I SISTEMI DI REPORTING: PRINCIPI E CRITERI DI FUNZIONAMENTO
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I sistemi di reporting: principi e criteri di funzionamento I SISTEMI DI REPORTING: PRINCIPI E CRITERI DI FUNZIONAMENTO Giovanni Serpelloni 1), Elisabetta Simeoni 2) 1. Dipartimento delle Dipendenze - Azienda ULSS 20 Verona 2. UPM (Unità di Project Management) - Dipartimento delle Dipendenze - Azienda ULSS 20 Verona INTRODUZIONE I sistemi di reporting intra-aziendali rivestono una importanza strategica nel mantenere il sistema organizzativo in piena efficienza e permettere la diffusione delle informazioni ai vari livelli interessati. Il sistema di reporting fa parte dei sistemi di programmazione e controllo essendo il “cuore” di tali sistemi. Il controllo infatti non può esplicarsi senza un passaggio tempestivo di informazioni sulle attività correnti e la programmazione non può essere fatta se non si è in possesso di informazioni e dati relativi alle attività, alle risorse impiegate e ai risultati ottenuti precedentemente. I sistemi possono essere più o meno complessi e performanti in base alle necessità e alle risorse disponibili, ma il concetto principale da condividere è che non se ne può fare a meno. Anche a livello microorganizzativo, l’attività di reporting è fondamentale ed irrinunciabile. Nessun team sarà in grado di operare a lungo se gli operatori non hanno informazioni a feedback delle loro attività. I sistemi di reporting non devono però essere considerati una noiosa attività per documentare ai propri superiori le attività svolte, magari dopo mesi che sono terminate, ma con moderni ed efficienti sistemi devono essere in grado di far comprendere “just in time” se le attività programmate stanno rispettando le attese e se gli obiettivi prefissati vengono raggiunti. Tutto questo come è facilmente comprensibile rientra in una logica budgetaria di cui per l’appunto i sistemi di reporting fanno parte. In altre parole i sistemi di reporting traggono la loro validità ed utilità dalla preesistenza di un sistema di budget che fissi obiettivi verificabili, che esplichi un controllo costante delle attività e delle risorse consumate e ne “riferisca” rapidamente a chi può mettere in atto opportuni correttivi (se necessario). Il processo di programmazione e controllo è un processo circolare e continuo dove il controllo (III fase – reporting) è il “cuore” del ciclo di Antony perché lì si attiva il processo decisionale. 345
QUALITY MANAGEMENT nelle Dipendenze Fig. 1: Il ciclio di Anthony e il reporting PIANIFICAZIONE FORMULAZIONE INFO esterne STRATEGICA del BUDGET AZIENDALE (3-5 anni) Revisione del budget PROGRAMMAZIONE INFO esterne (breve periodo 1 aa) Svolgimento delle ATTIVITA’ E Revisione dei programmi MISURAZIONE INFO esterne Definire: Costi Priorità Attività Obiettivi Azioni Risultati correttive aziendali FEEDBACK Modificazioni delle strategie REPORTING E VALUTAZIONE INFO esterne DEFINIZIONE: IL SISTEMA DI REPORTING (S.R.) Il sistema di reporting è una “Attività di comunicazione” finalizzata alla produzione di informazioni “just in time” tramite la raccolta e l’elaborazione di dati, a supporto del processo di budgeting e del decision making. Fig. 2: Dal dato all’informazione CUP LAB REP Destinatari dati dati dati DATA BASE (data ware house) info info info Nell’attività di reporting è necessario tenere in considerazione che i destinatari (riceventi) sono portatori di: CONTROLLO DI GESTIONE aspettative, necessità Emittente responsabilità informative, proprie semantiche, 346
I sistemi di reporting: principi e criteri di funzionamento specifiche, pregiudizi e credenze. Tutto questo deve essere tenuto in considerazione al fine di confezionare informazioni che siano poi recepite in modo giusto e per le necessità emergenti. TIPO DI COMUNICAZIONE Le comunicazioni possono essere di vario tipo: orali, scritte, in forma scritta discorsiva (poco immediata ma più orientante e fedele alle interpretazioni del reportista), in forma tabellare (asettica, richiede l’interpretazione del lettore), in forma grafica (immediata, meno specifica e dettagliata). FINALITÀ DEL REPORTING Le finalità del report possono