Chiedo asilo politico: volontariato di giovani nigeriani al Tribunale di Bologna
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Bologna Nigeria Community in Bologna & Province- Italy Chiedo asilo politico: volontariato di giovani nigeriani al Tribunale di Bologna 1
Da una convenzione tra Comune di Bologna Tribunale di Bologna Croce Rossa Italiana Auser volontariato di Bologna Comunità Nigeriana di Bologna Foto di Maria Orecchia Pubblicazione prodotta e finanziata dal Comune di Bologna Testi di Elena Barca Maria Orecchia Patrizia Mangolini Con la collaborazione di Paolo Nanni Luigi Pasquali 2
“Mentre si avvicina l’estate, ho voglia di dirti che sono molto contenta di avere i collaboratori nigeriani qui con noi. Amo l’Africa, ma le ristrettezze economiche mi impediscono di ritornarci. Avere i ragazzi con noi è come ritrovare un pochino d’Africa con i suoi colori, i suoi occhi e il suo sorriso. C’è poi l’impegno a rispolverare l’inglese in una collaborazione quotidiana con qualcuno che non ti dice mai di no. Ho comunicato con loro da subito, molto prima di parlare…. grazie per tutto questo, grazie davvero”. 1
Q uesto il bilancio di un percorso lavorativo, umano e culturale che ha vi- sto impegnati oltre 20 uomini provenienti dalla Nigeria richiedenti asilo politico inseriti in un progetto di volontariato all’interno del Tribunale di Bologna, grazie ad una Convenzione del 20 aprile 2012 fra Comune eTribunale di Bologna, CRI, AUSER e Comunità Nigeriana. La violenza anticristiana ha colpito la Nigeria con attacchi seriali kamikaze, dentro le chiese, nelle strade, mietendo vittime su vittime in un circuito di terrore e di orrore che non può la- sciare insensibile la comunità europea ed internazionale. Ancora una volta siamo chiamati ad adottare una strategia politica per evitare che i conflitti determinati da logiche non sem- pre chiare si mascherino in conflitti tra religioni, compromettendo tutto il faticoso lavoro di pacificazione, di tolleranza, di civiltà che in Nigeria, come in tante altre parti del mondo, viene fatto da religiosi e laici, donne e uomini di buona volontà, che davvero non possono essere lasciati soli. Ecco perché le stragi in Nigeria ci riguardano e non possono lasciarci indifferenti: sono una profonda ferita all’idea di civiltà che vorremmo fosse patrimonio co- mune dell’umanità. 3
Oggi molti sono i profughi nigeriani presenti sul nostro territorio nazionale. Così la Città di Bologna, Città aperta, Piazza Grande, è diventata il luogo di un vero e proprio “esperimento”. Per meglio comprendere occorre ricostruire il contesto in cui si è sviluppato il progetto. Da tempo era stato istituito presso l’Amministrazione comunale un tavolo di lavoro fra Isti- tuzioni, Associazioni ed Enti disposti a contribuire alla risoluzione dei problemi di funzio- namento della giustizia, per il miglioramento del servizio da offrire al cittadino. Questo tavolo di lavoro è diventato ben presto un luogo di conoscenza dei diversi servizi erogati dal Tribunale e di ricerca di utili sinergie. In poco tempo, quello che era nato come tavolo di incontro e lavoro sui temi del funzionamento della giustizia sul territorio è diventato una sorta di “laboratorio” dove analizzare i problemi, portare a fattore comune i mezzi disponi- bili e cercare opportunità di miglioramento dei servizi erogati, conoscere e far conoscere il servizio giustizia. In questo quadro di riferimento si colloca l’avvio dell’esperienza di inserimento di nigeriani richiedenti asilo politico in Tribunale. Il “tavolo giustizia” aveva infatti sviluppato l’idea che l’azione della Pubblica Amministrazione oltre ad essere efficace ed efficiente, potesse anche essere orientata all’integrazione sociale e culturale. Siamo quindi partiti con slancio alla realizzazione del progetto, volenterosi