Diritti e politiche di parità nell'Unione europea - Federica Di Sarcina - Con il patrocinio e il contributo della

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Diritti e politiche di parità nell'Unione europea - Federica Di Sarcina - Con il patrocinio e il contributo della
Diritti e politiche di parità
        nell’Unione europea
                          Federica Di Sarcina

Con il patrocinio e
il contributo della   Con il patrocinio di
Diritti e politiche di parità nell'Unione europea - Federica Di Sarcina - Con il patrocinio e il contributo della
Pubblicazione realizzata nell'ambito del corso di formazione:
"Le Pari Opportunità nell'Anno Europeo della Lotta alla Povertà e all'Esclusione
Sociale", organizzato dal Centro di Informazione Europe Direct Siena e dal
Servizio Pari Opportunità dell'Università degli Studi di Siena.

Impaginazione e design di: Klajdi Gjondedaj (stagista presso Europe Direct Siena)

Stampa: Dicembre 2010

                                                     Università degli Studi di Siena
                               Front Office - Centro di Informazione Europe Direct
                                                             via Banchi di Sotto, 55
                                                                       53100-Siena

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                                           http://www.unisi.it/ateneo/europedirect

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Diritti e politiche di parità nell'Unione europea - Federica Di Sarcina - Con il patrocinio e il contributo della
Introduzione

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, avvenuta il 1° dicembre
2009, l’uguaglianza tra le donne e gli uomini è stata formalmente
riconosciuta tra i valori dell’Unione europea e la Carta dei diritti
fondamentali, guadagnando forza giuridica vincolante, è divenuta un
autorevole documento di riferimento anche per il proseguimento della
consolidata politica comunitaria di pari opportunità. L’interesse verso il
principio di uguaglianza tra le donne e gli uomini ha, infatti, radici profonde
nella Comunità/Unione europea (CEE/UE) e il desiderio di costruire una
società basata sulla piena partecipazione dei generi alla vita economica,
sociale, politica, culturale degli Stati membri era insito nel progetto di
edificazione di un’Europa unita. Anche se il Trattato istitutivo della
Comunità economica europea (CEE), firmato a Roma il 25 marzo 1957 ed
entrato in vigore l’anno seguente, aveva riconosciuto una nozione molto
circoscritta di uguaglianza tra i sessi, sarà grazie ad esso che la condizione
femminile e le pari opportunità costituiranno temi di interesse sempre
crescente nel processo di integrazione europea.

           La parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici

Il Trattato di Roma segna la nascita della CEE e, con essa, della politica di
pari opportunità. Infatti, all’articolo 119 – inserito nel capitolo dedicato
alle disposizioni sociali – veniva stabilito l’obbligo per gli Stati membri di
rispettare il principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici
per uno stesso lavoro. Questo articolo venne introdotto su richiesta della
Francia che riconosceva nel proprio ordinamento la parità salariale tra le
donne e gli uomini e di conseguenza temeva una concorrenza sleale da parte
degli altri Stati membri dove il Gender Pay Gap – la differenza tra il salario
maschile e quello femminile – era molto più ampio. Inoltre, nel 1951,
l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) aveva approvato la
“Convenzione sull’uguaglianza di retribuzione tra la manodopera maschile
e la manodopera femminile” riaffermando sul piano internazionale un
principio riconosciuto fin dal primo dopoguerra.

