Documento programmatico sul futuro della politica di coesione post-2020 - Rosa D'Amato

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Movimento 5 Stelle Europa
                             Rosa D’Amato

Documento programmatico sul futuro della
politica di coesione post-2020
Ratio e obiettivi della politica di coesione
La politica di coesione è la principale politica di investimento dell’Unione europea con
un’allocazione di più di 350 miliardi di euro1-quasi un terzo del budget totale dell’UE- nella
programmazione 2014-2020. All’Italia sono stati destinati circa 31 miliardi, di cui 20,6 miliardi
Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e 10,4 al Fondo sociale Europeo (FSE).
L’allocazione finanziaria dei Fondi strutturali (FESR e FSE) è destinata per la maggior parte
(22, 2 miliardi) alle regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia);
1,3 miliardi sono riservati alle regioni in transizione (Abruzzo, Molise, Sardegna) e i restanti
7,6 miliardi alle regioni più sviluppate del Centro-nord.
Pur permanendo una situazione di notevole incertezza sul Quadro Finanziario Pluriennale post-
2020, riteniamo che la quota percentuale destinata all’unica politica realmente
redistributiva dell’UE debba quantomeno rimanere la stessa e che anche l’allocazione
totale non debba subire idealmente nessun taglio.
Esprimiamo la nostra opposizione verso un modello di sostegno finanziario a gestione
diretta da parte della Commissione, che finanzierebbe solo progetti ‘ad alto valore
aggiunto europeo’ e che significherebbe de facto l’abbandono del processo di coesione
territoriale, ovvero uno dei pilastri fondativi dell’Unione Europea
La politica di coesione dovrebbe infatti continuare a finanziare le infrastrutture tramite
uso delle sovvenzioni (e non solo di strumenti finanziari, seppur a basso rischio) e
mantenere la sua corrente architettura a gestione condivisa tra Stati membri e
Commissione, con responsabilità di gestione e attuazione affidata agli Stati e alle Regioni.

     Politica di coesione più vicina alle reali vocazioni e bisogni dei territori
Nell’attuale quadro, il principio di partenariato già prevede che le autorità degli Stati membri
a tutti i livelli — nazionale, regionale e locale — collaborino strettamente tra loro e in
partenariato con sindacati, datori di lavoro, organizzazioni non governative e altri enti
responsabili, ad esempio, della promozione dell’inclusione sociale, della parità di genere e della
non discriminazione. L’attuale Codice Europeo di Partenariato, approvato con atto delegato nel
2014, è, di fatto, stato applicato solo formalmente, senza reale coinvolgimento degli attori
economici e sociali e con notevoli problematiche relative alla comunicazione tempestiva e
all’accessibilità delle informazioni pertinenti soprattutto per organizzazioni non governative e

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  I Fondi SIE-Fondi Strutturali e di Investimento Europei sono in totale 5, e dunque, oltre al FESR e al FSE, vi
sono anche il Fondo di Coesione (al quale l’Italia non accede), il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale
(FEASR) e il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP). Il totale dei 5 Fondi SIE ammonta a
637 miliardi di euro in totale, di cui 454 miliardi provengono dal bilancio UE e il restante è assicurato dal
cofinanziamento nazionale..
attori sociali. La creazione di una specifica condizionalità ex-ante, e dunque di un
meccanismo vincolante che definisca più precisamente modalità di coinvolgimento di tutti
gli stakeholders nella preparazione degli accordi di Partenariato e poi dei programmi
operativi nazionali e regionali, darebbe un reale e concreto impulso alla multilevel
governance e favorirebbe il coinvolgimento effettivo di tutti i cittadini sia a livello di
concezione sia a livello di attuazione dei programmi nei rispettivi territori.
Sempre a tal fine e anche allo scopo di aumentare la trasparenza del processo decisionale di
allocazione dei fondi in ogni regione, proponiamo anche di introdurre l’obbligo per le
Autorità di Gestione di pubblicare un work program, ovvero di un documento nel quale
si anticipano le date di uscita dei bandi relativi ad un programma operativo al fine di fare
programmare per tempo imprese e comuni.

