IL CONDIZIONAMENTO DELLE BIOMASSE LIGNOCELLULOSICHE
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5. IL CONDIZIONAMENTO DELLE BIOMASSE LIGNOCELLULOSICHE Il condizionamento è una fase fondamentale del caldaie a griglia fissa, possono essere alimentati processo di valorizzazione energetica della biomas- esclusivamente tramite cippato secco (contenuto sa proveniente dalla coltivazione di colture energe- idrico inferiore al 30-35%), con pezzatura piccola tiche dedicate e consiste in una serie di azioni che ed omogenea, al fine di evitare malfunzionamenti vanno a migliorare le caratteristiche qualitative e di del sistema. L’impiego diretto in caldaia del ma- utilizzo di un biocombustibile. teriale vegetale trinciato, o cippato, proveniente L’essiccazione e la densificazione sono tra le principali dalla coltivazione di canna comune e pioppo ne- attività di condizionamento e permettono di ridurre cessita quindi di una fase preliminare di essicca- alcune problematiche relative alla conservazione del zione, in modo tale da ridurne il contenuto idrico materiale vegetale, di contenere i costi di movimenta- a valori inferiori al 30% (M30); qualora si consideri zione, trasporto e stoccaggio, nonché di ottimizzare la densificazione delle biomasse, ad esempio per l’impiego ed il comportamento del biocombustibile la produzione del pellet, si prevede una essicca- nel corso della fase di valorizzazione energetica. zione più spinta del materiale sminuzzato, a valori di umidità inferiori al 12-15%; • il miscanto è una specie vegetale che viene ge- N.B. neralmente raccolta a fine inverno (es. con mac- Le attività di condizionamento della biomassa china falcia-trincia-caricatrice), quando la pianta sono principalmente volte alla riduzione del con- ha ormai raggiunto un basso contenuto idrico, tenuto idrico (es. essiccazione) e all’aumento della normalmente inferiore al 15-20%. Questo tipo di densità energetica (es. pellettizzazione). materiale vegetale non necessita quindi di una fase di essiccazione per l’utilizzo diretto quale biocombustibile; tale passaggio può comunque L’ottenimento di un biocombustibile di qualità ed risultare indispensabile qualora si voglia densifi- il contenimento dei costi correlati alla logistica dei care la biomassa tramite un processo di pellet- materiali comporta la risoluzione di problematiche tizzazione o di bricchettatura. Il miscanto è ca- specifiche per ogni tipologia di biomassa. ratterizzato da una biomassa trinciata dal basso Per quanto riguarda le colture energetiche dedicate peso specifico che, nel caso di raccolta mediante studiate nell’ambito del progetto Biocolt è possibile falcia-trincia-caricatrice, può variare tra i 90 ed i 110 affermare che: kg/m3 (in funzione dell’umidità e della pezzatura), • la canna comune ed il pioppo coltivato in SRF valore che influenza pesantemente i costi correlati sono specie vegetali che vengono raccolte con un alla movimentazione, al trasporto, allo stoccaggio elevato contenuto idrico (superiore al 50%), me- e all’utilizzo in caldaia del materiale. Il ricorso alla diante l’utilizzo di macchine falcia-trincia-carica- densificazione della biomassa trinciata permette trici (eventualmente modificate) che sminuzzano di contenere notevolmente queste problematiche, la biomassa in particelle di dimensioni piccole e a fronte però di costi di trasformazione elevati, da omogenee. I sistemi di combustione più diffusi, le valutare attentamente. N.B. Figura 5.1: esempio di essiccazione naturale in campo L’essiccazione a terra del materiale vegetale e la della biomassa – loiessa rotoimballata. successiva imballatura (Figura 5.1), se da un lato può risolvere le problematiche legate al contenuto idri- co e alla movimentazione della biomassa, dall’altro determina un netto decadimento della qualità del biocombustibile, alla luce del potenziale inquina- mento con particelle di terreno e del conseguente aumento del contenuto in ceneri e di alcuni micro- elementi, che possono causare seri problemi di gestione del biocombustibile in caldaia. 48
Di seguito saranno brevemente descritte le due prin- Figura 5.3: impianto di canna comune a fine inverno, cipali azioni di condizionamento della biomassa (es- solo parzialmente essiccato in campo. siccazione e densificazione) con particolare riguardo alle colture energetiche di canna comune, miscanto e pioppo a ceduazione biennale. 5.1 Essiccazione della biomassa Esistono vari sistemi per diminuire il contenuto idri- co della biomassa. Sinteticamente possono essere suddivisi in: • essiccazione naturale (es. in campo, in cumulo con ventilazione naturale); • essiccazione forzata (es. sistemi di circolazione di aria forzata, preriscaldata e non). 5.1.1 ESSICCAZIONE NATURALE IN CAMPO L’essiccazione naturale in campo sfrutta lo sponta- N.B. neo abbattimento del contenuto idrico della bio- Lo stoccaggio della biomassa essiccata deve co- massa che si riscontra in alcune colture energetiche. munque essere realizzato con una certa cura; la Nel miscanto, ad esempio, la raccolta tardiva della conservazione delle balle o del trinciato di miscan- biomassa (febbraio-marzo) permette il parziale es- to all’aria, senza coperture di alcun tipo, compor- siccamento naturale delle piante in pieno campo, ta il riassorbimento di una quota parte di umidità raggiungendo valori di contenuto idrico inferiori al e la conseguente degradazione della biomassa. 15-20% (Figura 5.2); in questo caso è quindi possibile Lo stoccaggio in strutture coperte, o all’aria ma recuperare un materiale vegetale prontamente utiliz- con coperture specifiche (es. teli traspiranti), per- zabile quale biocombustibile. Inoltre, il basso tasso mette invece un’ulteriore riduzione del contenuto di umidità del materiale raccolto (sia esso imballato o idrico di qualche punto percentuale. trinciato) semplifica lo stoccaggio e limita lo sviluppo di fenomeni fermentativi e degradativi che compor- tano perdite, anche ingenti, di sostanza secca. Anche il pioppo in SRF, a ceduazione biennale, viene generalmente raccolto nel periodo antecedente la Figura 5.2: impianto di miscanto a fine inverno, essicca- ripresa vegetativa (febbraio-marzo), con un’umidità to naturalmente in campo. della biomassa non inferiore al 50% (si parla di cip- pato “fresco”). Per l’essiccazione di questa tipologia di cippato, come per la canna comune, occorre tro- vare delle strategie specifiche per la riduzione del contenuto idrico. Figura 5.4: impianto di pioppo a fine inverno; il conte- nuto idrico della biomassa è superiore al 50%. La canna comune, invece, al termine della fase ve- getativa non va incontro ad un processo di essicca- zione in campo, se non parziale. Il contenuto idrico della biomassa alla raccolta non scende al di sotto del 50% (Figura 5.3) ed è quindi necessario ricorre- re a specifiche strategie per ridurre il quantitativo di umidità nella biomassa. 49
