L'EMPOWERMENT DEL POTENZIALE: lo sguardo che fa crescere persona e azienda

Pagina creata da Asia Quaranta
 
CONTINUA A LEGGERE
Manifesto per una formazione umanistica

                                Una nuova iniziativa della Casa della Cultura: un manifesto,
                                sottoscritto da 12 autorevoli studiosi, relativo alla formazione
                                degli adulti.

CONTRIBUTO DI ZUCCHI ELENA E PASINATO ALESSANDRA

                         L’EMPOWERMENT DEL POTENZIALE:
                    lo sguardo che fa crescere persona e azienda

        Il nostro approccio, l’empowerment del potenziale, si inserisce nel quadro di quella
parte della comunità scientifica moderna che da tempo si sta concentrando sulla crescita
possibile della persona, sul suo sviluppo, sulla messa a fuoco di strumenti e metodologie
volti alla creazione ed al mantenimento del benessere individuale e sociale. Le peculiarità
dei vari approcci (ad esempio psicologia positiva1, neuroscienze2, psicologia umanista3)
sono differenti, ma la concezione del fattore umano che ne emerge presenta diversi fili
rossi in comune.
        Nello specifico l’empowerment del potenziale è un approccio concettuale e
metodologico volto a favorire la crescita degli adulti, dal punto di vista del loro potenziale
ed empowerment, secondo una idea di persona e del suo sviluppo che vede l’individuo
capace di crescere attraverso salti di qualità.
        In tale direzione l’obiettivo è quello di innescare un percorso di apertura di nuove
possibilità, versus altre due condizioni spesso dicotomiche che sono la stabilità (che può
degenerare in staticità) e l’orientamento al cambiamento (che può degenerare in instabilità
e disequilibrio). L’assunto di fondo è che l’ innesco di un salto di qualità sia quasi sempre
possibile, anche dove tutto vada molto bene, nei fatti o nel percepito delle persone e delle
organizzazioni, o dove, viceversa, tutto o quasi sia critico e in situazione di crisi/stallo.
Aprire possibilità interne alla persona equivale ad aiutarla a crescere, scegliere e cioè
essere protagonista delle proprie possibilità, ovvero, in senso lato del suo “essere” e della
sua vita.
Questo il senso del nostro lavoro e la specificità del nostro operare, che si propone
l’obiettivo di favorire il salto di qualità, lo sviluppo e la crescita delle persone nelle
organizzazioni di lavoro.

        1
         Si vedano ad esempio Delle Fave A. (2007), a cura di, La condivisione del benessere, Franco Angeli, Milano;
Gheno S. (2010), La formazione generativa, Franco Angeli, Milano.
       2
         Siegel D. J.( 2009), Mindfulness e cervello, Raffaello Cortina editore, Milano.
       3
         Capelli F. (…) La formazione è umanista,
Questa anche la “vocazione professionale” che ci caratterizza e che perseguiamo,
attraverso il lavoro sul campo con e per le persone, nel tentativo di supportare ciascun
individuo, destinatario e protagonista dei nostri interventi, a esprimere sé stesso al meglio
del proprio possibile nei luoghi a cui appartiene, nella realtà che incontra, così da piacersi
di più, essere utile, apprezzato, incisivo, coraggioso, capace di interpretare la complessità,
contribuire a costruire il nuovo dentro e fuori di sé.
Il nostro approccio nasce dall’incontro tra l’approccio formativo del self empowerment
(Bruscaglioni, Gheno 20044) e gli strumenti classici della valutazione del potenziale (Levati
1993, Maggi Rotondi 2003)5 e vuole configurarsi non come una integrazione tra i due, ma
come la costruzione di un terzo tra i due, che utilizza alcuni contributi originali di entrambi,
aggiungendovi però elementi propri e distintivi, generati proprio dall’incontro tra i due
approcci.
La specificità di questo terzo “modo”, che, come abbiamo detto, abbiamo chiamato
empowerment del potenziale, è costituita, anzitutto, dallo sguardo che rivolgiamo alla
persona, all’azienda, alla committenza, a noi stessi nel nostro staff. Uno sguardo che si
basa sulle “griglie” del potenziale e del self empowerment, utilizzate contemporaneamente
in chiave valutativa e di sviluppo. La prima parte del processo formativo/consulenziale, pur
avvalendosi delle tecniche tipiche della valutazione del potenziale, ed a queste
aggiungendo una osservazione anche sul livello di empowerment personale e manageriale,
già si connota come parte dell’intervento di empowerment. Infatti, da un punto di vista
metodologico, gli strumenti utilizzati in questa fase sono strumenti comuni alla consulenza
in empowerment.
Uno sguardo, dunque, che già dentro a questo primo passaggio si concentra fortemente
sul salto di qualità, sull’aumento del livello di empowerment, sulla ottimizzazione delle
risorse personali e professionali, attraverso l’attivazione di un processo strutturato che
vuole incidere sulla costruzione di una nuova vision e di opportunità-possibilità delle
persone e/o del team; sulla modalità di aggiramento dei fattori di “blocco” storici e
soggettivi, ma anche culturali e professionali; sul reperimento di nuove risorse interne ed
esterne alla persona singola e/o al gruppo; sulla sperimentazione per l’apertura di nuova
possibilità.
Nelle pagine seguenti andremo a richiamare alcuni trasversali concettuali e metodologici
del nostro approccio:
1) Focus sulle metacapacità personali
Un primo trasversale è relativo al concentrarsi, sia in termini di osservazione che di
intervento, sulle meta capacità personali, piuttosto che su specifiche skill e comportamenti.
Ciò va nella direzione di provare a interpellare e “cogliere” la persona nella propria
“interità”, in quanto la partita dello sviluppo personale non si può, a nostro avviso, giocare
unicamente per una prescrizione organizzativa (anche se spesso questo è il punto di
partenza), o per le necessità di un ruolo, o ancora per assecondare le richieste altrui.
L’auto-sviluppo coinvolge tutto l’individuo proprio perché fare un salto di qualità significa
aggiungere un tassello significativo ed impattante, che riguarda la persona nel suo

