Kosovo: sul treno della speranza
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Ogni viaggio nell’ex Jugoslavia obbliga a fare i conti con la memoria e il passato. Dice Ljubisa Djordjevic, serbo di 72 anni: “Ho lavorato per una vita alla all’ufficio postale di Pristina, finché è stato possibile lavorare Kosovo: sul treno della speranza IL VIAGGIO di Emiliano Bos, foto di Livio Senigalliesi con gli albanesi”. Che da sette anni occupano la sua casa di Obilic, vi- cino alla futura capitale del Kosovo. Così, mentre il treno aspetta sui bi- nari della stazioncina di Lesak…. okfritt” è scritto in svedese sulla del Kosovo. “Adesso vivo a Ulcinj, in “R carrozza blu di seconda classe e seconda mano. “Ambiente disin- tossicato dal fumo” recita il cartello delle Montenegro. Mi è stato detto che posso tor- nare qui ma che nessuno garantisce la mia sicurezza. Vedremo”, dice senza rancore ferrovie di Stoccolma che hanno donato al appoggiando con gesti lenti la mano sul vel- Kosovo i convogli. Questi scompartimenti luto del sedile. Ogni viaggio nell’ex- dai sedili un po’ lisi sono forse l’unico ango- Jugoslavia obbliga a fare i conti con la lo dei Balcani dove nessuno osa accendersi memoria e il passato. Anche quello recente l’immancabile senza filtro. Mentre il treno che qui sembra non passare mai. Mentre il attende sui binari della stazioncina di Lesak, Kosovo si dirige a rilento verso l’indipen- nell’antistante caffè-bar “Rim” (Roma) l’aria denza, il “treno della speranza” – che unisce è invece impregnata di fumo. Volute irrego- serbi e albanesi – sbuffa in direzione sud. Si lari formano un mosaico che solo il fischio lascia dietro il Monte Kopaonik e la città di del capostazione spazza via. Si parte. Accanto Kragujevac, sulla stessa direttrice ferroviaria a un finestrino siede Ljubisa Djordjeviç, un tempo non interrotta dai nuovi confini. serbo, 72 anni, profugo da sette, sul viso una Ljubisa e le sue rughe scompaiono per tre mappa di rughe più marcate degli attuali volte quando il convoglio s’infila in altret- confini dell’ex-Jugoslavia. Lesak è l’ultima tante gallerie. Nessuna luce fende il buio del non-frontiera di questa terra. Separa Serbia vagone “libero dal fumo”. La ferrovia e Kosovo. Una divisione amministrativa abbraccia il fiume Ibar, lo coccola in una gola ibernata nel congelatore della Storia dopo il stretta e lo respinge nell’ampia vallata suc- conflitto del 1999, mentre l’Onu da qualche cessiva. I binari giocano a rimpiattino col mese si affanna per dar forma all’indipen- serpentone d’acqua dai riflessi verdi, lo denza dell’ex-provincia serba a maggioranza sovrastano una, due, tre volte sui ponti rico- albanese. “Ho lavorato per una vita all’uffi- struiti nel dopoguerra. Quegli stessi ponti cio postale di Pristina”, scuote il capo che gli aerei della Nato avevano abbattuto Ljubisa, “finché è stato possibile abitare con durante l’ultimo conflitto del Secondo gli albanesi”. Che da sette anni occupano la Millennio contro il satrapo Miloseviç e la sua casa di Obiliç, vicino alla futura capitale sua longa manus militare in Kosovo. 92
