David di Donatello 2021 - I verdetti - Il film

Pagina creata da Asia Ruggeri
 
CONTINUA A LEGGERE
David di Donatello 2021 - I verdetti - Il film
David di Donatello 2021 - I verdetti
La 66esima edizione dei David di Donatello, trasmessa in diretta su Rai Uno e condotta, come
ormai consuetudine, da Carlo Conti, ha riservato non poche sorprese ed emozioni scroscianti. Come
il David alla migliore attrice protagonista andato ad una emozionatissima Sophia Loren (a
proposito, qualcuno aveva dubbi che non lo vincesse lei?) per La vita davanti a sé, del figlio
Edoardo Ponti. Alla veneranda età di 86 anni, è lei la catalizzatrice assoluta della serata; lei che
porta in dote il ricordo dell’immortale cinema italiano degli anni d’oro; lei, che nel suo portamento,
nella sua eleganza d’altri tempi e nei suoi occhi ci fa rivivere quel grande cinema che fu.

  Madonna mia aiutatemi, è difficile crederci. La prima volta che ho ricevuto un David è stato 60
  anni fa ma stasera sembra la prima volta. L’emozione e la gioia sono le stesse. Il protagonista con
  me è magico, un bambino che si chiama Ibrahima e ringrazio il mio regista, Edoardo. Il suo cuore
  e la sua sensibilità hanno dato vita e anima a questo film e al mio personaggio, anche per questo
  io a mio figlio sono veramente molto grata, è un uomo meraviglioso. Non so se questo sarà il mio
  ultimo film ma io ho ancora voglia di farne ancora, sempre più belli, io senza il cinema non posso
  vivere assolutamente.

                                                                                        Sophia Loren

Di altissimo livello, anche i prestigiosi David alla Carriera, assegnati a Sandra Milo (vestita di
David di Donatello 2021 - I verdetti - Il film
rosso fiammante), Monica Bellucci e Diego Abatantuono. Soprattutto quest’ultimo, ha ricordato
gli esordi e la sua sfolgorante carriera sempre all’insegna di una poliedricità d’attore, davvero fuori
dal comune.

La scorsa edizione, si tenne con gli ospiti in collegamento e il povero Carlo Conti, tristemente solo a
reggere la fatica di un’edizione realizzata nel pieno del terrore del Covid-19. Quest’anno l’edizione
in presenza ha restituito un po’ di normalità e soprattutto un pizzico di speranza, per un settore tra
i più colpiti dalla pandemia. Non sono mancati neanche momenti toccanti, come la consegna della
statuetta per la miglior sceneggiatura andato, postumo, a Mattia Torre, lo sceneggiatore e regista
scomparso nel 2019 a soli 47 anni, per Figli e ritirato dalla figlia Emma, salita sul palco con la
madre Francesca:

  Complimenti a mio padre che è riuscito a vincere questo premio anche se non c’è più. Bravo papà.

Gli altri tre premi attoriali, quelli più attesi e celebrati sono andati nell’ordine, a Elio Germano
(miglior attore protagonista) per Volevo nascondermi; e a Matilda De Angelis (miglior attrice
non protagonista) e Francesco Bentivoglio (miglior attore non protagonista) per L’incredibile
storia dell’Isola delle Rose.

Volevo nascondermi, film del regista Giorgio Diritti a fronte di 15 candidature e 7 statuette
vinte, tra cui miglior film, miglior regia e il già citato miglior attore protagonista, è la pellicola
regina della serata. Lo stesso regista, visibilmente contento ed emozionato, ha riservato parole dolci
per il suo capolavoro e per il significato intrinseco che l’opera porta dentro di sé:

  Viva il cinema, tutti gli altri finalisti erano grandi film, anche diretti da giovani registi e questo fa
  ben sperare. Ricordiamoci di Ligabue anche quando incontriamo un clochard che disegna una
  madonnina. Ricordiamoci del valore di ogni uomo e difendiamolo finché possiamo, in ogni modo.
David di Donatello 2021 - I verdetti - Il film
Si parlava all’inizio dell’articolo di “qualche sorpresa”, come quella inaspettata che consegna a Luca
Medici, in arte Checco Zalone il David di Donatello come miglior canzone originale per
Immigrato, dal film Tolo Tolo. Una vittoria inaspettata, conquistata sulla splendida Io si (seen), di
Laura Pausini, che portava in dote, non solo la vittoria ai Golden Globe, ma anche la candidatura
agli Oscar. Al film di Checco Zalone, va anche il già annunciato David dello Spettatore, premio
assegnato al film che nella precedente annata ha staccato più biglietti al botteghino.

