DOSSIER DIDATTICO DAYAK - L'ARTE DEI CACCIATORI DI TESTE DEL BORNEO 28.9.2019 17.5.2020 - Museo delle Culture
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
DOSSIER DIDATTICO DAYAK L’ARTE DEI CACCIATORI DI TESTE DEL BORNEO 28.9.2019 – 17.5.2020 Versione del 25/9/2019
Sommario 1. Informazioni p. 1 2. L’esposizione p. 2 2.1. Presentazione generale p. 2 2.2 Il percorso espositivo p. 3 3. Didattica p. 7 3.1. Percorsi tematici in mostra p. 7 3.2 Attività in classe pre-visita p. 7 3.3 Attività in classe post-visita p. 8 4. Approfondimenti p. 10 4.1. L’isola del Borneo p. 10 4.2 I Dayak p. 10 4.3 L’incontro con l’Occidente p. 11 4.4 I Dayak nell’immaginario occidentale p. 11 4.5 L’arte dayak p. 12 5. La lettura antropologica dell’opera d’arte p. 13
1. INFORMAZIONI INDIRIZZO E CONTATTI Indirizzo: Via Giuseppe Mazzini 5, 6900 Lugano Telefono: +41(0)58 866 69 60 Indirizzo e-mail: accoglienza@musec.ch Pagina Facebook: Museo delle Culture Lugano NB. Entrata agli spazi espositivi attraverso il par- co di Villa Malpensata, accessibile sia da via Giuseppe Mazzini, sia da Riva Caccia (lungolago). APERTURA Ore 11.00 - 18.00. Chiuso il martedì. Aperura fuori orario su richiesta (con sovrapprezzo) TARIFFE Intero (da 16 anni): CHF 15.00 Ridotto (AVS-AI; studenti universitari; FAI Swiss): CHF 10.00 Ragazzi (6-15 anni): CHF 5.00 Scolaresche: CHF 3.00 (1 accompagnatore gratis) Riduzioni (non cumulabili) Gruppi (a partire da 10 persone): -10% Lugano Holidaycard: - 20% Gratuito: Bambini (0-5 anni); Swiss Museumpass; ICOM; VSM-AMS; Soci Raiffeisen; Swiss Travel Pass Visite guidate Standard: CHF 150.00 Scolaresche: CHF 120.00 Apertura fuori orario Standard: CHF 75.00/ora Scolaresche: CHF 60.00/ora ACCESSIBILITÀ PER DISABILI Il Museo è accessibile in carrozzella con accom- pagnamento (rampa nel parco da Via G. Mazzini e parcheggio dedicato all’altezza del n. 5). Per chi non fosse accompagnato, si prega di telefo- nare al numero +41(0) 58 866 6960 per richie- dere l’aiuto del personale di accoglienza. 1
2. L’ESPOSIZIONE devano il proprio territorio. È a partire da tali dure esperienze che si delineò nell’immaginario occi- dentale una doppia percezione dell’isola: da un DAYAK. lato, le lussureggianti foreste primordiali e L’ARTE DEI CACCIATORI DI TESTE DEL BORNEO l’incontaminata bellezza della sua natura, che ri- Dal 28 settembre 2019 al 17 maggio 2020 mandavano all’idea di una primordiale età dell’oro Villa Malpensata, Spazio Mostre (1° e 2° piano) e, sul lato opposto, i nativi Dayak, rappresentati nella letteratura e nell’iconografia del tempo come crudeli cacciatori di teste. Una percezione distorta 2.1. PRESENTAZIONE GENERALE e limitata, che riguardò anche gli oggetti prodotti La nuova grande esposizione temporanea del dalle popolazioni locali, considerati per lo più alla Museo delle Culture è dedicata all’arte e alla stregua di feticci e oggetti «primitivi». cultura materiale dei Dayak del Borneo. Si tratta di una delle maggiori esposizioni al mondo mai La conoscenza dell’arte e della cultura materiale realizzate su questo tema. del Borneo veicolata dai musei etnologici europei e americani e le ricerche etnografiche sul campo Le centosettanta opere esposte sono state pro- hanno progressivamente contribuito a descrivere dotte per la maggior parte tra l’inizio dell’800 e più accuratamente e a comprendere la cultura e la metà del ‘900 e provengono sia dalle collezio- l’arte del Borneo. Una conoscenza che per lungo ni del MUSEC, sia da altri quattro musei etnogra- tempo è però rimasta confinata nella cerchia fici svizzeri (Basilea, Zurigo, Berna e Neuchâtel) e ristretta degli specialisti e che ha intaccato solo da collezioni private svizzere ed europee. Sono in parte, nell’immaginario occidentale, la visione rappresentative dei maggiori generi di arte dayak delle popolazioni native del Borneo e della loro diffusi in Occidente: sculture monumentali di arte. Se avvicinata con altri occhi ed esplorata legno, maschere, bastoni magici da caccia, pa- nelle sue motivazioni profonde, la produzione gaie, armi da guerra, tessuti, ornamenti per il artistica rivela invece la sorprendente profondità corpo, indumenti, crani-trofeo, matrici da tatuag- socio-culturale e la maestria dei popoli che gio, porta-neonati, elementi architettonici, stru- l’hanno prodotta. menti musicali, giare e oggetti di cultura materia- le intrecciati e decorati. Due sono i temi principali del percorso espositi- vo, che si articola in undici sezioni tematiche. La prima parte della mostra si sofferma sull’incontro tra le popolazioni Dayak e l’Occidente, che ha dato avvio alla ricerca etnografica e all’interesse collezionistico, influenzando al contempo a ma- niera occidentale di guardare al Borneo e ai suoi abitanti nativi. La seconda parte della mostra, proponendo un cambio di prospettiva, accompa- gna progressivamente il visitatore alla scoperta dei significati e dei valori propri delle opere esposte, in cui si esprime la relazione tra gli uo- mini, le divinità e i fenomeni naturali di una delle ultime terre ignote del pianeta. È solo a partire dalla fine del ‘700 che le prime Grande sezione di una spedizioni scientifiche e militari si spinsero porta della casa di un nell’entroterra della più vasta isola indonesiana. capo (paren) raffigurante una divinità. Dovettero allora fare i conti sia con le impegnative Borneo orientale. Etnia Kenyah. Metà del XX sec. vie d’accesso, sia con i bellicosi popoli che difen- 2
