Il bambino naturale 71 - New Italian Books
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Il bambino naturale 71
Gino Soldera Donata Da Mar Luca Verticilo Educare ad essere Per diventare ciò che siamo Il leone verde
Questo libro è stampato su carta prodotta nel pieno rispetto delle norme ambientali. In copertina: ©iStockphoto.com/_chupacabra_ , “Pretty child girl in blossom garden”. Il progetto grafico della copertina è di Francesca De Fusco. Immagini: p. 40, designed by Freepik; p. 81, designed by Freepik; pp. 92-93, designed by Freepik; p. 115, designed by Brgfx - Freepik.com; p. 143, designed by Freepik; p. 162, designed by Freepik; p. 185, designed by Freepik. ISBN: 978-88-6580-215-1 © 2019 Tutti i diritti riservati Edizioni Il leone verde Via Santa Chiara 30 bis, Torino Tel/fax 011 52.11.790 leoneverde@leoneverde.it www.leoneverde.it www.bambinonaturale.it
Indice Prefazione 7 ~ PRIMA PARTE ~ Introduzione 10 I La rivoluzione copernicana 18 La situazione attuale 20 La natura del disagio 22 Il senso dell’educazione 25 La protezione 26 L’accompagnamento 26 La guida 27 Partire dal progetto di vita 28 II La struttura dell’essere umano 32 Spirito, anima e corpo 33 Lo sviluppo dell’essere umano 37 L’eredità, l’ambiente e l’individualità 38 Valorizzare la vita interiore 42 III La realtà umana nell’educazione 46 La nostra biografia inizia dal concepimento 47 L’anatomia della psiche umana 50 Inconscio superiore 52
206 Educare ad essere Inconscio medio 52 Inconscio inferiore 53 Le manifestazioni dello spirito rappresentate dall’Io o Sé 54 Inconscio collettivo 57 I quattro momenti dello sviluppo 59 Il vero educatore 62 ~ SECONDA PARTE ~ Guida alla lettura di “Educare ad essere”: percorso di genitorialità consapevole 68 1a tappa Chi è il bambino 71 Ti racconto una storia… 71 Esplorando la prima tappa 73 Il bambino nella società moderna 74 L’approccio esteriore e l’approccio interiore al bambino 75 La mission del bambino 77 Chi è il bambino? 78 Dal bambino ideale al bambino immaginario… per giungere al bambino reale 80 −− Il bambino ideale 80 −− Il bambino immaginario 81 −− Il bambino reale 82 Focus 84 Esperienze di vita in famiglia: i genitori raccontano... 86 Esercizi per educare ad essere 89 Attività 1a tappa – Poster da compilare: Chi è il mio bambino? 91 2a tappa L’educazione del figlio 94 Ti racconto una storia… 94 Esplorando la seconda tappa 96 Addestrare, allevare, modellare, istruire e educare 96 “Educare ad essere” per realizzare il progetto di vita 98 −− Sulla autoeducazione ed eteroeducazione 99 I tre compiti fondamentali del genitore/educatore 101 −− Accettare 101 −− Rispettare 102 −− Valorizzare 104
Indice 207 Tre chiavi per “educare ad essere” 105 −− Complementarietà 105 −− Ombre e luci 106 −− Il progetto educativo 106 Focus 108 Esperienze di vita in famiglia: i genitori raccontano… 111 Esercizi per educare ad essere 114 Attività 2a tappa – Il contratto educativo 115 3a tappa Educare in famiglia 116 Ti racconto una storia… 116 Esplorando la terza tappa 118 La famiglia 118 La genitorialità e i ruoli nella triade 120 Le ombre dei genitori 121 Gli stili educativi e i modelli di attaccamento 123 Sintonizzazione, sincronizzazione e collaborazione nella reciprocità 128 La comunicazione educativa 131 Qualità richieste ai genitori 132 −− Unità 132 −− Sensibilità 133 −− Autorevolezza 134 −− Positività 134 −− Stile di vita in famiglia 135 Focus 137 Esperienze di vita in famiglia: i genitori raccontano… 140 Esercizi per educare ad essere 142 Attività 3a tappa – L’album di famiglia 143 4a tappa Educare ai valori 145 Ti racconto una storia… 145 Esplorando la quarta tappa 147 Educare ai valori 147 Orientamento attuale della società 150 Psiche, comportamento, educazione e valori 151 Il ruolo dell’empatia 153 Quale corso ai propri desideri? 156 Errori educativi più comuni 157 −− Svalutazione 157
208 Educare ad essere −− Intellettualismo e adultismo 157 −− Iperprotezione 158 −− Permissivismo 158 Focus 160 Attività 4a tappa – L’albero dei valori 162 5a tappa Educazione e autorealizzazione 163 Ti racconto una storia… 163 Esplorando la quinta tappa 165 Educazione e realizzazione 166 Alimentare la speranza e la fiducia 167 Che cos’è la realizzazione interiore? 168 −− Il bisogno di autorealizzazione 168 La prima e la seconda autorealizzazione 172 Il ciclo della vita e l’autorealizzazione 175 −− Dal temperamento alla personalità 176 I talenti 179 Esperienze di vita in famiglia: i genitori raccontano… 181 Focus 184 Esercizi per educare ad essere 185 Attività 5a tappa – Compilare il progetto educativo della famiglia 187 Conclusioni 189 Appendice 194 Finito di stampare nel mese di Marzo 2019 presso Mediagraf, Noventa Padovana (PD)
EDUCARE AD ESSERE Quando l’Amore mi ha dato la Vita c’era una mamma che l’ha custodita, c’era un papà che l’ha sempre difesa e trepidante è nata l’attesa. Mentre nel grembo prendevo sembianza l’anima mia già aveva sostanza: aveva uno scopo, aveva un progetto che ho custodito con grande rispetto. Il giorno che ho scelto, io sono nato, così come la Vita mi aveva plasmato: con delle risorse, potenzialità, con i miei limiti e fragilità. Al vostro Amore è stato affidato un compito unico e delicato: impegnarvi per me, con tanta umiltà perché io diventi da sogno a realtà. Lasciate lontani gli oggetti da avere: non ho bisogno di possedere giocattoli nuovi, o vestiti da re, io mi accontento di quello che c’è. Io sono semplice, io sono buono aiutatemi a essere quello che sono. Valentina Notturno
Prefazione Questa è forse l’unica reale possibilità che abbiamo di riuscir loro [ai figli] di qualche aiuto nella ricerca di una vocazione, avere una vocazione noi stessi, conoscerla, amarla e servirla con passione: perché l’amore alla vita genera amore alla vita. Natalia Ginzburg Nell’attuale contesto sociale e culturale, ai suoi diversi livelli, sembra smarrita non solo la coscienza condivisa e la buona pratica dei processi educativi, bensì l’idea stessa di educazione. Schiacciata tra la presunta impossibilità di indicare una verità della vita e il pluralismo e relativismo dei valori, l’educazione risulta svuotata di ciò che per sua natura la contraddistingue: una direzione personale e comunita- ria da seguire e l’apertura alla vita intesa come progetto personale, capace di darle significato. Certamente (e lo vediamo nei dialoghi quotidiani con genitori, educatori e rappresentanti delle istituzioni) è vissuta come molto urgente la domanda su come affrontare le difficoltà crescenti dei bambini e dei ragazzi, ma si fatica invece a riconoscere che spesso si cercano risposte veloci e tecniche a domande che veloci e tecniche non sono; sono piuttosto domande di sen- so, di profondità: in una parola, di educazione. “Per questo – ci ricorda il testo del Comitato CEI La sfida educativa – dobbiamo acquisire meglio i termini attuali della crisi e il livello di pro- fondità a cui ricondurre l’educazione e il suo possibile percorso. L’attuale crisi dell’educazione ha a che fare non soltanto con singole difficoltà, ma piuttosto con l’idea che abbiamo dell’uomo e del suo futuro”. Il presente lavoro si muove con profondità, precisione antropologica e saggia pedagogia proprio lungo la via dell’educazione, dall’inizio, senza
