Il welfare comunitario alla prova dell'emergenza Covid-19

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Il welfare comunitario alla prova dell’emergenza Covid-19 - 10-15-2020
a cura di Lombardia Sociale - Lombardia Sociale - http://www.lombardiasociale.it

Il welfare comunitario alla prova dell’emergenza Covid-19
Un contributo di Silvia Brena, Elisabetta Dodi, Cecilia Guidetti, membri del gruppo della ricerca di
Fondazione Cariplo e LombardiaSociale.it "Il futuro dei progetti di welfare comunitario"

I progetti di welfare comunitario di Welfare in Azione hanno portato cambiamenti nei sistemi di welfare
territoriale? Prosegue l’approfondimento riguardo gli esiti che stanno emergendo dalla ricerca di
Fondazione Cariplo e LombardiaSociale.it tutt’oggi in corso. In questo contributo: le riflessioni emerse in
tema di strategie sperimentate dai territori per “reggere l’impatto dell’emergenza”, preservare e “mettere
in sicurezza” alcuni cambiamenti sostenuti negli anni e in tema di rischi di non riuscire a preservare e
sostenere approcci e metodologie consolidate negli anni grazie ai progetti.

a cura di Lombardia Sociale - giovedì, Ottobre 15, 2020

http://www.lombardiasociale.it/2020/10/15/il-welfare-comunitario-alla-prova-dellemergenza-covid-19/

Il recente articolo sul futuro dei progetti di welfare comunitario ha illustrato i presupposti e le ipotesi alla
base della ricerca di LombardiaSociale.it e Fondazione Cariplo in merito alle tracce e alle ricadute
generate nelle politiche e nell’assetto dei sistemi di welfare locale dai progetti territoriali sostenuti
attraverso il programma Welfare In Azione.

L’emergenza sanitaria Covid-19 e le urgenze, anche in materia di welfare, che si sono generate nei
territori, hanno imposto un riorientamento della ricerca: nel corso del lavoro è divenuto prioritario capire
quanto il patrimonio generato dai progetti di Welfare in azione fosse stato funzionale nel fronteggiamento
dell’emergenza e quanto, nell’emergenza, i sistemi territoriali di welfare avessero dovuto modificare e
trasformare le proprie strategie di intervento e quali priorità fosse necessario e possibile immaginare per il
futuro dei sistemi di welfare.

Tra maggio e luglio 2020, sono stati quindi realizzati quattro focus group[1] rivolti ai progetti della prima
e seconda edizione del Bando Welfare in Azione, che hanno coinvolto i referenti dei progetti e degli
ambiti zonali già coinvolti nella prima fase della ricerca.

I quattro focus group sono stati realizzati in due differenti “fasi dell’emergenza”: a maggio, a ridosso
quindi del lockdown, e a metà luglio, a “fase 2” ormai avviata. Attraverso i focus sono stati esplorati
alcuni temi specifici, già emersi come prioritari attraverso le analisi e le interviste realizzate con tutti i
progetti ormai conclusi delle prime due edizioni[2]:

        nel mese di maggio 2020 sono stati realizzati due focus, il primo volto ad esplorare la “tenuta”, in
        fase di emergenza, delle strutture e dei dispositivi di governance[3] e il secondo finalizzato a
        capire se e come si fosse declinata l’attivazione dei cittadini e il coinvolgimento di nuovi target
        nei mesi di lockdown;
        nel mese di luglio 2020, a lockdown concluso e in fase di “ripartenza”, è stato riproposto
        nuovamente un focus sui temi della governance ed è stato realizzato un secondo focus finalizzato
        a comprendere se e come le innovazioni introdotte dai progetti di WIA nel sistema di offerta dei
        servizi fossero state di supporto o meno alla gestione dell’emergenza e quali eventuali nuove

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        innovazioni fossero state sperimentate nei mesi di lockdown.

La specificità dei temi esplorati ha certamente consentito di far emergere riflessioni molto puntuali in
merito a dimensioni specifiche di trasformazione dei sistemi territoriali, ma ha anche permesso di mettere
a fuoco tanto le strategie sperimentate dai territori per “reggere l’impatto dell’emergenza”, preservare e
“mettere in sicurezza” alcuni cambiamenti sostenuti negli anni, quanto i rischi, da più parti segnalati, di
non riuscire a preservare e sostenere approcci e metodologie consolidate negli anni grazie ai progetti.