Altri premi di rilievo, quello come Miglior regista esordiente al figlio d’arte Pietro Castellitto per I
predatori; e a Massimo Cantini Parrini vincitore del suo quinto David ai Migliori Costumi,
per Miss Marx di Susanna Nicchiarelli.

In mattinata si era tenuta al Quirinale, la consueta cerimonia di presentazione alla presenza del
Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, della presidente dell’Accademia del cinema Piera
Detassis e altri pochi invitati, per lo più candidati e premiati, tra cui Sandra Milo e Diego
Abatantuono.

Lo stesso Mattarella, nelle sue parole piene di speranza, di amore verso il cinema e di fiducia nel
futuro, ha dichiarato:

  Dalla crisi che stiamo vivendo si esce solo con la solidarietà, visione e senso di appartenenza della
  storia comune», ha sottolineato Mattarella, di cui il cinema è un prezioso bene comune. Un
  patrimonio da cui ripartire.

Insomma, che dire di più?
Che il cinema è pronto a ripartire, che c’è voglia di riprendere in mano idee, progetti, collaborazioni
e dipingere un nuovo cinema, ancora più attento al sociale e alla realtà che lo circonda. Senza
David di Donatello 2021 - I verdetti - Il film
dimenticare che, nonostante le numerosissime fatiche di un anno travagliato come il 2020, il nostro
cinema è riuscito a tirare fuori dal cilindro pellicole importanti, interpretazioni di livello e
professionisti che hanno dato lustro al settore del cinema nazionale. D’altronde la cerimonia di
premiazione di ieri sera, così piena di professionalità, così viva e carica di “alto cinema” ne è il più
fulgido e chiaro esempio.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

   Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.
                                   Nome

                                 Cognome

                                  Email *

                             Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter

Il meglio del cinema italiano nel 2020
In questo disgraziatissimo e maledetto 2020, con la Pandemia da Covid-19 che ancora non sembra
darci tregua, il comparto culturale (congressi, conferenze, teatri, cinema, musei) è quello che più di
tutti ha sofferto l’immobilismo che ha bloccato il mondo. Il cinema ovviamente ha lavorato a
singhiozzo e si è adattato forzatamente alla moda dello “smart working”, che ormai ha conquistato il
mondo. Lo “smart working” nel caso del cinematografo, ha creato un momento a suo modo
epocale: la maggior parte dei film usciti nel panorama mondiale e nazionale sono approdate sulle
varie piattaforme di streaming online come come Rakuten TV, Infinity TV, Google Play, Chili,
TIMvision, Prime Video, Sky, Netflix o anche YouTube in versione a pagamento.

I cinema sono rimasti aperti, tra restrizioni e condizionamenti molto variegati, almeno fino ai primi
giorni di marzo; per riaprire poi, in estate, ma con una programmazione ridotta; e riprendendo poi,
un certo vigore tra settembre ed ottobre, quando un nuovo DPCM, ne ha previsto la chiusura a
partire dal 26 ottobre, in concomitanza con l’inizio della seconda ondata della pandemia.

In questo contesto molto angosciante e avvilente per tutto il comparto cinematografico, le pellicole
italiane uscite, in qualunque maniera, nella maledetta annata 2020, toccano le 240 unità. Un numero
cospicuo, bisogna dirlo, che testimonia come il nostro cinema, sia in ripresa e goda di una certa
freschezza di idee, non parimente riscontrabile una decina di anni fa, ad esempio.

                   Scopri il nuovo numero: Simply the best
    È indubbio che quest’anno passerà alla storia come l’anno della pandemia. Così come indubbio
                che quest’anno ha portato malessere sociale, psichico ed economico.
          Ma dobbiamo sforzarci di cogliere un bagliore di luce anche in un anno così buio.

Da qui una carrellata dei migliori film italiani dell’annata, tenendo conto di vari fattori, come la
popolarità degli attori impiegati, l’effettivo valore delle pellicole e infine del successo popolare,
estendibile anche in campo internazionale.

