Gli interventi per gli studenti delle università e il diritto allo studio universitario

Pagina creata da Christian Di Pietro
 
CONTINUA A LEGGERE
Gli interventi per gli studenti delle università e il diritto allo studio universitario
Gli interventi per gli studenti delle università e il diritto allo
studio universitario

7 maggio 2020

    I più recenti interventi riguardanti gli studenti universitari sono stati adottati a seguito dell'emergenza
 sanitaria Coronavirus (COVID-19) e sono stati volti, fra l'altro, a garantire gli stessi da eventuali effetti
 pregiudizievoli derivanti dalla sospensione delle attività didattiche in presenza. Ulteriori interventi relativi ai
 corsi di laurea delle professioni sanitarie e ai corsi di laurea e di specializzazione in medicina sono stati
 finalizzati a fronteggiare le particolari condizioni di sofferenza del Servizio sanitario nazionale.
    In materia di diritto allo studio universitario, i principali interventi attuati negli ultimi anni sono stati
 indirizzati, in particolare, ad aumentare le risorse del Fondo integrativo statale per la concessione delle
 borse di studio, al fine di ridurre il numero degli studenti c.d. "idonei non beneficiari", e a prevedere
 l'esonero o la graduazione dei contributi universitari a favore degli studenti in maggiore difficoltà
 economica.
    La VII Commissione della Camera sta esaminando una proposta di legge che amplia la platea degli
 studenti esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale e prevede che la borsa di
 studio è concessa a tutti gli studenti aventi i requisiti di eleggibilità.

  Le misure adottate a seguito dell'emergenza Coronavirus (COVID-19)

  Il D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 (L. 13/2020), allo scopo di evitare la diffusione del COVID-19, nei comuni o
nelle aree nei quali risultava positiva almeno una persona per la quale non si conosceva la fonte di
trasmissione o comunque nei quali vi era un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area
già interessata dal contagio del virus, aveva previsto la possibilità di sospensione, con DPCM, del
funzionamento degli istituti di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività
formative svolte a distanza (artt. 1, co. 2, lett. d), e 3).

A seguire, erano intervenuti vari DPCM che avevano progressivamente dettagliato ed esteso, in termini temporali e
territoriali, tali previsioni.
In particolare, il DPCM 8 marzo 2020 aveva sospeso, su tutto il territorio nazionale, fino al 15 marzo 2020, la
frequenza delle attività di formazione superiore, comprese le università, i master, e le università per anziani, e ad
esclusione dei corsi post universitari connessi con l'esercizio di professioni sanitarie, inclusi quelli per i medici in
formazione specialistica, i corsi di formazione specifica in medicina generale e le attività dei tirocinanti delle
professioni sanitarie (art. 2, co. 1, lett. h)).
Sempre in base al DPCM 8 marzo 2020, per tutta la durata della sospensione, le attività didattiche o curriculari
potevano essere svolte, ove possibile, con modalità a distanza, individuate dalle medesime università, avuto
particolare riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità. Successivamente al ripristino
dell'ordinaria funzionalità, le università dovevano assicurare, laddove ritenuto necessario, ed in ogni caso
individuandone le relative modalità, il recupero delle attività formative, nonché di quelle curriculari, ovvero di ogni
altra prova o verifica, anche intermedia, che risultassero funzionali al completamento del percorso didattico. Le
assenze maturate dagli studenti non erano computate ai fini della eventuale ammissione ad esami finali, nonché ai
fini delle relative valutazioni (art. 2, co. 1, lett. n) e o)).
A sua volta, il DPCM 9 marzo 2020 aveva esteso all' intero territorio nazionale le misure previste (per la regione
Lombardia e altre 14 province) dall'art. 1 del medesimo DPCM 8 marzo 2020, valide fino al 3 aprile 2020, fra cui
sempre la sospensione della frequenza delle attività di formazione superiore, comprese le università, i master, i
corsi per le professioni sanitarie e le università per anziani, e ad esclusione dei corsi per i medici in formazione
specialistica e dei corsi di formazione specifica in medicina generale, nonché delle attività dei tirocinanti delle
professioni sanitarie.
Successivamente, il D.L. 25 marzo 2020, n. 19 ha previsto che, su specifiche parti o, occorrendo, su tutto
il territorio nazionale, può essere disposta, con DPCM, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non
superiore a 30 giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020 (termine dello stato di
emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020), e con possibilità di
modularne l'applicazione in aumento, ovvero in diminuzione secondo l'andamento epidemiologico del virus,
la sospensione delle attività delle istituzioni di formazione superiore, comprese le università, di master,
corsi per le professioni sanitarie e università per anziani, ferma la possibilità del loro svolgimento con
modalità a distanza (art. 1, co. 2, lett. p) e art. 2, co. 1).
   Ha, altresì, previsto (art. 5, co. 1) l'abrogazione, salvo alcune disposizioni, del D.L. 6/2020, facendo però
salvi gli effetti prodotti sulla base dei DPCM emanati ai sensi dello stesso D.L. e disponendo che
continuavano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con gli stessi DPCM
(art. 2, co. 3).

