Impavidi veneti Imprese di coraggio e successo a Nord Est - Studi e ricerche 8 - Edizioni Ca'Foscari - Wheels on Waves

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Impavidi veneti Imprese di coraggio e successo a Nord Est - Studi e ricerche 8 - Edizioni Ca'Foscari - Wheels on Waves
Studi e ricerche 8

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Impavidi veneti
Imprese di coraggio
e successo a Nord Est
Giampietro Bizzotto
Gianpaolo Pezzato

                      Edizioni
                      Ca’Foscari
Studi e ricerche
Direttore | General Editor
prof. Eugenio Burgio (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)

Comitato scientifico | Advisory Board
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Agar Brugiavini (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)
Giovanni Colavizza (École Polytechnique Fédérale de Lausanne, Suisse)
Giulio Giorello (Università degli Studi di Milano, Italia)

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Impavidi veneti
Imprese di coraggio e successo
a Nord Est
Giampietro Bizzotto
Gianpaolo Pezzato

Venezia
Edizioni Ca’ Foscari - Digital Publishing
2017
Impavidi veneti. Imprese di coraggio e successo a Nord Est
Giampietro Bizzotto, Gianpaolo Pezzato

© 2017 Giampietro Bizzotto e Gianpaolo Pezzato per il testo
© 2017 Edizioni Ca’ Foscari - Digital Publishing per la presente edizione

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30123 Venezia
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1a edizione maggio 2017
978-88-6969-154-6 [ebook]
978-88-6969-155-3 [print]

Con il patrocinio di

Impavidi veneti. Imprese di coraggio e successo a Nord Est/ Giampietro Bizzotto, Gianpaolo Pez-
zato — 1. ed. — Venezia: Edizioni Ca’ Foscari - Digital Publishing, 2017. — 128 p.; 23 cm. — (Studi e
Ricerche; 8). — ISBN 978-88-6969-155-3.

URL http://edizionicafoscari.unive.it/it/edizioni/libri/978-88-6969-155-3/
DOI 10.14277/978-88-6969-154-6
Impavidi veneti
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Imprese di coraggio e successo a Nord Est

Il testimone
Prefazione
Luca Barbieri
(Giornalista esperto di innovazione e di accelerazione di sistemi editoriali;
co-founder Blum)

Passione, sudore, fame. E poi divertimento, felicità, riscatto e rivincita.
Uniti all’amore per la propria terra, alla curiosità instancabile, alla legge-
rezza del rischio, all’umiltà di chi tanto fa e tanto sbaglia. C’è un filo rosso
che tiene unite le pagine che state per leggere: si tratta della dimensione
umana. Ritratti vividi più che interviste; faccia a faccia con il cuore in
mano, non interventi da convegno.
    Quattordici imprenditori di successo, quattordici uomini e donne veri,
capaci di raccontarsi a tutto tondo, al di fuori delle cartoline patinate di
certa editoria di settore, tracciano, in Impavidi veneti, la propria parabola
professionale e personale passata, presente e futura. Senza sconti (a se
stessi innanzitutto) e senza omissis. Un’opera necessaria, in presa diretta
e senza filtri, che parla soprattutto ai giovani. Non solo a quelli che pen-
sano a un futuro da imprenditori, ma a tutti quelli che hanno capito che,
dipendenti o partita IVA, pubblici amministratori o titolari di un’attività,
il futuro è nelle proprie mani.
    Per questo, il lavoro di Giampietro Bizzotto e Gianpaolo Pezzato, che con
questo libro, e con le videointerviste da cui nasce, mettono a disposizione
del territorio una vita di relazioni e conoscenza del settore, può essere
considerato il primo tassello di un’opera di narrazione verace che deve
dare la scossa a un processo che, qui a Nord Est, ancora si fatica a vedere:
la trasmissione dello spirito imprenditoriale che ha reso ricca questa terra.
    In una simbolica staffetta generazionale tutta da costruire, infatti,
Impavidi veneti è il ‘testimone’ ideale: quell’oggetto che l’atleta che
ha finito la sua corsa consegna all’atleta successivo perché metta tut-
ta l’energia che serve allo sprint finale. Un testimone che andrebbe
raccolto innanzitutto dal mondo della scuola, per ricucire quel tessuto
sociale sfilacciato che ora divide protagonisti – giovani e meno giova-
ni – di questo territorio.
    Ecco quindi quattordici storie per ripartire, quattordici avventure perso-
nali piene di valori che fanno emergere punti di forza da ‘sottolineare con
l’evidenziatore’: il legame con la famiglia e il territorio; il valore aggiunto
costituito dalla cultura, dai beni artistici, dal patrimonio agroalimentare;
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la capacità di leggere il futuro che sarà, senza chiudersi negli angusti
confini fisici e mentali della regione: un punto di partenza di cui andare
orgogliosi, mai soltanto un approdo.
   Non è un caso che molti degli imprenditori protagonisti di queste pagine
abbiano in questi anni unito le proprie forze in VeNetWork, progetto ideato
da Alberto Baban che unisce oltre cinquanta capitani d’impresa in un pro-
getto di re-startup di aziende e brand storici che, rivitalizzati da cultura
imprenditoriale e forze giovani, stanno segnando una via percorribile alla
crescita. A tenerli uniti l’idea, semplice e basilare, che investire sul ter-
ritorio, sulla sua coesione e sulla sua crescita, è un buon affare, non solo
economico, per tutti.
   Il futuro esiste solo se ha radici solide. Queste storie, uscite intere dalla
Grande Crisi, lo sono.

