; Tar Veneto, sez. III, sent. n. 1303/2008.
18
   Si tratta della sent. n. 161/2000.

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       Viceversa, il principio di ragionevolezza è stato ritenuto violato dalla
disposizione che ricollegava automaticamente il diniego della regolarizzazione del
lavoratore extracomunitario alla mera denuncia penale nei suoi confronti (sent. n.
78/2005)19.
       Una sintesi della giurisprudenza della Corte, sul punto costante, è rinvenibile
nell’affermazione secondo cui «il principio costituzionale di eguaglianza non tollera
discriminazioni fra la posizione del cittadino e quella dello straniero solo quando
venga riferito al godimento dei diritti inviolabili dell’uomo (…): così da rendere
legittimo, per il legislatore ordinario, introdurre norme applicabili soltanto nei
confronti di chi sia in possesso del requisito della cittadinanza – o all’inverso ne sia
privo – purché tali da non compromettere l’esercizio di quei fondamentali diritti»20.
La Corte ha così ritenuto palesemente discriminatoria la norma di cui all’art. 8, c. 2,
della l. n. 1/2002 della Regione Lombardia, e l’ha dichiarata incostituzionale nella
parte in cui non include i cittadini stranieri ivi residenti fra gli aventi diritto alla
circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea, riconosciuto dalla legge
ai soli cittadini italiani residenti, totalmente invalidi per cause civili21.

      3. “Dialoghi” tra Corte costituzionale e giudice amministrativo: alla ricerca
del seguito giurisprudenziale.
      In questa parte del lavoro si prenderanno in esame le principali tematiche
affrontate dai Tar e dal Consiglio di Stato che hanno determinato l’insorgere di
questioni di legittimità costituzionale, al fine di far emergere il tipo di “dialogo”
instaurato tra il plesso giurisdizionale amministrativo e la Corte costituzionale: si è
cercato di rispondere alla domanda se siano state interazioni circoscritte alle singole
questioni sollevate o, viceversa, vi sia stato un seguito significativo nella successiva
giurisprudenza amministrativa22.
      Si può osservare, innanzitutto, che dal 1999 ad oggi la Corte costituzionale si è
pronunciata con 21 decisioni in ordine a 73 ordinanze di rimessione concernenti lo
statuto giuridico dello straniero extracomunitario, delle quali soltanto due inoltrate dal
19
    Su tale questione v. infra, par. 3.4. In senso contrario v. l’ord. n. 463/2005 che, nel ritenere
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, c. 2 e 5 del TU n.
286/1998, ha dichiarato che tali disposizioni siano espressione non irragionevole della discrezionalità
del legislatore, nella parte in cui stabiliscono che l’omessa richiesta al questore del permesso di
soggiorno entro il termine decadenziale di otto giorni dall’ingresso nello Stato comporta l’automaticità
dell’espulsione. Infatti, mentre nel caso della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno il termine
non è da considerarsi perentorio, perché l’autorità amministrativa ha già valutato i requisiti necessari al
rilascio, così non avviene nel caso di richiesta del permesso di soggiorno all’ingresso nello Stato.
20
   Così Corte cost., sent. n. 432/2005.
21
   Si tratta della sent. della Corte cost. n. 432/2005, su cui v. M. Cuniberti, L’illegittimità costituzionale
dell’esclusione dello straniero alle prestazioni sociali previste dalla legislazione regionale, in
www.forumcostituzionale.it; F. Girelli, Gli stranieri residenti in Lombardia totalmente invalidi per
cause civili hanno diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea nel
territorio regionale, in www.associazionedeicostituzionalisti.it. Di recente il giudice delle leggi ha
ribadito che l’art. 10, c. 1, Cost., nel richiamare implicitamente la norma di diritto internazionale
generalmente riconosciuta secondo cui i diritti fondamentali della persona devono essere garantiti a
prescindere dall’appartenenza a determinate entità politiche, vieta discriminazioni nei confronti degli
stranieri legittimamente soggiornanti nello Stato, per cui «non si possono discriminare gli stranieri,
stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della
persona, riconosciuti invece ai cittadini» (sent. 306/2008). V. anche le decisioni n. 224/2005, 261/2005,
432/2005.
22
    Sui rapporti tra Corte costituzionale e giudice amministrativo v. da ultimo N. Pignatelli, Le
“interazioni” tra processo amministrativo e processo costituzionale in via incidentale, Giappichelli,
Torino, 2008.