di costruire qualcosa di nuovo e prezioso, ma consapevoli di non essere immuni a rischi, difficoltà e possibili critiche. Nell’avvio dell’esperienza ci siamo scontrati subito con il primo scoglio, quello della differenza linguistica. Una buona integrazione dei processi di lavoro fra le varie unità organizzative risulta a volte compromessa proprio dalla scarsa comunicazione, de- rivante da una non buona relazione umana. In questo caso, inoltre, l’integrazione andava ben oltre il “parlare la stessa lingua”, ma doveva concretizzarsi nel “fare le cose insieme”. La parte affascinante dell’esperienza era proprio creare una occasione di integrazione culturale 4
e sociale in ambiente lavorativo per migliorare, dall’interno, l’ambiente lavorativo stesso. Certamente, dovevano essere garantite condizioni minime di accoglienza alle persone stra- niere nella struttura nigeriana e, grazie alle sinergie fra gli Enti e le Associazioni firmatarie della prima convenzione datata 20 aprile, replicata con altra convenzione del 09 agosto este- sa alla Corte d’Appello, al Giudice di Pace di Bologna e alla Corte dei Conti Emilia Romagna, sono stati erogati ticket money, abbonamenti urbani mensili per consentire il trasporto sui mezzi pubblici, e sono state assicurate le spese di copertura assicurativa ai volontari. Ben presto si è avvertita l’esigenza di coinvolgere queste persone nei percorsi di formazione in materia di sicurezza sul lavoro organizzati all’interno del Tribunale. Pertanto, si è orga- nizzato il gruppo dei nigeriani in modo che ognuno di loro avesse una figura di riferimento nel settore di assegnazione per tutti gli aspetti relativi alle attività svolte all’interno delle cancelleria. Tutti inoltre avevano una sola figura di riferimento all’interno del Tribunale in grado di risolvere ogni momento di difficoltà linguistica. Quest’ultima preziosa risorsa in passato aveva svolto attività di traduttrice e possedeva pertanto una grande padronanza della lingua inglese. Il contributo dato è stato determinante non solo per consentire ai pro- fughi, nell’immediato, di sentirsi accolti dall’ambiente in cui operavano, ma soprattutto, in una prospettiva di sviluppo del percorso di vita e di lavoro, di familiarizzare con la lingua italiana con un apprendimento sul “campo”, quale fondamentale complemento ai corsi tra- dizionali di lingua. L’interesse di tutti i nigeriani a frequentare corsi gratuiti organizzati dalla CARITAS di Bo- logna è cresciuto molto e di pari passo alla familiarità con l’ambiente dove operavano. Fre- quentare i corsi “dopo lavoro” è stata un’esigenza espressa, un’aspettativa dichiarata dagli stessi nigeriani e non certo avvertita come un dovere nei confronti del Paese ospitante. Ma c’è di più: quello che poteva apparire, in prima battuta, un fattore critico di questa esperien- 5
za è diventato, al contrario, un elemento di crescita anche del personale amministrativo che ha assunto iniziative per imparare o migliorare la conoscenza della lingua inglese. “Non ci tengo affatto ad avere in mezzo ai piedi questi signori e perdere tempo per cercare di spie- garmi ….qui c’è bisogno di correre e di risorse nuove…..”. Così si lamentava un funzionario molto scettico sulla riuscita del progetto, e che non intendeva cimentarsi in questa operazio- ne di accoglienza. Lo stesso funzionario, dopo circa un mese ha cambiato idea: “E’ incredi- bile, capiscono al volo e sembra che abbiano la gioia del sentirsi utili …mi fanno sentire più felice nel mio lavoro quotidiano perché trasmettono la speranza”. L’iniziale difficoltà linguistica è stata ben presto superata grazie ad un’immediata integra- zione con gli impiegati amministrativi che hanno dimostrato di apprezzare questa forma di collaborazione. In nessuna occasione mi è stato riferito un problema di