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Diritti e politiche di parità nell'Unione europea - Federica Di Sarcina - Con il patrocinio e il contributo della
Purtroppo però, all’entrata in vigore del Trattato CEE non ha fatto seguito
alcun cambiamento di notevole portata nelle realtà degli Stati membri e alla
metà degli anni Sessanta la differenza di retribuzione tra i sessi era ancora
molto elevata. Così, nel quadro del primo programma d’azione sociale
(1973), il Consiglio dei ministri della CEE approvava una specifica direttiva
sul “ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative
all’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di
sesso maschile e quelli di sesso femminile”. In particolare, come recita
l’articolo 3 della direttiva “Gli Stati membri sopprimono le discriminazioni
tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile derivanti da
disposizioni legislative regolamentari o amministrative contrarie al principio
della parità delle retribuzioni”. Oltre a ciò, l’articolo 4 della direttiva
stabiliva che “Gli Stati prendono le misure necessarie affinché le
disposizioni contrarie al principio della parità delle retribuzioni e contenute
in contratti collettivi, tabelle o accordi salariali o contratti individuali di
lavoro siano nulle, possano essere dichiarate nulle o possano essere
modificate”. Grazie a questa direttiva, ad oggi le donne che subiscono
discriminazioni salariali dirette – guadagnano cioè uno stipendio inferiore a
quello dei loro colleghi maschi per uno stesso lavoro – sono sempre meno
numerose.
Tuttavia, le cause del Gender Pay Gap sono svariate per i lavori di valore
uguale ai quali pure il principio della parità retributiva si applica. In questo
caso, le ragioni della disparità salariale tra i sessi risiedono in primo luogo
nella sottovalutazione del lavoro femminile. Così, i lavori che richiedono
competenze, qualifiche o esperienze simili tendono a essere scarsamente
retribuiti se svolti principalmente da donne. Oltre a ciò le donne sono
vittime di una segregazione occupazionale, orizzontale e verticale. La
segregazione occupazionale è l’ineguale distribuzione per genere degli
individui tra le diverse occupazioni. Infatti, le donne non si distribuiscono in
modo uniforme nei settori d’attività, nelle professioni e nei mestieri, ma si
concentrano prevalentemente in poche occupazioni, spesso legate a
stereotipi sociali e ricalcate sui ruoli tradizionali e di cura. La segregazione
si definisce orizzontale quando viene riferita alla concentrazioni
dell’occupazione femminile in un ristretto numero di settori e professioni,
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Diritti e politiche di parità nell'Unione europea - Federica Di Sarcina - Con il patrocinio e il contributo della
verticale se riferita alla concentrazione femminile ai livelli più bassi della
scala gerarchica nell’ambito di uno stesso lavoro.
Ad oggi, la parità salariale tra lavoratori e lavoratrici non può dirsi rispettata
e nei 27 paesi dell’UE il gender pay gap è ancora molto ampio. Nonostante
l’evoluzione nettamente positiva del tasso d’occupazione femminile, il
divario di retribuzione tra i sessi, stimato nel 2005 del 15%, ha rivelato
un’elevata segregazione del mercato del lavoro (come in Slovacchia,
Finlandia, Estonia e nell’isola di Cipro) o un forte ricorso delle donne al
tempo parziale (come in Germania, Regno Unito, Olanda e Austria). Il
differenziale salariale risulta superiore alla media nel settore privato (25%),
all’interno del quale aumenta in modo direttamente proporzionale alla
dimensione dell’azienda, all’età e al livello d’istruzione e di formazione
professionale. In altri termini, le qualifiche e l’esperienza acquisite dalle
donne sono meno remunerate di quelle degli uomini. Allo stesso modo, nei
paesi in cui la discriminazione salariale nei confronti delle donne è meno
accentuata, come in Italia, Grecia e Polonia, questo fenomeno si lega al fatto
che il tasso di occupazione delle donne è più basso e che la manodopera è
meno qualificata.
La persistenza del divario di retribuzione impone dunque una rinnovata
riflessione sulle linee d’azione da intraprendere, agendo sul quadro
normativo e contando su tutti gli attori coinvolti in tale processo, a partire
dai datori di lavoro. Del resto, la fissazione del salario femminile a un
livello più basso rispetto a quello dell’uomo ha conseguenze significative
sulla posizione delle donne nella società. Essa costituisce, infatti, un
ostacolo a un’eguale indipendenza economica tra i sessi, incidendo
inevitabilmente sulle scelte individuali come le modalità e la durata del
lavoro, le interruzioni di carriera o la ripartizione delle responsabilità
domestiche e familiari.
I suoi effetti si risentono anche dopo la fine della vita attiva, quando il
divario di retribuzione si trasforma in divario di pensione,
accentuando in tal modo la maggiore esposizione
delle donne al rischio di povertà.

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Divario retributivo tra i sessi nel 2008

     Stati membri Gender Pay              Italia            4, 9
        dell’UE      Gap                Lettonia           21, 6
                                        Lituania           13, 4
        Austria          25, 5        Lussemburgo          12, 4
         Belgio            9             Malta              9, 2
       Bulgaria          13, 6
         Cipro           21, 6         Paesi Bassi      23,6 (2007)
      Repubblica         26, 2          Polonia              9, 8
         Ceca                          Portogallo           9, 2
      Danimarca       17,7 (2007)       Romania               9
        Estonia       30,3 (2007)      Slovacchia          20, 9
       Finlandia          20             Slovenia           8, 5
        Francia          19, 2
      Germania           23, 2            Spagna            17, 1
        Grecia            22              Svezia            17, 1
       Ungheria          17, 5
        Irlanda       17,1 (2007)      Regno Unito          21, 4

Fonte: M. Smith, Analysis Note: The Gender Pay Gap in the EU – What Policy
Responses?, February 2010, European Network of Experts on Employment and
Gender Equality issues – Fondazione Giacomo Brodolini, in www.ingenere.it.