Il welfare comunitario alla prova dell’emergenza
L’emergenza COVID e la crisi sociale, oltre che sanitaria, che ha portato con sé, ha spinto tutti i sistemi
territoriali a interrogarsi in merito alle priorità di intervento e a ridefinire e riarticolare i propri assetti e i
propri funzionamenti per rispondere ai bisogni emergenti cercando, contestualmente, di preservare
l’orientamento, ormai radicato, verso una modalità di intervento comunitaria, generativa e coprogettuale.
Certamente, ogni territorio, anche in relazione alla diversa diffusione dell’epidemia e alla gravità della
conseguente crisi sociale, ha affrontato l’emergenza attraverso proprie modalità, individuando possibilità,
soluzioni e risposte anche in tempi molto rapidi. Tuttavia, le riflessioni emerse nei focus group hanno
evidenziato, trasversalmente a tutti i territori, alcuni temi intrinseci e caratterizzanti il welfare comunitario
che ne definiscono le premesse e le basi di intervento e che oggi devono essere riletti, reinterpretati e
rivisitati in modo nuovo perché – a fronte dei rapidissimi cambiamenti in termini di bisogni, soggetti,
strumenti e priorità – possano comunque costituire un riferimento e un’asse importante dei sistemi di
welfare davanti alla crisi.

La ricerca, e tante altre riflessioni e dibattiti sviluppatisi in questi mesi, mostrano che l’approccio
comunitario e generativo al welfare non può considerarsi per dato, ma necessita un costante lavoro di
ripensamento e ridefinizione, poiché rischia di essere messo in secondo piano da un ritorno ad un
approccio di stampo maggiormente assistenzialistico dettato dall’urgenza di fornire rapide risposte e che
sta caratterizzando le principali misure di sostegno nazionali e locali post covid.

Bisogni, strumenti e spazi di partecipazione

La vulnerabilità crescente

L’emergenza sanitaria si è quasi immediatamente accompagnata a una grave situazione di crisi dal punto
di vista economico e sociale. Il lockdown ha svelato in forma drammatica ed evidente nodi irrisolti,
facendo emergere in modo subitaneo e acutissimo situazioni di vulnerabilità che si sono rapidamente
trasformate in condizioni di grave povertà, in situazioni di isolamento estremo, nell’assenza di reti e
legami ai quali poter fare riferimento.

Sono aumentate in modo esponenziale e improvviso le situazioni critiche e di bisogno che hanno portato
cittadini e intere famiglie – fino a febbraio 2020 lontane dal sistema di assistenza – a rivolgersi, in modo

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repentino, ai servizi di welfare e non solo. Sono quei cittadini che mai prima di oggi si erano rivolti ai
servizi e che, per la prima volta, hanno presentato domande per bonus, sostegni economici e hanno
chiesto aiuto ai servizi per capire come accedere e poter fruire delle misure straordinarie messe in campo.
La “vulnerabilità”, che per tanti progetti ha rappresentato in questi anni un target da esplorare, ricercare e
di cui individuare gli elementi specifici e caratterizzanti, con l’emergenza sanitaria si è resa visibile ai
servizi e ai territori in tutta la sua estensione, varietà e multidimensionalità.

Non ultimo, a fianco dell’emergenza economica e alimentare, sono via via emersi altri bisogni trasversali
e che interrogano in modo importante il welfare comunitario: la paura e la necessità di individuare forme
e strategie di rielaborazione della paura che passano inevitabilmente da esperienze relazionali e
comunitarie, la molteplicità dei problemi che attraversano le famiglie e la necessità di diversificare le
forme di sostegno, dal supporto scolastico, al sostegno alla genitorialità per genitori con figli molto
piccoli, agli interventi con i giovani o per gli anziani…

Quale povertà?

Allo stesso tempo, gli interventi su cui gli Ambiti si sono trovati a dover intervenire si sono concentrati in
questi mesi quasi esclusivamente sul tema della povertà economica. Dopo anni di sforzi per reinterpretare
la povertà economica dentro a una cornice più ampia e articolata, oggi si vede forte il rischio di tornare a
leggere la povertà in un’ottica monodimensionale.