isolamento o ghet- tizzazione dei profughi, né dagli stessi e dai loro coordinatori referenti della Croce Rossa né dal personale amministrativo, e in ogni ufficio dove i profughi hanno operato, hanno svolto ruoli utili con dedizione ed attenzione superiori ad ogni aspettativa. Alla fine di questa esperienza (prevista al 31 dicembre 2012 in base alle convenzioni stipu- late) ai profughi di origine nigeriana verrà rilasciato un attestato sulle attività svolte a prova dell’esperienza di collaborazione su base volontaria in una struttura pubblica di alto profilo istituzionale. E’ forse ancora presto per un bilancio finale di questa significativa esperienza avviata da circa sei mesi, ma crediamo si possa dire che gli obiettivi che le Parti firmatarie della con- venzione si erano prefissi siano già stati ampiamente raggiunti. Da un lato, si è riusciti a co- niugare l’impegno sociale, civile e culturale del volontariato con un’esperienza di alto profilo formativo linguistico e professionale, e dall’altro lato si è favorito il miglioramento del clima lavorativo all’interno delle cancellerie, dove sicuramente si è sviluppata la capacità di fare 6
gruppo, di pensare il lavoro come un progetto in cui tutti, secondo le rispettive inclinazioni, competenze e capacità, debbono e possono dare un contributo, utilizzando la comunicazio- ne interna ed esterna come vero strumento di miglioramento della qualità dei servizi. In questa esperienza davvero innovativa si è riusciti a “fare rete” sui temi della facilitazione dell’accesso ai servizi pubblici da parte del cittadino, del miglioramento dell’efficacia, effi- cienza ed economicità dei servizi, favorendo, nel contempo, un processo di sviluppo sociale, economico e culturale. Una cosa però è certa. I ragazzi nigeriani in questi mesi hanno dato tantissimo al Tribunale e alla città di Bologna, hanno dimostrato dedizione al lavoro, attaccamento alle istituzioni e alla comunità che li ha accolti. Crediamo che non ci siano motivazioni per non riconoscere loro asilo politico, ed il rinnovo del permesso di soggiorno. Come Istituzioni, siamo impe- gnate affinché lo Stato possa riconoscere loro quello che si sono meritati, servendo la città e la comunità. Tribunale di Bologna e Comune di Bologna 7
Le storie dei protagonisti 9
La storia Lascia lo stato del Delta a causa della guerriglia. I giovani sono sospettati di essere contrari al regime e quindi perseguitati. Suo padre viene ucciso dalla polizia durante i combattimen- ti. Raggiunge, insieme a persone della sua tribù, Kano, nel Nord della Nigeria: là parlano l’arabo e ciò lo fa sentire straniero in patria. Si sposta in Niger, dove parlano sia l’inglese sia il francese. Lavora come muratore per 4 mesi. Non essendo musulmano e non compren- dendo il loro modo di vivere, su suggerimento del suo capo, si trasferisce a Dwaku, dove la situazione sanitaria è orribile. Un solimano arabo lo aiuta ad attraversare il deserto. Sale su una jeep con altre 13 persone. Durante il viaggio, per un guasto al motore, rimangono in attesa del pezzo di ricambio per 3 giorni. Non hanno né cibo né acqua: muoiono 10 persone. Raggiunge la Libia: apprende la professione di ceramista: guadagna qualcosa, poi si mette in proprio. Lavora per un anno. Inizia la guerra e il presidente Gheddafi dice che la Libia non è più sicura e consiglia loro di partire per l’Italia. Nel percorso verso il porto i soldati di Gheddafi lo rapiscono insieme ad altri ragazzi, perché combattano con loro: sarebbero diventati cittadini libici e avrebbero guadagnato 20.000$. Alcuni di loro si rifiutano: vengo- no picchiati e minacciati di essere messi su una barca e affondati. Quando adducono come motivo del rifiuto il fatto che non avrebbero riconosciuto i loro nemici vengono trasportati a Tripoli, rifocillati e invitati a ringraziare Allah e Gheddafi perché li lascia partire per l’Italia. Da Lampedusa viene trasferito direttamente a Bologna. e in tribunale… Collabora con mansioni di archivista presso l’Archivio Storico di deposito penale. 10
