KOTEKINO RIFF esercizi di rianimazione reloaded - RECENSIONI di ANDREA COSENTINO - ALDES

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RECENSIONI

        KOTEKINO RIFF
esercizi di rianimazione reloaded

           di ANDREA COSENTINO
PAC paneacquaculture                                                          (13 agosto 2020)

Kotekino Riff: tutti i sottotesti del nichilismo e del non-sense

d i M ATT E O B R I G H E N T I

Un porto è un porto: un abbraccio che non finisce. Anche se le onde sono montagne
alte centinaia di metri. Contano il viaggio, la scoperta, la fatica e l’accoglienza. Si
a r r i va , s i p a r t e , m a t u t t i s i a m o i b e n v e n u t i . S t e f a n o T è l o s a b e n e , h a c o n d o t t o i l M o b y
D i c k d e l Te a t r o d e i Ve n t i n e l l e p i a z z e d ’ E u r o p a , s o l c a n d o m a r i d i s t r a d e . Pe r q u e s t o ,
quando parla di Gombo la, usa un termine marinaro: approdo. Ossia, là dove la prua si
a c c o s t a a l l a p r o d a , a l l a r i va .
L a n a v e , p e r ò , a d e s s o n o n è s o l o i l Pe q u o d f i l m a t o d a l r e g i s t a R a f f a e l e M a n c o . È
l ’ e d i z i o n e s t r a o r d i n a r i a d i Tr a s p a r e n z e F e s t i va l 2 0 2 0 , l ’ V I I I , c h e h a m e s s o i n d i a l o g o l a
c i t t à d i M o d e n a c o n u n b o r g o m e d i e va l e d e l s u o A p p e n n i n o , u n a f r a z i o n e d e l C o m u n e d i
Po l i n a g o i m m e r s a n e l l a v a l l e d e l t o r r e n t e R o s s e n n a . N o n è u n a l t r o t e a t r o , è p r o p r i o u n
altro mondo. In cima a un’unica via di curve strette e ripide, la salita è ripagata da una
conquista grande e profonda come il panorama: la sensazione di essere qui da sempre e
che il Prato, la Piazza, la Ch iesa, non potessero che diventare palcoscen ico.

Eppure, non ci siamo mai stati prima del fine settimana 7-9 agosto e nessuno spazio è
davvero teatrale. Non uno che sia uno. Se ci sent iamo così accolti, è perché non si può
passare a Gombola per caso, non ci si può capitare. Bisogna scegliere di aprirsi
all’incontro per accedere a queste pietre arroccate sul sito di un castello risalente all’XI
secolo e raccolte intorno alla Chiesa di San Michele. Allora, il teatro non è tanto un
luogo di spettacolo, quanto di relazione, di comunità.
Il teatro siamo noi. Siamo noi che vediamo so ltanto attraverso gli altri, riflesse negli
occh i degli altri, le nostre debo lezze, le nostre imperfezion i, le nostre fragilità, e invece
c h e n a s c o n d e r l e , d e c i d i a m o d i va l o r i z z a r l e . Tr a s p a r e n z e , i n f a t t i , q u e s t ’ a n n o h a i n t e s o
Agire come oro tra le crepe. Il titolo, attraversato e dec ifrato in due ricch i momenti
a s s e m b l e a r i n e l l ’A s i n e r i a d i G o m b o l a c o n i l c o n s u l e n t e a r t i s t i c o G i u l i o S o n n o , r i m a n d a
alla pratica giapponese di riparazione degli oggetti chiamata kintsugi, letteralmente
riparare con l’oro.

La crepa è mancanza, distacco, qualcosa da cui non si torna più indietro. È il tempo che
passa inesorabile e sottrae, saccheggia la vita, alla stregua di un terremoto rallentato.
A G o m b o l a l ’ u l t i m o , d a l l a f r a n a n e l 1 5 6 9 , è l o s p o p o l a m e n t o . L’ o r o , d a l c a n t o s u o , è
b e l l e z z a i n q u a n t o p r o m e s s a d i s p e r a n z a . Re s t i t u i s c e l a l u c e a c i ò c h e n o n s a p e v a d i
poter risplendere ancora, pur avendo la durezza del metallo, alleggerisce e innalza alla
sacralità dell’essere unic i. Agire come oro tra le crepe significa dunque lavorare per
andare a riacciuffare il futuro scivolatoci dietro le spalle, nell’abisso de ll’impotenza, e
rimetterlo al suo posto di opportunità che il presente ci offre di continuo.
La conoscenza di sé nell’incontro e incanto con l’altro comincia con l’ascoltare chi ci ha
preceduto. È dal silenzio che nasce la parola, è accettando il vuoto che si costruisce il
p i e n o . Pe r c i ò , f o r s e n o n è u n c a s o c h e a l l ’ i n g r e s s o d e l p a e s e , c h e è a n c h e l ’ u s c i t a , c i s i a
i l c i m i t e r o . O g n i g i o r n o r i c o m i n c i a d a d o v e è f i n i t o , i n o s t r i p a s s i r i n n o va n o l e i m p r o n t e
degli antichi.

D i c o n s e g u e n z a , i l m i t o è l o s c r i g n o i n e s a u r i b i l e d i s t o r i e d i q u e s t o f e s t i va l . U n a
genealogia di uomini e di cieli che Vittorio Continelli con il suo Discorso sul Mito fa
viaggio e patria a cui tornare; un contrappunto di amori e furori, assalti e fughe che
s a l g o n o i n a l t o , c o m e l a Pe n t e s i l e a d i r e t t a d a T è , c o n F r a n c e s c a F i g i n i e A n t o n i o
Santangelo sui trampoli e la batteria live di Igino L. Caselgrandi, ma restano comunque
con i piedi per terra. Altrimenti, il racconto è un’astrazione che allontana, invece che un
impeto che affonda nella carne.
Si tratta di visoni ancestrali dell’equilibrio tra uomo e natura: una composizione
d i n a m i c a c h e c o n d u c e a l l a p e r c e z i o n e d i u n a r e c i p r o c a a p p a r t e n e n z a . Te s t i m o n e d i u n
s i m i l e a c c o r d o p i e n o e l a r g o , c h e s c a va l c a l e m o n t a g n e e a r r i va a n o i , è i l c o n c e r t o
p o l i f o n i c o d i O T h i a s o s Te a t r o N a t u r a C a n t i d e l V i v o . S e r e n a t e , l a m e n t i e a l t r i c a n t i
d e l l ’ a n i m a , d i e c o n C a m i l l a D e l l ’A g n o l a e Va l e n t i n a Tu r r i n i . L e l o r o v o c i , u n i t e a l s u o n o
della viola, della dulsetta e del tamburo, si fanno un inno alle nostre origini, alla
tradizione di antichi modi e polifonie a cappella destinate a cantare lo spazio naturale
della libertà.

Questa realtà costituisce una sfida, una domanda aperta per l’arte. A Gombola ogni
interprete sembra vivere il proprio ruolo in rapporto a un altro spettacolo cominciato
prima de l suo arrivo e che cont inuerà anche dopo, senza di lui. È come se fosse la frase
di un periodo interrotto mille vo lte e mille volte ripreso: la sua responsabilità è calare
la maschera pubblicamente e stare al gioco.
Andrea Cosentino con il suo Kotekino Riff – esercizi di rianimazione reloaded
addirittura lo rilancia, facendo volteggiare sulle nostre teste l’invenzione sfrenata di
numeri da una specie di circo della freddura. Accompagnato per l’occasione da
Caselgrandi, un tale gioco liere de lla battuta pronta, veloce e improvvisa come un
fulmine, riesce a scardinare convenzioni e cliché del teatro. Soprattutto, consegna
un’inaspettata umanità agli oggetti della nostra vita quotidiana e quindi alle piccole,
g r a n d i b a t t a g l i e c h e p o r t i a m o a va n t i p e r n o n r e s t a r e s o l a m e n t e a g u a r d a r e .

Pierluigi Candeli è uno di quelli che non ha mai smesso di combattere per ciò in cui
crede: Gombola. La sua visita guidata, piena di fatti e aneddoti, è al pari di sfogliare le
p a g i n e d i u n l i b r o d e l l a v o l o n t à d i c o n s e r va r e , t r a m a n d a r e , f a r v i v e r e u n i n t e r o
t e r r i t o r i o . È t ra i p r i m i c h e h a a c c o l t o S t e f a n o T è e i l Te a t r o d e i Ve n t i , e l i h a a v v i s a t i
subito: «Mi fa piacere che veniate e usiate il borgo, ma state attent i: non fate una
discoteca come hanno fatto altri».
Tr a s p a r e n z e 2 0 2 0 h a s m o s s o m a r i e m o n t i r e a l i z z a n d o q u a l c o s a d i i n i m m a g i n a b i l e
probabilmente anche a loro stessi: un paese teatrale delle meraviglie. Il compito, la
sfida da vincere, adesso, è non lasciare che sia unicamente una risposta emergenziale
a l l a c r i s i d a C o r o n a v i r u s , m a l ’ i n i z i o d i u n p r o g e t t o d i f e s t i va l s t a b i l e , i n e s t a t e o i n
autunno, magari a fianco della consueta edizione di primavera a Modena. Prima di noi,
sono i gombolesi come il signor Candeli a chiederlo: «Sono contento per loro e per il
paese. Se riescono a tenere movimento è chiaro che saltano fuori diverse occas ion i di
apertura, in contrasto a questo brutto periodo di “aria bassa”».

h t t p : / / w w w. p a n e a c q u a c u l t u r e . n e t / 2 0 2 0 / 0 8 / 1 3 / t r a s p a r e n z e - 2 0 2 0 - a - g o m b o l a - i l - f e s t i va l -
delle-meraviglie/
MOCU magazine                                                 (13 agosto 2020)

Kotekino Riff: tutti i sottotesti del nichilismo e del non-sense

d i Re d a z i o n e

S i a m o a G o m b o l a p e r i l s e c o n d o w e e k e n d d e l F e s t i va l Tr a s p a r e n z e e i n u n c e r t o s e n s o
sembra di tornare a casa: l’atmosfera creata dalle compagnie e dai cosiddetti
“spettatori-residenti” è calda ed accogliente. Ci si saluta e si chiacchiera come una
grande famiglia riunita dopo una lunga assenza, ci si interessa gli uni degli altri,
scambiandoci stati d’animo e resoconti della settimana appena trascorsa. Ciò che
colpisce l’attenzione maggiormente rispetto al primo fine settimana è l’età degli
“ s p e t t a t o r i - r e s i d e n t i ” : c i s o n o m o l t i r a g a z z i , u n b e l r i s u l t a t o p e r i l Te a t r o c h e ,
n o t o r i a m e n t e , f a f a t i c a a d a t t i r a r e i p i ù g i o va n i . M a c i s o n o a n c h e t a n t i “ v e t e r a n i ” :
i n f i s c h i a n d o s e n e d e l l a r i p i d a s a l i t a c h e c o n d u c e a l c e n t r o d e l b o r g o , a r r i va a n c h e u n a
s i g n o r a d i n o va n t a n o v e a n n i .