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RELAZIONE PROVVISORIA
     Lecce, “Gruppo di Pisa” 2009 – Diritto costituzionale e diritto amministrativo: un confronto giurisprudenziale

Consiglio di Stato23. Su numerose questioni, tuttavia, la Corte non è entrata nel merito
e si è limitata ad adottare mere decisioni processuali o sentenze di non fondatezza:
sono stati i casi, ad esempio, relativi all’esclusione dei cittadini extracomunitari
irregolari dal patrocinio a spese dello Stato24, o l’ipotesi di diniego automatico del
rinnovo del permesso di soggiorno per lo straniero condannato in seguito ad una
sentenza penale “patteggiata”25.
       Si è sviluppato un dialogo particolarmente interessante in tre casi, legati per
diversi profili al permesso di soggiorno e che meritano di essere discussi
singolarmente. Si tratta del mancato rinnovo del permesso di soggiorno nei casi di
straniero extracomunitario residente in Italia al compimento della maggiore età, di
sussistenza nei suoi confronti di una precedente condanna penale patteggiata e di
rifiuto di regolarizzazione del lavoratore a causa di una mera denuncia penale.
       Prima di esaminare i casi, però, è opportuno richiamare la giurisprudenza che, in
sintonia con la Corte costituzionale, ha chiarito quale sia la ratio della disciplina
legislativa sul soggiorno dello straniero extracomunitario in Italia.

      3.1. Il permesso di soggiorno e il principio del flusso regolato.
      Tra le diverse competenze giurisdizionali che il giudice amministrativo
conserva in materia di stranieri, immigrazione e cittadinanza, vi è quella relativa alla
cognizione delle questioni legate al mancato rilascio, rinnovo e conversione del
permesso di soggiorno. Si tratta, senza dubbio, del profilo che impegna più di tutti, dal
punto di vista quantitativo, l’attività dei Tar e del Consiglio di Stato, chiamati a
sindacare la legittimità di un provvedimento dal quale dipende, in effetti, l’ingresso o
la permanenza regolare in Italia dello straniero extracomunitario. Su tale
problematica, non a caso, sono state sollevate diverse questioni di legittimità che
saranno esaminate a breve. Tuttavia, per comprendere appieno su quali basi si fondi il
dialogo tra giudice delle leggi e giudice amministravo, va detto innanzi tutto che il
giudice amministrativo ha costantemente confermato la lettura della ratio della
normativa sull’immigrazione data dalla Consulta.
      Ed invero, dall’analisi della giurisprudenza amministrativa, si riscontra un
orientamento più che consolidato che rinviene nella normativa sull’ingresso e il
soggiorno degli stranieri extracomunitari una scelta ben determinata del legislatore.
Essa si pone in «una via intermedia tra l’apertura incondizionata al fenomeno
migratorio e la chiusura totale (…), secondo il principio del c.d. flusso regolato,
tendente ad ammettere l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nel limite di un numero
massimo accoglibile, onde assicurare loro un adeguato lavoro, mezzi idonei di
sostentamento, con un livello minimo di dignità e diritti, e tra questi, quelli alla casa
ed allo studio»26. Ne segue, aggiunge il Consiglio di Stato, che in presenza di ragioni
di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, l’espulsione degli stranieri irregolari sia
obbligatoria, pur dovendosi tenere conto delle particolari esigenze umanitarie che
consentono una deroga alle norme sull’ingresso. Detto questo, il giudice
amministrativo afferma, con ciò riprendendo la costante giurisprudenza
costituzionale, che «le ragioni della solidarietà umana postulano (…) un
bilanciamento dei valori in gioco (…), tra cui la difesa dei diritti umani, la tutela dei
23
   Si tratta delle ordinanze sulle quali la Corte si è pronunciata con la sent. n. 206/2006, in tema di
regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari.
24
   Si tratta delle ordd. n. 76/2006 e n. 317/2007.
25
   V. in particolare l’ord. n. 9/2005, la sent. n. 240/2006, la sent. n. 214/2006, l’ord. n. 431/2006, l’ord.
n. 143/2007 e la sent. n. 148/2008.
26
   V. da ultimo la dec. del Cons. Stato, sez. VI, n. 5173/2008.

