E il parent training a cura di Flavia Caretto

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Autismo e altri DGS
                  collaborazione fra genitori e professionisti
                               e il parent training
                                           a cura di Flavia Caretto

Sommario
 Breve storia della contrapposizione fra genitori e professionisti
 Motivi a sostegno della collaborazione
 Collaborazione nella diagnosi e nella valutazione
 Collaborazione nell’intervento
 Formazione dei genitori e genitori a sostegno dei genitori
La relazione d’aiuto
 Conclusioni e prospettive

Breve storia della contrapposizione fra genitori e
professionisti
I motivi storici della contrapposizione
Identificazione “recente” della sindrome autistica e primi approcci
 teorici all’autismo
Autismo come fenomeno “invisibile” e quindi psicologico
Storico gap di potere nella relazione medico-paziente

Convinzioni storiche                          sulla relazione madre-bambino
 La falsa credenza: l’autismo ha una relazione diretta con il comportamento dei genitori, in particolare
  delle madri: in breve, sono le madri a causare l’autismo del figlio (a partire dagli anni ’40)
 La falsa evidenza: i bambini sono “fisicamente sani”, sono belli (!), i fratelli sono sani (!), i genitori
  sono chiaramente disturbati (!), non esiste una causa organica dell’autismo (e ancora: famiglie altolocate,
  genitori “freddi”)
 La conseguenza erronea: il bambino deve essere allontanato dalla famiglia, deve godere della
  privacy e della sicurezza di buoni sostituti genitoriali, grazie ai quali trovare il coraggio di “aprirsi”
  (psicoterapia)

il circolo vizioso dell’incomprensione: perchè?
Professionista
Paura del   fallimento (il bambino è “oggettivamente” difficile e non so che fare …)
         Paura del   giudizio (pensano che io non sia in grado)
         Necessità   di mantenere la stima di se (sto facendo quello che è meglio)
         Necessità   di attribuire il fallimento all’esterno (non è colpa mia se va male, è colpa loro)
         Necessità   di giustificare le proprie azioni professionali (il mio lavoro si basa su studi autorevoli …)
         …

il circolo vizioso:                  perchè?
Genitore
         Paura del giudizio (pensano che sia colpa mia)
         Ansia per il futuro (cosa succederà? Se va male, chi seguirà il mio bambino?)
         Convinzioni negative “storiche” nei confronti dei professionisti (questo professionista è
          probabilmente incompetente come gli altri)
         Necessità di gestire e controllare ciò che riguarda il figlio (devo essere sicuro che per mio figlio si
          stia facendo il meglio)
         Necessità di essere aiutato e di fidarsi di qualcuno (non posso farcela da solo)
         …

Genitori e professionisti: una motivazione in
comune!
            Ad entrambi interessa il bambino!

Motivi a sostegno della collaborazione
➄ la famiglia è la prima risorsa del bambino
➄ …e, ad oggi, è la principale risorsa della persona con autismo nel tempo
➄ i genitori sono coloro che amano maggiormente il bambino, lo conosco più di
  chiunque e sono responsabili di lui
➄ la motivazione dei familiari ha sollecitato i maggiori cambiamenti sociali,
  culturali e scientifici sull’autismo
➄ il benessere del bambino passa attraverso il benessere dei suoi familiari

Motivi a sostegno della collaborazione
inoltre...
   ➄ 1. l’autismo è un disturbo generalizzato o “pervasivo”: esiste 24 ore su 24, tende a
     perdurare ed è “ambiente-dipendente”
   ➄ 2. uno dei principali problemi di apprendimento nell’autismo è legato alla
     generalizzazione
➄ per cui l’implicazione dei familiari nella valutazione, definizione degli obiettivi
  ed intervento non è solo un diritto…
➄ … ma anche una necessità per ottenere risultati effettivi dall’intervento

