Dal Partigiano Corrado di Pavese al Covid19

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Dal Partigiano Corrado                                   di
Pavese al Covid19
Un lungo abbraccio dai balconi per questa giornata di
resistenza e Ri-costruzione

Luisa Langella

“Questa mattina mi sono alzato” in un’Italia vuota. La stessa
del partigiano Corrado di pavesiana memoria che osserva la
città deserta e le terre desolate. Piazza Plebiscito , piazza
del Colosseo , via Monte Napoleone: spazi deserti e desolati.
Solo poco tempo fa brulicanti di tram e autobus, biciclette,
auto e pedoni: un’Italiana piena. Un’Italia piena, che oggi si
unisce, si stringe. L’Italia dei drappi tricolori attaccati ai
balconi, l’Italia che canta insieme alle finestre l’Inno
Nazionale, l’Italia degli arcobaleni. Napoli illuminata dalle
torce dei cellulari a tempo di “Abbracciame”        di Andrea
Sannino. Gli Italiani si abbracciano rispettando il metro di
distanza e resistono. Resistono a questa che tutto il mondo ha
definito guerra. Spinti dallo stesso sentimento partigiano di
unione. “La Resistenza è stata un fatto straordinario. Ha
realizzato un’unità veramente eccezionale” (Nilde Iotti) Il
Covid-19 è stato un fatto straordinario, ha realizzato
un’unità veramente eccezionale. Ha unito il mondo, che mai,
prima d’ora si era sentito sulla stessa barca. Questi sono
davvero giorni partigiani, giorni di unione e di resistenza
per prepararci a una nuova liberazione. Un’altra liberazione,
quella dalla quarantena, ma non così diversa. Gli Italiani
liberati, di 75 anni fa, li immagino disorientati, smarriti e
spaventati anche di chi è sempre stato accanto a loro, tanto
quanto gli Italiani liberati ai tempi del Covid-19. Il virus
si è preso gioco di noi. Ha rinchiuso in casa un popolo che
vive fuori casa, che ama stare all’aria aperta, che mangia
velocemente qualcosa take away e che si assembra anche solo
per un caffè. E mi chiedo se gli Italiani non siano più liberi
in quarantena o se gli Italiani, in quarantena, non siano mai
stati più liberi di così. Liberi da una società frenetica che
impone un certo comportamento, un certo stile di vita e un
certo modo di parlare e pensare. Ha rallentato la generazione
che nell’immediato e nella velocità aveva creduto di trovare
la felicità e l’appagamento dimostrando che possiamo fare a
meno di tante cose, ancora in chiusura, tranne che di una
famiglia riunita intorno a un tavolo nella cucina della
propria casa . “Oh partigiano, portami via che mi sembra di
morir” Ci vuole coraggio, come diceva Pavese, di starsene
soli ma agli Italiani partigiani, il     coraggio non è mai
mancato.

Sul   25   aprile                          Federico
Sanguineti
Tema.

Sul 25 aprile.

Svolgo.

Il 25 aprile a cosa penso?

Penso a Teresa Mattei la ragazza

che alla Costituente volle aggiungere

l’espressione « di fatto » nell’articolo

3 comma 2 de la Costituzione.

Aveva allora venticinque anni

e per tutta la vita spiegò sempre
che la sovranità appartiene al popolo

e che questo vuol dire qualche cosa

che va al di là de la democrazia

borghesemente e formalmente intesa.

Ne la sostanza significa infatti

che ciascuna e ciascuno è in sé sovrano

dal di che nasce fino al dì che muore

senza delegare nessun altro.

« Non aspettar mio dir più né mio cenno

libero dritto e sano è tuo arbitrio

e fallo fora non fare a suo senno

per ch’io te sopra te corono e mitrio ».

Importante non è dunque per noi

che qualcuno governi al nostro posto

ma di fatto chiunque si governi.