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perseguitati e il diritto di asilo, ma anche il presidio delle frontiere (nazionali e
comunitarie), la tutela della sicurezza interna del Paese, la lotta alla criminalità, lo
stesso principio di legalità, per cui chi rispetta la legge non può trovarsi in una
situazione deteriore rispetto a chi la elude»27.
       Lungo questi binari si è sviluppata una giurisprudenza amministrativa che, pur
avendo in alcuni casi contestato, anche vigorosamente, scelte legislative di dubbia
costituzionalità, nel complesso si è limitata ad intervenire attraverso interpretazioni
volte a limare gli aspetti più spigolosi della normativa statale, mostrando una certa
attenzione per i profili garantistici.
       Si pensi, ad esempio, all’orientamento che, fondandosi sui principi di
uguaglianza e solidarietà, ha imposto di ritenere i termini per l’istanza di rinnovo del
permesso di soggiorno non perentori ed ha così escluso l’automaticità del diniego allo
spirare di quei termini28; o, ancora, a quella giurisprudenza che, in osservanza degli
artt. 24 e 97 Cost., ha dichiarato necessario rispettare gli obblighi di comunicazione e
motivazione imposti dalla l. n. 241/1990, con riferimento alla segnalazione di non
ammissione dello straniero in Italia e ai contenuti essenziali di tale comunicazione29;
così anche rispetto all’obbligo di una motivazione adeguata del diniego dell’istanza di
regolarizzazione del lavoratore extracomunitario30.

      3.2. Il mancato rinnovo del permesso di soggiorno al minore che compie la
maggiore età: evoluzioni giurisprudenziali.
      Una delle vicende più interessanti esaminate in questo lavoro è senz’altro quella
concernente l’interpretazione data nel corso degli anni dal giudice amministrativo alle
norme del Testo unico riguardanti la disciplina del soggiorno dei minori stranieri e le
problematiche connesse al raggiungimento della maggiore età. Le questioni sono sorte
con riferimento al compimento del diciottesimo anno d’età da parte del minore
trovantesi in particolari situazioni giuridiche non ricomprese espressamente nell’art.
32 del Testo unico che, da una interpretazione letterale della norma, avrebbero
impedito la conversione del permesso di soggiorno al minore residente divenuto
maggiorenne, con il conseguente obbligo di lasciare l’Italia.
      Vedremo infatti che, stante l’originaria lacunosità della legislazione sui minori
stranieri, alcuni Tar si sono mostrati sensibili all’esigenza di tutelare la posizione del
minore nel territorio dello Stato, con un’ottica senz’altro più garantista se confrontata
con l’interpretazione data alle norme sull’immigrazione previste per gli stranieri
adulti. Pur sempre nel rispetto della indicata ratio che permea la normativa in materia,
una parte della giurisprudenza ha cercato di leggere le norme del Testo unico in
maniera conforme soprattutto ai principi costituzionali di eguaglianza e di
ragionevolezza, al fine di estendere il rinnovo del permesso di soggiorno a categorie
di minori stranieri non espressamente previste, ma ragionevolmente includibili.
Inoltre, sono state sollevate diverse questioni di legittimità, alcune delle quali hanno
trovato riscontro, seppur con diversità di ragionamento, nelle decisioni della Corte
costituzionale che hanno confermato l’interpretazione più favorevole al minore.

27
   Ibidem.
28
   Ciò è detto espressamente dal Tar Piemonte, sez. II, sent. 405/2001, ma altresì da Tar Piemonte, sez.
II, nn. 736/2000 e 866/2000. V. anche, per la conferma di tale orientamento, ormai consolidato nella
giurisprudenza, pur non essendo fatto espresso richiamo ai principi costituzionali sopra richiamati, Tar
Lazio, Roma, sez. II, n. 12958/2007.
29
   Tar Veneto, sez. III, sent. n. 3700/2003.
30
   Tar Marche, sent. n. 957/2003; Tar Piemonte, sez. II, sent. n. 833/2004.

                                                                                                                      8
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     Lecce, “Gruppo di Pisa” 2009 – Diritto costituzionale e diritto amministrativo: un confronto giurisprudenziale