Collaborazione: diagnosi e valutazione
                                       Sospetto diagnostico
 Considerazioni
    è il genitore che generalmente nota per primo delle particolarità nello sviluppo del figlio
    Il bambino non può essere osservato o diagnosticato se il genitore non si rivolge ad un Servizio
     diagnostico
    L’intervento precoce ha più probabilità di ottenere buoni risultati
 Conseguenze operative
    I genitori devono essere informati al pari di insegnanti e pediatri, di quali possono essere i primi segni
    È necessario stabilire un’alleanza con i genitori al fine di ottimizzare e rendere precoci le segnalazioni

Collaborazione: diagnosi e valutazione
                                               Valutazione
 Considerazioni
    Non è possibile definire l’intervento da fare senza valutazione
    I genitori conoscono il bambino meglio di chiunque altro e possono mediare la relazione con gli
     osservatori
    La collaborazione con il genitore durante la valutazione facilita la restituzione dei risultati
 Conseguenze operative
    Prima di vedere il bambino è necessario raccogliere informazioni dai genitori
    I genitori devono essere informati in precedenza di ciò che verrà fatto durante la valutazione
    I genitori devono poter osservare la valutazione

Collaborazione: diagnosi e valutazione
                                                  Diagnosi
 Considerazioni
    Il bambino con autismo è “ambiente-dipendente”, per cui non è possibile avere informazioni esaustive su
     di lui senza ricorrere ai familiari
    Una buona comprensione della diagnosi ed una partecipazione attiva del genitore offre al genitore
     l’opportunità di assumere un ruolo attivo nel lavoro successivo
 Conseguenze operative
    Spiegare ai genitori di cosa si tratta e cosa comporta il disturbo dello sviluppo e l’autismo
    Effettuare insieme ai genitori alcuni passi topici della diagnosi (es: ADI – R) e soprattutto discutere
     insieme i criteri del DSM IV
    Essere franchi e diretti (non brutali!) e aiutare la famiglia nel difficile momento che sta vivendo

Collaborazione: intervento
Considerazioni
Il professionista mira ad aiutare il bambino a “funzionare” meglio in
   ambiente naturale
Conseguenze operative
  Il professionista deve mettere in grado i caregiver naturali di interagire
   positivamente con il bambino

Collaborazione: intervento
 Ascoltare le priorità dei genitori
 Definire insieme gli obiettivi
 Implicare attivamente i familiari “nel modo più naturale possibile”
   rispettando il contesto familiare
   preservando affettivamente la casa e il ruolo
   proteggendo il benessere familiare
 Verificare costantemente con i familiari la presenza di cambiamenti e
  progressi e la “spendibilità” ecologica degli apprendimenti

Collaborazione: contesto dell’intervento
 Intervento in un contesto specialistico
   Richiedere l’aiuto del genitore
   Intervenire lasciandosi osservare dal genitore
   Aiutare il genitore ad attuare ciò che ha osservato
   Scambiare feedback su quanto succede
 Intervento a casa
   Aiutare i genitori nell’organizzazione domestica
   Provare a migliorare le capacità di comunicazione e interazione del bambino e dei
    familiari in contesto domestico
   Aiutare  il genitore ad interagire più efficacemente nel contesto domestico

                                  Attenzione!
                                              il genitore
                                                 NON È
                              l’educatore, il riabilitatore, il terapeuta
                                                 bensì
                              è genitore di un bambino speciale
            e come tale necessita di un aiuto speciale per essere un buon genitore.
                    Tutti i genitori si occupano della crescita dei propri figli.
  È possibile confrontarsi con una crescita speciale come quella di un bambino con autismo,
              senza avere informazioni speciali, capacità speciali, un aiuto speciale?
Collaborazione
                            Suggerimenti per il professionista
 Cercare informazioni su quelle che vengono considerate le buone prassi per l’intervento sull’autismo
 Fornire, prima dell’inizio dell’intervento, un’informazione chiara degli obiettivi, dei risultati attesi, delle
  aspettative nei confronti del genitore, e spiegando ciò che farà
 Dare rilievo alle informazioni che il genitore fornisce sul bambino
 Dare rilievo a quelli che sono gli obiettivi del genitore, i suoi sentimenti, le sue paure e le sue speranze
 Accettare di mettere in discussione il proprio punto di vista, e di assumere, almeno momentaneamente,
  quello del genitore
 Mostrargli la terapia, fornirgli testi, invitarlo alle formazioni
 Coinvolgerlo nei propri dubbi, facendolo partecipe dei problemi (senza dargliene il carico!) e discutendo
  insieme i risultati
 Essere consapevole che il bambino non è il proprio figlio, e che la persona che sarà sempre responsabile del
  bambino, e che non è sostituibile, è il genitore