Un popolo in cammino sulle
note di Bella Ciao
Oggi celebriamo il LXXV anniversario della Liberazione d’
Italia dal nazifascismo. Resistenza e Libertà i termini che
definiscono questo giorno, da cui trarre spunto per superare
la morsa di questa pandemia

Di OLGA CHIEFFI

E’ oggi il LXXV anniversario della Liberazione d’Italia dal
Nazifascismo, due termini lo contraddistinguono da allora:
Resistenza e Libertà. Oggi, che questa Festa forte, intensa,
cade in un periodo buio, dal quale stiamo venendo fuori
vogliamo declinare questi due termini anche alla luce dei
giorni che stiamo vivendo. Abbiamo chiesto di sostenerci in
questa nostra idea a Giorgio Benvenuto, a Federico Sanguineti,
agli studenti del Liceo Scientifico “ Renato Caccioppoli” di
Scafati, su invito rivolto alla loro docente Patrizia
Polverino, e ancora Luisa Langella, Giulia Iannone. Ci
renderemo conto, dopo aver letto con attenzione le colonne di
questo giornale, che le parole Resistenza e Libertà, hanno lo
stesso significato ieri come oggi. La Resistenza è l’impresa
storica di un popolo, compiuta per libera scelta di milioni di
uomini e donne semplici, che di essa furono protagonisti in
senso pieno, creatori e corresponsabili. Non una decisione
imposta, ma una scelta contro ciò che veniva imposto; non
l’inquadramento forzato in un esercito istituzionale, per una
guerra decisa dall’alto, ma la costruzione volontaria di un
esercito dal nulla, di un esercito di liberi e uguali. Una
disciplina ferrea, ma derivante dalle esigenze della lotta
liberamente intrapresa, e costantemente corretta e rafforzata
dal carattere collettivo delle decisioni. Una democrazia
piena, vissuta come costante compartecipazione di tutti ai
problemi, e alle scelte, collettivi: la democrazia più piena e
più alta, che la storia d’Italia abbia mai conosciuto. Non
deve debordare in retorica, nè agiografia, ce lo insegna il
pensiero di Piero Gobetti: bisogna guardare alla Resistenza,
così come è stata vissuta da “un popolo alla macchia”, da un
popolo che si è dato organizzazione, strutture militari e
politiche, giornali, codice civile e morale, senza
l’intervento di apparati coercitivi separati dal popolo
stesso, anzi, contro il potere armato esistente. Una
generazione quella, che si caricò l’Italia sulle spalle,
consapevole della Res Publica, nella sua essenza più pura, un
qualcosa che da tempo sembra smarrito, quasi sconosciuto, sia
nella popolazione che nella classe dirigente. La pandemia, la
paura, il pericolo, può farci riacquistare quella
consapevolezza. I nuovi eroi sono i medici, gli infermieri,
quanti lasciano intravvedere ancora la luce a tutti noi.
Stiamo resistendo tutti, anche gli animali, gli sportivi, gli
artisti, i musici, i poeti, cercando di reinventarsi, anche
noi stessi che redigiamo le pagine dedicate a quegli
spettacoli, opere, drammi, che sono fermi. Abbiamo, così,
pensato di farvi mettere in cammino con noi, tanti ci hanno
donato delle testimonianze, hanno ri-trovato il gusto di
scrivere, di raccontarsi, di rivelare difficoltà, malanimo,
affetti, nostalgie, melanconie. Quando ne usciremo, noi che
non abbiamo conosciuto la lezione dura della guerra, ma che
abbiamo affrontato questo periodo buio, che avrà strascichi
economicamente pari al secondo conflitto mondiale, dovremo
metterci in cammino, con lo stesso entusiasmo, volontà e
disciplina dei nostri padri fondatori. Oggi alle ore 15 pare
che l’appuntamento sui balconi sia sulle note di “Bella Ciao”.
Il nostro personale invito è a non tradire quel canto simbolo
della Resistenza, come immagino, purtroppo avverrà, con
qualche mutazione, remix, ignorante, da motivetto disco dance.
Si è combattuto sulle note di “Bella ciao”, è ingiusto che
oggi, 25 aprile, questo canto possa essere associato a
incoraggiamento per una banda di ladri della tv o colonna
sonora di vacui balletti da villaggio turistico. Oggi, Bella
Ciao continui, come allora, ad essere simbolo del nostro
popolo che si è messo finalmente in moto, in viaggio, con la
sua musica, colonna sonora della Libertà e della Democrazia
che allora nascevano.
Il 25 aprile ieri e oggi
La direzione comune per sostenere lo sforzo di uscire dal
disastro della guerra rimaneva e rimane una priorità, perché
da essa dipende il destino del mondo del lavoro. Oggi c’è
bisogno di non smarrire propositi positivi che non vanno
immiseriti da polemiche tanto sterili quanto inutilmente
distruttive