N.B. Figura 5.5: essiccazione naturale del pioppo in cata- Una seconda tecnica per la raccolta del piop- ste, cui seguirà la cippatura su secco. po SRF prevede la ceduazione delle piante in- tere e lo stoccaggio a bordo campo dei fusti, in cataste, cui segue una essiccazione naturale (Figura 5.5). La fase di cippatura avviene in una fase successiva, lavorando una biomassa con un contenuto idrico del 30% circa (produzione di cippato “secco”). Questa tecnica garantisce una minore superficie esposta all’azione dei microrganismi responsabili del processo di fer- mentazione e consente di limitare le perdite di sostanza secca. 5.1.2 ESSICCAZIONE NATURALE IN CUMULO La pezzatura del materiale vegetale è opportuno Questa tecnica di essiccazione è utilizzabile quando sia grossolana (30 mm circa), così da evitare un ec- si raccoglie della biomassa, sottoforma di trinciato cessivo grado di compattamento della biomassa o cippato, con un contenuto idrico molto elevato che impedirebbe il naturale passaggio dell’acqua in (50-60%), quindi non prontamente utilizzabile qua- evaporazione; allo stesso modo deve essere ridotto le biocombustibile, se non in particolari tipologie di al minimo il calpestio del cumulo di stoccaggio con impianti termici. mezzi agricoli. Con il materiale trinciato sono quindi formati dei cumuli, all’aperto o al coperto, all’interno dei quali si instaura un naturale fenomeno di riscaldamento Processo di auto-riscaldamento dovuto ai processi autofermentativi e alle attività dei della biomassa diversi microrganismi. L’attacco microbiologico (funghi, batteri e muffe) si verifica già dopo poche ore la trinciatura/cippa- tura e può proseguire per diverse settimane. I cu- N.B. muli di biomassa sminuzzata iniziano un processo Nelle grandi caldaie a griglia mobile è possibile di fermentazione (favorito da umidità e tempe- bruciare anche cippato con un contenuto idrico ratura del materiale già sostenuta in relazione ai del 60%, poiché si asciuga progressivamente in fenomeni di respirazione cellulare della biomas- camera di combustione. Occorre comunque con- sa vegetale stessa) raggiungendo al loro interno siderare che, nel caso si utilizzi del cippato umido, temperature medie di 70-80 °C (l’innalzamento la caldaia, pur funzionando perfettamente, neces- sita di un quantitativo di cippato molto superiore termico dovuto alla respirazione microbica può per fornire la stessa quantità di energia, in quanto superare a volte anche i 100 °C). una parte del calore prodotto dalla fiamma viene L’azione di questi agenti di fermentazione com- speso per far evaporare l’acqua dal cippato. porta una perdita di sostanza secca non trascu- rabile, con riduzione di massa a volte superiore al 20-30%. L’effettiva perdita di materiale ligno- La conservazione delle biomasse necessita di am- cellulosico è solo parzialmente compensata dal pie superfici di stoccaggio, data la bassa densità del vantaggio della rapida perdita d’acqua dalla bio- materiale di partenza (circa 250-350 kg/m3 di pro- massa per evaporazione. dotto fresco per le biomasse legnose, valori inferiori Il controllo dell’attività biologica nel corso della per quelle di natura erbacea); in relazione a questo fase di stoccaggio permette di ridurre le perdite fattore, lo stoccaggio all’aperto (es. cumuli all’aria) di sostanza secca. In particolare, la rapida ridu- è sicuramente più economico rispetto a quello in zione del contenuto idrico, favorita da una buona strutture coperte (es. cumuli sotto tettoie aerate). ventilazione naturale interna (pezzatura grossola- La formazione dei cumuli può avvenire su platee in na del cippato la presenza di camini di ventilazio- calcestruzzo cementizio armato o direttamente sul ne) e le caratteristiche del materiale di partenza terreno, previa disposizione al suolo di un film pla- (basso contenuto idrico e limitato contenuto di stico, in modo tale da impedire la contaminazione elementi facilmente fermentescibili come gli zuc- eccessiva con particelle di inquinanti e l’effetto ru- cheri) possono essere funzionali allo scopo. scellamento dell’acqua piovana. 50
Lo stoccaggio della biomassa all’aria, senza alcuna Nel caso di essiccazione della biomassa in struttu- copertura del cumulo (Figura 5.6), determina la for- re coperte è possibile prevedere la costruzione di mazione superficiale (primi 20 cm) di uno strato ba- sistemi di ventilazione forzata, eventualmente con gnato dalle acque meteoriche, al di sotto del quale si aria preriscaldata (riscaldamento dell’aria mediante genera uno strato indurito piuttosto impermeabile. pannelli solari o con un apposito generatore o da recupero di cascami termici). Figura 5.6: stoccaggio di biomassa legnosa in cumulo all’aperto. 5.1.2.2 Allestimento in cumuli all’aperto con co- pertura mediante telo traspirante In questo caso lo stoccaggio in piazzale all’aperto prevede la copertura del materiale umido sminuz- zato con un telo costituito da un particolare tipo di “tessuto non tessuto”. Questo telo, composto da polipropilene, è resistente ai raggi UV ed è in grado di far traspirare l’acqua che evapora dal materiale sottostante in fermentazione e contemporaneamen- te impedisce la penetrazione dell’acqua meteorica (Figura 5.8). Questa tipologia di copertura è in gra- do di contenere le perdite di prodotto nel corso del- la fase di stoccaggio. Sovente, sulla superficie delle particelle sminuzzate si evidenzia la formazione di muffe bianche (Figura 5.9). Per evitare che l’acqua imbibisca lo strato superfi- Diversi parametri sono funzionali alla definizione del ciale del cumulo si possono adottare alcuni semplici tempo necessario alla maturazione del materiale accorgimenti, che possono essere: sminuzzato, tra cui la stagione in cui si è formato il • la conservazione dei cumuli al coperto, magari cumulo, l’andamento stagionale e le caratteristiche con l’accortezza di praticarvi opportuni camini di climatiche del luogo. I tempi di stagionatura posso- aerazione; no variare da un minimo di 1 mese e mezzo ad un • l’utilizzo di teli speciali che lascino evaporare l’ac- massimo di 6 mesi. qua del cumulo, ma risultino impermeabili alle Due particolari accortezze vanno considerate qua- acque meteoriche. lora si intenda utilizzare il tessuto traspirante per la 5.1.2.1 Allestimento in cumuli sotto tettoie aerate copertura dei cumuli (AA.VV., 2007): Lo stoccaggio al coperto deve essere effettuato in • il cumulo deve poggiare su una superficie di un ambiente ventilato, meglio se sotto una tettoia di asfalto o cemento, perfettamente diritta, sen- cubatura e dimensioni adeguate (Figura 5.7). Questa za concavità, e inclinata in modo che l’acqua di soluzione è la più indicata poiché il cumulo rimane pioggia possa scorrere via in tempi rapidi. Il con- asciutto sia in superficie sia nella parte a contatto tatto diretto del materiale vegetale con il suolo con il suolo. provoca l’assorbimento dell’acqua da parte del Figura 5.7: stoccaggio del cippato in una struttura coperta di piccole dimensioni. 51
