Il Ministero di Giustizia smentisce Il Dubbio e Sansonetti

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Il Ministero di Giustizia smentisce Il Dubbio e Sansonetti
Il Ministero di Giustizia smentisce
Il Dubbio e Sansonetti

                                         ROMA    –   “Mai    chiesta
intervista al ministro e, di conseguenza, mai negata, né al direttore
Sansonetti, né ad altri giornalisti de ‘Il Dubbio’, testata che
seguiamo sempre con grande interesse considerate le tematiche trattate
e il livello di approfondimento“. Così l’Ufficio stampa di via Arenula
smentisce seccamente alcune indiscrezioni pubblicate oggi su “Il Fatto
Quotidiano“.

“Si precisa, onde evitare equivoci di sorta e per quanto probabilmente
superfluo, che, al di là di quelle che potranno essere scelte di
indirizzo redazionale, mai vi è stata alcuna interferenza di sorta del
ministro Bonafede, che neppure consta essersi rifiutato di rilasciare
interviste al quotidiano ‘Il Dubbio‘” aggiunge Andrea Mascherin,
presidente del Consiglio Nazionale Forense, editore di fatto del
quotidiano Il Dubbio , che di fatto smentisce e ridicolizza la “fake
news” del giornale diretto da Marco Travaglio e la gola profonda che
aveva ispirato la falsa notizia.

Il Consiglio Nazionale Forense, editore del quotidiano Il Dubbio,
avrebbe deciso di sostituire il direttore del medesimo quotidiano,
Piero Sansonetti, con Carlo Fusi, un volto noto del giornalismo
italiano sicuramente più equilibrato dell’attuale direttore. Adesso
Sansonetti e qualche suo “fedelissimo” con la fedina penale più che
sporca possono mettersi l’anima in pace.
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“Nel 2019 cattureremo Matteo
Messina Denaro”
ROMA – “Il 2019 sarà l’anno della cattura di Matteo Messina Denaro”.
Questo è il monito lanciato dal procuratore nazionale Antimafia e
Antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, in un’intervista
a www.Gnewsonline.it, il nuovo quotidiano d’informazione online del
Ministero della Giustizia.

In un colloquio con Massimo Filipponi, il procuratore De Raho ha fatto
il bilancio del suo primo anno alla guida della Procura Nazionale
Antimafia e Antiterrorismo, evidenziando i risultati ottenuti e
valutando i provvedimenti legislativi adottati in materia di lotta
alla corruzione e quelli che favoriranno l’ingresso di nuovi
magistrati e di personale amministrativo nella macchina della
Giustizia.

De Raho si è anche soffermato sulle figure e sugli insegnamenti di
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ricordando come l’intuizione dei
due magistrati abbia modificato profondamente e potenziato le tecniche
di indagine e di contrasto alla criminalità organizzata. Sulla
latitanza del boss Messina Denaro, il procuratore ha dichiarato: “Le
reti che lo attorniano e che lo sostengono sono sempre numerose ma di
volta in volta, mese dopo mese, si interviene tagliandole. Così
facendo ci si avvicina all’obiettivo e credo che il 2019 sarà proprio
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l’anno della fine della sua latitanza”.

“È la prima delle novità di questo 2019 e vogliamo che Gnews diventi
un punto di riferimento per l’informazione nell’ambito della
giustizia, che lo faccia avendo come bussola i principi del
giornalismo e la conseguente autonomia che questi portano con sé.
Anche per questa ragione vorremmo che fosse uno spazio di dibattito e
cominciamo subito ospitando nelle nostre colonne i contribuiti di
alcuni degli attori principali della giustizia” si legge
nell’editoriale.

Su Gnewsonline.it si possono trovare gli interventi di Andrea
Mascherin, presidente del Consiglio Nazionale Forense, Antonio De
Notaristefani, presidente dell’Unione delle Camere Civili, Francesco
Minisci, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati e Gian
Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere Penali.

“Quello di oggi è, quindi, un ulteriore passo concreto che compiamo
per attuare quell’apertura delle porte di via Arenula già intrapresa
dal ministro Alfonso Bonafede. E per farlo abbiamo un nuovo strumento,
creato grazie alla collaborazione fra l’Ufficio stampa e la Direzione
generale per i Sistemi informativi automatizzati del Ministero. Il
quotidiano sarà gestito dall’Ufficio stampa e informazione di via
Arenula. Chiunque volesse collaborare può scrivere all’indirizzo
email ufficio.stampa@giustizia.it per sottoporre le sue proposta. Noi
ci siamo. Un buon anno a tutti i lettori” conclude l’editoriale.

Il caso Cesare Battisti. Nonostante
la disinformazione di un certo
giornalismo “militante”,
estradizione sempre più vicina
ROMA – Secondo il quotidiano il Dubbio, finanziato dal Consiglio
Nazionale Forense attraverso una sua fondazione, contro il volere di
alcuni ordini territoriali che hanno fatto ricorso persino al Tar, a
cause anche delle perdite vicine al milione di euro del giornale
diretto da Piero Sansonetti, sarebbe “impossibile riportare Cesare
Battisti in Italia rispettando le leggi brasiliane. Per rimpatriarlo
occorre necessariamente violare le norme. Questo sostiene il gruppo di
sei avvocati dell’ex militante dei Proletari armati per il comunismo
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condannato all’ergastolo in Italia per quattro omicidi compiuti negli
anni Settanta di cui lui si dice innocente” . Secondo la giornalista
del Dubbio, “se una strada legale per il rimpatrio forzato invece c’è,
l’ambasciata italiana a Brasilia non l’ha ancora trovata“.

Forse sarebbe il caso che qualche autorevole penalista italiano
facesse ai giornalisti del Dubbio un bel corso accelerato di procedura
penale, e che spieghi loro che le sentenze non si valutano, ma si
rispettano. Magari aggiornandosi…visto la presa di posizione del
ministro della Giustizia brasiliano Torquato Jardim già consigliere
del Tribunale Superiore Federale (TSF), ritenuto un “fedelissimo” del
presidente Temer di cui è tra i più ascoltati consiglieri in materia
giuridica.
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il ministro Torquato Jardim

“Cesare Battisti”, spiega il ministro Jardim in un’intervista alla Bbc
Brasil, “ha rotto il rapporto di fiducia con il paese che lo sta
ospitando. Ha cercato di uscire da Brasile senza una ragione precisa
dicendo che stava andando a comprare materiale da pesca. In questo
modo ha rotto quel rapporto di fiducia che si instaura sempre tra un
ospite particolare come l’italiano e il Paese che lo accoglie. Ha
commesso un illecito. Stava andando in Bolivia con una somma di denaro
superiore a quella consentita e senza un valido motivo apparente”. Una
presa di posizione non da poco a cui il Guardasigilli Andrea Orlando
plaude apprezzando il mutamento di valutazione sulla vicenda da parte
del governo brasiliano.