(...)

Kotekino Riff

“ Q u e s t o è u n o s p e t t a c o l o b r u t t o ”. C o n q u e s t a f r a s e , s i a p r e Ko t e k i n o R i f f d i A n d r e a
C o s e n t i n o , i n s c e n a d o m e n i c a 9 a g o s t o . L’ a t t o r e i n d o s s a u n a m a s c h e r a d a p u l c i n e l l a p e r
t u t e l a r e i l s u o “ a n o n i m a t o ” e m e t t e r e l e m a n i a va n t i , r a s s i c u r a n d o i l p u b b l i c o s u l l a s u a
morte: prima o poi, ovvio. Può essere che Cosentino muoia subito dopo lo spettacolo.
O p p u r e t ra u n a s e t t i m a n a . O f o r s e t r a a n n i . M a è c e r t o : l u i m o r i r à . Q u e s t a a p e r t u r a
provoca risate sincere da parte degli spettatori. A queste, saranno tant iss ime altre a
s e g u i r e . N e s s u n t e s t o , n e s s u n a t ra m a d a s e g u i r e . Po c h e , i m m e d i a t e e s e c c h e p a r o l e
compongono duetti e dialoghi tra pupazzi e oggetti, creando numerosi “quadri” di
nonsense, caricature e sketch irriverenti che demoliscono impalcature intellettuali e
deridono la reciprocità didascalica del teatro.

Cosentino destruttura la matrice rituale della scena, il teatro a cui siamo abituati e che
ci tutela e consola: scompone l’atto teatrale in frammenti incongruenti, sovrapponendoli
a ritmo sincopato, interrotto. Il risultato è la ridicolizzazione del rapporto tra sacro e
profano e una critica della relazione tra messinscena e spettatore, invitando lo
spettatore ad un tipo di fru izione ant iconformista. Cosent ino si muove sulla scena quasi
in modo complementare, rovesciando di continuo ruo li e confin i: mesco la l’equilibrio de l
dentro e del fuori, alto e basso. Certamente, questo tipo di lavo ro non conosce una
scala di grigi: o lo si ama o lo si odia.

“ I l t e a t r o d e v e p o r r e d o m a n d e e n o n o f f r i r e r i s p o s t e ”, d i c e C o s e n t i n o . E d e c c o l e , l e
d o m a n d e : a r r i va n o i n u n f i n a l e c h e m u t a i n a s p e t t a t a m e n t e r e g i s t r o . L a s c e n a s i f a b u i a
e l a v o c e m e t a l l i c a d i u n i n q u i e t a n t e a c c a t t o n e s p u t a a d d o s s o p a r o l e : “ L’ a r t e è
a c c a t t o n a g g i o ? L’ a c c a t t o n a g g i o è u n a f o r m a d ’ a r t e ? L’ a r t e è m o r t a ? L’ a r t e è v i va e n o i
siamo morti?”

(…)

h t t p s : / / w w w. m o c u . i t / e v e n t i e f e s t i va l / t e a t r o - a c c o g l i e n z a - r a c c o n t o - d e l - s e c o n d o - w e e k e n d -
t r a s p a r e n z e - f e s t i va l - 2 0 2 0 /
Le Nottole di Minerva                                                                 (9 gennaio 2020)
Recensioni

Kotekino Riff: tutti i sottotesti del nichilismo e del non-sense

d i C AT E R I N A R I D I

«Questo è uno spettacolo brutto». Andrea Cosentino entra in scena e mette subito le
m a n i a va n t i , a m m o n e n d o i p r o p r i s p e t t a t o r i , t r a v e s t i t o d a P u l c i n e l l a « p e r l ’ a n o n i m a t o » .
« Ko t e k i n o R i f f n o n p a r l a d i n i e n t e , è a m a l a p e n a u n o s p e t t a c o l o » , a g g i u n g e i n
u n ’ i n t e r v i s t a r e g i s t r a t a p e r K i l o w a t t Fe s t i v a l . E p p u r e , n e l s u o n o n p a r l a r e d i n i e n t e , c i ò
c h e va i n s c e n a n e l l ’A u d i t o r i u m d e l p a l a z z o d i S p i n T i m e è u n q u a l c o s a d i a s s o l u t a m e n t e
e l o q u e n t e . L’ a t t o r e p o r t a s u l p a l c o t e c n i c h e c o m i c h e c h e e g l i s t e s s o d e f i n i s c e
appartenenti a una clownerie nihilista: stringe fra le mani due oggetti senza vita o
storia e li vivifica in personaggi che interagiscono, attraverso modu lazion i vocali
parodist iche che si attaccano a drammaturgie serrate, brevissime. Alcune gag vengono
addirittura interrotte, mostrate al pubblico e subito negate, altre tornano durante lo
spettaco lo con sviluppi diversi. Ne l vort icare solo apparentemente caotico e alogico dei
divers i numeri, Cosentino appoggia i suoi tempi comic i sulla partitura mus icale del
compositore, clarinettista e po listrumentista Marco Colonna, i cui intervent i penetrano
in modo diegetico la struttura drammaturgica ed entrano in stretto dialogo con lo stesso
attore.

I n Ko t e k i n o R i f f, c e n ’ è p e r t u t t i . C o s e n t i n o s i t r a s f o r m a i n u n e s p e r t o d i c o m u n i c a z i o n e
e pubblicità, in un critico d’arte, in una casalinga che dice di non sapere niente della
vita e poi spiazza gli spettatori con un monologo denso di sottotesti accusatori che
hanno come destinatario la stessa platea, in un grande attore, uno di quelli che recita
Amleto a tre quarti, in un semiologo. Lo spettacolo si costru isce sui brevi interventi di
questi personaggi che si intrecc iano tra loro e si alternano, a volte interrompendosi:
l’escamotage principale di tutta la struttura scenica è lasciare allo spettatore la libertà
d i s c e g l i e r e s e s t a r e a l g i o c o p r o p o s t o d a l l ’ a t t o r e o m e n o . Pe r q u e s t o , l e r e a z i o n i
possibili sono solo due, senza vie di mezzo e nuance di grigi: o si ride o si sta zitti,
freddamente, chiedendos i a che co sa esatt amen t e si st ia assist en do. Fo rtu n at ament e,
sono più coloro che stanno al gioco che gli integralisti del “ma questa cosa che senso
h a ? ”.

«E vo i lo sapete che tipo di situazione culturale abbiamo qui stasera? Ah, non lo
sapete?». Cosentino provoca, crea aspettative nello spettatore e subito le tradisce, ci
gioca ass ieme, le manipola e le smembra. Ogni vo lta che sta per arrivare un messaggio,
una citazione còlta e cólta che faccia sentire gli spettatori intelligenti e appagati dalla
scelta di essere andati a teatro, aver optato per una serata culturale, subito tutto viene
annullato e destrutturato, l’attore volta pagina e tutto ricominc ia da capo. Eppure,
nessuno si sente mortificato da questo suo sbeffeggiarsi spudorato: forse lo si giustifica
perché, in fondo, è un attore sulla scena che recita una parte, perché quella non è la
realtà. O forse perché l’autoironia e il no-sense portano con sé una funzione catartica
importante: creano distanza, riescono a mostrare chi siamo con leggerezza e garantendo
u n ’ o s s e r va z i o n e d a l o n t a n o .