Un crocevia di civiltà (sala 1) raccolte riguardarono un ampio ventaglio di generi Nel corso dei millenni, numerosi popoli dell’Asia di opere che, con le dovute differenze, rivelarono viaggiarono sulle acque degli oceani per migrare, un profondo spaccato della quotidianità dei nativi. commerciare o conquistare nuove terre, diffon- La conoscenza dell’arte e della cultura materiale dendo la propria cultura lungo il loro cammino. del Borneo fu veicolata dai numerosi musei etno- Alcuni incrociarono il proprio destino con l’isola logici europei e americani nei quali si formarono le del Borneo, collocata in posizione strategica lungo prime collezioni. I dati etnografici raccolti sul la via marittima della seta, nell’immenso arcipela- camp confluirono in una consistente letteratura go malese, al confine tra l’Oceano Indiano e scientifica che restò tuttavia confinata nell’ambito l’Oceano Pacifico. Le interazioni tra popoli crearo- di una cerchia ristretta di specialisti. Soltanto a no un mondo multietnico, nel quale persone che partire dagli anni Settanta del Novecento i mate- parlavano lingue diverse adoperavano gli stessi riali etnografici sono stati presentati nelle prime oggetti di cultura materiale, adattandoli e interpre- grandi esposizioni temporanee dedicate al Bor- tandoli secondo le proprie esigenze. neo, mostre che hanno fatto conoscere al grande Tali oggetti, assieme alle molte nozioni culturali pubblico l’arte dei Dayak. introdotte nel Borneo, contribuirono ad arricchire le fonti dei linguaggi artistici dayak producendo un L’innamoramento collezionistico (sala 4) originale sistema ideologico ed espressivo locale. A partire dagli anni Venti del Novecento, diversi generi di opere d’arte del Borneo attrassero La costruzione di un immaginario (sala 2) l’interesse collezionistico di molti artisti che ave- Un nuovo mondo si aprì all’Occidente attorno alla vano messo al centro delle loro riflessioni esteti- metà dell’Ottocento, quando gli europei si ad- che il valore della creatività etnica. Tra i tanti dentrarono per la prima volta in modo sistemati- collezionisti ci furono anche il celebre poeta e co nell’entroterra del Borneo con l’intento di rac- scrittore francese André Breton (1896-1966), cogliere informazioni sulle sue risorse e sui suoi che raccolse maschere cerimoniali di genere abitanti nativi Dayak. Le spedizioni scientifiche e hudoq, e l’artista surrealista svizzero Serge Bri- militari dovettero spesso affrontare la resistenza gnoni (1903-2002), che fu tra i primi a curare di valorosi e bellicosi guerrieri che difendevano il un’importante raccolta di sculture monumentali. proprio territorio, rendendo vani i tanti sforzi eu- L’interesse di Brignoni incluse le opere d’arte del ropei di insediarsi in pianta stabile in molte re- Borneo in un insieme geograficamente più vasto gioni dell’isola. Tali esperienze finirono sulle pa- che egli chiamò arte dei «Mari del Sud», in cui gine dei giornali europei e nei romanzi di viaggio credeva di riscontrare le tensioni verso e d’avventura. La stampa contribuì, assieme alla l’immaginario e l’irrazionale che avevano sedotto fotografia, a diffondere il pericolo associato ai le poetiche del movimento surrealista. In seguito Dayak, facendo leva sulla pratica considerata alle prime grandi esposizioni museali di arte «incivile» di cacciare le teste. dayak tenute a partire dagli anni Settanta del Le armi, i crani decorati e i costumi da guerriero Novecento, anche le gallerie d’arte europee e raccolti sul campo diventarono opere emblema- americane presero regolarmente a dedicarsi tiche del Borneo: opere che tanto inquietavano all’arte del Borneo, organizzando mostre che per i contenuti evocati quanto affascinavano per hanno contribuito a incrementarne la visibilità e l’elevata qualità artistica della loro produzione. l’interesse collezionistico a livello internazionale. Cuore di tenebra (sala 5) La ricerca etnografica (sala 3) Nella seconda metà dell’Ottocento si impose A partire dalla metà dell’Ottocento le esplorazioni progressivamente nell’immaginario occidentale dell’entroterra del Borneo diedero agli occidentali una doppia percezione del Borneo e delle sue la possibilità di avviare campagne di ricerca etno- culture. Le lussureggianti foreste primordiali e grafica e di raccolta di oggetti di cultura materiale l’incontaminata bellezza della sua natura, che volte a documentare le tradizioni dei Dayak. Le rimandavano all’idea di una primordiale età 2
dell’oro, costituirono gli estremi di una visione Nel primo quarto del Novecento, la pacificazione che trovava, sul lato opposto, i nativi dayak, rap- dei popoli dayak ha segnat la progressiva scom- presentati nella letteratura e nell’iconografia del parsa degli scudi da guerra. tempo come crudeli cacciatori di teste. L’arte del Borneo, concepita in modo stereotipa- Prestigio e dignità (sale 7 e 8) to (così come lo furono i popoli che l’avevano L’arte e gli oggetti di cultura materiale dayak prodotta), si portò appresso il peso di tale retag- sono un privilegiato mezzo di comunicazione, gio e fu segnata dalle stigmate del feticcio e utilizzato in molti casi per distinguere socialmen- dell’oggetto «primitivo» da venerare. Osservata te gli individui all’interno delle comunità. Le ope- da una tale prospettiva, fu inevitabile che da re più ambite, come i manufatti ornati con parti- essa derivasse una visione distorta del comples- colari motivi decorativi oppure aventi un grande so sistema culturale dayak, il cui sistema valore economico ideologico, sono riservate agli espressivo rivelava invece una sorprendente uomini valorosi e ne esprimono il prestigio e la profondità, frutto della sensibilità socio-culturale dignità. Si tratta degli stessi individui oggetto dei suoi creatori. della