Di GIORGIO BENVENUTO

“Il desiderio di resistere alla oppressione è radicato nella
natura umana” osservava Tacito, lo storico latino. E quando si
ricorda la Resistenza ed il 25 aprile, queste parole sono
appropriate perché permettono di allargare la visione di quel
periodo agli anni precedenti all’ 8 settembre 1943, quando
l’impegno contro la dittatura fascista era di una tenace
minoranza, che si poneva l’obiettivo della ricostruzione
dell’Italia dopo la liberazione dal nazifascismo. Proprio per
tali ragioni non ha senso cercare di dare nuovi significati
alla festa della Liberazione. Semmai l’errore che si rischia
di commettere è quello di trascurare che da quel drammatico
periodo prende le mosse una classe dirigente che, sia pure con
diverse ideologie, ha saputo rimettere in piedi il Paese, la
sua economia, le basi del vivere civile. La parola Liberazione
andrebbe dunque, soprattutto per i giovani, associata a quella
di ricostruzione morale, civile, economica e sociale. A
mantenere viva la lotta per la libertà, prima della seconda
guerra mondiale ci avevano pensato politici e sindacalisti del
valore di Turati, dei fratelli Rosselli, di Pertini, di
Amendola,    di Gramsci, di Foa, di Gobetti, di Giacomo
Matteotti, di Nenni, di Buozzi, di Di Vittorio e di tanti
altri, assai meno noti, forse, ma capaci di non arrendersi in
un periodo di libertà negate, di “pensiero Unico” e di
controllo poliziesco, con la forza di rimanere opposizione
morale e politica. Pagando, spesso, con una stentata
sopravvivenza questa scelta. E, dal ’43 in poi, come non
ricordare l’apporto dei lavoratori alla lotta contro il
nazifascismo, con gli scioperi nelle fabbriche, ma anche con
la difesa di esse, che volevano dire pane e lavoro per tante
famiglie, specie al nord. Quando celebriamo il 25 aprile,
insomma, rendiamo anche giustizia a questi sacrifici, a queste
lotte. E sia pure fra varie differenze, questa data diviene il
crocevia di aspirazioni ad un Paese diverso da parte di
socialisti, comunisti, cattolici e liberali di varia
estrazione, che confluiranno nella posa di pietre miliari per
la rinascita dell’Italia: la Repubblica, la Costituzione, il
voto alle donne, il ritorno alla libertà ed unità sindacale,
solo per citarne alcune. Si possono avere giudizi discordanti
sul significato del 25 aprile, ma non si può ignorare che, la
nuova fisionomia politica e sociale del Paese, si realizza
partendo dalla riconquistata libertà di cui quel giorno è
simbolo storico. Non si tratta, allora, di ridurre questa
ricorrenza al solo aspetto “distruttivo” della cacciata del
nazifascismo, ma di fare un passo in più per comprendere che,
quella forza messa in campo dall’antifascismo di diverse
provenienze, divenne determinante per avviare la ricostruzione
del nostro Paese. Questo spirito sopravvive addirittura quando
il mondo si troverà diviso in due: Occidente ed Oriente.
Palmiro Togliatti, segretario del Pci di allora, non a caso
dichiarava, dopo la rottura dei Governi di coalizione
antifascista, che il suo partito era “fuori dal Governo, ma
dentro la Costituzione”. Perché era proprio la Costituzione
che diventava il nuovo motore di un Paese che voleva lasciarsi
alle spalle le macerie della guerra. Tanto che la sinistra,
Psi e Pci, approvò nel 1948, nel pieno dello scontro
ideologico e politico con la Dc, il provvedimento che rilancia
il prestito per la ricostruzione, composto da titoli di stato.
In quell’occasione dal PCI e dal PSI venne l’invito agli
operai ad investire parte del loro salario acquistando quei
titoli. Ed era da più di un anno che erano usciti dal governo
De Gasperi. Non solo: nel 1945 un altro esponente della
sinistra Ferruccio Parri , in qualità di Presidente del
Consiglio, con il Ministro Soleri lanciò il prestito della
liberazione anche al fine di assicurare la stabilità del
credito. Come mai questa attenzione al risparmio in una realtà
devastata da grandi distruzioni? Probabilmente perché c’era un
forte legame fra quelle forze politiche ed il mondo del lavoro
che permetteva di sostenere come credibili quelle proposte. Un
legame di cui il 25 aprile, lo si voglia o no, era un simbolo
reale. La direzione comune per sostenere lo sforzo di uscire
dal disastro della guerra rimaneva una priorità, anche perché
da essa dipendeva il destino del mondo del lavoro.