«Il teatro è bello quando è finito, come sull’aereo, per questo si applaude quando si
atterra. Ma stasera voglio lasciarvi con un messaggio, che un messaggio non si nega
mai a nessuno». Cosent ino, indossate di nuovo le vesti di Pulcine lla, chiude il primo
capito lo de l suo spettacolo e, ancora una vo lta, decide di disattendere tutte le
a s p e t t a t i v e , d e s t r u t t u r a n d o o g n i f o r m a l i n g u i s t i c a e s c e n i c a p o r t a t a a va n t i s i n o a q u e l
momento. Appare sulla scena il burattino di Antonin Artaud che, con una voce metallica
e stridente, si rivo lge direttamente al pubblico con una frase ricorrente: «mi dai dei
soldi?». Cambia il registro, l’ironia sparisce e si tramuta in un’accusa cupa, acida, senza
lusinghe. «Mi dai de i soldi perché il messaggio è complesso? Ti commuovo nonostante tu
sappia che sono finto, ti commuovo perché sembro vero? Hai dei sens i di colpa? La
cultura deve creare sens i di colpa? Senti qua: pane ai circens i. Ti piacciono le citazioni?
Q u e s t a l a r i c o n o s c i ? L’ h a i c a p i t a ? T i p i a c e p e n s a r e d i a v e r l a c a p i t a ? M i d a i d e i s o l d i
perché ti faccio sentire più intelligente degli altri? […] Ti piace que llo che stai vedendo?
Pe n s i c h e s i a c u l t u r a , p e n s i c h e s i a a c c a t t o n a g g i o ? C ’ è d i f f e r e n z a ? » .

h t t p s : / / w w w. l e n o t t o l e . c o m / 2 0 2 0 / 0 1 / 0 9 / k o t e k i n o - r i f f- t u t t i - i - s o t t o t e s t i - d e l - n i h i l i s m o - e -
del-no-sense/
La Platea                             (16 dicembre 2019)
Recensioni

Kotekino Riff: il gioco eversivo di Andrea Cosentino a Spin Off

d i C AT E R I N A M AT E R A

“Questo è uno spettaco lo brutto” è l’avvertimento anonimo del profilo fake che apre la
s c e n a d i k o t e k i n o R i f f. I l s a r d o n i c o A n d r e a C o s e n t i n o , c a m u f f a t o d a P u l c i n e l l a , r a s s i c u r a
gli spettatori con la promessa della sua stessa morte e la fine certa del suo brutto
spettaco lo. Sin da subito Cosentino provoca il suo pubblico che reagisce celere con
grasse risate. Saranno molte, senza tregua ma non ghigni di reciproca complicità, risate
aperte scatenate dal gioco disorientante e intenzionalmente demenziale. Nessun testo,
n e s s u n a t ra m a . Po c h e , i m m e d i a t e e s e c c h e p a r o l e c o m p o n g o n o d u e t t i e d i a l o g h i t r a
pupazzi e oggetti, alcuni eloquent i altri bizzarri; poi assoli, caricature derisorie, sketch
irriverenti che demoliscono impalcature intellettuali e deridono la reciprocità didascalica
de l teatro. Sebbene sia un tratto di stile l’assenza di testo, una drammaturgia de lla
scena è tangibile nel fitto dialogo tra le musiche dal vivo di Marco Colonna e la
gestualità clownesca di Andrea Cosentino.

E s a s p e r a n d o e s c h e r n e n d o l a c o m u n i c a z i o n e c o n t e m p o r a n e a Ko t e k i n o R i f f, g i à i l t i t o l o n o
sense ins inua l’intento, mette in discussione il valore e il funzionamento del teatro
borghese.

Quanto e come è mutata la fruizione in segu ito a logiche commerc iali e convenienze
sociali? Cosentino destruttura la matrice rituale della scena, scompone l’atto teatrale in
frammenti incongruenti, sovrapponendoli a ritmo sincopato. Se da un lato mette in
scena il suo manifesto sul teatro marginale, dall’altro – ridicolizzando la dialettica tra
sacro e profano e biasimando la relazione tra messinscena e spettatore – stimola un
tipo di fruizione anticonformista. Come un perfido e moderno burattinaio Cosentino
abita la scena quasi in modo complementare, rovesc ia ruoli e confini; mescola con
equilibrio dentro e fuo ri, a lto e basso. Fo rse, lascian do an dare qu el t an to di su perb ia
sufficiente a irrigidire qualche spettatore. È certo, non possono esservi mezze misure:
Ko t e k i n o R i f f s i a m a o s i o d i a . C o s e n t i n o s t i m o l a u n c o n f r o n t o p o p o l a r e , i m p o r t u n a l a
memoria esperienziale, vuole restituire al teatro la dimensione politica, sociale e
disturbante. I l teatro de ve porre domande e non offrire risposte… e le domande
giungono nel finale che muta drasticamente registro. La scena si fa tenebrosa e la voce
m e t a l l i c a d i u n i n q u i e t a n t e a c c a t t o n e g r a v a : L’ a r t e è a c c a t t o n a g g i o ? L’ a c c a t t o n a g g i o è
u n a f o r m a d ’ a r t e ? L’ a r t e è m o r t a ? L’ a r t e è v i v a e n o i s i a m o m o r t i ?

Co sa r imane del teatro? Almeno, il t it o lo ! iron izza An drea Co sen t in o nel preambo lo de llo
s p e t t a c o l o . S e n z a d u b b i o , Ko t e k i n o R i f f è i n d i m e n t i c a b i l e …

h t t p s : / / w w w. l a p l a t e a . i t / i n d e x . p h p / t e a t r o / r e c e n s i o n i / 5 2 7 3 - k o t e k i n o - r i f f- i l - g i o c o -
e v e r s i v o - d i - a n d r e a - c o s e n t i n o - a - s p i n - o f f. h t m l # d i s q u s _ t h r e a d
Dramma.it                              (9 dicembre 2019)

Diario Testimonianze ricerca azioni - 7

di MARIA DOLORES PESCE

To r n a n e l l ' u l t i m a g i o r n a t a d i u n F e s t i va l , q u e s t ' a n n o , p a r t i c o l a r m e n t e r i c c o e d
interessante, la drammaturgia di parola in forma peraltro assai eterodossa, una forma
cioè che sembra mettere in gioco la sua stessa identità, consapevolezza e coerenza
anche rispetto al suo stesso pubblico. La coerenza dicevo, soprattutto                                                              tra struttura
linguistica ed estetica ed un esito scenico che ne rispetti l'intenzionalità nella relazione
e nella comunicazione con il suo pubblico. D'altronde è lo stesso pubblico che questa
d r a m m a t u r g i a s e m b r a m e t t e r e i n d i s c u s s i o n e , n e l l a s u a i d e n t i t à s i n g o l a r e e c o l l e t t i va .
Può, tutto questo, sembrare estraneo ad un percorso molto concentrato sulla
drammaturgia del corpo, nella danza e nella performance fino ad addentrarsi nel corpo
s t e s s o , a r c a i c o , d e l m i t o e d e l t e a t r o , i n r e a l t à p u ò ra p p r e s e n t a r n e u n c o r o l l a r i o
s i g n i f i c a t i v o , c a p a c e d i s v e l a r e l a f o r z a c o m p l e s s i va e m a i e u t i c a d e l l a s c e n a r i s p e t t o a l l a
realtà, in particolare alla realtà contemporanea. Ne è

p r o va , a m i o a v v i s o , l ' i n a s p e t t a t a c o n t i n u i t à c h e l a s u c c e s s i va f e s t a m u s i c a l e a l l ' i n s e g n a
della taranta ha evidenziato rispetto a quella stessa drammaturgia.
D u n q u e , n e g l i s p a z i d i V i l l a D u r a z z o B o m b r i n i , l a d o m e n i c a 1 7 d e l F e s t i va l h a o s p i t a t o
questo spettacolo di cui diamo resoconto:

K OT E K I N O R I F F
A va n g u a r d i a , c o m m e d i a d e l l ' a r t e , a t t o r e n a r r a t o r e , p e r f o r m e r, è t u t t a u n a e s p l o s i o n e d i
segnali questa drammaturgia di Andrea Cosentino, segnali affastellati solo in apparenza
confusamente come gli oggetti raccolti un una scena magazzino, quasi che lo stesso
narratore/attore/performer fosse una sorta di imbucato che approfitta del palcoscenico,
forse per caso e comunque nella contingenza e occasionalità. Ma questi segnali attorno
a lui, nel continuo contrappunto con la musica in scena, si organizzano e
improvvisamente diventano teatro, un teatro in cui la finzione è tale e consape vole
perché strettamente legata al vero, e non può essere altrimenti. Un teatro, quello di
Cosentino, che soprattutto in questo spettacolo fa dell'improvvisazione una sintassi che
si costru isce man mano, mai per caso, consapevo le e coerente ad un rapporto
disve latorio, in fondo, con sé stesso e con il suo pubblico. Cos ì nella messa in scena si
trasfigura, tentando di ridiventare coscienza, lo sfuggire contemporaneo a sé e agli
altri. Si ride perché in Cosentino, il comico è lo strumento per guardare il tragico che
e s i s t e n z i a l m e n t e e m e t a f i s i c a m e n t e c i a c c o m p a g n a . Ta l v o l t a d e f i n i t o a g n o s t i c o i n r e a l t à
è un drammaturgo attentissimo al giudizio ed alla sincerità che ne accompagna la
rappresentazione, perché se ci vediamo attraverso il riso non è che siamo meno noi
stessi, anzi sono i frammenti del nostro mondo quotidiano, quello degli autobus e delle
t e l e v i s i o n i , d e i s o c i a l e d e l l e r e t i , c h e a s s u m o n o n u o va c o e r e n z a . P i ù c h e u n a
provocazione in termini consueti è dunque un invito a partecipare, a dis velare, è una
c h i a m a t a i n a i u t o o s e v o g l i a m o d i c o m p l i c i t à e r e c i p r o c a s a l va g u a r d i a , q u e l l a c h e s i
i n t r a v v e d e n e l l ' i m p r o v v i s o i n c u p i r s i e i n c u r va r s i d e l l ' a l t e r e g o r e c i t a n t e , d e l l a
m a r i o n e t t a q u a s i o f f e n s i va n e l l a s u a c r u d e z z a , a l l a f i n e d e l l o s p e t t a c o l o . U n o s p e t t a c o l o ,
fin dal pre-testo, inte lligente e graffiante, ant i-tradizionale ed insieme ricco d i
tradizione teatrale, que lla più vera e dimenticata. Scriveva Henry Bergson a proposito
del “Riso”: “Si può con certe disposizioni di ritmo, di rima e di assonanza cullare la
nostra immaginazione, riportarla sempre allo stesso punto in un dondolio regolare e
prepararla così a rice vere doc ilmente la vis ione suggerita. Asco ltate questi versi di
Re g n a r d e v e d e t e s e l ' i m m a g i n e f u g g e n t e d i u n b a m b o l o t t o n o n a t t r a v e r s e r à i l c a m p o
de lla vostra immaginazione:

...Plus , il doit a maints particuliers
la somme de dix mil, une livre une obole,
pour l'avoir sans re lache, un an sur sa paro le
habillè, voituré, chaufffé, chausseé, ganté,alimenté, rasé, desalteré, porté.
Una produzione Aldes, Akròama, di e con Andrea Cosentino. Musiche in scena di di
Michele Giunta. Supervisore dinamico Andrea Virgilio Franceschi, assistente Dina
Giuseppetti.