prodotto trinciato (nei primi 30 cm), che può raccolte ancora in fase vegetativa (es. canna comune quindi guastarsi; ideale è una pavimentazione a raccolta in autunno). forma convessa che permetta all’acqua di non ri- stagnare sotto la superficie del cumulo. • le pareti del cumulo, e della relativa copertura Problematiche correlate allo sviluppo con il telo, devono essere sempre ben inclinate; di funghi e muffe la presenza di concavità o superfici piane può de- Lo sviluppo di funghi (ascomiceti, deuteromiceti terminare la formazione di accumuli di acqua me- e basidiomiceti) e muffe (Aspergillus, Penicillium) teorica con successiva permeazione attraverso il non provoca solo la perdita di sostanza secca ma telo. rappresenta un rischio per la salute umana: le spo- re fungine, disseminate nel corso della movimen- Figura 5.8: stoccaggio in campo di trinciato di sorgo da tazione dei combustibili legnosi e/o erbacei, pos- fibra con copertura mediante telo traspirante. sono arrivare al sistema respiratorio, provocando allergie e micotossicosi (AA.VV., 2009b). 5.1.3 ESSICCAZIONE FORZATA DELLA BIOMASSA L’utilizzo dell’essiccazione forzata della biomassa riduce l’efficienza energetica dell’intera filiera ed aumenta i costi di produzione del biocombustibile; va quindi adottata solo in casi particolari, dando la preferenza, ove possibile, all’utilizzo dell’essiccazio- ne naturale. Quando però l’essiccazione naturale non è sufficien- te (es. per il processo di pellettizzazione) o quando l‘energia termica utile all’essiccazione deriva dal sole (aria preriscaldata dall’energia solare) o da cascami termici (es. l’energia termica recuperabile dal circuito Figura 5.9: formazione di muffe bianche sulla superficie di raffreddamento di un impianto di cogenerazione), del materiale trinciato (sorgo da fibra). l’applicazione dell’essiccazione forzata è giustificabile. Esperienze condotte all’estero hanno evidenziato la possibilità di sfruttare calore di recupero, derivan- te da impianti di cogenerazione, per l’essiccazione forzata del cippato, senza un eccessivo aumento dei costi impiantistici (Figura 5.10). Anche nel caso dell’essiccazione forzata con aria ri- scaldata, deve essere preventivata una certa perdita di sostanza secca, valutabile in circa il 4%. Se si ricor- re per un certo periodo alla ventilazione forzata con aria non riscaldata, la perdita da imputare raddop- pia fino a circa il 7-8% (AA.VV., 2009b). Figura 5.10: impianto per l’essiccazione forzata del cip- pato che utilizza calore di recupero, Brema. Nel corso del periodo di maturazione è inevitabi- le una certa perdita di peso del cumulo stoccato derivante dalla perdita di acqua per essiccazione, e di sostanza secca a causa del processo fermen- tativo; quest’ultima può arrivare a valori del 15-20% nel caso di biomasse legnose, ma può raggiungere valori molto superiori nel caso di biomasse erbacee con un elevato contenuto di sostanze facilmente fermentescibili, come il sorgo da fibra (presenza di zuccheri fermentescibili nei culmi) o piante erbacee 52
5.2 Attività sperimentali del progetto La tecnica utilizzata non è rappresentativa di un Biocolt – essiccazione in cumulo cantiere di raccolta vero e proprio (che, eventual- mente, implicherebbe ulteriori passaggi di trincia- Le attività di condizionamento della biomassa tura della biomassa a terra), in ragione del rilevante nell’ambito del progetto Biocolt, relativamente alle inquinamento della materia vegetale con particelle prove di essiccazione del materiale trinciato in cu- di terreno e delle dimensioni disomogenee del trin- mulo, hanno previsto la realizzazione di due distinti ciato, che ne impediscono di fatto l’utilizzo diretto test, utilizzando la biomassa di canna comune rac- in caldaia. Questo materiale garantisce comunque colta in diverse fasi vegetative e con diverse moda- un’ottima aerazione all’interno dei cumuli (restano lità di trinciatura. grandi spazi vuoti), agevolando il processo di eva- porazione dell’acqua. 5.2.1 PROVE DI ESSICCAZIONE IN CUMULO – La biomassa così trinciata è stata utilizzata per la ANNO 2008 realizzazione di un test orientativo di essiccazione Nel febbraio 2008 è stata realizzata la trinciatura in campo; a tal riguardo sono state considerate due dell’impianto di canna comune presso l’azienda agri- tesi di stoccaggio (Figura 5.13): cola “Margherita”, nel campo sperimentale allestito • tesi tessuto - cumulo in campo con copertura in comune di Trebaseleghe (PD). mediante tessuto traspirante (nome commerciale La coltura di canna comune, il cui contenuto idrico del tessuto Toptex); medio era del 55%, è stata trinciata a terra mediante • tesi controllo - cumulo in campo senza alcuna co- una macchina trinciastoppie (Figura 5.11); le carat- pertura. teristiche fisiche del prodotto trinciato erano molto disomogenee (Figura 5.12), con presenza di materia- Figura 5.13: predisposizione dei cumuli di stoccaggio le vegetale anche di grandi dimensioni (presenza di di canna comune, tesi con copertura mediante telo tra- culmi solo parzialmente trinciati). spirante (febbraio 2008). Figura 5.11: fasi di trinciatura a terra mediante macchi- na trinciastoppie del canneto. Figura 5.12: trinciato di canna comune mediante mac- china trinciastoppie. 53
Seguendo le fasi di maturazione del prodotto, con il tessuto traspirante rispetto alla tesi controllo; per periodici rilievi del contenuto idrico del trinciato, è quanto concerne la tesi tessuto dopo solo 70 gior- stato possibile osservare la modalità con cui avviene ni il trinciato di canna comune aveva già raggiunto il processo di stagionatura all’aperto. un valore di umidità considerato “commerciale”, Entrambe le tesi nel corso del periodo di stoccaggio inferiore al 30%, mentre la tesi controllo presenta- hanno evidenziato un notevole calo di volume del va addirittura un aumento del contenuto idrico. Al prodotto ammassato, a significare sia un assesta- termine del periodo di monitoraggio, dopo circa 5 mento della biomassa all’interno del cumulo, sia una mesi e mezzo, la tesi tessuto presentava un valore di riduzione effettiva del materiale vegetale stoccato, a umidità inferiore al 20%, mentre la tesi controllo non seguito della perdita del contenuto di acqua e/o di presentava alcun calo del contenuto idrico. sostanza secca (Figura 5.14). La biomassa stoccata nel cumulo coperto si presen- La variazione del contenuto idrico della biomassa tava asciutta ed in buono stato di conservazione, nel corso dello stoccaggio è riportata nel Grafico mentre quella stoccata nel cumulo privo di copertu- 5.1, dove si evidenzia l’efficacia della copertura con ra si presentava marcescente (Figura 5.15). Figura 5.14: cumuli di stoccaggio di canna comune nel maggio 2008. Grafico 5.1: andamento della variazione del contenuto idrico della biomassa di canna comune stoccata in cumulo (anno 2008). 80% 70% Contenuto idrico cumulo (%) 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% m 8 -m 08 -g 8 8- -08 -lu 8 -m 08 -m 08 -m 08 3- -08 08 -g 8 -g 8 1- -08 -lu 8 -lu 8 5- -08 -a 8 -a 8 m 8 8- -08 -a 8 -m 8 -m 8 1- -08 4- b-0 10 u-0 15 g-0 17 u-0 24 u-0 22 g-0 29 g-0 22 r-0 29 r-0 6- r-0 15 r-0 11 ar-0 25 ar-0 13 g- 18 ar- 20 ag- 27 ag- o- g ag iu g r ar p p p ap ap gi i i ag fe a lu lu - 26 Tesi tessuto Tesi controllo 54