I genitori per i genitori
Niente su di noi…
…senza di noi

Il parent training o la formazione dei genitori
Obiettivi
    Il parent training mira a rendere i genitori consapevoli delle possibilità di
     intervento su una problematica che riguarda i figli o la loro relazione con
     questi
    inoltre fornisce ai genitori la possibilità di sollecitare interventi adeguati da
     parte dei professionisti
    può tendere a creare una rete di auto e mutuo aiuto all’interno di un
     gruppo di persone che ha in comune delle caratteristiche e condivide lo
     stesso linguaggio, gli stessi bisogni e la stessa prospettiva.

Tipologie ed evoluzione
✣ Informazione e formazione informale
✣ Formazione alla famiglia
    ✣ Home training
    ✣ Colloqui in setting clinico
✣ Formazione a gruppi di genitori
    ✣ Su argomenti educativi
✣ Su problematiche di gestione domestica e relazionale
✣ Avvio dell’auto-aiuto

Attività in gruppo
   Si effettua generalmente a partire da incontri tematici che prevedono l’esposizione di un esperto
    (“docente”, “trainer”, “tutor”) su argomenti teorici considerati di rilievo per il miglioramento della qualità
    della vita in famiglia
   Gli argomenti vengono trattati in gruppo secondo la modalità del dibattito, con esempi pratici e la
    possibilità, per i partecipanti, di condividere la propria esperienza e contribuire al dibattito con la
    mediazione del tutor
   Nei gruppi è generalmente prevista la partecipazione, diretta o indiretta, di un genitore esperto e
    “anziano”, in qualità di coordinatore.

Preparazione dei gruppi
  Si effettua generalmente attraverso l’analisi dei bisogni dei genitori
    Tramite colloquio – intervista alla coppia
    Tramite questionario (per i gruppi)
  È possibile prevedere un periodo di parent training di coppia con l’obiettivo di
   preparare la famiglia all’inserimento in un gruppo

Evoluzione
   Il parent training di coppia si “risolve” con l’evoluzione del problema del bambino e della
    famiglia, o con l’invito della famiglia di entrare a far parte di un gruppo o di una
    associazione parentale
   Il parent training di gruppo, si evolve generalmente nei gruppi di auto e mutuo aiuto,
    dove il professionista può fungere da facilitatore (ma può anche non essere presente,
    nei gruppi più evoluti) e le famiglie contano sull’aiuto reciproco

Genitori a sostegno dei genitori
Il “parent to parent”

✦I gruppi di auto e mutuo aiuto
✦Le associazioni dei genitori
✦I genitori - professionisti

…e una comunità a sostegno…
✦I gruppi di fratelli
✦La sensibilizzazione a scuola

✦La “cultura” dell’autismo…
Collaborazione

                                         Suggerimenti per il genitore
 Informarsi sugli sviluppi della ricerca e sulle buone prassi per l’autismo
 Chiarire con il professionista prima di iniziare un intervento, la propria posizione, i propri obiettivi e le proprie
  aspettative
 Fare richieste chiare, decise, operative, motivate ma non aggressive
 Implicarsi, per quanto concerne il proprio ruolo, nel lavoro educativo
 Confrontarsi con altri genitori e lavorando per un progetto comune che ampli le conoscenze e la cultura
  sull’autismo
 Lavorare a livello politico affinché siano diffuse e accettate le buone prassi
 Aiutare il professionista concretamente e politicamente a migliorare il servizio
 Essere consapevole di non poter aiutare “professionalmente” il proprio figlio (magari, altri bambini, si!) e di
  dover avere fiducia in un buon professionista