In attuazione, era, anzitutto, intervenuto il DPCM 1 aprile 2020, che aveva prorogato fino al 13 aprile 2020 l'efficacia
delle disposizioni dei DPCM 8 e 9 marzo 2020.
Successivamente, era intervenuto il DPCM 10 aprile 2020, che aveva, di fatto, prorogato la sospensione, fino al 3
maggio 2020, delle medesime disposizioni, disponendo, altresì, che, dal 14 aprile 2020 cessavano di produrre
effetti, fra gli altri, i DPCM 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 1° aprile 2020 (art. 1, co. 1, lett. k), n), o), e art. 8, co. 1 e
2).
Da ultimo, è intervenuto il DPCM 26 aprile 2020 le cui disposizioni si applicano, dal 4 maggio 2020, in sostituzione
di quelle del DPCM 10 aprile 2020 e sono efficaci fino al 17 maggio 2020. Il nuovo DPCM, confermando quanto
già previsto, da ultimo, dal DPCM 10 aprile 2020, dispone che, dal 4 maggio 2020, nelle università possono essere
svolti esami, tirocini, attività di ricerca e di laboratorio sperimentale e/o didattico ed esercitazioni, ed è altresì
consentito l' utilizzo di biblioteche, a condizione che vi sia un'organizzazione degli spazi e del lavoro tale da
ridurre al massimo il rischio di prossimità e di aggregazione e che vengano adottate misure organizzative di
prevenzione e protezione, contestualizzate al settore della formazione superiore e della ricerca, anche avuto
riguardo alle specifiche esigenze delle persone con disabilità, di cui al « Documento tecnico sulla possibile
rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di
prevenzione» pubblicato dall'INAIL. A tali fini, le università assicurano la presenza del personale necessario (artt. 1,
co. 1, lett. k), n), o), e 10, co. 1).

  Nel frattempo, il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (L. 27/2020: art. 101, co. 1 e 5) ha inteso, anzitutto, garantire
gli studenti universitari da eventuali effetti pregiudizievoli derivanti dalla sospensione delle attività
didattiche in presenza.
  In particolare, ha previsto – in deroga alle disposizioni dei regolamenti di ateneo – che la data ultima per lo
svolgimento dell'ultima sessione delle prove finali dell'anno accademico 2018/2019 per il conseguimento
del titolo di studio è il 15 giugno 2020. Ha disposto, inoltre, che è conseguentemente prorogato ogni altro
termine connesso all'adempimento di scadenze didattiche o amministrative funzionali allo svolgimento delle
stesse prove.
  Inoltre, ha previsto che le attività formative svolte con modalità a distanza sono valide ai fini del
computo dei crediti formativi universitari (CFU), previa attività di verifica dell'apprendimento, nonché ai fini
dell'attestazione della frequenza obbligatoria.

In argomento, rispondendo, il 31 marzo 2020, all'interpellanza urgente 2-00694, il rappresentante del Governo
aveva fatto presente che "ad un solo mese dall'inizio dell'emergenza relativa al COVID19, gli atenei italiani sono
riusciti a trasferire sulle piattaforme a distanza ben 62 mila insegnamenti, cioè una percentuale che arriva al 94 per
cento dei corsi universitari. Alla data del 20 marzo, inoltre, risultano essere stati svolti con modalità a distanza
70.500 esami di profitto e circa 26 mila lauree. Nello stesso periodo - ci si riferisce dunque a dati che risalgono ad
oltre dieci giorni fa - ben 1,2 milioni di studenti universitari, pari all'80 per cento del totale, hanno concretamente
avuto accesso alla didattica on line".

