Gli strumenti ibridi nel BEPS e nella Direttiva UE antielusione
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FISCO OPINIONE OP-FISCO Direttiva 12 luglio 2016, 2016/1164; Direttiva del 29 maggio 2017, 2017/952 Approfondimento - Fiscalità internazionale Gli strumenti ibridi nel BEPS e nella Direttiva UE antielusione di Bruno Ferroni* L’implementazione delle misure previste dall’Action 2 del Progetto BEPS e dalle Direttive dell’Unione Europea ai fini antielusivi, in particolare la c.d. ATAD 2, intende neutralizzare gli effetti negativi sul getti- to che derivano da tax planning, transazioni o strutture basati sui disallineamenti e sulle incoerenze che possono persistere tra le regole fiscali di diverse giurisdizioni. Mentre a livello globale i Report del BEPS costituiscono pur sempre delle linee guida per gli Stati, ancorché molto forti, invece le Direttive UE sono previsioni normative vincolanti per gli Stati membri che le devono recepire nei propri sistemi tributari. Tali Direttive, in coerenza con i presupposti fondamentali del mercato unico dell’Unione, non solo danno luogo ad alcune differenze con le indicazioni del BEPS, ma si confrontano con le scelte di politica fiscale delle altre grandi economie del pianeta, prima fra tutte quella degli USA. Tale scenario è stato ampiamente ed autorevolmente esaminato dall’Assonime nella circolare n. 19 del 1° agosto 2018, anche in vista del prossimo recepimento della Direttiva ATAD da parte dell’Italia. 1. Premessa Le misure previste dal progetto BEPS, in generale, intendono contrastare l’elusione fiscale internazionale ed impedire alle imprese e agli Stati di competere sulla base della mancanza di trasparenza, con l’attribuzione artificiosa dei redditi dove l’attività economica è assente o limitata oppure sfruttando le lacune e le distonie dei vari sistemi fiscali dei Paesi. Quindi il progetto, che mira a prevenire le situazioni di doppia non tassazione senza per questo creare situazioni di dop- pia tassazione, è stato inteso dal principio come il più ampio e inclusivo possibile proprio per dare a tutte le giurisdizio- ni l’opportunità di cogliere i vantaggi derivanti da una strategia multilaterale di contrasto all’elusione fiscale interna- zionale ed alle pratiche di concorrenza fiscale sleale e dannosa tra Stati. In pratica, questo è quello che il progetto BEPS vuole conseguire, rendendo ogni pianificazione fiscale più trasparente a tutte le autorità fiscali interessate, richiedendo il presupposto della “sostanza” sia alle imprese che ai Paesi così prelevando le imposte nel luogo in cui l’attività econo- mica e la creazione del valore si realizzano e mettendo fine alle distonie fiscali internazionali. Su tali presupposti è stato attivato un forum multilaterale, cioè un particolare organismo che è attualmente partecipato da ben 116 Paesi che rappresentano il 95% del PIL mondiale: questo organismo monitora lo stato di avanzamento dell’implementazione del pacchetto BEPS, consapevole che, in un mondo globalizzato, soltanto soluzioni basate su lar- go consenso possono rendere più moderno ed efficiente il contesto fiscale internazionale e non sono più accettabili provvedimenti unilaterali praticati di volta in volta in modo scoordinato da parte dei singoli Stati 1. Va anche ricordato che il pacchetto BEPS, mentre in termini di obiettivi annovera la coerenza tra i sistemi fiscali, la sostanza dell’attività economica svolta nelle differenti giurisdizioni, la trasparenza e lo scambio delle informazioni e al- tri trasversali quali la digital economy e lo strumento multilaterale di adeguamento delle convenzioni fiscali bilaterali, invece in termini di risultati prevede prima di tutto dei minimum standards, poi il rafforzamento di alcuni standards in- ternazionali, l’adozione di un comune approccio e di best practices e altri trasversali quali, di nuovo, la digital economy. Al riguardo, va subito precisato che la tematica degli strumenti ibridi, cioè l’Action 2, rientra nel primo obiettivo della coerenza tra i vari sistemi fiscali ma non fa parte dei minimum standards, rientrando piuttosto nell’ambito delle strategie comuni e delle best practices2. Ciononostante, il citato rapporto dell’Inclusive Framework segnala che l’Action 2 è stata * Direttore fiscale Gruppo Ferrero - Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza. 1 Cfr. OECD/G20 Inclusive Framework on BEPS, Progress report July 2017 - June 2018. 2 Infatti, la ripartizione degli obiettivi delle Actions BEPS per obiettivi è la seguente: Coherence (Actions 2, 3 e 4), Substance (Actions 5, 6, 7 e 8-10), Transparency (Actions 5, 11, 12, 13 e 14), Horizontal (Actions 1 e 15); mentre la vista delle Actions ri-