La polizia federale brasilia sta “controllando ogni passo” dell’ex
membro dei Proletari Armati per il Comunismo, da quando ha ottenuto la
libertà provvisoria seguita all’arresto per sospetto traffico di
valuta il 5 ottobre a Corumba, al confine con la Bolivia. Gli agenti
hanno ricevuto l’ordine di tenere sotto controllo la casa di Cananeia,
sul lungomare paulista, dove l’italiano ha dichiarato di aver
stabilito la propria residenza, per accertare e confermare la sua
presenza sul posto.
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Nell’intervista rilasciata alla Bbc Brazil, il ministro della
Giustizia Torquato Jardim si è soffermato sulla serie di sentenze
giuridiche degli ultimi giorni, ricordando che la decisione di non
concedere l’estradizione di Battisti, adottata dall’ allora presidente
Lula poteva essere rivista entro 5 anni, cioè è sta prescritta nel
2015. Il consigliere-ministro del Supremo, Marco Aurélio Mello su
questo punto. si espresse in maniera molto chiara            “Per una
revisione”, ricorda Jardim nell’intervista “era necessario un fatto
nuovo. E quel fatto è avvenuto quando Battisti ha cercato di passare
la frontiera con la Bolivia violando la legge brasiliana
sull’esportazione di valuta”.
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La posizione del Guardasigilli brasiliano ha un influente alleato,
cioè João Doria, figura emergente del PSDB, lo stesso partito di
Temeril, ed attuale potente sindaco di San Paolo, probabile prossimo
candidato alla presidenza nelle elezioni dell’ottobre 2018, il quale a
sua volta ha colto l’occasione di una visita a Milano per esprimere
una posizione netta sulla tumultuosa vicenda legata all’ex militante
dei Pac. “Adesso in Brasile abbiamo un Governo veramente democratico .
Non possiamo dare protezione ad un criminale come Battisti. La
richiesta di estradizione del Governo Italiano deve essere concessa e
applicata”. Infatti a “salvare” Cesare Battisti fu l’ex- presidente
Luiz Inacio Lula da Silva, proprio nel suo ultimo giorno di mandato il
31 dicembre del 2010, negando l’estradizione.

Cesare Battisti si arrampica sugli specchi sostenendo che è stata una
trappola, e che è stata pianificata proprio per incastrarlo. Nessun
tentativo di fuga. A suo dire un “normale viaggio in Bolivia per
comprare cose che laggiù costano meno” e concede brevi interviste solo
a quotidiani e tv brasiliane E lo fa seguendo una strategia mediatica
ben precisa con il chiaro intento di condizionare la decisione del
Governo brasiliano. Parla al paese che lo ospita, quello che deve
decidere il suo futuro. Due giorni fa aveva dichiarato che la sua
eventuale estradizione equivaleva “ad una condanna a morte”. In realtà
la condanna a morte l’hanno subita le persone che lui ha ucciso in
Italia prima di fuggire in Brasile. Ma tutto questo il Dubbio non lo
racconta…
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Oggi   Battisti     si    è
scagliato contro l’Italia, dalla pagine di Folha de Sao Paolo, il
quotidiano più letto nella capitale economica-finanziaria del
Brasile,   definendo il proprio Paese un “paese così arrogante”.
Latitante da 36 anni, condannato in via definitiva a due ergastoli per
due omicidi e altri due per concorso in omicidio, sostiene che “in
Italia sono convinti che sia un compito facile portarmi via da qui.
Nei miei confronti c’è un chiaro atteggiamento di orgoglio e vanità”.

Il ministro della Giustizia brasiliano Jardim ha comunque consigliato
il presidente Temer prima di firmare il decreto presidenziale pronto
da giorni per l’estradizione ad attendere       il verdetto del TSF,
il Tribunale Superiore Federale , a cui si è rivolta la difesa di
Battisti per chiedere l’”habeas corpus”, la conferma della libertà che
blocchi l’estradizione. Secondo Jardim “Si deve procedere nel massimo
rispetto della nostra giurisprudenza, non si può correre il rischio di
un annullamento da parte del Supremo”.

La decisione sull’habeas corpus spetta al giudice monocratico Luiz
Fux. E sempre secondo indiscrezioni di fonte brasiliana, il Governo
starebbe già preparando un parere, nel caso in cui la Corte ritardasse
la sentenza o stabilisse che la decisione spetta all’esecutivo. Ma per
ora il governo sembra intenzionato ad agire solo dopo che il giudice
si sarà pronunciato. E Battisti ha sempre più probabilità di rientrare
in Italia ed espiare le sue pene, che di restare a fare il “latitante”
in Brasile.
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Ministero Giustizia-Cassazione:
processo penale telematico, sulla
Gazzetta Ufficiale decreto per
notifiche cancellerie

Il Guardasigilli Andrea Orlando

ROMA – Prosegue l’opera di complessiva innovazione di tutti gli
aspetti organizzativi e normativi legati al processo telematico. Da
oggi sarà infatti in Gazzetta Ufficiale il decreto firmato dal
ministro della Giustizia Andrea Orlando con il quale, sentiti
l’Avvocatura Generale dello Stato, il Consiglio Nazionale Forense e i
Consigli degli Ordini degli avvocati, vengono autorizzate le
notificazioni a persona diversa dall’imputato a cura delle cancellerie
della Corte Suprema di Cassazione, come previsto dall’art. 16 del
decreto-legge 179/2012, convertito nella legge 221/2012. Il decreto
sarà in vigore a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello
della sua pubblicazione.

“Dopo il via libera nel gennaio 2016 alle comunicazioni e
notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili della
Suprema Corte, oggi facciamo un altro grande passo avanti, questa
volta nel settore penale”, commenta soddisfatto il Guardasigilli.
“D’altronde un processo moderno deve rinnovarsi anche nello stile
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degli atti processuali: le sentenze, come gli atti della difesa, non
sono fine a se stessi ma debbono servire al processo. L’inevitabile
cambiamento culturale richiesto nell’approccio al processo nelle sue
diverse fasi è legato anche alle misure di degiurisdizionalizzazione,
oggetto di ripetuti interventi normativi e organizzativi che abbiamo
messo in campo in sintonia e piena collaborazione con magistrati,
avvocati e operatori del diritto”.