 Infine, per fronteggiare le particolari condizioni di sofferenza del Servizio Sanitario Nazionale, lo stesso
D.L. 18/2020 ha disposto che:

     la laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e chirurgia (classe LM/41) diviene abilitante all'esercizio
     della professione di medico-chirurgo, previa acquisizione dell'idoneità conseguita al termine di un
     tirocinio pratico-valutativo di 3 mesi, da svolgere nell'ambito del corso di laurea medesimo. Sono state
     introdotte, altresì, disposizioni transitorie valide, in particolare, per gli studenti iscritti al suddetto corso
     di laurea alla data di entrata in vigore del decreto-legge e per i laureati in medicina e chirurgia il cui
     tirocinio non è stato svolto all'interno del corso di studi. Infine, sono state previste modalità semplificate
per l'adeguamento degli ordinamenti didattici dei corsi di studio della laurea magistrale a ciclo unico in
    Medicina e chirurgia, a decorrere dall'a.a. 2020/2021 (art. 102, co. 1-4).
In attuazione di quest'ultima previsione, è intervenuto il DM 2 aprile 2020, n. 8, recante l'adeguamento
dell'ordinamento didattico della classe LM/41 - Medicina e Chirurgia di cui al DM 16 marzo 2007;

    l'esame finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea nelle professioni sanitarie della
    riabilitazione, tecniche e della prevenzione (L/SNT/2, L/SNT/3 e L/SNT/4), e alle classi di laurea nelle
    professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche (L/SNT/1), limitatamente alla seconda sessione
    dell'a.a. 2018-2019, può essere svolto con modalità a distanza e la prova pratica può svolgersi,
    previa certificazione delle competenze acquisite a seguito del tirocinio pratico svolto durante il corso di
    studio, secondo le modalità alternative di cui al punto 2 della circolare del Ministero della salute e del
    Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 30 settembre 2016 e, cioè, tramite una prova
    con domande a risposta chiusa e a risposta aperta su casi clinici o situazioni paradigmatiche della
    pratica professionale. Inoltre, per la durata dell'emergenza, qualora il riconoscimento di una qualifica
    professionale per l'esercizio di una professione sanitaria è subordinato allo svolgimento di una prova
    compensativa, questa può essere svolta con modalità a distanza e la prova pratica può svolgersi
    secondo le medesime modalità alternative sopra indicate (art. 2-ter, co. 4, e art. 102, co. 5);
    i medici specializzandi iscritti regolarmente all'ultimo e al penultimo anno di corso della scuola di
    specializzazione, ai quali, durante lo stato di emergenza, il Servizio sanitario nazionale può conferire
    incarichi individuali a tempo determinato, restano iscritti alla scuola di specializzazione universitaria e
    continuano a percepire il trattamento economico previsto dal contratto di formazione medico-
    specialistica, integrato dagli emolumenti corrisposti in proporzione all'attività lavorativa svolta. Il periodo
    di attività svolto durante lo stato di emergenza è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al
    conseguimento del diploma di specializzazione. Le università, ferma restando la durata legale del
    corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al
    raggiungimento degli obiettivi formativi previsti (art. 2-ter, co. 5).

  Successivamente, il D.L. 8 aprile 2020, n. 22, ha previsto (art. 6, co. 2) che con decreti del Ministro
dell'università e della ricerca possono essere individuate, fra l'altro, modalità di svolgimento diverse da quelle
ordinarie, ivi comprese modalità a distanza, per le attività pratiche o di tirocinio previste nell'ambito dei
vigenti ordinamenti didattici dei corsi di studio.
In attuazione, è intervenuto il DM 29 aprile 2020, n. 58 recante la definizione delle modalità di svolgimento delle
attività pratiche e laboratoriali obbligatorie e necessarie per il conseguimento dei titoli di studio universitari.