La strada che si profila per molti territori dunque, è quella di riprendere con forza a lavorare sulla povertà
economica come “porta di accesso” per avvicinare le persone ai servizi di welfare e a percorsi di
accompagnamento attenti a far emergere anche bisogni e risorse più complessi e articolati. Se i criteri di
analisi del bisogno proposti oggi per comprendere la situazione delle persone durante e post emergenza
Covid sono univoci e talvolta riduttivi, lo sforzo è dunque quello di tornare a letture più ampie e
complesse. In questa direzione, superata la prima fase di riapertura dopo la crisi, alcuni territori si trovano
oggi a lavorare sulla ricostruzione e ricomposizione, ancora una volta, di strumenti e metodologie messi a
punto con i progetti, con misure e strumenti derivanti da altri livelli di governo (es. Bonus nazionali e
regionali).

Laddove inoltre, i progetti avevano già messo a sistema strumenti capaci di coniugare l’erogazione di
contributi economici con una prospettiva di attivazione e coinvolgimento dei destinatari, il lavoro per
“assorbire” e convertire anche le nuove misure legate all’emergenza nell’ottica di una attivazione e
ingaggio dei destinatari si sta rilevando decisamente più incisiva.

Il rischio di regressione a un welfare prestativo

A fronte di questa esplosione di bisogni di tutte le fasce di età, le prime risposte – da parte del governo,
della regione e spesso degli stessi Comuni e Ambiti – si sono mosse infatti nella direzione di fronteggiare
la crisi a partire dalla risposta ai bisogni primari: bonus economici e per la spesa, interventi di sostegno
per le spese abitative, dotazioni strumentali per la didattica a distanza.

Strumenti emergenziali assolutamente necessari che hanno risposto a bisogni rilevanti, ma che pongono
due problemi significativi per i sistemi di welfare territoriale.

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Da un lato, c’è un rischio evidente di riproporre un “funzionamento” dei sistemi di welfare secondo
logiche erogative e prestative “a sportello” che enfatizzano modalità prettamente assistenziali e poco
orientate a sostenere e valorizzare l’attivazione delle persone. Per un altro verso, nei mesi di emergenza,
la natura delle misure emanate e l’urgenza di “dover rispondere ai cittadini”, ha fatto sì che molti comuni
accentrassero le scelte programmatorie e la definizione di criteri e modalità di utilizzo ed erogazione delle
misure, con il conseguente rischio di infragilire il lavoro di anni dei progetti di welfare in azione, di
sperimentazione di modalità consolidate di gestione associata di servizi, progettualità e interventi
territoriali in sinergia anche con tutti i soggetti, editi e inediti, del welfare locale.

Rifondare la semantica comunitaria?

Di fatto, in una forma estremamente rapida e accelerata, si è evidenziata una difficoltà “intrinseca” alle
premesse stesse costitutive dei progetti di WIA e delle loro implementazioni territoriali: lavorare a favore
di un welfare comunitario in un momento in cui le relazioni tra persone si sono paralizzate ed anzi, sono
percepite come rischiose, impraticabili o comunque sono limitate, costituisce il primo significativo
ostacolo. Il problema non risulta essere solo pratico, e dunque relativo alla difficoltà di incontro e
aggregazione, ma connesso a una sorta di paralisi e atrofia dell’immaginario collettivo e comunitario: nei
mesi di quarantena, le dimensioni private e individuali sono diventate esperienze pressoché totalizzanti
nei quotidiani di persone e famiglie e le possibilità o le opportunità di esperienze collettive, comunitarie,
di incontro, attivazione, partecipazione non solo non sono state praticabili, ma hanno assunto
connotazioni minacciose, connesse alla dimensione del pericolo e del contagio.

Allo stesso tempo tuttavia, in risposta all’emergenza che ha così duramente colpito molti territori,
soprattutto in Lombardia, si è attivata una significativa forza di coesione e di rafforzamento dell’identità
comunitaria attraverso forme simboliche e attivazioni concrete. Il momento di crisi ha mobilitato
associazioni, gruppi informali e singole persone che si sono ingaggiate nel realizzare attività e interventi
di supporto del tutto volontarie a favore di chi si trovava in condizione di bisogno e o di estrema
difficoltà, attraverso la raccolta e la distribuzione di beni di prima necessità e il disbrigo di piccole
commissioni per quanti si trovavano in isolamento domiciliare o impossibilitati a uscire di casa.