rapidamente adottata da numerosi Paesi e, in particolare, l’Unione Europea ha adottato tali regole con la Direttiva c.d. ATAD 2, come pure gli USA nella recente legge di riforma del sistema tributario; inoltre, analoghe proposte legislative sono state introdotte dall’Australia e dalla Nuova Zelanda. Il rapporto segnala anche che le raccomandazioni dell’Action 2 avevano come obiettivo le asimmetrie risultanti dal dif- ferente trattamento tributario in più Paesi di strumenti o entità, ma non affrontavano direttamente la problematica delle asimmetrie originate attraverso l’uso di strutture con branch in giurisdizioni nelle quali il trattamento della allocazione di redditi e spese tra casa madre e branch poteva portare a non configurare una presenza tassabile. Al riguardo, l’organismo ha prodotto nel luglio 2017 un ulteriore rapporto con le raccomandazioni per adottare, nei casi di branch mismatch, soluzioni in linea con l’approccio definito dall’Action 2 in modo da prevenire l’aggiramento delle nuove re- gole tramutando gli strumenti ibridi in schemi basati sull’uso di branch per ottenere gli stessi vantaggi fiscali. In questo contesto, considerato anche che l’Action 2 deve essere vista in una più ampia prospettiva congiuntamente alla 3 ed alla 4, cioè all’implementazione di efficaci misure sulle Controlled Foreign Company (CFC) e sulla limitazione della dedu- cibilità degli interessi e di altri oneri finanziari, si comprende l’importanza della coerenza internazionale nella tassazio- ne societaria e la relazione con le norme generali antiabuso (General Antiavoidance Rules, c.d. GAAR). La recente circolare Assonime analizza le linee di intervento e le modalità con cui viene assicurato il coordinamento tra le regole sugli ibridi e le regole CFC ed in cui si rileva la diversa impostazione seguita dall’OCSE/G20 (nell’Action 2) rispetto a quella intrapresa dall’UE, dapprima nella Direttiva 2016/1164 del 12 luglio 2016 (c.d. ATAD 1) e, poi, nel- la Direttiva 2017/952 del 29 maggio 2017 (c.d. ATAD 2, che ha modificato le disposizioni sugli ibridi dell’ATAD 1). Con il prossimo recepimento di queste Direttive, previsto entro il 31 dicembre 2018 per l’ATAD 1 ed entro il 31 dicem- bre 2019 per l’ATAD 2, questa diversa impostazione è destinata ad essere maggiormente evidenziata, stante la diversa natura dei precetti dell’Unione rispetto a quelli dell’OCSE. Sul punto, la circolare Assonime per ampiezza ricognitiva, profondità di analisi e sistematicità interpretativa costituisce uno strumento fondamentale per affrontare e comprendere lo scenario delle regole, attuali e venture, che hanno l’obiettivo di assicurare una sempre più forte e più chiara coerenza internazionale nella tassazione societaria3. 2. L’hybrid mismatch La circolare Assonime, opportunamente, si sofferma sui profili generali dell’hybrid mismatch (disallineamento da ibridi), inquadrandone in modo sistematico la fattispecie che identifica una situazione in cui un pagamento transnazio- nale, alternativamente: (i) è deducibile in una giurisdizione, ma non è incluso tra i redditi dell’entità che riceve il pagamento nell’altra giurisdi- zione (deduction no inclusion; c.d. D/NI), ovvero (ii) comporta una doppia deduzione - dello stesso pagamento, costo o perdita - in due diverse giurisdizioni (double de- duction; c.d. D/D) o, infine, (iii) determina una deduzione in una giurisdizione, cui si associa indirettamente, tramite la triangolazione in una giuri- sdizione pass-through, una non inclusione in un Paese terzo (c.d. Indirect D/NI o imported hybrid). Diverse sono le fattispecie tipiche del disallineamento, in primo luogo gli strumenti finanziari ibridi, cioè, ad esem- pio, gli strumenti finanziari che sono qualificabili nel Paese del debitore come titoli di debito (da cui derivano interessi passivi deducibili) e che si connotano nel Paese del creditore come titoli partecipativi (generando dividendi esenti); op- pure strumenti finanziari che, pur non essendo di per sé ibridi, danno origine ad una remunerazione che viene diversa- mente qualificata nelle due giurisdizioni4. Alcune pianificazioni fiscali aggressive utilizzano, invece, entità ibride, cioè entità che nel proprio Stato di residenza sono considerate “opache” e, quindi soggetti passivi d’imposta, ma che nell’ordinamento di residenza dei soci o della controparte dell’operazione sono prive di soggettività passiva d’imposta perché qualificate come entità trasparenti. Ulteriori costruzioni si avvalgono di asimmetrie inverse a quelle menzionate, le c.d. entità reverse hybrid, considerate trasparenti