Acha 19/05/1984 Luky Scuola d’Arte 11
La storia Il padre era un politico (“re” della città). Il nonno lo è stato prima di lui. Condannato dal tribunale, si dà alla fuga perché non vuole stare in prigione. Obinna scappa da solo in Libia. Il fratellastro è andato da sua madre in Camerun. La mamma si è risposata quando era bam- bino, ma lui “non sa perché”. Un compagno di scuola lo aiuta, nel 2007, ad arrivare in Libia, dove lavora come apprendista elettricista. Qui lavora per 4 anni. Scoppia la guerra. Ricorda i bombardamenti. L’amico con cui abita muore durante un com- battimento (era tra i ribelli contro Gheddafi). Non sa più nulla di suo padre. Il suo titolare lo aiuta a venire in Italia (non è sicuro per lui tornare in Nigeria). Si trova con 150 persone in una piccola barca, senza mangiare, senza bere, dove nessuno dice dove si trovano, neanche il pilota pare sappia niente, “solo Dio”…. Uno di loro muore per disidratazione, ha bevuto acqua di mare. Aveva 23 anni. C’è stato maltempo, la barca si riempiva di acqua… tanta paura… finalmente arrivano a Lampedusa. “Abbiamo aiutato noi lo sbarco”. e in tribunale… Collabora presso la Cancelleria Penale per il rientro dei fascicoli dall’appello e dalla cassa- zione, svolge attività di fotocopiatura, preparazione, sistemazione e movimentazione di atti e fascicoli da inviare all’archivio. 12
Obinna 3/04/1991 Jude Ha studiato per 13 anni 13
La storia In Nigeria lavora come camionista. A causa della crisi politica nel Delta suo padre e suo fra- tello vengono uccisi dalle forze governative che incendiano la sua casa. La madre e la sorella, entrambe sposate, vivono altrove. Rimasto solo, si reca a Benim da un amico e vi rimane per 6 mesi lavorando come fornaio. Un giorno, di ritorno dal lavoro, viene aggredito e accoltellato alle spalle. Rimane in ospe- dale per 2 settimane. Nei 6 mesi successivi, non trovando un lavoro, vive di carità e in parte con l’aiuto di sua madre. Per trovare un lavoro va in Libia, dove, per vivere, accetta i lavori più umili. Lavora poi per più di 3 anni come imbianchino con un buono stipendio. Allo scoppio della guerra, per evi- tare l’arruolamento forzato, va a Tripoli. Non c’è lavoro né cibo. L’amico con cui è arrivato viene ucciso e, anche se non vuole lasciare l’Africa, capisce che l’unica possibilità di soprav- vivere è partire. Non ha denaro, ma riesce a imbarcarsi muovendo a compassione coloro che portano i barconi. Da un’ultima telefonata viene a sapere che sua madre è morta. Arriva a Lampedusa il 6 mag- gio 2011. Da là raggiunge direttamente Bologna. e in tribunale… Collabora alle Cancellerie Civili a supporto dei servizi dello sportello polifunzionale con at- tività di fotocopiatura di documenti e di movimentazione dei fascicoli. 14
Osiugwui 2/02/1975 Augustine Non ha studiato 15
La storia Viene dallo stato del Delta, in Nigeria. Qui i militanti lottano contro il governo del Delta, molto ricco a causa del petrolio. Chiedono più infrastrutture, il governo non le concede. Praticamente tutti i giovani di questa regione sono militanti e contrari al governo. Interrompe gli studi e fugge in Libia a causa dei disordini e del rischio di perdere la vita. Vive a Misurata dall’ottobre 2009 a maggio 2011. In Libia fa il muratore e percepisce uno stipendio normale. Pensa di rimanere in Libia per- ché riesce a mantenersi bene. Il 17 febbraio 2011 inizia la guerra tra le truppe di Gheddafi e i ribelli. La situazione è insostenibile, ci sono molti morti. Decide autonomamente di lasciare la Libia, visto che la sua vita è di nuovo in pericolo. Giunge a Lampedusa l’ 8 maggio 2011, e l’ 11 maggio 2011 arriva ai Prati di Caprara a Bolo- gna, in una vecchia caserma dell’Esercito italiano. Gli piace lavorare in Tribunale perché è come una famiglia. e in tribunale… Inserito alla Cancelleria Penale: si occupa della movimentazione dei fascicoli e degli atti dalla cancelleria alle aule di udienza, della fotocopiatura di documenti, della sistemazione delle raccolte degli originali delle sentenze, della sistemazione dei fascicoli nell’archivio, della movimentazione dei corpi di reato. 16