8                                                            Barbieri. Il testimone
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Imprese di coraggio e successo a Nord Est

Introduzione
Monica Boccanegra
(Presidente di Ca’ Foscari Alumni)

In lingua spagnola le parole ‘Cesare’ e ‘cessare’ si scrivono allo stesso
modo, cambia solo l’accento.
   È forse con questo motto che dovremmo accompagnare i nostri giovani
verso la ricerca della loro strada in un paese che sta vivendo un declino
strutturale? Un mondo che chiede di cambiare, con coraggio, i paradigmi
dell’economia? Essere vincitori o rinunciare? No, certamente no!
   In un momento storico in cui l’economia sembra dare segnali contrastan-
ti, diventa sempre più difficile rispondere alle domande dei tanti giovani
che cercano una strada lungo la quale costruire il loro futuro.
   Sono da tempo finiti gli anni in cui le offerte di lavoro erano superiori
ai giovani in cerca di impiego, anni in cui le proposte arrivavano a casa
con una chiamata annunciata dal trillo di un telefono ‘con i fili’ o con una
lettera recapitata dal postino. Erano anni in cui quasi non serviva inviare i
curricula perché le aziende, floride, sane, che passavano di padre in figlio,
mantenendo alti livelli di successo, erano avide di giovani neolaureati.
   Aziende guidate da imprenditori che comprendevano l’importanza e
il valore delle nuove discipline e delle nuove figure professionali che si
affacciavano sul mercato del lavoro e avvertivano il nascente bisogno di
nuove competenze e conoscenze che li andassero ad affiancare.
   Ora è tutto radicalmente diverso.
   Le dimensioni globali della crisi economica che ha caratterizzato l’inizio
del nuovo millennio, rappresentano uno spartiacque, e chi si affaccia al
mondo del lavoro si trova a vivere un’esperienza non lontana da quella
vissuta nel secondo dopoguerra, con mutamenti radicali che investono
tutti gli ambiti della vita collettiva, a livello planetario.
   Questo nuovo scenario, che investe non solo la sfera economica ma anche
quella politica, sociale e culturale, impone grandi sforzi ma offre grandi
opportunità nella costruzione di un mondo nuovo, dove i giovani si trovano
ad affrontare la difficile sfida di vivere una fase della storia che è epocale
perché segna il passaggio verso un futuro che sta andando oltre la realtà.
   Viviamo il passaggio da un mondo tangibile a un mondo virtuale, quasi
etereo, che consente l’apertura di un nuovo universo di idee, progetti,
professioni, vere e proprie avventure.
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   Ecco la magia di questa potente evoluzione: l’essere in grado di avere
un’intuizione e avere l’audacia di renderla realizzabile e concreta anche
in un mondo intangibile.
   Idea, progetto, motivazione, queste sono le parole chiave da cui partire
e da cui sono partiti tanti uomini e donne che hanno realizzato imprese
straordinarie dove la straordinarietà non è stata solo nell’inventare qual-
cosa di innovativo, ma anche nel saper conservare il valore creato da chi
li ha preceduti, nel saper rispettare il patrimonio racchiuso nelle aziende,
nella loro cultura e nella professionalità con cui hanno operato.
   Parliamo di aziende, ma parliamo di uomini e donne e la centralità
dell’uomo del terzo millennio ha una potenza straordinaria.
   La prima sfida da affrontare quindi, per chi si affaccia al mondo del lavo-
ro, è essere imprenditori della propria vita perché il percorso professionale
avrà vita breve se non si decide, prima di tutto, di investire su se stessi.
   In fondo siamo la persona con cui trascorriamo la maggior parte della
nostra vita e se non siamo soddisfatti di ciò che siamo, significa che siamo
costretti a trascorrere la nostra vita con qualcuno che non ci piace.
   Questo significa dedicare tempo alla propria istruzione e formazione
impegnandosi a fare resistenza alla velocità di cui è permeato il nostro
quotidiano.
   Nulla che debba resistere nel tempo si costruisce in un batter di ciglia e
se la tecnologia ci aiuta ad accorciare i tempi per la realizzazione di molte
cose, il buon senso ci deve aiutare a capire che l’educazione, la formazio-
ne, la creazione di valore hanno bisogno di tempo, di cura, di attenzione e
dedizione perché l’eccellenza non ha nulla a che fare con il successo o la
fama o il riconoscimento sociale, bensì ha a che fare con noi stessi.
   Ecco i nuovi Cesari: coloro che avranno l’audacia di avventurarsi e la
forza di insistere, il coraggio di sognare e la volontà di superare le difficoltà
per il raggiungimento di un obiettivo senza dimenticare che si è intrapreso
un viaggio, ed è in questo che si deve trovare il piacere e la soddisfazione,
perché la vera eccellenza sta nel processo con cui intendiamo conseguire
un obbiettivo più che nell’obiettivo stesso.
   Non arrendersi, non vedersi costretti a ‘cessare’ per la paura di sbagliare,
e nello stesso tempo non pretendere di essere ‘Cesari’ a tutti i costi, ma cre-
dere nel valore delle proprie idee con la consapevolezza che la sostenibilità
dell’economia del nostro paese, ma non solo, dipende dall’operato di tutti.
   Nel nostro paese la gran parte delle aziende (circa 65.000) hanno dimen-
sioni, in termini di fatturato, che vanno dai 5 ai 250 milioni di euro; quasi
un terzo di queste sono in forte difficoltà e quasi tutte non presentano una
crescita che sia degna di questo nome.
   Eppure ci sono ancora moltissime realtà di successo, come quelle rac-
contate in questo libro, da cui prendere esempio.
   Sono aziende familiari che da decenni, con orgoglio, non senza sacrifici
e a volta andando oltre forti contrasti interni, lasciandoseli alle spalle,
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hanno superato questi anni di crisi ed hanno saputo accompagnarsi ai
grandi mutamenti che hanno trasformato molti processi lineari in processi
reticolari, dove le informazioni, le relazioni sociali e le componenti virtuali
dovevano sposarsi con la tradizione.
   Sono anche aziende giovani, guidate da ‘millennials’ che senza alcuna
tradizione famigliare d’impresa hanno saputo buttare il cuore oltre l’osta-
colo, e inventarsi imprenditori; spesso chiedendo la benedizione dei pro-
pri genitori, guidati dal modello educativo trasmesso dalle loro famiglie,
considerando i valori ed i principi morali loro trasmessi, il primo capitale
da investire nella propria avventura.
   Sono storie di imprenditori consapevoli del valore del capitale umano,
che si sono messi in gioco con la solidarietà, la collaborazione, la ricerca
di una comunione di intenti allo scopo di amplificare questo valore.
   Sono storie fatte di tanti piccoli passi che hanno creato il valore dell’e-
conomia del nostro paese e hanno fatto resistenza alle avversità ed hanno
assecondato i mutamenti.
   Ogni singolo passo della vita di un uomo richiede l’audacia di superare
paure, difficoltà, limiti, prima di tutto i propri.
   Ogni singolo passo porta alla realizzazione dei propri sogni, alla costru-
zione di un progetto che consenta di guardare al futuro attraverso la rea-
lizzazione del bene comune, unica via per una crescita equa e sostenibile.