       Necessita premettere che, in un primo tempo, in assenza di una disposizione
legislativa che disciplinasse l’ottenimento del permesso di soggiorno da parte del
minore straniero in regime di affidamento di fatto o sottoposto a tutela, si era radicato
in capo all’amministrazione il convincimento che esso dovesse essere sempre negato,
e che quindi si dovesse equiparare il suddetto minore allo straniero richiedente per la
prima volta l’ingresso in Italia. Una soluzione, questa, avallata dallo stesso Ministero
degli Interni con due circolari, in base alle quali, una volta raggiunta dal minore la
maggiore età, egli sarebbe stato espulso secondo la disciplina generale31;
impostazione, questa, fatta propria anche da una parte della giurisprudenza32.
       Altri Tar, tuttavia, hanno contrastato l’orientamento dell’amministrazione ed
hanno ricercato soluzioni alternative e costituzionalmente orientate, senza sollevare la
questione di costituzionalità davanti al giudice delle leggi33. Così, ad esempio, il Tar
Piemonte, sez. II, sent. 2259/200134, nel non aderire alla prassi interpretativa
dell’amministrazione, ha rilevato che sia preferibile, nel caso dei minori affidati di
fatto poi divenuti maggiorenni, estendere ad essi in via analogica il disposto dell’art.
32 del d.lgs. n. 286/1998, che ricomprende espressamente tra i beneficiari del
permesso di soggiorno per motivi di lavoro, studio o salute, soltanto i minori affidati
in base alla legge. Una soluzione contraria, secondo il giudice amministrativo, sarebbe
stata lesiva del principio di eguaglianza sostanziale e delle norme di cui agli artt. 29 e
30 Cost.35.
       Si è poi giunti alla Corte costituzionale a seguito di un’ordinanza di rimessione
del Tar Emilia-Romagna, che non ha aderito all’orientamento estensivo dell’art. 32
del Testo unico proposto da alcuni Tar. Con la decisione n. 198/2003 la Corte ha
adottato una sentenza interpretativa di rigetto facendo così propria la lettura
costituzionalmente orientata della norma in esame36. Ciò che conta in questa decisione
è il principio che la Corte ha elaborato alla luce della ragionevolezza, ovvero la
necessità di riconoscere una eadem ratio negli istituti della tutela e dell’affidamento,
come si ricava dalla legislazione civilistica, col risultato di estendere le garanzie,
previste dall’art. 32 del Testo unico esclusivamente per il minore affidato, anche al
minore sottoposto a tutela.

31
   Si tratta delle circolari n. 300/C/2000 del 13 novembre 2000 e la n. 2/2001.
32
   Tar Lombardia, sez. I, sent. 3051/2002, che nega la possibilità di interpretare estensivamente l’art. 32
del TU 286/1998.
33
   Non possono essere approfonditi in questa sede gli interessanti orientamenti giurisprudenziali che,
sempre con riferimento al minore che compie la maggiore età, hanno affrontato questioni differenti, di
carattere procedimentale, sempre al fine di riconoscere nei loro confronti una maggiore tutela. Alcuni
Tar, ad esempio, hanno affermato che il decorso del tempo non giustifica il diniego del permesso di
soggiorno all’interessato che, in pendenza dell’esame della richiesta, ha raggiunto la maggiore età: se
l’amministrazione, al momento in cui provvede, ignora le circostanze di fatto sussistenti all’atto della
proposizione della domanda, non può per ciò solo far gravare sull’istante l’esito negativo che risulta
imputabile al solo protrarsi del procedimento (Tar Piemonte, sez. II, sent. 909/2001 e sent. 1531/2001).
34
   V. anche, in linea con questo orientamento giurisprudenziale Tar Toscana, sez. I, sent. 876/2001 e
sent. 880/2002 (quest’ultima pone enfasi sugli art. 3, 31 e 97 Cost.).
35
   V. su questo tema L. Miazzi, La Corte costituzionale rafforza i diritti dei minori stranieri: due
pronunce sul ricorso contro il provvedimento di rimpatrio del minore non accompagnato e sul
permesso di soggiorno ai minori sottoposti a tutela, in Dir. imm. citt., 2003, p 63 ss.
36
   Per un’analisi della sentenza della Corte v. L. Miazzi, La Corte costituzionale rafforza i diritti dei
minori stranieri: due pronunce sul ricorso contro il provvedimento di rimpatrio del minore non
accompagnato e sul permesso di soggiorno ai minori sottoposti a tutela, in Dir. imm. citt., n. 3, 2003,
p. 63 ss. Con l’ord. n. 234 del 2004 la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile
una questione analoga.

                                                                                                                      9
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     Lecce, “Gruppo di Pisa” 2009 – Diritto costituzionale e diritto amministrativo: un confronto giurisprudenziale