Ofuniebuna 5/05/1985 Peter Frequentava “Business and Administration” all’Università 17
La storia Al primo anno di università gli scontri tra governativi e ribelli sono così cruenti che deve abbandonare gli studi di ingegneria. Il padre è un poliziotto. Dopo l’aprile del 2007 i ribelli cominciano ad uccidere civili e poliziotti. Si contano circa 500 morti e oltre 1000 feriti. Suo padre e sua madre vengono uccisi il 12 agosto 2007. Abbandona la sua casa assieme al fratello Virginus, che però, dopo due giorni, viene ucciso dai ribelli. Teme talmente per la sua vita, che fugge. Si reca alla stazione dei treni, che ritiene un luogo ancora sicuro e dorme lì. Dopo alcuni giorni viene ferito di striscio alla spalla. Chiede un passaggio ad un venditore di verdura e riesce a fuggire a Kano. Là chiede a dei venditori di mucche di farlo andare con loro nello stato del Niger. Il 1° settembre 2007 lascia definitivamente il suo paese e si dirige in Libia insieme a militari dell’esercito del Niger, attraversando il deserto del Sahara su una jeep: impiegano 10 giorni. Arrivato a Tripoli trova subito lavoro come ceramista (posa pavimenti e piastrelle) nelle ca- se. Lavora per suo conto e guadagna bene, tenendosi a distanza dagli altri nigeriani perché non si fida di loro. Sarebbe rimasto in Libia, se non fosse stato costretto dai soldati di Ghed- dafi ad imbarcarsi per l’Italia insieme ad altri Africani. Il 30 giugno 2011 (dopo tre giorni di traversata) raggiunge Lampedusa. “Sono rimasto solo”. e in tribunale… Assegnato alle Cancellerie Civili e a supporto dei servizi dello sportello polifunzionale svolge attività di fotocopiatura e di movimentazione fascicoli. 18
Heidi 2/12/1986 Goodluck Un anno di università, Ingegneria (interrotto) 19
La storia Vive con la sua famiglia in una canonica aiutando un sacerdote. Il 30 luglio 2009 un gruppo terroristico islamico e antioccidentale, denominato Boko Haram assalta la chiesa, la canonica e la scuola in cui insegna, uccidendo il sacerdote e alcuni fedeli. Fugge e, at- traversando clandestinamente il Camerun, raggiunge Zenlais in Libia il 15 agosto 2009. Lavora come programmatore. Viene a sapere che la sua famiglia si è messa in salvo in un monastero. A causa dei combattimenti va a Tripoli, dove soldati di Gheddafi lo costringono ad imbarcarsi verso una destinazione a lui ignota. Arriva a Lampedusa il 14 maggio 2011. Ha paura di tornare in Nigeria perché cattolico e insegnante di informatica (stile di vita del mondo occidentale poco gradito nel suo paese). Dice che come molti africani è stato educato a resistere alle difficoltà e ad adattarsi. A volte non va a lavorare in Tribunale perché non fa in tempo a fare la doccia e non si vuole presen- tare non in ordine. e in tribunale… Collabora presso il Settore Penale. 20
Romano 30/05/1984 Innocent Laurea in Informatica 21
La storia Sottolinea il fatto che è sposato e che sua moglie è ospitata in una struttura sociale. E’ al nono mese di gravidanza. Vorrebbe trovare un posto dignitoso dove vivere con sua moglie e suo figlio il più presto possibile. e in tribunale… Assegnato alla Cancelleria della Volontaria Giurisdizione dove svolge attività di archiviazione. 22
Owoloabi 21/01//1981 Solomon Frequentava il 2° anno di “Business and Administration” all’Università 23