8 Educare ad essere scorciatoie: partendo cioè dalla vita nascente, fin dal concepimento e poi via via fino alla nascita e oltre, vitalmente intrecciata e nutrita dalla relazio- ne familiare e dal legame con la comunità sociale. Seguendo il testo, lungo lo snodo preciso e logico dei capitoli, si evince e si apprezza come questo lavoro sia proprio “pane fatto in casa” (mi si per- doni questa immagine familiare),offerto a chi ha a cuore la vita, i bambini, l’educazione genitoriale. Gli autori infatti, studiosi esperti di psicologia e pedagogia, non si limi- tano a presentare con scientificità i contributi più attuali provenienti dalle discipline antropologiche e mediche sulla vita nascente e sull’infanzia, ma guidano il lettore nelle pieghe di progetti educativi a lungo pensati e speri- mentati in territorio veneto e italiano, insieme a famiglie e bambini. Numerosi sono i meriti di questa pubblicazione: certamente la centralità riservata al bambino considerato nella sua unicità (oggi spesso dichiarata a parole ma disattesa nella pratica), ma anche lo spazio teorico fondativo e progettuale riservato alla promozione e al sostegno delle competenze geni- toriali e educative di entrambi i genitori e, non da ultimo, quello che gli Au- tori chiamano “lo scambio circolare creativo nella reciprocità propositiva” tra bambino e genitori. Il bambino, fin dalla vita intrauterina, ha uno scopo, un progetto personale da costruire e raggiungere, portando nondimeno un contributo fattivo alla vita dei genitori e della società. Educare ad essere per diventare ciò che siamo: quale sfida più importan- te, quale compito più urgente, quale direzione più affascinante che aiutare ogni bambino a esprimere i propri talenti, a costruire il proprio progetto personale di vita, in un ambiente educativo che lo accoglie, che lo ascolta, che lo sprona a esprimere il meglio, non solo per se stesso ma anche per i suoi genitori e per tutta la comunità? Come psicologo e psicoterapeuta familiare, ma ancor più come salesia- no, non posso che ringraziare gli Autori per il loro contributo scientifico e per la loro professionalità e passione educativa. Il lettore certamente troverà spunti originali e profondi per la propria crescita personale e educativa, come è capitato a me nella lettura. Nicola Giacopini Direttore Dipartimento di Psicologia IUSVE
Prima parte
Introduzione Occorre oggi più che mai una critica della pedagogia che consenta di andare oltre quei molteplici prodotti contrastanti e assortiti di pedagogie guazzabuglio di bassa qualità, di natura autoreferenziale, in modo tale da mettere in luce i limiti della pedagogia stessa: si propone frammentazione invece di fioritura, estranea- zione invece di concetti chiari, povertà teorica piuttosto che crescita concettuale, molto bluff e poca sostanza. Wolfgang Brezinka1 Una delle regole fondamentali dell’educazione è quella di dire sempre la verità, naturalmente senza arrecare offesa a nessuno e usando un lin- guaggio adeguato e comprensibile all’interlocutore. Ed è quello che ci ac- cingeremo a fare per comprendere il ruolo educativo dei genitori, che non può più essere lasciato a se stesso, dovendo la famiglia affrontare un’epoca contrassegnata da profondi cambiamenti e trasformazioni di natura “co- smopolita” che ci vedrà destinati a coabitare in modo permanente con modi di vita, fedi e culture diverse. Se oggi volgiamo uno sguardo alla realtà umana nel suo insieme, non possiamo non rilevare lo stato di abbandono e trascuratezza nel quale si trovano la stessa famiglia e il mondo dell’infanzia, tanto che possiamo dire, al di là delle dichiarazioni ufficiali, che l’educazione è diventata una sor- ta di “Cenerentola”, essendo stata relegata a un ruolo marginale nella vita sociale. 1 Brezinka W., Educazione e pedagogia in tempi di cambiamento culturale, V&P, Milano, 2011.
Introduzione 11 Alla domanda: perché tutto questo? La risposta è abbastanza scontata, in quanto da sempre l’uomo ha manifestato una certa difficoltà nel rapporto con se stesso, in particolare in quest’epoca in cui i suoi nuovi idoli sono di- ventati la finanza, la politica, l’economia, la produzione ecc.; dimenticando così se stesso, le sue esigenze più intime e profonde e con esse la sua storia e il suo divenire, facendo sì che la questione dell’educazione continui a essere una semplice appendice di altro. Afferma a questo proposito Thomas Verny: “Come dimostra la ricerca storica e incrociata, il modo in cui la società risponde alle esigenze umane ed educative ha ben poco a che fare con l’istinto materno, con gli ormoni o con l’assoluta e oggettiva verità di ciò che sia meglio per i figli o per il loro sviluppo. Ciò che forgia le ricette e i metodi per allevare i figli in ogni società sono le strutture economiche, politiche e culturali di quella società”2. Attualmente stiamo vivendo un periodo di grandi trasformazioni, quali il processo di globalizzazione, il paradigma della complessità, i movimen- ti migratori, gli scenari multiculturali e un apparato tecnologico che si va diffondendo oltre misura. E se da un lato la nostra società ha in gran par- te risolto i problemi legati alle esigenze del corpo e della sopravvivenza, dall’altro in questi anni ha contribuito ad accrescere le difficoltà e i disagi sul piano della vita psichica e personale, e questo con gravi ripercussio- ni nell’ambito della vita sociale, alimentando fenomeni come quelli della devianza e della marginalità, che portano verso la dipendenza e la delin- quenza. I ritmi di vita stanno diventando via via più incalzanti e innatura- li; i rapporti interpersonali più fragili e superficiali; la solidarietà umana è sostituita dalla competizione senza limiti; mentre sta crescendo in senso conformistico la pressione sociale a scapito dell’autonomia e della libertà di coscienza. Il tutto sta creando un diffuso malessere sociale fatto di solitudine, in- sicurezza, incertezza, disadattamento, insoddisfazione, sofferenza, paura e infelicità. In termini più ampi potremmo dire che stiamo assistendo a quello che Erich Fromm aveva definito “il fallimento della grande promessa”3, in quanto stiamo sempre più constatando che la soddisfazione illimitata di 2 Verny T., Weintraub P., Bambini si nasce, Bonomi Edizioni, Pavia, 2004, p. 148. 3 Fromm E., Avere o essere?, Feltrinelli, Milano, 1977, pp. 11-31.