                                            Il Primo Presidente della
Corte Suprema di Cassazione, dott. Giovanni Canzio, ha espresso viva
soddisfazione per il traguardo conseguito: “sono certo che, come è
avvenuto per il giudizio civile, anche quello penale di legittimità
beneficerà dei vantaggi, in termini di efficienza e di più razionale
organizzazione del lavoro di cancelleria, derivanti dall’adozione
della tecnologia telematica. Il sistema delle notificazioni
telematiche nel giudizio penale di cassazione rappresenta, del
resto, un ulteriore, significativo tassello di un processo di
innovazione che vede fortemente impegnata la Corte negli ultimi anni.“

Il quotidiano “Il Dubbio” oggetto
di cause interne all’ avvocatura.
La decisione al Tar Lazio
ROMA – Non è piacevole preoccuparsi dei problemi editoriali di un
concorrente, ma non ci si può esimere allorquando si tratta
dell’organo di stampa del Consiglio Nazionale Forense, cioè l’ Ordine
Nazionale degli Avvocati. Stiamo parlando del quotidiano Il Dubbio
diretto dal bravo collega Piero Sansonetti, edito con la dichiarata
intenzione di far sentire la voce dell’avvocatura sui temi di
attualità. L’Associazione Nazionale Forense cui aderisce il Sindacato
Avvocati di Bari nella scorsa primavera ha aperto una vera e propria
guerra interna, con un ricorso depositato dinnanzi al Tar Lazio.
Nella giornata di oggi il Sindacato Avvocati Bari (ANF) e Avvocati Ora
hanno divulgato sui social network stralcio del bilancio di esercizio
al 31.12.2016 della società editrice del Dubbio, che riporta una
perdita di esercizio pari a € 836.500 depositato della Edizioni
Diritto e Ragione srl , società editrice costituita il 10 dicembre
2015, avente socio unico la FAI-Fondazione per l’Avvocatura Italiana,
istituita dal CNF,      che ha stanziato all’atto del “lancio” sul
mercato editoriale, un contributo-finanziamento complessivo di
1.100.000 euro. A contestare l’operazione editoriale del CNF anche l’
Organismo Unitario dell’ Avvocatura

Sul piede di guerra anche il Movimento forense, da sempre contrario
all’iniziativa editoriale del Cnf. Il segretario Massimiliano Cesali
al debutto in edicola del quotidiano Il Dubbio scriveva, “è
un’iniziativa in conflitto con le funzioni che la legge riconosce
all’Ente e comporta un ingente impiego di denaro degli
avvocati”. Peraltro, proseguiva il segretario del Movimento forense,
questa scelta “rende sempre più evidente l’ambizione da parte del CNF
di svolgere una funzione politica non sua, in antitesi con l’art. 39
della Legge Professionale. Ciò genera confusione negli avvocati e
offre giustificazioni alla politica“.

Il progetto editoriale del Dubbio si sarebbe impantanato      secondo
quanto ci ha raccontato una fonte interna a causa di          impegni
editoriali e pubblicitari assunti dal Gruppo Sole24Ore,        la cui
concessionaria pubblicitaria avrebbe dovuto garantire delle    entrate
pubblicitarie, mai arrivate, motivo per cui Sansonetti si sarebbe
rivolto recentemente alla “benevolenza” del Cav. Silvio Berlusconi,
sperando nel supporto editoriale-pubblicitario della Mondadori
Pubblicità e di Publitalia, società controllate dall’ (ex) Cavaliere.

Dalla Nota integrativa al Bilancio 31.12.2016 della società Edizioni
Diritto e Ragione Srl si legge: “In recepimento dell’art. 1 del D.Lgs.
n. 173/2008, la società ha stipulato i seguenti accordi in funzione
della natura e dell’obiettivo economico, dell’effetto patrimoniale,
finanziario, economico: la società è stata costituita dalla Fondazione
dell’Avvocatura Italiana per dar seguito alla convenzione stipulata
dalla stessa con il Consiglio Nazionale Forense che mediante la
Fondazione ha dato seguito all’iniziativa editoriale decisa nella
seduta straordinaria del 29 ottobre 2015 e approvata nella seduta
amministrativa del 19 novembre 2015. Con la stipula della predetta
convenzione il CNF si è impegnato a dare copertura finanziaria e a
determinare in via anticipata l’ammontare dei contributi che erogherà
alla FAI tenendo conto dell’entità e della rilevanza del progetto
editoriale, delle risorse di personale, mezzi e servizi necessari,
nonchè delle attività svolte da quest’ultima in attuazione del
predetto affidamento”

“L’articolo 2427, comma 1, numero 22-quater del Codice Civile –
continua la nota integrativa al bilancio 2016 – richiede che debbano
risultare i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio.
Si considerano fatti di rilievo quelli che, richiedendo o meno
variazioni nei valori dello stesso, influenzano la situazione
rappresentata in bilancio e sono di importanza tale che la loro
mancata comunicazione comprometterebbe la possibilità dei destinatari
dell’informazione societaria di fare corrette valutazioni e prendere
decisioni appropriate. A tal proposito, si illustra la seguente
informativa, nella quale viene posta evidenza della stima dell’effetto
sulla situazione patrimoniale, finanziaria ed economica ovvero le
ragioni per cui l’effetto non è determinabile. In ottemperanza agli
impegni assunti dal CNF per l’attuazione del progetto editoriale per
tramite della FAI è stato deliberato per il 2017 un finanziamento a
copertura delle eventuali perdite pari a euro 1.000.000,00.”
Pertanto se la matematica
non è un opinione, ad oggi il quotidiano Il Dubbio è costato agli
avvocati italiani la modica….cifra di due milioni di euro ! Il
problema è che non basta trovare i soldi o far scrivere qualche bravo
giornalista per mantenere in piedi un quotidiano con ambizioni di
diffusione nazionale. Bisogna innanzitutto trovare qualcuno capace di
fare l’editore.

Invecese secondo gli avvocati che contestano l’iniziativa editoriale,
l’ “’iniziativa grava nell’immediato quanto ai costi sugli Avvocati
italiani, visto che viene finanziata dal CNF attraverso i contributi
richiesti dagli ordini forensi agli iscritti, ha sollevato perplessità
e dubbi circa la sua legittimità rispetto alle norme che disciplinano
l’editoria e alle norme dell’ordinamento professionale“.