INFO
Per essere sempre aggiornati sul punto di vista dei genitori, si
 suggerisce di abbonarsi a:
    INFORMAUTISMO
    Per informazioni:   Autismo Italia – ONLUS, via Pinaroli, 3, 20135 Milano,
     tel 02 54107499, fax 02 54104154, e mail giavivan@tin.it www.autismoitalia.org il
        sito di Autismo Italia, curato da Donata Vivanti
    Bollettino dell’ANGSA
         Per informazioni: ANGSA, via Casal Bruciato, 13, 00159 Roma, tel e fax 06
          43587666, www.angsaonlus.org

 È possibile leggere testi scritti da genitori, come:
     Claiborne Park C (2001) Via dal Nirvana: vita con una figlia autistica. Astrolabio: Roma
     Sereni C (1994) Diario. In AAVV, Mi riguarda, e/o: Roma
 Oppure libri in cui viene preso in considerazione il punto di vista dei genitori, come:
       Asperger H (2003) Bizzarri, isolati e intelligenti. Erickson: Trento
       Brauner A & F (1983) Vivere con un bambino autistico. Giunti Barbera: Firenze
       Brauner A & F (1986, it 2002) Storia degli autismi. Erickson: Trento
       Hanau C. & Mariani Cerati D. (a cura di) (2003) Il nostro autismo quotidiano: storie di genitori e figli. Erickson: Trento
       Peeters T (1998) Autismo infantile. Phoenix: Roma
       Powers M (1994) Autismo: guida per genitori ed educatori. Raffaello Cortina: Milano
       Schopler E (1998) Autismo in famiglia: manuale di sopravvivenza per genitori. Erickson: Trento
La relazione d’aiuto
                                                  Dispensa di
                                                 Flavia Caretto
                                               fcaretto@libero.it
                         università di roma tor vergata
Che cos’è la relazione d’aiuto
 La “relazione d’aiuto” è un processo che comporta una crescita di una o di
  entrambe le persone coinvolte attraverso la relazione
 Nel contesto delle relazioni d’aiuto, è possibile individuare una linea di
  “specializzazione” progressiva, che parte dalle relazioni spontanee della vita
  quotidiana per arrivare a forme di aiuto via via più complesse che si
  definiscono (…) come counseling o psicoterapia
                                      (adattato da Carkhuff, 1987, it ’98, vol. 1)

Il counseling
 Il counseling consiste nell’aiutare qualcuno a comprendere una situazione e a
  gestire un problema prendendo da solo e pienamente la responsabilità delle
  eventuali scelte (autodeterminazione)

 Si basa sul presupposto che nella persona vi siano le risorse interiori e che
  l’aiuto debba consistere nel rendere possibile una riattivazione o
  riorganizzazione di queste risorse originarie

gli atteggiamenti personali dell’helper
 I due “attori” del counseling possono essere definiti
    helper o colui che aiuta
    e colui che viene aiutato (paziente? cliente? Persona!)

 Due autori hanno definito gli atteggiamenti o disposizioni personali dell’helper come
    Rogers
        autenticità e congruenza
        accettazione positiva incondizionata
        empatia
    Carkhuff
        confronto e immediatezza
Autenticità e congruenza
Essere se stessi, ovvero essere realmente come si appare, senza
 negare la propria personalità ma esprimendola
Mostrare una autentica congruenza o coerenza fra ciò che si è e
  ciò che si sente (emozioni)
  ciò che si pensa (pensieri)
  ciò che si fa (comportamenti)

Accettazione positiva incondizionata
Essere interessati sinceramente e profondamente all’altro come
 essere umano, sospendendo il giudizio su idee e motivazioni,
 sentimenti e comportamenti dell’altro

Empatia
Capacità di mettersi al posto dell’altro, di vedere il mondo come lo
 vede l’altro, nei suoi significati più intimi e personali; sentire insieme
 all’altro (come se si fosse l’altro), continuando a mantenere la
 propria identità
  senza eccessiva intellettualizzazione
  e senza confondersi con l’altro e provare per forza “simpatia” (avere sentimenti
    positivi di adesione personale in comune con l’altro)