       La sent. n. 198/2003 rappresenta un esempio delle conseguenze che può
generare una decisione interpretativa di rigetto di tale complessità37. Infatti,
all’indomani della pronuncia, non può di certo affermarsi che vi sia stato, fin da
subito, un orientamento unitario nelle decisioni del giudice amministrativo. Si è
potuto invece assistere da una parte al graduale adeguarsi del giudice amministrativo
all’equiparazione tra tutela e affidamento38, e dall’altra parte al sorgere di nuovi casi
problematici particolarmente significativi.
       Tra questi ultimi, il primo riguarda la possibilità di estendere anche
all’affidamento di fatto la disciplina prevista dall’art. 32 del Testo unico, questione
sulla quale sono tuttora riscontrabili contrapposti orientamenti giurisprudenziali. Il
Tar Toscana39, ad esempio, ha colto nell’iter argomentativo della Corte il passaggio
nel quale si richiama la necessità di equiparare la posizione del minore legalmente
affidato alle fattispecie ispirate alla stessa ratio. Il Consiglio di Stato, tuttavia, con la
dec. n. 5084 del 2004, nel riformare tale sentenza, ha ritenuto che il principio
elaborato dalla Corte non sia estensibile oltre l’ipotesi del minore sottoposto a tutela40.
       Di recente, poi, deve essere segnalata l’elaborazione di posizioni più avanzate
da parte di alcuni giudici di merito che, richiamando ancora una volta la sent.
198/2003, hanno esteso anche agli affidati di fatto la disciplina di maggior favore
prevista dall’art. 32 del Testo unico41.
       Un secondo caso affrontato dalla giurisprudenza amministrativa concerne le
modifiche apportate all’art. 32 del Testo unico dalla l. n. 189/2002, che ha conferito il
permesso di soggiorno ai minori stranieri non accompagnati ammessi per un periodo
non inferiore a due anni ad un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un
ente pubblico o privato. Le complicazioni sono sorte nel momento in cui
l’amministrazione ha ritenuto tale condizione cumulativa rispetto ai presupposti già
previsti.
       Con un’ottica più garantista, invece, il giudice amministrativo non ha
assecondato tale interpretazione. Con la sent. n. 2234 del 2003, ad esempio, il Tar
Emilia-Romagna ha ripreso le motivazioni della sentenza della Corte per affermare
che al compimento della maggiore età il permesso di soggiorno per studio o lavoro
può essere rilasciato ai minori stranieri divenuti maggiorenni anche se la loro

37
    Sul problema e i limiti dell’interpretazione conforme a Costituzione, v. tra la vastissima
giurisprudenza le relazioni presentate al Convegno del Gruppo di Pisa svoltosi a Milano nel 2008; G.
Sorrenti, L’interpretazione conforme a Costituzione, Giuffrè, Milano, 2006; R. Romboli, Qualcosa di
nuovo… anzi d’antico: la contesa sull’interpretazione conforme della legge, in
www.associazionedeicostituzionalisti.it; A. Anzon, Il giudice a quo e la Corte costituzionale tra
dottrina dell’interpretazione conforme a Costituzione e dottrina del diritto vivente, in Giur. cost., n. 2,
1998, p. 1082 ss.; M. Ruotolo, L’interpretazione conforme a Costituzione nella più recente
giurisprudenza costituzionale. Una lettura alla luce di alcuni risalenti contributi apparsi nella rivista
«Giurisprudenza costituzionale», in A. Pace (a cura di), Corte costituzionale e processo costituzionale,
Giuffrè, Milano, 2006, p. 903 ss.; sui problemi legati alle decisioni interpretative della Corte
costituzionale v. E. Lamarque, Il seguito delle decisioni interpretative e additive di principio della
Corte costituzionale presso le autorità giurisdizionali (anni 2000-2005), in Riv. trim. dir. pubbl., n. 3,
2008, p. 699 ss.
38
   Ex multis Tar Lazio, sez. Iter, n. 4025/2007.
39
   Tar Toscana, sez. I, sent. n. 6005/2003.
40
   Così Cons. Stato, sez. VI, n. 7976/2006. Nello stesso senso v. Tar Lombardia, sez. I, n. 379/2004, e
Cons. Stato, sez. IV, n. 3571/2004, che non ritengono possibile il rilascio del permesso di soggiorno per
motivi di lavoro al minore in affidamento di fatto divenuto poi maggiorenne.
41
   Così Tar Lombardia, sez. III, nn. 1776/2008 e 1847/2008. V. su tale questione L. Miazzi, Minore
straniero in affidamento parentale di fatto e raggiungimento della maggiore età, in Dir. imm. citt.,
2005, p. 89 ss.