Livio Senigalliesi Fermata miniera, tra i fantasmi degli della missione Onu (Unmik) che gestisce le altiforni privatizzazioni insieme al governo locale – Stazione di Zveçan, è già l’ultima fermata ha nominato un manager internazionale. La tra i serbi del Kosovo. La prossima, a Serbia rivendica la piena proprietà della Mitrovica, è già nella propaggine albanese struttura estrattiva. Nella quale, afferma della provincia. Oggi le due comunità vivo- Belgrado, sono stati investiti miliardi di no praticamente separate, ma non in passa- dinari negli anni Novanta. Bajrush to. Negli anni Ottanta migliaia di albanesi Xhemajili, del Partito democratico del lavoravano al complesso metallurgico di Kosovo (Pdk), d'opposizione, sostiene inve- Trepça. Che spunta all’improvviso dietro la ce che quei fondi finanziarono gruppi para- montagna con la sua ciminiera alta 305 militari di Miloseviç. metri, quasi come la Torre Eiffel. Degli “Questa era una centrifuga per la separa- oltre 23.000 dipendenti, un terzo erano zione del piombo delle batterie d’auto albanesi. “Altri tempi”, sospira malinconico usate”, indica il direttore tecnico. Usa l’im- Stevo Bosoviç, direttore tecnico dell’im- perfetto perché qui il futuro resta incerto. pianto, camice blu da operaio e mani enor- Nella penombra di un capannone una man- mi come due carrelli elevatori. In queste ciata di lavoratori saluta con cordialità. Loro fornaci d’acciaio venivano prodotte ogni malgrado, hanno ben poco da fare: qualche anno migliaia di tonnellate di zinco e piom- centinaio di persone per turno, in totale bo: “Le miniere sono a una trentina di chi- poche migliaia di dipendenti. Il resto delle lometri da qui”, spiega il dirigente. Furono maestranze d’un tempo è vittima dell’as- gli inglesi che nel 1927 ottennero le prime surdo limbo politico-istituzionale che mette concessioni e deviarono il corso del fiume in ginocchio l’intera economia del Kosovo. Ibar per costruire i reparti di questa citta- “Utilizziamo il 30% delle nostre potenziali- della mineraria. Ora il complesso di Trepça tà, in attesa di un investimento dalla è un monumento alla desolazione e all’in- Francia per riavviare a pieno regime la pro- capacità di Belgrado e Pristina di trovare un duzione di questo reparto”, aggiunge accordo per il suo rilancio. Il Dipartimento davanti a una montagna di scarti di silicio legale della Kosovo Trust Agency – l'ufficio l’altro responsabile, Radisa Jacoljeviç. I fasti 93
KOSOVO: SUL TRENO DELLA SPERANZA dell’era industriale sono cristallizzati nelle orizzontali e verticali. Sopra l’officina – a ombre metalliche degli altiforni spenti. Le suggellare un’epoca seppellita dalle guerre enormi bocche di fuoco che vomitavano fratricide degli anni Novanta nei Balcani – colate di piombo fuso sono gelide. In questo una stella rossa della Jugoslavia che fu. zoo dell’archeologia metallurgica hanno Piombo e zinco ora sopravvivono come fan- smesso di ruggire i cilindri rotanti delle tasmi solo nell’aria e nelle falde acquifere presse. Dalla “Old Rafinery”, la vecchia raf- della zona, infestate di veleni accumulati fineria in disuso, esce un’autostrada di tubi nei decenni. divorati dalla ruggine. Una squadra di ope- Occorre affrettarsi, il treno della speranza rai sta smontando un’enorme vasca circola- riparte. re usata fino a qualche settimana fa. “Conteneva 280 tonnellate di metallo liqui- Cesmin Lug, la vita a intermittenza dei do”, indica Bosoviç: dall’enorme ingranag- rom gio, il piombo fluiva in una ruota dentata Prima di entrare a Kosovska Mitrovica, degna di Tempi moderni di Chaplin. Come il convoglio sfiora le baracche del campo impasto per i biscotti, il piombo fuso era Rom di Cesmin Lug. Qui la vita s’inter- poi forgiato in piccoli stampi. I due direttori rompe puntuale alle 9.47 del mattino. Il ora mostrano orgogliosi l’ultima produzio- ne: cataste di lingotti con inciso il marchio “Trepça”. Alle loro spalle, le finestrelle della _Negli anni Ottanta migliaia di albanesi lavoravano al vecchia raffineria viste da lontano disegna- cmplesso metallurgico di Trepca, oggi ridotta a un monu- no un enorme cruciverba, dove i vetri rotti mento della desolazione. Nella pagina a fianco il diretto- sono quadrati neri tra lastre trasparenti re tecnico dell’impianto, Stevo Bosovic Livio Senigalliesi