rappresentazione scolpita di dignitari o di autorevoli antenati che tutelano la tradizione con L’arte della guerra (sala 6) la loro presenza all’interno della comunità. I valo- Tra i diversi generi di scudi da guerra del Borneo, ri e i meriti degli individui che possiedono un quelli dipinti su entrambi i lati e decorati con ruolo sociale determinante all’interno della co- ciocche di capelli hanno attirato da sempre munità locale costituiscono inoltre l’oggetto di l’attenzione degli esploratori, dei viaggiatori e dei una serie di decorazioni che si ritrovano nell’arte collezionisti occidentali. L’origine di tali scudi è del corpo, negli ornamenti, negli oggetti di distin- senz’altro da individuare fra i Kayan e Kenyah zione (in particolare le armi) negli elementi e del Borneo centro-orientale; in seguito si diffuse- nelle strutture architettoniche. Il sistema espres- ro tra altri gruppi etnici, con variazioni locali nella sivo dayak rivela una vera e propria arte volta a decorazione pittorica. Gli scudi decorati presen- dare un senso ai diversi ambiti dell’esperienza tano in genere un largo volto dall’aspetto mo- umana, soprattutto grazie a una presenza radica- struoso al centro. La superficie interna presenta le e diffusa di segni di diversa natura che espri- invece una certa varietà di decorazioni diverse a mono, tra l’altro, la dignità sociale di un certo seconda del gruppo etnico che le produce. Pos- numero di individui. sono essere figure antropomorfe o zoomorfe di spiriti oppure motivi vegetali combinati tra loro in L’universo religioso (sale 9 e 10) un gioco di linee concentriche. I disegni erano La vita religiosa dei Dayak è scandita da nume- impostati sulla superficie con la punta di un col- rose cerimonie animate dalla collettività oppure tello. I pigmenti colorati dal nucleo familiare allargato. Si tratta di eventi erano applicati con un dito o con un bastone che possono avere carattere periodico oppure cesellato. Le ciocche di capelli erano prese dalle svolgersi in casi particolari. La nascita, il matri- teste dei nemici uccisi in battaglia. I capelli erano monio, la guarigione e la morte sono inoltre og- attaccati allo scudo forzando un’estremità dei getto di importanti celebrazioni. Le cerimonie ciuffi in strette fenditure nel legno morbido e funebri, in particolare, in molti popoli Dayak sono incollati poi con resina fresca. Quattro fasce pa- oggetto di imponenti ricorrenze che, sotto il profi- rallele di giunc avevano la funzione di rafforzarne lo ideologico, segnano la rinascita del defunto la struttura, rendendola più solida per resistere nell’Aldilà e la sua integrazione nella comunità ai colpi di spada. Oltre agli scudi decorati esisto- degli antenati. In tali occasioni, le divinità più no anche opere prive di decorazioni pittoriche e importanti della cosmologia sono chiamate a di capelli, diffuse e utilizzate in passato da diver- prendere parte alle celebrazioni, per garantire la se etnie del Borneo. riuscita del viaggio dell’anima del defunto nell’oltre-vita. Le stesse divinità, assieme ai de- funti che intraprendono il viaggio verso la loro 3
ultima dimora, sono spesso rappresentate nella nelle sorgenti d’acqua. Alcuni possono essere di scultura. aiuto all’uomo, come gli spiriti protettori del vil- laggio; altri, invece, hanno un carattere nefasto e Il cane-drago (sala 11) devono essere pacificati oppure contrastati. Per Il tema del drago è diffuso in tutto il Borneo ed è rabbonirli i Dayak li nutrono con offerte di cibo, oggetto di un gran numero di variazioni di forma mentre per contrastarli fanno intervenire altri e di significato. Molti studi sono stati dedicati alla esseri spirituali con cui hanno potuto stringere sua origine, studi che hanno messo in evidenza un’alleanza, e che sono ritenuti capaci di spa- una forte associazione sia con i dragoni cinesi ventarli e di allontanarli. dal corpo serpentino, con zampette e un lungo Diversi generi di opere d’arte del Borneo raffigu- muso fornito di zanne, sia con i mostri d’acqua rano divinità o spiriti alleati cu è attribuita, in sen- makara della mitologia indiana e hindu- so lato, una funzione protettiva. In ambito sculto- buddhista giavanese, che presentano una bocca rio, le figure volte a fornire protezione contro le aperta fortemente stilizzata con una mandibola entità nefaste sono spesso caratterizzate da che si incurva verso l’alto e un corpo allungato. grandi occhi globulari, lingue aggettanti, denti, Fra le culture figurative del Borneo, il drago può zanne e artigli acuminati la cui apparenza spaven- assumere svariate forme e essere rappresentato tevole ne rende evidente funzione ed efficacia. su una molteplicità di oggetti di cultura materiale Spesso è ibridato con altri animali, quali la tigre, L’arte del corpo (sala 14) il coccodrillo e soprattutto il cane. I popoli Kayan, L’arte del tatuaggio era una tradizione ampia- Bahau, Modang e Kenyah del Borneo centro- mente diffusa presso molti popoli del Borneo. I orientale realizzano molti tipi di raffigurazioni del disegni riprodotti sul corpo di uomini e donne cane-drago, il cosiddetto «motivo del cane» (aso’). potevano indicare un’appartenenza etnica, il Si tratta di un potente spirito protettore della rango di un individuo, la riuscita di un’impresa, comunità e delle anime dei defunti. Il fatto stes- particolari meriti acquisiti o potevano avere sol- so di chiamarlo «cane» invece che con il suo vero tanto un carattere decorativo. nome indica quanto sia forte e temuto, poiché il I motivi dei tatuaggi erano incisi in altorilievo su semplice evocarlo potrebbe scatenare