12 Educare ad essere tutti i desideri non permette necessariamente di vivere bene e di essere fe- lici; il sogno di diventare padroni assoluti della nostra esistenza comincia a venir meno e ci stiamo rendendo conto che stiamo diventando nell’in- sieme ingranaggi di una grande macchina burocratica; il progresso econo- mico rimane in mano alle classi agiate e ai paesi ricchi e il divario con le classi meno abbienti e con i paesi poveri sta crescendo; mentre il progresso tecnico manifesta gravi pericoli ecologici. Inoltre la realtà che riguarda il mondo interiore è stata sempre più oscurata e la vita dell’essere umano si è spostata quasi esclusivamente all’esterno, nel mondo esteriore; questo, fra l’altro, dimenticando che l’inizio e la fine vita sono processi che coinvol- gono in modo naturale la nostra interiorità che, negata, ha prodotto il tabù della morte. Sul piano umano siamo all’emergenza educativa, senza che questa ven- ga affrontata; essa peraltro continua a essere confusa con l’istruzione, di- menticando che uno dei più importanti compiti di una società è quello di formare e di educare le nuove generazioni e dare loro la possibilità di poter- si esprimere e di poter contribuire con la loro vita al bene comune. Al contrario, la società occidentale sta perdendo di vista se stessa, le sue radici e i suoi valori e con essi la sua identità; sta diventando, secondo Bau- man, sempre più liquida4, anche perché sta smarrendo il senso profondo della sua missione e della sua esistenza e a poco aiuta il fascino di affron- tare la complessità con misure semplici e istantanee o la reazione radicale di natura fondamentalista di tipo locale, nazionalista o religiosa, se non a richiamare i pericoli e gli spettri del passato. A tutto questo si aggiunge la continua sotterranea crescita della dema- gogia, del malcostume e della corruzione che fa sì che vi sia un continuo e costante logoramento degli strumenti e dei mezzi istituzionali necessari ad amministrare la vita sociale, anzi, questi si sono sempre più burocratizzati e chiusi in se stessi e nei loro interessi corporativi, hanno privilegiato l’inte- resse di pochi e si sono dimostrati sordi alle necessità e ai bisogni di molti. Ciò ha prodotto una frattura e uno scollamento tra il mondo delle istituzio- ni e quello dei cittadini, tanto che le istituzioni hanno finito per diventare estranee e in qualche modo tiranniche verso coloro che dovrebbero servire, 4 Bauman Z., Leoncini T., Nati liquidi, Sperling & Kupfer, Milano, 2017.
Introduzione 13 con la conseguenza di aver reso la vita dei cittadini ancora più complicata e difficile e a questi ultimi non è rimasta altra strada che la via della conte- stazione e della protesta civile. Il fatto che attualmente la questione educativa sia alla mercé della politi- ca, delle amministrazioni, delle lobby e della cultura dominante, e che solo marginalmente coinvolga nelle scelte le famiglie e la popolazione, ha fatto sì che queste subiscano scelte e decisioni di altri estranei alle loro vicende; mentre la situazione non avanza, i nodi strutturali di fondo continuano a ri- manere irrisolti, nonostante il susseguirsi delle diverse amministrazioni. Al contrario, si osserva invece un atteggiamento totalmente diverso nei con- fronti di quelle che possiamo chiamare “le nuove emergenze” che trovano negli amministratori di turno attenzione, interesse e disponibilità, anche perché queste emergenze permettono di avere mano libera e una immediata e ampia visibilità attraverso i mass media. Tutto ciò avviene in virtù del fatto che la programmazione non è riuscita ancora a fare quel salto di qua- lità da tutti auspicato, essendo costretta a seguire gli spazi e i tempi della politica e del sistema elettorale, che purtroppo cura quasi esclusivamente le questioni di breve tralasciando quelle di medio e lungo periodo. Perciò sarebbe opportuno che chi amministra smetta di “navigare a vi- sta” e vada oltre la “politica del tappa buchi”, i cui sforzi rischiano di di- ventare del tutto inconcludenti, se non addirittura dannosi, quanto meno in ambito educativo, e cerchi di documentarsi adeguatamente, avvalendosi se necessario di professionisti esperti, così da poter fare una fotografia del- la situazione, delle necessità e dei bisogni educativi attuali e delle risorse umane e materiali disponibili, per realizzare una programmazione aperta sul lungo e medio periodo: non possiamo dimenticare che il bambino di oggi sarà il cittadino di domani. Che l’educazione sia una questione irrisolta è sotto l’occhio di tutti, tan- to che da fenomeno acuto è diventato cronico, al quale non si dà più peso e la cui presenza comincia a essere avvertita da molti con un certo disinte- resse e fastidio. Allora possiamo chiederci: quali sono le ragioni? La prima, forse la più importante, è che nella nostra società i bambini non hanno ancora un au- tentico diritto di cittadinanza e tanto meno diritto di voto, di conseguenza non c’è chi cura i loro interessi e i loro bisogni, come per esempio avviene per gli anziani o per altre categorie sociali deboli. Quello che possono fare
14 Educare ad essere i genitori o i nonni con le loro fatiche è già molto, in quanto le risorse asse- gnate dalla società alle agenzie che si occupano di educazione sono piutto- sto scarne e insufficienti: si parla che per l’età che va dagli zero ai tre anni venga impiegato solo lo 0,5% delle risorse dell’intero welfare disponibile. Senza dubbio l’introduzione del diritto di voto ai bambini, mediato ov- viamente dai genitori, nel nostro ordinamento, in un paese come il nostro dove nascono in media meno di 500.000 bambini all’anno, sposterebbe l’a- go degli equilibri politici e probabilmente creerebbe una sana discontinuità politica amministrativa. Questo farebbe sì che l’infanzia non continui a ri- manere una questione marginale e relegata alla famiglia, ma costringerebbe finalmente l’intera società a rendersi conto che la questione educativa ha un ruolo strategico fondamentale rispetto al futuro, se si vuole realizzare una società a misura d’uomo. Per pensare seriamente a se stessa, al suo vero bene e al suo futuro, la società non può continuare a esimersi di interrogarsi sul valore della fami- glia, sul ruolo della coppia e dei genitori, sulla loro funzione relazionale e educativa, sulla condizione dell’infanzia e sulla vita del bambino fin dall’i- nizio della sua esistenza: è necessario che si cominci ad affrontare e a pre- venire ciò che non funziona. Tutto questo diventa possibile se si comincia a comprendere che le risorse del mondo esterno, come quelle della terra, sono ridotte, mentre quelle interiori che riguardano la psiche dell’essere umano sono illimitate e sono lì che attendono solo di essere conosciute e sviluppate. Quello che si è cercato di fare con il metodo educativo “Educa- re ad essere”5 è stato di invertire la modalità di approccio al bambino, non più fondata solo sulla sua realtà esteriore che considera solo i suoi limiti, le sue debolezze e incapacità, ma soprattutto sulla sua realtà interiore, fatta di grandi potenzialità, il cui sviluppo viene orientato in maniera determinante proprio nelle prime fasi della vita. Se è vero che sul piano esteriore il bam- bino è figlio dei suoi genitori, è anche altrettanto vero che sul piano interio- re la situazione si inverte in quanto il bambino è, come dice la Montessori, “il padre dell’uomo”6, essendo per sua natura portatore degli insegnamenti 5 Soldera G., Mussato S., Educare ad essere, per diventare ciò che siamo, in “Il Giornale Italiano di Psicologia e di Educazione Prenatale”, n. 18, 2010, pp. 9-22. 6 Regni R., Infanzia e società in Maria Montessori. Il bambino padre dell’uomo, Armando Editore, Roma, 1997.