          Tempistica di programmazione e di spesa

Nella programmazione 2014-2020, le Regioni del Mezzogiorno Italiano sono state tra le ultime
in Europa a vedere adottato il loro programma operativo, addirittura tra settembre e dicembre
del 2015. La tardiva approvazione del Regolamento Disposizioni Comuni nel dicembre 2013,
a cui ha fatto seguito l’Accordo di Partenariato dell’Italia, adottato a fine ottobre 2014 dopo
lunghe negoziazioni, non ha certo aiutato in tal senso.
Chiediamo dunque alla Commissione Europea di presentare al più presto la proposta di
Regolamento per il quadro post-2020, al fine di garantire un tempo congruo per una
discussione approfondita e una negoziazione proficua tra Consiglio, Parlamento europeo
e Commissione che porti ad un’adozione tempestiva del nuovo quadro regolamentare
almeno a livello europeo.
Chiediamo inoltre di rivedere i target di spesa annuale (per esempio, aumentando i target dei
primi anni di programmazione) al fine di evitare, come accaduto nella programmazione 2007-
2013, che negli ultimi anni e mesi di programmazione si assista ad un aumento vertiginoso
delle spesa, spesso frutto di progetti retrospettivi (ovvero di progetti inizialmente finanziati con
fondi nazionali ma ritenuti ‘coerenti’ con gli obiettivi comunitari) o inutili, solo al fine di
evitare il disimpegno delle risorse.
Riteniamo inoltre che la pubblicazione sulla piattaforma Cohesion Data2 della DG Regio dei
target di spesa sia utile ad informare i cittadini europei ed inoltre favorisca il virtuoso fenomeno
della sorveglianza attiva delle popolazioni europee sulla prestazione che il proprio Stato
fornisce in termini di concreta attuazione rispetto al programmato.

          Indicatori

Attualmente il Prodotto Interno Lordo è l’unico indicatore usato per lo stanziamento delle
risorse. Non riteniamo tuttavia, come d’altra parte espresso chiaramente anche dal Comitato
delle Regioni3, che il semplice PIL possa misurare la capacità da parte di una società di
affrontare sfide complesse come i cambiamenti climatici, la qualità della vita, l’invecchiamento
della popolazione, l’inclusione sociale, le specificità geografiche, la distribuzione del reddito e
la ripartizione geografica delle risorse e dei fattori di crescita economica. Invitiamo dunque
la Commissione ad affiancare al PIL altri indici, come il cosiddetto SPI (Social Progress
Index,-Indice di progresso sociale4, misura esigenze umane di base, le basi del benessere, le

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    https://cohesiondata.ec.europa.eu/
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                                                                                http://eur-lex.europa.eu/legal-
content/IT/TXT/?toc=OJ%3AC%3A2016%3A120%3ATOC&uri=uriserv%3AOJ.C_.2016.120.01.0016.01.ITA
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  http://ec.europa.eu/regional_policy/it/newsroom/news/2016/04/04-01-2016-figuring-out-social-progress
opportunità ), o il Better Life Index dell’OCSE , che consentano un approccio più
«qualitativo» e che tengano conto dunque delle tre dimensioni della coesione sancita dai
Trattati: economica, sociale e territoriale.

          Coesione e Semestre Europeo
L’attuale Regolamento Disposizioni Comuni, che norma i 5 Fondi Strutturali e di Investimento,
introduce il collegamento con il semestre europeo, che è il ciclo annuale di relazioni, analisi e
processi decisionali a livello di UE in relazione ai progressi compiuti nel conseguimento della
strategia Europa 2020. Un cambiamento sostanziale rispetto ai periodi di programmazione
precedenti consiste nel fatto che tale collegamento deve essere mantenuto non solo in fase di
programmazione, ma anche di attuazione.
Sin dall’inizio della legislatura, ci siamo battuti nella commissione per lo sviluppo regionale,
per la revisione dell’articolo 23 del Regolamento, che prevede che la Commissione proceda
alla sospensione parziale o totale degli impegni o dei pagamenti relativi ai programmi di uno
Stato Membro qualora, per esempio, quest’ultimo non abbia realizzato azioni efficaci per
ridurre il suo disavanzo eccessivo.
Consideriamo queste misure che collegano l’efficacia dei Fondi ESI alla cosiddetta ‘sana’
governance economica-e le sanzioni previste- non solo inappropriate ma anche del tutto
controproducenti per almeno tre ragioni:
    1) Le sanzioni legate al disavanzo non farebbero altro che peggiorare ulteriormente la
        situazione dei conti pubblici. Dal momento che i trasferimenti correnti e i trasferimenti
        di capitali dalle autorità nazionali sono le fonti di finanziamento principali delle autorità
        regionali e locali, ogni taglio in tal senso destabilizzerebbe i bilanci di queste ultime e
        limiterebbe drasticamente la loro capacità di contribuire agli investimenti pubblici.
    2) Una sospensione dei pagamenti e/o degli impegni del FESR o del FSE non solo
        danneggerebbe la pianificazione finanziaria a livello di programma ma potrebbe portare
        anche all’interruzione di progetti già iniziati nei territori;
    3) Come evidenziato nel Sesto Report sulla Coesione del 2014 5, benché le
        amministrazioni locali e regionali abbiano la responsabilità di circa il 30% della spesa
        pubblica statale e di circa il 60% degli investimenti statali, l'aumento del debito
        pubblico, al pari del disavanzo, deriva in buona parte dalle attività del governo centrale
        e non regionale.