la sua ira. blocchetti lignei. I blocchetti erano macchiati di Le raffigurazioni dell’aso’ possono essere ulte- inchiostro e poi impressi sulla parte da tatuare. Il riormente ibridate con la tigre («cane-tigre», sah tatuaggio era prodotto con un pennino appuntito lejiu), l’orso («cane-orso», aso’ buang) e il cocco- attaccato a un bastoncino di legno. L’inchiostro drillo. Figurano su porte, pareti, sarcofagi, tetti, era composto da una miscela di fuliggine, acqua e strutture ed elementi architettonici e altri oggetti zucchero ed era conservato in una tazza di legno. di cultura materiale, oltre a proteggere dalle in- Molti motivi che si sono diffusi in tutto il Borneo fluenze nefaste, possono concorrere a mostrare sono stati oggetto di mutamenti formali e seman- l’estrazione sociale di un individuo. tici nel passare da popolo a popolo o da villaggio a villaggio. Gli studi condotti dai primi esploratori, Il mondo soprannaturale (sale 12 e 13) quando la tradizione d tatuarsi il corpo era ancora Nelle concezioni ideologiche dayak, la realtà ampiamente diffusa, mostrano chiaramente la tangibile degli esseri umani e il mondo metafisi- ricchezza e la complessità di un’arte del corpo co degli esseri spirituali si muovono con logiche oggi sostanzialmente storicizzata. diverse, ma sono intimamente legati da un filo invisibile che ne permette l’interazione organica. Le divinità più importanti del mondo celeste normalmente sono distaccate dalle faccende umane, ma possono essere in- terpellate in caso di necessità. Altri esseri spiri- tuali sono invece presenti nell’ambiente natura- le: risiedono negli alberi, nei fiumi, nei sassi, 4
3. DIDATTICA L’ARTE DAYAK E I SUOI LINGUAGGI - Consigliato per le scuole medie e/o superiori a indirizzo arti- stico Il percorso si focalizza sugli elementi decorativi Per accompagnare piccoli e grandi alla scoperta dell’arte dayak. La raffinatezza dei manufatti, dei capolavori dell’arte Dayak, il Museo delle l’iconografia ed i motivi decorativi sono il filo Culture propone visite guidate tematiche, basate conduttore di un percorso mirato alla scoperta di su un approccio partecipato. una cultura caratterizzata da un’altissima qualità Ai docenti sono offerte idee e spunti per attività artistica. da svolgere in classe prima della visita, per in- trodurre gli allievi all’esposizione e, dopo la visi- ta, per rielaborarne i contenuti. 3.2. ATTIVITÀ IN CLASSE PRE-VISITA Oltre agli approfondimenti proposti nel presente dossier, una cartella di immagini, ad uso esclusi- Le attività hanno lo scopo di introdurre gli allievi vamente didattico, per realizzare le attività pro- al tema della mostra, suscitare curiosità e far poste, è a disposizione sul sito www.musec.ch (in affiorare opinioni, preconcetti e domande. Alcune fondo alla pagina dedicata alla mostra Dayak) delle strategie utilizzate si ispirano al metodo VTS - Visual Thinking Strategies 1. 3.1. PERCORSI TEMATICI IN MOSTRA A COSA PENSI SE DICO “…”? Età: 8+ NB. I percorsi sono consigliati a seconda dell’età Obiettivi didattici: Aprire una discussione degli allievi, ma si prestano ad essere adattati sull’argomento, far riflettere gli allievi sul tema, anche p alle altre fasce di età. far affiorare associazioni ed approfondire i con- cetti emersi. DAYAK: L’UOMO È NATURA - Consigliato per le Descrizione: Posizionare sul muro o su un tavolo scuole elementari e/o medie un grande foglio di carta. Chiedere agli allievi di Il percorso è incentrato sul tema della simbiosi osservare alcune immagini concernenti la mo- tra uomo e natura. Attraverso gli oggetti esposti, i stra. Scrivere al centro del foglio una parola ragazzi scoprono quanto l’ambiente naturale e il chiave relativa al tema e, a turno, chiedere a suo ecosistema siano fondamentali per la cultu- ciascuno di aggiungere con delle frecce un ter- ra dei Dayak. Partendo dagli oggetti di uso quoti- mine (o frase) che viene associato alla parola diano fino alle rappresentazioni simboliche, la chiave. Collegare anche i termini tra di loro natura è onnipresente e si manifesta come è il creando nuove associazioni. Per aiutare gli allie- motore propulsore di tutte le loro attività. vi, possono essere poste le seguenti domande: 1. Quali idee ti vengono in mente quando vedi SPIRITI TERRESTRI, DIVINITÀ CELESTI - Consiglia- queste immagini/ leggi questa parola? to per le scuole medie e/o superiori 2. Quali connessioni puoi fare con i pensieri Il percorso si focalizza sulle credenze e le prati- degli altri? che cerimoniali della cultura dayak. Attraverso gli Il/la docente può trattare alcuni dei temi emersi oggetti esposti, i ragazzi scoprono come le ceri- in modo più approfondito, utilizzando le informa- monie, i riti, le divinità e il mondo sovrannaturale zioni nel testo informativo, in modo da dare agli siano sostanziali per le popolazioni dayak e in studenti una panoramica dei temi della mostra. che modo abbiano influito sulla produzione dei loro manufatti. 1 Maggiori informazioni sono reperibili sul sito www.visiblethinkingpz.org 5