Boccanegra. Introduzione                                                      11
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Imprese di coraggio e successo a Nord Est

Andrea Stella

Andrea Stella, superata con coraggio e determinazione una difficile esperienza personale, avvia
l’associazione Lo spirito di Stella con cui promuove sia progetti legati all’attività velica, sua grande
passione, dedicata a persone disabili, sia continue campagne concrete di sensibilizzazione per
l'abbattimento fisico e culturale delle barriere architettoniche. È tra i fondatori di Klaxon GmbH,
azienda distributrice di ausili per disabili di alta qualità ed elevato livello tecnico; con essa ha
sviluppato la linea di prodotti KLICK , un motorino elettrico in kit di facile montaggio con cui
motorizzare facilmente ciascuna carrozzina.

www.lospiritodistella.it
Bizzotto, Pezzato                                               Impavidi veneti

Come nasce il suo percorso imprenditoriale?
La mia esperienza nasce all’interno di una famiglia che ha sempre fatto im-
presa. Con la Estel mio nonno nel 1937 ha cominciato creando l’estensibile
Stella, un armadio che rivoluzionava il mondo del mobile in quel momento.
Per me è stato normale crescere tra fiere, prototipi… A ventiquattro anni
mi sono laureato, ho fatto una vacanza negli Stati Uniti; mentre ero in
Florida, mi hanno sparato per rubarmi un’auto che avevo preso in affitto.
Non avevo fatto nulla, ero in una strada privata e vigilata. Neanche la
polizia si spiegava come mai mi fosse successo questo. All’inizio è stata
molto dura perché la pallottola aveva leso polmone, fegato e colonna ver-
tebrale. Ho fatto trentacinque giorni di coma indotto; dopo due settimane
di permanenza in questo ospedale statunitense sono finito in unità spinale
a Vicenza, dove ho cominciato un periodo riabilitativo di quattro mesi;
quando sono uscito, ho cominciato a utilizzare quella che era la mia nuova
‘compagna di viaggio’, ovvero la sedia a rotelle. Ricordo che, al risveglio
dal coma, ho visto mio papà e gli ho detto: «cosa fai qua? non sei a lavo-
rare?». Il tema del lavoro è sempre presente; sono sempre stato abituato
a vedere delle persone indaffarate, delle persone che fanno, che portano
avanti nuove idee, nuovi progetti. All’inizio, dopo questo incidente, la vita
era davvero complicata ed ero veramente depresso. Mio padre, che è inge-
gnere e si occupa di prodotto, ha visto nella mia storia l’ennesimo prodotto
da sistemare, migliorare e portare avanti. Iniziò a stimolarmi, e tra l’altro
mi disse: «perché non torni in barca a vela?». Io avevo sempre avuto la
grande fortuna e il grande privilegio di vivere il mare con una barca a vela.
Gli dissi: «papà, va bene, ma devo essere in grado di muovermi sulle ruote
come prima mi muovevo sulle gambe». Abbiamo cercato di noleggiare
un’imbarcazione adatta, ma senza risultato. C’erano delle esperienze con
delle barche di piccole dimensioni, ma abbiamo capito che il catamarano,
mezzo di una dimensione considerevole e che poggia su due scafi, era il
mezzo giusto. Con l’ingegner Contres del cantiere italiano Mattia e Cecco
abbiamo cominciato a progettare una barca che, riprendeva le forme della
barca che lui normalmente produceva, ma con delle modifiche, degli ade-
guamenti. Tutto doveva rispondere a quelle che erano le esigenze mie e
di persone con altri tipi di problemi che avevo cominciato a incontrare in
questo mio nuovo percorso. Avevo cominciato ad avere compagni di stan-
za in ospedale che avevano una situazione simile alla mia, e da compagni
di stanza diventarono amici. Per dare risposte pratiche anche alle loro
esigenze abbiamo ricercato tutta una serie di soluzioni tecnologiche ma
soprattutto di adeguamento degli spazi. Il risultato è stato quello di avere
un mezzo che mi avrebbe permesso di fare tutto quello che facevo prima,
e che diventava molto più comodo per tutti.
   Se si eliminano i gradini e i dislivelli dove possibile, una persona su
sedia a rotelle si può muovere, ma anche una persona in piedi si muove
molto meglio.
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   E quindi io mi trovavo in questo dilemma: «ma qua potrò far tutto?». In
una città io mi muovo, ma non so mai se potrò trovare un ristorante con
un servizio igienico dove riesco a entrare con la mia sedia, se posso dal
parcheggio raggiungere l’ufficio postale. Trovo una serie di barriere che
chiamiamo barriere architettoniche che mi impediscono di fare una serie
di cose. Quindi da questo contrasto, tra quello che succede nel mondo
reale di tutti i giorni e quello che può succedere in un mondo ideale – che
non è un mondo utopico, ma un mondo assolutamente possibile – è nata
l’associazione Lo Spirito di Stella, che è il nome dell’imbarcazione ma è
anche il nome di questa associazione che promuove progetti legati da un
messaggio comune: le persone con differenti abilità, se inserite in un con-
testo senza barriere architettoniche o culturali – che poi sono le più dure
da abbattere – possono coprire dei ruoli importanti, possono realizzare dei
sogni, possono fare cose straordinarie.
   Abbiamo usato in questi anni l’imbarcazione come un paradosso. Il pri-
mo progetto è stato tornare negli Stati Uniti. Volevo attraversare l’oceano
perché è un sogno per ogni velista, volevo tornare a Miami perché volevo
chiudere un cerchio con il mio destino, ma volevo anche dire che oggi,
purtroppo, è più facile per una persona in sedia a rotelle attraversare
l’oceano in barca a vela che Milano o Roma con un autobus. Io non mi sento
un eroe quando attraverso l’oceano, mi sento un eroe quando riesco a non
farmi ammazzare in una comune giornata milanese. La barca è quindi un
paradosso che ci fa capire come, se progettiamo pensando alle esigenze
delle persone un mobile, una casa o un servizio, quello che andiamo a
realizzare è qualcosa di più valido per tutti. Le grandi invenzioni nascono
sempre da problemi tecnici o da bisogni di alcune persone. L’inventore del
telecomando della televisione aveva un amico disabile e per risolvere il
suo problema lo ha inventato: credo che nessuno di noi comprerebbe oggi
una televisione senza il telecomando. Gli sms sono nati per i sordomuti.
La Jacuzzi è nata per un problema di artrosi di uno dei figli di Jacuzzi e il
POS, che usiamo per pagare nei negozi, è nato da un concorso di idee per
il pagamento elettronico dei non vedenti. Mi ha raccontato quest’ultimo
episodio il re di Spagna, visitando il catamarano quando eravamo a Valen-
cia per l’America’s Cup; è con lui che abbiamo fatto nascere la fondazione
Un mar sin barreras, in Spagna. Lui è molto attento a queste tematiche,
poiché ha una sorella non vedente dalla nascita. La domanda che spesso
mi facevo era: «perché non sapevo nulla della disabilità prima dell’inci-
dente, e poi sono diventato sensibile all’argomento?». In realtà si viene
toccati quando succedono degli episodi nel proprio ambiente familiare o
nel proprio giro di amicizie. Io credo che abbattere le barriere architetto-
niche aiuti ad abbattere le barriere mentali. Il giorno in cui sarà normale
vedere al supermercato contemporaneamente quattro ragazzi con la sedia
a rotelle che fanno la spesa, come avviene oggi negli Stati Uniti o in altri
posti del mondo, cesseranno tante domande e si creerà una società con
Andrea Stella                                                              117
Bizzotto, Pezzato                                               Impavidi veneti