Confronto e immediatezza
Essere pronti a confrontarsi su
  discrepanze o incongruenze
  distorsioni
  giochi e tattiche relazionali
  evasioni
Essere capaci di riferirsi a ciò che avviene nella relazione al
 momento
Gli stili di comunicazione
                                                 Aggressivo
                                                   Passivo
                                             Aggressivo – Passivo
                                                  ASSERTIVO

Le modalità della relazione d’aiuto
L’accoglienza
L’attenzione, l’ascolto e il rispecchiamento
La parafrasi
Gli esempi, le metafore, i gerghi
L’autorivelazione
L’uso delle informazioni
La ridefinizione

Disporsi all’accoglienza
 Una pausa di “silenzio” fra due incontri
 Preparare il setting
    Spazio
        Connotazione degli ambienti
        Disposizione delle sedie
        Personalizzazione dell’arredo
    Tempo
        Comunicare calma e disponibilità
 Presentazione e cura di sé
    Abbigliamento, trucco, capigliatura
    Pulizia, monili, profumi

Attenzione, ascolto e rispecchiamento
 Dare attenzione e ascolto
    Sguardo
    Retroazione o feedback
        Assenso vocale e motorio
 Rispecchiamento para verbale e non verbale
    Para verbale
        Volume, altezza, intensità, velocità, fluenza
    Non verbale
        Mimica, gestualità, orientazione e postura
 Movimenti
         Distanze e spazi interpersonali

La parafrasi
“Parafrasare” significa riformulare verbalmente quello che l’interlocutore sta dicendo,
   ripetendolo con parole proprie, riassumendolo e chiarificandolo
Si può parafrasare cominciando con:
     Lei mi sta dicendo…
     Se ho ben capito…
     Quindi mi sembra che…
     In altre parole…
    …
Non si tratta di ripetere “a pappagallo” ciò che ha detto l’interlocutore! Bensì di
  “riorganizzare” ciò che dice l’altro in maniera personale ma senza “tradirne” il senso.

La parafrasi può essere fatta:
 al contenuto
     Riformulazione dei contenuti espliciti, dei “fatti” raccontati dall’altro
     Risponde alle domande: cosa è successo? Di cosa mi sta parlando? Come mi sentirei io al suo posto?
 all’emozione
     Riproposizione dei sentimenti che l’altro dice di aver provato o che sembra provare al momento
     Risponde alle domande: come si è sentito? Come si sente adesso?
 al significato
     Riproposizione di contenuti ed emozioni insieme
     Risponde alle domande: qual è il senso di ciò che dice questa persona e di come lo dice? Cosa sta cercando
      veramente di dirmi?

Il linguaggio verbale
 Gli esempi
 Le metafore
 Uso di linguaggio gergale
 Uso di linguaggio tecnico
 Dare del tu, del lei, del voi

L’autorivelazione
 L’autorivelazione ovvero il “parlare di sé” può essere fatto nella relazione
  d’aiuto, quando è davvero pertinente, non per suscitare “simpatia” o per
  togliere uno spazio all’interlocutore, bensì per fornire l’esempio di
  un’esperienza sentita con un’autentica partecipazione
“stare” insieme…quando le cose sono difficili…
Quando l’altro ci porta sentimenti di lutto, di disperazione, di impotenza… cosa
  possiamo fare?
 Imparare a “stare” insieme su qualcosa, condividere in silenzio, “risuonare”
  della stessa emozione, senza andare in pezzi…

aiutare…quando è impossibile cambiare le cose…
 Imparare ad accettare che certe cose non si possono cambiare: si può aiutare
  qualcuno a convivere meglio con gli eventi

aiutare…quando vorremmo cambiare l’altro…
“... Per quanto si possa desiderarlo, non si può salvare lo spirito di un’altra
   persona. Si può soltanto indurlo a lottare per salvarsi…” (Donna Williams)
 Imparare ad accettare che non possiamo cambiare l’altro: possiamo solo
   aiutarlo a trovare una motivazione a cambiare, e sostenerlo nel suo percorso