L’articolo 23 non è, in pratica, mai stato ancora applicato.
Nel luglio 2016, la Commissione Europea aveva avviato la procedura disciplinare formale
contro Spagna e Portogallo per deficit eccessivo negli esercizi 2014 e 2015, spiegando che i
due Paesi non avrebbero adottato misure efficaci per correggere il deficit abbastanza
rapidamente. I due Paesi ricadevano dunque in uno delle due fattispecie previste nell’articolo
23 e rischiavano dunque di incorrere nella sospensione degli impegni dei programmi operativi.
La decisione, abbastanza pilatesca, della Commissione è stata alla fine quella di proporre ‘zero
sanzioni’, anche per non turbare troppo il governo reggente spagnolo di Rajoy, allora sotto
elezioni.
Il Movimento 5 Stelle propone di andare alla radice del problema e rivedere
profondamente la ratio stessa del collegamento tra semestre europeo e politica di
coesione, cancellando dunque ogni previsione di sanzioni, ingiuste, inutili e
particolarmente penalizzanti per le autorità regionali e locali e per i beneficiari dei

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    http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docoffic/official/reports/cohesion6/6cr_it.pdf
progetti. Non è la politica di coesione ad essere la causa del debito ma, anzi se parte di
una politica di investimenti espansionistica, può essere parte della soluzione.

Alla luce di una auspicata politica di investimenti, proponiamo la revisione della clausola
di investimento per permettere che gli investimenti regionali e nazionali cofinanziati
attraverso i Fondi SIE siano esclusi dal calcolo dei disavanzi pubblici nazionali nel quadro
del semestre europeo.

       Flessibilità e sinergie
Nel contesto della politica di coesione, e della sua riforme, il concetto di ‘flessibilità’ può avere
forme ed accezioni diverse.
In linea di principio, ci opponiamo all’introduzione di elementi di flessibilità che facilitino
la combinazione di fondi tra Fondi SIE e EFSI (il cosiddetto piano Juncker). Dovrebbero
esserci chiari limiti tra questi due strumenti che si differenziano notevolmente per concezione
e attuazione. Sin dalla proposizione del primo piano Juncker, abbiamo denunciato numerose
criticità (poi tra l’altro confermate anche da un rapporto della Corte dei Conti Europea del
20166) in merito alla mancanza di trasparenza e distribuzione geografica dell’EFSI, alla scelta
dei progetti e al suo management, all’assenza di una valutazione indipendente dello strumento
e a proiezioni esageratamente ottimiste del suo effetto leva e della sua capacità di attrazione
degli investimenti privati.
Saremmo invece favorevoli al rafforzamento di schemi di sinergie con i fondi diretti, quali
‘Seal of Excellence’, che garantisce a progetti non eleggibili per il finanziamento nei band
di H2020 ma riconosciuti, dopo un’attenta valutazione, di alta qualità, di poter ricevere
un certificato di eccellenza ed essere dunque eleggibili al finanziamento tramite Fondi
SIE.