più diritti ma anche più doveri. Altrimenti il rischio è che non si capiscano
le reali esigenze di una persona con problemi di mobilità o di altro tipo,
e che si tenda a essere troppo indulgenti, o incapaci di comprendere e
dare un’opportunità di esprimersi a queste persone. L’imbarcazione mi
aveva aiutato perché dopo l’incidente la sedia a rotelle era diventata il mio
mondo protetto, sicuro. Molti sport richiedono di abbandonare la sedia e
sedersi su qualcos’altro, una bici speciale, un monosci per sciare, e questo
non è un passaggio immediato. Allora ho deciso di dare un’opportunità a
tante altre persone di vivere una giornata di mare in completa autonomia
e indipendenza. È nato Spirito Libero che dal 2003 al 2011 ha permesso
a quasi 5.000 persone con disabilità di vivere questa giornata. Ogni anno
abbiamo organizzato in giro per l’Italia e in Spagna ottanta giornate gra-
tuite per dare la possibilità di partecipare a chi era in una condizione di
disabilità molto grave, ma anche a chi aveva subito un incidente da poco
e non si era ancora rimesso nel normale ciclo di vita quotidiana. Perché
la vita va avanti, molte persone trovano degli stimoli e io oggi vivo una
vita assolutamente normale. Certo, la mia normalità può essere affetta da
tante difficoltà che sono assolutamente risolvibili ed eliminabili. Negli anni
abbiamo frequentato le facoltà di architettura e di design industriale per
dire ai ragazzi che l’estetica è un valore soggettivo, mentre la funzionalità
è un qualcosa di più oggettivo, e soprattutto si possono progettare delle
cose molto belle ma anche funzionali, e adatte a persone che hanno mobi-
lità ridotta. Tendenzialmente c’è un bagno molto brutto, ‘ospedaliero’, per
i disabili e poi un bagno normale. Si può invece creare un bagno comune,
provvisto magari di alcune specifiche attenzioni perché le esigenze cam-
biano. Oggi è comune muoversi con il computer portatile, con una valiget-
ta, e spesso gli ambienti non tengono conto di queste esigenze. Io credo
che gli ambienti debbano adeguarsi all’uomo e non l’uomo agli ambienti.
Abbiamo quindi sviluppato un progetto che si chiama La Casa per Tutti,
perché abbiamo la convinzione che, se si progetta bene fin dall’inizio, i
costi sono assolutamente identici. Il grosso dei costi è nelle opere murarie
o nel rivedere un progetto quando è stato già iniziato, per cui partire con
il piede giusto significa realizzare delle realtà in cui, in un paese che sta
invecchiando come l’Italia, le persone anziane possano avere una vita più
attiva possibile; questo significa maggior gratificazione per loro, ma anche
un risparmio a livello sociale importante. L’associazione Lo Spirito di Stella
crea dei progetti con l’obbiettivo di trasmettere l’idea che se si può fare
una barca per tutti si può fare anche una casa per tutti.
   Dall’esperienza della barca, dalla mia storia personale e dall’analisi dei
miei bisogni sono nate diverse esperienze imprenditoriali. La prima nel
commercio, con un negozio che ho aperto tredici anni fa, un’ortopedia
sanitaria realizzata con i mobili della nostra azienda. Si tratta di un ne-
gozio normale che però tratta bisogni specifici come la sedia a rotelle o
degli ausilii che servono in questo tipo di situazioni. Sono ausilii di grande
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importanza che io un tempo compravo sui cataloghi. Per me una sedia a
rotelle è più importante di un paio di scarpe: ho bisogno di provarla, di
valutarla, di starci sopra, di sentirla e di capire quale risponde alle mie
reali esigenze, e di essere aiutato in questo percorso. Nell’ultimo anno
è nata un’esperienza importante di produzione di ausilii per la mobilità.
L’azienda si chiama Klaxon, è una joint-venture tra l’Austria e l’Italia, ha
coinvolto un partner importante, Tenathlon, che lavora nel mondo delle
moto, in particolare moto da cross; producono meccanica (marmitte, ci-
lindri e pistoni) ed elettronica, e bici ibride. Con la loro tecnologia e la
loro capacità abbiamo creato un oggetto che a mio avviso poteva aiutare
molto le persone che hanno mobilità ridotta e che usano sedie a rotelle
di tipo manuale. Se possiamo, usiamo delle sedie a rotelle non elettriche
quando abbiamo la capacità di spingerci. Una persona che può utilizzare
una sedia a rotelle manuale generalmente si affida a una di questo tipo,
perché una sedia a rotelle elettrica è molto più pesante e complicata da
trasportare, per cui la scelta cade sulla sedia che sia il più leggera pos-
sibile, per poterla caricare in macchina – anche in autonomia. Quando ci
muoviamo nelle nostre città, spesso i pavimenti molto disconnessi (pietra,
porfido…), rappresentano un problema per una carrozzina, che ha le ruote
anteriori piccole: la difficoltà è quella di stare impennati e al contempo
spingere. Abbiamo visto che una ruota anteriore avrebbe potuto risolvere
la situazione, per cui abbiamo creato un sistema add-on, cioè un sistema
che va ad aggiungersi e integrarsi con la sedia a rotelle e che abbiamo
standardizzato in modo da poterlo montare su tutte le sedie a rotelle pre-