IL VIAGGIO La comunità serba e muso metallico della locomotiva sbuca in perfetto orario da dietro la curva portandosi quella albanese vivono appresso i soliti due vagoni blu. Quel proiettile di ferro sparato sulla massicciata praticamente separate. accarezza le casupole di lamiera che non crollano solo per miracolo. Un prodigio che Non era così in passato si ripete quattro volte al giorno, due all’an- data e due al ritorno. “Ogni volta che passa quando, nel complesso il treno è un rischio per i nostri bambini”, si lamenta Latif Masurica, il leader di que- metallurgico di Trepca, sto piccolo alverare di baracche: 42 famiglie, 175 persone. Dimenticate tra Mitrovica degli oltre 23.000 Nord e Sud. Confinate da sette anni sul bordo di una ferrovia. Respinte prima dagli dipendenti, almeno un albanesi e ora dai serbi. “Siamo in una situazione disperata che tutti conoscono. terzo erano albanesi Aspettiamo da troppo tempo ma non accade nulla”, brontola Latif. Fino al 1999 queste famiglie vivevano insieme ad altri 8.000 rom nel quartiere Mahala, nella zona meri- dionale della città a maggioranza albanese. In quell’anno ci furono prima i paramilitari serbi, poi le bombe della Nato. Quindi la Livio Senigalliesi
KOSOVO: SUL TRENO DELLA SPERANZA vendetta dei kosovari-albanesi che accusa- di metri quadrati che di notte accolgono rono i rom di collaborazionismo col regime l’intera famiglia su materassi incastrati di Miloseviç e bruciarono le loro case. come tessere d’un puzzle. Ma non basta la “Oggi ne hanno ricostruite alcune decine, miseria. Qui i bambini si ammalano pure: a ma non bastano”, insiste il capo-villaggio. meno di un chilometro sorge l’impianto Un progetto di cooperazione internazionale minerario di Trepca. Per anni le ciminiere ha restituito per ora un’abitazione dignitosa hanno rigurgitato nell’aria i loro miasmi a 25 famiglie, circa 150 persone. Gli altri velenosi. “Persino l’acqua è contaminata. Rom di Mitrovica continuano a vivere pro- Gli esami del sangue dei nostri figli dimo- fughi in Serbia, Montenegro o semplice- strano che qui non si può vivere”, denuncia mente nel nord della città, dall’altra parte il capo-villaggio Latif. Nel 2004, analisi del fiume che la divide. Come nei campi di condotte dall’Organizzazione mondiale Îitkovac e Cablare, poco distanti da qui, che della sanità (Oms) hanno confermato che il ospitano anche comunità di askhali ed egizi. 40% dei prelievi conteneva elevati livelli di Passato il treno, il ritmo riprende normal- piombo nel sangue; gli esperti hanno rile- mente nell’accampamento di Cesmin Lug. vato la presenza del metallo non solo nel- Lungo la rete che separa i binari dalla fave- l’acqua, ma anche nell’aria e nel terreno. la, Seidju Fitje siede accovacciata accanto alla brace per cuocere il pane; intorno, un drappello di monelli scalzi. Ha 39 anni e 8 _Il “treno della speranza” costa poco, indipendentemen- figli. Gli ultimi due sono gemelli: Saim e te dal tragitto: 50 centesimi per gli albanesi, che pagano Siam, 4 mesi. Li mostra con orgoglio nel- in euro, e 35 dinari per i serbi, che ancora usano la vec- l’unica stanza della sua casetta, una dozzina chia valuta di Belgrado Livio Senigalliesi