         Riforme strutturali e assistenza tecnica

Siamo fermamente convinti che non dovrebbe esserci nessun supporto diretto della
politica di coesione all’attuazione di riforme strutturali come indicate nelle
Raccomandazioni Specifiche nel Paese.
In Aprile 2017 è stato approvato dalla plenaria del Parlamento Europeo il ‘Programma di
Sostegno alle Riforme Strutturali’, una sorta di programma ‘pilota’ finanziato con 142 milioni
derivanti dal budget dell’assistenza tecnica della politica di coesione, e volto ad ‘assistere’ gli
Stati Membri nell’attuazione di riforme strutturali relative, proprio secondo la definizione
ripresa nel regolamento in esame, anche al mercato del lavoro e quindi alla previdenza sociale,
alla liberalizzazione e privatizzazione di servizi, oltre che al settore dell’istruzione e alla
formazione.
Com’è stato già dimostrato in Grecia, Cipro, e Portogallo i programmi di riforma strutturale
non stanno contribuendo alla crescita né al miglioramento della prosperità economica negli
Stati membri, ma, al contrario, stanno aumentando notevolmente il numero di persone
disoccupate, aggravando le ineguaglianze sociali e riducendo in uno stato di indigenza milioni
di cittadini dell'UE.
Ben diversa è invece la nostra posizione in merito all’assistenza tecnica volta al
rafforzamento della capacità amministrativa degli Stati Membri nell’utilizzo dei fondi
comunitari, che invece deve essere mantenuta anche nella nuova programmazione e

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    http://www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/INOP16_02/INOP_EFSI_IT.pdf
contenere nuovi indicatori di performance. L’adeguata formazione delle amministrazioni
nazionali, regionali e locali all’analisi e applicazione delle complesse regole relative ai
Fondi Strutturali e di Investimento è decisiva per il miglioramento della qualità e quantità
dei progetti.

    Semplificazione e controllo
Nell’attuale programmazione 2014-2020 vi è stato una notevole spinta verso la semplificazione
amministrativa. Riteniamo che nella nuova programmazione debba sussistere un
necessario equilibrio tra le esigenze di semplificazione, soprattutto per le piccole e medie
imprese, e il controllo. A tal fine, le opzioni dei Costi Semplificati sono sicuramente uno
strumento da confermare ed estendere anche nella nuova programmazione post-2020
Un’adeguata riflessione va compiuta anche in merito al cosiddetto gold-plating. Con il
termine gold-plating ci si riferisce generalmente a quel complesso di normative che vanno al
di là di quanto richiesto per applicare il diritto UE. Nell’ambito dei Fondi Strutturali e di
Investimento, si distingue tra ‘active goldplating’, ovvero quelle procedure amministrative e
obblighi regolamentari addizionali che vanno al di là dei requisiti stabiliti dai Regolamenti
Europei, e ‘passive goldplating’, ovvero quelle fattispecie ove gli attori locali, regionali,
nazionali non applicano le misure di semplificazione proposte nei regolamenti UE.
La riduzione del gold-plating, a cui idealmente tendiamo, deve necessariamente passare,
tuttavia, da un’adeguata consultazione degli amministrazioni pubbliche e degli altri
attori economici e sociali dei territori, in quanto, specialmente in determinati contesti,
norme più stringenti (per esempio in merito di anti-corruzione) possono essere necessarie
proprio al fine di aumentare la trasparenza e il corretto svolgimento dei bandi.

Autorità della Politica di Coesione

Riteniamo che anche nella nuova programmazione deve essere garantita e mantenuta una
totale indipendenza funzionale tra Autorità di Gestione, Certificazione e Audit, e
auspichiamo inoltre un maggiore controllo degli organismi comunitari sulla rotazione di
personale tra le diverse autorità sopramenzionate e sui conflitti di interesse.