nel Paese in cui risiedono, ma opache per la giurisdizione di resi- denza dei soci, con la conseguenza che i flussi di pagamento provenienti da un Paese terzo a favore della reverse hybrid non sono sottoposti a tassazione né presso di essa, né nel Paese di residenza dei soci. Analogamente, si possono sfrutta- re differenze di qualificazione di una sede fissa d’affari: questa potrebbe essere considerata una stabile organizzazione in regime di branch exemption nel Paese di residenza dell’impresa ed essere, invece, disconosciuta come stabile orga- nizzazione nel Paese in cui è insediata. Così come pure può produrre effetti di hybrid mismatch l’utilizzo di società partite per risultati è la seguente: Minimum standards (Actions 5, 6, 13 e 14), Reinforced international standards (Actions 7 e 8- 10), Common approaches and best practices (Actions 2, 3, 4 e 12), Horizontal work (Actions 1, 11 e 15). 3 Assonime, Imposizione Diretta, circolare n. 19 del 1° agosto 2018 “Fiscalità internazionale: le nuove linee di intervento OCSE, USA e UE a confronto”. 4 Possono ricorrere anche i c.d. trasferimenti ibridi relativi a strumenti finanziari come le operazioni di pronti contro termine o di prestito titoli in cui un Paese considera il negozio di trasferimento a pronti con impegno di riacquisto a termine come una vera e propria cessione, mentre il Paese della controparte considera quel trasferimento come un’operazione di finanziamento o di pre- stito garantito dal titolo oggetto di pronti contro termine. Di conseguenza le due giurisdizioni partono da opposti punti di vista per individuare il titolare della remunerazione sottostante agli asset trasferiti; in tal modo, si produce un effetto di deduzione senza inclusione (D/NI) quando una parte ottiene, nella propria giurisdizione, la deduzione della remunerazione sottostante il titolo tra- sferito e oggetto di pagamento alla controparte, mentre la controparte è legittimata nel proprio Paese a considerare il pagamen- to esente o escluso da imposizione, in quanto ricevuto a titolo di remunerazione diretta dei titoli oggetto di pronti contro termine (come dividendo esente).
dual residence che, quando sono strutturalmente in perdita, possono essere utilizzate per compensare queste perdite fi- scali con i redditi di altre società del gruppo in regimi di consolidato fiscale. In termini di presupposti, poi, sotto il profilo oggettivo, la disciplina di contrasto agli ibridi opera solo in relazione a fe- nomeni di deduzione che derivano dallo sfruttamento di asimmetrie che gli ordinamenti interessati non hanno voluta- mente predisposto. Per questo non rientrano nell’ambito applicativo dell’Action 2 e dell’ATAD 2 i fenomeni di dedu- zione senza inclusione o di doppia deduzione nei quali non è possibile individuare una costruzione ibrida e che deriva- no, ad esempio, dalla mera fruizione di appositi regimi fiscali di favore accordati da una determinata giurisdizione. Ma l’ambito applicativo è delimitato anche sotto il profilo soggettivo: vi sono disallineamenti ibridi, colpiti dalle regole dell’Action 2 e dell’ATAD 2, soltanto se le menzionate operazioni intercorrono tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo o sono il risultato di accordi strutturati (c.d. structured arrangements) tra consociate e/o anche tra soggetti terzi (ma in quest’ultimo caso, solo laddove il terzo abbia beneficiato del vantaggio fiscale e sia, per ciò stesso, da ritenere ragionevolmente consapevole dell’arbitraggio). L’elemento soggettivo, cioè la volontà del contribuente di provocare l’erosione e il trasferimento delle basi imponibili da un Paese ad un altro, è necessario in entrambi i casi, ma si presume senza possibilità di prova contraria nelle operazioni poste in essere all’interno del gruppo; mentre, nelle situazioni in cui è coinvolto un terzo, l’elemento soggettivo deve essere oggetto di specifica dimostrazione da parte dell’Amministrazione. Infine, vi è un ulteriore presupposto per l’operatività della disciplina per cui la reazione all’hybrid mismatch avviene so- lo quando effettivamente si verificano gli effetti che si intendono contrastare e non anche quando questi risultati si pro- spettano semplicemente come potenziali5. Dunque, rientrano nell’Action 2 e nella Direttiva ATAD 2 i disallineamenti connessi all’utilizzo consapevole da parte del contribuente di elementi o strumenti che per loro natura e in quanto inseri- ti in una struttura di gruppo o in una costruzione strutturata sono idonei a produrre gli effetti ibridi (deduzione senza in- clusione, doppia deduzione, o duplicazione di crediti per imposte estere). Si comprende