IL VIAGGIO “Abbiamo incontrato funzionari dell’Onu, Ogni viaggio nell’ex dell’Alto commissariato per i rifugiati e di numerose organizzazioni internazionali. Jugoslavia obbliga a fare i Tutti spariti nel nulla e noi siamo ancora qui”. conti con la memoria e il I rom li incontri anche a bordo del treno insieme a serbi e albanesi. Shamira, 17 passato. Anche quello anni, due occhi scuri e un groviglio di ciuffi corvini, parla con il cronista straniero in recente, che qui sembra spagnolo. “L’ho imparato dalle telenovelas latino-americane alla tivù”, quasi si scher- non passare mai. E misce. In nessuna abitazione rom può man- care il Moloch catodico, che anzi fa sempre mentre il Kosovo si dirige bella mostra di sé. Per lo stesso motivo migliaia di albanesi all’inizio degli anni verso l’indipendenza, il Novanta arrivarono in Italia pensando di trovare la cuccagna raccontata da Raffaella “treno della speranza” Carrà, che regalava milioni alla televisione pubblica a chi azzeccava il numero di fagioli unisce serbi e albanesi in un vaso di vetro. “Abitiamo al campo rom di Plementina, ma in una vera casa”, puntualizza Shamira, quasi per allontanare il dubbio che lì si viva solo in baracche fati- Livio Senigalliesi
KOSOVO: SUL TRENO DELLA SPERANZA scenti. Plementina è il più grande agglome- rato rom del Kosovo, “dove però mancano acqua corrente e scuole”, interviene Shaa, la nonna della ragazza, i capelli raccolti in un foulard dalle tinte pastello. Prende il “treno della speranza” per Pristina “perché costa poco”. È vero: indipendentemente dal tragitto, il prezzo è 50 centesimi per gli albanesi, che pagano in euro. E 35 dinari per i serbi, che ancora usano la vecchia valuta di Belgrado. I freni della locomotiva stridono, nuvole di vapore come in un flim Western. Ecco Kosovska Mitrovica. Fermata Mitrovica, ultima frontiera del Kosovo “Finchè i prezzi resteranno così bassi, non riusciremo mai a risanare le nostre ferrovie senza l’aiuto internazionale”, impreca parlando in serbo Shanasi Beciri, albanese, capostazione di Mitrovica, dove il convoglio è appena arrivato. Berretto rosso in testa e paletta in mano, smista con cenni Livio Senigalliesi rapidi i viaggiatori. “Il costo del biglietto è una vera catastrofe”, bercia con un mezzo sorriso il capostazione, nato a Belgrado, oltre vent’anni di servizio sui binari. Qui di solito i passeggeri prendono direzioni opposte: sul treno diretto a sud, come ora, salgono albanesi. In senso contrario, verso Nella storiografia balcanica degli ultimi il nord del Kosovo a maggioranza serba, anni questà città è tratteggiata come l’epi- questi scendono e di norma salgono “gli centro dell’odio. Mitrovica Nord, propag- altri”. Anche il personale di bordo albane- gine di Belgrado: banconote in dinari e se segue la stessa regola non scritta: si giornali in cirillico. Mitrovica Sud, perife- ferma qui a Mitrovica e non prosegue. ria di Tirana: si paga in euro e si legge in Come Bezmet Islami, un controllore albanese. Ma poi ci s’incontra alla rosticce- dinoccolato originario della Valle della ria “Palma”, nella zona serba, seduti fianco Drenica, nel Kosovo centrale, teatro di vio- a fianco. “Il nostro pollo arrosto è il lente battaglie durante il conflitto. Adesso migliore della città”, racconta Iva monta a bordo diretto verso Pristina su un Davidoviç, 27 anni e 120 euro al mese di treno che comunque costituisce un inco- stipendio. Anche le frequenze 99.0 Fm di raggiante segnale di dialogo. Dove non ci “Radio TeleMitrovica” varcano i confini sono scompartimenti per gli uni e per gli naturali e soprattutto quelli politici. “Dal altri. Si viaggia insieme. Ma a Mitrovica si 2000 siamo stati uno strumento di pacifi- vive separati. cazione, ospitando spesso politici e espo- Il piano sul futuro “status” del Kosovo nenti serbi”, spiega il direttore dell’emit- dell’inviato Onu Martti Ahtisaari – sul tente Nexhmedin Spahiu, giornalista e quale dopo 13 mesi di negoziato il