 Ed in un certo senso il compimento del 25 aprile lo possiamo
trovare nel testo della nostra Costituzione. In essa
confluisce la speranza di coloro che si sono battuti per la
libertà, ma anche di coloro che avevano ritrovato fiducia in
se stessi ed avevano compreso la lezione di un passato che
andava    superato.    Uno   dei    padri    della   Carta
Costituzionale, Piero Calamandrei, osservava che quel testo
non andava celebrato, ma attuato. E citava l’esempio
dell’articolo 3 nel quale lo Stato si deve impegnare a
rimuovere gli ostacoli che si frappongono all’esercizio
concreto dei valori cui esso si ispirava, da quello della
libertà a quello della dignità della persona. E per far
comprendere che questa attuazione era possibile in presenza di
una coesione di fondo della società raccontava la storiella
di quei due emigranti imbarcati su un piroscafo che faceva
rotta verso l’America. Uno dei due mentre sul ponte osservava
la burrasca che si avvicinava sentì un marinaio esprimere il
suo allarme per i rischi che la nave correva. Si precipitò dal
suo amico che dormiva e lo mise al corrente della situazione:
“se la tempesta aumenterà di intensità, la nave potrebbe
affondare”. E l’amico di rimando: “e cosa mi importa, non è
mica mia…”. La nave nella interpretazione di Calamandrei era
ovviamente l’Italia. E questa considerazione ci riporta
all’oggi ed alle difficoltà che dobbiamo affrontare con la
pandemia. Il primo spunto di riflessione è proprio collegato
alla necessità di dare priorità, quando sarà possibile, alla
ricostruzione. C’è bisogno di non smarrire propositi positivi
che non vanno immiseriti da polemiche tanto sterili quanto
inutilmente distruttive. Sappiamo bene che avremo a che fare
con una economia stremata che produrrà disoccupazione, disagio
sociale, chiusura di attività economiche. Si deve reagire nel
solo modo possibile: rilanciare la sfida della crescita, con
programmi, progetti, confronto aperto fra Istituzioni e forze
sociali, idee nuove, mettendo il bene comune al di sopra delle
ambizioni personali. Allora, il 25 aprile e dopo, l’Italia era
in possesso malgrado le vicissitudini della guerra e della
dittatura di una classe dirigente composta da grandi
personalità. Eppure, essi furono tanto lungimiranti da cedere
il passo alle necessità       di un Paese che non poteva
sopravvivere sulle parole, tantomeno sui monologhi.

  Ma occorre, anche più che mai, avere un’ Europa che sappia
andare oltre i nazionalismi, gli egoismi, le logiche meschine
che suggeriscono di far passare in qualche modo ‘a
nuttata. L’Europa ha bisogno anch’essa di una stagione di
ricostruzione profonda che le restituisca un’anima vitale,
ritrovando ragioni comuni per una coesione in grado di andare
oltre il mantenimento di una economia di mercato e della
moneta unica. Oggi il primato, come avvenne allora da quel 25
aprile in poi, deve spettare ad un progetto politico, alla
politica. Ed infine, questo 25 aprile può essere l’occasione
per ricordare che è sempre possibile ritrovare unità
d’intenti. Oggi essa è necessaria e non si può ritrovare che
in un ruolo attivo e definito dello Stato, ma non certo nella
confusione istituzionale che vede lo Stato, le Regioni e gli
enti locali antagonisti fra di loro, oppure il ruolo di
partiti, Parlamento, corpi intermedi, ridimensionato dal
pullulare di task force di consulenti, di tecnici, di esperti
incapaci di fare squadra. Va compiuto, invece, uno sforzo
serio di ritrovare una direzione di marcia ben definita.Le
priorità che vanno fissate possono esse stesse divenire
terreno di discussione e di competizione sulla scena politica.
Ma devono essere tali da consentire di dare risposte concrete,
realizzabili. E non si potrà non ripartire sul piano economico
che da una strategia contro la disoccupazione e per nuova,
buona occupazione, evitando di finire impantanati per anni
nella pratica di un assistenzialismo che a lungo andare logora
anche la tenuta democratica.