Proponiamo inoltre l’istituzione di una Autorità di Audit unica strutturata su base nazionale
e completamente estranea a tutte le Istituzioni regionali e nazionali beneficiarie di fondi
europei.
Una delle maggiori criticità del processo di controllo nei vari Stati europei è che situazioni
simili sono spesso trattate in modo diverso, e dunque ne consegue una mancanza di omogeneità
ed un inevitabile disorientamento dei soggetti beneficiari. Per garantire la Commissione
Europea rispetto alla corretta e omogenea applicazione delle regole, proponiamo l’istituzione
di un Albo degli Auditor europei
Per accedere all’Albo, gli Auditor dovranno sostenere un esame scritto e orale (sul modello
degli attuali esami di Stato) davanti ad una Commissione nazionale alla quale partecipa uno o
più rappresentanti della Commissione Europea.
 Banche e Strumenti finanziari
La quota di utilizzo di strumenti finanziari sarà verosimilmente estesa nella proposta della
Commissione sulla futura politica di coesione.
L’importanza crescente di tali strumenti genera una serie di legittime preoccupazioni da parte
delle regioni e delle relative Autorità di Gestione.
Sulla base dei feedback dei territori e dei report della Corte dei Conti Europea, riteniamo che
lo strumento delle sovvenzioni sia ancora necessario e tuttora da preferire in molti casi.
Ad esempio, per sostenere le piccole e medie imprese nel contesto delle regioni meno
sviluppate (ovvero tutto il nostro Mezzogiorno) o meno popolate, per progetti rischiosi che non
possano soddisfare le condizioni necessarie per il sostegno nell'ambito dei regimi degli
strumenti finanziari, e anche per i progetti che non generino ritorni immediati (ad esempio
progetti nell’ambito della ricerca e del sociale, alcuni investimenti in infrastrutture, politiche
attive del mercato del lavoro).
L’aumento della quota di strumenti finanziari nella politica di coesione non dovrebbe essere
dunque un fine in sé, ma essere condizionato ad un’attenta analisi indipendente ex-ante ed
ex-post.
In vista della probabile riduzione del budget europeo, comprendiamo in parte l’incentivo da
parte della Commissione verso un uso più esteso degli strumenti finanziari ma sottolineiamo
che essi presentano in alcuni casi incognite di rilevanza molto significativa e contesti di
rischiosità che a nostro avviso non sono accettabili in un ambito istituzionale pubblico come
quello europeo. Finora infatti gli strumenti finanziari non sono riusciti, in generale, ad attrarre
capitali privati: è quindi mancato il previsto effetto leva e soltanto un numero ristretto di
strumenti finanziari del FESR e dell’FSE è riuscito a fornire sostegno finanziario rotativo.
Occorre verificare che il principio di addizionalità laddove si ricorra all’EFSI sia rispettato, e
valutare il reale effetto moltiplicatore ma soprattutto il valore aggiunto dal punto di vista
sociale, ambientale ed economico di tale supporto finanziario.

Sarebbe inoltre opportuno selezionare accuratamente gli interlocutori sulla base di rigorosi
criteri pubblici di selezione rispondenti ai più elevati standard di trasparenza e responsabilità,
eliminando quegli intermediari finanziari che non siano solidi e affidabili e il cui andamento
non sia verificato o verificabile dalla BCE. Dovrebbe essere immediatamente interrotta la
collaborazione con gli intermediari finanziari che si avvalgono di paradisi fiscali e centri
offshore o con precedenti negativi in termini di trasparenza, pratiche di elusione e abuso fiscale,
corruzione, frode, riciclaggio, o impatti ambientali e sociali negativi. Ogni forma di
finanziamento tramite gli intermediari dovrebbe essere altresì condizionata alla pubblicazione
delle informazioni relative alla proprietà effettiva e dei dati contabili e fiscali paese per paese.
Gli strumenti finanziari impiegati dovrebbero prevedere sempre una informazione di massima
chiara e semplice sui margini di rischio, incrementando il livello di informazione e
consapevolezza dei clienti finali. Bisognerebbe inoltre vietare che il ricorso agli strumenti
finanziari possa avvenire previo abbinamento con prodotti bancari di carattere speculativo o ad
elevato rischio.
La scelta dello strumento deve quindi essere oculata ed effettuata soprattutto in relazione al
fattore di rischio: non possono esserci operazioni speculative e non ha senso ricorrere a
strumenti ad elevato rischio come equity, trust fund o alcuni tipi di bond, rincorrendo un
potenziale miraggio di un grande effetto leva nell’attrazione dei capitali privati. Sarebbe invece
utile e sensato impiegare forme di garanzia, di controgaranzia, oppure provvedere a prestiti a
tasso agevolato, meglio se con tempi di rientro adeguatamente lunghi e ancora regolare e
agevolare forme di crowdfunding e peer-to-peer e social lending.
Per garantire la difesa degli interessi finanziari dell’Unione Europea in caso di utilizzo di
strumenti finanziari proponiamo il potenziamento di misure antifrode quali ARACHNE,
estendendone l’applicazione a questa tipologia di strumenti classificando tali operazioni come
operazioni ad alto rischio.
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