L’iniziativa del COA Bari su Il Dubbio

                  ESTRATTO VERBALE DEL 20 APRILE 2016
                   Punto n. 11 all’Ordine del Giorno
 (Assemblea straordinaria degli iscritti del 15/03/2016 – deliberato-
                            determinazioni)
  Il Consiglio, vista la delibera assembleare degli iscritti del 15
 marzo 2016, ritenendo di dover dare corso alle ulteriori indicazioni
provenienti dagli iscritti, approva il seguente deliberato:
              Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bari,
    facendo proprio il deliberato dell’Assemblea degli iscritti del 15
 marzo 2016, che demanda al COA di Bari la richiesta di intervento del
            Ministro della Giustizia e delle Autorità competenti
                                   PREMESSO
– che costituisce ormai fatto notorio, per averlo più volte comunicato
   il Presidente Mascherin sia negli incontri periodici con gli Ordini
circondariali, sia in riunioni degli Ordini distrettuali appositamente
  convocati, che il CNF si è reso editore di un quotidiano generalista
                                (“Il Dubbio”);
 – che l’iniziativa editoriale, presentata, in termini mediatici, come
 potente mezzo di comunicazione degli avvocati e, in termini politici,
 come strumento di contrasto ai cc.dd. “giornali delle procure”, desta
 perplessità in numerosi avvocati, fra i quali, quelli del Foro Barese
               e il Consiglio dell’Ordine che li rappresenta;
       – che, dalle notizie diffuse, risulta che il CNF e la propria
    Fondazione (FAI – Fondazione Avvocati Italiani), ha costituito una
 società di capitali (Edizioni Diritto e Ragione srl.), che provvederà
                     alla pubblicazione del quotidiano;
                                   RILEVATO
  – che la società di capitali, denominata “Edizioni Diritto e Ragione
 srl”, ha quale socio unico la F.A.I., presieduta dall’avv. Mascherin,
                             presidente del CNF;
 – che, ai fini della diffusione del quotidiano, i componenti del CNF,
  con il direttore responsabile, hanno partecipato a numerose riunioni
degli ordini distrettuali, invitandoli ad offrire contributi ovvero ad
          abbonare “di ufficio” gli iscritti ai rispettivi albi.
                                 CONSIDERATO
      – che il CNF, secondo la legge 247/2012, è un Ente pubblico non
        economico, “soggetto solo alla vigilanza del Ministro della
     giustizia”, la cui funzione istituzionale è unicamente quella di
  “garantire il rispetto dell’Ordinamento professionale e delle regole
  deontologiche”, “con finalità di tutela dell’utenza e degli interessi
      pubblici connessi all’esercizio della professione e al corretto
          svolgimento della funzione giurisdizionale” (art. 24);
       – che l’art. 35, nel definire in modo puntuale i compiti e le
 prerogative del CNF, prevede unicamente che quest’ultimo possa curare
“mediante pubblicazioni, l’informazione sulla propria attività e sugli
              argomenti d’interesse dell’avvocatura” (lett.p);
    – che, conseguentemente, il vigente Ordinamento professionale non
sembra consentire nè la pubblicazione di quotidiani generalisti, né la
  utilizzazione dei contributi annuali degli avvocati per fini diversi
    da quelli istituzionali (“necessari per coprire le spese della sua
                        gestione”, art. 35 comma 2);
                              RILEVATO ALTRESI’
   – che l’art. 1 comma 13 della legge 5.8.1981 n. 416, riguardante la
disciplina delle imprese editoriali, conferma la impossibilità, per il
   CNF, di pubblicazione di un giornale, facendo espresso divieto agli
  Enti pubblici di costituire o, comunque, di acquisire partecipazioni
    in aziende editoriali di giornali o di periodici “che non abbiano
          esclusivo carattere tecnico inerente l’attività dell’Ente”
                    Tanto premesso, rilevato e considerato,
                                      CHIEDE
    che il Ministro della Giustizia, nell’esercizio dei suoi poteri di
         vigilanza e le altre Autorità interessate, nell’ambito delle
     rispettive competenze, con riferimento all’iniziativa editoriale
      assunta dal CNF con i contributi dovuti dagli avvocati (pena la
    sospensione dall’albo), vogliano esperire ogni opportuna indagine,
         operare le necessarie valutazioni ed emettere gli eventuali
       provvedimenti di rispettiva competenza. In particolare, chiede
    a) se sia conforme ai fini istituzionali del C.N.F. ed alla legge
  sull’editoria la pubblicazione di un giornale generalista tramite la
                                     F.A.I.;
  b) se al C.N.F. sia consentito utilizzare risorse degli avvocati sia
     provvedendo al pagamento degli stipendi dovuti al direttore e ai
 redattori, sia riservando al corpo redazionale appositi locali presso
                la sede consiliare di via del Governo vecchio.
          c) se sia consentito al C.N.F. sollecitare gli Ordini e le
Associazioni forensi a fornire contributi e abbonamenti degli iscritti
 e se sia consentito, da parte di questi ultimi, abbonare “di ufficio”
    i propri iscritti, senza la previa acquisizione del loro espresso
        consenso, trattandosi non già di rivista tecnica o notiziario
          informativo interno, ma di normale quotidiano generalista.
   d) se, supposta la legittimità e correttezza dell’iniziativa, siano
    corrette le modalità di assunzione dei giornalisti, di scelta dei
fornitori (carta, tipografo, distributore, raccolta pubblicitaria), di
         selezione dei collaboratori e di utilizzo delle risorse e di
             appostamento in bilancio delle relative voci spesa.”
     Si delega il sig. Segretario alla trasmissione del deliberato al
  Ministro della Giustizia, all’Autorità Garante per le Comunicazioni,
   all’Autorità Nazionale Anticorruzione, al Garante per la protezione
       dei dati personali, a tutti gli Ordini forensi nazionali ed ai
                                  Consiglieri.

Il ricorso presentato successivamente al Tar Lazio verte su alcuni
quesiti:   può un ente pubblico, quale è il Consiglio Nazionale
Forense, esercitare l’attività di editore di un giornale generalista?
Può farsi rientrare tra le pubblicazioni su temi di interesse
specifico dell’avvocatura attribuite dalla legge professionale alla
cura del CNF un quotidiano che tratti temi di attualità, finanziato
con i contributi degli iscritti agli ordini e che, peraltro, a meno di
un anno dall’uscita, è già difficile reperire nelle edicole della
città?
E resta da capire un particolare a dir poco “strano” segnalatoci da
non pochi avvocati. Il quotidiano Il Dubbio risulta essere stato
registrato al Tribunale di Bolzano (n. 7 del 14 dicembre 2015). Eppure
il Consiglio nazionale Forense, FAI-Fondazione per l’Avvocatura
Italiana, e la società editrice Edizioni Diritto e Ragione srl hanno
tutti sede legale ed operativa a Roma, come anche la redazione del
giornale. Cosa c’entra Bolzano ?

Il procuratore di Roma Pignatone
censura i “flirt” tra certi Pm ed
alcuni giornalisti
ROMA – Giuseppe Pignatone il procuratore capo della Procura di Roma,
nella turbolenza di una pubblica polemica sottile e tecnicamente
legalitaria con i propri colleghi di Napoli, ha la nota qualità di
mantenere alta la propria ironia ed imperscrutabile aplomb manifestato
in occasione della conferenza su “Inchieste giudiziarie, diritto di
cronaca e tutela dei dati personali” organizzato dal Consiglio
nazionale forense e Scuola superiore dell’avvocatura, a cui assieme il
capo dei magistrati della Capitale sono comparsi correlatori di
altrettanto livello: il presidente del Cnf Andrea Mascherin e il
vicepresidente della Scuola Salvatore Sica, il presidente dell’Unione
Camere penali Beniamino Migliucci e la vicepresidente dell’Autorità
garante della Privacy Augusta Iannini (noto magistrato e moglie di
Bruno Vespa) .
Pignatone come sempre ha tenuto anche questa volta una relazione
ampia, e generosamente elegante nell’occultare diplomaticamente i
passaggi più aspri. che comunque non sono sfuggiti ai presenti : “Noi
magistrati siamo in maggioranza sensibili al tema della privacy, ma
sono le minoranze che fanno la storia o meglio la cronaca…”
aggiungendo “Risalire ai responsabili delle cosiddette fughe di
notizie è impossibile, ma vanno evitati assi privilegiati tra singoli
magistrati e singole testate”, puntualizza il procuratore capo di
Roma, che non ha fatto mancare alcune critiche al “sistema” passando
ad altro argomento come se quanto detto si trattasse di un dettaglio
ininfluente. Ma così non è. E lo fa senza citare giornalisti e
giornali che hanno una costanza al di fuori della legalità nel
rivelare segreti investigativi né Procure da cui quel segreto più
spesso si propaga, per esempio quella di Napoli.