TOLO TOLO, di Luca Medici [Checco Zalone]

Al suo quinto film Checco Zalone, debutta alla regia, firmandosi con il suo vero nome di Luca
Medici. Lo fa con il suo copione forse più contestato, di sicuro il più ambizioso, arricchito anche da
una certa vena di critica politica, che lo eleva certamente dai suoi lavori precedenti. Sembra un’era
fa, ma un tempo nel nostro Paese si parlava solo di immigrazione. Checco offre la sua versione:
libera, graffiante, molto più della visione dei democratici del nostro Parlamento. Un film che ha
diviso spettatori e politica, ma che resta la tragicommedia (a fuggire dall’Africa all’Italia stavolta è
un italiano stesso) che nessun altro saprebbe fare. Incassi in calo: dai quasi 66 milioni di lire di
Quo vado, ai 46 dell’attuale film. Tanto basta per risultare campione di incassi annuali ed entrare
quindi nella storia del cinema italiano.

(Qui trovate la nostra recensione completa)

GLI ANNI PIU’ BELLI, di Gabriele Muccino

Remake dichiarato e in se, strepitoso omaggio a C’eravamo tanto amati, capolavoro di Ettore
Scola, è la storia di tre amici (Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria)
divisi dalla Storia e dalle storie personali; e di una donna (Micaela Ramazzotti) che proprio nel
corso della loro vita si legano e si allontanano. Ne esce una cavalcata (meravigliosamente girata)
dagli anni ’80 a oggi che ci riguarda tutti, nessuno escluso. Con sottofondo di Claudio Baglioni:
«Noi che sognavamo i giorni di domani, per crescere insieme mai lontani», che si lega un po’ alla
frase simbolo del film di Scola, recitata dal grande Nino Manfredi: “Credevamo di cambiare il
mondo e invece è il mondo che ha cambiato noi”. Nelle parti di Vittorio Gassman, Nino Manfredi,
Stefano Satta Flores e Stefania Sandrelli, il quartetto di attori non fa rimpiangere il passato e ci
regala uno squarcio di poesia, che ci riporta ai fasti di un tempo.

(Qui trovate la nostra recensione completa)
FAVOLACCE, dei fratelli D’Innocenzo

Vincitore all’ultima Berlinale dell’Orso d’Argento per la sceneggiatura, il film dei puntuali fratelli
D’Innocenzo, è una commedia familiare di periferia che fonde Pier Paolo Pasolini e Tim Burton, e lo
fa con un linguaggio stilistico, elegante e trasognante, che non può lasciare indifferenti. Disturbante,
divertente, necessario, fresco e innovativo, ha in Elio Germano, il suo punto di forza. Proprio
quell’Elio Germano che può essere considerato davvero l’attore dell’anno.

ODIO L’ESTATE, di Aldo, Giovanni e Giacomo

Odio l’estate è l’ultima fatica del leggendario trio composto da Aldo Baglio, Giovanni Storti e
Giacomo Poretti. Una pellicola che restituisce al trio i fasti del proprio glorioso passato. E questa
volta non si rimane delusi. Odio l’estate ha qualcosa di ognuno dei film storici del trio: ti fa pensare,
ti fa ridere e alla fine lascia una velatura di malinconia. Nel film si ritrova il solito Aldo fanfarone, il
solito Giovanni pignolo e il solito Giacomino perfezionista maniacale con il punto di forza di un
affiatamento collaudato e di un’amicizia sincera che dura da sempre, quasi a voler smentire, una
volta per tutte, i soliti detrattori, che avevano preannunciato o sperato in un disfacimento del trio. E
invece no, Aldo, Giovanni & Giacomo, dopo alcune scialbe prove sono tornati più convinti di prima al
cinema, con una sceneggiatura importante, ben scritta, e con un ritorno al passato.

(Qui trovate la nostra recensione completa)

FIGLI, di Giuseppe Bonito

Figli, già monologo reso celebre in tv da Valerio Mastandrea, è la commedia all’italiana
dell’annata. Mastandrea è anche il protagonista, insieme a Paola Cortellesi, dell’adattamento
cinematografico. La parabola dei genitori (non giovanissimi) che affrontano le fatiche erculee della
crescita di un secondo figlio è costellata delle tenerezze e delle malinconie della vita di tutti. Ma è
anche un resoconto infallibile della società di oggi: i protagonisti ultraquarantenni sono per primi gli
eterni “figli”, schiacciati dalla generazione precedente.