così che l’Action 2 e la Direttiva ATAD 2 hanno riguardo allo sfruttamento intenzionale, da parte delle imprese, di disallineamenti esistenti tra diverse giurisdizioni che, in un certo senso, mettono a rischio la base imponibile collettiva di tutti i Paesi. Da qui si evince il motivo per cui ciascuna giurisdizione è chiamata - in via principale o secondaria - ad attivare una propria azione di con- trasto; azione di contrasto che, comunque, non può e non deve condurre ad una doppia imposizione. Infatti, sono previ- ste due diverse modalità di intervento (la c.d. risposta primaria e la c.d. risposta secondaria), gerarchicamente ordinate ed entrambe necessarie per garantire la neutralizzazione degli effetti dei disallineamenti ibridi anche nei casi in cui una delle due giurisdizioni di volta in volta coinvolte nell’arbitraggio non si sia dotata di regole anti-ibridi equivalenti. La risposta primaria è attribuita all’ordinamento che ragionevolmente può essere ritenuto destinato a subire l’erosione della base imponibile e consiste nel negare la deduzione del componente negativo di reddito in tale Paese. La risposta secondaria, invece, è eventuale e opera laddove manchi la risposta primaria: essa comporta, infatti, l’inclusione dell’elemento positivo di reddito nel Paese del beneficiario (nei casi di D/NI), ovvero la negazione della deducibilità nel Paese del pagatore (nei casi di D/D) e costituisce una risposta residuale, necessaria per proteggere proprio la base impo- nibile “collettiva”: in ogni caso, viene nuovamente in evidenza la differenza con i fenomeni connessi all’utilizzo di giu- risdizioni offshore o di specifici regimi fiscali di favore. 3. L’Action 2 del BEPS La circolare prosegue con l’esame di dettaglio dell’Action 2 del BEPS, la quale propone raccomandazioni di soft legi- slation in tema di disallineamenti da ibridi che i Paesi dell’Inclusive Framework possono volontariamente introdurre nelle legislazioni domestiche, nonché (per quanto d’interesse) nelle convenzioni contro le doppie imposizioni. In estre- ma sintesi, gli arbitraggi sugli ibridi possono generare una deduzione senza inclusione in tre differenti situazioni, in re- lazione alle quali l’Action 2 individua specifiche reazioni, non del tutto corrispondenti a quelle indicate nell’ATAD 2. La hybrid financial instrument rule che riguarda i disallineamenti che derivano dalle differenze di caratterizzazione di uno strumento finanziario (titoli partecipativi, di debito e derivati) e i disallineamenti derivanti da pagamenti sostitutivi effettuati in ipotesi di “trasferimento ibrido” (c.d. hybrid transfer), nel contesto di transazioni infragruppo o di costru- zioni strutturate (in cui parti terze consapevoli condividano i benefici fiscali). L’OCSE raccomanda, quale regola prima- ria, che il Paese del pagatore neghi la deduzione, oppure - come regola secondaria, applicabile soltanto ove il Paese del debitore non abbia ancora adottato regole anti-ibrido - che il Paese del creditore assoggetti a tassazione il provento. La disregarded payments made by a hybrid rule che concerne i pagamenti eseguiti da un’entità ibrida che sono deduci- 5 Per meglio comprendere la questione la circolare Assonime commenta, ad esempio, il caso della perdita di una stabile orga- nizzazione che è rilevante, in un ordinario regime world wide principle, sia nello Stato in cui la stabile è insediata sia nello Stato di residenza della casa madre. Questa situazione è assolutamente fisiologica e non genera alcun fenomeno di doppia deduzio- ne, tranne nel caso in cui la perdita della stabile organizzazione sia compensata nello Stato di insediamento con un reddito che non è “a doppia inclusione”, come potrebbe avvenire nel caso in cui la perdita della stabile organizzazione venga utilizzata in diminuzione del reddito di un’altra società del gruppo nel contesto di un regime di consolidato, o di altro istituto analogo, cui par- tecipi la stessa stabile organizzazione. Ma tale regola prevede un contemperamento: se nei successivi esercizi la stabile orga- nizzazione produrrà redditi - come tali, imponibili in entrambe le giurisdizioni - il Paese di residenza della casa madre non dovrà assoggettare tali redditi a tassazione fino a concorrenza della perdita il cui utilizzo è stato in precedenza negato. Se ne desume che le regole in esame sono finalizzate a contrastare solo l’utilizzo (patologico) di stabili organizzazioni strutturalmente in perdita (ad esempio, perché altamente indebitate) in Paesi ad alta fiscalità in cui risiedono altre società del gruppo molto profittevoli e in cui sono previsti regimi di tassazione di gruppo.