       Le direttive comunitarie sulla parità tra uomini e donne:
         un pilastro della politica sociale dell’Unione europea

Per contrastare le numerose discriminazioni di cui è vittima la donna nel
mondo del lavoro, alla parità tra i generi è dedicato un ampio corpus
legislativo europeo composto da direttive riguardanti l’accesso
all’occupazione, la protezione alla maternità, la sicurezza sociale, il
congedo parentale, l’onere della prova nei casi di discriminazione e il
lavoro autonomo.
Queste direttive rappresentano un importante pilastro della politica sociale
europea e, nonostante alcuni limiti, esse costituiscono ancor oggi il cuore
dell’acquis in materia di parità tra i sessi.                              4
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Grazie a queste disposizioni, la CEE/UE ha definito nel tempo il suo primo
approccio strategico per combattere la disuguaglianza di genere – la parità
di trattamento – riconducibile a un concetto di uguaglianza formale e passo
primordiale di ogni politica antidiscriminatoria. Un avanzamento che ha
condotto gli Stati fondatori della CEE, nonché tutti quelli che nel corso del
processo integrativo sono entrati a farne parte, a procedere al necessario
adeguamento normativo, riconoscendo e tutelando da un punto di vista
giuridico i pari diritti dei lavoratori e delle lavoratrici definiti sul piano
europeo.
             DIRETTIVE IN MATERIA DI PARITÀ UOMO-DONNA

Direttiva 75/117/ Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati GU L 45
CEE del           membri relative all'applicazione del principio           del
Consiglio del 10  della parità delle retribuzioni tra i lavoratori 19/02/1975
febbraio 1975     di sesso maschile e quelli di sesso femminile
Direttiva 76/207/ Attuazione del principio della parità di GU L 39
CEE del           trattamento fra gli uomini e le donne per                del
Consiglio del 9   quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla 14/02/1976
febbraio 1976     formazione e alla promozione professionali e
                  le condizioni di lavoro
Direttiva 79/7/ Graduale attuazione del principio di parità di GU L 6 del
CEE del           trattamento tra gli uomini e le donne nei 10/01/1979
Consiglio, del 19 regimi legali di sicurezza sociale
dicembre 1978
Direttiva 86/378/ Attuazione del principio della parità di GU L 225
CEE del           trattamento tra gli uomini e le donne nei                del
Consiglio del 24 regimi professionali di sicurezza sociale         12/08/1986
luglio 1986
Direttiva 86/613/ Applicazione del principio della parità di GU L 359
CEE del           trattamento fra gli uomini e le donne che                del
Consiglio dell'11 esercitano un'attività autonoma, ivi comprese 19/12/1986
dicembre 1986 le attività nel settore agricolo, e relativa
                  altresì alla tutela della maternità
Direttiva 92/85/ Attuazione di misure volte a promuovere il GU L 348
CEE del           miglioramento della sicurezza e della salute             del
Consiglio, del 19 sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere 28/11/1992
ottobre 1992      o in periodo di allattamento
Direttiva 96/34/ Concernente l’accordo quadro sul congedo GU L 145
CE del Consiglio parentale concluso dall'UNICE, dal CEEP e                 del
del 3 giugno      dalla CES                                        19/06/1996
1996

                                                                            5
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Direttiva 97/80/ Onere della prova nei casi di discriminazione GU L 14
CE del Consiglio basata sul sesso                              del
del 15 dicembre                                                20/01/1998
1997

Direttiva 96/97     Modifica la Direttiva 86/378/CEE del GU L 46
CE del Consiglio    Consiglio del 24 luglio 1986 relativa                del
del 20 dicembre     all'attuazione del principio della parità di 17/02/1997
1996                trattamento tra gli uomini e le donne nel
                    settore dei regimi professionali di sicurezza
                    sociale
Direttiva           Modifica della direttiva 76/207/CEE            GU 269
2002/73/CEE del                                                             del
PE e del
Consiglio del 23                                                     5/10/2002
settembre 2002

Direttiva           Pari opportunità e parità di trattamento tra GU L204
2006/54/CE del      uomini e donne in materia di occupazione e        del
Consiglio e del     impiego (rifusione)
PE del 5 luglio                                                      26/07/200
2006                                                                         6
Direttiva           Principio della parità di trattamento tra         GU L373
2004/113/CEE        uomini e donne per quanto riguarda l’accesso            del
del Consiglio del   a beni e servizi e la loro fornitura
13 dicembre                                                          21/12/200
2004                                                                         4
Direttiva           Applicazione del principio della parità di        GU L180
2010/41/UE del      trattamento tra uomini e donne che esercitano           del
PE e del            un’attività autonoma e che abroga la direttiva
Consiglio del 7     86/613                                           15/07/201
luglio 2010                                                                  0

          I programmi d’azione per la parità delle possibilità tra
                         gli uomini e le donne