HAMMAMET, di Gianni Amelio

Raccontare gli ultimi sei mesi di Bettino Craxi è l’obiettivo, difficile e ambizioso dell’ultimo film di
Gianni Amelio. Sono passati 20 anni dalla sua fine prematura in Tunisia, complesso dire se pochi o
molti per cominciare a guardare con il giusto distacco il discusso leader politico socialista. Ma
Gianni Amelio con la complicità di un Pierfrancesco Favino reso straordinariamente somigliante ci
prova e ci riesce bene; rientrando in quel filone che negli ultimi anni ha visto alcuni dei più
importanti registi italiani affrontare la difficile materia di proporre una serie di personaggi politici
che hanno segnato la storia del Paese: dal dittico cinematografico Loro di Paolo Sorrentino su
Silvio Berlusconi, a Buongiorno, notte di Marco Bellocchio sul rapimento, la detenzione e
l’omicidio di Aldo Moro, senza dimenticare il Giulio Andreotti de Il divo, sempre di Sorrentino.

(Qui trovate la nostra recensione completa)

IL GRANDE PASSO, di Antonio Padovan
Strepitosa commedia lunare, opera seconda del regista veneto Antonio Padovan; che si serve della
classe interpretativa di Stefano Fresi e Giuseppe Battiston e della loro incredibile somiglianza
fisica; Il grande passo è un film ricco di ingredienti, situazioni e personaggi fuori dal comune. Il
tutto ruota, però, attorno ad un unico grande sogno: raggiungere la luna solo con le proprie forze.
Un fratello ostinato, tanto da costruire un vero e proprio razzo spaziale nella sua cascina di
campagna; ed un altro, bonario, accomodante, comprensivo, che ha a cuore le sorti del fratello, che
ha visto pochissimo nella sua vita, ma che è l’unico in grado di comprendere il suo malessere.
Battiston e Fresi spaziano perfettamente tra il toccante e l’esilarante, tra il grottesco e il
surrealismo, regalandoci scampoli di quella che può essere definita la “nuova” coppia del cinema
impegnato. Già perché la pellicola è davvero una spanna sopra la media delle commedie all’italiana
attuali. Il sogno dello spazio e dalla vita extraterrestre sono ben descritti, così come la capacità di
questo film, di far sognare il pubblico, ed infondere positività, strappando risate amare, ma
intelligenti. Il talento dei suoi due protagonisti e un finale davvero sorprendente ed azzeccato,
rendono la pellicola, per chi ama davvero il cinema italiano d’autore, una gemma preziosa.

(Qui trovate la nostra recensione completa)

I PREDATORI, di Pietro Castellitto

La miglior opera prima dell’anno è scritta, diretta e interpretata da Pietro Castellitto, figlio
d’arte del padre Sergio, che con I predatori ha vinto il premio Orizzonti per la sceneggiatura a
Venezia 77. Un’idea di cinema personale ma già molto identitaria, e invidiabile per la sua chiarezza.
C’è uno sguardo generazionale, fulminante e irriverente su questo scontro tra sottomondi (famiglia
popolare, grezza e neofascista, posta in contrapposizione con quella ricca, borghese e radical chic),
che però Pietro sviluppa su toni grotteschi e surreali, elaborando con un’ironia disarmante anche un
certo giustificato complesso edipico. Per un’analisi antropologica degli italiani che vale più di mille
trattati, travestita da filosofic-satira pronta a esplodere come una bomba a orologeria. Un ottimo
debutto, che certamente verrà confermato con l’opera seconda, già in cantiere per il 2021.

VOLEVO NASCONDERMI, di Giorgio Diritti

Ancora Elio Germano, attore italiano dell’anno, senza se e senza ma. Questa volta al servizio del
rigore di Giorgio Diritti. E del “genio e sregolatezza” (psichica: ma lì sta il genio) di Antonio
Ligabue, il più celebre dei nostri pittori naïf. Anche in questo caso, un biopic che biopic non è, bensì
opera pittorica, introspettiva, lieve sugli emarginati di tutti i luoghi e di tutti i tempi. E sui loro
talenti (in)compresi. Immersa in un’Italia di provincia che raramente è stata così concreta, umana,
realistica. Una collaborazione, quella tra Diritti e Germano, capace di generare il meglio del
connubio autore-attore. E che non è ovviamente passato inosservato: al secondo è andato l’Orso
d’Argento per la miglior interpretazione maschile all’ultimo Festival di Berlino.

