Il cammino gravidico della donna con lupus eritematoso sistemico e/o sindrome da anticorpi antifosfolipidi
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Il cammino gravidico della donna con lupus eritematoso sistemico e/o sindrome da anticorpi antifosfolipidi Gioacchino Catania1, Edoardo Rossi2 1 Ospedale San Paolo/ASL2 - Savona (E-mail: danycatania2@hotmail.it / Tel: 328/7768573) 2 Ospedale Gallino/ASL3 - Genova (E-mail: enrififfi.rossi@gmail.com) Introduzione Il lupus eritematoso sistemico (LES) e la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) colpiscono sempre più frequentemente donne in età fertile, pertanto il bisogno di costruire una famiglia costituisce un desiderio comune e “una necessità medica non soddisfatta”. Tuttavia, le pazienti con LES e APS hanno una maggiore tendenza a sviluppare eventi tromboembolici (TEP) che possono essere responsabili di complicanze ostetriche, compresi aborti ricorrenti1. Inoltre, durante la gravidanza si può assistere ad una riaccensione della sintomatologia clinica. In tale ambito, risulta fondamentale un’attenta e meticolosa pianificazione della gravidanza. Stratificazione del rischio Lo stato della malattia lupica influenza in modo determinante il destino della gravidanza. In particolare, una malattia in fase attiva, che coinvolge o ha coinvolto il rene, si associa a diversi eventi avversi ostetrici, sia materni che fetali2-5. Inoltre, la terapia con cortisone, ad un dosaggio di mantenimento di almeno 10 mg al giorno, può associarsi ad un aumentato rischio di parto pretermine6. Di contro, l’idrossiclorochina, che può essere assunta in gravidanza, sembra possedere un effetto protettivo, e una sua sospensione si associa ad una riattivazione di malattia lupica in gravidanza 7-8. Infine, la presenza di alcuni tipi di alterazioni laboratoristiche, come, ad esempio, la presenza di anticorpi anti-cardiolipina (ACA), si associa ad un aumentato rischio di patologie materno-fetali. Per ridurre la possibilità di eventi avversi occorre valutare insieme al curante lo stato di malattia entro 6-12 mesi dall’inizio del concepimento (Tabella 1). In base al profilo autoanticorpale, distinguiamo pazienti ad alto e basso rischio 9 (profilo aPL).
Tabella 1: Valutazione pre-concepimento • Storia clinica della paziente (nefrite lupica, precedenti trombosi, ecc.) • Sintomi connessi alla patologia • Profilo aPL: • “Ad alto rischio”: positività per il LA; ‘duplice positività’ LA + aCL o LA + anti-β2GPI o aCL + anti-β2GPI; ‘triplice positività’ LA + aCL + anti-β2GPI o alto titolo degli aCL o anti-β2GPI • “A basso rischio”: positività isolata, transitoria degli aCL o anti- β2GPI a basso-medio titolo • Farmaci • Fattori di rischio tromboembolico generali (fumo, diabete, obesità, ecc.) • Fattori di rischio ginecologici (pregressi aborti, preeclampsia, ecc.) Valore protettivo degli omega-3 L’endotelio, lo strato di cellule che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni, non svolge semplicemente un ruolo di protezione passiva contro il contatto degli elementi del sangue con i tessuti sub-endoteliali della parete vasale, che è alla base dei fenomeni patologici di aterosclerosi e trombosi, ma svolge anche un ruolo fondamentale attivo nei processi biologici che garantiscono l’integrità fisiologica vasale. Esso, infatti, produce una serie notevole di sostanze che contribuiscono alla modulazione del tono dei vasi, del sistema infiammatorio e immunitario e della funzione piastrinica 9. La normale funzione dell’endotelio, quindi, dipende strettamente non solo dalla sua integrità anatomica, ma anche dalla sua integrità funzionale. Questo aspetto assume ancora più rilevanza nei pazienti con LES e APS, in cui l’endotelio è il sito dove ha origine una cascata di reazioni che portano all’innesco del processo trombotico e dell’esacerbazione del quadro autoimmune globale10-11. In questo contesto, l’assunzione di un’adeguata quantità di omega-3 (2g/die) risulta fondamentale sin dalle prime fasi del concepimento per la molteplicità di azioni protettive 12.