Come anche questi mesi di riapertura stanno mostrando in modo evidente, per riavvicinarsi alle comunità,
per tornare a “stare insieme” e fare esperienza di contesti collettivi, che siano la scuola, il servizio o il
quartiere, sarà certamente necessario “riaprire gli spazi” e tornare ad abitare alcuni luoghi della comunità,
ma sarà anche necessario a fianco dell’organizzazione di modi sostenibili e sicuri per “stare in
comunità”, riattraversare e ricodificare la semantica dello “stare insieme”, raccontata per mesi come
minacciosa e pericolosa, ma generatrice anche di esperienze straordinarie.

Alimentare la partecipazione nata con l’emergenza

Dal punto di vista del rafforzamento delle relazioni in senso comunitario, pur in una fase di scarsa
possibilità di promuovere e sostenere relazioni informali, la dimensione di rete e la partecipazione
comunitaria attivata da alcuni progetti è stata dunque in grado di includere l’attivazione spontanea dei
cittadini in risposta al momento critico e di ricondurla dentro un quadro organizzato di sostegno alle
persone in stato di bisogno. La disponibilità e l’impegno del singolo cittadino hanno quindi trovato spazi
di partecipazione pensati, organizzati e tenuti spesso strettamente in correlazione con i Servizi Sociali dei
Comuni, trovando quindi una migliore canalizzazione e finalizzazione. Laddove i dispositivi o gli

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strumenti di partecipazione attiva dei cittadini erano consolidati, e sono riusciti a muoversi con sufficiente
elasticità e flessibilità nei confronti dei bisogni emergenti, sono riusciti anche a costituire un riferimento
importante dove far convergere nuove disponibilità. Al momento attuale, quindi, per le reti territoriali
risulta fondamentale riuscire a dare continuità a queste forme di attivazione e di partecipazione spontanea,
al di là della fase maggiormente critica.

Quali spazi e a quali condizioni

La repentina chiusura di tutti gli spazi di incontro e di socialità ha generato un generale spiazzamento nei
servizi, nelle istituzioni, tra i cittadini, e una prima fase di paralisi: tutto si è fermato, è stato necessario un
tempo per capire, orientarsi e riorientare energie e strategie e molti degli spazi “aperti”, riqualificati e
abitati dai progetti sono ancora oggi luoghi che non possono essere fruiti in relazione alle direttive
sanitarie e di sicurezza. Successivamente è seguita, ed è ancora in corso, una fase di ri-attivazione e
ricerca di luoghi e modi diversi di incontro e di canalizzazione delle tante energie che si sono rese
disponibili. L’interrogativo e lo sforzo oggi è dunque volto a capire come rigenerare anche altri e nuovi
spazi oltre a quelli già conosciuti, anche non convenzionali, riprogettandone anche l’organizzazione e le
modalità di fruizione.

Reti plurali e governance complesse

I dispositivi di governance alla prova

Quando parliamo di risposta all’emergenza ci riferiamo a una varietà di risposte messe in campo da tanti
e diversi soggetti e organizzazioni.

In tutti i territori considerati, infatti, il fronteggiamento della crisi si è declinato in azioni molto
diversificate che hanno visto il coinvolgimento e la partecipazione di tanti e diversi soggetti del territorio,
da quanti operano in ambito sociale professionalmente, quali cooperative e consorzi, alle associazioni, ai
gruppi informali e a singoli cittadini. Gli enti pubblici, i Comuni e gli Ambiti sono stati attori importanti,
ma non unici ed esclusivi, tanto nella ideazione, quanto nella realizzazione di interventi e azioni di
risposta all’emergenza.

In alcuni territori, si è riusciti a preservare una collaborazione e un coordinamento tra interventi e
soggetti, mentre in altri territori soggetti, attori e organizzazioni si sono mossi in ordine più sparso, non
riuscendo a condividere criteri e risorse: il tema della rete e della ricomposizione dei soggetti e delle
risorse si è evidenziato in tutta la sua rilevanza e allo stesso tempo, in tutta la sua fatica. Tempi stretti,
necessità di fornire risposte immediate, risorse scarse, incertezza sul futuro a breve e brevissimo termine
sono tutti elementi che hanno stressato i sistemi nel qui ed ora dell’emergenza, con il rischio di offuscare
il potenziale delle reti e delle collaborazioni. Le dinamiche di chiusura, isolamento, accentramento da
parte degli enti pubblici costituiscono uno degli elementi di forte rischio che tutti i territori hanno corso e
corrono tutt’oggi in risposta alla fase post-emergenziale, e rispetto a cui diventa oggi ancora più rilevante
che in passato rifondare e dare continuità alle esperienze di rete nate grazie ai progetti e poi proseguite.