PADRENOSTRO, di Claudio Noce

Lo scorso 12 settembre sul palco della 77esima edizione del più prestigioso e del più antico
Festival del Cinema, ovvero Venezia, un emozionatissimo Pierfrancesco Favino riceve la Coppa
Volpi, come miglior interprete maschile proprio per il film di Claudio Noce. L’avvenimento si erge
come uno dei momenti più prestigiosi del cinema italiano del nuovo millennio. D’altronde Favino è
ormai il miglior attore italiano degli ultimi vent’anni e l’interpretazione del vicequestore Alfonso
Noce, assassinato nel 1976 per mano dei Nuclei Armati Proletari, negli anni di piombo, è resa con
incredibile bravura e profondità drammatica, davvero senza eguali. Il film di Claudio Noce, sul
proprio padre dell’Alfonso, interpretato da Favino, scava nei meandri del dramma del terrorismo,
che colpì l’Italia e le più giovani generazioni, in quelli che furono definiti i “bui” anni ’70.

L’INCREDIBILE STORIA DELL’ISOLA DELLE ROSE, di Sydney Sibilia

Sydney Sibilia è un regista d’azione, innovativo nel panorama cinematografico italiano. Ha una
poetica rude, ma che lascia il segno, e pone lo sguardo sul rapporto tra libertà individuale e potere
costituito. La storia è di quelle italianissime, anarchiche e poco conosciute: l’avventura sessantottina
quasi inconsapevole di un nerd d’altri tempi, Giorgio Rosa, che fondò uno Stato indipendente al
largo delle acque di Rimini, mettendo in crisi Governo italiano, Consiglio d’Europa e ONU.
Primeggia ancora una volta Elio Germano, ma c’è anche altro che luccica: una Matilda De Angelis
deliziosamente bolognese e delicatamente seducente; e poi Zingaretti e Bentivoglio versione super
caratteristi. Un cast perfetto per plasmare la nuova commedia all’italiana a immagine e humour del
suo intelligente autore.

MISS MARX, di Susanna Nicchiarelli

Un film sulla figlia minore di Karl Marx, Eleanor, la quale porta avanti l’eredità politica del
padre Karl, avvicinando i temi del femminismo e del socialismo, partecipando alle lotte operaie e
combattendo per i diritti delle donne e per l’abolizione del lavoro minorile. La regista Susanna
Nicchiarelli, fa ballare Eleanor (un’ottima Romola Garai) sulle note di un pezzo dei Downtown
Boys come fosse Courtney Love. È proprio quel “punk”, tra le altre intuizioni, a lanciare Miss Marx
oltre il biopic. Attenzione però: non si tratta di un film femminista, ma semplicemente “libero”,
come ha spiegato la Nicchiarelli.

IL GIORNO E LA NOTTE, di Daniele Vicari

Una pellicola che detiene un primato da guinness: il primo “smart film” della storia del
cinema. Le riprese sono cominciate nella Fase 2 e sono state rese possibili dal fatto che gli attori –
in alcuni casi si tratta di coppie nella vita oltre che sulla scena – si riprendono da soli da casa
propria, grazie alla propria attrezzatura tecnica. L’idea non è solo quella di fare un esperimento
cinematografico ma anche quella di tradurre, dal punto di vista creativo, questo particolare
momento storico, caratterizzato da isolamento e restrizioni della libertà, con tutte le conseguenze
del caso, nel bene e nel male. Vicari porta con sé un cast d’eccellenza: Vinicio Marchioni e
Milena Mancini (coppia nella vita, in quarantena insieme alla famiglia), Dario Aita, Elena
Gigliotti, Barbara Esposito, Francesco Acquaroli, Isabella Ragonese, Matteo
Martari, Giordano De Plano. Tutti comunicano tra di loro in video attraverso le varie
piattaforme online, così come gli attori anche il regista è a casa sua e dirige il cast a distanza.

(Qui trovate la nostra recensione completa)
DIVORZIO A LAS VEGAS, di Umberto Riccioni Carteni

Un road movie garbato, divertente, fresco e ben congeniato, che si ispira alle commedie romantiche
americane, con tanto di lieto fine annesso. I protagonisti della storia sono Giampaolo Morelli e
Andrea Delogu, bella, brava e disinibita al suo primo ruolo cinematografico; ben supportati da
Grazia Schiavo, Ricky Memphis e Gianmarco Tognazzi in partecipazione straordinaria. La storia
è piuttosto ben congegnata negli snodi (pur all’interno delle esagerate circostanze comiche), ma
sono soprattutto i dialoghi a fare centro, e a risultare divertenti e romantici: il che è davvero una
rarità nel cinema italiano contemporaneo di commedia.