          4
              Bruscaglioni M. - Gheno S. (2000), Il gusto del potere: empowerment di persone e azienda, Franco Angeli,
Milano.
          5
        Levati W. - Saraò M. (1993), Assessment Center. Analisi di un metodo di valutazione delle risorse umane,
Franco Angeli, Milano; Maggi Rotondi G (2003) Valutare il potenziale, Ipsoa. Milano.
insieme. Non si tratta di una semplice “rifinitura”, o dell’acquisizione di una skill specifica,
ma piuttosto del perseguire un vero e proprio salto di “paradigma”, nell’immagine e nella
crucialità identitaria di sé, che poi potrà tradursi, a valle, in comportamenti nuovi ed a
valore aggiunto, ma senza il lavoro più globale a monte rischia di risultare uno sterile
esercizio comportamentale. Le meta capacità sono da un lato valutabili, attraverso la
metodologia dell’osservazione del potenziale, e dall’altro anche implementabili, con il
lavoro dello sviluppo. Migliorare nelle metacapacità vuol dire, a nostro avviso, che la
persona nel suo complesso cresce, orientandosi al suo salto di qualità, spostando cioè la
sua “posizione”, riaprendo i giochi nel rapporto con sé e con il proprio contesto ed
immettendo energia extraordinaria nel tracciare nuove orme sulle quali muoversi. Nello
specifico le meta capacità a cui dedichiamo particolare attenzione, nel nostro operare,
sono: l’autenticità; il coraggio; la motivazione; l’autosviluppo; la generatività;
l’empowerment.

2) Interità della persona e sviluppo del potenziale
Una altra specificità dell’approccio empowerment del potenziale è costituita dal
considerare la persona “tutta intera” sul lavoro, come nella vita affettiva e privata e in altri
campi.
Per utilizzare al meglio tutte le proprie migliori risorse interne, depotenziando e aggirando
le aree di difficoltà ci si rivolge, dunque, proprio alla persona e non alle sue abilità e
comportamenti specifici. L’ipotesi è quindi che, per realizzare un salto di qualità
significativo, la persona debba mettersi in gioco “intera” e “autentica”, attingendo a tutte
le sue risorse e possibilità.
Più nello specifico si ritiene che ciascuna persona sia dotata di un suo specifico potenziale,
di cui una parte possiamo definire P0 (nel senso di potenziale assoluto, o di base):
qualcosa di simile, per analogia, al “DNA”, del quale fanno parte aspetti del quoziente
intellettivo, ma anche ciò che deriva dal fisico e dalla biologia, o dalle primissime
esperienze infantili, cioè i tratti strutturati e tendenzialmente stabili della persona. Tali
caratteristiche difficilmente possono essere mutate, come la letteratura di settore ha ben
evidenziato, tuttavia costituiscono un punto di partenza per la gestione e lo sviluppo di sé.
Infatti se la maggior parte delle caratteristiche iscritte nel P06 appaiono difficilmente
modificabili, esiste invece a nostro avviso la possibilità, di gestire il proprio P0 ed anche di
svilupparlo; il farlo, il riuscire ad orientare e a governare le proprie spinte di fondo, ci pare
caratteristica distintiva dell’essere umano.
Per fare questo talvolta è necessario “attingere fuori campo” rispetto alla area specifica su
cui ci si sta concentrando (ad esempio aumento della propria leadership sul lavoro). Il
potenziale infatti può considerarsi, a nostro avviso, secondo una duplice direzione: una
geografica, ossia nelle diverse aree della vita (ad esempio area lavorativa, area affettiva,
area sociale, sport, etc.); l’altra storica, ossia nei diversi momenti della storia di vita della
persona. In questo senso è possibile che nell’attività di sviluppo il consulente, per aiutare
la persona a ri-trovare nuove risorse interne e ad esplicitare tutto il proprio potenziale in
ambito professionale, debba orientare la persona-cliente a cercare tali risorse anche in
ambiti diversi da quello in questione, proprio perché magari, in tale ambito specifico, le