Introduzione 15 dell’intera evoluzione biologica e umana, dalla quale nessuno può prescin- dere, se vuole rigenerare e dare un impulso evolutivo alla propria e all’al- trui esistenza. Perché questo cambio di rotta possa avvenire è necessario cominciare a superare anche il grave pregiudizio relativo alle componenti strutturali e allo sviluppo del bambino, in quanto questo è ancora ritenuto collegato alla formazione del cervello, quando invece alcuni studi hanno messo in evidenza come la realtà della psiche, con i suoi aspetti inferiori, medi e superiori, preceda e faccia da sfondo allo sviluppo della mente e del cer- vello del bambino. Questo perché, come afferma Peter Fedor-Freybergh, l’attività funzionale, data dagli stimoli, precede lo sviluppo della struttura e degli organi7 e, come sostiene Mark Solms, i processi psichici interiori, di natura soggettiva, precedono quelli secondari esteriori a valenza oggettiva8. È evidente che il bambino ha bisogno di vivere in un ambiente favorevole e di avere degli adulti che sappiano comprendere la sua realtà e che lo aiu- tino a esprimere fin da piccolo tutte le sue risorse e potenzialità che, se non adeguatamente coltivate, rischiano con il tempo di scomparire, ma neces- sita anche di educatori che gli permettano di imparare ad essere se stesso, in modo autentico e in ogni circostanza della vita, così da poter crescere e formarsi nel modo più armonioso ed equilibrato possibile. A questo punto possiamo anche chiederci: in quale contesto sociale sono educati oggi i bambini, visto che l’ambiente nel quale vivono gioca un ruolo fondamentale per la loro formazione? La nostra società, fondata sul senso delle giustizia sociale, sa essere egualmente giusta con i deboli e con i forti? Ha nel suo DNA la coerenza tra ciò che dice e fa? Pone sullo stesso piano la ricchezza interiore dei bambini e la ricchezza esteriore degli adul- ti? Ritiene che l’interesse personale abbia un carattere secondario rispetto all’interesse collettivo? Ciò che si rileva è che questa società fa continuo riferimento all’equipa- razione e all’uguaglianza, mentre in realtà introduce direttamente o indiret- 7 Fedor-Freybergh P.G., Psicologia e medicina prenatale e perinatale: una nuova scienza interdisciplinare, in “Il Giornale Italiano di Psicologia e di Educazione Prenatale”, n. 12, 2007, pp. 9-22. 8 Solms M., La coscienza inizia dall’Es, in “Psicologia contemporanea”, n. 233, 2012, pp. 6-11.
16 Educare ad essere tamente continui elementi di discriminazione e di divisione, secondo la lo- gica del divide et impera. I diversi tentativi di recupero imposti dall’ester- no, per legge o altro, non fanno che rendere ancora più difficile e complessa la situazione, e questo, per esempio, nei confronti delle frequenti disparità che esistono tra uomo e donna, tra adulto e bambino, tra sano e malato o tra povero e ricco. Per quanto ci si dia da fare, la comprensione non può essere imposta dall’esterno: avendo la sua sede nel cuore dell’uomo, questa può crescere e svilupparsi solo all’interno della coscienza personale e colletti- va. In realtà, al di là di qualche episodio che viene subito fatto conoscere al largo pubblico, la nostra società è ancora molto lontana dall’aver fatto propri i valori dell’amore, della solidarietà e della fratellanza, a scapito del potere, del prestigio e della furbizia e dell’egoismo personale. Per quanto riguarda l’amore è necessario essere molto chiari: esso non può essere la- sciato alla libera interpretazione di ognuno, dove tutto può diventare amore, sia esso possesso, attaccamento o altro, perché spesso queste non sono altro che espressioni di un amore malato che va diagnosticato e curato. L’amore ha un ruolo primario nell’educazione, in quanto l’amore anima, sostiene e orienta l’azione educativa che è anche rispetto della propria e altrui dignità, accettazione di se stessi e dell’altro, così da permettere a questa energia di esprimere al meglio la sua creatività nel cambiamento, nella trasformazio- ne e nella trasmutazione che porta verso la crescita e la maturazione. Ciò di cui hanno bisogno veramente i bambini, accanto alla soddisfa- zione dei bisogni primari, è di essere aiutati a essere se stessi e a esprimere quanto di meglio c’è in loro, in sintonia con il loro progetto di vita, che rappresenta il motivo della loro esistenza nel mondo. Per questo i nostri figli per crescere sani hanno bisogno di genitori accoglienti e preparati, ed è quello che avviene con il metodo “Educare ad essere”, dove la loro forma- zione teorica e pratica (anche attraverso appositi esercizi ed esperienze in- dividuali e di gruppo) non viene lasciata al caso. Infatti i genitori vengono guidati all’osservazione, all’ascolto, al dialogo; a conoscere la realtà interna ed esterna del bambino; ad avere un’idea di quelli che sono i principi e gli strumenti educativi; a comprendere a fondo i ruoli del padre e della madre e di entrambi i genitori; ad approfondire le relazioni e le dinamiche familiari; a conoscere i maggiori difetti educativi, i valori della vita e le condizioni necessarie per permettere al bambino di dare il meglio di sé e di avanzare sulla via dell’autorealizzazione. Inoltre i genitori vengono accompagnati a
Introduzione 17 comprendere che i bambini hanno bisogno di essere tutelati e difesi da tutta la negatività che li circonda, anche perché, rispetto al passato, oggi la casa, grazie ai network e mass media, non ha più confini e i genitori non sono più il loro unico ed esclusivo riferimento. Questo avviene in un momento ancora particolarmente delicato in cui il bambino, specialmente piccolo, non ha ancora sviluppato a pieno la capacità di comprendere, di elaborare e di scegliere e quindi di affrontare la realtà che lo circonda. La sfida che abbiamo di fronte è quella di riuscire, senza se e senza ma, a diventare ca- paci di entrare in empatia con il bambino e di sentire fino in fondo la sua interiorità. In questo modo possiamo far sorgere in noi la capacità di sin- tonizzarci con la sua essenza, per coglierla nel suo insieme, così da evitare di indurre nuovi ostacoli o inutili complicazioni nella sua esistenza (spesso dati da desideri impropri, bisogni e aspettative degli adulti), per poterlo al contrario aiutare a ritrovare se stesso, ad affrontare e a sciogliere gli ostaco- li che ha di fronte e a esprimere a pieno le sue doti e possibilità, all’interno di un cammino personale sempre più libero e creativo, rendendo operativo il ruolo indispensabile di ogni vita all’evoluzione dell’intera umanità.