C o m e d e t t o l a g i o r n a t a e d i l Fe s t i v a l s i s o n o c h i u s i c o n l ' e s i b i z i o n e c o n c e r t o “ P i z z i c a
P i z z i c a ” d e l g r u p p o “A l l a B u a ”, e n s e m b l e d i m u s i c a p o p o l a r e d e l s u d t r a i p i ù r i c h i e s t i e d
a c c l a m a t i , m e r i t a t a m e n t e l o a b b i a m o v i s t o , d e l p a n o r a m a n a z i o n a l e . L' e s i b i z i o n e è
inevitabilmente diventata una festa del ritmo, quas i una partecipata danza vibratoria
c h e h a c o i n v o l t o t u t t i , a n c h e c h i l o n e g a va .
Si chiude così questo diario critico, alla fine del quale mi piace ricordare le parole di
Ro l a n d B a r t h e s :

“Eppure la vera critica de lle istituzioni e de i linguaggi non cons iste nel ,
m a n e l d i s t i n g u e r l i , s e p a r a r l i , s d o p p i a r l i . Pe r e s s e r e s o v v e r s i va , l a c r i t i c a n o n h a
biso gno d i giudicare, le basta par lare del lin gu agg io, in vece di serv irsen e. Ciò ch e o ggi
v i e n e r i m p r o v e r a t o a l l a n u o va c r i t i c a , n o n è t a n t o d i e s s e r e < < n u o va > > , m a d i e s s e r e
pienamente una , di distribuire i ruoli dell'autore e del commentatore e di
a t t e n t a r e c o s ì a l l ' o r d i n e d e i l i n g u a g g i ”.

h t t p : / / w w w. d r a m m a . i t / i n d e x . p h p ?
option=com_content&view=art icle&id=28954%3Adiario-test imon ianze-ricerca-azion i-7
La nouvelle vague                                             (18 novembre 2019)

Kotekino Riff: la destrutturazione del teatro di Cosentino al
Fucina Culturale Machiavelli
Andrea Cosentino torna per la terza volta a Fucina Culturale Machiavelli. Apre
questa nuova stagione con il suo Kotekino Riff, uno spettacolo sul teatro che
smonta il teatro.

di ANNA GARIUOLO

“Questo è uno spettacolo brutto”

Cosentino ti avverte subito. Il palco è cosparso in modo confuso da oggetti, gli unic i
veri punti di riferimento per lo spettatore sono un microfono e un contrabbasso.

Entra in scena con una maschera da Pu lcinella e nel monologo introduttivo te lo
preannuncia: questo è uno spettacolo brutto. Il pubblico in sala ride, ma forse e
soprattutto perché non è preparato a ciò che sta per avven ire. Andare a vedere uno
spettaco lo teatrale è un azione che si porta dietro inevitabili aspettative, direttamente
connesse a come ci rappresentiamo il teatro, a che cos’è per noi il teatro. La maggior
parte di noi si aspetta una storia, dei personaggi e un messaggio. E che sia comico o
t r a g i c o , c i a s p e t t i a m o s e m p r e q u a l c o s a d i s e r i o . Pe r c h é i l t e a t r o è u n l u o g o s e r i o ,
de ll’arte e de lla cultura, dove alla fine ci port iamo a casa qualcosa – o almeno la
sensazione di qualcosa – su cui ragionare.

Cosentino parte da questa consapevo lezza, dalle concezioni precostruite del pubblico
per smontarle, per riderci su e nel contempo decostruirle e analizzarle.

Non c’è storia e non ci sono personaggi, ma solo un attore sul palco che in modo
apparentemente caotico afferra oggetti di scena, improvvisa piccoli sketch, si butta in
monologhi di comiche machiette scollegati dal resto. Quello che ne risulta è una giostra
da mal di mare di comicità che è sì divertente, ma allo stesso tempo colpisce lo
spettatore come qualcosa di randomico, di disorganizzato, privo di forma che organizzi il
contenuto. In tre parole: privo di senso. È cabaret, ma lo è in un modo amorfo: uno
s p e t t a c o l o d i va r i e t à i n f i l a t o i n u n f r u l l a t o r e .

Il pubblico è disorientato. Divertito sicuramente, intrattenuto per tutto il tempo, ma in
d e f i n i t i va d i s o r i e n t a t o . È C o s e n t i n o l o s a . H a s o t t o l a s u a a l a d i a t t o r e e d r a m m a t u r g o
abbastanza esperienza da sapere come la messa in scena influenza lo stato d’animo
degli spettatori, come sondare l’umore del pubblico dal palco, come portarlo nel luogo
dove lu i desidera. Cosentino lo sa e pare quasi intrattenuto a sua volta dalla confusione
del pubblico, come se la parodia messa in atto non riguardasse solo il teatro come
mezzo espressivo ma il pubblico stesso e le sue idiosincras ie.

La verve dell’attore esaltato da se stesso e lo snobismo de l pubblico radical chic
diventano i principali bersagli della satira di Cosentino, in un gioco delle parti che
r i m p a l l a d i c o n t i n u o d a u n a p a r t e e l ’ a l t r a d e l p a l c o , c h i e d e n d o s i i n d e f i n i t i va l a
domanda più importante: che cosa ci facciamo qui?

“È importante che del teatro qualcosa rimanga”

Dopo un’ora e qualcosa cosa è rimasto. Nel suo essere meta teatro, lo spettacolo ci
c h i e d e i n p a r t e a n c h e q u e s t o . Pe r c h é f a c c i a m o t e a t r o , p e r c h é a n d i a m o a t e a t r o e a l l a
fina di tutto cosa ci rimane.

Se non resta pro pr io nulla che r iman ga almen o il t it o lo, sch erza Co sent in o. Ma è un
ridere caustico il suo, che fa trasparire al pubblico quel dubbio sotterraneo che muove
l’intero spettaco lo. Il dubbio pietrificante che questo sia un esercizio inutile , privo di
q u a l s i a s i v a l o r e . U n m o m e n t o v u o t o d o v e s i i n c o n t r a n o l a va n i t à d e l l ’ a r t i s t a , l a s u a
volontà di essere applaudito nella sua espressione autoreferenziale, e la superbia del
pubblico, il suo desiderio di potersi sentire intelligente.

 “Il teatro è bello quando è finito”

Cosentino risponde a tutte queste domande con altre domande. Lo spettacolo è finito, il
p u b b l i c o a p p l a u d e . Po i C o s e n t i n o c i r i p e n s a : m a n c a a n c o r a q u a l c o s a p r i m a d i p o t e r
chiudere il sipario, manca un messaggio. Fruga sul pavimento nel mucchio scomposto
degli oggetti di scena e quando si volta verso la platea ha la marionetta di un accattone
c o n s é . L e l u c i s i a b b a s s a n o , d a l m i c r o f o n o l a v o c e d e l p e r s o n a g g i o a r r i va m e t a l l i c a e
glaciale.

Nel buio atmosferico comincia il monologo dell’accattone. Cala un assoluto silenzio,
mentre la marionetta sciorina una dopo l’altra quei quesiti che fino a quel momento
sono vo lati sopra le teste del pubblico, tenuti leggeri leggeri nell’aria dalle risate.
A d e s s o p e r ò n o n s i r i d e p i ù . L’ a r t i s t a a c c a t t o n e t i c h i e d e s o l d i p e r l a s u a a r t e , l o f a i n
modo patet ico e in modo aggressivo. Ti ch iede cosa vuo i tu dall’arte per poterlo
ricompensare con quei soldi. Ti chiede cose l’arte. È diretto ed è efficace. Uno schiaffo
in faccia. È co lpisce ancora di più proprio perché preceduto da un’ora d i risate
a p p a r e n t e m e n t e g r a t i s , c h e s e m b r a va n o n o n c h i e d e r c i m a i d i p e n s a r e m a c h e c o l p i v a n o
solo alla pancia.

Alla fine l’ultima nota è amara. E Cosentino lascia che tu esca dal teatro con
quell’umore, che di quella serata ti sia rimasta quell’immagine.

h t t p s : / / w w w. l a n o u v e l l e v a g u e . i t / k o t e k i n o - r i f f- l a - d e s t r u t t u r a z i o n e - d e l - t e a t r o - d i -
cosentino-al-fucina-cu lturale-machiave lli/
Modulazioni Temporali                                                                    (14 novembre 2019)

Sovversivo Riff, come Don Chisciotte contro i mulini a vento
delle convenzioni al Teatro della Contraddizione di Milano

di A.B. - redazione

C’è un che di “donchisciottesco” (nel senso migliore possibile di un termine e di
un’opera che cont iene mille implicazion i) che accomuna il modo di vedere e fare teatro
de lle Co mpagnie protagon iste di quest e be lle serat e di do ppio spet t aco lo, e che
rappresenta perfettamente lo spirito che anima questa piccola ma significativissima
r e a l t à m i l a n e s e c o n o s c i u t a c o m e “ Te a t r o d e l l a C o n t r a d d i z i o n e ”.