senti sul mercato. Questa è una competenza che deriva da tredici anni di
attività commerciale in questo settore; abbiamo cercato di fare un prodotto
di pregio e di qualità, e lavorando con un partner di questo tipo possiamo
garantire anche un certo controllo. Siamo usciti sul mercato lo scorso mag-
gio, e adesso sono reduce dalla fiera internazionale di Düsseldorf, che è la
fiera più importante al mondo per quanto riguarda questo tipo di attrezza-
ture. La fiera è stata un grande successo, adesso siamo molto concentrati
sulla continuazione dello sviluppo di questo prodotto, che a nostro avviso
è già rispondente alle esigenze; naturalmente, però, vogliamo continuare
a innovare pensando a nuovi bisogni, e a proporre servizi e prodotti che
diano una reale risposta a esigenze reali. La base è sempre capire qual è il
bisogno. Io ripeto che chi progetta deve porsi queste domande. Il mercato
sta cambiando, il consumatore è attentissimo, e anche il mondo dei social
permette di avere una visione mondiale di quello che c’è, quindi non pos-
siamo imporre al mercato delle soluzioni perché pensiamo siano giuste.
Noi dobbiamo cercare di capire cosa vuole il mercato, quali sono i bisogni
e le esigenze, e cercare un modo per soddisfarli e dare delle risposte.
   Il progetto Wow ci sta entusiasmando perché è un progetto molto ambi-
zioso che parte da una considerazione: oggi esiste un documento giuridico
che si chiama Convenzione dei diritti della persona disabile. È stato fatto
Andrea Stella                                                              119
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dalle grandi associazioni che si occupano di disabilità a livello mondiale,
l’ONU ne ha fatto una convenzione nel 2006 ratificata da centocinquanta
paesi tra cui l’Italia, e oggi è uno strumento importantissimo, perché dice
che la disabilità è un concetto liquido. Io a Miami vado spesso in vacanza, e
lì sono libero di noleggiare un’auto: in un paio d’ore riescono a installare i
comandi a mano. Posso scegliere un ristorante in base al rapporto qualità/
prezzo, e non perché c’è una toilette dove posso entrare. Posso prendere
facilmente un mezzo pubblico perché questo è provvisto di una rampa
meccanica, che costa molto poco e non si deve adeguare ai vari dislivelli,
per cui funziona sempre. Quindi, la possibilità di muoversi ed essere parte
della società è quello che mi rende – o non mi rende – disabile. Questo
è un concetto espresso molto bene nella Convenzione: è un messaggio
molto forte per l’uomo della strada, che non potrebbe parcheggiare in un
certo posto a meno che non fosse ‘riservato’. In questo modo, non solo si
lede il diritto di una persona, ma non gli si dà l’opportunità di condurre
la sua vita normalmente. Inoltre, la Convenzione è uno strumento molto
importante dal punto di vista giuridico, non è una semplice enunciazione
di principi sulla carta: oggi, in Italia, un giudice attivando questa carta ha
la possibilità di far valere dei diritti di alcune parti lese per questo, in ma-
niera molto immediata. In Italia, paese in cui la giustizia non è veloce, se
utilizzassimo questa carta potremmo rendere la giustizia molto più veloce.
    Il progetto Wow è una traversata atlantica che parte da Miami, va a New
York, e poi, attraverso l’oceano, toccando Portogallo, Gibilterra, Spagna,
Francia e Italia arriva a Roma e infine a Ostia, ove ci sarà una grande
marcia per portare al Santo Padre questo documento, perché crediamo
che papa Francesco sia la persona giusta: più di altri può capire l’impor-
tanza di questo documento e dargli la giusta visibilità. È un viaggio in cui
protagonisti saranno quarantotto storie diverse: saranno dodici tappe, e
in ognuna di queste a bordo avremo quattro persone provenienti da tutto
il mondo, saranno persone abili e disabili, militari e civili; a bordo ognuno,
oltre alle manovre veliche, avrà un compito per il quale è portato e per cui
verrà addestrato: chi si occuperà della cucina, chi del racconto di questo
viaggio attraverso immagini o scritti. Credo che sarà la dimostrazione che
una società funziona come una barca, che è un piccolo laboratorio in cui
tutto avviene più velocemente, perché dalla barca non si può scendere du-
rante la traversata, si convive per giorni con altre persone in un ambiente
ristretto, dove ognuno ha un compito e dove si creano per questo dei forti
legami. Ecco, noi vogliamo dimostrare che delle persone, pure molto di-
verse tra loro, se hanno un obiettivo comune e un’organizzazione, possono
ottenere dei grandi risultati, sia attraversando l’oceano, sia dando visibi-
lità a questo documento. Applicare questo messaggio alla vita quotidiana
credo sia un incentivo a porsi certe domande su come stiamo vivendo e
gestendo certi temi, ma anche un modo per scovare delle risposte, in realtà
non così complicate da trovare. La partenza sarà il 20 aprile 2017 e l’arri-
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Impavidi veneti                                                 Bizzotto, Pezzato