A partire dagli anni Ottanta, l’approvazione dei “programmi d’azione per la
parità delle possibilità tra donne e uomini” segna un importante passo in
avanti per la politica comunitaria in materia di uguaglianza trai generi.
Consapevole dell’importanza ma anche dell’insufficienza delle direttive
comunitarie – nelle quali viene riconosciuto e tutelato un concetto di
                                                                          6
Diritti e politiche di parità nell'Unione europea - Federica Di Sarcina - Con il patrocinio e il contributo della
uguaglianza formale – la Commissione europea decide di impegnarsi lungo
la strada delle pari opportunità. Strettamente legato al concetto di
uguaglianza sostanziale, il principio di pari opportunità mira a ristabilire i
medesimi punti di partenza nella vita sociale, economica e politica tra gli
appartenenti ai diversi gruppi sociali attraverso l’adozione di “azioni
positive. Ad esempio, di fronte al gap di scolarità e formazione
professionale esistente tra gli uomini e le donne e che produce effetti di
emarginazione e auto-emarginazione sui mercati del lavoro, solo il
riconoscimento di azioni positive a favore del genere femminile potrà
ristabilire condizioni di eguaglianza nei fatti. Oltre a ciò, l’affermazione
della parità di opportunità passa necessariamente attraverso politiche volte
a ottenere un certo equilibrio tra responsabilità familiari e lavorative nonché
una distribuzione più efficace di tali responsabilità tra i due sessi. In questo
caso viene data priorità alle misure concernenti l’organizzazione dell’orario
di lavoro, la creazione di infrastrutture per la cura dei figli e la
reintegrazione dei lavoratori nel mercato occupazionale dopo periodi di
congedo parentale.
L’uso dei programmi d’azione – strumenti di soft-law – costituisce una
pratica diffusa in ambito comunitario, utilizzata per gestire particolari
issues politiche, spesso non inizialmente incluse tra le competenze
comunitarie. Da un punto di vista procedurale, le proposte vengono
generalmente elaborate dalla Commissione europea per essere poi
presentate al Consiglio dei ministri insieme ad una indicazione di bilancio.
Nel caso specifico dei programmi d’azione per la parità delle possibilità,
nel corso della trattativa, numerose sono le opinioni che vengono ascoltate
(dalle lobbies ai sindacati, dai gruppi di ricerca al mondo
dell’associazionismo femminile), tra le quali esercitano una notevole
influenza quelle della Commissione per i diritti della donna del Parlamento
europeo. Una volta approvato, il programma d’azione costituisce la base
per le proposte legislative, il finanziamento di progetti, di studi e ricerche,
sempre sotto il costante monitoraggio dell’esecutivo comunitario. Nei
riquadri che seguono vengono elencati i settori d’intervento previsti dai
primi quattro programmi d’azione grazie ai quali l’interesse della CEE/UE
nel settore dell’uguaglianza di genere è andato ben oltre la sfera lavorativa,
investendo la società nella sua complessità.                                   7
Primo programma d’azione (1982-1985)

Promuovere a livello nazionale di legislazioni quadro per sviluppare
le azioni positive

Favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne e la
padronanza delle nuove tecnologie

Diffondere una maggiore conoscenza della gamma delle carriere
accessibili alle donne e della mediocrità degli sbocchi di taluni settori
tradizionali dell’occupazione femminile

Tenere conto della situazione delle donne immigrate

Conciliare vita professionale e vita familiare

Sensibilizzare l’opinione pubblica e gli ambienti direttamente
interessati agli aspetti positivi dell’evoluzione delle mentalità
attraverso campagne nazionali di sensibilizzazione

                Secondo piano d’azione (1986-1990)

Migliorare l’applicazione delle misure esistenti,
Istruzione e formazione, occupazione,
Nuove tecnologie
Protezione e sicurezza sociale
Ripartizione delle responsabilità familiari e professionali,
Sensibilizzazione ed evoluzione delle mentalità.

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Terzo piano d’azione (1990-1995)

Consolidare e valorizzare l’acquis communautaire nel settore
dell’uguaglianza tra i generi

Sviluppare nuove iniziative a favore delle donne nel campo della
formazione professionale e dell’occupazione

Rafforzare la cooperazione e la complementarietà delle azioni svolte
dai vari attori interessati (Commissione, Stati membri e partner
sociali)

Migliorare la condizione femminile nella società attraverso la
sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti della parità di
genere; l’immagine della donna nei mass-media; la partecipazione
delle donne al processo decisionale a tutti i livelli e in tutti gli ambiti
della società

             Quarto programma d’azione (1996-2000)

Acquisizione di poteri e responsabilità
Integrazione del punto di vista di genere nelle politiche governative
Formazione di una cultura della differenza di genere
Prevenzione e tutela della salute
Prevenzione e repressione della violenza
Cooperazione e relazioni internazionali
Politiche di sviluppo e di promozione dell’occupazione
Valorizzazione della professionalità e della imprenditorialità
femminile
Politiche dei tempi, degli orari e dell’organizzazione del lavoro