bili nella sua giurisdizione nella quale l’entità è considerata fiscalmente opaca, ma non sono riconosciuti come paga- menti nella giurisdizione del percettore. Ove questo tipo di disallineamento si generi nel contesto di transazioni infra- gruppo o di costruzioni strutturate, l’OCSE raccomanda che il Paese del pagatore neghi la deduzione, oppure che il Pae- se del creditore assoggetti a tassazione il provento. La payments made to a reverse hybrid rule che attiene ai pagamenti effettuati a favore di un’entità ibrida c.d. inversa: l’OCSE non prevede alcuna regola difensiva secondaria, ma raccomanda unicamente l’applicazione della regola prima- ria e, cioè, che il Paese del pagatore - anche se diverso da quello in cui è domiciliata la società e da quello in cui è resi- dente il socio investitore - neghi la deduzione. Gli arbitraggi sugli ibridi possono, invece, generare una doppia deduzione in due differenti situazioni, cui si associano specifiche reazioni, anch’esse non sempre coincidenti con quelle dell’ATAD 2. Quanto alla prima ipotesi, la deductible payment made by a hybrid rule concerne pagamenti effettuati da un’entità ibrida deducibili sia nella giurisdizione in cui l’entità è localizzata, sia nella giurisdizione del socio investitore. In relazione a tali pagamenti, l’OCSE raccomanda di negare la deduzione nello Stato del socio (regola primaria); oppure di negare la deduzione nel Paese di stabilimento dell’entità ibrida (regola difensiva secondaria). La seconda ipotesi è contemplata dalla deductible payment made by a dual resident rule e riguarda i pagamenti fatti da una entità dual resident deducibili in entrambi gli ordinamenti. In tal caso, la risposta raccomandata, applicabile in via generale e non solo in relazione alle operazioni infragruppo ed agli ac- cordi strutturati, consiste nel negare la deduzione in entrambi i Paesi di residenza. Si configura, infine, un’ipotesi c.d. di indirect D/NI, in presenza degli imported mismatch arrangements e, cioè, in pre- senza dei c.d. arbitraggi “importati” (foreign to foreign): in tal caso, l’unica risposta raccomandata dall’Action 2 con- siste nel negare la deduzione nel Paese del pagatore, sempre che l’operazione si collochi nel gruppo o nel contesto di una costruzione strutturata. In aggiunta, l’OCSE introduce anche in questo caso, come nell’ipotesi di reverse hybrid, una specifica raccomandazione generale, applicabile cioè anche fuori dal gruppo e da un accordo strutturato, che solle- cita gli Stati ad adottare una disciplina CFC idonea a prevenire che i disallineamenti importati possano generare una de- duzione senza inclusione. In sostanza, per ogni tipologia di schema, il Report OCSE raccomanda, normalmente, due diverse modalità di interven- to (una risposta primaria e una risposta secondaria) gerarchicamente ordinate ed entrambe necessarie per neutralizza- re gli ibridi nei casi in cui una delle giurisdizioni coinvolta nell’arbitraggio non si sia dotata di regole equivalenti. Peral- tro, la risposta primaria è sempre attribuita al Paese ritenuto “danneggiato” e, cioè, al Paese del pagatore nei casi di D/NI e al Paese dell’investitore nei casi di D/D. Tuttavia, occorre porre attenzione al fatto che non sempre è prevista anche una risposta secondaria, quella finalizzata, cioè, in seconda battuta, a proteggere la base imponibile “collettiva” e ad impedire comunque che si realizzino gli effetti dell’ibrido. Precisamente, la risposta secondaria manca in relazione ai casi di reverse hybrid e di imported hybrid, ai casi cioè che, in mancanza di risposta primaria, produrrebbero effetti di distoglimento di profitti foreign to foreign. In tali ipotesi, infatti, l’OCSE suggerisce di contrastare il fenomeno appli- cando preventivamente una forte disciplina CFC, in grado di attrarre nella giurisdizione della controllante tutti i redditi ordinari, compresi gli active income, che, potenzialmente, transitando attraverso un reverse hybrid o nel contesto di un imported hybrid, possono essere “distolti”. L’OCSE propone anche un criterio di priorità della CFC (o di analogo regi- me impositivo) sulle stesse regole primarie antibridi, prevedendo che la giurisdizione del pagatore sospenda la propria risposta primaria nella misura in cui i pagamenti in questione siano assoggettati a tassazione presso l’investitore. 4. Le Direttive ATAD L’esame della tematica da parte di Assonime prosegue, poi, la disciplina UE anti-ibridi, contenuta nella Direttiva ATAD 2, che ha modificato sul punto le precedenti disposizioni dell’ATAD 1, ampliando in particolare il previgente art. 9 della Direttiva ATAD 1 relativo agli hybrid mismatch, peraltro applicabile solo tra Stati membri. L’ATAD 2 in- tende affrontare “l’intera gamma dei fenomeni di doppia deduzione al fine di impedire ai contribuenti di sfruttare le la- cune rimanenti”, come espressamente chiarisce il Considerando 7. Le disposizioni dell’ATAD 2 hanno, infatti, un peri- metro applicativo molto ampio: oltre ai disallineamenti derivanti da strumenti ed entità ibridi (compreso il reverse hy- brid), da trasferimenti ibridi (hybrid transfer), da disallineamenti “importati” (imported mismatch) e dai casi di dual