                                                                                                                  10
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situazione non è riconducibile alle nuove fattispecie previste dalla l. n. 189 del 2002.
Queste ultime, infatti, secondo il Tar sono condizioni alternative e non concorrenti,
come già affermato dal giudice delle leggi in un obiter dictum della sentenza n.
198/200342.
       Negli ultimi anni anche il Consiglio di Stato ha avallato tale lettura data dai Tar,
respingendo gli appelli delle amministrazioni o riformando le sentenze di quei Tar che
avevano sostenuto la concorrenza dei criteri previsti dall’art. 32 del Testo unico per
l’ottenimento del permesso di soggiorno43; non mancano però, ancora oggi, contrarie
decisioni portatrici della tesi della cumulatività dei criteri44.
       La vicenda qui analizzata mostra come una decisione interpretativa della Corte
costituzionale possa introdurre nella giurisprudenza gli stimoli necessari per ulteriori
processi evolutivi, nell’ottica di una responsabilizzazione dei giudici ai quali sono
rimesse, nell’attività interpretativa, nuove ponderazioni degli interessi in gioco. Dal
punto di vista del giudice delle leggi, dunque, il “dialogo” instauratosi sulla questione
dei minori parrebbe aver prodotto il risultato voluto. Ciò che, tuttavia, non deve essere
trascurato è il fatto che rimettere alle logiche descritte questioni così delicate può
ingenerare situazioni di insofferenza per le situazioni giuridiche soggettive sottostanti,
costrette a subire le oscillazioni, le incertezze e le contraddizioni che caratterizzano
inevitabilmente le evoluzioni giurisprudenziali45.

      3.3. Il mancato rinnovo del permesso di soggiorno a causa di una precedente
sentenza penale patteggiata: tra discrezionalità del legislatore e principio di stretta
legalità.
      La “sensibilità costituzionale” di alcuni Tar ha portato all’attenzione del giudice
delle leggi alcune disposizioni del Testo unico sull’immigrazione che individuano,
quale elemento ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno e quindi alla
permanenza in Italia, l’intervenuta condanna, anche a seguito di patteggiamento ex
art. 444 c.p.p., per determinati reati, senza prevedere un’apposita verifica in concreto
della pericolosità sociale dello straniero46.

42
    Secondo la Corte costituzionale, infatti, «sarebbe del tutto irragionevole una normativa che
consentisse il rilascio del permesso di soggiorno in situazioni quali quelle appena descritte (commi 1bis
e 1ter del citato art. 32) e non, invece, in favore del minore straniero sottoposto a tutela» (sent.
198/2003). V. anche Tar Emilia-Romagna, sez. I, n. 807/2004; Tar Toscana, sez. I, n. 2180/2005; Tar
Veneto, sez. III, n. 118/2006, che per giungere alle stesse conclusioni utilizza anche i lavori preparatori
della l. 189/2002; Trib. amm. Trentino-Alto Adige, sede di Trento, nn. 114 e 115 del 2006; Tar Veneto,
sez. III, n. 3905/2006; Tar Emilia-Romagna, sez. I, n. 73/2008; Tar Friuli Venezia Giulia, sez. I, n.
253/2008; Tar Veneto, sez. III, n. 533/2008.
43
   V. Cons. Stato, sez. IV, n. 1002/2004 e sez. VI, n. 1681/2005; Cons. Stato, sez. VI, n. 6525/2007.
44
   V. Cons. Stato, sez. VI, n. 3690/2007.
45
   G. Bascherini, Immigrazione e diritti fondamentali, cit., pp. 232-233, giustamente osserva che la
tendenza della Corte alla giurisdizionalizzazione di molte questioni concernenti la condizione giuridica
dello straniero risulta problematica e parziale. Problematica, in quanto «trasferisce ad un giudice,
confidando sulla sensibilità e sulla cultura costituzionale di quest’ultimo, ampi compiti di
interpretazione conforme a costituzione della normativa vigente, per di più in un campo che dà vita ad
una mole impressionante di ricorsi e dinanzi ad una normativa che ne ha scientemente ridotto all’osso i
margini di manovra»; parziale, in quanto «finisce per tutelare solo quegli happy few che incontrano
sulla loro strada giudici e/o difensori d’ufficio motivati e testardi, lasciando gli altri in balìa di un
meccanismo che, riducendo il giudice a rango di scomparsa, punta al maggior numero di espulsioni nel
minor tempo possibile …».
46
   Si tratta delle ordinanze di rimessione che hanno generato le seguenti decisioni della Corte cost.: ord.
n. 9/2005, sent. n. 240/2006, ord. n. 431/2006, ord. n. 143/2007, sent. n. 148/2008.

