Green pass e dpcm, la docente universitaria Lara Trucco: "Ecco cosa dice la Costituzione" - Genova24

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     Green pass e dpcm, la docente universitaria Lara Trucco:
     “Ecco cosa dice la Costituzione”
     di Redazione
     31 Luglio 2021 – 10:00

     Liguria. Green pass sì o green pass no? Non è facile dare una risposta così, tranchant,
     sulla legittimità o meno dello strumento adottato dal governo Draghi per debellare il
     Covid-19. La domanda in sé, senza ulteriori considerazioni, non ha quasi senso, almeno
     non dal punto di vista giuridico. Lo spiega, con un esempio chiarissimo, Lara Trucco,
     prorettrice agli Affari generali e Legali dell’Università di Genova, docente di
     diritto costituzionale e avvocato: «E’ un po’ come dire: “Macchina sì o macchina no?
     Dipende da cosa se ne fa», dice. L’esperta è stata consultata da Riviera24.it.

     Dal prossimo 6 agosto, sarà obbligatorio essere in possesso del green pass per accedere a
     numerosi servizi o semplicemente sedersi al tavolo di un ristorante al chiuso. Ma tutto
     questo, è costituzionale? «E’ una domanda estremamente complessa e quindi
     rispondere in poche battute è impossibile e anche inopportuno – esordisce la docente
     universitaria – E’ il punto di arrivo di tutta una serie di misure che sono state prese ormai
     da mesi e quindi si ricollega a quello che è capitato prima. Non ultimo all’obbligo
     vaccinale, visto che il green pass viene rilasciato a chi è stato vaccinato o a chi si è
     sottoposto a un tampone: quindi ci sono condizioni sufficienti e necessarie per poterlo
     ottenere». Mentre però sul tampone non sono mai emersi «particolari problemi dal punto

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     di vista costituzionalistico – spiega Lara Trucco – Sul vaccino qualche problema si è posto
     e si pone: sono pendenti numerosi ricorsi davanti a giudici amministrativi e se ne discute
     nell’ambito della dottrina costituzionalistica e a livello mediatico».

     Articolo 32 della Costituzione: il punto di partenza. «E’ bene chiarire – dice la
     professoressa – Che è la stessa Costituzione, all’articolo 32, a stabilire la possibilità, con
     legge, di prevedere degli obblighi vaccinali. Perché la nostra Costituzione garantisce la
     salute individuale come diritto fondamentale, ma dice anche che la salute è interesse della
     collettività e quindi, nel cosiddetto bilanciamento dei diritti, bisogna contemperare la
     salute individuale con ciò che riguarda tutti». Per garantire questo diritto, la condizione
     essenziale è che «sia fatto con legge».

     «Poste queste condizioni – continua la docente – Il green pass è un passo ancora
     successivo e, da questo punto di vista, come tutti gli strumenti di per sé non è
     incostituzionale né in positivo né in negativo: dipende da come viene fatto, qual è
     l’organizzazione che c’è dietro il rilascio del green pass stesso e com’è strutturato tutto il
     meccanismo e l’apparato che ospita i nostri dati personali e tutte le informazioni di
     carattere sanitario: dati che sono estremamente sensibili e che noi diamo attraverso il
     green pass».