re- sident (c.d. tax residency mismatch), prevedono un’apposita disciplina anche per altre tipologie di disallineamento, che invece non sono considerate nell’Action 2. In particolare, la Direttiva ATAD 2 introduce ulteriori ipotesi di disallinea- mento da ibridi, prevedendo che i fenomeni di doppia esenzione o di esenzione senza inclusione (diretta o indiretta) debbano essere contrastati anche ove siano la conseguenza di possibili differenze tra singole giurisdizioni in ordine alle regole di riconoscimento dello status di una stabile organizzazione o a quelle di allocazione dei redditi tra stabile or- ganizzazione e casa madre o tra più stabili organizzazioni (hybrid permanent establishment mismatchs). Comunque, an- che l’ATAD 2 prevede di contrastare i fenomeni di disallineamento da ibridi imponendo agli Stati membri regole di reazione simili all’Action 2. Queste regole si applicano anche in caso di disallineamenti concernenti l’allocazione di redditi e di spese tra articolazioni diverse della stessa impresa (e, quindi, tra casa madre e stabile organizzazione o fra due o più stabili organizzazioni). In particolare, nei casi di stabile organizzazione disconosciuta è lo Stato membro di residenza del contribuente a dover assoggettare a tassazione il reddito altrimenti allocato presso la stabile. Viene consi- derato e affrontato anche il caso in cui il foreign tax credit per le withholding tax subite su un trasferimento ibrido sia ri- conosciuto a favore di più di una delle parti interessate: lo Stato membro del contribuente dovrà riconoscere detto credi-
to in proporzione al reddito netto imponibile relativo a tale pagamento 6. Le menzionate regole di reazione fissate nell’art. 9 della Direttiva sono di applicazione generale ma nei rapporti tra Stati membri dovrebbe, di norma, trovare applicazione esclusivamente la risposta primaria, tenuto conto che, all’interno dell’UE, tutti sono tenuti a recepire e ad ottemperare alle Direttive. Solo per la reverse hybrid e l’imported hybrid sono previste specifiche azioni che, in parte, si discostano da quelle OCSE le quali prevedono un’unica risposta primaria, an- corché destinata ad essere sterilizzata dall’imputazione del relativo reddito al socio in applicazione della disciplina CFC. In particolare, alla reverse hybrid è dedicato l’art. 9-bis dell’ATAD 2, con il quale si prevede che, ove un’entità - trasparente nello Stato membro in cui è costituita o localizzata - sia partecipata da una o più entità (che globalmente ne detengono, direttamente o indirettamente, il controllo) residenti in una o più giurisdizioni che, invece, la considerano opaca, lo Stato membro in cui essa è costituita o localizzata è tenuto ad assoggettare ad imposizione il suo reddito “nella misura in cui quest’ultimo non è altrimenti soggetto a imposta a norma delle leggi dello stato membro o di qualsiasi al- tra giurisdizione”. La Direttiva prevede, quindi, che il reddito della reverse hybrid europea, sia tassato nello Stato mem- bro di costituzione o insediamento (in quanto Stato della fonte ritenuto “danneggiato”), senza quindi prevederne l’imputazione al socio in applicazione di una disciplina CFC. L’ipotesi dell’imported hybrid (Indirect D/NI) è regolata dall’art. 9: in tal caso è previsto che lo Stato membro debba negare la deduzione di un pagamento nella misura in cui es- so “finanzi, direttamente o indirettamente, spese deducibili che generano un disallineamento da ibridi ... salvo se una delle giurisdizioni coinvolte nella transazione o serie di transazioni ha effettuato un adeguamento equivalente rispetto al disallineamento da ibridi in questione” e senza che sia prevista l’imputazione per trasparenza del reddito presso la con- trollante. La disamina della circolare si sofferma, peraltro, su alcuni aspetti di fondo a carattere più generale, stante il fatto che la regolamentazione anti-ibridi dell’ATAD 2 è una disciplina cogente per tutti gli Stati UE, i suoi precetti sono vincolanti ed il loro eventuale inadempimento è sanzionabile. Ne consegue che il contribuente deve poter disporre di adeguati strumenti giuridici che gli consentano di dimostrare che i tipici effetti dei fenomeni ibridi non si sono in concreto verifi- cati. Pertanto è necessario, in sede di recepimento di questa Direttiva, approntare le opportune e dovute forme di con- traddittorio preventivo tra Fisco e contribuente. Ma la riflessione dell’Assonime va oltre e sottolinea anche l’opportunità, ad esempio, di istituire un apposito elenco pubblico, da aggiornare periodicamente ed in modo sistemati- co, degli Stati che hanno introdotto e/o implementato analoghe normative nazionali anti-ibridi. 