Figura 5.15: campioni di biomassa di canna comune raccolti al termine della prova di stoccaggio, tesi tessuto (sini- stra) e controllo (destra). N.B. ridotta dimensione del trinciato, adatta allo stoc- La pezzatura disomogenea della biomassa di caggio per insilamento (tipo silomais), comporta partenza ha creato grandi spazi vuoti all’inter- comunque un rischio di eccessivo compattamento no del cumulo, favorendo quindi l’aerazione e della biomassa. la rapida evaporazione dell’acqua attraverso il tessuto traspirante. Parimenti, la stessa pezza- Figura 5.16: trinciato di canna comune con lunghezza tura disomogenea nella tesi controllo non ha 10-15 mm (maggio 2009). permesso la formazione dello strato superficia- le indurito ed impermeabile, che è in grado di garantire una certa protezione del cumulo dagli eventi meteorici. 5.2.2 PROVE DI ESSICCAZIONE IN CUMULO – ANNO 2009 Nel maggio 2009 è stata predisposta una seconda prova di stoccaggio della biomassa trinciata di can- na comune presso il campo sperimentale allestito a Trebaseleghe (PD). La raccolta della biomassa è stata effettuata il 28 maggio 2009 (ritardata per motivi ambientali); il pe- riodo è sicuramente da considerarsi non consono, in quanto in tarda primavera la coltura ha già ripreso a vegetare e la biomassa presenta un elevato contenu- to idrico (in questo caso pari al 65%). Inoltre, occorre Anche in questo test sono state previste due specifi- considerare che, rispetto alla raccolta a fine inverno, che tesi di studio (Figura 5.17): le caratteristiche qualitative della biomassa sono no- • tesi tessuto - cumulo in campo con copertura tevolmente cambiate: la ripresa vegetativa compor- mediante tessuto traspirante; ta la traslocazione delle sostanze nutritive dai rizomi • tesi controllo - cumulo in campo senza alcuna co- agli apparati vegetativi che quindi presentano un pertura. maggior contenuto in zuccheri ed un conseguente Nel corso della seconda prova di stoccaggio sono maggior tasso di fermentescibilità. stati monitorati nel tempo i parametri relativi al In questo secondo test, la raccolta è stata effettua- contenuto idrico della biomassa, alla temperatura ta mediante una macchina falcia-trincia-caricatrice; all’interno dei cumuli (Figura 5.18), alla perdita di so- la dimensione del trinciato è risultata omogenea e stanza secca (Figura 5.19) ed al contenuto in ceneri al della lunghezza di 10-15 mm circa (Figura 5.16). La termine del periodo di stoccaggio. 55
Figura 5.17: cumuli di stoccaggio del trinciato di canna comune al termine della loro predisposizione (maggio 2009). Figura 5.18: monitoraggio della temperatura dei cumu- Figura 5.19: determinazione della perdita di sostanza li (tesi controllo, luglio 2009). secca nei cumuli mediante sacchi di monitoraggio (set- tembre 2009). Come nel primo test di condizionamento in campo, entrambe le tesi nel corso del periodo di stoccaggio hanno evidenziato un notevole calo di volume del prodotto ammassato (Figura 5.20). Figura 5.20: cumuli di stoccaggio al termine del periodo di monitoraggio (settembre 2009). 56
All’apertura del cumulo della tesi tessuto nel settem- del periodo e delle caratteristiche di facile fermen- bre 2009, la biomassa si presentava in buono stato, tescibilità della biomassa stoccata, i valori riscontrati nonostante un certo sviluppo superficiale di muffe e erano ancora elevati e variabili tra 35 °C e 45 °C. polveri (Figura 5.21 e Figura 5.22). La parte superficia- le del cumulo appariva asciutta e compatta, mentre Figura 5.22: trinciato di canna comune dopo 105 giorni nella parte basale si riscontrava un aumento del tas- di stoccaggio in cumulo coperto con tessuto traspiran- so di umidità (all’atto della costituzione del cumulo te (tesi tessuto). non è stato posizionato un telo plastico ad evitare il contatto diretto con il terreno). Nella tesi controllo è stata riscontrata la formazione di uno strato protetti- vo superficiale indurito ed impermeabile, al di sotto del quale la biomassa si presentava ancora umida e con una temperatura piuttosto elevata, a significare che le reazioni fermentative erano ancora in corso. Figura 5.21: apertura del cumulo di stoccaggio con co- pertura con telo traspirante (tesi tessuto). L’andamento del contenuto idrico all’interno dei cumuli è riportato nel Grafico 5.2. Entrambe le tesi hanno evidenziato una costante perdita di contenu- to idrico della biomassa; la tesi tessuto al termine del periodo di stoccaggio ha quasi raggiunto il valore commerciale di contenuto idrico per un biocombu- stibile. Il contenuto in ceneri della biomassa di canna comu- ne (pari al 3,3% alla raccolta) è incrementato al termi- ne del test di stoccaggio (Tabella 5.1). Tale aumento è imputabile alla degradazione di quota parte della sostanza organica a seguito dei fenomeni fermenta- tivi instauratisi all’interno dei cumuli. Tabella 5.1: monitoraggio del contenuto in ceneri nelle tesi di stoccaggio (anno 2009). Contenuto ceneri Contenuto ceneri alla raccolta fine stoccaggio Tesi (Tempo = 0) (Tempo = 105 gg) (% su s.s.) Tessuto 3,3 6,7 Controllo 3,3 7,1 Il monitoraggio della temperatura all’interno dei cu- muli ha evidenziato un incremento immediato della Le perdite di sostanza secca rilevate sono considere- temperatura in entrambe le tesi di studio, con valori voli, rispettivamente del 29% e del 35,7% per la tesi superiori a 70-80 °C; dopo quasi 60 giorni le stes- tessuto e per la tesi controllo (Tabella 5.2). Rispetto se erano ancora superiori a 50 °C. Successivamen- a prove di stoccaggio similari è possibile confermare te, le temperature registrate sono diminuite molto che le perdite sono molto elevate: lentamente: all’apertura dei cumuli, dopo 105 giorni • esperienze pregresse del C.E.T.A. hanno registra- di stoccaggio, a fronte delle sostenute temperature to perdite di sostanza secca massime del 18% nel 57