Fornire informazioni
 Mettere in grado l’interlocutore di reperire informazioni
 Citare le fonti
 Distinguere il parere personale dalla fonte
 Contestualizzare, ovvero:
   • manipolazione vs correttezza e umiltà
   • dire “la verità” senza ferire e senza “rovesciare il carico” dell’informazione
     sull’interlocutore

Ridefinire
 “Ridefinire in positivo” significa cogliere la parte della situazione “utilizzabile”
  concretamente per un possibile miglioramento di fatto o di prospettiva (accettazione)
 Insegnare a ridefinire in positivo
    Mostrandosi come modelli
    Sollecitando la ridefinizione con domande dirette
 Aiutare ad identificare obiettivi
    Con il problem solving
        Come vorrebbe che andasse, invece?
        Cosa si potrebbe fare?
 Quali potrebbero essere le conseguenze?
       È realistico? È davvero attuabile?

Un aiuto a partire concretamente
 Riassumere quello che è stato fatto
 Definire insieme le cose da fare
    Obiettivi
    Attività
 Fare un “piano” a piccoli passi
 Dare speranza, mostrare disponibilità e presenza
                                      E poi?
                                  E poi, salutare.

Salutare…
“mia madre mi diceva: lascia un piccolo oggetto alle persone, si ricorderanno di
  te…”
 Finite con qualcosa di positivo
 Date qualcosa all’altro (metaforicamente o concretamente), lasciandolo libero di
  “prenderla” o meno
 Non pensate che DEBBA esserci un seguito: definite appuntamenti futuri, ma chiudete ogni
  incontro come se fosse l’unico
 Lasciate sempre aperta una porta

Le regole del counseling
Adattate da
Meier e Davis. Guida al Counseling: in 40 regole fondamentali, cosa fare e
  non fare per costruire un buon rapporto d’aiuto. Franco Angeli