vo a settembre dello stesso anno. Abbiamo appena presentato il progetto
alla fiera internazionale della riabilitazione a Düsseldorf; ci sono già delle
candidature, e vi saranno delle selezioni. In seguito le persone verranno
addestrate perché non saranno dei semplici passeggeri, ma protagonisti
di quest’avventura.

Qual è la molla che le fa intraprendere sempre qualcosa di nuovo?
La molla che mi spinge a continuare a progettare è quasi sempre un bi-
sogno: cerco di partire da un’esigenza per trovare delle risposte, perché
credo che la molla sia sempre personale. L’associazione è nata da un bi-
sogno, uno scontro con il ristorante che non è accessibile e questa barca
invece lo è. In seguito è venuto il volontariato, il fatto di fare delle cose
per le altre persone, cosa che è più gratificante che farle solo per sé stessi.
Ma la molla, oltre che dal fatto personale, viene anche dall’incontro con
persone che hanno la tua stessa visione e che ti affiancano, anche nei
momenti di sconforto.

Qual è la Sua visione dell’Italia?
Io viaggio tanto e credo che l’Italia sia comunque un paese straordinario,
per me il più bello, perché ha ogni genere di bellezza e molte menti acute.
Certo, si tratta di un paese complicato, dove a volte fare cose semplici
può risultare molto complesso, però io credo che l’Italia, se capisse il po-
tenziale che ha, potrebbe migliorarsi molto. Bisogna sperare che questo
non avvenga troppo tardi, data la velocità con cui cambia il mondo, e la
quantità di paesi concorrenti. Se pensiamo al turismo, è facile voler collo-
care l’Italia al primo posto viste le sue possibilità; tuttavia non è così, per
quanto assurdo possa sembrare. Negli Stati Uniti, ad esempio, ho visitato
alcune case di proprietà risalenti all’Ottocento che somigliano alle nostre
ville venete, e si pagava un biglietto piuttosto sostanzioso per visitarle.
Quello che loro offrono è spesso un racconto, ma un racconto ben fatto;
hanno la capacità di valorizzare quello che l’America ha da offrire a livello
turistico, che probabilmente, fatte le debite proporzioni, è meno di quello
che potrebbe offrire l’Italia. Lo stesso si vede a livello manifatturiero: la
bassa produttività, il mercato del lavoro che non ha regole e gli stipendi
bassissimi… Io credo invece si debba puntare in questo ambito sulle atti-
vità tradizionali e sul loro capitale umano, perché ci sono alcune persone
molto specializzate e capaci: se non dovessimo farlo, perderemmo proprio
quel capitale. Sono le persone che fanno le aziende, e il più grande dispia-
cere sarebbe perdere le persone che hanno la capacità di realizzare dei
prodotti a un certo livello – non è solo l’azienda a chiudere, ma è davvero
un pezzo di storia manifatturiera ad andarsene, e questa difficilmente
verrà recuperata. Ci sono tante idee nuove, e io credo che il turismo sia
l’esempio perfetto di questa situazione: è paradossale, ma i dati ci dicono
che gli altri paesi avanzano, mentre il nostro resta adagiato sulle ricchezze
Andrea Stella                                                                121
Bizzotto, Pezzato                                               Impavidi veneti