governo docente universitario, che si avvale anche di Pristina e la Serbia non si sono messi di collaboratori bosniaci e turchi per dar d’accordo – prevede una sorta di “indipen- spazio alle altre minoranze. L’Osce lo ha denza sorvegliata”: una missione europea definito una “voce della tolleranza”. Una prenderà il posto dell’Unmik, l’elefantiaca delle poche, a dire il vero. Le sue prove amministrazione Onu che gestice la pro- tecniche di riconciliazione nell’etere hanno vincia dal 1999. Il nuovo “confine” passerà travalicato le barriere dell’ultima città per Mitrovica, divisa in due dal fiume Ibar. divisa d’Europa. Che non sa mettersi d’ac- 98
IL VIAGGIO Livio Senigalliesi _A Mitrovica (Kosovo), il capostazione Shanai Beciri smi- come una sede di partito: in una stanza per sta con cenni rapidi i passeggeri del “treno della speran- la focopiatrice sono accatastati striscioni e za”, che è diventato ormai il punto di incontro privilegia- bandiere con slogan battaglieri: “Serbian to di varie etnie army in Serbian Kosovo” recita uno slo- gan in inglese, “esercito serbo nel Kosovo serbo”. “Gli albanesi sono separatisti e cordo nemmeno sulle targhe delle auto. militarizzati, nel loro territorio circolano Nella parte Nord – dove da sempre vive 400.000 tra armi e fucili”, rampogna il comunque una minoranza di bosniaci, dottor Ivanoviç, sulla scrivania un piccolo croati, turchi e gli stessi albanesi – molte drappo della Serbia. Più diplomatico il suo vetture in circolazione ne sono del tutto omonimo Ivanoviç, che di nome fa Oliver prive. “I kosovari albanesi le tolgono per ed è il principale esponente dei serbi non farsi riconoscere, i serbi non le metto- moderati del Kosovo: “Questo paradosso no per evitare di pagare l’immatricolazio- istituzionale non può durare. Non c’è una ne”, spiega con una smorfia di disappunto soluzione facile e l’Onu ha capito che Giulio Torresi, 34 anni, l’italiano che da anche noi siamo come la Palestina o Cipro, febbraio comanda la polizia locale e inter- cioè occorre tempo e pazienza”, argomenta nazionale della regione di Mitrovica. il politico, che ha una somiglianza non “Salvate il Kosovo, anima della Serbia” si comune con l’attore George Clooney. “C’è legge su un manifesto all’ingresso della qualcuno”, osserva preoccupato, “che non direzione sanitaria dell’ospedale di vuole la stabilità del Kosovo: veterani di Mitrovica Nord. “La nostra priorità è l’in- guerra esclusi dalla politica e dal business tegrità territoriale”, scandisce con sugardo o nuovi politici”. O persino – lascia inten- cupo il direttore Milan Ivanoviç, uomo- dere Ivanoviç – le forze radicali di ombra di Belgrado e portavoce dei nazio- Belgrado. Ponti e muri davvero strani nalisti di queste parti. Adopera l’ufficio quelli tra le due comunità di Mitrovica. A 99
KOSOVO: SUL TRENO DELLA SPERANZA Nord nessun negozio è gestito da albanesi. express” prosegue verso la periferia della In compenso ci sono già cinque negozi capitale di un Paese che attende di nascere cinesi nella centralissima via Kralja Petra. ufficialmente. Poco distante, il “famoso” ponte sul fiume Ibar, un tempo presidiato dai carri armati. Kosovo Polje, fine corsa alle porte di “L’Onu l’ha voluto trasformare in un sim- Pristina bolo dell’odio tra serbi e albanesi per giu- Gli studenti di liceo saliti all’ultima fer- stificare con ipocrisia i costi della sua mis- mata ridacchiano perchè non hanno sborsa- sione”, si sfoga Dragana, studentessa serba to nemmeno gli spiccioli: Aidram, 17 anni e iscritta a giurisprudenza. Frequentava l’u- brufoli da adolescente, fa il bullo più degli niversità a Pristina quando l’Occidente