essere di tipo generale e specifico. Le generali sono: - diffondere conoscenze all’interno dell’azienda; - stimolare l’attenzione; - far capire situazioni e fenomeni; - produrre interventi. Mentre le specifiche sono: - di conoscenza: fornire conoscenze strutturate e di tipo generale sul contesto aziendale in cui si opera, anche non in relazione con l’ambito di responsabilità. Fornire inoltre conoscenze generale comuni a tutti i responsabili dei diversi settori attraverso report non standardizzati. - di controllo: finalizzate a prendere decisioni spesso per problemi specifici, fornire report centrati sulle variabili su cui i dirigenti sono responsabilizzati. Fornire inoltre conoscenze specifiche all’ambito di azione e responsabilità attraverso report standardizzati. - decisionali: fornire informazioni in relazione diretta con le decisioni da prendere. TIPOLOGIA DEI REPORT I report possono quindi essere classificati in: di conoscenza, di controllo e decisionali. I primi in particolare possono essere di vario tipo: - di routine (strutturati, periodici, standard); - di approfondimento (a richiesta) più analitici; - non strutturati, ad hoc, per problemi specifici. Essi possono essere distribuiti in forma congiunta o in forma disgiunta. La decisione di fornire i report nelle varie forme dipende dalle esigenze informative e dalle strategie aziendali. La diffusione di informazioni utili comporta anche che si definisca il livello di volume informativo che si vuole diffondere, valutando anche che un volume molto alto di informazioni può generare disorientamento soprattutto nei processi decisionali. 347
QUALITY MANAGEMENT nelle Dipendenze Fig. 3: Classi e Report CLASSI REPORT 1. Di CONOSCENZA 1. CONGIUNTI 2. Di CONTROLLO 3. DECISIONALI 2. DISGIUNTI Fig. 4: Dal dato all’informazione ATTIVITA’ * INFORMAZIONE = dati Dato + elementi cognitivi Sist. di REPORTING just in time INFORMAZIONI* UTILI PER ATTORI IL PROCESSO DESTINATARI DECISIONALE REPORTING: SPECIFICITÀ DELLE INFORMAZIONI Le informazioni da inviare devono avere un grado di dettaglio idoneo a far comprendere la situazione delle variabili da governare (cogliere problemi) creando la possibilità di prendere decisioni e mettere in atto azioni correttive (intervenire praticamente). Le informazioni inoltre devono essere in grado di far valutare i risultati delle attività (controllare gli effetti) e devono essere tarate sul livello gerarchico (reale potere decisionale) con il giusto grado di dettaglio e di aggregazione. I vari operatori con i vari ruoli e livelli gerarchici infatti hanno bisogno di informazioni diversificate soprattutto nel grado di dettaglio ed aggregazione e nella specificità dei contenuti. 348
I sistemi di reporting: principi e criteri di funzionamento Più aumenta il livello gerarchico e più aumenta il grado di aggregazione delle informazioni e più diminuisce il grado di dettaglio necessario. Le informazioni necessarie infatti per la direzione strategica, sono più di tipo gestionale, amministrativo e contabile con alto grado di aggregazione, mentre per le U.O. di tipo clinico le informazioni devono essere più dettagliate e maggiormente orientate alle attività cliniche e ai risultati ottenuti sia in termini di output che di utilizzo particolareggiato delle risorse. Nel confezionare i report sarà quindi necessario trovare il giusto bilanciamento. Fig. 5: Specificità delle informazioni Livello gerarchico Es. Direzione Es. Livello operativo basso Grado di dettaglio alto Grado di aggregazione Fig. 6: Dal dato all’informazione Informazioni %> GESTIONALI DIREZIONE STRATEGICA AMMINISTRATIVE CONTABILI BILANCIAMENTO Informazioni %> CLINICHE U.O. CLINICA (Prestazioni, Esiti) PROFILI PAT. AFFRONTATE 349