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Il gender mainstreaming

Nel corso degli anni Novanta, la politica di pari opportunità si sviluppa
ulteriormente compiendo un passo molto importante. Pur proseguendo
lungo la strada del rafforzamento normativo, attraverso l’approvazione di
altre direttive, e delle azioni positive, con la definizione di nuovi
programmi, l’Unione europea riconosce il gender mainstreaming. Si stratta
di una strategia politica che consiste nella sistematica realizzazione delle
pari opportunità in tutte le politiche comunitarie.
    Il gender mainstreaming è un concetto rivoluzionario perché, oltre a
portare la dimensione di genere in tutte le politiche comunitarie, richiede
l’adozione di una prospettiva di genere da parte di tutti gli attori del
processo politico anche di quelli che non hanno esperienza o interesse
nell’ambito delle “questioni di genere”.
    Il riconoscimento formale del gender mainstreaming avviene con il
Trattato di Amsterdam (1997) che ha posto la parità tra i sessi tra gli
obiettivi dell’Unione (articolo 2 del Trattato sull’Unione europea) e i
compiti della Comunità, da perseguire tramite l’attuazione di politiche e
azioni comuni (articoli 2 e 3 del Trattato sulla Comunità).
    Nel riquadro che segue sono indicate le principali tappe che hanno
contribuito all’istituzionalizzazione del gender mainstreaming
nell’ordinamento giuridico dell’UE.

                                                                         10
Terzo piano d’azione (1990-1995): aveva previsto un miglioramento della
condizione femminile nella società attraverso la sensibilizzazione
dell’opinione pubblica nei confronti della parità di genere; l’immagine
della donna nei mass-media; la partecipazione delle donne al processo
decisionale a tutti i livelli e in tutti gli ambiti della società

Riforma dei fondi strutturali (1993): il principio di pari opportunità
viene inserito nella disciplina generale dei fondi

Entrata di Svezia e Finlandia nell’UE (1995), due paesi con una lunga
tradizione di welfare state e particolarmente sensibili alle questioni relative
all’uguaglianza di genere

Quarta Conferenza mondiale di Pechino sulle donne “Uguaglianza,
Sviluppo e Pace” (1995) vengono riaffermati i Diritti umani delle donne,
l’Empowerment femminile e il Gender Mainstreaming

Nascita del gruppo di commissari ad alto livello responsabili per la
parità delle opportunità (1996) con il compito di stimolare la riflessione e
di vigilare affinché le pari opportunità fossero contemplate nell’insieme
delle azioni comunitarie.

Quarto piano d’azione (1996-2000): aveva previsto l’integrazione del
punto di vista di genere nelle politiche governative
Comunicazione della Commissione “Integrare la parità di opportunità
tra le donne e gli uomini nel complesso delle politiche e azioni
comunitarie”, (COM (96) 67 def.). In questo documento la Commissione
sostiene che: “non bisogna limitare le azioni di promozione della parità alla
realizzazione di misure specifiche a favore delle donne, ma bisogna invece
mobilitare esplicitamente sull’obiettivo della parità il complesso delle
azioni politiche generali introducendo in modo attivo e visibile, all’atto
stesso della loro concezione, la sollecitudine per gli effetti che esse
possono avere sulle situazioni rispettive delle donne e degli uomini
(“gender perspective”).
Women in Development

La politica di cooperazione alla sviluppo della CEE/UE rappresenta uno
degli esempi più consolidati di realizzazione del gender mainstreaming e ha
registrato un passo in avanti significativo nella seconda metà degli anni
Novanta, confermando il ruolo centrale dell’Unione europea in quanto
“potenza civile”.
         Ci riferiamo all’approvazione di due regolamenti comunitari, nel
1998 e nel 2004, volti all’integrazione delle questioni di genere e alla
promozione dell’uguaglianza tra gli uomini e le donne nella politica di
cooperazione allo sviluppo. Non v’è dubbio che, la Conferenza mondiale
sulle donne di Pechino del 1995 aveva fortemente contribuito alle iniziative
comunitarie in tale settore, mettendo in luce la necessità di agire contro i
fattori che nel mondo stavano ostacolando la parità uomo-donna e di far sì
che i programmi e le politiche includessero tale obiettivo. Sulla base di
queste considerazioni, il primo regolamento aveva sancito l’assistenza
finanziaria e la consulenza tecnica dell’Unione europea al sostegno
dell’integrazione di genere nell’insieme delle sue politiche e dei suoi
interventi di cooperazione allo sviluppo, tenendo conto dello status
giuridico e della situazione reale di uomini e donne, delle loro esigenze e
del loro contributo alla società e alla famiglia. In seguito alla scadenza del
regolamento del 1998 – che aveva previsto uno piano finanziario di
venticinque milioni di Ecu per il periodo 1999-2003 – il Parlamento e il
Consiglio ne approvavano un secondo, stabilendo un budget di nove milioni
di euro per il periodo 2004-2006. Oltre a ciò, appare necessario ricordare
come nel 2003 fosse stato previsto un regolamento più specifico, volto a
sostenere le azioni riguardanti la salute e i diritti riproduttivi e sessuali nei
paesi in via di sviluppo, nell’intento di favorire anzitutto una riduzione dei
tassi di mortalità e di morbilità tra le madri. Il budget di circa settantatre
milioni di euro stanziato per il periodo 2003-2006, intendeva offrire ai
giovani, programmi educativi incentrati sul nesso tra pianificazione
familiare, salute riproduttiva, malattie sessualmente trasmissibili e impatto
dell’HIV/AIDS sulle relazioni, così come i servizi sanitari necessari. Ciò
avrebbe contribuito anche a contrastare le pratiche dannose per il benessere
                                                                              12
fisico e psicologico di donne, adolescenti e bambine, quali le mutilazioni
genitali femminili e i matrimoni in giovane età, questioni che fin dagli anni
Settanta erano stati al centro di dibattiti e riflessioni da parte delle
istituzioni comunitarie.