Grafico 5.2: andamento della variazione del contenuto idrico registrata nei cumuli durante le prove di stoccaggio della biomassa di canna comune (anno 2009). 70% 60% Contenuto idrico cumulo (%) 50% 40% 30% 20% 10% 0% 09 09 09 09 09 09 09 09 09 9 9 9 9 9 9 -0 -0 -0 -0 -0 t-0 u- u- u- u- g- g- g- g- g- go go go go ag e i i i i -lu -lu -lu -lu -lu -g -g -g -g -s -m -a -a -a -a 11 04 18 25 02 09 16 23 30 03 06 13 20 27 28 Tesi tessuto Tesi controllo corso di prove di stoccaggio di canna comune dovuta alle dimensioni del trinciato; nel 2009 le trinciata a fine inverno; dimensioni medie del trinciato erano omogenee • varie sperimentazioni inerenti lo stoccaggio del e pari a 10-15 mm, mentre nel 2008 le dimensioni cippato di pioppo a ceduazione biennale me- erano variabili da pochi mm sino a culmi solo par- diante diversi sistemi (con copertura o senza, zialmente trinciati; ventilato o meno), hanno evidenziato perdite di • il periodo di stoccaggio con differenti tempera- sostanza secca non superiori al 24%, solitamente ture ambientali di riferimento (effetto stagionali- inferiori al 15-20%. tà); nel 2009 la sperimentazione è intercorsa da I pessimi risultati ottenuti sono da ascrivere al periodo fine maggio a settembre, mentre nell’anno 2008 di raccolta tardivo della biomassa e quindi alle specifi- è intercorsa da marzo ad agosto; che caratteristiche del materiale vegetale, più ricco in • la durata del periodo di monitoraggio, pari a 105 acqua, zuccheri ed elementi nutritivi. Questo fattore, giorni nel 2009 e a 163 giorni nel 2008; unito alle alte temperature del periodo di riferimento • l’andamento climatico stagionale. (giugno-agosto), decisamente superiori alle tempe- rature medie registrabili nei mesi di marzo ed aprile, Tabella 5.2: stima delle perdite di sostanza secca nei hanno determinato lo sviluppo di fenomeni fermen- cumuli per attività di degradazione microbica (anno tativi particolarmente intensi, causando una perdita 2009). consistente di sostanza organica. Contenuto in sostanza Perdita Occorre comunque rimarcare il positivo effetto del- Tesi secca (kg) sostanza la copertura con tessuto traspirante sul contenimen- Tempo = 0 Tempo = 105 gg secca (%) to delle perdite di sostanza secca, rispetto alla tesi Tessuto 29,737 21,115 - 29,0% controllo. Controllo 9,527 6,126 - 35,7% Per comparare al meglio i risultati ottenuti nel bien- nio di sperimentazione sull’andamento del contenu- to idrico nei cumuli, vanno considerati alcuni impor- L’insieme di questi fattori ha determinato un risulta- tanti aspetti: to in termini di effettiva essiccazione della biomassa • il diverso contenuto di umidità della biomassa diversificato negli anni per singola tesi: alla raccolta, pari al 65,5% nel 2009 ed al 55,7% • considerando la medesima durata del periodo di nel 2008; stoccaggio (105 giorni, seppur in periodi dell’anno • la diversa compattezza della biomassa nei cumuli differenti), la riduzione del contenuto idrico per 58
la tesi tessuto nel 2009 è raffrontabile a quanto sul cumulo hanno quindi comunque permesso di riscontrato nel 2008 (circa 30 punti percentuale); ottenere un buon risultato finale in termini di es- questo conferma la validità del sistema di stoc- siccazione della materia vegetale. caggio mediante copertura con telo traspirante; l’ipotesi di trinciare la biomassa in modo meno spinto (circa 3 cm) permetterebbe di migliorare 5.3 Densificazione della biomassa l’effetto essiccazione, grazie ad una migliore ae- razione del cumulo; La densificazione è una tecnica che permette di mi- • la tesi controllo nel 2009 ha evidenziato una ri- gliorare le caratteristiche fisiche di un biocombusti- duzione di circa 25 punti percentuale del conte- bile e di aumentarne notevolmente il valore aggiun- nuto idrico, rispetto ad un tendenziale aumento to. Le tecnologie ad oggi disponibili per la produzio- registrato nel 2008; le condizioni meteo più favo- ne su larga scala di biomasse densificate sono di due revoli e la formazione dello strato impermeabile tipi: la pellettizzazione e la bricchettatura. Pellet Bricchetto Con il termine pellet si intende un biocombusti- Con il termine bricchetto si intende un biocom- bile densificato, normalmente di forma cilindrica bustibile densificato, solitamente in forma di pa- (diametro 6-8 mm, lunghezza 10-30 mm), ottenu- rallelepipedo o cilindro, ottenuto comprimendo to comprimendo la biomassa polverizzata, con o la biomassa polverizzata, con o senza l’ausilio di senza l’ausilio di agenti leganti di pressatura (Fi- additivi di pressatura (Figura 5.24). gura 5.23). Il contenuto idrico del pellet è general- Al pari della pellettizzazione, la bricchettatura mente inferiore al 10% (molti produttori scendono rappresenta una tecnologia di rilevante interesse sotto l’8%). in quanto, aumentando notevolmente la densità Il grande interesse di mercato che sta suscitando del materiale, consente di concentrare elevate ri- il pellet risiede nel fatto che esso permette un ele- serve energetiche in un volume contenuto. vato grado di automazione degli impianti di com- Il bricchetto tradizionale, cioè quello con diametro bustione, che ne avvicina le modalità di impiego di circa 10 cm e lunghezza superiore a 20 cm, viene a quelli alimentati da olio combustibile, kerosene, generalmente utilizzato in sostituzione della legna GPL e, per il solo esercizio, persino a quelli a gas da ardere e la carica del biocombustibile avviene naturale. Questa importante proprietà del pellet manualmente; non è quindi adatto per essere uti- è dovuta alla particolare forma, dimensione ed lizzato nei tradizionali sistemi automatici di carica- omogeneità dei suoi elementi che possono venir mento della caldaia (coclee). Ultimamente sono convogliati alla camera di combustione per mezzo stati sviluppati sistemi di bricchettatura (o meglio di semplici dispositivi meccanici (es. coclee), con di taglio dei bricchetti) che permettono di produr- tutti i vantaggi in fatto di regolazione automatica, re, in luogo dei tradizionali cilindri, dei dischi con dosatura e alimentazione continua. Inoltre, l’ele- un diametro di circa 5-8 cm e lunghezza di 1-2 cm; vata densità apparente (bulk density), variabile tra questi prodotti possono essere efficacemente uti- i 650 ed i 780 kg/m3, rappresenta un ulteriore e lizzati mediante sistemi di alimentazione automa- fondamentale elemento di successo del pellet. tica delle caldaie (coclee e spintori), se opportuna- mente regolati. Figura 5.23: pellet prodotto a partire da biomasse di natura erbacea. Figura 5.24: bricchetti ottenuti con presse a vite, a pistone con biomasse di varia natura. 59