TABÙ 1. Generare una lista di idee e pensieri iniziali Età: 9+ relativi alla domanda e trascriverle su dei post- it Obiettivi didattici: Imparare a osservare e descri- 2. Ordinare sul foglio le idee posizionando quelle vere un opera d’arte più “pertinenti” o “centrali” vicino alla domanda Descrizione: Appendere al muro o alla lavagna le e quelle più “marginali” verso l'esterno del foglio. immagini delle opere presenti in appendice. Di- 3. Collegare le idee che hanno qualcosa in co- videre la classe in due gruppi. Un allievo per mune attraverso linee di collegamento e spo- gruppo riceve un’immagine da descrivere insie- stando i post-it. Spiegare e scrivere in una breve me ad una carta con le parole tabù (scelte dal frase in che modo esse sono collegate. docente). I compagni indovinano qual è l’opera 4. Elaborare e approfondire le idee scritte sul descritta. Il gioco può essere fatto tenendo un foglio, aggiungendo nuove argomentazioni fino a punteggio. Il/la docente potrà approfondire alcu- creare una mappa esaustiva delle conoscenze e ni aspetti delle opere d‘arte usando come sup- opinioni della classe. porto i testi. IL DISEGNO CIECO 3.3. ATTIVITÀ IN CLASSE POST-VISITA Età: 9+ Obiettivi didattici: Osservare, descrivere e dise- Queste attività permettono agli studenti di inse- gnare rirsi nell’ottica museale e rielaborare i temi rela- Descrizione: Dividere gli allievi in coppie. Ogni tivi all’ esposizione. coppia riceve delle immagini delle opere. Posi- zionare le immagini a faccia in giù, in modo che risultino nascoste. Un allievo pesca un’immagine L’OGGETTO (S)CONOSCIUTO e la descrive al compagno che, senza guardare, Età: 8+ la disegna in base alle indicazioni dell’altro. Obiettivi didattici: Promuovere l’osservazione e La classe confronta i propri disegni con le foto- l’immedesimazione dell’allievo nel ruolo di “sco- grafie e discute su quelle che sono le caratteri- pritore”. stiche formali dell’opera. Descrizione: Ogni allievo sceglie un oggetto fami- liare. Tutti gli oggetti scelti sono posizionati su un tavolo. Ognuno sceglie un oggetto (che non sia GENERA - RIDUCI - CONNETTI - ELABORA quello proposto da lui/lei) e procede nel seguen- Età: +12 te modo: Obiettivi didattici: Esporre ed organizzare le co- 1. Disegnare l’oggetto o fotografarlo ed incollar- noscenze ed opinioni relative al tema ed argo- lo sul foglio. Il foglio diventa una scheda di ri- mentare le proprie idee. levamento. Descrizione: Posizionare sul muro o su un tavolo 2. Descrivere minuziosamente l’oggetto imma- un grande foglio di carta. Per accompagnare ginando di non averlo mai visto. Annotare l’esercizio appendere alcune immagini relative anche i dettagli! alla mostra. Al centro del foglio porre una do- 3. Di che materiale è fatto? Osservare e toccare manda aperta, ad esempio: l’oggetto (anche ad occhi chiusi) e annotare - Qual è la funzione di un museo d’arte del le proprie sensazioni. Come è stato fatto? mondo quale è il “MUSEC”? Ipotizzare il procedimento di produzione. - A chi appartiene il patrimonio culturale espo- 4. Quanto è grande? E quanto pesa? Misurare e sto al MUSEC? pesare l’oggetto (in mancanza di strumenti di In una dimensione collettiva gli studenti argo- misurazione si può fare una stima). mentano le loro risposte attraverso le seguenti 5. A cosa serve? Cercando di dimenticare la fasi: funzione conosciuta, ipotizzare un nuovo im- piego dell’oggetto. 6
6. Quando è stato creato? Ipotizzare la data di produzione e la storia dell’oggetto. 7. Qual è lo stato di conservazione? Verificare se l’oggetto è danneggiato o incompleto. 8. Aggiungere la data del ritrovamento e la fir- ma. Gli allievi presentano il loro oggetto alla classe, motivando e argomentando le loro scelte; la pre- sentazione può avvenire anche attraverso la composizione di una breve storia fantastica in cui l’oggetto ritrovato è il protagonista. PRIMA PENSAVO CHE… ADESSO PENSO CHE… Età: 11+ Obiettivi didattici: Rielaborare in forma di testo l’esperienza della mostra Descrizione: Scrivere un testo partendo dalla frase «prima pensavo che…adesso penso che…” Gli studenti si esprimono attraverso un testo argomentativo o narrativo su ciò che più li ha colpiti della mostra (in termini di informazioni, emozioni, etc.). Sapundu. Sezione sommitale di un palo cerimoniale di carattere sacrificale raffigurante una coppia di dignitari stretta in un abbraccio. Borneo meridionale. Area del fiume Katingan. Kasun- gan. Etnia Ngaju Katingan. XIX secolo. 7
4. APPROFONDIMENTI ha un proprio nome, un proprio dialetto e le pro- prie tradizioni. Si stima che rappresentino circa due terzi, o addirittura la metà, della popolazione dell’isola; probabilmente discendono dai popoli che circa 3.000 anni fa migra- rono dall’Asia e si stabiliro- no nell’arcipe-lago indone- siano. Le loro principali attività di sussistenza sono l’agricol- tura, la caccia, la pesca e la raccolta di radici ed erbe. In alcuni casi eccezio- 4.1 L’ISOLA DEL BORNEO nali ci sono ancora dei gruppi che non hanno Il Borneo è un’isola situata nel Sud-Est asiatico e introdotto il denaro e che utilizzano il baratto per fa parte dell’arcipelago indonesiano. Ha una su- acquistare merci che loro stessi non producono. perficie di 743.107 km2 (circa 17 volte più della Svizzera) ed è la terza isola più estesa del mondo dopo la Groenlandia e la Nuova Guinea. A Nord e Ovest è bagnata dal Mar Cinese meri- dionale, a Nord-Est dal Mare di Sulu, a Est dal Mare di Celebes e dallo stretto di Makasar e a Sud dal Mare di Giava e dallo stretto di Karimata. Da un punto di vista politico il territorio è oggi suddiviso tra tre stati: la Malesia nella parte set- tentrionale chiamata Sabah e nella parte nord- occidentale chiamata Sarawak; il Sultanato del L’abitazione tradizionale Dayak è la «casa- Brunei e l’Indonesia, che occupa la parte orientale villaggio» o longhouse, una casa su palafitte di e meridionale chiamata Kalimantan. legno alte alcuni metri, lunga fino a 150 metri e L’isola possiede numerosi corsi d’acqua e ospitante fino a 200 persone. La conformazione all’interno è caratterizzata da una catena mon- della “casa-villaggio” aiuta proteggere la comuni- tuosa di cui il punto più alto è il Kinabalu (4.094 