I La rivoluzione copernicana Anche noi, quando parliamo di educazione, predichiamo una rivoluzione, in quanto grazie a essa ogni cosa che noi oggi conosciamo verrà trasformata. Io considero questa l’ultima rivoluzione: una rivoluzione non violenta, e tanto meno cruenta, che esclude anzi ogni benché minima violenza, perché quando vi fosse ombra di violenza la costruzione psichica del bambino sarebbe ferita a morte. Maria Montessori1 Oggi nell’ambito dell’educazione è necessario operare, per usare una metafora d’uso comune, una rivoluzione copernicana. Quello che si propo- ne, anche perché da anni si è al limite dell’emergenza, è un ribaltamento di quanto viene generalmente pensato e praticato nel campo dell’educazione, intesa come mezzo per la formazione personale e sociale dell’essere uma- no. A suo tempo Niccolò Copernico propose una svolta nella concezione dell’universo a favore della teoria eliocentrica contrapposta a quella ge- ocentrica, ponendo il Sole e non la Terra, come faceva Tolomeo, al cen- tro del sistema di orbite dei pianeti del sistema solare. Allo stesso modo oggi è necessario ridefinire la questione dell’educazione e porre al centro il mondo interiore, nel nostro caso l’interiorità del bambino e la sua essenza; questo per permettergli di essere se stesso e di realizzare il suo progetto di vita, che rappresenta il motivo per il quale è venuto al mondo. Le esigenze esteriori, costituite da aspetti oggettivi e materiali, anche se legittime, non 1 Montessori M., La mente del bambino, Garzanti, Milano, 1999.
1 - La rivoluzione copernicana 19 vanno negate, ma solo assecondate, in quanto riguardano il mezzo e non il fine della vita. Anzi, per quanto possibile, esse vanno controllate e incana- late, essendo sospinte dall’istinto di sopravvivenza e sostenute dall’urgenza e dall’emergenza. Questo istinto per sua natura alimenta l’atteggiamento egoistico, sostiene il pensiero critico e ciò che divide, e orienta verso una visione interessata e ristretta della vita. Inoltre privilegia l’interesse parti- colare su quello globale e tende a impoverire l’insieme della persona, oltre che a ridurre le possibilità di divenire e di sperare in un futuro migliore. In termini pratici si tratta di mettere al primo posto le esigenze interiori dell’essere umano, le quali, al contrario di quelle esteriori, orientano ver- so una visione inclusiva e d’insieme, favoriscono le relazioni con sé e gli altri, promuovono ciò che crea intesa, unione e collaborazione, e rendo- no possibile una sana azione educativa. Le esigenze del mondo esteriore e dell’intelletto, tipiche dell’istruzione, alimentano invece l’attenzione ver- so gli interessi personali, attraverso una esasperata ricerca di potere, l’uso strumentale della conoscenza, l’insana competizione, la continua ricerca del successo e la conquista del prestigio e del riconoscimento sociale. Tutto questo opprime l’amore, mortifica l’empatia e la comprensione, necessarie per accettare se stessi, l’altro e il diverso, ed essere solidali con chi si trova in una situazione di difficoltà e di emarginazione, ma anche per andare ol- tre se stessi e scoprire il valore e il vero significato della vita. Nella nostra società l’amore è stato degradato, ha perso il suo appeal, il suo potere e la sua forza e non è più come diceva Dante: l’“amor che move il sole e l’altre stelle”2. Esso è diventato qualcosa di generico e banale, riferito all’umana ingenuità, e usato in modo contraddittorio: spesso confuso con il diritto di avere, con lo scambio di merci e doni o con la semplice attività sessuale. In sostanza l’amore non viene riconosciuto per quello che è: un modo di essere, uno stato interiore della coscienza, un mezzo di trasmissione della vita, aperto all’accoglienza, dove il bene dell’altro diventa il proprio bene. Nella stessa famiglia, fondata sull’amore tra un uomo e una donna, sembra essere avvenuta una mutazione genetica: come riferisce Gustavo Pietro- polli Charmet, la famiglia da etica è diventata affettiva, in quanto soddisfa affetti e bisogni, ma non trasmette più i valori3. E questo è particolarmente 2 Alighieri D., Divina Commedia, Paradiso, XXXIII, v. 145. 3 Pietropolli Charmet G., Dalla famiglia etica alla famiglia affettiva, relazione tenuta a
20 Educare ad essere grave perché, come dice Viktor Frankl, l’uomo a differenza dell’animale non ha impulsi o istinti che lo inducano in modo automatico a fare ciò che deve fare4; attualmente egli non ha neppure il punto di riferimento costitu- ito dalle tradizioni che gli indichino almeno ciò che dovrebbe fare. Si ha l’impressione, per usare una metafora, che la famiglia attuale abbia fatto propria la filosofia degli imprenditori e, più che un focolare domestico da due cuori e una capanna, sia diventata un piccolo polo industriale, fatto di tante piccole aziende quanti sono i suoi membri, dove ognuno (protetto e sostenuto dagli altri) cerca in libertà e autonomia di perseguire la via della felicità personale attraverso quello che il mondo moderno mette a sua disposizione. Vengono così messi da parte e quasi dimenticati i bisogni più profondi, come quello di scoprire e conoscere se stessi, di sciogliere i propri nodi esistenziali, di scoprire il significato e il valore della vita e delle relazioni umane, ma anche di entrare in armonia con se stessi e con gli altri o di impegnarsi seriamente nel fare della propria vita un’opera d’arte. Non ci si accorge che la via delle facili illusioni e della felicità a buon mercato non conduce da nessuna parte; quello che si nota è che la vita, specialmente delle nuove generazioni, sta diventando sempre più arida, insoddisfacente, angosciosa e alienante. La pratica dello sballo nel fine settimana, gli effetti psichedelici delle emozioni forti prodotte da droghe o alcool, il sistematico uso di psicofarmaci per stare in piedi, il tirare avanti e continuare a vivere in una sorta di equilibrio precario non risolvono, ma al contrario rendono ancora più complicata, la vita. La situazione attuale I dati nel nostro Paese sono piuttosto sconfortanti. L’indice di natalità, che può essere visto come un indicatore di fiducia e di speranza verso il futuro, è da anni in costante calo, tanto che il numero dei morti nel 2016 (secondo i risultati dell’indagine Istat 2017) è stato di 608.000 persone a Parma il 21 marzo 2009, nell’ambito della Conferenza provinciale della famiglia “Educarsi per educare all’affettività”. 4 Frankl V.E., La sofferenza di una vita senza senso. Psicoterapia per l’uomo d’oggi, Elle Di Ci, Leumann (TO), 1987, pp. 11-12.