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       I giudici a quibus hanno sottolineato come la mancata verifica in concreto della
pericolosità sociale dello straniero rechi un vulnus al principio di ragionevolezza:
invero, a ben riflettere, la scelta operata dal legislatore può irragionevolmente
sacrificare la posizione di chi, ad esempio, risiede in Italia da un lungo periodo, e
comunque, non necessariamente lo straniero deve essere ritenuto pericoloso per il solo
fatto di essere stato condannato per taluni reati. Sarebbe stato più rispettoso del
principio di eguaglianza, viceversa, prevedere una disposizione analoga all’art. 15 del
Testo unico che, come noto, consente al giudice di ordinare l’espulsione dello
straniero condannato per certi tipi di reato, quale misura di sicurezza, ma solo previa
verifica della sua pericolosità sociale.
       Si pensi, ancora, all’art. 26bis del Testo unico che prevede la revoca del
permesso di soggiorno per lavoro autonomo (e la conseguente espulsione
amministrativa) per chi sia stato condannato per uno dei reati volti a tutelare il diritto
di autore. In questo caso sarebbe irragionevole, nel bilanciamento operato dal
legislatore, il sacrificio della posizione giuridica dello straniero, impossibilitato a
continuare il soggiorno in Italia, per il solo fatto, in ipotesi, di una condanna per reati
di lieve entità, rispetto alle condanne per reati più gravi, previste dalla legge negli altri
casi di automatismo espulsivo47.
       Le argomentazioni sopra riassunte sono state respinte – direttamente o
indirettamente48 – dalla Corte costituzionale con la sent. n. 140/2008, non prima di
aver dichiarato per tre volte inammissibili o manifestamente inammissibili questioni
analoghe49. Il giudice delle leggi, infatti, ha ribadito l’impostazione di fondo della sua
giurisprudenza, volta a lasciare un ampio spazio di discrezionalità al legislatore nei
limiti della non manifesta irragionevolezza. Da questo punto di vista, sostiene la
Corte, non è arbitrario ricollegare in via automatica la condanna per taluni reati di non
scarso rilievo al diniego del permesso di soggiorno, col fine precipuo della
«realizzazione dell’interesse pubblico alla sicurezza e tranquillità». Non è neppure
irragionevole fare riferimento a condanne penali intervenute a seguito di sentenza
penale patteggiata, posto che, al momento della scelta tra il patteggiamento e il
procedimento ordinario, lo straniero è consapevole delle conseguenze giuridiche
derivanti dall’uno o dall’altro rito. E, infine, non deve essere ritenuto incostituzionale
neppure il cosiddetto automatismo espulsivo, che non consente uno specifico giudizio
di pericolosità sociale, in quanto trattasi di un riflesso del principio di stretta legalità,
volto a tutelare gli stessi stranieri contro possibili arbitri posti in essere
dall’amministrazione.
       Le motivazioni della decisione citata hanno così spazzato via le posizioni più
“coraggiose” di alcuni Tar ed hanno inoltre consentito al Consiglio di Stato di
rafforzare le argomentazioni della Corte costituzionale. Secondo il Consiglio di Stato,
infatti, la previsione legislativa del sopra descritto automatismo si pone quale
bilanciamento «fra una “politica dell’accoglienza” (che privilegi il lato personale ed
umano, ovvero l’indubbia possibilità di recupero sociale di chi sia incorso in vicende
anche penalmente rilevanti) ed una “politica del rigore”, che punti ad inserire nel

47
   L’art. 4, c. 3, del d.lgs. n. 286/1998, infatti, in relazione alla revoca del permesso di soggiorno per
motivi di lavoro, fa riferimento a reati di una particolare gravità, come ad esempio il traffico e lo
spaccio di sostanze stupefacenti.
48
   Infatti, pur non avendo la Corte affrontato le questioni proposte dal Tar Puglia nell’ambito della sent.
n. 240/2006, ci pare che le argomentazioni contenute nella sent. n. 148/2008 possano applicarsi,
mutatis mutandis, anche al caso relativo alla condanna del lavoratore extracomunitario per reati relativi
alla tutela del diritto di autore.
49
   Si tratta dell’ord. n. 9/2005, della sent. n. 240/2006 e dell’ord. n. 431/2006.