Regolamento (CE) N. 2836/98 del Consiglio relativo all’integrazione delle
questioni “di genere” nella cooperazione allo sviluppo, in «GUCE», L 354
del 30 dicembre 1998

Regolamento (CE) N. 806/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del
21 aprile 2004 sulla promozione della parità tra i sessi nella cooperazione
allo sviluppo, in «GUCE», L 143 del 30 aprile 2004

Regolamento (CE) N. 1567/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
del 15 luglio 2003 sul sostegno alle politiche e alle azioni riguardanti la
salute e i diritti riproduttivi e sessuali nei paesi in via di sviluppo, in
«GUCE», L 224 del 6 settembre 2003

                             Women in Science

Il crescente abbandono della carriera scientifica da parte delle donne,
sinonimo di spreco di capacità e conoscenze femminili, è da circa un
decennio tra le preoccupazioni iscritte nell’agenda politica europea.
      Il tema della sottorappresentazione delle donne nel settore scientifico
è stato per la prima volta oggetto di discussione in una tavola rotonda,
tenutasi a Bruxelles nell’aprile 1998. Nel corso di questo incontro,
numerose scienziate e ricercatrici, coordinate da Rita Levi-Montalcini,
premio Nobel per la medicina, hanno messo in luce come il contributo
fornito dalle donne alla ricerca fosse compromesso dal sessismo presente
nel settore scientifico e dalle numerose difficoltà incontrate dalle donne nel

                                                                           13
proprio percorso professionale. Ancor oggi le statistiche dimostrano che le
carriere scientifiche femminili dopo la laurea, prevalentemente concentrate
nel settore della medicina e della biologia, continuano a subire delle
brusche interruzioni, un trend ancor più negativo se paragonato ai risultati
ottenuti negli Stati Uniti, in America Latina e in Turchia. Stimolata
dall’incontro di Bruxelles, nel febbraio 1999 la Commissione europea
pubblicava una comunicazione dal titolo “Mobilitare le donne per arricchire
la ricerca europea”. In tale documento, l’esecutivo comunitario aveva
sottolineato l’importanza dello scambio di esperienze tra gli Stati membri e
della promuovere la presenza femminile nelle attività di ricerca finanziate
dell’Unione europea. In particolare, nell’ambito del «Quinto programma
quadro delle azioni comunitarie di ricerca, di sviluppo tecnologico e di
dimostrazione (1998-2002)», la Commissione aveva elaborato un approccio
coerente per promuovere la ricerca da parte, per e sulle donne. Lo scopo
era di sostenere le donne in quanto protagoniste delle varie tappe di
realizzazione del programma stesso e di vigilare affinché la dimensione di
genere venisse esaminata in tutti i settori affrontati dalla ricerca. Infine,
l’esecutivo intendeva porre l’accento sul contributo che il Quinto
programma quadro avrebbe apportato all’evoluzione della nozione di
genere, dei rapporti sociali di sesso nonché ad una maggiore comprensione
dell’impatto di tali concetti sulla società europea.
       Anche il Parlamento europeo approvava nel febbraio del 2000 una
Risoluzione invitando gli Stati membri ad aumentare il numero borse di
studio a disposizione delle ricercatrici e a perseguire l’obiettivo
dell’equilibrio di genere nella ricerca scientifica a livello nazionale. In
ambito comunitario, il PE aveva chiesto il rafforzamento delle attività di
elaborazione e di diffusione delle statistiche disaggregate per sesso circa il
numero di lavoratori coinvolti nel settore della ricerca e di aumentare la
partecipazione femminile alle attività di valutazione dei programmi
dell’Unione europea.
       Non v’è dubbio che per il conseguimento di tali obiettivi un ruolo
molto importante verrà svolto dal Gruppo di Helsinki, istituito dalla
Commissione europea nel novembre 1999. Composto da funzionari e da
esperti nel settore dell’uguaglianza di genere, questo gruppo si preoccuperà
                                                                           14
da un lato, di sviluppare il dialogo tra gli Stati sulle politiche nazionali di
pari opportunità nell’ambito della ricerca, dall’altro, di inserire la
dimensione di genere nei programmi comunitari al fine di garantire alle
scienziate pari opportunità nell’elaborazione, nel controllo e nella
valutazione dei progetti scientifici finanziati dall’Unione europea. A
distanza di 10 anni dalla sua creazione, il Gruppo di Helsinki ha tenuto un
meeting formale a Bruxelles, approvando il documento Gender and
Research Beyond 2009. Si tratta di una serie di raccomandazioni per la
Commissione europea e per il gruppo stesso volte a proseguire la lotta
contro la rappresentazione femminile a tutti i livelli della ricerca scientifica.
Ricevendo questo documento, il presidente Barroso ha assicurato al Gruppo
di Helsinki che “gender balance and the promotion of research and
development are two issues of major importance for the current and future
Commission” (http://ec.europa.eu/research/science-society/index.cfm?
fuseaction=public.topic&id=1297).