        6
          Pasinato A. - Zucchi E. (2008), Oltre il potenziale. L’approccio del self empowerment per la valutazione e lo
sviluppo della persona, Franco Angeli, Milano
risorse si sono “atrofizzate” e la persona si trova in “buca”, soffocata dai propri problemi
storici soggettivi (nell’esempio fatto potrebbe essere attingere dalla propria leadership
espressa in campo sportivo, nel caso di una persona che rivesta il ruolo di allenatore di
una squadra amatoriale – fuori campo geografico - oppure espressa in campo scolastico
nel passato, nel caso di un persona che alle scuole superiori abbia rivestito il ruolo di
rappresentante i classe - fuori campo storico -) .

3) La posizione del consulente
Per incidere, in termini consulenziali, sulla dimensione individuale (crescita del singolo
individuo), del suo team (sviluppo delle relazioni intragruppo ed inter-gruppo) ed anche
sul sistema globale (l’organizzazione nel suo insieme, nelle sue dinamiche interne e nel
rapporto con il mondo esterno, ad esempio con il proprio mercato di riferimento), ci pare
che rivesta un ruolo cruciale la “posizione” che il consulente riesce a mantenere rispetto al
proprio cliente, alla propria committenza, e ancor prima a sé stesso (cfr. Pasinato,Vagni,
20127).
La direzione ci pare quella di provare a connettere gli obiettivi e il tema specifico
dell’intervento formativo con la vocazione dell’umano ad apprendere e generare, con il
senso della crescita dell’uomo. Ciò significa che risulta fondamentale aiutare ciascuno ad
essere “presente”, connesso con tutte le proprie risorse (quelle più “professionali”, ma non
solo), come anche con tutte le proprie “fatiche”, i desideri, i successi e gli insuccessi. Si
riduce così la distanza tra il “qui-ed-ora” dell’aula e il “là-ed-allora” della “vita vera”.
L’esperienza di self-empowerment, sarà quindi vissuta come significativa ed impattante
per la persona nella sua interità, indipendentemente dall’area specifica di applicazione.
La connessione, di cui sopra, è tanto più credibile e possibile, quanto più incarnata e
testimoniata in prima persona anche da chi la propone, attraverso una preparazione
specifica che oltre a prendere in considerazione contenuto e processo, includa anche una
“posizione” di self-empowerment agita dal formatore stesso nel prima della preparazione e
nel durante dell’azione consulenziale. È cruciale quindi, dal nostro punto di vista,
prepararsi lungo tre assi: il contenuto (riguarda gli aspetti specifici dell’intervento), il
processo (riguarda quindi il contatto con i partecipanti, il desiderio e l’attenzione di
rivolgersi “proprio a loro”, o meglio ancora a ciascuno di essi, nella propria specificità, nel
contesto di riferimento, nella situazione storica) e la “posizione”. Quest’ultima interpella
profondamente il formatore in quanto lo pone di fronte ad uno specchio. Si tratta del
livello della “testimonianza”, laddove chi propone l’approccio del self empowerment si
pone l’obiettivo di incarnare in prima persona la “posizione” che richiede ai partecipanti:
presenza nella propria “interità”, contatto ed autenticità con sé, connessione con le proprie
risorse e allo stesso tempo con le proprie fatiche, apertura e disponibilità al nuovo,
capacità di utilizzare e integrare anche le proprie “zone grigie”. Ciò significa prima di tutto
provare a non “andare in automatico”, non erogare contenuti e processi, ma piuttosto
interrogarsi e lasciarsi interpellare, rendere il momento di consulenza significativo per sé.
Non si tratta di una testimonianza, ma piuttosto di una “connessione”, cioè di un contatto
con un “sé intero” e con la fatica che questo contatto richiede.