La storia Lascia la Nigeria nel 2002, dopo aver subito tre arresti e maltrattamenti da parte delle auto- rità del suo paese, a causa della sua appartenenza al movimento “Nigerian Youth Movement for Democratic Change (NYMDC), del quale è stato anche fondatore ed essere sfuggito a un ulteriore arresto nell’ottobre dello stesso anno. E’ stato espulso dall’Università. e in tribunale… Collabora presso la Cancelleria Penale per il rientro dei fascicoli dall’Appello e dalla Cassa- zione, svolge attività di fotocopiatura, preparazione e sistemazione dei fascicoli da inviare all’archivio,movimentazione e sistemazione atti e fascicoli. 24
Mbakwe 3/07/1982 francis 2° anno di università, ingegneria 25
La storia Deve lasciare la Nigeria insieme a suo fratello perché, in seguito a una discussione violenta col vicino, finita tragicamente, rischiava la pena di morte per fucilazione e la vendetta triba- le dei parenti del morto. Il 19 marzo 2009 lascia la Nigeria ed arriva in Libia il 12 aprile. Attraversa il deserto libico in motocicletta col fratello. Arrivano a Tangeri dove vivono per 3 settimane senza denaro. Lavora in campagna per gua- dagnare il denaro necessario per partire per Tripoli, sempre col fratello. Trova lavoro in un allevamento di polli, dove gli danno vitto, alloggio e uno stipendio. A febbraio 2011 inizia la guerra in Libia. I lavoratori stranieri che si trovavano là venivano uccisi anche se estranei al conflitto. Gheddafi organizza la partenza dei profughi su barche di fortuna. Si imbarca il 27 aprile 2011 a Tripoli, con suo fratello. Durante l’imbarco l’ im- barcazione si spacca in due e inizia ad imbarcare acqua. Molte persone, tra cui suo fratello e alcuni amici, annegano. Lui lotta per sopravvivere. Il 12 maggio sale su un’altra barca. Arriva a Lampedusa il giorno dopo. Dopo 3 giorni arriva a Bologna, ai Prati di Caprara. e in tribunale… Collabora con mansioni di archivista presso l’Archivio Storico di deposito penale. 26
Aigbe 16/5/1980 Osas Scuola edile 27
La storia Ha vissuto nel nord della Nigeria, dove lavorava come elettricista. Nel 2008 abbandona la Nigeria per ragioni politiche e si reca in Libia. A Misurata, in Libia, lavora come commerciante in proprio fino allo scoppio della guerra, che lo costringe a fuggire. e in tribunale… Collabora nella movimentazione dei fascicoli e degli atti dalla Cancelleria alle Aule di udienza, nella movimentazione dei corpi di reato; fotocopia atti e invia fax presso la Cancelleria Penale. 28
Abdullasis Lagos Abudalla 4/06/1978 Licenza Media 29
La storia A 12-13 anni impara a fare l’imbianchino, mestiere che ha sempre svolto e che ha continua- to a svolgere anche quando è fuggito in Libia. “Sono arrivato a Bologna di notte e la prima cosa che ho visto sono stati i militari della Croce Rossa Italiana. Era una struttura militare. Nessun soldato parlava inglese. Questo mi ha spaventato perché ero scappato dai militari e mi sono ritrovato di nuovo in una struttura dell’esercito”. e in tribunale… Collabora presso la Cancelleria Decreti Ingiuntivi dove si occupa di fotocopiatura di docu- menti e di archiviazione. 30
Ekator 1/O1/1967 Pery Licenza elementare 31
La storia Frequenta la scuola elementare, media e superiore in un Collegio tecnico di Edo State. Esce dalla scuola con il diploma di elettricista. Lascia la Nigeria nel 2002 per ragioni politiche (i militanti anti governativi lo volevano arruolare a forza ed è stato ferito nel tentativo di fuga). Riesce a fuggire nello Stato del Niger, arrivando alla città di Agades e vi rimane per 9 mesi sino alla guarigione. Non trovando però nessun aiuto decide di partire per la Libia, stabilen- dosi a Tripoli e trovando occupazione con mercante di vestiario. Nel 2011 si verifica la primavera libica e il 17/07/2011 è costretto dai militari di Gheddafi ad imbarcarsi per l’Italia. Dice che i pensieri sono troppi, che ha bisogno di “rest of mind”. Molti non hanno retto. e in tribunale… Collabora presso la Cancelleria Penale per il rientro dei fascicoli dall’Appello e dalla Cassa- zione, attività di fotocopiatura, preparazione e sistemazione dei fascicoli da inviare all’ar- chivio, movimentazione e sistemazione di atti e fascicoli. 32
