L'adunanza dei creditori - il voto consapevole e informato

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       L’adunanza dei creditori – il voto consapevole e informato
                                 (strumenti e rimedi)

      La seconda parte dell’incontro è dedicata alla fase temporale compresa tra
l’adunanza dei creditori e l’esecuzione del concordato secondo i dettami del
decreto di omologa. Fase temporale amplissima nella quale l’attività del Legale
del Commissario può assumere le forme più varie: dall’assistenza in adunanza a
quella per la redazione del motivato parere ex art.180, II comma L.F., dalla
difesa tecnica nel giudizio di omologazione fino (più raramente) alla consulenza
quanto alle attività di sorveglianza dell’esecuzione del Concordato ex art.185
L.F.
      Ogni concordato ha le sue peculiarità e la maggior parte delle questioni
non ne trova di analoghe in altre procedure sì che sarebbe inutile e limitante
parlare qui delle esperienze specifiche (pressoché irripetibili) vissute
nell’assistere i Commissari in sede concordataria.
       Più ragionevole è soffermarsi su quelle questioni che hanno una portata
più generale e che si ripresentano spesso – o sempre – in tutte le procedure.
D’altro canto è proprio su queste che tutti noi ci attendiamo di veder crescere e
stabilizzarsi una “prassi” alla quale rifarsi nell’interesse di tutti gli attori che
calcano la scena del Concordato Preventivo (l’impresa debitrice, il Commissario
nell’interesse della massa dei creditori, i singoli creditori, oltre che il Tribunale, il
Giudice Delegato, gli ausiliari tecnici e legali) poiché più presto si giunge ad
una interpretazione ragionevole e univoca su taluni temi che il legislatore non
ha compiutamente identificato e prima si evita oneroso nonché inutile
contenzioso.
      Il breve tempo a disposizione e l’auspicio che a questo incontro possano
seguirne altri per analizzare in guisa sempre più diffusa l’argomento, costringe a
delle scelte e limito pertanto l’intervento – attingendo alla modesta esperienza
maturata - ad una sola questione, che tra le più attuali e rilevanti.

       Avuto riguardo al momento temporale che ci occupa (l’adunanza dei
creditori) l’espressione del voto da parte di un creditore consapevolmente
informato è senz’altro argomento di interesse comune a tutti. La consapevole
informazione è infatti uno degli scopi della relazione ex art.172 L.F. (che viene
illustrata all’adunanza e le cui eventuali lacune vengono lì colmate) e spesso si
traduce quale ultimo/unico baluardo contro comportamenti eccessivamente …
spigliati – ancorché formalmente corretti – del debitore.
     E’ infatti indispensabile che l’espressione del voto sia preceduta da

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“informazione piena e completa” ma va detto che non sempre i creditori (o,
meglio, non tutti i creditori) sono in grado di ricercare le informazioni
necessarie, di valutarle per quello che sono e di trarne le conseguenze utili alla
loro manifestazione di volontà.
     Tra queste ve n’è una sulla quale è utile soffermarsi; il pericolo di
“annegamento” del dissenso.
      Il Tribunale di Monza ha avuto modo di esprimersi anche in tempi
recentissimi prendendo le mosse da un principio che, per il vero, aveva difeso
fin dai primi provvedimenti successivi alla novella del 2005: la necessità di
evitare la commistione di interessi dei creditori disomogenei tra loro, che va di
pari passo con quella di porre attenzione a che i trattamenti dei creditori di una
stessa classe siano tra loro omogenei.
     Il Tribunale si era espresso in questi termini: “Il ceto creditorio è un
complesso insieme di interessi diversi, spesso in conflitto tra loro, la cui gestione
“in monte” finisce spesso col favorire il debitore personalmente rendendo più
difficile il raggiungimento dello scopo della procedura che è ristrutturare il debito
e soddisfare i creditori. Seppure il termine “soddisfazione” possa essere inteso
in molte accezioni, non necessariamente monetarie, è indubbio che debba
rispondere alla logica di appagamento di un interesse e perché ciò possa avvenire
è necessario che ai creditori sia consentito di formare liberamente il consenso
esprimendo, se del caso nel modo più completo e tutelato, il proprio dissenso
(anche attraverso l’opposizione che consenta però un riesame della convenienza
della proposta tramite il cram down).”
    A questi interessi diversi si pone rimedio con la formazione di classi
omogenee; a chi giovano ? chi le può disporre ?
      La discussione ha avuto molteplici sviluppi, taluni ritengono che la
suddivisione in classi sia solo una agevolazione concessa dal legislatore al
debitore al fine di facilitare l’approvazione del concordato mentre altri hanno
affermato che essa favorisca anche il voto consapevole dei creditori. Sono in
effetti vere entrambe le considerazioni a condizione che il debitore configuri
adeguatamente le diverse classi per composizione e per numero i creditori e
che gli appartenenti a ciascuna classe siano veramente tra di loro omogenei
anche per capacità di valutazione della proposta (che tra tutte è la condizione
meno realistica, alla quale deve il più delle volte porre rimedio il Commissario
e/o il Giudice).
      Certo è che il Legislatore dell’art.160 L.F. ha utilizzato il verbo “può” e non
il verbo “deve” così che, laddove la suddivisione in classi non soddisfa il
requisito di omogeneità, o il Giudice Delegato persuade con le buone l’impresa
a modificare il proprio piano oppure l’adunanza dei creditori si potrà trovar di