Visite di monitoraggio Le pazienti con LES e/o APS hanno necessità di controlli clinici/laboratoristi mensili. L’esame clinico della paziente è rivolto ad evidenziare segni/sintomi di riaccensione di malattia; in particolare, risulta fondamentale il monitoraggio della pressione arteriosa, frequentemente alterata in presenza di un coinvolgimento renale. Tra gli esami da eseguire risultano importanti la valutazione della velocità di eritrosedimentazione (VES) e dei fattori del complemento (C3 e C4), oltre all’esame delle urine per evidenziare la presenza di proteinuria, alterazione laboratoristica comune in diverse patologie ostetriche. Anche lo screening ecografico ai vari trimestri di gestazione appare imprescindibile e va eventualmente integrato con una valutazione Doppler, mensile, delle arterie uterine e dell’arteria ombelicale. L’esame ecografico possiede, oramai, un ruolo terapeutico importante, determinando non solo la pianificazione del parto, laddove sia presente un ritardo di crescita intrauterina (IUGR), ma anche una modifica della terapia medica in atto (vedi anticoagulanti). Infine, l'ecocardiografia fetale è indicata in caso di sospetta aritmia o miocardite fetale, in particolare nel contesto di anticorpi anti-Ro/SSA o anti-La/SSB positivi. Il riscontro di questo quadro autoanticorpale risulta ancora più importante nel blocco cardiaco congenito, dove esiste un tasso di recidiva del 16%. Le donne che hanno presentato un blocco cardiaco congenito ad una precedente gravidanza, vengono sottoposte ad ecocardiografia fetale a cadenza settimanale, a partire dalla 16a settimana13. Trattamento: Diversi elementi influenzano la scelta del trattamento, in primis la presenza nella storia clinica di eventi tromboembolici/ostetrici e l’assetto autoanticorpale. In genere, l’evento causante l’esito fallimentare della gravidanza o, più in generale, le possibili complicanze ostetriche (parto pretermine, preeclasmpsia, ecc.), è l’alterazione di flusso sanguigno, con o senza trombosi, a livello del circolo uteroplacentare. Difatti, tutte le pazienti con LES e APS vengono sottoposte a terapia profilattica con acido acetilsalicilico (ASA) e/o eparina, sia non frazionata (UFH) che a basso peso molecolare (LMWH); quest’ultima è preferita per la gestione di pazienti ambulatoriali. In particolare, nella fase di pianificazione della gravidanza, le pazienti con LES assumono prima dosi profilattiche di ASA (100 mg/die) che viene poi sostituito dall’eparina nel momento in cui viene accertata la gravidanza14. Un approccio un po’ più incisivo viene fatto nelle pazienti con
APS o LES con presenza di anticorpi anti-cardiolipina e/o anti- beta2glicoproteina. In questi casi è raccomandata la terapia di associazione ASA più eparina per tutta la gravidanza, soprattutto quando vi è un alto titolo autoanticorpale (profilo ad alto rischio) o preesistono eventi patologici di natura ostetrica15-16. L’ASA in molti centri viene sospesa alla 36 a-37a settimana per ridurre il rischio di sanguinamento, mentre la LMWH può essere sospesa 24 ore prima del parto. Nelle pazienti con precedenti tromboembolici si può utilizzare l’eparina non frazionata, che può essere sospesa 5-7 ore prima del parto. Questo approccio terapeutico ha permesso che un numero elevato di gravidanze volgesse al termine senza nessuna complicanza17. Tuttavia, esiste ancora una percentuale di pazienti che non termina la gravidanza o presenta patologie ginecologiche-ostetriche di varia natura che rendono molto complesso il cammino, oltre all’eventuale ripresa della sintomatologia autoimmune18. La causa più frequente di poliabortività, classicamente nell’APS dopo la 10a settimana, sembra essere legata a fenomeni trombotici, pertanto una delle strategie che si mette in atto è l’utilizzo dell’eparina, con o senza ASA (LES senza aPL), a dosaggio terapeutico19. Questo approccio, validato in diversi istituti, non è però esente da effetti collaterali dovuti all’aumentato rischio emorragico. Una strategia alternativa, seguita dal nostro gruppo, è quello di realizzare un dosaggio dell’eparina personalizzato, ossia si valuta la reale capacità anticoagulante dell’eparina in laboratorio, attraverso il test cromogenico anti-fattore Xa, e direttamente sul paziente, valutando ecograficamente il flusso utero- placentare20-21 (Tabella 2). Oltre alla terapia antiaggregante/anticoagulante, di notevole importanza è il trattamento della malattia di base. Consolidata è l’esperienza con idrossiclorochina (200 o 400 mg/die), sia nel LES che nell’APS8-9-22, da eventualmente associare a farmaci non teratogeni, quali, ad esempio, azatioprina o ciclosporina23. Controverso è l’utilizzo di glucocorticoidi, che dovrebbero tuttavia essere somministrati a basse dosi (prednisone 10 mg/die) e per il minor tempo possibile5. Infine, come raccomandato nella popolazione generale, il supplemento con calcio, vitamina D e acido folico dovrebbe essere offerto a tutte le pazienti, con particolare attenzione a quelle con bassi livelli circolanti di 25-OH vitamina D nel primo trimestre di gestazione che ricevono glucocorticoidi e/o eparina24.