L a c o n t r a d d i z i o n e è i n f a t t i i n s i t a n e l Te a t r o d i a va n g u a r d i a p o p o l a r e c h e q u e s t o t e a t r o
e d e n t r a m b i ( C o m p a g n i a G a r b u g g i n o – Ve n t r i g l i a e A n d r e a C o s e n t i n o ) s i o s t i n a n o p e r
f o r t u n a a p o r t a r e a va n t i , s u p e r a n d o m i l l e d i f f i c o l t à m a c o n a m m i r e v o l e c o e r e n z a e
c a p a r b i e t à . I l l o r o “ Te a t r o s e n z a m e t o d o ” ( c i t . A n d r e a C o s e n t i n o ) n o n s i f o c a l i z z a t a n t o
s u l l ’ o p e r a , a n z i l a e l i m i n a , m a s u l l a m o d a l i t à c o l l e t t i va d e l l a s u a v i s i o n e e
p a r t e c i p a z i o n e . Tr a t t a n d o s i d i u n d o p p i o s p e t t a c o l o , b i s o g n a c h i a r i r e c h e s i t r a t t a
appunto di due spettacoli divers i che si susseguono nella stessa Serata, e che il
pubblico può dec idere di vedere ins ieme o indipendentemente uno dall’altro.

N e l p r i m o , “ Tr e S t a n z e – I s o v v e r s i v i ” G a r b u g g i n o e Ve n t r i g l i a s i i n t e r r o g a n o s u l
c o n c e t t o d i s o v v e r s i v i t à c h e c o n t r a d d i s t i n g u e i l l o r o m o d o d i i n t e n d e r e i l Te a t r o . I
grandi personaggi di Shakespeare, o di Dostoevskij, o lo stesso Don Chisc iotte ci
parlano di noi, del nostro quotidiano, ci sve lano attraverso le loro es istenze le nostre. Il
loro è un viaggio on irico da cui veniamo risvegliat i bruscamente da muggiti an imaleschi
che ci riportano alla realtà.

I n “ Ko t e k i n o R i f f ”, A n d r e a C o s e n t i n o ( P r e m i o U b u s p e c i a l e , n d r ) e s a l t a l a s u a p e r v i c a c e
e sincera opera di destrutturazione dello spettacolo teatrale come oggetto estetico da
esporre alla vis ione dello spettatore, in favore di un tentativo di evento profondamente
legato a un “qui e ora” di gioco e partecipazione in cui l’attore non sente l’obbligo di
fingere di non fingere e il pubblico rifugge dalla necessità del giudizio, per lasciarsi
invece coinvo lgere ne ll’imprevedibilità interrotta di ciò che accade in scena. Mentre i
suoi sketch interrott i si susseguono, ci sentiamo sempre più sollevati e liberati dalla
n e c e s s i t à d i “ c a p i r e ”, i n t e r p r e t a r e , a s p e t t a r c i q u a l c o s a , e n e s i a m o f e l i c i . C o m e a c c a d e
c o n l ’ o p e r a d i C e r va n t e s , “ f a r e i l t i f o ” e s o s t e n e r e q u e s t i “ D o n C h i s c i o t t e ” n e l l a l o r o
l o t t a è i s t i n t i v o ; e i n q u e s t o c a s o , p e r c h i a m a i l Te a t r o , a n c h e n e c e s s a r i o .

G l i s p e t t a c o l i s o n o a n d a t i i n s c e n a a l Te a t r o d e l l a C o n t r a d d i z i o n e d i M i l a n o d a l 7 a l 1 0
novembre.

h t t p s : / / w w w. m o d u l a z i o n i t e m p o r a l i . i t / s o v v e r s i v o - r i f f- c o m e - d o n - c h i s c i o t t e - c o n t r o - i -
mu lin i-a-vento-delle-convenzioni-al-teatro-della-contraddizione-di-milano/
PERSINSALA                                          (24 settembre 2017)

Metti una sera d’autunno in camp agna

di MAILE' ORSI

I n Va l d i N i e v o l e , p r o t e t t a d a d u e p a e s i d a l n o m e c u r i o s o , u n ’ i n t r a p r e n d e n t e g i o v a n e
p r e s e n t a i l s u o Te a t r o t ra g l i u l i v i , c o n l a p r o va a p e r t a d i Ko t e k i n o R i f f d i A n d r e a
Cosentino.

O r g a n i z z a t o d a Te s s a G r a n a t o , i l s e c o n d o a p p u n t a m e n t o c o n u n t e a t r o a l d i f u o r i d e g l i
s p a z i d e p u t a t i f a s p e r a r e c h e l a f e l i c e i n i z i a t i va p o s s a c o n t i n u a r e a v i v e r e a n c h e i n
futuro. Questo almeno ci auguriamo, visto il successo che ha ottenuto. Un bel pubblico,
piuttosto numeroso nonostante la pioggia, una buona accoglienza, un’ottima cena.
M a v e n i a m o a l l o s p e t t a c o l o , o m e g l i o , a l l a p r o va a p e r t a d i Ko t e k i n o R i f f.
Come la talpa di quei giochi da luna park, quelli in cui si aspetta con la mazza pronta a
colpire l’animaletto che spunta dal buco, Cosentino lancia le sue battute al pubblico e
torna nella tana. Entra ed esce (metaforicamente) di scena, con la scusa di recuperare
g l i o g g e t t i d e g l i s ke t c h .
Ritmo serrato fra pause e assalti di non senso. Un equilibrio delicato di tempi,
un’alchimia molto riuscita col musicista Michele Giunta che, con il suo contrabbasso e la
sua strumentazione elettronica, crea il contrappunto musicale dal vivo e ins ieme
all’attore.
In questo panorama ritroviamo qualche filo rosso, come ad esempio alcuni interessanti
s p u n t i d i r i f l e s s i o n e p r e t t a m e n t e i n t e l l e t t u a l e , t ra i q u a l i q u e l l o s u l Ko t e k i n o . Pe r c h é i l
Ko t e k i n o … k o t e k i n o … k o o - t e e - k i i - n o … t i s i i n f i l a n e l l a m e n t e e d i v e n t a i l c a va l l o d i Tr o i a
p e r l a c o l o n i z z a z i o n e d e i p e n s i e r i . Pe r c h é , s i s a , u n a p a r o l a p u ò o r i e n t a r e i l p e n s i e r o , e d
è poss ibile far concentrare quaranta persone su un solo punto mentale: il kotekino. Si è
forse abituati a vedere chiaramente questo fenomeno in azione nella propaganda – ma
non in generale, non sempre, non con qualsiasi contesto, non in senso buono (ma un
senso buono del fenomeno esiste?).
Oltre a questo, vi troviamo domande su l senso della performance, sul senso del lavoro
d e l l ’ a t t o r e . Tr o v i a m o u n A m l e t o c h e , d a l l o s g u a r d o i n g o r g i e r a a g l i s c r e z i f r a s t r a c c i o e
camicia, e infine nelle reminiscenze del monologo conclusivo, torna a chiedere quale sia
mai lo statuto ontologico di chi sta in scena.
D o p o u n f i n a l e c o l b o t t o , a r r i va i n f a t t i l ’ e p i l o g o , u n l u n g o m o n o l o g o d i d o m a n d e s e r r a t e .
In cui una, in particolare, ritorna insistente, pietosa e fastidiosa insieme. La pone una
maschera metafisica di un teatro malato – o un’arte malata – che ha una pessima cera e
non ispira nessuna fiducia. Una sfilza di domande che mettono a nudo, insieme alla
maschera che le pone, il malessere di una società in cui l’artista non ha ruolo, ed è
ormai solo un postulante molesto, con quella punta di abiezione che emerge quando
l ’ u n i c a o s s e s s i o n e è r i u s c i r e a t r o va r e d u e s o l d i . I n c h e m o d o s i d i v e n t a m e n d i c a n t i ?
L a m a s c h e r a , f i g u r a t r a s c e n d e n t e c h e r i c o r d a i n q u a l c o s a i m a n i c h i n i c h e p o p o l a va n o l a
s c e n a d i Ka n t o r, c i m o s t r a c h e q u e l m e n d i c a r e è d i v e n t a t o u n a c o m p o n e n t e s t r u t t u r a l e ,
sostanziale, e che l’immagine ricorrente che oggi abbiamo del teatro è quella del
mendico.
S e d a u n l a t o n o n è u n f a t t o n u o v o t r o va r s i n e l l a n e c e s s i t à d i t r o va r e f i n a n z i a m e n t i
(dato che, in fondo, è sempre stato così), fra l’antico mecenate e la maschera che
presenta Cosentino c’è tutta la distanza che ci separa dalle epoche passate. È la
maschera del nostro – tutto contemporaneo – regno finanziario e della sua morale, che
disprezza chi non produce e riduce l’uomo a una sola dimensione. Da questo punto di
vista, quella maschera si pone come figura e condensazione – decisamente azzeccata e
p r e g n a n t e – d i u n n u o v o t ra t t a t o d i e c o n o m i a d i C o s e n t i n o , m e n o t e o r i c o m a a s s a i p i ù
acuto.

h t t p s : / / t e a t r o . p e r s i n s a l a . i t / k o t e k i n o - r i f f- 2 / 4 3 3 2 6 /
TEATRI ON LINE                                                     (20 luglio 2017)

La lotta al terrore/Kotekino riff/ My place: terza giornata del
Kilowatt Festival

di ERIKA DI BENNARDO

L a t e r z a g i o r n a t a d e l K i l o w a t t F e s t i va l s i a p r e c o n i l s o l d o u t d e l l a n u o va p r o d u z i o n e d i
C a p o Tr a v e , t e s t o d i L u c i a F r a n c h i e L u c a R i c c i . “ L a l o t t a a l t e r r o r e ” è l a
rappresentazione fittizia di uno stato d’emergenza vissuto all’interno della sala
consiliare di un comune di provincia: il vicesindaco, il segretario comunale e un
s e m p l i c e i m p i e g a t o s i t r o va n o a d o v e r a f f r o n t a r e u n i p o t e t i c o a t t e n t a t o a v e n t e l u o g o i n
u n s u p e r m e r c a t o d e l p a e s e . Po c h i s s i m i e l e m e n t i s c e n o g r a f i c i ( d u e p i a n t e f i n t e , u n t a v o l o
con delle sedie e un telefono), luci accese in platea e attori che recitano fra il pubblico:
elementi veros imili di una messa in scena non de l tutto convincente perché non
realizzata fino in fondo. Il climax sale lentamente fino ad arrivare al prevedibile epilogo
fra momenti static i e altri di sottile ironia velata dalle intolleranze e dalle differenze
s o c i a l i f r u t t o d i l u o g h i c o m u n i e p e r i c o l o s i m i s u n d e r s t a n d i n g . L’ a r g o m e n t o è p i ù
scottante che mai ma il modo in cui viene affrontato nello spettacolo non lascia
presagire nulla che non sia una superficiale fotografia del nostro tempo, restituita senza
alcuna evoluzione scenica che le dia un senso più profondo che innesch i una vera
riflessione.