QUALITY MANAGEMENT nelle Dipendenze TIPOLOGIA PREVALENTE DELLE INFORMAZIONI E LIVELLINel confezionare i report va anche tenuto in considerazione che il dato diventa informazione quando vi è una aggiunta di elementi cognitivi, cioè è in grado di soddisfare le esigenze informative del destinatario, e di elementi di utilità. Questi elementi riguardano la tempestività, l’attendibilità e la rilevanza. La figura successiva definisce questi concetti. Fig. 7: Dal dato all’informazione + Elementi cognitivi Dato + Elementi di utilità Informazione Soddisfacente: le esigenze informative del destinatario Elementi cognitivi Tempestiva:, con tempi utili per poter cogliere variazioni e Elementi poter attuare azioni correttive di utilità Attendibile: in grado di dare informazioni valide sulle “pendenze” dei fenomeni Rilevante: per l’attività decisionale (sintetica e selettiva) La tempestività è la caratteristica da tenere più in considerazione. Poter intervenire sui fenomeni prima che questi diventino immodificabili, è sicuramente una cosa da perseguire. Per tale motivo le attività di feedback dei report devono essere più rapide possibile. Un ottimo rapporto fornito alla fine di una attività e che non permetta l’intervento correttivo, perde la sua utilità e quindi la sua principale ragione di essere. Vale quindi la pena di distinguere i “progress report” dai “final report” che sono delle prese d’atto finalizzati soprattutto ad una valutazione statica che non attiva interventi correttivi sulle attività. CRITERI PER LA COSTRUZIONE DI UN SISTEMA DI REPORTING COLLEGATO AL BUDGETI criteri principali per la costruzione di un sistema di reporting sono molti ed in particolare: 1. rilevanza; 2. controllabilità; 3. concisione/selettività; 4. gerarchizzazione; 5. frequenza/tempestività; 6. attendibilità; 7. comprensibilità; 8. confrontabilità, 350
I sistemi di reporting: principi e criteri di funzionamento Fig. 8: Progress & Final report Attività Dato informazione FEEDBACK In progress Final • Tempestiva: con tempi utili per poter cogliere variazioni e poter attuare azioni correttive ATTIVITA’ Report Report Report Report in progress in progress in progress in progress Final report FEEDBACK OPERATIVO Ne esistono anche altre, quali ad esempio: Orientamento, Bilanciamento, Leggibilità e Flessibilità. La tabella successiva riporta in sintesi i criteri principali e le specifiche di essi. Tab.1: Criteri per il reporting CRITERI SPECIFICHE 1 Rilevanza In grado di cogliere variabili importanti per il destinatario. Delle variabili di riferimento su cui si esegue l’informazione (da parte 2 Controllabilità del destinatario dell’informazione): possibilità da parte del destinatario di incidere realmente con correttivi. Rapporto tra informazioni determinanti e informazioni non 3 Concisione/selettività: indispensabili. Dettaglio e grado di aggregazione dei dati in base al livello 4 Gerarchizzazione gerarchico (decisionale) e l’uso futuro del destinatario. Adatta a permettere l’attivazione di azioni correttive valide ed in 5 Frequenza/tempestività tempo utile, coerente con i tempi di variazione del fenomeno e la fattibilità del report. Delle informazioni: fortemente dipendente dall’affidabilità delle fonti 6 Attendibilità dei dati, accuratezza e motivazione del “data enter”. 351
QUALITY MANAGEMENT nelle Dipendenze Bassa ridondanza, densità e leggibilità dei dati, bassa presenza di 7 Comprensibilità variabili inutilizzate nel processo di decisioni. Presenza di un parametro di confronto (visualizzazione degli 8 Confrontabilità scostamenti) in termini: spaziali temporali e standard. 9 Orientamento Individuare variabili da privilegiare sulla base dei bisogni informativi. Delle variabili di riferimento su cui si esegue l’informazione (da parte 10 Controllabilità del destinatario dell’informazione): possibilità da parte del destinatario di incidere realmente con correttivi. Tra tempestività e precisione della fornitura dell’informazione: 11 Bilanciamento concentrare l’attenzione più sui trend che sul dato puntuale. 12 Leggibilità Con forma discorsiva, tabellare e grafica. Poter variare i profili di report in base alle esigenze informative 13 Flessibilità estemporanee. Fig. 9: Confrontabilità Spaziali Æ t=K, U.O.a VS U.O.b A B Temporali Æ U.O. al t1 VS t2 A t1 t2 Da standard Æ U.O. VS STD (es. budget) A Atteso predefinito Osservato 352