I biocombustibili densificati, in particolare il pellet, no essere di circa 1-3 mm (in funzione del diametro hanno registrato un largo successo di mercato ne- finale del pellet), mentre per la bricchettatura tali gli ultimi anni grazie a caratteristiche come il basso dimensioni possono essere maggiori, variabili tra contenuto in umidità, l’elevato potere calorifico infe- 6-15 mm. La riduzione delle dimensioni può essere riore, le dimensioni ridotte ed uniformi e la qualità realizzata in uno o due passaggi, mediante l’utilizzo omogenea del prodotto; queste particolarità li ren- di macchine trituratrici, cippatrici o di mulini a mar- dono di facile impiego nelle piccole e medie centrali tello. È importante l’inserimento di un sistema di termiche munite di semplici sistemi di trasporto au- vagliatura della biomassa sminuzzata, per assicurare tomatizzato del combustibile (es. coclee). Inoltre, un le dimensioni volute ed evitare problemi nelle fasi biocombustibile densificato ha una elevata massa operative di pressatura. Nel caso di conferimento di volumetrica che permette di ridurre i costi correlati materiale imballato (es. rotoballe di residui agricoli), alla movimentazione ed allo stoccaggio. la riduzione delle dimensioni si raggiunge attraverso Per contro, il processo di densificazione è molto una combinazione di sistemi per l’apertura e trincia- oneroso sia in termini economici che energetici. Per tura delle balle e di mulini a martello. densificare la biomassa occorre partire da un ma- Le biomasse legnose, ed in misura minore quelle er- teriale essiccato, triturato finemente e privo di ele- bacee, contengono la lignina, complesso polimero menti inquinanti (es. materiali metallici e sassi che possono danneggiare i macchinari coinvolti nel pro- naturale che contribuisce a garantire la resistenza cesso produttivo, in particolare le trafile). Inoltre, la del materiale densificato (agente legante). In funzio- realizzazione degli impianti di densificazione richie- ne della biomassa di partenza, e quindi della relativa de importanti investimenti iniziali e comporta costi presenza di lignina, e della efficienza del processo di gestione e manutenzione sostenuti; per questi di produzione, può essere necessario aggiungere motivi la densificazione della biomassa sembra tro- ulteriori agenti leganti nel corso della fase di condi- vare una sua convenienza economica solo nei grandi zionamento in pre-densificazione (es. melasso, sulfo- impianti industriali operanti a ciclo continuo. nato di lignina, ecc.). Il condizionamento della biomassa viene realizzato 5.3.1 PARAMETRI DI CONTROLLO DELLA mediante l’aggiunta di vapore acqueo secco o di ac- DENSIFICAZIONE qua calda. Il calore aggiuntivo ammorbidisce le fibre Alcuni fattori, non solo relativi alle caratteristiche in- legnose e promuove la liberazione della lignina con trinseche della biomassa, possono influenzare i risul- effetto di gelatinizzazione. Questo passaggio, non tati del processo di densificazione, in particolare: sempre indispensabile, serve a conferire al pellet • il contenuto idrico; una maggiore compattezza, oltre ad avere un effet- • le dimensioni delle particelle; to lubrificante che facilita l’estrusione del pellet e ri- • la caratterizzazione biochimica; duce il logorio della trafila. • il condizionamento. Il contenuto idrico della biomassa da pellettizzare 5.3.2 IL PROCESSO DI DENSIFICAZIONE varia in funzione della tipologia di materiale di par- Il processo di densificazione della biomassa può es- tenza e del processo di densificazione utilizzato. sere suddiviso in sei distinte fasi (Figura 5.25), che In generale, un contenuto idrico accettabile per la comprendono l’essiccazione, la triturazione, la pres- densificazione è del 9-12% per la pellettizzazione satura, il raffreddamento, la separazione, l’immagaz- e del 10-15% per la bricchettatura. In relazione ai zinamento o insaccamento. Inoltre, in funzione della potenziali contenuti idrici delle biomasse (general- tipologia di materia prima a disposizione, a monte mente compresi tra il 25 ed il 50%), nel processo di della fase di essiccazione possono essere previste densificazione è quindi necessario l’inserimento di un sistema di essiccazione a monte della sezione di altre due importanti fasi, quali la macinazione (pri- pressatura. Si ricorda che, nel caso si operi con col- maria – grossolana, e secondaria – fine) e la deferriz- ture dedicate o con residui agricoli, stante la stagio- zazione (separazione magnetica dei materiali ferrosi) nalità della raccolta della biomassa, presso l’impian- insieme ad eventuali altri sistemi per la rimozione di to di densificazione è necessario prevedere un’area sassi e materiali non ferrosi. di stoccaggio (eventualmente coperta). Le fasi preparatorie sono fondamentali per predi- Le dimensioni della biomassa in ingresso all’impian- sporre e condizionare opportunamente la biomassa to di densificazione sono variabili, parimenti al con- per la fase vera e propria di pressatura: come già tenuto idrico, in relazione al processo utilizzato e alla riportato, la biomassa per poter essere efficacemen- specifica geometria delle macchine di pressatura te ed efficientemente densificata, deve rispettare (es. dimensioni della trafila). Per quanto riguarda la precisi parametri qualitativi, legati in particolare alle pellettizzazione, le dimensioni della biomassa devo- dimensioni ed al contenuto idrico. 60
Le fasi del processo a valle della pressatura, che mentali per conferire al prodotto le caratteristiche prevedono il raffreddamento del prodotto estruso di durabilità necessarie per la sua conservazione nel e la preparazione del formato commerciale (vaglia- tempo e un packaging posizionabile sul mercato tura, depolverazione e insacchettatura), sono fonda- (prodotto sfuso, in sacchi o in big bag). Figura 5.25: schema di produzione del pellet (fonte: C.E.T.A.). biomassa da deferrizzazione Pellettizzazione densificare macinazione grossolana Raffreddamento (2,5 -10 cm) separazione essiccazione triturazione (pellet - polvere) (umidità 10%) deferrizzazione fine (1-3 mm) immagazzinamento e/o insaccamento N.B. N.B. Nella macchina pellettizzatrice, che agisce per La tecnologia di bricchettatura è relativamente compressione e con riscaldamento, la biomassa più semplice rispetto alla pellettizzazione. Gli im- viene spinta ad elevata pressione (fino a 200 at- pianti di bricchettatura, a seconda della pressione mosfere) attraverso i fori di una matrice o trafila applicata, si distinguono in sistemi a bassa, media (Figura 5.26). Il pellet si forma grazie alle trasfor- ed alta pressione. Mentre i primi due prevedono mazioni che subisce la lignina presente nella bio- la miscelazione delle biomasse con una sostanza massa: quando le fibre passano attraverso i fori di legante, quelli ad alta pressione operano con la estrusione, la temperatura aumenta sino a 90 °C (a biomassa tal quale, dato che le forze di coesione causa dell’attrito e della pressione), la lignina di- tra le particelle, e quindi l’effetto legante, si svi- viene fluida, esce dalle strutture cellulari e si lega luppa in seguito alle elevate pressioni applicate. alle altre fibre. L’estruso che fuoriesce dai fori delle Tra i sistemi di bricchettatura ad alta pressione, le matrici (materiale compresso e superficialmente tecnologie più utilizzate sono quelle a vite o a pi- bachelizzato) viene tagliato alla lunghezza voluta stone. La possibilità di trattare la biomassa con un da apposite lame. grado maggiore di umidità ed il migliore controllo della pressione applicata hanno reso la pressa a Figura 5.26: trafila per la produzione del pellet. pistone il sistema più utilizzato. 5.3.3 ANALISI DEL COSTO DI PRODUZIONE La potenzialità produttiva di un impianto ed il nu- mero di ore/anno di operatività sono i fattori che, unitamente al costo di approvvigionamento iniziale della biomassa, influenzano maggiormente il costo di produzione di un biocombustibile densificato. Le economie di scala, che si evidenziano in tutti gli aspetti dello sviluppo dell’impianto (progettazione, costruzione del fabbricato, macchinari, installazio- ne), nonché quelli operativi e manutentivi, sono di fondamentale importanza. A tal riguardo, nel Gra- fico 5.3 si riportano i risultati di uno studio statuni- 61