     Questione di dati. Che la discussione non si possa ridurre a una serie di slogan pro o
     contro il cosiddetto pass sanitario, lo si capisce subito: si tratta di una questione
     estremamente complessa, che va analizzata su più piani. Partendo, ad esempio, dai dati
     sensibili. «I dati sanitari sono considerati estremamente personali e quindi, da
     questo punto di vista, il primo elemento che bisognerebbe conoscere e sul quale
     bisognerebbe fare importante informazione, è quali dati saranno contenuti nel green
     pass», spiega Lara Trucco. In primis, dunque, deve essere chiarito e ben precisato ai
     cittadini come funzionerà il green pass, quali informazioni conterrà, come e dove verranno
     conservate. In merito a questo, gli scenari possibili sono sostanzialmente due: «Da un lato,
     la situazione positiva – dichiara la prof, Trucco – I nostri dati possono essere utili non
     soltanto a fini sanitari, ma anche per implementare tutto un apparato burocratico
     informazionale che, nel lungo periodo, può aiutare ad affrontare non soltanto questa
     epidemia ma, più in generale, quello che potrebbe accadere in futuro. Un sistema che
     potrebbe essere organizzato sulla base di piattaforme informatiche paneuropee. Questo è
     il primo modello che dal punto di vista costituzionalistico si auspica, anche alla luce del
     fallimento che ha avuto l’app Immuni, che ha incontrato degli ostacoli insormontabili
     proprio dal punto di vista gestionale e organizzativo: mancava la app, mancavano
     piattaforme europee, Google e Amazon avrebbero trattenuto tutti i dati in un altro
     continente. E in questo momento, il modello statunitense, quello cinese e quello europeo
     sono in forte competizione: quindi da questo punto di vista è un momento molto delicato».
     Come si sa, la medaglia ha anche un rovescio: cosa potrebbe accadere di negativo? «Che
     non si sappia quale sia la nostra cessione di informazioni – dice ancora la docente – E poi
     la gestione delle informazioni stesse: che non si sappia, insomma, che fine fanno e dove
     saranno conservati i nostri dati personali, che hanno un inestimabile valore».

     Certo è che non bisogna abbassare la guardia: per rendere funzionale il green pass
     «dovranno intervenire decreti attuativi, norme tecniche, e quindi è importante
     sorvegliare anche il “dopo”».

     Questione spinosa: i Dpcm. La stragrande maggioranza degli italiani ha imparato a
     conoscerli grazie all’ex premier Giuseppe Conte, che ne ha illustrati diversi, con
     conferenze stampa in diretta a reti unificate, nei momenti più bui della lotta al Covid-19: i

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     decreti del presidente del consiglio dei ministri, è bene dirlo, non solo legge. Ma sono
     strumenti più veloci, di “pronto uso”, si potrebbe dire. «La legge è fatta dal Parlamento,
     che è composto da nostri rappresentati e quindi il fatto che intervenga il legislatore
     dovrebbe renderci più tranquilli perché interviene chi abbiamo eletto – spiega Lara Trucco
     – Per il Dpcm non è così: è un decreto del presidente del consiglio dei ministri che quindi
     non è eletto. Il Dpcm non passa dal Parlamento e quindi è un atto molto veloce ed è per
     questo che è stato utilizzato. Il fatto che si intervenga a limitare le libertà personali con il
     Dpcm è visto con cautela dal punto di vista costituzionalistico».

     «C’è stata una primissima fase dettata dal repentino evolversi degli eventi che ha fatto
     sorgere qualche attrito – aggiunge – Dopodiché, a distanza di qualche settimana, si è
     intervenuti con decreto legge a coprire, per così dire, quelle mancanze che c’erano state, e
     in qualche misura sanando i problemi. I decreti legge, si dice che hanno forza di legge
     proprio perché devono essere convertiti dal Parlamento: in questo modo si è recuperato
     dal punto di vista della legittimazione democratica quello che era mancato. E si è andati
     avanti così: prima il Dpcm, per intervenire in modo repentino, poi il decreto legge che
     legittima quello che si fa. Questa è la base generale».

     Parola chiave: libertà! «C’è un altro dato però da tenere presente – prosegue Lara
     Trucco – Almeno fino a un certo punto, ci sarebbe stato un approccio cosiddetto “soft”: nel
     senso che si sarebbe limitata soltanto la libertà di circolazione». Anche in questo caso,
     checché ne dicano i professori dell’università della vita e i leoni da tastiera, è la stessa
     Costituzione a prevederlo. Lo spiega chiaramente il docente di diritto
     costituzionale: «E’ la stessa Costituzione che dice che la libertà di circolazione deve
     essere garantita, sì, ma può essere limitata: con legge e in via generale per motivi di sanità
     e di sicurezza. Quindi la costituzione consente, con legge, di limitare la libertà di
     circolazione».