tà dagli animali e dalle inondazioni. Oggi riman- m s.l.m); la costa è invece e pianeggiante e palu- gono poche «case-villaggio» originali. La maggior dosa. Il territorio è per gran parte ricoperto dalla parte dei Dayak abita in villaggi con una confor- foresta pluviale (75%) e il clima è di tipo tropica- mazione differente rispetto al passato e le «case le. La biodiversità del Borneo è considerevole: villaggio» sono assai meno grandi e capienti. sull’isola sono presenti circa 3.000 tipi di alberi, Ogni gruppo dayak ha un proprio sistema gerar- 15.000 specie floreali, 288 specie di mammiferi chico e sociale, tuttavia è sempre presente un terrestri e 600 specie di uccelli. «capo» a guida della comunità; i vari gruppi sono organizzati in provincie autonome ma rimangono 4.2 I DAYAK comunque assoggettate al governo nazionale. Sulle coste risiede una popolazione molto varie- I Dayak praticano il culto Kaharingan, una reli- gata, composta per lo più da malesi, indonesiani gione animista comprendente un insieme di cre- e cinesi. Le popolazioni native dell’isola risiedono denze tramandate prima oralmente e poi raccol- prevalentemente nell’entroterra e sono chiamate te nel libro Panaturan tamparan taluh handai, comunemente Dayak. Tale termine riunisce circa pubblicato per la prima volta nel 1973 a seguito 200 gruppi e sottogruppi etnici, ognuno dei quali 8
del grande sinodo dei sacerdoti Kaharingan terre. I conflitti con le popolazioni locali furono d’Indonesia. Il Panaturan narra della creazione risolti con una difficile politica di pacificazione, del mondo e dell’arrivo degli essere umani sulla condotta anche con la forza, volta a stabilizzare terra. Secondo il libro sacro l’universo è suddivi- la situazione nell’entroterra per agevolarne il so in tre parti: il mondo sopraterreno (Aldilà), la controllo. Intorno alle metà del ‘900 gli europei si terra e il mondo sotterraneo. sono ritirati dal Borneo e nei territori olandesi e L’Aldilà è composto da sette cieli, in cui dimorano britannici sono subentrate le amministrazioni tutte le divinità e Ranying. Raying è il Creatore, indonesiana e malese, con cui gli europei aveva- associato alla sfera maschile e considerato come no già dei contatti. un essere invisibile e onnipotente ma, a differen- za del Dio cristiano, non onnipresente. Egli dimora 4.4 I DAYAK NELL’IMMAGINARIO OCCIDENTALE nel settimo cielo, sulla primordiale montagna Ciò che forse ha maggiormente segnato d’oro (chiamata Bukit Bulau Kangantung Gan- l’immaginario collettivo occidentale riguardo ai dang Kereng Nunyang Hapalangka Langit) e lungo Dayak è la pratica della “caccia alle teste”, oggi la riva del fiume Batang Danum Mendeng Nga- scomparsa. È una pratica che di fatto riguardava timbung Langit Guhung Tenjek Nyampalak solo alcuni gruppi, per i quali aveva radici e mo- Hawun. Nel terzo cielo è situato il villaggio primor- tivazioni molto differenti. Per alcuni gruppi dayak diale, creato da Ranying come dimora per la pri- la caccia alle teste e i «crani-trofeo» era parte di ma coppia di essere umani. Il mito narra che la rit sacrificali, funebri o di passaggio all’età adul- prima donna e il primo uomo ebbero tre figli e che ta. Altri gruppi, invece, la praticavano in guerra, il terzo fu predestinato - con sua moglie e i suoi in stretta relazione con quello che era il prestigio figli - a scendere dapprima in un villaggio alle por- del guerriero. La caccia alle teste è stata poi te del cielo e poi nel mondo terrestre. lentamente abbandonata o sostituita da altri riti, Il mondo sotterraneo si trova presso la fonte delle quale effetto della colonizzazione. acque primordiali, dove risiede la seconda divinità suprema chiamata Bawin Jata Balawang Bulau, associata alla sfera femminile e considerata ge- neratrice e portatrice di vita e fertilità, ma anche di malattie e morte. Uno dei riti più importante per i Dayak è la Tiwah, un rito funebre molto comples- so, attraverso il quale si affronta il viaggio di ritor- no dei morti alla vita primordiale nel mondo so- praterreno, per ricongiungersi con i propri avi. 4.3. L’INCONTRO CON L’OCCIDENTE L’incontro tra gli europei colonizzatori e i Dayak è relativamente recente. Gli occidentali hanno raggiunto le coste del Borneo all’inizio del ‘500, dapprima con i portoghesi e poi, nel corso del ‘600, con gli olandesi e i britannici. Per quasi tre scoli gli europei non si spinsero nell’entroterra, di difficile accesso, che rimase a lungo una terra sconosciuta e misteriosa. Il processo di esplorazione e di controllo Fotografia che ritrae tre guerrieri dayak armati di spade, dell’entroterra iniziò alla fine del ‘700 e fu molto lance e scudi (1875-1900 ca.). Archivio iconografico Historisches und Völkerkundemuseum, San Gallo. lungo e laborioso. La corsa alla colonizzazione vide protagonisti i britannici e gli olandesi che alla fine si accordarono sulla spartizione delle 9