Diametralmente opposto per genere, ambientazione e intento è lo spettacolo che segue:
A n d r e a C o s e n t i n o p r e s e n t a a l p u b b l i c o d e l K i l o w a t t u n m o n o l o g o d a l t i t o l o “ Ko t e k i n o
R i f f ”. E l a b o r a t o s u l l a s t r u t t u r a d e l p r e c e d e n t e “ E s e r c i z i d i r i a n i m a z i o n e ”, l o s p e t t a c o l o
costituisce una sorta di contenitore di camei e stereotipi sul teatro contemporaneo,
a v va l e n d o s i d e l l a p a r t e c i p a z i o n e m u s i c a l e i n s c e n a d i M i c h e l e G i u n t a . P r o v o c a t o r i o e a
tratti demenziale, Cosentino da vita a personaggi dichiaratamente “finti” che si
a u t o a n n u l l a n o a n c o r p r i m a d i c o m i n c i a r e a “ v i v e r e d i v i t a p r o p r i a ”, i n u n g i o c o n i c h i l i s t a
e leggero che strappa risate e applausi durante tutto lo spettacolo e che sul finale
regala un momento intenso (questa volta serio).

A c h i u d e r e l a t e r z a s e r a t a d e l f e s t i va l l o s p e t t a c o l o “ M y p l a c e ”, f i n a l i s t a d e l b a n d o I n -
Box 2017 portato in scena dalla compagnia Qui e Ora con la regia di Silvia Grimaudi. Il
pubblico entra in sala mentre le tre attrici sono già in scena in biancheria intima.
Incuranti degli sguardi degli spettatori, si mostrano loro con tutta la semplicità e la
naturalezza possibile, perfettamente consce del loro corpo, delle loro imperfezioni, ma
non per questo inibite da esse. Uno spaccato sulla corporeità lontana dagli standard
televisivi e mediatici, e proprio per questo autentica, come autentico è il trasporto con
c u i s i “ d o n a n o ” a l p u b b l i c o l e t r e p e r f o r m e r, b r i l l a n t i n e l p r o f e r i r e p a r o l a i n s i t u a z i o n i d i
t r a g i c o m i c i t à i n t e l l i g e n t e e m a i s c o n t a t a . F r a n c e s c a A l b a n e s e , S i l v i a B a l d i n i e L a u r a Va l l i
tengono desta l’attenzione del pubblico nonostante l’ora tarda aprendo discussioni
sull’un iverso femmin ile, capovolgendo leggende metropolitane e creando interessant i
parallelismi tra il corpo inteso come “place” appunto e la casa pensata come luogo di
pace, frutto di conqu iste a vo lte difficili ed economicamente insormontabili.

h t t p s : / / w w w. t e a t r i o n l i n e . c o m / 2 0 1 7 / 0 7 / l a - l o t t a - a l - t e r r o r e k o t e k i n o - r i f f m y- p l a c e - t e r z a -
g i o r n a t a - d e l - k i l o w a t t - f e s t i va l /
PERSINSALA                                           (18 luglio 2017)

Il Festival di Sansepolcro si accende con il debutto nazionale
di La lotta al terrore e chiude la serata con la comicità
surreale di Andrea Cosentino.

di SIMONA FRIGERIO

S o l d o u t p e r l a p r i m a a s s o l u t a d e l l a n u o va p r o d u z i o n e d i C a p o Tr a v e , c o n t e s t o d i L u c i a
Franchi e Luca Ricci ( che firma anche la regia).
Ci troviamo in un Comune italiano in stato di emergenza: un terrorista è entrato in un
supermercato e sta tenendo in ostaggio personale e clienti. La minaccia è che si faccia
esplodere, la richiesta di parlare con il sindaco. Le istituzioni però latitano, i tre
i m p i e g a t i c o m u n a l i ( d i c u i u n o è i l v i c e s i n d a c o ) s c i o r i n a n o l u o g h i c o m u n i t ra m o m e n t i d i
panico e tentativi di analisi. La situazione, credibilmente fotografata quasi come una
ripresa dal vivo, si fa via via più cupa. Il finale è tristemente prevedibile ma vi si
giunge tra tentativi di sdrammatizzare e accenti surreali.
Si sorride e si attende l’esito, si scopre che il nemico non è alle porte ma dentro casa,
c h e h a u n v o l t o e u n n o m e c h e c o n o s c i a m o b e n e , e r a g i o n i c h e c i s f u g g o n o t ra s c o p p i
demagogici e buonismi di ritorno.
L a r e a l t à , p u r t r o p p o , è b e n ra p p r e s e n t a t a i n q u e s t o r i t r a t t o d i t r e p e r s o n e n o r m a l i ,
comuni, che non riescono nemmeno a scalfire le profondità di una crisi ormai mondiale
che ci sta scoppiando in mano, come quella bomba, la cui miccia è stata accesa con la
p r i m a i n v a s i o n e d e l l ’ I r a q , m e n t r e i l n o s t r o Pa e s e d i m e n t i c a va l ’ a r t i c o l o 1 1 d e l l a
C o s t i t u z i o n e , c h e r e c i t a : “ L’ I t a l i a r i p u d i a l a g u e r r a c o m e s t r u m e n t o d i o f f e s a a l l a l i b e r t à
d e g l i a l t r i p o p o l i e c o m e m e z z o d i r i s o l u z i o n e d e l l e c o n t r o v e r s i e i n t e r n a z i o n a l i ”. D a
allora l’Europa è in guerra, anche se – visti i mezzi in campo – ce ne accorgiamo solo
quando scoppia una bomba o c’è un attentato suicida.
I n t e r e s s a n t e , q u i n d i , i l l a v o r o d i C a p o Tr a v e , m a p r o p r i o p e r l a s u a u r g e n z a , p e r l a s c e l t a
di un’ambientazione scarna e verisimile (due piante artific iali, alcuni neon, un tavolo
con de lle sedie) e di tenere le luci accese in sala (cos ì come di far muovere gli attori in
mezzo al pubblico), avrebbe avuto bisogno dell’interazione con gli spettatori. Spettatori
p r e s e n t i , m a g a r i , a u n a s e d u t a d e l C o n s i g l i o c o m u n a l e c h e s i s a r e b b e r o t r o va t i d a v v e r o ,
e in prima persona, a vive re una situazione d’emergenza che, purtroppo, potrebbe
ripetersi anche qui, a Sansepolcro, domani.

A s e g u i r e , l o s p i a z z a m e n t o a l l a A n d y Ka u f m a n i n s t i l e C o c h i e Re n a t o . O v v e r o : A n d r e a
C o s e n t i n o c o n i l s u o Ko t e k i n o R i f f. I l o n e m a n s h o w d i C o s e n t i n o , a i c o n f i n i c o n i l
surreale, è brillantemente supportato dalle musiche dal vivo di Miche le Giunta che
sottolinea, contrasta, duetta con l’anticomico, fino a trasformare il suo contrabbasso nel
vero antagonista di Cosentino. Certamente questa anteprima, all’in izio, spiazza, poi
apre a giochi di senso, diverte i bambini in prima fila, si inerpica sulle strade di quella
c o m i c i t à s t r a l u n a t a c h e c a n t a va : “ I o p a r t o , m a d o v e va d o s e p a r t o , s e m p r e a m m e s s o
c h e p a r t o ”, p e r c o n c l u d e r s i c o n u n a u t e n t i c o p e z z o d i b r a v u r a .

h t t p : / / t e a t r o . p e r s i n s a l a . i t / l a - l o t t a - a l - t e r r o r e k o t e k i n o - r i f f- k i l o w a t t - f e s t i va l / 4 1 0 6 4
ARTALKS.NET                                           (19 luglio 2017)

Debutto nazionale per il nuovo spettacolo di Luca Ricci e
presentazione dell’in progress di Andrea Cosentino nella
terza giornata di Kilowatt.

di LUCIANO UGGE'

A l l e 2 0 . 3 0 , a l Te a t r o d e l l a M i s e r i c o r d i a d i S a n s e p o l c r o , s i a s s i s t e a l l a p r i m a a s s o l u t a d i
La lotta al terrore – scritto a quattro mani da Lucia Franchi e Luca Ricci.
Un’intromissione nell’ordinario quotidiano del fenomeno terroristico, messo in scena
analizzandone gli effetti che produce, ad esempio, in una stanza di un qualsiasi
munic ipio italiano. Ciò che, in una condizione normale, sembrerebbe ragionevolmente
possibile viene meno, sconvolto e condizionato dall’incalzare degli avvenimenti. Present i
il vicesindaco, il segretario (donna) e un impiegato (mentre il sindaco è a sciare in
montagna), asserragliat i in una stanza spoglia – con un tavo lo, sei sedie, due piante e
un telefono (oggetto che, di vo lta in volta, si trasforma in strumento di speranza o di
terrore).
La vicenda si srotola in un’ora esatta con il vicesindaco che si dimentica di essere la più
alta figura in carica, e la burocrazia che, anche in questi tragici momenti, manifesta la
sua grottesca presenza. Il padre dell’attentatore è un conoscente dei presenti, una
p e r s o n a p e r b e n e – c o s ì c o m e i l f i g l i o c h e , p r i m a d ’ o r a , n o n a v e va m a i c r e a t o p r o b l e m i .
Mentre il pubblico, presente – dato che le luci rimangono accese in sala – è, comunque,
solo spettatore degli avven imenti. E oltre la quarta parete, che c’è e non c’è, una
scenografia scarna, forse troppo (anche perché mancano il gioco di luci, la musica,
qualsiasi elemento propriamente teatrale) – il che fa ricadere sulle spalle degli
attori/trice tutto il peso dello spettacolo.
L o s p e t t a c o l o s e m b r a a va l l a r e l ’ i d e a c h e s i a m o t u t t i b e r s a g l i , i m p o s s i b i l i t a t i a
difenderci. Ma emerge anche la paura comune a molti dell’altro da sé che, da un
momento all’altro, può trasformarsi in un terribile incubo. Un tema complesso che è, in
parte, sdrammatizzato dalla comicità di certi comportamenti e battute fino alla
pre vedibile, tragica conc lusione.