I sistemi di reporting: principi e criteri di funzionamento Fig. 10: Esempio di uno schema per un report annuale delle attività di un Dipartimento delle Dipendenze in 10 punti. 1. Introduzione e premesse 1.1. Considerazioni sul fenomeno 1.2. Le strategie generali e i riferimenti di base 1.3. I bisogni e le priorità 1.4. Considerazioni sintetiche alle tabelle 1.5. Le dipendenze affrontate e le dipendenze da affrontare 1.6. La necessità di introdurre un orientamento scientifico 1.7. Gli obiettivi generali 2000 e grado di raggiungimento 2. Bacino di utenza (i bisogni) 3. Organizzazione e risorse 3.1. Organizzazione del Dipartimento delle Dipendenze 3.1.1. componenti del nucleo ristretto 3.1.2. unità organizzative del Dipartimento 3.1.3. struttura di coordinamento 3.1.4. dipartimento allargato (nucleo di consenso) 3.1.5. unità ed organizzazioni convenzionate (elenco e caratteristiche) 3.2. Dotazioni organiche 3.3. Dislocazione delle strutture 4. Carico di utenza: 4.1. Tossicodipendenti: 4.1.1. presso i Ser.T 4.1.2. in comunità terapeutica: 4.1.2.1. in comunità convenzionate 4.1.2.2. in comunità diurna pubblica 4.1.3. in carcere (unità funzionale td – UFTD) 4.2. Alcoldipendenti: 4.2.1. presso i Ser.T 4.2.2. in comunità terapeutica 5. Prestazioni: 5.1. Scheda budget 2000 (risultati attesi) 5.2. Risultati osservati al 31.12.2000 5.3. Analisi per singolo Ser.T 5.4. Analisi degli indici di performance 6. Attività di progetto: 6.1. Progetti a carico di finanziamenti Regionali 6.2. Progetti e attività a carico di finanziamenti Aziendali 7. Costi: 7.1. Ser.T 7.2. Alcologia 7.3. Ufficio di coordinamento 7.4. Comunità terapeutiche 8. Incarichi e progetti speciali (Regionali, Ministeriali, Europei) 9. Diario delle principali Attività 9.1. Progetti a valenza Regionale 9.2. Progetti Ministeriali 9.3. Progetti Europei 9.4. Descrizione sintetica 9.5. Riepilogo degli incontri di Dipartimento (punti discussi) 353
QUALITY MANAGEMENT nelle Dipendenze 10. Commenti dei responsabili sulle proprie attività e sulle problematiche riscontrate 10.1. Ser.T 1 10.2. Ser.T 2 10.3. Ser.T 3 10.4. Servizio di Alcologia 10.5. Comunità A 10.6. Comunità B 10.7. Comunità C 10.8. Comunità D Tab. 2: Elenco di principali report da realizzare (output) e da ricevere (input) per il Dipartimento delle Dipendenze e frequenza attesa per le attività di programmazione e controllo (interne ed esterne) DESTINATARI FREQUENZA N. TIPO DI REPORT CONTENUTI PRINCIPALI PRINCIPALI MINIMA Elenco e volume delle prestazioni Prestazioni Controllo di 1 erogate secondo le codifiche Mensile erogate gestione preconcordate Ministero della Scheda Ministero della Salute 2 Utenti in carico Salute e Semestrale “SEM.01” Regione In OUTPUT (debito informativo) Ministero della Schede Ministero della Salute 3 Utenti in carico Salute e Annuale “SER.xx”, “ANN.xx” e “ALC.xx” Regione Real time attraverso il Singole voci di costo secondo il Controllo di 4 Costi generati sistema della profilo aziendale Gestione contabilità analitica Semestrale Risultati (output e outcome Direzione ASL e 5 Report su progetti (progress) osservati) e costi finanziatori Annuale (final) Considerazioni generali e Report di attività analitiche delle attività svolte in 6 Direzione ASL Annuale annuale relazione ai bisogni e alla domanda (vedi prospetto) Utenti in carico a Schede di rilevazione 7 strutture socio- “Andamento del fenomeno Prefettura Trimestrale riabilitative droga” Indicazioni strategiche per Piano strategico l’allineamento degli obiettivi e la Direzione 1 Annuale (inizio) aziendale programmazione generale degli strategica interventi e delle politiche In INPUT (credito informativo) Obiettivi di attività e risorse Direzione 2 Budget annuale Annuale (inizio) dedicate strategica Scostamenti rilevati dalle Scostamenti da prestazioni attese (budget) e Ufficio controllo di 3 budget (prestazioni Mensile quelle trasmesse all’ufficio gestione – attività) controllo di gestione Scostamenti da costi previsti Scostamenti rilevati dai costi Ufficio controllo di 4 (personale, attesi (budget) e quelli trasmessi Mensile gestione farmaci, beni e all’ufficio controllo di gestione servizi ecc.) Resoconto attività e costi su utenti Giorni di presenza dei singoli Comunità 5 inviati dal utenti inviati, costi (fatture) da Terapeutiche Mensile Dipartimento alle inoltrare per pagamento convenzionate comunità t. 354