Le regole del counseling
 Entrate in contatto con la persona
    Prepararsi ad accogliere
    Presentarsi
    Fase sociale
 Create un’alleanza
 Spiegate alla persona chi siete e quello che farete insieme, ed eventualmente
  alcune “regole” (es: il segreto professionale…)
 Accompagnate e guidate la persona: non siete voi a decidere per
  l’interlocutore, ma dovete essere realmente presenti!
 Parlate poco
 Se non sapete cosa dire, non dite niente
 Quanto più avete fatto sentire la persona sostenuta, tanto più potete fare
  delle “obiezioni”
 Se volete cambiare qualcosa, fatene oggetto del counseling
 Personalizzate: usate le vostre parole, i vostri oggetti, i vostri gesti… con
  consapevolezza!
 Attenti alle resistenze: se la persona non vuole entrare in contatto con
  qualcosa… ha i suoi buoni motivi! Se affrontate una problematica, attenti:
  dovete poi saperla gestire!
 Se avete dei dubbi, state attenti ai sentimenti
 Ragionate in maniera paradossale: dandovi sempre obiettivi per un prossimo
  incontro, ma facendo in modo che l’incontro presente sia qualcosa di “finito” (come
  “psicoterapia a seduta singola”
 Guardate sempre al presente e al futuro
 Fatevi un “programma” che preveda sempre la fine degli incontri
 Non date consigli a buon mercato: nelle cose ci vuole buon senso, ma il buon
  senso spesso non è sufficiente…
 Non date soluzioni premature: insegnate all’altro a risolvere i problemi
 Non contate troppo sulle domande in cui chiedete “perché” o esplicitamente le
  motivazioni dell’interlocutore (soprattutto con i bambini e gli adolescenti!)
 Fate molta attenzione a ciò che la persona dice e a come lo dice
 State attenti ai messaggi non verbali e alle incongruenze fra diversi livelli
  comunicativi
 Concentratevi completamente sulla persona
 Siate concreti
 Attenzione alle metafore, agli esempi, ecc…: a quelli usati dalla persona e a
  quelli che usate voi
 Fate costantemente il punto della situazione
 Pensiero positivo e pensiero razionale non sono la stessa cosa! Fate
  attenzione alle idee irrazionali, anche se non è detto che sapere che una
  determinata idea sia irrazionale serve a “liquidarla” facilmente!
 L’intesa non è la stessa cosa dell’empatia
 Non pensate che cambiare sia facile!
 Fate le vostre valutazioni, ma non date giudizi!
 Non date per scontato di conoscere i sentimenti, i pensieri e i comportamenti
  dell’interlocutore
 Non siate troppo sicuri di sapere come la persona reagirà a pensieri,
  sentimenti e comportamenti
 Cercate di prevedere possibili situazioni di “emergenza”
    Mantenete il controllo della situazione
    Cercate di capire chi ha più bisogno di aiuto
    Sottolineate tutti gli elementi positivi
    Mobilitate tutta la rete di rapporti sociali
 State attenti a variabili quali il genere, l’età, la razza, l’orientamento
  sessuale…
 Pur offrendo disponibilità, siate disponibili a considerare anche la
  modificazione del rapporto, l’interruzione, l’invio
 Documentatevi! E passate informazioni quando è necessario.
 State attenti che non si verifichino dei peggioramenti
 Continuate a seguire l’evoluzione degli studi
 Documentate il vostro lavoro: scrivete sempre qualcosa, ma attenzione al
  modo in cui prendete appunti durante il colloquio
 Se la persona non viene ad un appuntamento, non la prendete come un fatto
  personale, ma cercate di analizzare le motivazioni senza fare troppe “scene”
 Sistemate il setting nel modo migliore e… rispettatelo!
    Vestite ecc… in modo appropriato
    Collocate le sedie
    Fate in modo che l’ambiente sia il più possibile confortevole, calmo, silenzioso
    Evitate interruzioni e distrazioni (telefonini!)
    Siate sempre puntuali
    Tenete con voi i fazzolettini di carta
    Raccontate dei vostri clienti solo ai colleghi e in ambiti professionali
 Siate consapevoli delle vostre caratteristiche, motivazioni, problemi
    Perché hai deciso di iniziare questa professione?
    Quali sono le emozioni che ti mettono a disagio?
    Che tipo di soddisfazioni ti aspetti dal lavoro?
    Come reagirai ai sentimenti che le persone nutriranno nei tuoi confronti?
    Come reagirai ai sentimenti che nutrirai nei confronti delle persone con cui lavorerai?
    Riesci ad essere flessibile, tollerante e delicato?
 Siate aperti alla supervisione
    Supervisione di un “maestro”
    Supervisione reciproca fra colleghi
    Supporto e aiuto reciproco fra colleghi
 Non nascondetevi dietro i test
 Per i problemi etici, consultatevi
Situazioni particolari nel counseling
 Una relazione “amicale” o di innamoramento
 Accettare regali
 Richieste eccessive o alle quali non ci si sente comunque in grado di
  rispondere
 Il coinvolgimento in “giochi” relazionali: es: la coalizione
…

Il senso della relazione d’aiuto
                                 Cosa significa “SERVIZIO”
                       Cosa significa “PRENDERSI CURA” di qualcuno

Forza, coraggio e capacità…
                                           “signore,
                   dammi la forza di cambiare ciò che posso cambiare,
                   il coraggio di accettare ciò che non posso cambiare,
                           e la capacità di vedere la differenza…”

Bibliografia
 Carkhuff R. (1987, it 1989) L’arte di aiutare (2 vol). Erickson: Trento
 Dass R. & Gorman P. (1985, it 1990) Io e gli altri. Cittadella: Assisi
 Goldfarb LA et al. (1986, it 1990) La sfida dell’handicap e della malattia cronica: guida all’auto aiuto per la
  famiglai e gli operatori professionali. Erickson: Trento
 Hough M. (1996, it 1999) Abilità di counseling: manuale per la prima formazione. Erickson: Trento
 Mambriani S. (1992) La comunicazione nelle relazioni d’aiuto. Cittadella: Assisi
 Meier ST & Davis SR (1993, it 1994) Guida al counseling: in 40 regole fondamentali, cosa fare e non fare per
  costruire un buon rapporto d’aiuto. Franco Angeli: Milano
 Mucchielli R. Apprendere il counseling. Erickson: Trento

                                                                                                Grazie!
Flavia Caretto fcaretto@libero.it
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