Monday 20/07/1970 Ohoue Diploma Istituto Tecnico Industriale 33
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Il campo profughi Prati di Caprara Q uando un anno e mezzo fa accettai di gestire la struttura d’emergenza che avrebbe dovuto accogliere i profughi in fuga dalle ostilità in Nord Africa ancora non sapevo bene cosa aspettarmi. Sapevo che sarebbe stata l’ennesima sfida della mia carriera di uomo abituato alle emergenze, ma quello che ancora non immaginavo era l’impatto che questa nuova avventura avrebbe avuto sulla mia vita. Credo che non dimenticherò mai i volti stravolti di questi ragazzi mentre scendevano dal pullman la notte che arrivarono a Bologna, dopo l’interminabile viaggio che li aveva portati ad attraversare il Mediterraneo, abbandonando tutto. Quando penso alla Primavera araba rivedo ancora nella memoria gli sguardi smarriti di questi giovani figli della rivolta, che erano giunti fino a me nella speranza di un futuro migliore. Come molti italiani, io ed i miei collaboratori avevamo seguito per mesi i telegiornali, guardando con ansia a quei barconi carichi di migranti. Da quella notte di maggio io mi trovai ad essere il padre adottivo di un piccolo pezzo di Africa, che sbarcato in Sicilia era improvvisamente giunto fino a me. Non potevo più semplicemente spegnere il televisore: la mia vita era cambiata. 35
Questi ragazzi ci hanno insegnato a rimetterci sempre in gioco. Abbiamo dovuto persino rimet- terci a studiare, nel tentativo di imparare la geografia della Nigeria, del Togo, della Sierra Leone. Abbiamo ascoltato le loro storie, sforzandoci di metterci nei loro panni per dare risposta ai loro bisogni; un compito non sempre facile. Con il passare dei mesi la conoscenza si è approfondità. Oggi questi sono ancora i miei ragazzi. Sono calati di numero, si sono fatti più grandi, più consapevoli, più italiani. Ma sono sempre i miei ragazzi. Non è possibile trascorrere così tanto tempo con qualcuno senza riuscire ad affezionarsi. Dentro le mura di questa cittadella abbiamo ritrovato noi stessi e siamo diventati una comunità. Alcuni di questi giovani hanno avuto la possibilità di impegnarsi attivamente nel volonta- riato, portando il loro contributo in un settore chiave per l’Italia come quello della giustizia. Una giustizia che per loro significava esclusivamente una divisa da poliziotto e file intermi- nabili in Questura. Lavorare negli archivi istituzionali della magistratura è diventato il modo per dimostrare alla società la fermezza del loro spirito di volontà, il loro desiderio di rendersi utili a tutta la cittadinanza facendosi benvolere prima di tutto dalle istituzioni, quelle istituzioni che avevano deciso di accoglierli, dando loro fiducia e investire nel loro potenziale di futuri cittadini. Una possibilità di riscatto dalle etichettature di una società ormai più incline ai re- spingimenti che all’accoglienza. Ma come disse Nelson Mandela nessuno è nato schiavo, né signore. Siamo insieme su questa terra per vivere come fratelli, e una volta piantato, l’albero della libertà cresce in fretta. Si tratta solo di non dimenticarsi di innaffiarlo. Cap. Michele Camurati Direttore CPA BOLOGNA “S.Felice” Comitato Regionale C.R.I. Emilia Romagna 36
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Bologna Novembre 2012 Impaginazione: Redesign Soc. Coop. Stampa Tipografia Metropolitana Bologna 40
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