I sistemi di reporting: principi e criteri di funzionamento CONCLUSIONI I sistemi di reporting trovano la loro applicazione sia all’interno dell’azienda in generale che anche nelle attività di progetto. Per questi aspetti si rimanda anche all’articolo sulla valutazione ex-ante. In questo ambito si vuole sottolineare semplicemente l’importanza che questi sistemi rivestono se soprattutto viene rispettato, al di là della qualità delle informazioni trasmesse, anche il criterio della tempestività. Nessuna informazione è utile dopo che è passato il tempo entro il quale, sulla base di tali informazioni, si potevano prendere decisioni per migliorare le attività cliniche o amministrative. BIBLIOGRAFIA A.S.S.R., Il dipartimento nel servizio sanitario nazionale, progettare per la sanità, Gennaio 1997 AA.VV Atti del convegno “Il Dipartimento ospedaliero”, Università L.Bocconi , novembre 1996 AA.VV Dichiarazione etica contro le droghe. A cura di G. Serpelloni -Edizioni La Grafica, Gennaio 1999 AA.VV Medicina delle tossicodipendenze Manuale per medici di medicina generale - Leonard Edizioni, Settembre 1996 AA.VV Eroina, infezione da HIV e patologie correlate. A cura di G. Serpelloni, G.Rezza, M.Gomma - Leonard Edizioni, Aprile 1995 Agliati M., Tecnologie dell’informazione e sistemi amministrativi, EGEA, 1996 Amarilli F., Mainetti S., Onagro E., L’utilizzo delle tecnologie intranet per lo sviluppo degli enti locali: il caso della Comunità Montana della Valle Canonica Sistemi di Impresa, 1999 Assessorato alle Politiche Sociali delle Regione Veneto, Le politiche regionali per una società libera dalle droghe, Ediz. La Grafica, Novembre 2000 Baker L. e Rubycz R., Performance improvement in public service delivery, Pitman Publishing, 1996 Berbardi g:, Biazzo S., Analisi rappresentazione dei processi aziendali, Sviluppo e organizzazione n°156, 1996 Biffi A., Business Process Reengineering: approccio per realizzare il process management, Economia & Management, 1997 Biffi A., Pecchiari N., Process management e reengineering: EGEA, 1998 Bonazzi G., Storia del pensiero organizzativo, Franco Angeli, 2000 Borgonovi E., Introduzione all’economia dell’amministrazione pubblica, Giuffrè, 1984 Borgonovi E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, EGEA 1996 Bortignon E., Frati P. e Tadchini R., Medici e Manager, Edizione Medico Scientifico, 1998 Brenna A., Manuale di Economia Sanitaria, CIS Editore, 1999 Caccia C., Longo F., L’applicazione di modelli organizzativi “evoluti” al sistema socio sanitario pubblico, Mecosan, 1995 Cantarelli C., Casat G., Cavallo M., Cocchi T., Elefanti M., Formentoni A., Lega F., Maggioni S., Sassi M., Malarico E., Zucco F., Il percorso del paziente, EGEA, 1999 Cartoccio A., Fabbro M., Complessità organizzativa e sviluppo manageriale, Sviluppo e Organizzazione, n°131 1992 Cochrane A.L., Efficienza ed efficacia, Il Pensiero Scientifico Editore, 1999 Corradini A. I modelli organizzativi per le aziende U.L.S.: tradizione ed innovazione, Mecosan n.20, 17-33, 1997 Costa G., Nacamulli R.C.D., Manuale di organizzazione aziendale, UTET Davenport T.H., Innovazione dei processi, Franco Angeli 1194 Di Stanislao F., Liva C., Accreditamento dei servizi sanitari in Italia, Centro Scientifico Editore, 1998 EMCDDA, Key Epidemiological Indicator: demand for treatment by drus users, emcdda, dicembre 2000 Focarile F., Indicatori di qualità nell’assistenza sanitaria, Centro Scientifico Editore, 1998 Galbraith J., La progettazione organizzativa: un’analisi dal punto di vista del trattamento delle informazioni, Problemi di gestione, vol.9, 1975 Galbraith J., Organization desing, Addison-Wesley, Reading, 1997 Grandori A., L’organizzazione delle attività economiche, Il Mulino, 1995 Grandori A., Organizzazione e comportamento economico, Il Mulino, 1998 Grilli R., Penna A.e Liberati A., Migliorare la pratica clinica, Il Pensiero Scientifico Editore, 1995 Guarnieri F., Guarnieri L., Guarnieri D., Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, Giuffrè Editore, 1999 Guzzanti E. et AL, Aree funzionali omogenee e dipartimenti, Federazione Medica, 4-8, novembre 1994 Hammer M., Champy J., Ripensare l’azienda, Sperling&Kupfer, 1993 355
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