1 - La rivoluzione copernicana 21 fronte di 458.151 nuovi nati. Il saldo naturale nel 2017 (nascite meno de- cessi) registra quindi un valore negativo di meno 189.420 persone. Inoltre da tempo emergono dati particolarmente preoccupanti sulla condizione mi- norile. La lettura di questi dati sembra essere un bollettino di guerra. La Società Italiana di Pediatria, a fine maggio 2017, ha pubblicato i risultati di un’indagine condotta su un campione di 10.000 ragazzi fra i 14 e i 18 anni5. Il dato più allarmante che rappresenta la fisiognomia di questa generazione è la vastità e multiformità del disagio emotivo: oltre il 50% degli intervi- stati ha dichiarato di essere stato (sempre, spesso, qualche volta) così male da non ritrovare sollievo; per di più, se a questa percentuale si aggiungono coloro che hanno sperimentato “raramente” questa situazione si arriva a circa l’80% del campione. Il 15% degli intervistati si è inflitto delle lesioni intenzionalmente, spesso per trovare sollievo (o per puro piacere). Maura Manca riferisce che il rapporto tra social network e autolesionismo è molto stretto e rischia di condizionare la vita dei più giovani, che sono anche i più vulnerabili6. Non dobbiamo dimenticare che l’autolesionismo insorge intorno agli 11-12 anni, età estremamente delicata da affrontare, e spesso i genitori non si accorgono di ciò che accade sotto i loro occhi. Questo a conferma del profondo disagio non tanto esteriore e fisico, quanto interiore, nel quale versa la popolazione giovanile. Altro segnale rilevato dalla ricerca è il “fenomeno del bullismo”. Il 12% del campione è stato vittima di cyberbullismo e al 33% è capitato di subire atti di bullismo (il 20% raramente, l’8,4% qualche volta, il 3,3% spesso e il 2,1% sempre), ma la risposta è stata quasi sempre il silenzio: il 68% delle vittime non ne ha parlato con nessuno. E altrettanto ampia (circa il 33%) è la percentuale di coloro che dichiarano di aver preso parte a episodi di bullismo verso i compagni e le compagne. Inoltre dalla ricerca è emerso che il 37% del campione fuma sigarette (abitualmente o occasionalmente), mentre circa il 40% dichiara di essere arrivato a star male in seguito all’uso di bevande alcoliche. Circa un ragazzo su due ha sentito il bisogno di avere un sostegno psicologico, ma l’84,2% non si è rivolto a un servizio di aiuto psicologico e solo il 4,8% ha utilizzato quello della scuola. Quelli che si 5 Vitali Rosati G., Indagine interregionale SIP sugli adolescenti, 73° Congresso Italiano di Pediatria a Napoli, 30 maggio 2017. 6 Manca M., L’autolesionismo nell’era digitale, Ed. Alpes Italia, Roma, 2017.
22 Educare ad essere sono rivolti allo specialista (7,4%) lo hanno fatto principalmente per pro- blemi familiari (27,3%), seguiti da quelli sentimentali e comportamentali (entrambi al 21%), scolastici (16%) e con coetanei (13,3%). L’ampiezza e la vastità del disagio giovanile sono confermate anche dalla scuola: per il MIUR Scuola (2016) 1/3 dei giovani ha subito episodi di bullismo e per l’Istat (2016) il 20% degli 11/17enni sono vittime assidue, subendo azioni di bullismo più volte al mese. Sappiamo che questo comportamento viene praticato generalmente in gruppo, all’interno di un contesto proprio (grup- po classe, maschi, benestanti, emarginati, immigrati ecc.), secondo regole e riti diversi, spesso contrapposti a quelli della società ed è finalizzato a esal- tare il potere, il narcisismo e l’orgoglio individuale e di gruppo, secondo la logica di sopravvivenza primitiva mors tua vita mea, dove il fallimento di uno costituisce il requisito indispensabile per il successo dell’altro7. In questo sono nutriti da programmi televisivi, videogiochi ecc. inneggianti la violenza. Le motivazioni di tali comportamenti si ritrovano nel senso di impotenza, inferiorità e inutilità personale e concorrono ad acquisire una propria identità e dignità, anche se formale. Quello che si evidenzia dalle indagini è che le difficoltà emotive e comportamentali stanno emergendo nelle giovani generazioni in modo sempre più precoce e questo senza che siano intraprese delle iniziative su vasta scala per rimuoverne le cause, la- sciando i giovani, i genitori e le famiglie in balia di se stessi. La natura del disagio Le cause di questo disagio vanno ricercate anzitutto nel fatto che i pro- cessi di trasformazione della società, attraversata da una rivoluzione tec- nologica, sono stati rapidi e radicali e hanno interessato essenzialmente il mondo esterno e solo marginalmente il mondo interno. Quest’ultimo è ri- masto quello di sempre, se non addirittura impoverito e reso precario dalla globalizzazione, dall’interesse verso il denaro e da richieste esterne pres- santi, che hanno reso i ritmi di vita più veloci e stressanti. Nell’ambito della formazione dell’essere umano il delicato rapporto fra educazione e istruzione è diventato più precario. L’educazione impegnata nella forma- 7 Harris T.A., Io sono ok, tu sei ok, Ed. BUR, Milano, 2000.