di cui disponiamo, mentre noi non siamo in grado di offrire al turista quello
che dovremmo. Ad esempio, a mio parere andrebbero sviluppati gli istituti
alberghieri, o si potrebbero avviare programmi educativi per permettere ai
giovani di lavorare nel settore come guide e così via. Nel Sud, zone come
Augusta o Siracusa, dove è stato costruito un grande impianto petrolchi-
mico, una volta davano lavoro a sessantamila persone, e ora a diecimila,
e le cifre sono destinate a scendere visto lo sviluppo di nuovi impianti in
Tunisia. Io credo che, con la capacità di guardare un po’ più in là, il primo
settore in cui investirei sarebbe quello turistico: forse un petrolchimico
nell’immediato può creare un certo livello di occupazione, ma con l’andare
del tempo, come abbiamo visto, è destinato a calare. Invece nel turismo,
probabilmente, vedremmo il processo opposto, senza contare le ricadute
che quel tipo di attività può avere per la salute della popolazione.

Quanto ha influito la famiglia nel suo percorso?
Nella mia storia la famiglia conta moltissimo, anzi, forse proprio a causa
dell’incidente il legame con mio papà si è rinforzato, e sicuramente a causa
di ciò ho capito quali sono i valori veramente importanti. L’incidente ha
in un certo senso amplificato in me il senso della famiglia, e ho scoperto
che nonostante questa ti permetta di fare molte cose con il suo sostegno,
lavorarci insieme può essere una cosa tanto positiva quanto complicata.

Cosa si sentirebbe di dire a un ragazzo che sta lavorando per avviare
un’impresa?
Il consiglio che posso dare a un neolaureato è senz’altro quello di essere
curioso, di aver la volontà di provare lavori diversi senza imporsi troppi
schemi, di andare all’estero qualora ne abbia la possibilità, di conoscere
la lingua inglese bene quanto la lingua italiana. Consiglierei anche di viag-
giare solo per il piacere di farlo, per ampliare i propri orizzonti e capire
le altre persone.
   Il panorama in Confindustria è eterogeneo, perché alcuni ragazzi hanno
vent’anni e altri una quarantina, alcuni stanno ancora studiando e si stan-
no inserendo nell’azienda di famiglia, altri invece hanno aperto la propria
azienda, alcuni sono amministratori delegati della propria azienda, altri
invece hanno un ruolo ancora complementare… A me, personalmente,
giova molto il confronto con ragazzi che stanno compiendo percorsi d’im-
presa, o con colleghi del mio settore o di altri settori, generalmente con
persone che stanno facendo un cammino simile al mio; insomma, per me
il Gruppo Giovani Confindustria è un momento soprattutto di confronto.

Cos’è per Lei il coraggio?
Credo che il coraggio sia la capacità di andare avanti nonostante tutto e
perseguire un obiettivo o un’idea, sapendo dove si vuole arrivare, nono-
stante le difficoltà che si possono incontrare. In barca a vela, ad esempio,
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Impavidi veneti                                               Bizzotto, Pezzato

una volta deciso di raggiungere una meta, essendo in mezzo al mare non
è possibile tentennare. Il più grande sbaglio che un imprenditore può fare
è decidere di fermarsi e non avere più la volontà di andare avanti: è giu-
sto dubitare, ma in un’ottica costruttiva. In barca, decisa la destinazione,
bisogna anzitutto controllare il meteo ed essere prudenti, ma non bisogna
dimenticare la meta. È necessario pensare di potercela fare, e impegnarsi
in questo senso; se si parte con una visione negativa, è poi molto difficile
raggiungere un obbiettivo: non per la sua difficoltà, ma per convinzione
personale. Io credo che il coraggio sia la capacità di porsi delle domande
e darsi degli obiettivi, ma anche fidarsi delle proprie sensazioni, e saper
portare avanti il proprio pensiero per trasformare le idee in azioni: avere
insomma la voglia di fare. Io credo appunto che una persona viva con co-
raggio quando è operosa in questo senso.

Andrea Stella                                                              123
Impavidi veneti
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Imprese di coraggio e successo a Nord Est

Conclusioni
Giampietro Bizzotto e Gianpaolo Pezzato

Questo libro nasce da una sorta di urgenza che abbiamo percepito e con-
diviso nei momenti in cui le nostre attività professionali si sono incontrate
negli ultimi anni, l’urgenza di trovare una prospettiva diversa alla solita
visione di un paese avviato lungo un inevitabile declino, avvitato su se
stesso e incapace di ripartire. In una delle serate della scorsa estate, dopo
l’ennesima notizia sul dato della crescita della disoccupazione giovanile
ci siamo chiesti su quali elementi, su quali cardini avrebbe avuto senso
ricostruire una visione propositiva, in grado di ridare un po’ di fiducia alle
nuove generazioni per un futuro ancora tutto da decifrare. L’antidoto a
queste quotidiane frustrazioni di due comuni cittadini, appassionati della
loro terra e decisi nel portare un personale quanto limitato contribuito,
l’abbiamo trovato grazie all’idea di proporre una serie di interviste a ruota
libera a imprenditori innovatori del nostro tempo che parlano per noi, che
in modo semplice e chiaro ci suggeriscono possibili strade per rilanciare
il Veneto, testimoniano la lotta quotidiana con il mercato, ci insegnano la
resilienza, non dietro una cattedra ma dentro una fabbrica. Abbiamo scelto
di riportare sulla carta nel modo più fedele possibile le interviste in presa
diretta così da avere la sensazione, più che di leggerli, di ascoltarli mentre
ci raccontano le loro storie e visioni.
   Sono uomini, prima di essere imprenditori. Quattordici storie in cui
spetterà al lettore, con le proprie sensibilità e preferenze, cogliere gli
aspetti e le sfumature più interessanti, consapevoli che ogni intervista
rappresenta solo un primo momento di scoperta di visioni e valori non
sempre conosciuti.
   La stesura di questo libro è diventata per noi come un viaggio, fisico in
primis tra capannoni, vigneti e showroom aziendali, ma anche metafori-
co, tra idee e contraddizioni di alcuni tra i protagonisti dell’imprenditoria
veneta. Per quanto consapevoli dei rischi del futuro si sono sempre di-
mostrati pronti a scommettere su nuove sfide: dalla quotazione in borsa
all’acquisizione di un aeroporto, dall’investimento in aziende in declino al
lancio di nuove collezioni, inventando improbabili quanto efficaci staffette
nella leadership e immaginando nuovi modelli di business in settori tradi-
zionali. Un viaggio in cui ci ha colpito, nonostante gli impegni quotidiani
e i voli transoceanici, la disponibilità riservataci e la voglia di raccontare
e condividere parte delle loro esperienze, attraversate da perenni sfide e
                                                                          125
Bizzotto, Pezzato                                                 Impavidi veneti