tense che ben evidenziano questo concetto: i costi 5.3.4 DENSIFICAZIONE DELLE BIOMASSE di produzione del pellet si riducono sensibilmente in LEGNOSE ED ERBACEE A CONFRONTO impianti con potenzialità produttive sino a 6 t/h. La densificazione delle biomasse legnose, quali Alla luce di queste considerazioni, piccoli impian- quelle derivanti dalle coltivazioni in SRF del pioppo, ti di pellettizzazione, operanti su cicli produttivi di non presenta difficoltà di rilievo; la quasi totalità del 8 ore/giorno, difficilmente presenteranno una so- pellet prodotto a livello nazionale ed internazionale stenibilità economica, in particolare quelli finalizzati deriva da biomasse legnose: tecnologia e processi alla densificazione di biomasse erbacee, che noto- di produzione sono quindi ampiamente testati ed riamente spuntano un prezzo di mercato inferiore ottimizzati. rispetto a quelle legnose. Per quanto riguarda la densificazione delle biomasse erbacee (canna comune e miscanto), restano ancora da verificare le condizioni operative per la realizza- N.B. zione dei pellet o dei bricchetti. Nell’ambito del progetto Biocolt è stato stimato Sostanzialmente non sussistono differenze tecniche il costo di produzione del biocombustibile den- tra la pellettizzazione di una biomassa legnosa ed sificato in un piccolo impianto di pellettizzazione una erbacea; esistono comunque alcuni aspetti che dedicato (potenzialità produttiva 200 kg/h), utiliz- vanno considerati e che possono determinare il suc- zando biomassa trinciata di miscanto (impianto di cesso o meno dell’iniziativa: densificazione senza la sezione di essiccazione). • la biomassa erbacea rispetto alla segatura di le- Ipotizzando una produzione annua di circa 77 t di gno (materiale tradizionalmente utilizzato per la pellet (funzionale alla copertura del fabbisogno produzione di pellet e bricchetti) può avere una medio annuo di un impianto termico da 200 kW), maggiore presenza di contaminanti, quali sabbia il costo di produzione del biocombustibile densi- e sassi; è necessaria quindi un’attenta vagliatura ficato è stato stimato in 215 €/t, costo di approv- del materiale vegetale in ingresso all’impianto; vigionamento della biomassa escluso. Tale valore • la densificazione di biomasse imballate comporta rende la specifica iniziativa non sostenibile econo- la necessità di un’attrezzatura che apra le balle e micamente, in relazione alle basse produzione di successivamente provveda alla trinciatura; si ne- pellet e agli elevati costi fissi (macchinari e perso- cessita quindi di un passaggio ulteriore rispetto nale tecnico). alla pellettizzazione di legno sminuzzato (segatu- ra e/o chips); Grafico 5.3: costo di produzione del pellet in funzione della taglia dell’impianto, operante 6.000 ore/anno (Mani, 2006 modificato). 90 80 Costi di produzione pellet (US$/t) 70 60 50 40 30 20 10 0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 Capacità produttiva (t/h) Costo capitale Costo operativo Costo totale 62
• le biomasse erbacee sono caratterizzate da un motivo, il valore di mercato del pellet di natura erba- basso contenuto in lignina, vero agente legante del cea è comparabile ad un pellet di seconda scelta. pellet; può quindi sussistere un’oggettiva difficoltà nella produzione del biocombustibile densificato; in tal caso è necessario l’uso di un agente legante 5.4 Attività sperimentali del progetto esterno, che va aggiunto alla biomassa lignocellu- Biocolt – densificazione di biomasse losica a monte della sezione di pressatura; erbacee • la particolare composizione chimica della biomas- sa erbacea, in particolare l’elevato tenore in silice, In considerazione delle difficoltà tecniche in cui si può comportare una maggiore usura delle mac- può incorrere nella densificazione delle biomasse chine durante il processo di densificazione, con erbacee, nell’ambito del progetto Biocolt sono state conseguenti maggiori costi di manutenzione. realizzate delle prove sperimentali di densificazione La densificazione della biomassa e la relativa diffusio- che hanno previsto la comparazione di diverse ma- ne di questo metodo di condizionamento e prepara- trici (canna comune e miscanto), sistemi di essicca- zione di un biocombustibile deve prevedere, comun- zione della biomassa in ingresso all’impianto (natu- que, la valutazione delle caratteristiche qualitative del rale in campo e naturale in cumulo) e tecnologia di prodotto finale ottenuto, al fine di ipotizzarne e sop- densificazione (pellettizzazione e bricchettatura). pesarne il potenziale utilizzo nelle tradizionali unità di In sintesi, le diverse attività di densificazione della combustione presenti sul mercato. A tal riguardo è im- biomassa hanno previsto: portante considerare che le caratteristiche chimiche 1. prove di pellettizzazione della canna comune (es- delle biomasse erbacee ne fanno un biocombustibile siccazione naturale in cumulo); di qualità inferiore a quello di origine legnosa, quindi 2. prove di pellettizzazione del miscanto (essicca- non sempre adatto all’utilizzo in impianti termici con zione naturale in campo); tecnologia di combustione relativamente semplice, 3. prove di bricchettatura del miscanto (essiccazio- come le stufe a pellet di piccola potenza; per questo ne naturale in campo). Linee di ricerca e sviluppo del processo di densificazione Alla luce dell’enorme successo di mercato del pel- • il pre-trattamento termico della biomassa (tor- let, sono diverse le linee di ricerca e sviluppo del refazione – lento trattamento della biomassa a processo di densificazione, funzionali a ridurne i 200-300 °C, in assenza di ossigeno), che facilita costi di produzione (in particolare quelli energeti- la fase di raffinazione ed incrementa la densità ci), e a massimizzare e migliorare ulteriormente le energetica della biomassa e quindi del pellet caratteristiche del biocombustibile. Attualmente prodotto. le principali linee di studio prevedono: In Tabella 5.3 si riportano i risultati di alcuni test di • la progettazione e lo sviluppo di nuove mac- pellettizzazione in cui è previsto il pre-trattamento chine pellettatrici, in grado di abbattere i