   Il 9 aprile 2020, la VII Commissione della Camera ha svolto una audizione del Ministro dell'università sulle
iniziative di competenza del dicastero per fronteggiare l'emergenza epidemiologica in corso.
   In tale occasione il Ministro, dando atto che il sistema universitario ha saputo rispondere all'emergenza
come una vera e propria infrastruttura strategica del Paese – pur permanendo un digital divide, con
particolare riferimento alla disponibilità di infrastrutture, che va superato –, ha ricordato che è stata rivolta
una specifica attenzione alle esigenze degli studenti con disabilità, grazie alla sensibilizzazione operata dal
MUR nei confronti della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) ed il coinvolgimento della
Conferenza nazionale universitaria dei delegati per la disabilità (CNUDD).
   Inoltre, ha evidenziato come, pur essendo la misura strettamente riconnessa all'autonomia degli atenei,
d'intesa con questi ultimi, è stata dilazionata nel tempo la data di riscossione delle tasse universitarie.
   Ha, inoltre, preannunciato che, nel contesto delle più generali misure di sostegno economico adottate dal
Governo, nonché con il necessario coinvolgimento delle regioni, in considerazione della loro prevalente
competenza, si valuterà l'adozione di iniziative a tutela del diritto allo studio, con specifico riferimento, fra
l'altro, a borse di studio, estensione della c.d. no tax area, ulteriori premialità a sostegno del merito
universitario, sostegno agli affitti degli studenti fuori sede.
   Sarà, inoltre, valutata l'adozione di misure a tutela degli studenti che partecipano ai percorsi Erasmus e
saranno valutate le questioni connesse alla presenza di studenti stranieri presso gli atenei italiani.
   Altresì, si cercherà di sull'aumento del numero di borse di specializzazione, di valutare l'ampliamento
della rete formativa e di trasformare la formazione dei medici di medicina generale in una nuova
specializzazione.
   L'audizione si è conclusa con la replica il 22 aprile 2020.
Il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie

    In base al d.lgs. 68/2012 (art. 18, come modificato dall'art. 2, co. 2-ter, del D.L. 104/2013- L. 128/2013),
nelle more della completa definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dell'attuazione delle
disposizioni in materia di federalismo fiscale (d.lgs. 68/2011) –, al fabbisogno finanziario necessario per
garantire gli strumenti ed i servizi per il pieno successo formativo a tutti gli studenti capaci e meritevoli,
anche se privi di mezzi, si provvede attraverso:

       un Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, da assegnare in misura
       proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni;
       il gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio, il cui importo è articolato in tre fasce
       (a seconda della condizione economica dello studente);
       risorse proprie delle regioni, pari almeno al 40% dell'assegnazione del Fondo integrativo statale.

  1)      L'incremento delle risorse

   Negli ultimi anni, si è registrato, anzitutto, un costante intervento finalizzato ad aumentare le risorse del
Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie, al fine di ridurre il numero
degli studenti c.d. "idonei non beneficiari", ossia di studenti che, per mere ragioni legate alla insufficienza dei
fondi, non si vedono riconosciuti i benefici, pur rientrando pienamente in tutti i requisiti di eleggibilità per
l'accesso agli stessi.
    Da ultimo, la L. di bilancio 2020 (L. 160/2019 : art. 1, co. 265) ha incrementato il Fondo di € 31 mln per
il 2020.

   Il Fondo, allocato sul cap. 1710 dello stato di previsione del soppresso MIUR, è passato da uno
stanziamento di € 149,2 mln per il 2013 a uno stanziamento di € 267,8 mln per il 2020, con un incremento
percentuale del 79,4%.

In particolare, il Fondo integrativo statale è stato incrementato:
- di complessivi € 150 mln dal 2014 (art. 2, D.L. 104/2013 – L. 128/2013 e art. 1, co. 259, L. 147/2013 - legge di
stabilità 2014);
- di € 54,75 mln per il 2016 e di € 4,75 mln annui dal 2017 (art. 1, co. 254, L. 208/2015 - legge di stabilità 2016);
- di (ulteriori) € 50 mln annui a decorrere dal 2017 (art. 1, co. 268, L. 232/2016 - legge di bilancio 2017);
- di € 20 mln annui, a decorrere dal 2018 (art. 1, co. 636-637, L. 205/2017 - legge di bilancio 2018);
- di € 10 mln per il 2019 (art. 1, co. 981, L. 145/2018 - legge di bilancio 2019);
- di € 31 mln per il 2020 (art. 1, co. 265, L. 160/2019 - legge di bilancio 2020)