4.5 L’ARTE DAYAK Bibliografia L’arte e la cultura materiale dayak si differenzia- no in ragione del loro utilizzo, che può essere Arneld Junita, «Il sentimento della morte nella cerimoniale oppure quotidiano. Alcuni generi nostra cultura», in: Junita Arneld e Paolo Maiullari oggetti sono presenti in entrambi i contesti e (a cura di): Patong. La grande scultura dei popoli allora si distinguono per il materiale o la tecnica del Borneo, Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano, con cui sono realizzati. Le opere d’arte e di cultu- 2008, pp. 135-157 (*) ra materiale dayak appartengono alla dimensio- ne sociale e culturale che al centro pone le rela- Campione Francesco Paolo, «Progetto Patong», zioni tra gli individui e il rapporto degli uomini in: Junita Arneld e Paolo Maiullari (a cura di): con il mondo sovrannaturale e i grandi fenomeni Patong. La grande scultura dei popoli del Bor- della natura. Gli oggetti concorrono a dare strut- neo, Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano, 2008, tura e senso ai vari domini dell’esistenza, veico- pp. 19-27 (*) lando valori emozionali e messaggi inerenti la sfera religiosa, sociale, politica, economica e (*) Maiullauri Paolo, Arte dayak, Collana Antro- storica: il prestigio dei membri della comunità, le punti del MUSEC, Culture Art&Books, Lugano norme e le gerarchie sociali, le relazioni di reci- 2019, pp. 296. procità, l’identità e il senso di appartenenza al gruppo, il legame con gli antenati e il mondo Sellato Bernard, «Un inatteso giacimento», in: dell’Aldilà, la prosperità e la protezione contro le Junita Arneld e Paolo Maiullari (a cura di): Pa- influenze nefaste. tong. La grande scultura dei popoli del Borneo, Tra i principali temi figurativi emergono le nume- Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano, 2008, pp. rose raffigurazioni antropomorfe e di animali - 53-57 (*) talvolta ibridate - riferite agli antenati, ai defunti, alle divinità e agli spiriti che popolano l’universo Vago Valeria, In viaggio per i Mari del Sud, Edi- mitologico. Altri temi ricorrenti sono le giare e i zioni Città di Lugano, Lugano, 2009. motivi vegetali quali foglie, tralci e fiori di loto. Sotto l’influsso dei ripetuti apporti esterni e delle (*) testi disponibili sul sito www.musec.ch (se- migrazioni interne, i linguaggi artistici locali si zione didattica in fondo alla pagina dedicata alla sono costantemente rinnovati e differenziati tra mostra «Dayak»). loro, dando vita a una grande varietà. Questo avviene anche in epoca coloniale, quando si as- siste all’assimilazione di valori ed elementi occi- Temi per ulteriori approfondimenti : dentali. Su talune sculture, ad esempio sono introdotti variazioni negli abbigliamenti, le armi - la simbiosi tra uomo e natura da fuoco e gli orologi. - gli effetti dell’incontro tra popolazioni native di un territorio e nuove culture - le grandi esplorazioni e la scoperta di terre ignote - le grandi vie del commercio - la colonizzazione europea - il ruolo del mito e del rito nella società - le grandi esplorazioni e la letteratura di viaggio - l’esotismo 10
5. IMMAGINI Le seguenti immagini possono essere scaricate dal sito musec.ch (sezione didattica in fondo alla pagina dedicata alla mostra «Dayak»). Uso esclusivamente a fini didattici. 1. Harimaung, Sommità di palo ceri- 2. Macete cerimoniale, Borneo centro- 3. Scala di casa clanica, Borneo moniale, Borneo meridionale. Etnia orientale. Corno di cervo, metallo, capel- orientale. Legno del ferro lavora- Ngaju oppure Ot Danum. Legno del li, resina, perline. Ante 1915. to. Anno 2002. 248×18×14 cm. ferro. XIX sec. - inizio del XX sec. 73,5×15×5 cm. Völkerkundemuseum Collezione privata. 164×32×62 cm. MUSEC, Lugano. der Universität Zürich. 4. Scultura raffigurante uno spirito 6. Keba, gerla da uomo, Borneo 5. Katambong, Tamburo cerimoniale, territoriale, Borneo centrale. Legno del meridionale. Legno, giunco. Borneo meridionale. Etnia Ngaju. Le- ferro. Fine del XIX sec. – inizio del XX Seconda metà del XX sec. gno, cuoio, fibre vegetali. XIX sec. – sec. 200×25×26 cm. Museum der 56×35×32 cm. Collezione inizio del XX sec. 61×19,5×19,5 cm. Kulturen Basel. privata. MUSEC, Lugano. 7. Sezione sommitale di mausoleo di 8. Hudoq, Maschera, Borneo orientale. 9. Sapundu, Sezione sommi- “seconda sepoltura”, Borneo centrale. Legno, pigmento, fibre vegetali, piume. tale di palo cerimoniale, Bor- Etnia Ot danum. Legno. Metà del XX Seconda metà del XX sec. 122×50×44 neo meridionale. Legno del sec. 212×54×130 cm. Museum der cm. MUSEC, Lugano. ferro. XIX secolo. 141×40×35 Kulturen Basel. cm. MUSEC, Lugano, 10. Gruppo con anziana tessitrice. 11. Casa-villaggio su palafitte 12. Tre guerrieri dayak armati di spade, lance e scudi (1875- 1900 ca.). Archivio iconografi- co Historisches und Völker- kundemuseum, San Gallo. 11
6. LA LETTURA ANTROPO- moda, all’arte) che non siamo in grado di ascri- vere ad un’area geografica specifica. LOGICA DELL’OPERA La fase culturale in cui viviamo è caratterizzata D’ARTE2 da un’estensione tale del modello culturale occi- dentale capitalistico da produrre una quasi totale omologazione delle culture indigene. Nel momento in cui visitiamo un’esposizione di L’omologazione è tale da averle ridotte alla for- opere all’interno di un museo, non possiamo non ma di sottoinsiemi regionali di un unico orizzonte interrogarci sull’effettiva decontestualizzazione culturale. Quelle poche civiltà che resistono a di tali opere. Questo vale ancor di più quando si quest’uniformazione - perlopiù civiltà asiatiche o parla di opere esposte in un museo di antropolo- islamiche - operano poi allo stesso modo gia dell’arte. dell’Occidente nei confronti delle altre civiltà, Il museo è il “punto d’arrivo» dell’oggetto, il luogo contribuendo a modificarne radicalmente i si- volto alla sua conservazione e valorizzazione, ma stemi socio-culturali locali. Visto che è scompar- esiste anche un altro ambito in cui si inserisce so il suo contesto culturale, l’arte etnica ha l’opera, che è il contesto originario di creazione e smarrito il suo tradizionale retroterra ideologico. fruizione. Esso è il luogo in cui l’artista, attraver- Le opere d’arte etnica non vengono più prodotte so la sua concezione del mondo, ha creato il per scopi rituali o sociali, ma sono appositamen- manufatto. Quando si parla