    Ricordare nel modo giusto il 25 aprile può aiutare in
questa ricerca di nuove strade, senza l’illusione che tutto
potrà tornare come prima. Ma questo obiettivo vuol dire
soprattutto impegnarsi nella realizzazione di un buon futuro
soprattutto per le giovani generazioni. In quel giorno nel
1945, non dimentichiamolo, fra i       protagonisti della
riacquistata libertà nelle piazze e nelle vie delle nostre
città c’erano tanti, tantissimi giovani.

#iononapro,    la   protesta
contro le norme varate dalla
Regione
“Quanto si legge nell’ordinanza è frutto di mostruosità e di
follia pura. Qualcosa che è stato partorito soltanto da
qualcuno che non conosce a fondo il mondo del Lavoro”, il
pensiero di Giovanni Marone della Confcommercio che, per
primo, proprio dalle colonne di questo giornale, ha paventato
pericoli di misure di sicurezze pensate da “esperti” non
proprio del settore. E quanto si legge nell’allegato
all’ordinanza regionale dello scorso 22 aprile, ha scosso
profondamente il mondo del commercio non solo di Salerno ma
della Campania tutta. Al grido di #iononapro, si sta creando
un vero e proprio movimento di commercianti che non daranno
vita al delivery food suggerito dall’ordinanza dell’altro
giorno. «Vorrei precisare che il sottoscritto non si occupa di
politica, anche perché preferisco lasciarla a chi la fa per
mestiere. – puntualizza Nino Marone – Posso solo rilevare che
questo tipo di normativa non fa altro che aumentare i danni
che già sono stati creati dall’emergenza a questo settore. Non
è alcun attacco al governatore De Luca quanto a chi l’ha
consigliato. Ai tecnici che generano queste follie.
Mostruosità del genere che sono fuori da ogni logica».
Praticamente ignorati tutti i parametri, con il via al nuovo
tipo di commercio “pensato” da Santa Lucia che non suscita
assolutamente consensi. «Siamo al paradosso nel mondo del
commercio. – aggiunge Marone – Mentre è stato finora offerto
un tipo di servizio senza bisogno di osservare protocolli
rigidi di sicurezza ad altri esercizi, leggasi supermercati e
farmacie ad esempio, adesso è chiesto l’impossibile ai
commercianti. Addirittura si richiede di chiudere le proprie
botteghe e per fare solo servizio di delivery food. Il tutto
tramite prenotazioni online o telefoniche. Ci troviamo di
fronte ad un e vero e proprio paradosso. E’ una cosa che può
partorire soltanto un qualcuno che non conosce a fondo il
mondo del Lavoro». Giovanni Marone, a questo punto, entra nel
vivo della discussione, facendo anche quelli che sarebbero i
conti in tasca agli operatori commerciali. «Il problema non è
l’orario di apertura degli esercizi commerciali quanto la
modalità. – riprende – Vorrei tanto appellarmi al senso
imprenditoriale del nostro legislatore perché adesso s’invita
a far uscire dalla cassa integrazione i dipendenti per
guadagnare la giornata con la consegna di cibo a domicilio.
Non è possibile, si dovrebbe in poche ore consegnare un numero
incredibile di pizze o caffè per giustificare la spesa del
pizzaiolo e del fattorino. Siamo completamente fuori da ogni
concezione economica. La maggiore convenienza in questo
momento, per com’è stato partorito tale provvedimento è
proprio quello di restare chiusi. Ora, ci si guadagna proprio
restando chiusi. Aveva ragione il titolare di una nota
pizzeria napoletana che affermava: Il presidente De Luca ha
individuato il metodo per non farci aprire». Altro problema,
poi, ci sarà per i mercatali e gli ambulanti quando potranno
di nuovo lavorare. «Gli ambulanti non sono proprio
considerati. – chiosa Marone – I mercatali come futuro avranno
quello che diceva Dante di essere “color che son sospesi”».