  Si ricorda che il D.L. 104/2013 (L. 128/2013: art. 2) aveva previsto che il 3% delle somme nella
disponibilità dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalità organizzata (art. 48, co. 1, d.lgs. 159/2011) è destinata al medesimo Fondo.
Al riguardo, il rappresentante dell'allora Governo, rispondendo nell'Assemblea della Camera, il 15 novembre 2017,
all 'interrogazione a risposta immediata 3-03353, aveva fatto presente che "le vigenti disposizioni prevedono un
complesso meccanismo contabile. L'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e
confiscati alla criminalità organizzata, vigilata dal Ministero dell'Interno, versa quanto confiscato al Fondo unico per
la giustizia, gestito da Equitalia Giustizia Spa. Quest'ultima storna le somme in conto entrate al bilancio dello Stato
per essere riassegnate con decreto del MEF allo stato di previsione della spesa del Ministero della Giustizia. Il 3
per cento del totale delle somme indicate deve confluire nel Fondo integrativo statale che, con apposito DPCM, su
proposta del MIUR, viene ripartito tra le regioni.
Tale complessità del sistema, che coinvolge una pluralità di soggetti istituzionali ai fini dell'attuazione completa della
norma, ha comportato, ad oggi, un ritardo dell'integrazione del Fondo.
A questo si aggiunga che, a decorrere dall'entrata in vigore della norma e per gli anni precedenti, nessuna delle
amministrazioni interessate, ivi compreso il MIUR, che poteva avere un ruolo propositivo, si è resa parte attiva per
l'avvio di un procedimento già così complesso. Ora il MIUR si è attivato per sollecitare l'attuazione della norma e
ottenere nel più breve tempo possibile e, segnatamente, già in sede di assestamento di bilancio per l'anno 2018, il
risultato concreto necessario".

  A seguire, tuttavia, non si sono registrate novità.
2)    Gli interventi riorganizzativi

    Dal punto di vista organizzativo, la L. di bilancio 2017 (L. 232/2016: art. 1, co. 271) ha disposto che, nelle
more dell'emanazione del decreto interministeriale che, ai sensi del d.lgs. 68/2012 (art. 7, co. 7), deve
definire i criteri e le modalità di riparto del Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio,
l'assegnazione dello stesso avviene in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni,
definito con decreto interministeriale (MIUR-MEF), previo parere della Conferenza Stato regioni.
   E', conseguentemente, intervenuto il D.I. 798 dell'11 ottobre 2017 – adottato d'intesa con la Conferenza
Stato-regioni – il cui art. 7 ha stabilito che lo stesso "ha vigenza triennale a partire dall'anno 2017 e,
comunque, fino all'emanazione dei decreti attuativi di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 68/2012".

   Aveva, altresì, previsto (art. 1, co. 269) che, ai fini della gestione delle risorse del Fondo, ciascuna regione
doveva razionalizzare l'organizzazione degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio mediante
l'istituzione di un unico ente erogatore dei medesimi servizi. Tale previsione costituiva principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica (art. 1, co. 270).
   Infine, aveva previsto (art. 1, co. 272) che le risorse del Fondo dovevano essere attribuite direttamente
al bilancio dell'ente regionale erogatore dei servizi per il diritto allo studio entro il 30 settembre di ogni
anno.

  Successivamente, con sentenza 87/2018, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 1, co. 269, 270 e 272 della L. 232/2016, in quanto la previsione, puntuale e non
transitoria, di organizzazione del sistema di erogazione dei servizi per il diritto allo studio attraverso un unico
ente regionale incideva su ambiti afferenti alla competenza legislativa regionale, quali l'"organizzazione
amministrativa della regione" (sentenze 293/2012, 95/2008 e 387/2007) e il "diritto allo studio" (sentenze
2/2013, 61/2011, 299/2010, 134/2010, 50/2008, 300/2005 e 33/2005).
  Ha, altresì, dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, co. 271, della stessa L. 232/2016 nella parte in
cui prevede che il decreto interministeriale che determina i fabbisogni finanziari regionali è adottato previo
parere della Conferenza Stato-regioni, anziché previa intesa con la stessa.
Al riguardo, la Corte ha sottolineato che, sebbene il decreto interministeriale sia stato, di fatto, adottato previa intesa
con la Conferenza Stato-Regioni, ciò non ha inciso sulla materia del contendere, poiché la disposizione impugnata,
sebbene di natura transitoria, può trovare applicazione sino all'adozione del decreto di cui all'art. 7, co. 7, del d.lgs.
68/2012, con il quale, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono stabiliti i criteri di riparto del Fondo integrativo
statale. In particolare, ha evidenziato che la determinazione dei fabbisogni regionali è strettamente collegata e
prodromica al riparto delle risorse del Fondo statale, ma l'art. 1, co. 271, della L. 232/2016 prevede che sia
effettuata con il mero parere della Conferenza Stato-Regioni, discostandosi così da quanto previsto per il riparto del
Fondo stesso.