E questo è uno dei temi che interroga la tenuta dei sistemi di welfare territoriale: se è vero che la

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ricomposizione delle risorse e dei soggetti del welfare ha costituito una priorità strategica e
programmatoria dei progetti di Welfare in Azione, si tratta oggi di riallestire, e laddove necessario, di
riprogrammare dispositivi di governance capaci di ricomporre le tante dimensioni del welfare che in
alcuni territori sono state stressate, in questi mesi, verso modalità di lavoro frammentate e parcellizzate,
tanto nei soggetti coinvolti, quanto negli strumenti di lavoro utilizzati. Ricomporre priorità e competenze
dei tecnici e dei politici, ricomporre le risorse, ricomporre le conoscenze e gli sguardi di operatori di
servizi diversi, ricomporre le conoscenze e le strategie praticate da soggetti informali con il lavoro dei
servizi…

Richiamando anche la rilevanza e la responsabilità di alcune scelte politiche e programmatorie che oggi
più che mai, possono consolidare le scelte e le strategie ricompositive lasciate in eredità dai progetti, o
viceversa assumere posizioni di chiusura e autoreferenzialità.

L’importanza di infrastrutture di rete

I territori che negli anni hanno presidiato lo sviluppo e il consolidamento di strumenti, metodologie e
approcci di tipo partecipativo e generativo, hanno certamente potuto godere, nell’emergenza sanitaria, di
un capitale di reti e interlocutori nei territori che si sono velocemente attivati, potendo contare su una
presenza capillare e diffusa e su strumenti e metodologie di lavoro consolidate per intercettare persone e
bisogni che via via emergevano. Una rete capillare e diffusa che ha permesso di rimanere costantemente
connessi e aggiornati con i bisogni di una fascia ampia di popolazione ed anche con l’evoluzione stessa
dei bisogni che hanno assunto forme e priorità diverse in relazione all’evoluzione della pandemia.

La fase di emergenza ha fatto toccare con mano il tema della corresponsabilità: dopo i primi momenti di
arresto di tutte le attività, la ripresa è stata stimolata da associazioni e cittadini che spesso sono riusciti a
intervenire più rapidamente dei servizi e delle istituzioni, potendo contare su una prossimità maggiore con
cittadini e bisogni e su interventi immediati, flessibili e leggeri. Nelle prime settimane di lockdown, non è
stato semplice per Comuni e Ambiti comprendere cosa le reti e i gruppi informali stessero stimolando o
avviando, ma laddove si è riusciti ad attivare sistemi di coordinamento e integrazione, la collaborazione
tra servizi, istituzioni, associazioni e interventi anche auto organizzati hanno promosso strategie di
governance e di collaborazione anche inedite.

Le reti tra pubblico, terzo settore, associazionismo, volontariato e gruppi di cittadini attivate con i progetti
hanno giocato un ruolo importante nei territori, soprattutto per stare in relazione con i bisogni dei territori
e nel far convergere e circolare informazioni e comunicazioni. Dal punto di vista delle funzionalità delle
reti come infrastrutture comunicative, di coordinamento e organizzazione tra soggetti e attori dei territori,
l’emergenza ha messo in luce il valore e gli esiti importanti raggiunti negli anni di lavoro dei progetti.
Tutte le reti, più o meno formalizzate, che i progetti hanno attivato sono state strategiche per veicolare
alla cittadinanza misure e supporti. Le reti e i canali di comunicazione aperti con i cittadini, che raramente
sono propri delle PA, ma su cui invece i progetti hanno molto investito, si sono rivelati in questi mesi
risorse strategiche per i territori e per fronteggiare le emergenze.

Le reti avviate dai progetti WIA negli anni, quali infrastrutture territoriali strategiche, sono state in molti
territori fondamenta importanti che hanno permesso al sistema di non crollare e hanno sostenuto
conoscenze e collaborazioni senza le quali si sarebbe rischiato uno schiacciamento ancora più accentuato
verso gestioni prestazionali e frammentate dei bisogni. In molti casi, i legami pregressi con gruppi e

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persone si sono mantenuti e consolidati, così come le reti interorganizzative sono state risorsa importante
anche per preservare una tensione progettuale soprattutto nella direzione della riapertura. Leggere
rapidamente i bisogni, mobilitare risorse informali per concretizzare la vicinanza alle persone, attivare
interventi di raccolta e distribuzione di alimenti o farmaci, gestire interventi di assistenza leggera alle
persone chiuse in casa, attivare interventi di vicinanza telefonica, comunicare in modo facile ed esteso le
opportunità disponibili in termini di aiuti e sostegni, sono tutti elementi che raccontano cosa sono state le
reti territoriali in questi mesi.