La consegna a domicilio delle
pizze?      Le      effettua
l’Humanitas
“Stiamo ricevendo richieste da altre pizzerie a partire da
lunedì    prossimo”.    A   dirlo   è   Roberto   Schiavone
dell’Associazione Humanitas Soccorso Italia onlus, con la
partenza ufficiale del nuovo progetto – che aveva anticipato
proprio al nostro giornale – per rendere più sicure le
consegne delle pizze a domicilio. «Siamo pronti a partire
lunedì con l’apertura delle pizzerie, per il servizio di
consegna a domicilio. – afferma Roberto Schiavone – Per la
verità avevamo già un impegno con una nota pizzeria
salernitana che ha chiesto il nostro intervento quando potrà
alzare la saracinesca. Ma altre in queste ore si stanno
assommando alla prima, cercheremo di verificare per tempo
tutto il protocollo di controllo con chi ci ha già chiamato.
Una nostra squadra, infatti, sarà chiamata a misurare ai
runner la temperatura e a controllare tutti i parametri
sensibili a un eventuale contagio covid. Nel caso malaugurato
che ci fosse, e in particolare il sintomo della febbre, il
runner sarebbe immediatamente bloccato e rispedito a casa, con
nostro personale che nelle ore successive lo seguirà a casa,
per verificare tutta la sintomatologia. Una misura di
sicurezza in più, dunque, per i tanti amanti della pizza e non
solo». Una squadra, dunque, che sarà provvista di tutto il
materiale utile per il rilevamento termico della temperatura
corporea e non solo. Una prima fase, dunque, con quella che
dovrebbe anche essere una vestizione particolare del runner
che sarà chiamato a portare nelle case dei salernitani il
prezioso alimento, così tanto atteso in questo lungo periodo
di quarantena. «Cercheremo di far arrivare in tutta sicurezza
le pizze a casa dei salernitani. – riprende Schiavone –
Collaboreremo per far arrivare il prezioso alimento nelle case
dei cittadini salernitani senza pericoli di contaminazione da
parte dei runner».

Emergenza     covid,    nuova
ordinanza di De Luca. Le
pizzerie guadagnano un’ora,
sì al jogging ma vicino casa
Il Presidente Vincenzo De Luca ha firmato l’Ordinanza n.39 del
25 aprile 2020, che reca ulteriori misure per la prevenzione e
gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

L’ordinanza contiene una serie di disposizioni da ritenersi
sperimentali e conta sul senso di responsabilità di tutti i
cittadini. Se si dovessero verificare situazioni di
assembramento tali da produrre diffusione del contagio, la
stessa ordinanza sarà immediatamente revocata. Nell’ordinanza
si fa riferimento anche all’industria conciaria campana; sono
consentite attività di manutenzione a difesa delle produzioni
e delle quote di mercato del settore.
Nelle tabelle allegate vengono illustrate le disposizioni di
sicurezza per il settore edile, con aggiornamento delle misure
che riguardano la ristorazione.

Ecco in sintesi la parte ordinativa:

1. Con decorrenza dal 27 aprile 2020 e fino al 3 maggio 2020,
su tutto il territorio regionale sono consentite:

a) previa comunicazione al Prefetto competente, le attività
conservative e di manutenzione, di pulizia e sanificazione nei
locali ed aree adibiti allo svolgimento di attività
commerciali e produttive, ancorché sospese per effetto della
vigente disciplina statale e/o regionale, ivi comprese le
attività alberghiere e ricettive in genere nonché quelle
balneari e quelle relative alla manutenzione, conservazione e
lavorazione delle pelli;

b) l’attività edilizia nei limiti delle attività con codici
ATECO ammessi dalla vigente disciplina nazionale (DPCM 10
aprile 2020).

2.   È   approvato   il   documento   Allegato   1   al   presente
provvedimento per formarne parte integrante e sostanziale,
recante le misure precauzionali obbligatorie per la sicurezza
nei cantieri edili. Le indicate misure di sicurezza e
precauzionali si applicano, altresì, agli esercenti ed
operatori impegnati nelle attività di cui alla lettera a) del
punto 1 della presente Ordinanza, per quanto compatibili in
relazione alle attività da svolgere.