battaglie, 24 ore su 24, sempre in prima linea, lontani da quegli scenari
di pailettes e lustrini in cui spesso l’immaginario collettivo colloca invece
la figura dell’imprenditore nostrano.
   Sul fondo di questa personale proposta di una narrazione diversa del
nostro Nord Est e di una chiave di lettura anomala, emerge in filigrana
un mix di valori comuni su cui svetta chiaramente il coraggio, inteso non
tanto come una virtù, piuttosto come un’attitudine di fondo, con cui ce-
mentare gli altri ingredienti di una possibile ricetta per il successo, come
la passione, la determinazione e la visione sul lungo termine.
   Da questo viaggio usciamo arricchiti dall’umanità quotidiana degli im-
prenditori, determinati a vedere nel nostro territorio una diffusa presenza
di opportunità da cogliere.
   Abbiamo voluto partire dal coraggio perché questa componente può
diventare una leva potente con cui ripulire la memoria dalle scorie di un
recente passato appesantito da diversi nodi non ancora del tutto risolti;
il coraggioso è infatti colui che si espone, con un’idea, con un pensiero,
con progetto e visione, è colui che si espone in prima persona, tendenza
in deciso ribasso negli ultimi tempi. Il coraggio diventa il primo passo de-
cisivo di rottura di un equilibrio che ti fa uscire dalla zona di comfort e ti
spinge verso territori nuovi e sconosciuti. Queste interviste ci insegnano
comunque che il coraggio da solo non funziona, ma richiede una fenome-
nale preparazione e una formazione continua per riuscire a distillare quel
buon carburante in grado di far ripartire la macchina.
   Questo libro è il primo tassello di un progetto editoriale multimediale
che, sotto il cappello di Behind a Boss (www.behindaboss.com), vuole con�-
tribuire a raccontare i cambiamenti del nostro territorio e i protagonisti
di una possibile rinascita dell’Italia. Con oggi partiamo con un nostro ten-
tativo di contagiare con un pizzico di follia i giovani di questo territorio e
insieme a loro i colleghi, i compagni di avventure, per provare a ispirarli e
a ispirarci con esempi di storie di audacia quotidiana, per contribuire così
a rimettere in moto la locomotiva che per anni ha trainato l’Italia.

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Impavidi veneti                                                 Bizzotto, Pezzato

Ringraziamenti

Al termine di questa, per noi, opera prima non potevamo esimerci dal
ringraziare tutti coloro i quali hanno collaborato alla elaborazione del
materiale e alla stesura del libro.
   In primis il ringraziamento va ai nostri Impavidi, senza i quali non sareb-
be stato possibile realizzare il libro. Per poter disporre della loro preziosa
testimonianza è stato fondamentale il contributo di Benedetta, Chiara, Cri-
stina, Enrico, Federico, Giulia, Giuliamaria, Ivis, Lara, Lorna e Sarah, che
ci hanno aiutato a districarci nelle complicate agende degli imprenditori.
Grazie ad Alessandro, Massimiliano e Francesca che con un impagabile
atto di fiducia ci hanno seguito dall’inizio con cavalletti, telecamere e flash
dentro e fuori le zone industriali e i vigneti, mentre Marco e Giorgio con
spirito amanuense e somma calma erano intenti a trascrivere parola per
parola le videointerviste.
   Ringraziamo Marco Cosmo, direttore di Ca’ Foscari Alumni, per l’assist
con cui ci ha preparato la strada per la collaborazione con Edizioni Ca’
Foscari; ringraziamo parimenti il presidente di Edizioni Ca’ Foscari, il prof.
Eugenio Burgio, che fin da subito ha creduto nel nostro progetto.
   Nell’impostazione ed editing del libro è stato poi determinante il la-
voro di fine tuning di Massimiliano e Martina, che armati di buon senso
e molta pazienza ci hanno più volte riportato sulla retta via così come
Francesca e Domenico sono stati utili suggeritori nell’impostazione ini-
ziale del progetto. Un grazie preventivo a Stefano, webmaster del portale
www.behindaboss.com in cui caricheremo periodicamente i video delle
interviste ai nostri Impavidi e ad altri protagonisti del mondo dell’impresa
italiana.
   Un ringraziamento infine a Monica Boccanegra, presidente di Ca’ Fosca-
ri Alumni, e a Luca Barbieri, esperto di innovazione e di accelerazione di
sistemi editoriali, che nell’introduzione hanno impreziosito questa nostra
opera prima con le loro visioni e suggestioni.

Bizzotto, Pezzato. Conclusioni                                               127
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