costi della biomassa. Si evidenzia il netto miglioramen- energetici per l’estrusione del materiale; to della qualità del biocombustibile, in particolare • il pre-trattamento idrotermico della biomassa per il parametro inerente la densità energetica e (trattamenti con vapore o di steam explosion – la conservabilità nel tempo (in funzione della ca- in grado di separare le tre differenti frazioni co- pacità di ri-assorbimento dell’umidità), qualora si stituenti i substrati vegetali – emicellulosa, cel- effettui la torrefazione o la steam explosion della lulosa e lignina), allo scopo di ridurre la potenza biomassa iniziale. necessaria per la successiva densificazione ed aumentare la qualità del biocombustibile; Tabella 5.3: comparazione delle proprietà del pellet di legno ottenuto con diversi processi di produzione (Mani, 2008). Proprietà Segatura Pellet Steam exploded pellet Torrefazione pellet Contenuto idrico (%) 40 7-8 2-3 1 Potere calorifico (MJ/kg) 10,0 19,0 20,0 22,7 Massa sterica (kg/m3) 180 650 800 850 3 Densità energetica (GJ/m ) 1,8 12,4 16,0 19,3 Capacità riassorbimento umidità Alta Alta Bassa Molto bassa 63
5.4.1 PROVE DI PELLETTIZZAZIONE DELLA La biomassa trinciata è stata essiccata in cumulo CANNA COMUNE all’interno di una stalla dismessa avente un’ottima Il test di pellettizzazione ha previsto una serie di at- aerazione (Figura 5.30). Dopo circa 100 giorni di tività sperimentali che hanno portato, partendo dal stoccaggio all’aria, la biomassa trinciata presentava materiale vegetale presente nel canneto, alla produ- un contenuto idrico del 20%, tale da permetterne la zione di pellet. Le attività hanno compreso la rac- pellettizzazione. colta, la trinciatura, il condizionamento (essiccazione naturale in una struttura coperta e successiva raffi- Figura 5.29: canna comune trinciata. nazione con mulino a martelli) ed infine la pellettiz- zazione della biomassa. 5.4.1.1 Raccolta del campione e condizionamento della biomassa La biomassa di canna comune è stata raccolta ma- nualmente nel febbraio 2008 mediante l’utilizzo di una motosega (Figura 5.27); la successiva trinciatura è stata realizzata, sempre manualmente, mediante una macchina trinciatrice da mais (Figura 5.28), con una pezzatura di circa 1 cm (Figura 5.29). Complessi- vamente sono stati raccolti e trinciati circa 2.000 kg di materiale vegetale, con un contenuto idrico me- dio di poco superiore al 50%. Figura 5.27: taglio manuale delle canne. Figura 5.30: fase di condizionamento della biomassa. 5.4.1.2 Pellettizzazione della biomassa condizionata Nel giugno 2008 è stata realizzata una prova di pel- Figura 5.28: trinciatura manuale delle canne. lettizzazione con la biomassa trinciata di canna co- mune, avente un contenuto idrico del 19,6% ed una densità sul tal quale pari a 96 kg/m3. Le prove di pellettizzazione sono state realizzate presso l’azien- da “Costruzioni Nazzareno s.r.l.” di Vacil di Breda di Piave (TV). Prima della fase di densificazione è stata necessa- ria un’ulteriore raffinazione della biomassa mediante l’utilizzo di un molino a martelli (Figura 5.31) che ha ridotto il campione a dimensioni omogenee, di circa 1-2 mm (Figura 5.32). Nelle fasi operative iniziali la macchina pellettatrice ha richiesto la taratura della coclea di alimentazione della biomassa raffinata e della pressione di estru- sione, regolata in base alle dimensioni della trafila, 64
al fine di ottenere un pellet il più possibile dalle ca- mediante l’utilizzo di un vaglio vibrante (Figura 5.34) ratteristiche uniformi e con un’idonea densità volu- a cui è seguita una fase di ventilazione naturale del metrica. pellet. Figura 5.31: fase di raffinazione della biomassa trincia- Figura 5.33: impianto di pellettizzazione presso l’azien- ta mediante molino a martelli. da Costruzioni Nazzareno s.r.l.. Figura 5.32: biomassa di canna comune trinciata e raf- finata a confronto. Figura 5.34: vaglio vibrante utilizzato per la depolve- rizzazione del pellet. L’impianto di pellettizzazione utilizzato (Figura 5.33) ha una potenziale capacità di produzione di 500 kg/h di pellet e viene normalmente utilizzato per test di questo tipo. Le operazioni di pellettizzazione si sono svolte senza problematiche di rilievo. Non è stato necessario addittivare alcun tipo di prodotto legante (es. melasso, ligninsulfonato) per produrre un pellet dalle buone caratteristiche fisiche. Prima dell’ingresso in trafila, la biomassa è stata condizio- nata mediante l’aggiunta di acqua calda nebulizzata a circa 70 °C (la nebulizzazione crea una micro-neb- bia che “bagna” tutta la biomassa ed evita la forma- zione di grumi). L’impianto è sprovvisto di una specifica sezione di raffreddamento e pulizia del pellet prodotto; queste operazioni sono state quindi eseguite manualmente 65
Complessivamente sono stati prodotti oltre 600 kg 5.4.2.2 Pellettizzazione della biomassa condizionata di pellet di canna comune (Figura 5.35). Sempre nel giugno 2008, presso l’azienda “Costru- zioni Nazzareno s.r.l.” è stata realizzata una prova di Figura 5.35: pellet di canna comune ottenuto. pellettizzazione con la biomassa trinciata di miscan- to; il materiale vegetale presentava un contenuto idrico del 10,9% ed una densità sul tal quale pari a 75 kg/m3 (Figura 5.37). Figura 5.37: campione di trinciato di miscanto prima della fase di raffinazione. 5.4.2 PROVE DI PELLETTIZZAZIONE DEL MISCANTO La densificazione del miscanto è relativamente più semplice rispetto alla canna comune, alla luce del minore contenuto idrico della biomassa alla raccolta che permette il più delle volte di evitare un’onerosa fase di essiccazione. Parimenti alla canna comune, le fasi di pellettizzazio- ne hanno previsto: 5.4.2.1 Raccolta del campione e condizionamento • la raffinazione della biomassa trinciata mediante della biomassa un molino a martelli che ne ha ridotto le dimen- La raccolta tardiva del miscanto, ossia tra fine feb- sioni a 1-2 mm; braio ed inizio marzo, permette di ottenere della • la taratura dell’impianto di pellettizzazione (co- biomassa con un contenuto idrico inferiore al 20%, clea di alimentazione e pressione di estrusione) che può essere facilmente stoccata senza incorrere (Figura 5.38); in problematiche correlate all’innesco di fermenta- zioni incontrollate. Figura 5.38: regolazione della macchina pellettatrice. Il miscanto, alla luce della bassa umidità della bio- massa, con o senza un breve periodo di stoccaggio è da ritenersi un materiale già pronto alla densifica- zione, permettendo quindi di risparmiare sull’opera- zione di essiccazione forzata, onerosa sia in termini economici che energetici. Complessivamente per le operazioni di densificazione pianificate sono stati raccolti e stoccati circa 400 kg di biomassa trinciata di miscanto (Figura 5.36). Figura 5.36: biomassa di miscanto trinciata in cumulo. 66
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