        7
          Pasinato A. - Vagni F. (in corso di pubblicazione), “Il patto d'aula empowerment oriented: lo sguardo che fa
crescere la persona”, in FOR, Rivista per la formazione.
4) Lo strumento del feedback empowerment oriented
        Uno strumento cruciale, per favorire lo sviluppo del potenziale, è costituito, a nostro
avviso, da una specifica modalità di restituire feedback, che si caratterizza in quanto a
oggetto ed obiettivo del feedback stesso, oltre che per la modalità comunicativa utilizzata.
        L’oggetto del feedback empowerment oriented è relativo soprattutto alle
metacapacità cruciali per la persona. Infatti si rivolge soprattutto alla persona “intera” e
quindi alle sue meta capacità: ciò, a nostro avviso, è indispensabile per attivare la spinta
motivazionale necessaria per una miglior attuazione dello sviluppo del potenziale della
persona in questione. Modificare i comportamenti, o meglio aprire nuove possibilità
rispetto agli stessi, è un compito/obiettivo che non può essere raggiunto (in termini anche
di tenuta nel tempo) se non ci si rivolge alla persona “intera”, se non si fa leva sulle sue
capacità/istanze interne quali energia, motivazione, identità, immagine di sé, vissuti
trasversali tra lavoro e non lavoro.
        L’obiettivo cruciale della restituzione di un feedback a una persona è, nella logica
dell’empowerment del potenziale, la mobilitazione della stessa e delle sue migliori risorse,
l’apertura di nuova possibilità, l’innesco del processo di self empowerment. Per molti altri
approcci la finalità del feedback è invece quella di aumentare la consapevolezza della
persona rispetto alle proprie caratteristiche.
        Per quanto riguarda il livello di comunicazione utilizzato ed atteso ci si avvale
dell’utilizzo di comunicazione incisiva come strumento propedeutico alla realizzazione di
una nuova comunicazione generativa. Tale processo porta la persona ad “esserci”,
creando la precondizione per l’innesco di salti di qualità veri e propri.

5) La logica della formazione/intervento intesa come intervento globale
Progettare e realizzare un’attività all’interno di un’organizzazione non può, a nostro avviso,
essere considerato un atto singolo o in qualche modo slegato dal senso, dal progetto e
dall’intento dell’organizzazione stessa, per quanto l’attività in questione possa essere di
volta in volta specifica o ridotta. La crescita di persone e organizzazioni sono,
evidentemente, interconnesse.
         Ci sembra perciò importante lavorare nella direzione di contribuire ed alimentare sia
l’empowerment degli individui coinvolti nella formazione, sia l’empowerment
dell’organizzazione stessa, agendo attraverso interventi consulenziali integrati nel sistema
complessivo. In modo da creare, a livello macro e micro, apprendimento e crescita in
termini di empowerment, favorire lo sviluppo di nuova cultura, creare nuovo benessere e
qualità del lavoro e dei rapporti (di ciascuno con sé e di ciascuno con gli altri).
La logica della formazione intervento implica, a nostro avviso, il concentrarsi in parallelo su
3 livelli:
1. innescare ed accrescere il salto di qualità individuale di ciascuna persona partecipante
     cui è rivolta l’attività consulenziale;
2. attivare e sostenere un salto di qualità all’interno di un team specifico (ad esempio una
     Divisione o un Gruppo, un Comitato di Direzione, una funzione aziendale) o di una
     popolazione aziendale (ad esempio la Dirigenza, il Middle Management, gli Alti
     Potenziali);
3. contribuire alle sfide organizzative ed alimentare un salto di qualità complessivo, che
consenta all’azienda o all’ente nel suo insieme di rispondere meglio alle richieste del
    mercato e/o alle trasformazioni interne.
       Tale orientamento all’intervento richiede a nostro avviso, e secondo la nostra
esperienza, la progettazione di percorsi, piuttosto che corsi, che includano anche colloqui
individuali di attivazione o follow-up e incontri plenari di “bilancio rilancio” delle attività,
confronto sugli auto-casi reali, attivazione di affiancamenti on the job.

I trasversali concettuali e metodologici che abbiamo brevemente richiamato e che
costituiscono gli ingredienti di fondo dell’empowerment del potenziale sono comuni a tutte
le diverse applicazioni professionali che mettiamo in campo nel nostro operare, ad
esempio negli assessment centre empowerment oriented, nei team building, nei laboratori
di autosviluppo e self leadership, nei laboratori sul feedback capo collaboratore, nel
counseling e nel coaching, la consulenza di processo.

_________________
Per la metodologia innovativa specifica utilizzata si veda Pasinato A. – Zucchi E. (2011). “Il salto di qualità tra capo e
collaboratore, generare valore parlandosi, in FOR, Rivista per la formazione, n 88.
Puoi anche leggere