Presenza e remoto

È importante oggi, domandarsi come valorizzare quel patrimonio di relazioni e modalità di lavoro anche
virtuale che si è sperimentato in questi mesi e cercare di progettare strategie di lavoro “mix” tra virtuale e
presenza che possano facilitare, oltre che rafforzare, la relazione tra servizi e cittadini, la tessitura di
relazioni e di reti nel territorio e la possibilità di sperimentare nuove forme di comunicazione tra
istituzioni e cittadini.

Rafforzamento delle alleanze o autoprotezione delle organizzazioni?

Dal punto di vista dei sistemi e dei dispositivi di governance ci troviamo oggi nel mezzo di due dinamiche
forti, ma contrapposte: l’onda lunga della fase di forte coesione connessa all’emergenza, dove le alleanze
si sono consolidate e allargate nel nome di un obiettivo comune, e la spinta autoprotettiva e di “ritirata”
nei propri spazi di rappresentanza e di azione in risposta alla crisi. Questo conflitto si evidenzia a diversi
livelli, tra organi tecnici e politici, tra diversi Comuni o territori, tra diverse organizzazioni. Come agire la
spinta verso la coprogrammazione e coprogettazione e verso un nuovo lavoro ricompositivo che sia in
grado di leggere nuove istanze e formulare nuove risposte possibili? Alcuni territori hanno messo in
campo strategie “protettive” negoziando e sostenendo spazi e occasioni di mediazione soprattutto tra
livelli diversi e potenzialmente conflittuali, favorendo il confronto e lo scambio di conoscenze e letture tra
tecnici e politici, sollecitando momenti di lavoro tra amministratori di comuni diversi, sostenendo una
cogestione e una co-titolarità di misure e fondi che via via venivano emanati in fase di emergenza. Il
potenziale conflitto tra le due istanze chiede oggi di fare scelte ancora più decise e forti dell’epoca pre-
covid.

Un welfare comunitario a tutto tondo

In qualche caso, la spinta a “ricavalcare”, con ancora maggiore forza, l’onda del welfare comunitario, si
spinge anche nella direzione di trasferire l’approccio generativo e ricompositivo ad altre aree ed ambiti di
intervento. In particolare, il settore socio-sanitario e il settore educativo costituiscono due ambiti che –
messi a dura prova dallo stato di emergenza – hanno mostrato criticità, debolezze e inadeguatezza nel
rispondere ai bisogni, per conformazioni storiche e intrinseche ai relativi sistemi di offerta e a causa di
dinamiche competitive molto accentuate. Gli apprendimenti derivanti dal progetto aprono quindi nuove
prospettive che, forse anche proprio in seguito alla breccia che l’emergenza ha creato nel funzionamento
dei servizi, possono trovare spazio di sviluppo.

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Le radici e le ali
Quali sono allora oggi, gli elementi di radicamento che vediamo nei territori coinvolti da Welfare in
Azione e quali gli spunti di rilancio, sviluppo e consolidamento utili a non disperdere e a valorizzare il
patrimonio di relazioni, apprendimenti e competenze di questi anni? Nelle riflessioni dei territori
ritornano con forza le parole chiave che hanno accompagnato l’esperienza di Welfare in Azione, parole
chiave rispetto alle quali oggi c’è maggiore esperienza e consapevolezza e che possono costituire una
buona mappa per il futuro dei territori.

Il tempo

L’emergenza ha fornito l’occasione per sperimentare una nuova dimensione temporale, soprattutto nei
processi di lavoro e decisionali dei servizi e dei sistemi di governance. Leggere un bisogno emergente e
immediatamente organizzare una risposta non è abituale per sistemi di servizi spesso ingessati in
procedure decisionali o burocratiche lunghe e complesse. Sperimentare dispositivi comunicativi e
decisionali solidi, ma flessibili ha consentito una forte accelerazione degli interventi e dei processi di
lavoro e di presa in carico, spesso anche grazie alla strumentazione digitale. Una delle sfide di oggi è
mantenere in equilibrio la celerità e la flessibilità nell’organizzare le risposte con la capacità di mantenere
governance aperte e partecipate, evitando la chiusura e la spinta verso strategie erogative e
individualizzate di fronteggiamento della crisi.