di opere d’arte etnica te realizzate, nei casi migliori, per il mercato arti- l’ambito originario di creazione è lontano da noi, gianale o per il mercato collezionistico, nato per non solo geograficamente ma anche cultural- soddisfare le manie di possesso proprie della mente. La nostra capacità di comprendere ap- cultura dominante. pieno l’opera è determinata dalla nostra vicinan- Ne consegue che le opere raccolte nei musei za culturale con il contesto in cui la collochiamo, etnologici o antropologici sono l’espressione di che nel nostro caso sarà più vicino a quello un’arte che non esiste al presente e che per es- espositivo che non a quello di creazione. sere compresa deve essere storicizzata, ripor- tando alla luce i fenomeni e le dinamiche cultura- Ma che cos’è un’opera d’arte etnica? La defini- li che hanno permesso la sua produzione. zione di cosa sia l’arte e di cosa sia un’opera d’arte è lontana dall’essere definitiva e irrevoca- Esistono due modi, o visioni, diversi per relazio- bile, tuttavia possiamo genericamente asserire narsi con l’opera d’arte etnica. Il primo, quello che l’opera d’arte sia «un manufatto che in al- forse più congeniale a dei fruitori occidentali meno uno dei contesti culturali di cui fa o ha come noi, è un approccio di tipo fenomenologico fatto parte è considerato come un prodotto ec- in cui, attraverso una lettura decontestualizzata cellente della creatività umana e, come tale, dell’opera, si attivano meccanismi interpretativi fatto oggetto d’apprezzamento, d’ammirazione e propri e individuali. Il secondo è un approccio di stima, a prescindere dai diversi parametri cul- determinato da una visione emica e che, quindi, turali in gioco,» considera la funzione del manufatto all’interno Quando si parla dell’aggettivo «etnico» , il discor- delle dinamiche culturali del gruppo di apparte- so è, se possibile, ancora più complesso. Questo nenza di chi l’ha creata. È importante che queste aggettivo nella nostra immaginazione racchiude due visioni vengano integrate, perché è proprio un’immensa miscellanea di cose (dal cibo, alla la complessità dei punti di vista da cui l’opera può essere considerata ed interpretata a caratte- rizzare la sua maggior ricchezza. 2 Il seguente testo, così come la tabella nella pagina suc- cessiva, sono una sintesi dell’articolo «L’opera d’arte etnica: Il fruitore giudica l’opera d’arte che sta osser- significati e valori» di Francesco Paolo Campione in: La vando attraverso i suoi parametri di giudizio, che collezione Brignoni. Vol.1 Arte per metamorfosi (a cura di Francesco Paolo Campione), Edizioni Mazzotta, Milano si inscrivono in tre macro categorie: (1) forma; 2007, pp. 13-37. (2) funzione; (3) significato e valore. 12
La forma è descritta dall’osservatore e idealmen- Note e spunti per approfondimenti in classe te collocata all’interno del proprio patrimonio di idee e conoscenze. La funzione, invece, è ciò che ……………………………………………………………………….. ci permette di assegnare «un posto» ad ogni cosa e, infatti, quando incontriamo un oggetto a noi ……………………………………………………………………….. sconosciuto agiamo per approssimazione, collo- ……………………………………………………………………….. candolo e categorizzandolo insieme a oggetti che potrebbero - ipoteticamente - avere una funzione ……………………………………………………………………….. simile. L’opera d’arte etnica può possedere una o più funzioni (anche se all’apparenza ne espri- ……………………………………………………………………….. me solo una), ovviamente anche “extraesteti- ……………………………………………………………………… che”. È interessante notare come in alcune cul- ture una stessa forma può avere più nomi a se- ……………………………………………………………………… conda della sua funzione. Il significato è il conte- nuto espressivo dell’opera, sia nel suo insieme ……………………………………………………………………… che nei diversi elementi (concreti o astratti) che ……………………………………………………………………… la compongono, mentre il valore è l’importanza assegnata all’opera in base ai parametri di giudi- ……………………………………………………………………… zio (individuale o culturale) che riguardano uno o più elementi del sistema ideologico locale (valore ……………………………………………………………………… economico, giuridico, simbolico, strumentale, ……………………………………………………………………… identitario, etc.). Il concetto di «valore» viene ulte- riormente suddiviso in valori prossimi e valori ……………………………………………………………………… remoti. I valori prossimi sono quelli per cui l’opera è raccolta e conservata, mentre i valori ……………………………………………………………………… remoti sono quelli per cui l’opera è stata realizza- ……………………………………………………………………… ta e concepita. La comprensione di un’opera d’arte etnica è un ……………………………………………………………………… esercizio di semplificazione che priva l’opera di significati e valori (dopo aver già perduto la pos- ……………………………………………………………………… sibilità di interpretarla in «azione») e gliene asse- ……………………………………………………………………… gna altri (testimonianza, reperto, etc.). Il contesto visivo in cui essa è collocata è l’agente che per- ……………………………………………………………………… mette di sottolineare alcuni dei valori che l’opera possiede. L’opera musealizzata entra a far parte ……………………………………………………………………… di un contesto visivo in cui si sommano i signifi- ……………………………………………………………………… cati e i valori che le sono assegnati dal possesso- re (ad esempio un collezionista) e dal fruitore (il ……………………………………………………………………… pubblico). Ne consegue che il manufatto esposto è sempre un oggetto filtrato ed il museo non è ……………………………………………………………………… una cornice attraverso cui guardare l’arte e la ……………………………………………………………………… cultura, ma una lente ben focalizzata che mostra un punto di vista particolare. ……………………………………………………………………… ……………………………………………………………………… 13
14
Puoi anche leggere