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fronte ad una sola classe o a classi disomogenee.
       Da qui la preoccupazione del Giudice Delegato a che sia data una
“informazione piena e completa” in sede di adunanza nonché, ove le circostanze
lo consentano, l’impegno del Tribunale ad entrare nel merito “forzando” il terzo
e il quarto comma dell’art.180 L.F.
       All’informazione piena e completa è il Commissario a provvedere,
illustrando nella sua relazione ex art.172 L.F. le eventuali distonie incontrate
nelle classi piuttosto che descrivendo gli eventi, anche successivi al deposito
della proposta (ad es. intervenute cessioni dei crediti), tali da compromettere
l’omogeneità degli interessi all’interno delle classi.
      Proprio al proposito delle sorti dei cessionari, in tempi recenti è accaduto
più volte che si verificasse questa situazione, cioè una evidente disomogeneità
di interessi tra soggetti che il debitore aveva posto nella medesima classe o che,
per essersi resi successivamente cessionari di crediti al fine di favorire il
concordato stesso, si erano sostituiti all’interno di classi che non li vedevano
partecipanti all’origine. E’ stato il caso del voto del cessionario postergato, che
è una fattispecie tutt’altro che rara e anzi sempre più spesso utilizzata nelle
strategie dei piani concordatari.
     Due casi, notevolmente simili, hanno avuto epiloghi differenti avanti il
nostro Tribunale la scorsa primavera e lo scorso giugno.
      La prima questione si era posta in un concordato giunto al voto dei
creditori all’inizio del 2010. In quel caso una Società appartenente allo stesso
Gruppo cui apparteneva l’impresa sottoposta a C.P. non solo aveva acquistato
parecchi crediti ma per consentire il raggiungimento degli obiettivi del
Concordato (un floor minimo di soddisfazione percentuale dei chirografi) si era
impegnata a “a postergare… per la parte di crediti di cui è divenuta e/o dovesse
divenire titolare a seguito di cessioni di credito e/o escussione di garanzie
rilasciate in favore dei creditori.”.
       Questa dichiarazione era sufficiente a ritenere che “il trattamento” e
“l’interesse economico” della cessionaria non fosse omogeneo a quello degli altri
creditori e pertanto – cosa che la debitrice non intendeva fare - era opportuno
collocare il credito postergato in una classe apposita. Opportunità propria di
una tesi assai equilibrata in Dottrina, quella di Mandrioli già condivisa dal
Tribunale di Bologna il 26 ottobre 2006, che propende perché sia creata una
classe specifica al fine di non dare origine a una massa passiva di comodo che
andrebbe ad inquinare il risultato del voto.
     Propensione, utilità, opportunità ma certo non un dovere per il debitore
bensì solo una sua facoltà.
     Il tema è stato tra gli argomenti di rilievo svolti da CASS lo scorso 9
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febbraio 2009 con sentenza n.2706 (e in tempi recentissimi, come vedremo, dal
Tribunale di Monza lo scorso giugno quanto alla posizione dei cd “postergati”)
ove la Corte propende per individuare la suddivisione in classi alla stregua di
una “libertà lasciata al debitore” ma afferma che se tale scelta viene operata
essa trova un limite nella necessità che detta suddivisione avvenga "secondo
posizioni giuridiche e interessi economici omogenei"; ciò per giungere ad
affermare che in tale concetto rientra la posizione dei crediti aventi medesime
caratteristiche in relazione alla categoria di appartenenza dei creditori.
      Altra Dottrina ritiene però che la sola preoccupazione di evitare la
commistione di interessi disomogenei non sia sufficiente ma – in una lettura
unitaria delle lettere c) e d) dell’art.160 L.F. – che alla formazione di classi
differenti debba corrispondere anche un trattamento differente e laddove ciò
non sia non sarà neppure necessaria la creazione di una classe apposita
(recentemente Galletti sull’argomento in Giur.Comm. 2010, 2, 343).
      Nel caso dei cessionari “postergati” l’applicazione di entrambe le teorie
porta al medesimo risultato poiché essi hanno interessi disomogenei rispetto ai
creditori “originali” e ricevono trattamenti differenti, a causa appunto della
postergazione.
      Poiché però alla creazione di una classe l’impresa non è obbligata e il