Pignatone chiaramente non non ha mai parlato nello specifico di
Consip. Ma è come se lo avesse fatto. utilizzando la sua nota ironia e
sapiente uso dell’oratorio e delle metafore. In un passaggio del suo
intervento ha spiegato come sia un bene che gli uffici giudiziari
comunichino: in particolare quando vengono eseguiti provvedimenti
cautelari. “ In questi casi il mio ufficio dà conto all’esterno di
quello che è stato fatto: è il tema principale a Reggio Calabria, a
Palermo, a Napoli è uno dei temi principali, non l’unico…”. Ma cosa
voleva dire Pignatone a proposito di quanto accade a Napoli ? Forse
che non sempre le misure sono comunicate e spiegate con la stessa
tempestività ? O che forse in quell’ufficio lo si fa applicando
 criteri meno “omogenei” rispetto alle altre Procure italiane ?

Concludendo Pignatone ha detto che “ci sono troppe persone che
conoscono per forza di cose il contenuto delle intercettazioni: troppe
perché si possa dire ‘ la fuga di notizie deve per forza venire dal pm
o dal maresciallo che ha ascoltato la telefonata’: io ne conto almeno
una decina nelle indagini meno complesse. E come si farebbe altrimenti
a coordinare il lavoro inquirente?” si è chiesto il
magistrato continuando “sulle fughe di notizie aveva ragione Sciascia:
le notizie non scappano, sono consegnate, e a consegnarle sono in
tanti…“.

Se il procuratore capo della Procura di Roma che ha invitato per
primo i propri sostituti e la polizia giudiziaria   (in linea con
quanto attuato a Torino dal procuratore capo Armando Spataro) con una
circolare, a trattare le intercettazioni con cautela, allora vuol
veramente significare dire che il fenomeno è ingestibile. Ma
 poi Pignatone ha aggiunto qualcos’ altro: “Noi a Roma seguiamo un
criterio nei rapporti con la stampa: pochi comunicati, solo nei casi
di maggiore complessità convochiamo informali incontri senza radio e
tv. Ci teniamo a evitare che ci siano giornali privilegiati rispetto
agli altri”. Affermazioni queste allineate con il discorso sulle
strette connivenze propagandistiche tra alcuni uffici inquirenti ed i
soliti giornalisti “amici”.

Il capo dei magistrati romani arriva ad un’ipotesi estrema, lanciando
una stoccata a quei magistrati che hanno il loro giornalista
“ventriloquo” di riferimento: “Sarebbe meglio pubblicare gli atti sul
sito della Procura. A disposizione di tutti, piuttosto che lasciar
prevalere ipocrisie e favoritismi”.

Ma dato il livello “alto” della platea il procuratore di Roma ha
dovuto incassare qualche replica.   Mascherin (CNF) introducendo la
discussione sul punto ha lanciato con un appello: “Prendiamo atto che
i social media stritolano la dialettica per come la conosciamo, e che
tocca a chi condivide la cultura del diritto, cioè a magistrati e
avvocati, trovare gli anticorpi». Sica ha rincarato la dose e
ricordando che ormai “un avviso di garanzia e il discredito che ne
deriva costituiscono ormai condanne anticipate” mentre Migliucci (UCP)
ha aggiunto: “Impossibile negare che almeno il 75 per cento delle
notizie sulle indagini provenga dal circuito inquirente”.

Ad onor del vero si potrebbero muovere contestazioni anche ai
magistrati romani: per esempio sugli “interrogatori in streaming” alla
sindaca Virginia Raggi. Riflessioni queste a cui ha fatto da
contraltare il magistrato Augusta Iannini (Garante della Privacy) la
quale ha ricordato che la privacy delle persone casualmente chiamate
in causa da atti giudiziari non può ridursi ad incidente necessario.

“E sì, quell’espressione si deve forse all’appartenenza politica
dell’interessata” ha scherzato Pignatone, che però dopo spiega: “C’è
stata un’incredibile montatura: i siti di due settimanali e di un
quotidiano pubblicarono le probabili domande. Ma le avrebbe sapute
pronosticare anche un bambino che avesse dato appena un’occhiata ai
giornali dei giorni precedenti“.

Apparentemente Pignatone non intravede la soluzione a cui tende il
presidente del Cnf., e seppure adotti una dissertazione
apparentemente fatalista, rassegnata a un “sistema dell’informazione
digitale che è troppo lontano da quella a cui è abituato uno della mia
età”, mette a segno delle frecciate allorquando dice che “la
magistratura è molto sfaccettata, in maggioranza sensibile a questi
temi, ma poi sono le minoranze che fanno la storia, o meglio la
cronaca” .

                               Un chiaro riferimento ai colleghi
partenopei che hanno confermato la fiducia al capitano dei
Carabinieri del Noe da lui messo sotto inchiesta? Probabile. Nulla di
esplicito chiaramente, se non l’opinione espressa secondo la
quale “comunicare la giustizia è necessario, perché è giusto che
l’opinione pubblica eserciti un controllo su un potere come quello
giudiziario“.

Ma il senso del ragionamento di Pignatone è che tutto possa avvenire
nella trasparenza e legalità.. Non percorrendo… “canali” privilegiati.
 E sopratutto mai da un singolo pm ad una singola testata o
giornalista ventriloquo.

Annullata elezione dell’ Ordine
degli Avvocati di Bari e Latina

                                           Sono da rifare le elezioni
dell’Ordine degli avvocati di Latina e di Bari: lo hanno deciso le
Sezioni Unite civili della Cassazione con due verdetti depositati
 (sentenza 2481 e sentenza 2614), sollevati da due diversi gruppi di
avvocati laziali e pugliesi contro il Consiglio nazionale forense che
aveva respinto i reclami dei professionisti contro il nuovo
Regolamento elettorale ministeriale del dieci novembre 2014 che, di
fatto, ‘bloccava le liste’ prevedendo per ogni lista la presentazione
di un numero di candidati pari al numero dei seggi da coprire, e la
possibilità di votarla in blocco.