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RELAZIONE PROVVISORIA
     Lecce, “Gruppo di Pisa” 2009 – Diritto costituzionale e diritto amministrativo: un confronto giurisprudenziale

tessuto sociale solo i numerosissimi lavoratori stranieri che offrano le migliori
garanzie di positivo apporto e migliore inserimento nella collettività, senza che l’una o
l’altra di tali scelte trovino ostacolo nella Carta costituzionale, non essendo imposta –
anche nell’ottica della legislazione restrittiva, attualmente vigente – alcuna
presunzione assoluta di pericolosità sociale del singolo, ma solo una esigenza di
condotta irreprensibile per l’ingresso e la permanenza dello straniero sul territorio
nazionale, peraltro non senza possibilità di valutare nuove circostanze sopravvenute
(…), che possano in via eccezionale giustificare anche singole condotte devianti»50.
       La giurisprudenza amministrativa, secondo un orientamento ormai consolidato,
ha così escluso l’esistenza di spazi di discrezionalità in capo all’autorità
amministrativa con riferimento alla valutazione della pericolosità sociale dello
straniero, la quale è presunta ex lege, con la conseguenza che l’istante può solo
opporsi alla condanna o contestarne la rilevanza, stante la vincolatività del
conseguente provvedimento di revoca del permesso di soggiorno, prodromico al
decreto di espulsione prefettizio51.
       Non privo di interesse è il problema che si è posto in giurisprudenza in relazione
alla possibilità di applicare il meccanismo automatico in esame, introdotto dalla l. n.
189/2002, anche nel caso in cui lo straniero extracomunitario sia stato condannato a
seguito di una sentenza patteggiata prima dell’entrata in vigore di tale legge. Nel
negare tale possibilità, estesa anche all’ipotesi in cui lo straniero abbia anche soltanto
richiesto l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., il giudice
amministrativo ha ritenuto di adottare un’interpretazione costituzionalmente orientata,
avallata da alcune decisioni processuali della Corte costituzionale52. Infatti, aderire
alla tesi dell’applicazione del meccanismo automatico alle condanne patteggiate
antecedenti avrebbe posto la disposizione in contrasto con la garanzia dei diritti di
difesa riconosciuti dagli artt. 24 e 27 Cost., restando vanificati dallo ius superveniens
gli effetti premiali del patteggiamento che avevano indotto l’imputato alla conclusione
anticipata del processo53.
50
   Cons. Stato, sez. VI, n. 415/2008.
51
   Ai fini della mancata regolarizzazione il fatto che lo straniero sia destinatario di un provvedimento di
espulsione dovuto ad una sentenza di patteggiamento non è in contrasto con gli artt. 3, 24, e 97 Cost., in
quanto si tratta di una materia che ben può essere oggetto di una forma di automatismo quale
espressione del principio di stretta legalità (così Tar Umbria, sent. n. 164/2004 e Tar Piemonte, sez. II,
sent. n. 1439/2004). Ad ulteriore conferma di tale orientamento, v. anche il Tar Trentino Alto Adige,
Trento, sent. n. 20/2008, secondo cui alla luce della sent. 414/2006 della Corte, è inammissibile la
questione di legittimità costituzionale sollevata in ordine all’art. 4, c. 3 e all’art. 5, c. 5 del TU n.
286/1998, come sostituito dall’art. 4, c. 1, lett. b) della l. 189/2002. La commissione di determinati reati
è infatti considerata dal legislatore quale indice oggettivo di pericolosità sociale, che fa scattare il
mancato rinnovo o rilascio o revoca del permesso di soggiorno, da considerare non quale sanzione
accessoria alla condanna o misura di sicurezza, ma un effetto di natura amministrativa. V. anche Cons.
Stato, sez. VI, n. 2866/2006; Tar Piemonte, sent. n. 4169/2006; Tar Toscana, n. 24/2007.
52
   Cfr. la sent. n. 414/2006 e l’ord. n. 143/2007. In particolare, per quest’ultima decisione, v. infra, par.
5.
53
   In questo senso v. tra le tante Cons. Stato, sez. VI, nn. 585/2005, 3146/2006, 2866/2006, 323/2006,
7974/2006, 4553/2008 e 2544/2009. L’ultima decisione cit. ribadisce che «la sentenza cosiddetta di
patteggiamento intervenuta ad applicare la pena detentiva per la commissione di reato rientrante, come
nel caso, tra quelli di cui agli artt. 380, cc. 1 e 2, c.p.p., è espressamente considerata, ai fini dell’art. 4,
c. 3, del d.lgs. n. 286/1998, quale modificato dalla l. n. 189/2002, automaticamente e vincolativamente
ostativa all’ingresso nel territorio nazionale e, in forza del rinvio operato dall’art. 5, c. 5, dello stesso
decreto legislativo, comporta la del pari vincolata revoca del permesso di soggiorno, senza che occorra
una specifica valutazione di pericolosità sociale del condannato (anche a seguito di “patteggiamento”),
essendo tale valutazione legittimamente operata in via diretta dal legislatore», dispiegandosi tale
conseguenza anche in caso di sentenza non definitiva, onde l’irrilevanza che la sentenza di condanna

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