tribunale non la può costringere, o si trova una soluzione di non belligeranza
anteriore alla votazione (come è avvenuto nel Concordato sopra ricordato)
oppure si cercano soluzioni più di imperio in sede di omologa (come è avvenuto
nell’altro Concordato lo scorso giugno).
      Nel primo caso la debitrice ha accolto la “calda raccomandazione” del
Giudice e ha ottenuto che la cessionaria anziché postergare il proprio credito si
impegnasse “a non incassare i riparti di sua spettanza e a rinunciare agli stessi
fino al raggiungimento di un floor minimo del …% di soddisfazione dei creditori
chirografari”. Con ciò il trattamento della cessionaria è risultato pari a quello
degli altri appartenenti alla sua classe, anche se è proseguito a permanere un
suo interesse disomogeneo rispetto a quello degli altri chirografi, tenuto conto
che i secondi avevano quale fine ultimo il recupero della maggior percentuale
possibile del proprio credito mentre la prima aveva quale fine quello di favorire
– con il proprio voto favorevole – l’accoglimento della proposta concordataria
presentata da società appartenente al suo stesso Gruppo industriale.
      La circostanza è stata adeguatamente illustrata ai creditori, la proposta ha
raggiunto le maggioranze in tutte le tre classi formate e non vi sono state
opposizioni (salvo quella dell’agenzia delle Entrate, ma per motivi non attinenti
alla convenienza della proposta) così che la questione è finita lì.
       In buona sostanza non è stata raggiunta la omogeneità degli interessi
all’interno della classe ma neppure è stato possibile al Tribunale entrare nel
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merito per affrontare e risolvere la distonia.      Se per sanare il difetto di
disomogeneità la debitrice avesse formato un’altra classe avrebbe raggiunto la
maggioranza di tre su quattro, aprendo così la possibilità di opposizioni dei
dissenzienti di quest’ultima (che con tutta probabilità sarebbe stata comunque
risolta con giudizio di maggior convenienza del Concordato).
      Anche nel secondo caso il soggetto cessionario postergato non è stato
collocato in classe separata ma neppure ha in altro modo posto rimedio alla
disomogeneità di interessi e di trattamento che lo distingueva. Il Tribunale è
quindi ricorso alla “inertizzazione” cioè in sede di omologa ha considerato le
maggioranze in assenza dei voti espressi dal postergato.
      E’ stato possibile procedere in questo modo innanzitutto perché vi è stata
una opposizione, in assenza della quale il Tribunale avrebbe dovuto limitarsi alle
verifiche tutto sommato formali di cui al terzo comma dell’art.180 L.F.
sindacando eventuali manifestazioni di voto ammesse con riserva ex art.176
L.F. ma senz’altro senza potersi spingere ad affrontare la questione
dell’adeguatezza di classi (per numero e composizione) e men che meno quella
della loro assenza. (segnalo CASS 3327 del 12 febbraio 2010 in tema di
concordato fallimentare attesa l’identità di formulazione dell’art.129, IV comma
rispetto al 180, III comma L.F.).
      Nel provvedimento menzionato la inertizzazione si è risolta in una sorta di
“prova del nove” poiché al suo esito è risultato che comunque la proposta
concordataria aveva raggiunto le maggioranze di cui al 177 L.F. ma interessante
è capire quale sarebbe la soluzione in casi nei quali l’inertizzazione comporti il
venir meno della maggioranza dei consensi.
      Quale che sia la soluzione, ciò che importa è poter affermare non solo che
i creditori postergati ricevono un trattamento differente ma anche che sono
portatori di interessi differenti da quelli che accomunavano i loro danti causa
agli altri appartenenti alla stessa classe.
      Se è così viene allora da chiedersi se gli stessi principi ispiratori delle
decisioni ora ricordate (evitare la commistione di interessi disomogenei) non
debbano influenzare sempre l’analisi dei voti espressi da cessionari, ancorché
non postergati.
     Possiamo pensare che il Tribunale di Monza si comporterà quindi in tal
guisa a prescindere dal fatto che il cessionario si posterghi ?
     E quale strumento utilizzerà il Tribunale ove la inertizzazione lo porti a
vedere che la maggioranza dei consensi non è stata raggiunta ?

Monza, 24 settembre 2010                              Luigi Gino Rossi

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