altri perché parla bene inglese. Il convoglio bombardò il Kosovo. Vive a Mitrovica rallenta sulla spianata del “Campo dei Nord da sette anni: “Là c’era una grande Merli”. Fine corsa, ecco la stazione di biblioteca, qui non una libreria e nemme- Kosovo Polje, Fushë Kosovë secondo la no un cinema”. I soldati francesi chiama- toponomastica albanese. Luogo del mito e rono quel ponte “Austerlitz”, dimentican- della leggenda per la storiografia sciovinista do che Miloseviç – gradito a Parigi – non di Belgrado. Qui le truppe serbe sconfissero era Napoleone. La gente, in realtà, usa i turchi nel 1389. E seicento anni più tardi anche altri due passaggi sul fiume, com- Miloseviç, parlando a un milione di serbi, preso quello pedonale che permette agli impresse un’accelerata alla sua allora inar- albanesi di Mitrovica Nord – ce ne sono restabile ascesa. Che finì poi con un attacco alcune centinaia – di recarsi tutti i giorni a cardiaco nel marzo 2006 durante la deten- Mitrovica Sud. Dove per i cellulari si usa zione nel carcere del Tribunale penale inter- un altro prefisso telefonico, di una società nazionale dell’Aja, lasciando in sospeso i a capitale misto con sede nel principato di processi per crimini di guerra. Nelle stesse Monaco per via di una privatizzazione celle olandesi ora si trova anche l’ex-primo poco trasparente sotto l’egida Onu. ministro del Kosovo Ramush Haradinaj, in Nei Balcani, fiumi e ponti diventano sim- attesa della giustizia internazionale per cri- boli. Quello di Mitrovica non si è sottratto mini analoghi. Intanto chiede aiuto econo- alla mistificazione, anche a causa di un mico ai suoi connazionali albanesi con una maldestro intervento di ristrutturazione vera e propria sottoscrizione. A Pristina, internazionale. Enormi arcate di cemento lungo viale Bill Clinton (in onore del “libe- affusolate e illuminazione da palcoscenico ratore” americano) sono disseminati centi- hanno trasformato il ponte principale. naia di manifesti rossi dell’ex-premier con Dove oggi intanto il filo spinato è stato la scritta “Me Ramushin”, “con Ramush”. finalmente riavvolto. Resta solo qualche Il quale aveva creato una fondazione per cavallo di frisia e un paio di pattuglie a raccogliere i contributi necessari a pagare le presidio, mentre sono scomparsi i “guar- spese legali all’Aja, dotata persino di un diani del ponte” serbi, formazioni di auto- numero telefonico verde. Poi è stata scoper- difesa pronte a reagire in caso di attacco ta una gigantesca truffa. Pristina resta il albanese. A Mitrovica Nord, il quartiere di capoluogo delle contraddizioni del Kosovo e “Mala Bosna” (“Piccola Bosnia”), ospita dei suoi umori. un pugno di case in zona serba dove abita- In un’azzurra mattina di primavera, al no albanesi, croati e bosniaci. Qualcuno cimitero si scavano nuove distanze tra serbi vende casa, altri restano: “Viviamo qui con e albanesi. “Ai tempi di Tito si stava meglio: i serbi da sempre e senza problemi”, dice il mio capo-ufficio era albanese e andavamo Najm Saiti, 26 anni, disoccupato. La man- d’accordo. Per 44 anni ho vissuto qui, ma canza di lavoro supera il 60%. E supera i non tornerò mai più”: Krulislav Kostiç, un confini veri e quelli finti. Secondo un serbo di 73 anni, si porta via dal Kosovo recente rapporto dell’Istituto internaziona- l’ultimo frammento di memoria, le spoglie le per il Medio Oriente e i Balcani, il red- di sua moglie, morta otto anni fa dopo dito pro-capite in Kosovo è di 1.200 euro. quattro decenni di matrimonio. “Ormai Arrivando dal nord, Mitrovica è la porta abito con i miei tre figli in Serbia, perchè d’ingresso in direzione di Pristina, distante dovrei lasciarla sola in questo pezzo di una quarantina di chilometri. Il “Kosovo- terra?” si chiede. Due addetti del servizio 100