1 - La rivoluzione copernicana 23 zione della persona, attraverso un lavoro orientato alla maturazione e alla crescita interiore, è stata in parte sostituita dall’istruzione, sia all’interno della famiglia che nella società. I genitori, responsabili dell’educazione dei figli, si sono fatti sempre più da parte, lasciando il loro posto a familiari, educatori, insegnanti o altri, mettendo così in difficoltà i figli, con i loro bisogni personali; essi, per poter sopravvivere, sono costretti ad adattarsi alla situazione e a diventare dei piccoli adulti, rimuovendo le loro esigenze umane più intime e profonde, rendendo così quasi vana la possibilità di vivere in modo pieno e naturale l’esperienza dell’infanzia. Tutto questo, tra l’altro, dimenticando che il bambino ha bisogno di sentirsi da subito accolto, accettato e amato per quello che è e non per quello che si vorrebbe che fosse (fatto di tanti se e ma che nascondono solo sentimenti negativi), di sperimentare relazioni significative capaci di comprenderlo, di ricono- scerlo e di rispettarlo, così da sentirsi sostenuto e non ostacolato o deviato nel suo intimo percorso intrapreso nel mondo. Quanto il bambino potrà re- alizzare nel futuro dipende molto dall’atteggiamento dei suoi genitori (che rappresentano il suo ambiente di vita) e delle persone a lui vicine, nella loro capacità di evitargli inutili traumi e sofferenze, nonché di favorire atteggia- menti di gioia, calore e sicurezza, poiché questi rappresentano importanti fattori di protezione che garantiscono una sana crescita e lo sviluppo di ogni essere umano. Un processo simile si è riscontrato nell’ambito della medicina8, dove il modello medico dominante si è dimostrato incapace di trasformarsi da me- dicina d’emergenza a medicina di prospettiva: cioè una medicina più vicina ai bisogni umani e personali, volta a superare gli effetti nocivi dello stress accumulato quotidianamente, a prevenire le malattie, a promuovere lo stato di salute e un miglior benessere dell’uomo. Come il modello medico, anche il modello della formazione umana è rimasto ancorato alle logiche del pas- sato. La trasformazione della società da autoritaria a democratica avvenuta nel secolo scorso aveva portato con sé la richiesta di una sostanziale mo- difica anche del modello formativo, che però è rimasta disattesa; in realtà, il tutto è rimasto ancorato alle logiche di sempre, incapaci di prevenire il disagio e di promuovere un modello formativo educativo-istruttivo rispon- 8 Curi U., Le parole della cura. Medicina e filosofia, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2017.
24 Educare ad essere dente alle esigenze delle nuove generazioni. Sono state riproposte delle nuove formule in chiave attuale, mascherate da modernismo ed efficien- tismo, disattendendo ancora una volta i numerosi e profondi bisogni uma- ni ormai da tempo assopiti. L’attuale modello formativo non contempla la conoscenza del bambino, che è considerato un piccolo adulto alla mercé degli adulti; infatti egli è ritenuto educato, bravo e buono quando si com- porta bene, cioè quando si conforma a norme, regole e indicazioni derivate dalla società e dal mondo esterno. E tutto ciò avviene senza tenere conto, o tenendo conto solo in parte, della sua struttura individuale, delle esigenze, dei bisogni e delle sue specifiche capacità; per questo quando non si sente compreso, dopo vari tentativi falliti, comincia a ribellarsi e a protestare fino a isolarsi e ad arrangiarsi per conto proprio. Di fronte a tali comportamenti che iniziano molto presto, raramente viene aperta una riflessione e vengono poste domande quali: perché questo bambino protesta? Cosa ha da lamen- tarsi? Anzi, il più delle volte gli adulti s’inalberano e pensano: che cosa pretende? Che cosa vuole? Che cosa gli manca? Oppure viene subito bol- lato come un bambino viziato, che fa i capricci e che non è mai contento di niente e in certi casi, nelle situazioni più gravi e difficili, viene considerato come diceva Freud “un polimorfo perverso”. Non ci si è ancora resi conto che l’approccio dell’adulto verso il bambino avviene tendenzialmente solo attraverso il mondo esteriore e questo porta, il più delle volte, ad assumere atteggiamenti pregiudiziali e comportamenti preconfezionati, in ogni caso lontani da richieste, bisogni e necessità primarie del bambino. Si dimen- tica che l’educazione ha un ruolo fondamentale nella formazione interio- re dell’essere umano, nell’accompagnare lungo il cammino di crescita e maturazione, nell’aiutare a prendere gradualmente coscienza di sé, nonché a mettere ordine e a gestire la moltitudine di desideri, aspirazioni, motiva- zioni e intenzioni personali in continua trasformazione, affinché lo svilup- po possa avvenire in modo sano ed equilibrato. Afferma Jacques Maritain (1882-1973): “Il compito principale dell’educazione è soprattutto quello di formare l’uomo, o piuttosto di guidare lo sviluppo dinamico per mezzo del quale l’uomo forma se stesso a essere un uomo”. Inoltre l’innovazione tecnologica, con l’uso fin dalla tenera età di telefonini, computer, giochi elettronici, tablet e videogiochi, ha fatto emergere nelle nuove generazioni atteggiamenti e difficoltà sconosciuti in passato, come la passività e la ras- segnazione, date dall’incapacità e dall’immaturità ad affrontare situazioni
1 - La rivoluzione copernicana 25 per le quali non si è stati sufficientemente preparati; lo sviluppo di rapporti sempre più fragili e superficiali associati spesso a maggiori difficoltà nella gestione delle proprie emozioni, a causa dell’impoverimento delle relazioni umane sempre meno autentiche; la progressiva trasformazione dei valori in disvalori, quali l’autocontrollo e il rispetto, interpretati come forme di debolezza e rimpiazzati dall’aggressività e dalla prepotenza, che si pos- sono osservare anche nell’uso di un linguaggio volgare e dai toni accesi; la diffusione di un comportamento conformistico, quale desiderio di fare ciò che fanno gli altri per sentirsi più sicuri e a proprio agio. Questo non considerando le tragiche implicazioni sul piano neuropsicologico9: l’entra- ta nel mondo virtuale, infatti, attiva nella mente un’intelligenza di tipo re- attivo, coltivata senza esperienza e vuota di impressioni sensoriali, senza la possibilità di essere confrontata e comunicata (se non con una macchina), degradando così la relazione da soggetto-soggetto a soggetto-oggetto. Se questo inganno viene praticato con assiduità nel tempo è molto probabile che mandi in cortocircuito il sistema neurosensoriale e che alimenti nuove difficoltà, squilibrando le funzioni fra i vari distretti del cervello e distur- bando indifferentemente le diverse aree e funzioni, come quella dell’atten- zione, della relazione e della comunicazione. Il senso dell’educazione Dal punto di vista educativo non si possono chiudere gli occhi e conti- nuare a far finta di niente, oppure lanciare nuovi slogan o proclami, come quello della “crisi dell’educazione”, dell’“emergenza educativa”, del “co- raggio di educare”, del “patto educativo” che vengono rispolverati di fronte a certi fatti di cronaca, per poi lasciare che tutto rimanga come prima. Il disagio è diffuso e generalizzato, in quanto interessa l’insieme delle nuove generazioni. È necessario intervenire con urgenza per mettere in sicurezza la situazione ed evitare ulteriori danni, oltre a quelli già prodotti, agendo in modo capillare sulla popolazione. E questo secondo tre linee d’azione: la prima riguarda la protezione, particolarmente necessaria nel periodo del- la vita prenatale, per evitare quei danni che possono condizionare l’intera 9 Rigon M., Io sono in forma, La Biolca Editrice, Padova, 2014.