5. L’attuazione dell’ATAD in Italia Le considerazioni sopra richiamate, su cui si diffonde la più volte citata circolare, sono anche in gran parte riflesse nello schema di Decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2016/1164 recante norme contro le pratiche di elusione fi- scale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno, come modificate dalla Direttiva 2017/952 rela- tivamente ai disallineamenti da ibridi con i Paesi terzi 7. Lo schema di Decreto affronta la questione nel Capo IV agli ar- ticoli da 6 a 11, innanzitutto dando una ampia ed esaustiva definizione normativa di tutto il glossario tecnico sotteso alle nuove norme da disallineamento a doppia deduzione o deduzione senza inclusione, ecc. Merita menzione, tra l’altro, la definizione di “disallineamento da ibridi” e quella di “accordo strutturato”, cioè un accordo che “determina un disalli- neamento da ibridi in cui l’impatto economico del disallineamento è stato valutato nella negoziazione dei termini dell’accordo ovvero un accordo finalizzato a produrre un disallineamento da ibridi, salvo che il contribuente o un’impresa associata possa ragionevolmente non essere consapevole di tale disallineamento e non abbia condiviso il va- lore del beneficio fiscale risultante dal disallineamento da ibridi”. Al riguardo, la norma opportunamente precisa che, in ogni caso, un componente negativo di reddito sostenuto in base alle previsioni contrattuali che regolano uno strumento finanziario ovvero un trasferimento ibrido non genera un disallineamento da ibridi se lo sgravio fiscale concesso nella giurisdizione del beneficiario è dovuto esclusivamente allo status fiscale di quest’ultimo o al fatto che lo strumento è soggetto ai termini di un regime fiscale speciale. Analoga precisazione viene fatta per il caso in cui un componente ne- gativo di reddito sostenuto a favore di un’entità ibrida genera un effetto di deduzione senza inclusione, ribadendo che non si “determina un disallineamento da ibridi laddove la deduzione senza inclusione si sarebbe verificata in ogni caso a causa dello status di esenzione dall’imposta del beneficiario a norma delle leggi della sua giurisdizione di residenza ov- vero di localizzazione”. Viene, altresì, accuratamente trattata la fattispecie della stabile organizzazione disconosciuta e quella delle operazioni intervenute tra la sede centrale e la stabile organizzazione ovvero tra due o più stabili organizzazioni, in cui si genera una deduzione senza inclusione se tale disallineamento origina dal fatto che il corrispondente componente positivo di reddito non è riconosciuto come tale in base alle leggi della giurisdizione del beneficiario. Anche in questa situazione viene richiamato il concetto che non si determina un disallineamento da ibridi “qualora la deduzione senza inclusione si sarebbe verificata in ogni caso a causa dello status di esenzione dall’imposta del beneficiario a norma delle leggi della 6 Al riguardo, la circolare Assonime evidenzia come proprio in relazione a trasferimenti ibridi che possono generare eccedenze di credito di imposta, il Considerando 23 dell’ATAD 2 in via generale - e, quindi, anche per le operazioni che non avvengono nel gruppo o nel contesto di un accordo strutturato - prevede la possibilità di applicare, in via di principio e con un approccio case by case la disciplina antielusiva a carattere generale conforme alla GAAR. 7 Approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri dell’8 agosto 2018 e, al momento di andare in stampa, all’esame del- le competenti Commissioni parlamentari (Atto del Governo 042). http://www.camera.it/leg18/682?atto=042&tipoAtto=Atto&idLegislatura=18&tab=2#inizio.
sua giurisdizione di residenza ovvero di localizzazione”. Rilevante è l’ampia definizione di impresa associata che, per certi aspetti in modo innovativo, richiama e collega i termini di impresa, entità, individuo e soggetto passivo. Al riguardo viene anche sottolineato che “se un individuo o un’entità detiene direttamente o indirettamente nel patrimonio di un soggetto passivo e in una o più entità una parteci- pazione pari o superiore al 50 per cento”, tutte le entità interessate ed il soggetto passivo sono considerati imprese asso- ciate. La predetta percentuale, poi, rileva a partire dal 25% nelle situazioni di deduzione senza inclusione afferenti ad uno strumento finanziario ovvero ad un trasferimento ibrido. Tra le altre specifiche previsioni, merita segnalare quella che attiene al fenomeno della doppia deduzione di componenti negativi di reddito qualora tale deduzione sia stata ne- gata al soggetto passivo: se il soggetto, in periodi d’imposta successivi, consegue un reddito imponibile per il tramite di una stabile organizzazione all’estero ovvero di una società controllata non residente per la quale è stata esercitata l’opzione del consolidato mondiale, tale reddito è escluso da imposizione fino a concorrenza dell’ammontare dei costi la cui deduzione è stata negata e, in tal caso, l’imposta estera relativa al componente di reddito escluso da imposizione non rileva ai fini del credito d’imposta per imposte pagate all’estero. Gli articoli successivi dal 7 al 10, poi, regolano nel merito la disciplina del disallineamento da ibridi sul presupposto della giurisdizione che di volta in volta pertiene allo Stato italiano ai fini dell’applicazione delle misure primarie o se- condarie, nonché la disciplina dei disallineamenti da ibridi inversi e quelli da residenza fiscale. Al riguardo, da una prima lettura, meritano un cenno alcune previsioni specifiche come quella relativa ai rapporti di pronti contro termine su titoli e valute ed alle operazioni che producono analoghi effetti