                                                                             15
Organismi per la parità tra gli uomini e le donne nell'ordinamento
                         dell'Unione europea

Parlamento europeo

1. Commissione sui diritti della donna e l’uguaglianza di genere (FEMM)
Questa commissione parlamentare è stata creata nel 1984, all’inizio della
seconda legislatura del Parlamento europeo in seguito all’attività svolta tra
il 1979 e il 1984 dalla Commissione ad hoc sui diritti della donna e la
Commissione d’inchiesta sulla situazione della donna in Europa, entrambi
organismi di natura temporanea. È competente per: la definizione, la
promozione e la tutela dei diritti della donna nell’UE; la promozione dei
diritti della donna nei paesi terzi; la politica in materia di pari opportunità,
compresa la parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità
nel mercato del lavoro e il trattamento sul lavoro; l’eliminazione di ogni
discriminazione fondata sul sesso; la realizzazione e il continuo sviluppo
del gender mainstreaming;
il monitoraggio e l’implementazione degli accordi e delle convenzioni
internazionali aventi attinenza con i diritti della donna; la politica
d’informazione sulle donne

2. Comitato “Pari opportunità tra uomini e donne”
Questo Comitato è integrato alla Direzione generale del Personale del
Parlamento europeo con il compito di favorire un ambiente di lavoro dove
la dignità di tutti è rispettata, prevedere un orario di lavoro in grado di
permettere una conciliazione responsabilità familiari e professionali,
promuovere il lavoro part-time e il telelavoro, prevedere le modalità di
applicazione del congedo parentale e del congedo familiare, migliorare le
strutture di accoglienza per l’infanzia, vigilare sull’applicazione del
principio di pari opportunità nel reclutamento, nella gestione delle carriere,
nella formazione professionale, nella formazione professionale,
nell’accesso ai centri decisionali.

                                                                             16
3. Settore Diritti della donna presso la Direzione generale degli Studi
Si tratta della Direzione A presso la Direzione generale degli Studi (DG 4)
del Parlamento europeo che, lavorando in stretta collaborazione con la
Commissione sui diritti della donna e le pari opportunità e il Segretariato
del PE, conduce, tra le altre cose, studi sulle questioni di genere. Le ricerche
possono essere sia a lungo termine, spesso condotte da istituti di ricerca
esterni, oppure a breve termine (documenti di lavoro, schede tematiche o
tecniche, note d’informazione)

Commissione europea

1. Comitato consultivo per le pari opportunità
Quest’organismo è stato creato nel 1981 dalla Commissione europea
(Decisione 82/43/CEE) con il compito di assistere l’esecutivo comunitario
nell’elaborazione e nell’attuazione della sua politica di promozione del
lavoro delle donne e di uguaglianza delle possibilità. Il Comitato favorisce
inoltre lo scambio di esperienze, politiche e pratiche tra i paesi dell’Unione
europea e le varie parti interessate. È composto dai rappresentanti degli Stati
membri, delle parti sociali a livello europeo e delle organizzazioni non
governative.

2. Unità per le pari opportunità tra uomini e donne: strategia e programma
È stata creata nel 1976 presso la Direzione generale Occupazione e Affari
sociali con il compito di assicurare la conformità delle direttive sulle pari
opportunità, implementare i programmi d’azione sull’uguaglianza di genere,
incoraggiare l’integrazione delle donne nel mercato del lavoro e rafforzare
la condizione delle donne nella società, includere elementi di genere nelle
politiche e nelle attività dell’UE. In tal senso, questa unità monitora
l’applicazione della legislazione sulle pari opportunità, avanza nuove
proposte legislative, supporta i progetti transazionali volti a promuovere le
pari opportunità i settori quali l’occupazione, la conciliazione tra lavoro e
responsabilità familiari, i mezzi di comunicazione e il processo decisionale.
Assiste il Gruppo di esperti europei sull’uguaglianza tra uomini e donne.