26 Educare ad essere esistenza; la seconda interessa l’accompagnamento, soprattutto nel corso dell’infanzia, utile per favorire la cura e la tutela e contrastare ogni forma di abbandono o di eccesso di protezione; infine la terza si riferisce alla gui- da, necessaria in modo particolare nella fase dell’adolescenza, affinché il giovane sia posto nella condizione di affrontare con consapevolezza la vita. La protezione Fin dall’inizio, a partire dal concepimento, il bambino ha bisogno di es- sere protetto (in particolare dalla madre e dai suoi genitori) da tutto ciò che potrebbe danneggiarlo sia sul piano fisico che su quello psichico, cercando di migliorare il suo ambiente e le sue condizioni di vita10. Sono molte le cose che si possono fare in tal senso per proteggere il bambino, come evi- tare di esporlo alle sostanze tossiche e inquinati; di dargli un’alimentazione povera e squilibrata e non rispondente ai suoi bisogni nutritivi; di fargli vivere relazioni instabili, precarie, insicure e disorganizzate; evitare che venga contagiato da emozioni negative e disturbanti; che venga influenzato dal pensiero unico e debole, in particolare se caotico e poco rispondente alla realtà; che viva delle esperienze stressanti o traumatiche. La ricerca ha messo in evidenza che tutto questo può avere delle conseguenze negative sulla salute e sullo sviluppo del bambino. Infatti dalla biologia sappiamo che l’organismo, costretto a impegnarsi nella sua autodifesa e autoprote- zione, non è più in grado di sostenere adeguatamente la sua crescita e il suo sviluppo. L’accompagnamento Uno dei bisogni fondamentali di ogni essere umano è quello di sentirsi accettato e amato, in particolare dai propri genitori, e di sentirsi protetto in ogni momento da sventure e calamità, oltre di poter essere concretamente aiutato e sostenuto nelle situazioni più difficili, così da poterle affrontare e 10 Aïvanhov O.M., L’educazione inizia prima della nascita, Ed. Prosveta, Piegaro (PG), 2000.
1 - La rivoluzione copernicana 27 superare. Ognuno di noi ha bisogno di non sentirsi solo, di sapere che c’è sempre qualcuno che si prende cura di noi e che ci accompagna nel cam- mino della vita, coniugando con equilibrio la severità con l’abbandono, la fiducia con il controllo e la sorveglianza con la libertà, e che all’occasione è in grado di offrirci quel supporto strumentale e personale e quella me- diazione che ci serve per affrontare la complessa realtà dell’esistenza. Per questo, riferendosi al rapporto dei genitori con il figlio, Giovanni Bollea scrive: “È necessario credere in lui, trasmettergli fiducia nella sua riuscita e crescita positiva, soprattutto durante le crisi evolutive che sono punti cru- ciali e disarmonici dell’evoluzione cognitivo-affettiva”11. L’essere aiutati a leggere e ad affrontare le varie fasi e vicende della vita ha notevoli impli- cazioni positive, in quanto favorisce il processo di maturazione e sviluppo della comprensione e accresce il grado di autonomia personale. La guida I valori hanno un ruolo fondamentale nella vita degli esseri umani, in quanto costituiscono dei punti di riferimento importanti, dai quali scatu- riscono le norme e le regole di vita. Nell’ambito della famiglia il ruolo di guida viene svolto principalmente dal padre, in genere poco considerato nella nostra società contemporanea12 e che al contrario si mostra partico- larmente sensibile alla trasgressione. Le giovani generazioni, soprattutto in questa società, hanno bisogno di valori guida e di coloro che possono esser- ne testimoni, i quali diventano degli importanti modelli di riferimento. At- tualmente, se da una parte queste giovani generazioni hanno la necessità di essere tutelate e protette dell’invasione di mass media e network (anche a difesa della privacy famigliare), dall’altra possiamo dire che hanno il diritto di essere messe nelle condizioni (compatibilmente con il grado di maturità raggiunto) di poter comprendere le cause più nascoste di quanto di grave, pericoloso e lesivo si sta muovendo nei loro confronti. Non si tratta tanto di intervenire per cancellare il dubbio, l’angoscia o il disagio13, quanto di cre- 11 Bollea G., Le madri non sbagliano mai, Feltrinelli, Milano, 1995, p. 15. 12 Mitscherlich A., Verso una società senza padre, Feltrinelli, Milano, 1970. 13 Martinelli M., Alla ricerca di un significato per l’educazione, La Scuola, Brescia, 2010, pp. 35-41.
28 Educare ad essere are le premesse per comprendere la situazione con tutte le sue ambiguità e contraddizioni nelle quali si è spinti ad assumere dei comportamenti come fossero propri, quando invece sono suggeriti da malafede, falsità e ipocri- sia, derivanti da una cultura che mostra la tendenza alla semplificazione e all’ottimismo semplicistico fondato su slogan che attribuiscono un valore superficiale e approssimativo all’esistenza, non centrata su ciò che si è, ma sul dover essere come gli altri, inseriti in percorsi che attribuiscono dei precisi significati all’individuo, alla sua vita e alle esperienze riguardanti il mondo circostante. Cadere in questa trappola vuol dire oscurare la propria coscienza, sostituendola con convinzioni estranee, fino al punto di interpre- tare un falso ruolo e costruire un falso sé, che allontana l’individuo da se stesso fino a smarrirsi. Per questo il comportamento educativo corretto si ha quando si realizza attraverso dei rapporti genuini e profondi, che porta- no verso un autentico contatto con se stessi e con la propria realtà. Partire dal progetto di vita La rivoluzione educativa diventerà tale quando da più parti della socie- tà partirà unanime la richiesta di invertire l’attuale situazione, ponendo al centro dell’attenzione della società l’essere umano, con il suo mondo inte- riore, la sua individualità e il suo progetto di vita. Allontanarsi da se stessi porta a perdere le proprie tracce e la propria identità e a rendere più sfumata ed evanescente la personalità, a dimenticare il proprio passato, la propria storia e le proprie radici biologiche, sociali e culturali, oltre a perdere di vista il proprio percorso di vita e le prospettive future; il distacco attira a sé nuovi ostacoli e difficoltà sul proprio cammino. Quando il pendolo si discosta dal centro impiega una grande quantità di tempo a tornare indietro; se invece si è fermi in un punto centrale, si ha la capacità di raggiungere qualsiasi luogo senza dover fare un lungo viaggio a ritroso, che per sua natura diventa sempre più pesante e difficoltoso. Tutto diventa più facile sia nel comprendere che nel fare e nel sentire perché si è in contatto con le proprie aspirazioni che alimentano la motivazione a vivere, ad andare avanti e a raggiungere la meta senza perdersi per strada. L’essere in contat- to con se stessi dà forza e sicurezza interiore, perché fa sentire che si è ben radicati nella terra e nella realtà della vita e questo consente di contrastare
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