economici aventi ad oggetto obbligazioni e titoli si- milari o titoli atipici, per cui “il credito per le imposte estere spetta in misura corrispondente alla differenza positiva tra il provento cui detto credito si ricollega e l’onere finanziario relativo alle suddette operazioni”. Così pure l’indicazione espressa che la disciplina dei disallineamenti da ibridi diversi non si applica agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) istituiti in Italia ed ivi autorizzati al collocamento, che sono esenti dalle imposte sui redditi ai sensi del comma 5-quinquies dell’art. 73 del T.U.I.R. 6. Conclusioni Come si è cercato di evidenziare dalla disamina dell’Assonime, ma anche dallo schema di Decreto legislativo di attua- zione della Direttiva ATAD in Italia, queste nuove discipline anti-ibridi che le singole giurisdizioni devono introdurre in tempi brevi dovranno essere prese cum grano salis, nel senso che si tratta di misure introdotte che hanno comunque l’obiettivo di contrastare fenomeni “patologici”. Infatti, in linea di principio, hanno una finalità che è nel contempo dis- suasiva e preventiva: dissuasiva, perché tendono a porre fine ai fenomeni verificatisi nel passato, ormai ben conosciuti a livello internazionale e, perciò, d’ora in poi non più utilizzati o in fase di esaurimento; preventiva, perché devono servire a scoraggiare chi ritenesse di ideare nuove e più sofisticate strategie abusive. Questa riflessione è importante, posto che in passato certe pianificazioni fiscali aggressive erano divenute una sorta di prodotto, quasi una commodity disponibile sui mercati, in particolare quelli finanziari, con il rischio di generare impatti economici potenzialmente mol- to rilevanti. Un altro aspetto di rilievo, sopra richiamato, è quello relativo al complesso coordinamento tra le misure di contrasto agli ibridi e i regimi CFC nell’ottica OCSE e nella prospettiva UE, nel cui ambito le Direttive costituiscono un obbligo giuridico del tutto vincolante per gli Stati membri. Infatti, nell’Unione Europea, le misure anti-abuso delle Direttive ATAD 1 e ATAD 2 operano su di un piano diverso, quasi parallelo, rispetto alla disciplina CFC e si affiancano a norme quali quelle apportate dalla recente Direttiva per lo “scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica” (c.d. DAC 6) 8 e alle disposizioni di presi- dio contro le pratiche di harmful tax competition, che consentono di ottenere una buona copertura contro eventuali arbi- traggi effettuati a svantaggio delle basi imponibili dei Paesi UE. Talché, le misure di contrasto agli ibridi si coordinano, piuttosto, con la clausola generale antiabuso (GAAR), che assume in questo nuovo contesto una funzione residuale di chiusura del sistema, assicurando il contrasto delle lacune che non sono neutralizzate dalle altre misure. Inoltre, è il caso di segnalare che il regime antiabuso previsto nel nostro ordinamento dall’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contri- buente si presenta del tutto conforme alla definizione della GAAR, così come delineata dall’art. 6 dell’ATAD 1 al ri- guardo, pertanto, non occorre una norma di adeguamento di quella vigente, la quale, peraltro, esclude la rilevanza pena- le delle fattispecie abusive. Infine, non sembri ridondante fare ancora un richiamo al principio in base al quale non rientrano nell’ambito applicativo dell’Action 2 e dell’ATAD 2 i fenomeni di deduzione senza inclusione o di doppia deduzione nei quali non è possibile individuare una costruzione ibrida in quanto derivano dalla mera fruizione di appositi regimi fiscali di favore accordati da una determinata giurisdizione. Questo è molto importante perché la dinamica della legittima competizione fiscale in- 8 DIRETTIVA (UE) 2018/822 DEL CONSIGLIO del 25 maggio 2018 recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all'obbligo di no- tifica. La Direttiva nei considerando ricorda come “taluni intermediari finanziari e altri fornitori di consulenza finanziaria sembrino aver aiutato attivamente i loro clienti a nascondere denaro offshore”. Inoltre, “la comunicazione di informazioni sui meccanismi transfrontalieri di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva può contribuire in modo efficace agli sforzi per la creazione di un ambiente di tassa- zione equa nel mercato interno”. I nuovi obblighi ricadono, infatti, sugli intermediari ma anche sullo stesso contribuente qualora manchi l’intermediario o lo stesso non osservi tali obblighi di comunicazione. Gli Stati membri devono adottare e pubblicare, entro il 31 dicembre 2019, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla Direttiva e devono applicare tali disposi- zioni a decorrere dal 1° luglio 2020, ancorché in relazione alle operazioni avviate a partire dal 25 giugno 2018!
ternazionale fra gli Stati è in continua evoluzione, basti pensare, ad esempio, alla proposta annunciata dalla Cina il 30 agosto 2018 di introdurre un regime di esenzione per tre anni dall’imposta sul reddito delle società e dall’IVA per il reddito da interessi derivante, agli investitori esteri, da investimenti in bond quotati sul mercato cinese.
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