     Che cosa è successo, però, successivamente? «Si è detto: “qui non è in gioco
     soltanto libertà di circolazione”. E’ vero che limitare la libertà di circolazione
     inevitabilmente significa limitare altre libertà, come la libertà personale, la libertà
     economica, quella di domicilio, e via dicendo. Adesso però si sta andando avanti, e c’è una
     limitazione diretta anche di altre libertà. In primis l’iniziativa economica, tutte le libertà
     legate ai diritti politici. Allora si è detto: “Attenzione, perché in questa seconda fase
     bisogna stare ancora più attenti ad utilizzare strumenti consoni, appropriati”, e quindi a
     maggior ragione a intervenire con la legge, ma facendo anche bilanciamenti tra interessi e
     valori in campo». Da qui tutta la discussione sulle aperture e sulle chiusure durante i
     lockdown vari. «Ora siamo nella terza fase – prosegue la docente – Con il green pass e con
     il vaccino entriamo direttamente nella sfera personale dal punto di vista fisico: siamo in
     una fase in cui il virus si sta ritraendo e quasi paradossalmente gli interventi del
     legislatore sono ancora più intrusivi sulla sfera personale. Però, come ha detto il
     presidente della repubblica, in questa situazione che può apparire contraddittoria, il
     nemico non è l’intervento che consente di far diminuire la portata del virus, ma il virus».

     Coerenza: carta fondamentale. Come spiegare, allora, il gioco di “bastone e carota”
     messo in atto dallo Stato? Da una parte la folla che festeggia, con assembramenti resi
     improvvisamente legittimi, la vittoria degli Azzurri agli Europei. Dall’altro il divieto di
     cenare, magari a lume di candela, all’interno di un ristorante con pochi tavoli, senza prima
     esibire il green pass. «Gli interventi a livello legislativo devono essere percepiti come
     coerenti e razionali – sottolinea Trucco – L’importante è che il legislatore spieghi il perché
     di certe situazioni. Bisogna cercare di mantenere le cautele perché altrimenti il messaggio
     può apparire contraddittorio». E non è semplice, soprattutto dopo quasi due anni di
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     emergenza sanitaria, che dal punto di vista psicologico può ben essere intesa come una
     «tragedia esistenziale», in cui un’intera generazione, ad esempio, ha perso uno dei
     momenti più importanti della vita da adulto: quello della discussione della laurea davanti
     alla commissione.

     L’Italia vive una dittatura sanitaria? «Dal punto di vista costituzionalistico non si può
     parlare di dittatura sanitaria – risponde il docente di diritto costituzionale – Nel senso
     che il termine “dittatura” implica un regime autoritario che agisce con la forza, in maniera
     coercitiva. Ma quello che si contesta in maniera generale, in questo momento, riguarda
     l’efficacia del vaccino, cioè si dice, e nei ricorsi di cui parlavamo è argomento forte:
     l’obbligo vaccinale previsto dalla Costituzione implica che ci debba essere una
     copertura al cento per cento, invece noi questa garanzia non l’abbiamo, ma
     addirittura (i vaccini, ndr) sarebbero deleteri. Da questo punto di vista ci sono organi e
     organismi preposti, come l’Aifa, che sono lì apposta per verificare quali sono gli effetti dei
     vaccini che ci inoculano. Quindi, sarebbe bene, quando si protesta, che si dimostri il
     contrario, in maniera oggettiva, scientifica, che si agisca non sul piano ideologico, ma con
     dati oggettivi. Informazione e controinformazione, pesi e contrappesi, sono il sale del
     diritto costituzionale e della democrazia».

     Alt! Esibisca il green pass! Una domanda che molti ristoratori si pongono è quella
     se sia legittimo, o meno, chiedere a un cliente di esibire il green pass. Possono
     farlo? «I ristoratori non sono pubblici ufficiali e quindi tecnicamente non possono
     obbligare le persone, non possono fare ispezioni e tantomeno perquisizioni – risponde la
     prof Trucco – Si sta già parlando di utilizzo di strumenti elettronici di lettura dei Qr code e,
     quindi, immagino che l’idea sia questa: cioè di entrare in un locale dopo aver esposto il Qr
     code di fronte a una macchina. Perché altrimenti diventa molto delicato il fatto che un
     soggetto privato possa costringere un altro soggetto privato a fare qualcosa che non vuole
     fare».

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