I n P i a z z a To r r e d i B e r t a , i n s e c o n d a s e r a t a , a r r i va l a r a r e f a t t a c o m i c i t à d i A n d r e a
C o s e n t i n o c o n u n o s t u d i o s u l s u o u l t i m o l a v o r o , Ko t e k i n o R i f f. B a t t u t e f u l m i n a n t i s i
alternano alla ricerca degli oggetti, sparsi sul palco, ai quali l’anticomico dà, per brevi
m o m e n t i , l a p a r o l a . I t e m i p i ù s va r i a t i s o n o a n a l i z z a t i i n m o d o s u r r e a l e . D e t t i p o p o l a r i ,
battute sospese a mezz’aria, rapporti interpersonali che passano attraverso la
va l o r i z z a z i o n e d e g l i o g g e t t i u t i l i z z a t i . I l t u t t o i n t e r va l l a t o – m a è u n a s e m p l i f i c a z i o n e –
dalle sonorità dal vivo de l musicista Michele Giunta.
I l ra p p o r t o t ra C o s e n t i n o e G i u n t a è d i c o m p l i c i t à : s i d e t t a n o i t e m p i a v i c e n d a , c o n l e
m u s i c h e c h e s i a d e g u a n o a l g i r o va g a r e , s u l p a l c o , d i C o s e n t i n o . Q u e l l o c h e s e m b r a u n o
spettacolo dettato dalla casualità – soprattutto durante la ricerca degli oggetti – è, al
contrario, frutto di un lungo lavoro che porta a un preciso coordinamento tra suono e
voce. Un intrecc io complesso tra basso elettrico, elettroniche che arricch iscono lo
spettacolo, luci sempre coordinate con i movimenti di Cosentino, e la duttilità
dell’interprete stesso.
La conclusione, drammat ica per certi vers i, parla di sopravvivenza, di ricerca cont inua
di denaro – come peraltro capita spesso a tutti noi – oltre a tutto ciò che l’attore
potrebbe o dovrebbe fare per raggiungere l’obiettivo del successo. Una comic ità che fa
pensare, che invita a cercare quello che non è subito evidente, e a misurarsi con levità
d i f r o n t e a i p r o b l e m i c h e l a v i t a c i p o n e d a va n t i .

http://www.artalks.net/kilo watt-fest ival-2017-domen ica-16-lug lio /
KLP             (5 luglio 2017)

Il quindicenne Kilowatt sfida il mare aperto

di MARCO MENINI

(…)
S o r p r e n d e i n p o s i t i v o “ Ko t e k i n o r i f f, e s e r c i z i d i r i a n i m a z i o n e r e l o a d e d ” d i A n d r e a
Cosentino; o meglio, Cosentino non sorprende, diciamo invece che conferma le doti che
da sempre ha, ma che talvo lta, nel percorso degli ultimi anni, sembrava avere un po’
trascurato.
Presenta un lavoro spiazzante e surreale, frammentato e dispers ivo, seppur compatto,
col protagonista circondato da oggetti di tutti i tipi, che sembrano dimenticati nel corso
di una serie di traslochi ed abbandonati alla rinfusa, senza un senso. Pupazzetti,
m a p p a m o n d i , p a l l o n i e p a l l o n c i n i , a r t i d i m a n i c h i n i , c a n o va c c i , p a r r u c c h e … e l ’ e l e n c o
potrebbe proseguire.
Con l’accompagnamento musicale del talentuoso Michele Giunta assistiamo a battute,
sketch,          scenette         senza        senso,         azioni       interrotte,            i n t e r va l l a t e  da      strampalate
c o n v e r s a z i o n e t ra p e r s o n a g g i s u r r e a l i . C h e p o i t a n t o s t r a m p a l a t e n o n s o n o , p e r c h i
abbia voglia di asco ltare.

Cosentino, un po’ comico dell’arte un po’ jazzista, come si definisce, riflette sul teatro
contemporaneo di ricerca, sul ruolo dell’attore, dello spettatore e sulla comunicazione
che si viene ad instaurare sul/dal/col palco. Crea aspettat ive e le nega, “fino a mettere
i n c r i s i i r u o l i d i a t t o r e e s p e t t a t o r e ”. E l o f a a t t r a v e r s o l a r i s a t a e l a r i f l e s s i o n e
contemporaneamente, spiazzando ed al momento stesso andando dritto al nocciolo della
questione, senza stancare e senza mai strizzare l’occhio al pubblico, fino a sorprendere
c o n u n f i n a l e i n a t t e s o e d a m a r i s s i m o . Po c h i m i n u t i c h e ra c c h i u d o n o u n a r i f l e s s i o n e
profonda, bruciante, che taglia come una lama arrugginita, talmente disturbante e
l o n t a n a ( s o l o i n a p p a r e n z a ) d a c i ò c h e a v e va m o v i s t o f i n o a q u e l m o m e n t o , c h e v e r r e b b e
l’istinto di alzarsi ed andarsene, perché picchia duro nel segno, colpendo con fendenti
precis i, con cons iderazioni sul concetto di verità e menzogna, realtà e finzione, assai
disturbanti. Specchio amaro di questa società (teatrale?).

http://www.klpteatro.it/kilowatt-15 -ann i-dan iele-bartolini-andrea-cosentino
ESTRATTI e RASSEGNA STAM PA DA
                                                                       “ES ERCIZI DI RIANIMAZIONE” (2013)
    S P E TTA C O L O D E L Q U A L E “ K O T E K I N O R I F F ” C O S T I T U I S C E U N A R I E D I Z I O N E E S V I L U P P O

Renata Savo – Scene contemporanee
“… uno spettacolo che fa dell’en igma, de ll’a-logico, una struttura compos itiva dentro la
quale diventano protagonisti gli oggetti rianimati da Andrea Cosentino; in que lli che
definisce degli “esercizi” della durata anche di pochi secondi, ma somigliano molto, per
fare un paragone assai contemporaneo, ai vines che spopolano il web, soprattutto certe
f o r t u n a t e c o m p i l a t i o n m o n t a t e d a g l i u t e n t i d i Yo u t u b e . “ E s e r c i z i ” i n q u a n t o s o n o d e g l i
“esperimenti” – riusciti – di comicità, frammenti responsabilmente incompiuti capaci di
a t t i va r e q u a l c o s a n e l c e r v e l l o c h e m u o v e a l r i s o s e n z a s a p e r e v e r a m e n t e p e r c h é :
attraverso l’immaginazione, i silenzi, la paro la che manca a completare una frase e
l’assenza di una cornice che sostenga il senso del poco che viene detto. Eppure,
appunto, si ride: sono forse, ancora, le espressioni clownesche, l’intelligenza con cui
Cosentino prende in giro gli intellettuali che si pavoneggiano facendo uso nelle loro
dissertazioni di una terminologia altisonante o il modo in cui esaltano l’estetica
postmoderna che celebra il prodotto artistico sulla base del concetto, non del
significato. Proprio i significati, la scienza che li studia, sono strumenti d’indagine
ribaltati in chiave ironica; con l’aggiunta di un naso da clown, per esempio, un cubo di
s p u g n a s i t r a s f o r m a i n u n p i c c o l o v i s o e s p r e s s i v o ; c o s ì , c o m e p e r m a g i a , d a va n t i a g l i
occhi dello spettatore un altro pezzo più piccolo assume automaticamente il significato
di “figlio”; e visto che siamo a teatro, non c’è niente di meglio che far recitare alla
madre e al figlio i personaggi della tragedia del figlio per antonomasia, Amleto. (…) I
va r i m o t i v i r i c o r r e n t i v i s i v i e s o n o r i , i r i c h i a m i p o t e n z i a l i f r a a l c u n e s c e n e , m a i
espressamente giustificati, fanno di questo lavoro una sorta di giallo irrisolto; non sai
s e p i ù v i c i n o a l l ’ e s t e t i c a d i D a v i d Ly n c h o a l p r o g r a m m a s a t i r i c o t e l e v i s i v o B l o b , o p p u r e
a nessuna delle due cose. Quello che resta, alla fine, è la piacevo le sensazione di aver
assistito a dei frammenti di intelligenza e umorismo sospesi in una dimensione dalla
s t r u t t u r a s e m p l i c i s s i m a e f o r t e m e n t e “ t e a t r a l e ”, c o e r e n t e c o n l ’ e s t e t i c a p r o n u n c i a t a
dalla scena, e in generale, espressione compiuta della vitalità del teatro di Andrea
Cosentino, che da sempre sul palcoscenico riproduce un mondo disintegrato in cui le
i d e e - c o s e s o n o s e m i n a t e p e r i n c a r n a r s i , m u t a r e f o r m a e p r o s p e t t i va n e l l e m a n i d i u n
a b i l e , d i s s a c r a n t e s h o w m a n .”