DNA- DECISAMENTE NON ADATTI, di Lillo & Greg

Lasciato, non a caso per ultimo, Dna- Decisamente non adatti è il più bel film di genere
comico dell’annata: nona fatica della coppia composta da Lillo & Greg, al secolo Pasquale
Petrolo e Claudio Gregori. I due tornano al cinema, dopo tre anni di assenza, con una commedia
decisamente azzeccata: surreale, dissacrante, esplosiva. La loro è un’accoppiata intelligente, che
dopo i tanti successi radiofonici e televisivi, ha saputo farsi spazio anche nel cinematografo. E questa
volta si testano, con risultati eccellenti, per la prima volta anche dall’altra parte della cinepresa. Il
racconto si lascia seguire e i due seguono tutte le regole della commedia popolare italiana,
riuscendo ad inserire la loro vena comica originale, che fa leva su giochi di parole intelligenti e
gustose parodie. Al loro fianco Anna Foglietta, sempre brava e sempre nella parte. Insomma quello
di Dna- Decisamente non adatti è un divertissement, davvero consigliabile, soprattutto in
momenti così difficili, come quelli attuali.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

   Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.
                                   Nome

                                 Cognome

                                  Email *

                             Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter
Favolacce - Il film
Vincitore dell’Orso d’Argento a Berlino per la Migliore sceneggiatura, Favolacce, film di
Damiano e Fabio D’Innocenzo, si issa, quasi senza ombra di dubbio, come la migliore pellicola
della falcidiata annata 2020. Speriamo che il cinema possa riprendersi nel corso dell’estate e del
prossimo autunno, ricordando come il suddetto film avrebbe già dovuto approdare nelle sale
cinematografiche lo scorso 16 aprile, poi bloccato per la pandemia da Covid-19 che ha posto l’Italia
in lockdown. Qualche giorno fa, in seguito alla riapertura delle sale cinematografiche, datato 15
giugno, alcuni film hanno avuto, è proprio il caso di dirlo, il coraggio di ripresentarsi lì dove la magia
del cinematografo ottiene la sua massima espressione, ovvero in sala.

Favolacce è uno di questi “eroi” che cercano di prendere in mano il cinema italiano. Una favola
nerissima, ma vera, in cui la coppia di autori ha riversato, attraverso la voce di un narratore, il vuoto
pneumatico di figure parentali (con in più un docente) che dovrebbero insegnare a vivere ai propri
figli mentre invece hanno perduto qualsiasi capacità di positività e di sguardo sul futuro.

I D’Innocenzo ci propongono solo tinte scure e a uno sguardo superficiale si potrebbe pensare che
di pessimismo oggi ne circola già abbastanza senza bisogno di ulteriore impegno. Di fatto però non è
così. Perché questa più che una favola nera è (ci si perdoni il gioco di parole) una favola ‘vera’. Basta
leggere le cronache quotidiane per rendersene conto.

E se nelle favole nere non ci sono principi azzurri qui invece ce ne sono ben due. Sono i D’Innocenzo
che, concentrando in una sorta di overdose narrativa il negativo sempre più presente nella società
contemporanea, anche se con una diffusione a macchia di leopardo, ci vogliono ammonire. Ci
ricordano che sempre più spesso i draghi dell’insensibilità e dell’amoralità (travestita da perbenismo
di facciata) si annidano in quelle grotte che sono diventate certe abitazioni in cui solo
apparentemente c’è tutto ciò che occorre. Questo film è la lancia che utilizzano per aiutarci a
prenderne coscienza e ad iniziare a stanarli per poi sconfiggerli.

Il film, tutto poggiato sulle meravigliose spalle di Elio Germano, ormai l’attore italiano più
importante del panorama nazionale, ha ottenuto anche 9 nominations ai Nastri d’Argento, tra cui
quella più prestigiosa come Miglior film. In questa speciale categoria, il film sembra essere il
favorito alla vittoria finale. Nella 75esima edizione, del prossimo 6 luglio, sapremo il verdetto.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

   Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.
                                  Nome

                                Cognome

                                 Email *

                            Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                        Iscriviti alla newsletter
Puoi anche leggere