Secondo quanto stabilito dai supremi giudici, le due sentenze con le
quali il Consiglio nazionale forense aveva convalidato le elezioni di
Latina e Bari, e il ‘metodò elettorale seguito, sono da annullare. In
tutti e due i verdetti, la Cassazione conclude la sua decisione
evidenziando che “la sentenza impugnata deve essere cassata e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, poichè le
operazioni elettorali si sono svolte in applicazione di norme
regolamentari illegittime, la Corte può decidere la causa nel merito,
annullando le operazioni elettorali predette». Contestualmente sono
stati annullati quindi anche “tutti gli atti relativi al procedimento
elettorale per l’elezione dei componenti del Consiglio dell’Ordine
degli Avvocati di Latina e di Bari per il quadriennio 2015-2018».
Contro il nuovo regolamento elettorale hanno dato battaglia, oltre ai
sindacati locali degli avvocati, anche l’Associazione nazionale
forense (Anf) e l’Anai-Associazione nazionale degli avvocati
italiani . Il Tar del Lazio e successivamente il Consiglio di Stato,
avevano sentenziato con più decisioni l’illegittimità degli articoli
più contestati del nuovo regolamento, ma nonostante ciò il Consiglio
nazionale forense aveva ugualmente difeso la riforma e convalidato i
risultati elettorali. Adesso arriveranno certamente altre
decisioni della Cassazione che     annulleranno le elezioni di altri
Ordini laddove è stato presentato il ricorso

“Da giuristi quali siamo non possiamo fare altro che prendere atto
della sentenza della Cassazione pur non condividendola, perché al
momento delle elezioni il regolamento era vigente e non era stato
annullato“. È il commento del presidente dell’Ordine degli Avvocati di
Bari, Giovanni Stefanì, alla sentenza della Cassazione che ha
dichiarato nulle le elezioni forensi del 2015. La decisione delle
Sezioni Unite civili della Cassazione è arrivata proprio mentre era in
corso una riunione del Consiglio barese. “Abbiamo predisposto una
nota da inviare a Consiglio Nazionale Forense e Ministero – ha
dichiarato l’ Avv. Stefanì – per sollecitare determinazioni
sull’attività dei prossimi giorni” ma a questo punto è facilmente
prevedibile un commissariamento dell’Ordine fino alle prossime
elezioni.

Uno scontro in procura fa notizia?
Non in Italia
di Piero Sansonetti

La notizia che il capo di una procura “striglia” i suoi vice e li
accusa di “protagonismo” – dicono i vecchi e ormai ignorati manuali di
giornalismo – è un fior di notizia. Così come lo sarebbe la notizia
che il premier ha strigliato i suoi ministri. Se si sapesse che Renzi
ha mandato a quel paese la Boschi, o Padoan, o la Madia, i giornali
riporterebbe la notizia nel titolo più grande della prima pagina.

 I manuali di giornalismo però in questi anni sono invecchiati
parecchio. E così la notizia della sfuriata del dottor Lo Voi
(procuratore di Palermo, cioè capo di una delle tre o quattro procure
più importanti d’Italia) oggi la conoscono solo i lettori del
“Dubbio”, perché gli altri giornali l’hanno ignorata o trattata come
irrilevante. Non l’hanno ignorata per distrazione o per mancanza di
qualità professionali dei capiredattori, ma per una ragione più
semplice: il dottor Lo Voi – con una direttiva scritta – invitava i
suoi sostituti a smetterla di mettersi in mostra concedendo interviste
o passando le veline e le carte riservate ai giornalisti. Ma siccome,
ormai da tempo, il giornalismo italiano vive quasi esclusivamente di
veline e di carte riservate ottenute da Pm “protagonisti”, i giornali
hanno pensato che fosse giusto mettere la sordina al caso, visto che
se i Pm dessero retta davvero a Lo Voi, e se magari la direttiva di
Palermo si estendesse al resto d’Italia, sarebbero guai per tutti.

I giornali sarebbero costretti a tornare ai tempi bui di quando le
notizie te la dovevi andare a cercare, dovevi diversificare le fonti,
e magari era costretto persino a verificarle a cercare riscontri. E
un’eventualità del genere è vista come un incubo dall’intero
giornalismo italiano. E anche dagli editori.

È molto difficile aprire una discussione seria sull’involuzione che il
giornalismo italiano ha subito negli ultimi 25 anni, trasformandosi da
strumento di informazione in “servizio di portavoce”, e diventando
probabilmente il meno attendibile e il più scadente giornalismo di
tutto l’occidente. Vogliamo parlarne? Magari tutti sono disposti ad
ammettere che il nostro è il peggior giornalismo dell’occidente,
purché si riconosca che la causa “unica” di questo decadimento è la
concentrazione delle testate, e cioè lo strapotere di Berlusconi. E
che i giornalisti sono innocenti.

E invece no. Certamente la concentrazione delle testate è un problema
(e non è causato però dal solo Berlusconi: si è parlato pochissimo,
per esempio, della alleanza De Benedetti-Fiat, cioè Stampa-Repubblica,
avvenuta recentemente) ma non è il problema principale. Il problema
numero uno è la “concentrazione delle fonti”. Perché la concentrazione
delle fonti porta necessariamente al travisamento della realtà, e
quindi uccide l’informazione e la libertà di informazione. Dentro il
fenomeno della concentrazione delle fonti c’è lo strapotere della
“fonte” magistratura (anzi: Procura). Beh, di questo nessuno vuole
discutere.

E la Procura viene presa come fonte sacra non solo per le notizie, ma
anche per le teorizzazioni. Se i Pm (o magari la loro associazione di
categoria, e cioè l’Anm) sostengono che bisogna abolire la
prescrizione, allora i giornali dicono che va abolita la prescrizione.
Se dicono che la prescrizione è colpa degli avvocati, allora è colpa
degli avvocati.
nella foto la Procura di Taranto, dove i giornalisti “ventriloqui”
abbondano per i pm a caccia di protagonismo

L’altra sera ho partecipato a un dibattito sulla giustizia a Viterbo
(nell’ambito della manifestazione culturale “Caffeina”, che da una
decina d’anni si svolge tutti i mesi di giugno per un paio di
settimane). Con me c’era un giornalista del “Fatto Quotidiano”, bravo
e prestigioso: Fabrizio D’Esposito. E poi c’era il presidente del Cnf
(Consiglio nazionale forense) Andrea Mascherin. E’ stata una
discussione seria, pacata, nella quale ciascuno i noi ha cercato di
aprire un dialogo vero, seppure da posizioni distanti. D’Esposito è un
intellettuale laico e senza pregiudizi. E infatti, per esempio, ha
riconosciuto la saggezza delle nostre posizioni sull’eccesso di
carcerazione preventiva, e persino sull’assurdità di tenere in cella
per 1000 giorni, senza processo, l’ex deputato Nicola Cosentino. Però
a un certo punto anche lui ha rimproverato gli avvocati per la loro
abitudine di tirare per le lunghe i processi, con manovre dilatorie,
allo scopo di ottenere non l’assoluzione ma la prescrizione.