IL VIAGGIO burocratica non semplicissima. Il businees del “caro estinto” non conosce frontiere. A Pec/Peja, sono gli albanesi che organizzano il trasporto delle salme dei serbi: Haxhi Zeqiri gestisce l’impresa “Dardania”, l’anti- LESAK co nome di questa terra che ora il governo di Pristina vorrebbe scrivere sulla bandiera miniera di Trepca del Kosovo indipendente. Kosovska Mitrovica Belgrado non ha nessuna intenzione di cedere l’ex-provincia, come ha confermato qualche giorno fa il presidente filo-occiden- Kosovo Polje PRISTINA tale Boris Tadic. La Serbia offre “ampia autonomia”. Gli albanesi kosovari traduco- no “indipendenza”, ormai convinti che l’Onu confermerà l’addio definitivo. Sta già scritto anche sotto la gigantografia del defunto presidente Ibrahim Rugova, “padre dell’indipendenza del Kosovo”, appesa su un palazzo di quattro piani nella centralissi- ma piazza Madre Teresa. “Se solo la Serbia _Il treno che unisce serbi e albanesi, il Kosovo Express, chiedesse scusa in termini istituzionali, poi va da Lesak a Kosovo Polje (Fushë Kosovë secondo la to- potremmo farlo anche noi come Uck, che ponomastica albanese), periferia della capitale di un però eravamo una guerriglia e non la forza Paese che attende ancora di nascere ufficialmente armata di uno Stato”, afferma Bajram Rexhepi, che fu il primo capo di governo del Kosovo post-conflitto e oggi è numero due del principale partito d’opposizione funebre stanno riesumando i resti di Stana (Tdk). “L’Onu ci ha aiutato a ricostruire Kostiç, morta d’infarto nel marzo 1999 regole e infrastrutture: siamo pronti per pochi giorni prima dell’inizio della guerra. l’indipendenza”, spiega Shkelzen Maliqi, Il marito fuggì dal Kosovo qualche mese scrittore e analista politico, ai tavolini dello dopo insieme a decine di migliaia di altri “Strip Depot”, caffè tra i più frequentati serbi. “Dopo una vita in Kosovo”, racconta, dagli intellettuali di Pristina. “Siamo anche, “mi restano una pensione di 310 euro al aggiunge, “il Paese più giovane d’Europa”, mese e un album di fotografie che sfoglio con mezzo milione di emigrati all’estero. E tutte le sere prima di dormire. Così ritorno con oltre duemila missing, i kosovari alba- qui almeno con i ricordi”. L’ex-Jugoslavia è nesi scomparsi nella guerra del 1999. Di sbiadita come quelle vecchie immagini. loro, restano 297 foto ormai ormai scolorate Nostalgia di un passato che non può torna- appese alla cancellata della presidenza della re. E paura di un domani che sarà presto repubblica. Vittime con o senza volto. Come deciso dal Consiglio di sicuezza Onu, dove Sokol Berisha, di Giakovo, che avrebbe la Russia minaccia di ricorrere al diritto di compiuto 50 anni a giugno: la pioggia ha veto per aiutare gli amici di Belgrado in lasciato solo i contorni incerti del viso e un nome dell’ortodossia che li lega. Nel 2006, cardigan chiaro. Mentre i serbi portano via sei famiglie serbe hanno traslato dal cimite- i morti dai cimiteri, gli albanesi attendono ro di Pristina i propri cari. Quest’anno sono ancora di seppellirli. già tre. Altri dieci morti sono stati riesuma- ti a Pec/Peja. Diciotto a Kosovo Polje/Fushë Kosovë. Dopo l’esodo dei vivi, ora quello dei morti. L’ultima è la signora Stana, che viaggia in una bara di zinco verso la Serbia su un Ford Transit rosso dell’agenzia “Skorpjon” di Zoran Radosaljeviç. Per reci- dere definitivamente i legami con il Kosovo ci vogliono circa 400-500 euro e una trafila 101
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