3. A parziale modifica dell’Ordinanza n.37 del 22 aprile 2020,
dal 27 aprile 2020 e fino al 3 maggio 2020, sono consentite le
attività e i servizi di ristorazione – fra cui pub, bar,
gastronomie, ristoranti, pizzerie, gelaterie e pasticcerie-
con la sola modalità di prenotazione telefonica ovvero on line
e consegna a domicilio, nel rispetto delle norme igienico-
sanitarie nelle diverse fasi di produzione, confezionamento,
trasporto e consegna dei cibi e salvo quanto previsto al
successivo punto 4, con i seguenti orari:

3.1. quanto ai bar, pasticcerie, gelaterie, rosticcerie,
gastronomie, tavole calde e similari, dalle ore 7,00 e con
possibilità di effettuare l’ultima corsa di consegna alle ore
14,00;

3.2. quanto ai ristoranti e pizzerie, dalle ore 16,00 e con
possibilità di effettuare l’ultima corsa di consegna alle ore
23,00.
3.3 Negli orari di cui ai precedenti punti 3.1 e 3.2 non è
computato il tempo necessario alle operazioni di pulizia e
organizzazione dell’attività, anteriori e successive alla
stessa, da svolgersi ad esercizio chiuso.

4. È fatto obbligo, agli esercenti ed operatori impegnati
nelle attività di cui al precedente punto 3 e per gli utenti,
di osservare le misure di sicurezza e precauzionali prescritte
nel documento Allegato sub 2 al presente provvedimento per
formarne parte integrante e sostanziale, che sostituisce
l’Allegato A all’Ordinanza n.37 del 22 aprile 2020.

5. Per la durata di vigenza della presente ordinanza resta
vietata la vendita al banco di prodotti di rosticceria e
gastronomia da parte delle salumerie, panifici e altri negozi
di generi alimentari. Resta consentita la vendita con consegna
a domicilio dei prodotti opportunamente confezionati e con
obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione individuale
di cui all’art.16 del decreto legge n.18/2020 da parte degli
addetti alle consegne.

6. Con decorrenza dal 27 aprile 2020 e fino al 3 maggio 2020,
fermo restando il divieto di svolgere attività ludica o
ricreativa all’aperto, è consentito svolgere individualmente
attività motoria all’aperto, ove compatibile con l’uso
obbligatorio della mascherina, in prossimità della propria
abitazione, e comunque con obbligo di distanziamento di almeno
due metri da ogni altra persona- salvo che si tratti di
soggetti appartenenti allo stesso nucleo convivente- nelle
seguenti fasce orarie: – ore 6,30-8,30; – ore 19,00-22,00.

Gli «eroi»? Appena 100 euro
in busta paga
di Andrea Pellegrino

Sono definiti «eroi» ma in busta paga si sono ritrovati con
cento euro in più. E’ l’amara sorpresa dei dipendenti
dell’azienda universitaria ospedaliera “Ruggi d’Aragona” che
nell’ultima busta paga, alla voce “premio per i giorni
lavorati” si sono ritrovati un aumento che non supera i cento
euro. C’è chi addirittura ha ricevuto appena 90 euro. E’ il
personale sanitario della mega azienda ospedaliera che oltre
il Ruggi d’Aragona di via San Leonardo di Salerno, gestisce i
plessi “Da Procida”, sempre di Salerno, il “Santa Maria
dell’Olmo” di Cava de’ Tirreni; il “Fucito” di Mercato San
Severino e quello della Divina Costa a Ravello. Un esercito
che sta combattendo, anche a mani nude (in alcune circostanze
nel senso letterario della parola), la lotta al Coronavirus.
Eroi nel nostro tempo che hanno rischiato e rischiano ancora
contagi e che fino a poco fa elemosinavano i principali
dispositivi di sicurezza individuale. A partire dalle
mascherine, grandi assenti all’inizio dell’emergenza. L’ultima
amara sorpresa è arrivata nella busta paga di marzo con un
premio economico certamente non all’altezza del lavoro che
stanno svolgendo, nonostante gli ospedali, siano, ormai, una
delle maggiori fonti del contagio. La lista di addetti tra
medici, infermieri e personale sanitario è sempre più lunga,
segno, comunque, che qualcosa, all’interno delle strutture
della nostra provincia non sia andato per il verso giusto.
Prima l’assenza dei dpi poi il tardivo arrivo di una struttura
ad hoc, ancora non pienamente funzionante, sorta in uno dei
parcheggi del «Ruggi d’Aragona», nonché l’iniziale
tentennamento nella riapertura di alcuni plessi strategici,
tra cui il “Da Procida” e i vari ospedali dismessi o
malfunzionanti a sud della provincia. Eroi nel nostro tempo,
con poche armi a disposizione e ora anche con pochi
riconoscimenti.