Mascherin gli ha lanciato una sfida: “Se tu mi citi una sola tecnica
dilatoria in mano agli avvocati, utile per mandare per le lunghe i
processi, io ti do ragione e me ne sto zitto per tutta la sera. Ma tu
non puoi citarmela, perché non esiste. Eppure tu, in perfetta
buonafede, hai usato una leggenda metropolitana per dimostrare una
tesi. Chi ha diffuso questa leggenda metropolitana e chi ha permesso
che diventasse senso comune e dunque verità acclarata, sebbene sia una
falsità acclarata? “. E’ inutile che vi dica che Mascherin, senza
infrangere l’impegno, ha potuto continuare a parlare per tutta la
serata…

Ecco: questo è un esempio perfetto della subalternità dei giornali
alle Procure e del danno che questa subalternità procura al
giornalismo e a quello che Pannella chiamava il “diritto alla
conoscenza”. Chissà se un giorno si potrà parlare pubblicamente di
questi problemi, magari non solo sulle pagine del “Dubbio”. E magari
coinvolgendo nella discussione anche i magistrati, e anche i
giornalisti di tutti i giornali.

*direttore del quotidiano Il Dubbio
La Procura indaga sul “buco” del
bilancio dell’ Ordine Avvocati di
Taranto sotto la guida dell’ Avv.
Angelo Esposito. E sulla fuga di
notizie… ?
di Antonello de Gennaro

L’intervento della Procura di Taranto che ha affidato le indagini
al pm Maurizio Carbone, contrariamente a quanto pubblicato dai soliti
cronisti giudiziari a “gettone” è avvenuta in conseguente di
una segnalazione, obbligatoria per legge ai sensi dell’ art. 331
c.p.p. che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del capoluogo
jonico, presieduto dall’avvocato Vincenzo Di Maggio, ha inteso
rispettare. Singolare anche come ancora una volta la notizia sia
“filtrata” dagli uffici giudiziari tarantini sulla solita stampa
“ventriloqua” di alcuni magistrati, nonostante la discrezione e
riservatezza adottata dal presidente Di Maggio che ha depositato
personalmente il tutto soltanto giovedì scorso e direttamente negli
uffici della Procura, e non a quelli della polizia giudiziaria,
proprio per evitare delle possibili fughe di notizie.

nella foto l’avvocato Di Maggio ed i suoi colleghi della lista che
vinse le elezioni per il consiglio dell’ ordine

Altrettanto singolare la ricostruzione pubblicata questa mattina da un
giornalista, ben noto per non effettuare le dovute verifiche, che ha
sostenuto che l’ avv. Vincenzo di Maggio l’attuale presidente del
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Taranto, sia stato in passato
“vicepresidente” nel consiglio presieduto dal suo predecessore avv.
Angelo Esposito, fatto e circostanza che non corrisponde al vero, e
quindi è palesemente falsa. Così come nessuno dei vari giornalisti
tarantini che questa mattina hanno raccontato delle bestialità si è
mai soffermato alla circostanza che sotto la presidenza Esposito il
segretario tesoriere era l’avvocato Fedele Moretti, attuale
consigliere dell’ Ordine, principale avversario dell’ avv. Di Maggio
nel corso delle ultime elezioni che lo hanno visto prevalere con un
notevole suffragio .
nella foto gli avvocati della lista dell’ex-tesoriere avvocato Fedele
Moretti, sconfitto alle elezioni

L’attuale revisore Francesco Paolo De Giorgio, nominato dal Presidente
del tribunale di Taranto, insieme al consulente fiscale dell’ ordine
nell’approvare il bilancio al 31,12.2014 lasciato in eredità…(non
approvato dall’ avv. Esposito), scoprirono la mancanza di
documentazioni giustificative dalla precedente gestione, della somma
di oltre 95mila euro. Infatti come sostiene l’ avv. Di Maggio in
realtà “non furono rinvenuti alcuni giustificativi di spese, in realtà
contabilizzate e quindi non di ammanchi, così come da taluni
riportato. Tutto ciò indusse il Consiglio a proporre all’Assemblea
l’approvazione di suddetto bilancio, inserendo per l’appunto quella
partita, in realtà poca cosa rispetto al totale, quale credito per
l’Ente e non come spesa e, successivamente a richiederne il rendiconto
a chi l’aveva in precedenza amministrato ovvero il rimborso.”

In una nota, l’ avv. Di Maggio chiarisce che “il nuovo Consiglio ha
richiesto al Presidente del Tribunale la nomina del Revisore dei
conti, approvato il regolamento di contabilità e dovuto, giocoforza,
misurarsi nella predisposizione del bilancio consuntivo di quello
precedente, relativo all’anno 2014 (di cui preciso non essere mai
stato Vice Presidente) e procedere alla verifica dei conti così come
opportunamente messi a disposizione dai soggetti preposti e sulla
scorta della documentazione in possesso al contabile. ”

Dalle verifiche effettuate sui libri contabili “ereditati” dalla
gestione del Consiglio sotto la presidenza Esposito , infatti non vi
era alcuna giustificazione documentale a fronte della mancanza della
somma non indifferente di 95mila euro. L’ipotesi di reato per cui la
Procura procede (il Consiglio dell’Ordine è ritenuto Ente non
economico ma avente pubblico servizio) al momento a carico di ignoti
è quella di “peculato“,        o di “appropriazione indebita non
aggravata” .

 Il nuovo Consiglio dell’ Ordine degli Avvocati, come ricorda la
dichiarazione “ufficiale”, è stato eletto il 9 febbraio 2015, e vede
alla guida degli avvocati di Taranto e provincia l’ avv. Vincenzo Di
Maggio , il quale è subentrato a seguito delle ultime elezioni al
consiglio uscente, presieduto dall’avvocato Angelo Esposito, e quindi
l’attuale Consiglio dell’ ordine attualmente in carica è stato quindi
di fatto tenuto, o meglio costretto dai doveri d’ufficio e di Legge,
non solo alla predisposizione del bilancio preventivo del 2015 (che
include anche il mese di gennaio 2015 sotto la gestione
Esposito–Moretti) ma anche ad approvare quello al 31 dicembre 2014,
cioè l’ultimo esercizio sotto la gestione del consiglio uscente, il
cui presidente e cioè l’avv. Esposito si era ben guardato di
approvarlo con la propria firma. Chissà come mai…

nella foto l’ avv. Angelo
Esposito

Nel bilancio al 31.12.2014, cioè sotto l’ “allegra” presidenza
Esposito, i 95mila euro di cui mancava ogni giustificazione di spesa
vennero indicati ed imputati correttamente ed approvati, come “crediti
da esigere“. Successivamente il nuovo consiglio presieduto dall’ Avv.
Di Maggio ha convocato e chiesto chiarimenti all’ Avv. Angelo
Esposito in riferimento alle spese sostenute ma non documentate in
ragione e in virtù della carica rivestita.