                                                                            17
3. Unità per le pari opportunità tra uomini e donne: questioni legali
Assicura l’effettiva trasposizione e implementazione della legislazione
comunitaria e intraprende nuove proposte legislative se necessario

4. Servizio “Informazione donne”
Creato nel 1977 presso la Direzione generale dell’Informazione, questo
servizio ha organizzato nel tempo seminari, colloqui e tavole rotonde
contribuendo a mettere in luce la necessità di una politica europea per
l’uguaglianza di genere. Inoltre, il servizio “Informazione donne” ha dato
vita al bollettino “Donne d’Europa” che tra il 1977 e il 1992 ha raccolto le
informazioni relative alla vita politico-istituzionale della Comunità, nonché
tutte le notizie concernenti i movimenti femminili e femministi presenti
negli Stati membri. Dal 1992 “Donne d’Europa” ha ceduto il posto a “La
lettera di Donne d’Europa”, pubblicata in 11 lingue e distribuita alle
associazioni femminili, ai centri di documentazione e alle biblioteche.

5. Gruppo di commissari sui diritti fondamentali, antidiscriminazione e pari
opportunità
Creato nel 2005, questo gruppo eredita e amplia il mandato del Gruppo di
commissari ad alto livello sulle pari opportunità. Il suo compito è di
assicurare la coerenza delle azioni intraprese dalla Commissione
nell’ambito dei diritti fondamentali, le politiche antidiscriminatorie e le pari
opportunità nonché di accertarsi che la dimensione di genere sia presa in
considerazione nel quadro di tutte le azione e le politiche dell’Unione
europea.

6. Gruppo ad alto livello sul gender mainstreaming

Forum informale di discussione e scambio di informazioni messo in piedi
dalla Commissione europea nel 2002 con il compito di supportare le
presidenze nell’identificazione di aree politiche rilevanti durante un
Consiglio europeo, pianificare il seguito della Piattaforma d’azione di
Pechino, assistere la Commissione nella preparazione della Relazione sulla
parità tra uomini e donne da presentare al Consiglio europeo.
                                                                            18
7. Gruppo ad alto livello sul gender mainstreaming nei fondi strutturali
Creato nel 2004 e presieduto da un rappresentante della Commissione,
questo gruppo è composto da responsabili nazionali nel settore dei Fondi
strutturali. Il suo compito è di fornire suggerimenti sull’applicazione del
gender mainstreaming alle autorità che gestiscono l’implementazione dei
Fondi strutturali e di procedere a uno scambio di buone prassi ed esperienze
in tal senso.

8. Comitato consultivo sulle donne nelle aree rurali
Creato nel 1998, questo comitato è composto dai rappresentanti delle
organizzazioni socio-economiche ( produttori agricoli, commercianti,
consumatori, lavoratori) e provvede allo scambio di opinioni e di consigli
tra la Commissione e il settore socio-economico europeo sulle politiche di
sviluppo rurale e più specificatamente sui suoi aspetti di genere.

                                                                         19
Agenzie comunitarie

1. Istituto europeo per l’uguaglianza di genere
Quest’agenzia comunitaria, entrata in funzione nel 2009 a Vilnius, ha il
compito di supportare gli Stati membri e le istituzioni dell’UE nella
definizione e nell’attuazione delle politiche di pari opportunità, nella lotta
alle discriminazioni basate sul sesso e nella sensibilizzazione di tutti i
cittadini e le cittadine alle “questioni di genere”. Più in particolare, l’Istituto
svolge l’importante lavoro di collezionare ed elaborare dati disaggregati per
genere, di sviluppare strumenti metodologici per l’integrazione della
dimensione di genere in tutte le politiche comunitarie, facilitare lo scambio
di best practices e il dialogo tra gli stakeholders. Il budget dell’Istituto è di
52,5 milioni di euro per il periodo 2009-2013 (http://www.eige.europa.eu).

                      Organizzazioni non governative

1. Lobby Europea delle Donne
La LED - formalmente istituita a Bruxelles nel 1990 e cofinanziata dalla
Commissione europea – è ad oggi la più grande organizzazione di
associazioni femminili nell’Unione europea. Lavorando in stretta
collaborazione con il Parlamento europeo, la Commissione e il Consiglio
dell’UE ha il compito di promuovere i diritti delle donne e le pari
opportunità con particolare attenzione verso la situazione economica e
sociale delle donne, la condizione delle donne nel processo decisionale, la
violenza di genere, l’immigrazione e l’asilo.

                                                                                20
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Federica Di Sarcina
Dottore di ricerca in “Istituzioni, idee e movimenti politici nell'Europa
contemporanea” (Università di Pavia) è attualmente Assegnista di ricerca in storia
contemporanea dell'Università di Siena dove collabora con il CRIE Centro di
Eccellenza Jean Monnet. Le sue ricerche si concentrano sull'evoluzione storica
della politica di pari opportunità della CEE/UE e sulle questioni legate alla
discriminazione e alla povertà in Europa. Tra le sue pubblicazioni: L'Europa delle
donne la politica di pari opportunità nella storia dell’integrazione europea
(1957 - 2007), Bologna, Il Mulino, 2010
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