“Turismo     travolto     dal
covid-19 e la Regione resta a
guardare”, la denuncia di
Imma Vietri (FdI)
«Un settore trainante per l’economia campana, come quello del
turismo, rischia di essere travolto dalla crisi legata al
coronavirus se
gli operatori non verranno sostenuti con misure economiche
adeguate e con una strategia complessiva di promozione di cui
la Regione deve farsi carico». È quanto afferma Imma Vietri,
dirigente di Fratelli d’Italia. Lo studio di Demoskopika
pubblicato proprio in questi giorni parla del rischio di veder
andare in fumo 18 miliardi di spesa in tutta Italia. Secondo
gli studi di Assoturismo Confesercenti e di Cna si potrebbero
raggiungere cifre ancora più alte. «La Campania, a differenza
di altre Regioni, ha stanziato risorse insufficienti per
fronteggiare la crisi e una buona parte delle 37mila aziende
che operano nell’alloggiamento e nella ristorazione non
riceveranno alcun contributo», dichiara la dirigente di FdI.
Infatti, secondo la denuncia dell’Abbac, l’associazione dei
titoli di B&b, migliaia di microimprese turistiche e dei
servizi potrebbero non aver accesso al contributo una tantum.
E l’associazione di categoria fa riferimento a quei gestori di
bed and breakfast e case che operano
nel rispetto della normativa di settore, ma si ritroveranno
senza alcuna forma di sostegno economico per carenza di fondi
o perché non rientrano tra i possibili beneficiari in base ai
particolari requisiti richiesti. «I parametri di fatturato
adottati dalla Regione Campania per stabilire a chi destinare
le risorse si trasformeranno, di fatto, in uno sbarramento che
terrà fuori tantissime attività che pure stanno pagando le
conseguenze della pandemia. Più opportuno – è il parere di
Imma Vietri – sarebbe stato un sistema inclusivo, che desse un
sostegno a tutti coloro che sono stati realmente danneggiati
dalle misure restrittive prese in conseguenza del
Covid-19». Allargando il discorso alle altre attività che
potranno riaprire in questi giorni, al dirigente di Fratelli
d’Italia osserva come le misure adottate finiscano per
penalizzare gli imprenditori anziché aiutarli.
«Le procedure che si dovranno seguire non possono gravare
sulle sole tasche degli esercenti, che fino ad ora non solo
non hanno incassato nulla per via della chiusura, ma nella
maggior parte dei casi non hanno ancora ricevuto alcun
sostegno economico. Ecco perché la Regione si sarebbe dovuta
far carico di alcune spese, come quelle della prima
sanificazione, o avrebbe dovuto far rientrare nelle attività
del servizio sanitario pubblico i tamponi per il personale. Si
tratta – conclude Imma Vietri – di forme concrete di aiuto, da
tenere in considerazione sia in questa prima fase che in
quelle future, quando potranno ripartire anche altre
attività».

Salerno, 75° anniversario del
25 aprile ricordando Nicola
Monaco
Festa della Liberazione, 75° anniversario, per pochi intimi
questa mattina a Salerno. L’emergenza covid-19, dunque, ferma
anche una ricorrenza particolarmente sentita, ma anche
contestata, nazionale. Identiche manifestazioni si sono
susseguite in tutta Italia. A Salerno, il sindaco Vincenzo
Napoli ha deposto una corona nei pressi della lapide che
ricorda il partigiano Nicola Monaco e per lui tutti i
combattenti e caduti per la Libertà e la Democrazia.

   foto Massimo Pica
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