Graziano Graziani – Stati di eccezione
“Il montaggio viene smontato, decostruito. In «Esercizi di rianimazione» questo
processo viene rivo lto al teatro. I tentat ivi di “rianimazione” di Cosentino sono una sua
personale versione del teatro di figura. Una serie di oggetti, posti ai piedi del
p e r f o r m e r, v e n g o n o a f f e r r a t i e m o s s i p e r c h é s e m b r i n o v i v i , a n t r o p o m o r f i , m e n t r e a l
microfono Cosentino presta loro la voce, in una girando la surreale dove l’oggetto è solo
un abbozzo di personaggio e la storia solo un abbozzo di storia. Eppure si ride, perché
anche se in modo fulmineo Cosentino accenna ai meccanismi classici del racconto
(l’amore, la morte, l’arte) e li interrompe di colpo. Ma, pure se smontati, restano
riconoscibili ed è proprio la loro brusca interruzione a creare un effetto esilarante. Ma
forse il momento più esilarante e pungente sta nell’antefatto dello spettacolo, una
p e r f o r m a n c e c h e C o s e n t i n o p r o p o n e a n c h e d a s o l a c o l t i t o l o d i « Pa n e a i c i r c e n s i » , d o v e
un Artaud accattone chiede l’elemosina al pubblico, ponendo una serie di domande che
rovesciano in continuazione il senso de lla metafora più esplic ita (l’arte accattona e
sempre più miserabile che fa la questua de lle sovvenzion i pubbliche). Mi dai dei soldi?
Ti faccio pena? Mi dai dei soldi perché ti faccio pena? – e ancora, impietosamente – Non
vedi le mie mutilazioni? Ti fanno pena? E se ti dicess i che mi sono mutilato da solo per
avere dei soldi? Ti farei meno pena? Non dovre i fartene di più? – finché il ribaltamento
de lle pos izion i, la decostruzione delle retoriche, si rivolge persino contro chi le afferma
(il personaggio o l’artista?) – Chi sono io? Chi sta dicendo “io” quando io dico “io”? Mi
dai dei soldi perché il messaggio è complesso?”

Katia Ippaso - Gli altri
“Questo Artaud di stoffa è veramente una canaglia. E’ un uomo ferito che vuo le ferire. E
p e n s a r e c h e t u t t a q u e s t a g e n t e v o l e va , i n f o n d o , “ s o l o ” a n d a r e a t e a t r o . E g i à , i l t e a t r o .
Il mendicante Anton in Artaud se ne intende di teatro e allora, attraverso le parole di
Cosentino che Artaud lo legge ogni sera, pretende di parlarci proprio di teatro e di arte:
“ L’ a r t e è a c c a t t o n a g g i o ? L’ a c c a t t o n a g g i o è u n a f o r m a d ’ a r t e ? ” ( … ) Q u e s t o m e n d i c a n t e
con la faccia di Antonin Artaud ormai si è conficcato nella nostra carne, perché è da lì
che è venuto fuo ri. Sembra di veder lo, u n att imo dopo la su a perfo rmance e un at t imo
prima della performance del suo demiurgo, seduto accanto a noi (idealmente, ogni
spettatore ha una sedia libera accanto a sé, dove fa accomodare il suo doppio). Con noi,
segue l’affannoso e lieve tentat ivo di Andrea Cosentino di rich iamare in vita alcun i
o g g e t t i . Pe r c h é i s u o i , i l t i t o l o l o a n n u n c i a va , s o n o “ E s e r c i z i d i r i a n i m a z i o n e ”. Q u e g l i
stessi oggetti (le Barbie, le orecchie da asino) che negli spettacoli precedeenti erano
usati come chiave di demistificazione di un sistema occluso, in fetto, di un circu ito
massmediatico senza pori attraverso cui si era costretti a respirare, adesso giacciono
inerti e ammucchiati sul palcoscenico. Nel frattempo, se ne sono aggiunti di nuovi, una
spugnetta, un omino di legno. Cosentino li prende uno ad uno, cercando di restituirgli la
vita che hanno perso, ma ogn i volta la storia inventata si spegne sul nascere, e
l’oggetto ritorna nel suo cimitero, accanto agli altri. Il pupazzo è, naturalmente, il
correlat ivo oggetto della persona. Siamo noi que lli difficili da rianimare. La marionetta
d i A n t o n i n A r t a u d c e l ’ a v e va f a t t o i n t u i r e , c h e l a c o s a s i s a r e b b e m e s s a m a l e p r o p r i o p e r
n o i , e n o n t a n t o p e r l u i , c h e a q u e s t a m i s e r i a e r a a v v e z z o . Pe r c h é è q u e s t a l a s c e n a
primaria che ogni spettacolo dovrebbe, alla fine, mostrarci: la rivelazione di qualcosa
che ci riguarda, il risvegliarsi di un ricordo, un’agn izione tagliente che ci racconta il
nostro vero stato (stato morale, materiale, psico logico): il teatro, insomma, della nostra
vita. Ma perché ciò accada bisogna avere un’idea, fare azioni luminose e crude li come
quella di Cosentino. “La cosa più urgente non mi sembra difendere una cultura, la cui
e s i s t e n z a n o n h a m a i s a l v a t o n e s s u n o d a l l ’ a n s i a d i v i v e r e m e g l i o e a v e r e f a m e - s c r i v e va
Artaud - ma estrarre da ciò che chiamiamo cultura , delle idee la cui forza di vita sia
p a r i a q u e l l a d e l l a f a m e ”.”

Sergio Lo Gatto – KLP teatro
“ C h e s i e s c a d a l l a s a l a c o n u n s e n s o n o n a n c o r a c o m p i u t o , g l i o c c h i c h e a n c o r a va n n o i n
cerca del centro di una visione, è di per sé qualcosa di prezioso, un regalo che il flusso
di certo teatro di ricerca ci porta in dono. È una rarità di cui è difficile godere.
“ E s e r c i z i d i r i a n i m a z i o n e ”, l ' u l t i m o e s p e r i m e n t o d i A n d r e a C o s e n t i n o , è u n o s t r u m e n t o
nuovo. Un utens ile della cui necess ità non ti rendi conto finché non lo inventi. (…) In un
angolo del palco un mucchio di oggetti, tra cui compaiono quelli “classici” di Cosentino:
l a g a m b a d i l e g n o , l e c o r n a d a v i c h i n g o , l e b a r b i e m u t i l a t e , l e p a r r u c c h e . Ve n i va m o d a
“ P r i m i p a s s i s u l l a l u n a ”, c r e a z i o n e a p p l a u d i t i s s i m a f o n d a t a q u a s i i n t e r a m e n t e s u l l a
paro la, sull'affabulazione, che lasciava addirittura spazio al racconto autobiografico e si
r i f u g i a va n e l l a t r i n c e a s i c u r a d i q u e i s e g n i n o t i a u n p u b b l i c o c h e o r m a i s i r i c o n o s c e i n
faccia come abitatore delle stesse platee. “Esercizi di rianimazione” è praticamente uno
s p e t t a c o l o m u t o . L' a t t o r e / a u t o r e s e m b r a t o r n a r e a v i v e r e d e l l e p r o p r i e r a d i c i , q u e l l e d e l
clown. Stavolta non c'è canovacc io, non c'è log ica, non c'è senso ind ividuabile nel
susseguirs i di micro sketch in cu i i protagonisti sono sempre tre: Cosentino, un
microfono e un oggetto a scelta. Le scene sono troppo brevi per essere chiamate
“ s i t u a z i o n i ”, l e e n t r a t e d i q u e s t o c l o w n – c h e l e c o m m e n t a t u t t e c o n l a s t e s s a
espressione alla “ma che ne so, è una cret inata” – sono voli da trapezista senza alcuna
rete a proteggere da fratture forse mortali. Cosentino ha scelto la via più estrema,
quella che mette a rischio l'attenzione, quella di presentare dei tentativi slegati in cui la
presenza                 dell'attore          compie          prove       generali         di     annullamento.             Se         si    vo lesse
disperatamente trovare una costante in quella che pare essere una roulette russa di gag
s u l l ' i d i o z i a , s a r e b b e f o r s e i l m e c c a n i s m o d i a s p e t t a t i va n e g a t a . I l p i ù r a d i c a l e d i t u t t i ,
quello che mette in crisi il senso stesso di essere spettatori di qualcosa, sotto i colpi
vio lent i di una forza che distrugge ogn i certezza da teatro borghese o vezzo chic da
teatro sperimentale. (…) “Mi dai dei soldi perché cerco di provocart i? Ma come posso
p r o v o c a r t i s e v i e n i q u a c o n l ' i n t e n t o d i f a r t i p r o v o c a r e ? ”. N o n p u o i , i n f a t t i . D e v i
u c c i d e r m i e r i a n i m a r m i . E s a t t a m e n t e c o m e h a i f a t t o .”

Chiara Pirri – Teatro e critica
“In Esercizi di Rianimazione, Andrea Cosentino fa a pezzi il suo personaggio, quello di
Te l e m o m ò , d i P r i m i p a s s i s u l l a l u n a , l o c i t a e l o d i s t r u g g e i n f r a m m e n t i . U n l a t o d e l
palcoscenico è occupato dai suoi oggetti di sempre: la mano di legno, la bambola, la
gamba di plast ica, i peluche, e da innumerevo li nuovi oggetti. Andrea li prende, alla
rinfusa e senza la solita delicatezza, li anima, a volte accompagnato da accenni di
m u s i c h e t t e . C r e a i n c i p i t d i s t o r i e a p p e n a a c c e n n a t e , “ i n ” s e n z a “ c i p i t ”, n e a n c h e i l t e m p o
di stimolare l’immaginazione dello spettatore che già distrugge ogni possibilità di
narrazione con un gesto sghembo de l corpo. La performance, attraverso questo grado
zero de lla narrazione, sembra voglia esplic itare il vuoto che coglie l’art ista all’inizio di
ogni principio creat ivo, que l vuoto che precede e da cui nasce ogni idea. Quando e come
la materia del teatro, gli oggetti, il suono, diventano narrazione e sentimento? In cosa
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