L’assicurata produzione da parte dell’ex-presidente Esposito della
documentazione necessaria mancante per anticipazioni e rimborsi in
favore della sua precedente presidenza dell’Ordine,      però, non
ha mai avuto alcun seguito e riscontro.

In una seduta del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Taranto
tenutasi prima delle recenti festività pasquali è stato deciso di
convocare ed ascoltare le eventuali giustificazioni dell’ex presidente
Esposito (attualmente componente del Consiglio nazionale forense) che,
in un primo momento s’era dichiarato pronto a risolvere la vicenda,
restituendo personalmente alle casse del Consiglio, i soldi
mancanti. Ma anche questa promessa dell’ avv. Angelo Esposito non ha
trovato riscontro alcuno, motivo per cui il Consiglio ha ritenuto di
investire del caso la Procura di Taranto.

Nella sua nota l’ Avv. Di Maggio, concludendo, si augura che le
“suddette spese, al di là della documentazione fiscale a supporto,
potranno essere documentate, dinanzi all’Autorità Giudiziaria, dai
fatti e dalle occasioni istituzionali per cui sono state sostenute e
così consentire la soluzione di questa vicenda nel migliore dei modi
possibili”

nella foto il nuovo procuratore
capo Capristo

Quello che probabilmente qualcuno un giorno dovrà spiegare è come mai
quando delle notizie coperte da segreto istruttorio finiscono nella
mani dei soliti “giornalisti” amici e talvolta confidenti, la Procura
della Repubblica di Taranto si gira dall’altra parte, mentre in alcuni
casi si manda a processo qualche collega ben più corretto.

Ma per fortuna la stagione dei conflitti d’interesse, di strane
amicizie e favoritismi è ormai arrivata al capolinea: l’ex-procuratore
capo Franco Sebastio è in pensione, il suo vice Pietro Argentino oltre
ad essere sotto inchiesta del CSM, non potrà più fare l’aggiunto e
secondo attendibili voci giudiziarie prossimo ad un trasferimento
fuori Taranto,       ed il pm Maurizio Carbone non è stato
rieletto segretario nazionale dell’ Associazione Nazionale Magistrati.

La “ciliegina” sulla torta di una necessaria auspicata legalità in
procura a Taranto sarà l’arrivo del nuovo procuratore capo Carlo Maria
Capristo, designato dal plenum del Consiglio Superiore della
Magistratura dopo l’indicazione, resa nota nei giorni scorsi, da parte
della quinta commissione del Csm.       Capristo, 63 anni,è nato a
Gallipoli (Lecce) ed ha prestato servizio a Bari e Siena prima di
approdare a Trani, dove ha diretto tra l’altro l’inchiesta sul
declassamento dell’Italia da parte delle agenzie di rating.

Gli avvocati di Brindisi campioni
di retorica forense
La scuola forense di Brindisi, superando in finale quella dell’Ordine
di Bari, dopo aver battuto in semifinale Taranto e Cosenza. si è
aggiudicata “Scacco d’atto”, il primo torneo di retorica e
argomentazione forense applicati al caso concreto organizzato
dall’Ordine degli Avvocati di Taranto. Venerdì e sabato scorso 8
squadre di avvocati di varie scuole forensi italiane si sono sfidate
presso l’Università degli Studi di Taranto, fra cui le Scuole forensi
di Bari, Castrovillari, Cosenza, dell’Alto Tirreno. di Trani e una
“squadra speciale” Taranto- Brindisi, in sostituzione della Scuola di
Teramo. Ciascun raggruppamento doveva dimostrare in 15 minuti di
essere più efficace nello svolgimento della difesa della parte
assegnata con un discorso costruito secondo i canoni della retorica
classica.

I vincitori sono i praticanti legali Bernadette Cacciapaglia, Maria
Carmela Muscogiuri e Alessandro Passaro del foro brindisino. Il
risultato è stato accolto con molta soddisfazione dai componenti
dell’Ordine degli avvocati di Brindisi presenti alla manifestazione e
dal direttore della Fondazione provinciale dell’Avvocatura.

Una idea del presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
Taranto, avv. Vincenzo Di Maggio, realizzata dalla Scuola Forense di
Taranto, presieduta dall’ avv. Paola Donvito. Nella organizzazione è
stato coinvolto tutto il direttivo della scuola, con gli avvocati Luca
Andrisani, Daniele D’Elia, Mario Esposito, e con l’avv. Giovanni
Fiorino in veste di tutor per la sezione penale. Un impegno importante
che ha coinvolto anche lo staff della scuola, rappresentata
dalla dott.ssa Maria Grazia Argento e l’assistenza del         tecnico
informatico Biagio Baldaro.

I vincitori hanno vinto in premio un corso di inglese giuridico, tutti
gli altri praticanti la visita presso una istituzione giudiziaria
europea a Strasburgo o a Bruxelles.

nella foto l’ avv. Vincenzo
Di Maggio

“Se dovessi valutare – ha detto l’avvocato Angelo Esposito del
Consiglio Nazionale Forense – dalle performance viste oggi ritengo di
poter esprimere ottimismo per il futuro della avvocatura” . “E’
importante tornare a valorizzare la tecnica retorica – ha aggiunto
il presidente degli avvocati tarantini Vincenzo Di Maggio – intesa
come capacità di argomentare le proprie ragioni, vuoi in ruolo di
accusa che di difesa, sapendo affrontare ogni possibile capovolgimento
di fronte che è frequente nel dibattimento processuale.”

 Il torneo, denominato ‘Scacco d’atto‘ s’ispira all’insegnamento di
Aristotele e Quintiliano, maestri e docenti di retorica, e vedono le
nostre scuole, da sempre tese a formare i futuri avvocati, competere
tra loro, “dirigersi cioè insieme nella stessa direzione” della
scienza e dell’arte del parlare bene (per bene, in modo etico), del
parlare giusto e del parlare corretto, valorizzando chiarezza,
logicità, rigore metodologico nell’esposizione e dimostrazione della
conoscenza delle tecniche di persuasione e argomentazione, proprio
secondo i principi della retorica giudiziaria classica.

Nel rispetto delle parti richieste dalla retorica, ‘esordio,
narrazione, partizione, argomentazione, confutazione, epilogo’
l’obiettivo della gara è stato voluto e diretto per far assumere
consapevolezza degli strumenti del potere dialettico-argomentativo e
restituire tempo alla giustizia portando a maturazione i frutti di una
formazione d’avanguardia, nella quale la tecnologia assecondi il logos
predisponendo l’agone a recuperare le variabili spaziali e temporali
messe in crisi da una cattiva inventio e da una pessima dispositio.
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