Welfare e innovazione digitale

La necessità di dover, inevitabilmente, utilizzare e attivare strumenti e processi di lavoro digitali è stata
evidente, superando spesso antiche resistenze e mostrando potenzialità e opportunità anche non
immaginate, tanto per i servizi, quanto per le amministrazioni e le organizzazioni territoriali.
L’investimento digitale e tecnologico, dove già era stato intrapreso e perseguito, ha costituito una base
sicura alla quale appoggiarsi per facilitare la comunicazione e la relazione tra i soggetti della rete e tra i
servizi e i cittadini. L’utilizzo e lo sviluppo di bacheche, app, siti, durante la fase di lock down ha avuto
una fortissima accelerazione e costituisce un territorio di sperimentazione importante.

Contemporaneamente però, come è risultato particolarmente evidente in ambito scolastico ed educativo,
la spinta tecnologica e digitale è fortemente ambivalente perché porta sempre con sé un forte rischio di
esclusione, in termini di strumentazione di accesso e competenze necessarie all’utilizzo. Un ripensamento
di strumenti, metodologie e interventi attraverso un connubio tra virtuale e reale costituisce dunque la via
che si sta aprendo per tutti i territori, per potenziarne le opportunità con l’attenzione però a non produrre
nuovi meccanismi di esclusione.

Corresponsabilità e ricomposizione

Oggi, parlare di ricomposizione non significa solo pensare alle risorse, ma ripensare i sistemi territoriali
in relazione a quello che è stato in termini di investimento, lavoro e strategia di ricomposizione.

È importante ricomporre la dimensione tecnica e la dimensione politica che oggi si trovano spesso
distanti nel come interpretare priorità e modi per rispondere ai bisogni dei cittadini; è importante

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                                   ricomporre aree e ambiti di policy, in particolare educativo, sociale e socio-sanitario che oggi, ancora più
                                   di prima, rischiano di procedere in modo del tutto separato, così come diventa altrettanto importante
                                   ricomporre le visioni e le strategie tra chi programma e decide e chi realizza gli interventi nei territori e
                                   nei servizi, perché sono profondamente cambiati gli scenari e i problemi e oggi più che mai, è solo
                                   nell’attivazione di corresponsabilità tra soggetti differenti che diviene possibile immaginare una presa in
                                   carico di problemi individuali e sociali che necessitano dell’integrazione tra risorse e competenze anche
                                   molto eterogenee che nel periodo di lockdown sono apparse in modo evidente, come necessarie e
                                   fondamentali per poter fronteggiare la crisi e che sarebbe miope non valorizzare e sostenere nei prossimi
                                   mesi.

                                   [1] Si ringraziano per la collaborazione l’intensa partecipazione ai focus group: Elena Rocca per Genera-
                                   azioni, Paolo Granetto per Family Like, Maria Vittoria Della Canonica e Valentina Ghetti per #Vai,
                                   Elisabetta Alemanni e Caterina Caselli per Comunità Possibile, Paola Bazzoni per La cura di casa, Silvia
                                   Ventura, Michela Oleotti e Cristina Cortini per Fare legami, Federico Gaudimundo e Giuseppe Cangialosi
                                   per Oltre i perimetri, Francesca Romano, Francesca Megni e Silvia Bonizzoni per Brescia città del noi,
                                   Massimo Bevilacqua e Luca Verri per Più segni positivi, Paolo Dell’Oro e Raffaella Gaviano per Living
                                   Land, Dina Fiammelli Donatella Barberis e Marta Giorgi per Rigenerare Valore Sociale nel Lodigiano.
                                   [2] Per approfondimenti e specifiche in merito alle finalità e alla metodologia della ricerca si rimanda
                                   all’articolo precedentemente pubblicato.
                                   [3] La governance territoriale è qui intesa come l’insieme di enti e soggetti che partecipano alla
                                   programmazione, governo e sviluppo delle politiche territoriali. Per dispositivi di governance si intendono
                                   gli strumenti e i luoghi (cabine di regia, tavoli di programmazione, assemblee, etc) che formalizzano la
                                   partecipazione estesa dei soggetti del territorio al governo stesso dei progetti e delle politiche.

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                                                                                                                                            9/9

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