Tabella 2: Dosaggio personalizzato dell’eparina a basso peso molecolare (EBPM) - Tutte le pazienti, alla positività del test di gravidanza, intraprendono terapia con enoxaparina 4000 unità/die sottocute. - Dopo 3 settimane viene eseguito il test di valutazione del fattore Xa, 4 ore dopo la somministrazione di EBPM (picco ematico). Il range terapeutico da mantenere risulta compreso tra 0,4-0,8IU/ml. - Dalla 20a-24a settimana si esegue ecografia con studio Doppler dei vasi uteroplacentari. Qualora si riscontrasse aumento delle resistenze è consigliata la modifica terapeutica. - Gli esami vanno ripetuti con una cadenza di almeno 3-4 settimane. Puerperio La nascita di un figlio costituisce sempre un evento straordinario, che in questa tipologia di pazienti determina dei cambiamenti ancora più profondi. In generale, l'incidenza di tromboembolismo venoso aumenta fino a ≥ 20 volte nelle prime 12 settimane dopo il parto25. Nelle donne con APS e/o LES il rischio è ancora maggiore, pertanto è consigliato di intraprendere immediatamente, generalmente circa 6 ore dopo un parto vaginale e 12 ore dopo un parto cesareo, una terapia con eparina a dosi profilattiche. Laddove si è verificato un evento trombotico, la paziente potrà continuare la LMWH a dosaggio terapeutico o reintrodurre il warfarin. Sia l'eparina che il warfarin sono compatibili con l'allattamento24. Qualora si preferisse reintrodurre il warfarin subito dopo il parto, sarà necessario embricarlo per i primi giorni con eparina25. Infine, in tutte queste donne, è di estrema importanza evitare l'immobilità e indossare calze a compressione graduata. Conclusioni La maternità è un bisogno sentito dalle pazienti con patologia autoimmune e oggi, grazie ad un’attenta e meticolosa pianificazione, questo desiderio rappresenta una possibilità concreta nelle pazienti con LES e APS. Tuttavia, bisogna tenere presente che, in queste pazienti, la gravidanza e il puerperio devono essere considerati periodi ad alto rischio, per cui è necessaria una stretta sorveglianza e terapie mirate per ridurre al minimo il rischio di complicanze materno-fetali. L'attuale standard terapeutico viene deciso
stratificando il rischio di un insuccesso attraverso l’analisi della storia clinica della paziente, dello stato di malattia attuale e del profilo laboratoristico. Nelle linee guida internazionali 10, la terapia di associazione con aspirina a basso dosaggio (LDA) ed eparina costituisce il trattamento convenzionale in corso di gravidanza. Tuttavia, ci possono essere complicanze nonostante la terapia di associazione e, per queste donne, si ha la necessita di opzioni terapeutiche ulteriori, non sempre ben standardizzate nelle linee guida: un esempio è dato dalla personalizzazione del dosaggio dell’eparina. Il controllo della patologia autoimmune risulta fondamentale per portare a termine la gravidanza, pertanto potrebbe essere necessaria la somministrazione, durante il primo trimestre, di steroidi a medie dosi, di immunoglobuline per via endovenosa, di immunomodulatori e immunosoppressori. Si è dimostrata particolarmente utile e sicura la somministrazione di idrossiclorochina e di omega-3 prima, durante e dopo la gravidanza. In conclusione, nonostante il significativo e costante miglioramento del management e dell’outcome gravidico che ha caratterizzato questi ultimi anni, la gestione della gravidanza, le manifestazioni cliniche incomplete e la profilassi primaria rimangono aree di incertezza che dovrebbero essere gestite solo da centri ad altissima specializzazione. Tabella 3: Take-Home Message - Il desiderio di maternità costituisce un bisogno clinico di importanza pari al controllo della malattia di base. - La gravidanza deve essere pianificata con il clinico, valutando gli eventuali fattori di rischio di insuccesso. - La terapia deve essere personalizzata e incentrata sulla riduzione del rischio di eventi tromboembolici e sul controllo della malattia. - Solo alcuni farmaci possono essere assunti in gravidanza. - Lo studio ecografico assume ruolo terapeutico oltre che diagnostico. - Il monitoraggio deve essere eseguito in centri specializzati, dove esistono equipe multidisciplinari. - Il rischio trombotico e di “risveglio” della patologia resta anche dopo il parto, pertanto occorre continuare la terapia per almeno 6-12 settimane.
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