  Focus

 La normativa vigente in materia di diritto allo studio universitario
 https://temi.camera.it/leg18/post/la_normativa_vigente_in_materia_di_diritto_allo_studio_universitario.html

  Le ultime novità in materia di contribuzione studentesca e di diritto allo studio

    La L. di bilancio 2017 (L. 232/2016: art. 1, co. 252-267) ha previsto una ridefinizione della disciplina in
materia di contributi corrisposti dagli studenti iscritti ai corsi di laurea e di laurea magistrale delle università
statali, con l'istituzione, anzitutto, di un contributo annuale onnicomprensivo (che ha assorbito la
pregressa tassa di iscrizione e comprende anche i contributi per attività sportive).
  Inoltre, ha istituito la c.d. "no tax area", prevedendo l'esonero dal pagamento del contributo annuale
onnicomprensivo per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare con ISEE fino a € 13.000, fino al
primo anno fuori corso, purché, nel caso di iscrizione agli anni successivi al primo, conseguano il numero
minimo di crediti formativi universitari (CFU) indicati.
  Ha, poi, fissato i criteri per la determinazione dell'importo massimo del contributo onnicomprensivo
annuale per determinate categorie di studenti, fino ad un ISEE di € 30.000, e ha previsto che gli studenti
dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari di borsa di studio sono esonerati dal
pagamento delle tasse e dei contributi universitari.
   L'importo del contributo onnicomprensivo annuale – che può essere differenziato per i diversi corsi di
laurea e di laurea magistrale – deve essere stabilito nel regolamento in materia di contribuzione studentesca
di ciascuna università statale, che può disporre eventuali ulteriori casi di esonero o graduazione del
contributo per specifiche categorie di studenti.
   In sede di prima applicazione, il regolamento doveva essere approvato entro il 31 marzo 2017 ed entrare
in vigore a decorrere dall'a.a. 2017/2018. Le Istituzioni statali di alta formazione artistica, musicale e
coreutica (AFAM) dovevano adeguare a questa nuova disciplina i propri regolamenti in materia di
contribuzione studentesca entro il 31 marzo 2017.
   La nuova disciplina non si applica alle università non statali, alle università telematiche, alle istituzioni
universitarie ad ordinamento speciale, nonché all'università degli studi di Trento.
   In conseguenza della nuova disciplina sugli esoneri dal pagamento dei contributi universitari, il Fondo per il
finanziamento ordinario delle università statali (FFO) è stato incrementato di € 55 mln per il 2017 e di € 105
mln annui dal 2018.

  Successivamente, il D.L. 50/2017 (L. 96/2017: art. 2-bis) ha esteso l'esenzione IVA ai servizi di vitto e
alloggio forniti agli studenti universitari dagli istituti per il diritto allo studio universitario.

A livello amministrativo, infine, il 25 ottobre 2017 il MIUR aveva comunicato la riattivazione dell' Osservatorio per il
diritto allo studio, previsto dal d.lgs. 68/2012 (art. 20). Il 19 febbraio 2018 il MIUR aveva poi dato conto della prima
riunione dell'Osservatorio.

Qui la sezione dedicata sul sito del MIUR.

  La proposta di legge all'esame della VII Commissione della Camera

  Il 21 marzo 2019 la VII Commissione della Camera ha avviato l'esame dell'A.C. 1211, che amplia la platea
degli studenti esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale e prevede che la borsa di
studio è concessa a tutti gli studenti aventi i requisiti di eleggibilità.

  Leggi il dossier sulla proposta di legge.
Puoi anche leggere